Tar Veneto, sez. I, 9 febbraio 2024, n. 230

1. La vicenda – 2. La Corte conferma l’orientamento circa l’inammissibilità delle modifiche ai costi della manodopera e agli oneri per la sicurezza in sede di giustificazioni. – 3. Il D.Lgs. n. 36 del 2023 conferma la natura di elemento costitutivo dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza (argomento sub i.). – 3.1 La natura di elemento costitutivo ed essenziale delle voci di costi della manodopera e per la sicurezza. – 4. I principi di raggiungimento dello scopo, di fiducia e di accesso al mercato vanno riferiti anche ai privati (argomento sub ii.). – Conclusioni.

Riferimenti

Artt. 95, 97 D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50

Artt. 11, 41, 108 D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36

Art. 1 L. 21 giugno 2022, n. 78

T.A.R. Veneto, Sez. I, sentenza 9 febbraio 2024, n. 230

Con la sentenza del 9 febbraio 2024, n. 230, il TAR Veneto ha affrontato la questione relativa alla modifica dei costi della manodopera e di quelli per gli oneri aziendali derivanti dalla messa in atto delle misure necessarie a garantire la sicurezza del lavoro, introdotta nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia, all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo Codice appalti. Il Collegio ha confermato l’orientamento consolidatosi con riferimento all’art. 95, comma 10, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 anche rispetto alla corrispondente disciplina contenuta nel nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36). Il giudice ha infatti ritenuto che tale modifica, in sede di giustificazione dell’offerta, comporti un’inammissibile rettifica di un elemento costitutivo ed essenziale dell’offerta economica, che non può essere modificato, al pari degli oneri aziendali per la sicurezza, pena l’incisione degli interessi pubblici posti a presidio delle esigenze di tutela delle condizioni di lavoro e di parità di trattamento dei concorrenti, presidiate dalla diposizione citata. Il TAR Veneto ha inoltre affermato che i principi del raggiungimento dello scopo, di fiducia e di accesso al mercato, contemplati nel nuovo Codice degli appalti, seppur idonei a circoscrivere le ipotesi di esclusione dalla procedura, al contempo, comunque non consentono di superare il divieto di modificazione del contenuto dell’offerta, di cui i costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza costituiscono parte integrante ed essenziale.

 

  1. La vicenda

La sentenza si colloca all’esito del giudizio avente ad oggetto la comunicazione di esclusione dell’offerta presentata dalla ricorrente nell’ambito di una procedura aperta, bandita ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, per l’affidamento del “Servizio di raccolta, trasporto, recupero di fanghi disidratati non pericolosi, prodotti dal trattamento di depurazione delle acque reflue urbane”, da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso.

All’esito delle operazioni di gara, la stazione appaltante invitava la ricorrente, risultata prima in graduatoria, a presentare giustificazioni ai sensi dell’art. 41, comma 14, D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, relativamente al ribasso complessivo offerto; oltre che dichiarazione di equivalenza dei contratti collettivi applicati ex art. 11, comma 3, D.Lgs. cit.

Riscontrando tale richiesta, la ricorrente sosteneva di essere incorsa in un “errore materiale” e procedeva a correggere le voci dell’offerta economica relative ai costi della manodopera e agli oneri per la sicurezza (questa volta tenendo conto degli aumenti previsti dai rinnovi contrattuali).

La stazione appaltante, preso atto della modifica – che nel mentre indicava un costo orario maggiorato, individuava un monte ore diminuito, rispetto ai valori indicati in sede di offerta – procedeva ad escludere l’offerta della ricorrente, in quanto – secondo orientamento consolidato della giurisprudenza – tale modifica costituiva “un’inammissibile rettifica di un elemento costitutivo ed essenziale dell’offerta economica, successivamente alla presentazione della stessa”.

La ricorrente, quindi, a fronte dell’aggiudicazione alla seconda in graduatoria, impugnava detta aggiudicazione, unitamente alla comunicazione ex art. 90 D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, sostenendo che, alla luce della novità del Codice 2023, la stazione appaltante avrebbe erroneamente applicato il citato orientamento giurisprudenziale, in quanto riferito alla disciplina previgente (D.Lgs. n. 50 del 2016).

Il Collegio, invece, dopo un’attenta analisi dell’innovato quadro normativo, ha ritenuto di confermare il precedente orientamento anche con riferimento alla disciplina sopravvenuta.

Il TAR Veneto ha infatti ribadito che la modifica dei costi della manodopera – introdotta nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia – comporta un’inammissibile rettifica di un elemento costitutivo ed essenziale dell’offerta economica, che, al pari degli oneri aziendali per la sicurezza, non è suscettivo di essere immutato nell’importo, pena l’incisione degli interessi pubblici posti a presidio delle esigenze di tutela delle condizioni di lavoro e di parità di trattamento dei concorrenti, presidiate dall’art. 95, comma 10, del D.Lgs. n. 50 del 2016.

 

  1. La Corte conferma l’orientamento circa l’inammissibilità delle modifiche ai costi della manodopera e agli oneri per la sicurezza in sede di giustificazioni.

La Corte, con la pronuncia in commento, ha ritenuto che il citato orientamento giurisprudenziale, consolidatosi nella vigenza dell’art. 95 D.Lgs. n. 50 del 2016, debba ritenersi confermato anche all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici.

Ciò, sulla base di due argomenti principali:

  1. da un lato, la circostanza che il Legislatore del 2023, in un’ottica di continuità con il Codice del 2016 e aderendo agli approdi della giurisprudenza, ha confermato la portata escludente dell’omessa indicazione dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza, in quanto obbligo posto a presidio degli interessi dei lavoratori; confermando, così, anche la natura costitutiva-essenziale – e, quindi, immodificabile – di tali voci di costo.
  2. Dall’altro, la riferibilità dei principi del raggiungimento dello scopo, di fiducia e di accesso al mercato, anche agli operatori economici privati, che, così, non sono liberi di modificare i contenuti della propria offerta in sede di giustificazioni. Ciò anche nel rispetto della par condicio tra i concorrenti.

Di seguito si procede all’esame dei due argomenti.

 

3. Il D.Lgs. n. 36 del 2023 conferma la natura di elemento costitutivo dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza (argomento sub i.).

Secondo il Collegio, il D.Lgs. n. 36 del 2023 segue la via tracciata dal D.Lgs. n. 50 del 2016 nell’assicurare una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo ai partecipanti alla gara di indicare in via separata, nella propria offerta economica, i costi della manodopera e i costi per gli oneri di sicurezza, e sanzionando con l’esclusione la violazione di detto obbligo (artt. 41, comma 13, e 108, comma 9, del D.Lgs. n. 36 del 2023).

Dalla lettura combinata delle disposizioni citate, emergerebbe infatti la volontà di responsabilizzare gli operatori economici, allo scopo di assicurare che questi ultimi, prima di formulare il proprio “ribasso complessivo”, svolgano una seria valutazione preventiva dei predetti costi[1].

A sostegno di tale assunto, il TAR Veneto cita l’art. 1, comma 2 della Legge n. 78 del 21 giugno 2022[2], il quale, alla lett. t), tra principi e criteri direttivi al Legislatore delegato, indica che “i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”.

Non solo. Il Collegio richiama anche due disposizioni del nuovo Codice.

In primo luogo, l’art. 41, comma 14[3], il quale, con specifico riferimento all’indicazione del costo della manodopera, stabilisce che “[…]. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

In secondo luogo, l’art. 108, comma 9, che, innovando rispetto al Codice del 2016, sanziona espressamente l’omessa indicazione nell’offerta economica dei costi della manodopera e degli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, con l’esclusione dalla gara.

Novità riconosciuta dallo stesso Consiglio di Stato, il quale, nella sua Relazione al nuovo Codice, chiarisce che “la disposizione è presente anche nel D.lgs. n. 50 del 2016 ed è ormai oggetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale diretto a descrivere l’omissione in questione quale causa di esclusione. A tali fini, è stato espressamente inserito l’inciso ‘a pena di esclusione’ per dare maggiore certezza agli operatori giuridici derivanti dalla citata omissione dichiarativa”.

Da tale ricostruzione del quadro normativo, il Collegio deduce la piena continuità del Codice del 2023 rispetto a quello del 2016 nella tutela degli interessi dei lavoratori. Tutela peraltro rafforzata, laddove all’art. 11, comma 3, D.Lgs. n. 36 del 2023, agli operatori economici che applicano un contratto collettivo diverso rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, vengono richieste dichiarazioni di garanzia di equivalenza delle tutele offerte ai propri dipendenti rispetto a quelli indicati, non applicati.

Ebbene, riconosciuta la costanza del Legislatore nel tutelare degli interessi dei lavoratori e affermata la rilevanza degli istituti che proteggono tali beni giuridici – tra i quali vi è l’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza – il Giudice afferma l’immodificabilità di tali costi in sede di giustificazione, in quanto elementi costitutivi e quindi immodificabili dell’offerta economica.

In altre parole, il Collegio “comunica” la rilevanza dei beni giuridici protetti (interessi dei lavoratori) all’obbligo di indicazione dei costi – in quanto strumento di protezione di tali beni – e, di qui, lo “trasferisce” alle stesse voci di costo, che, in tal modo, assurgono ad elementi costitutivi ed essenziali e, quindi, immodificabili dell’offerta economica.

3.1 La natura di elemento costitutivo ed essenziale delle voci di costi della manodopera e per la sicurezza

Come esposto, il ragionamento della Corte fonda l’inammissibilità della modifica delle voci di costo relative alla manodopera e agli oneri per la sicurezza sul luogo di lavoro, sulla loro natura di elementi costitutivi ed essenziali dell’offerta economica.

Di seguito si procede ad una breve disamina del contesto che ha portato ad affermare tale natura.

La natura costitutiva – e, così, immodificabile – di tali costi è stata affermata definitivamente dal Consiglio di Stato nel 2018[4], all’esito di dibattito giurisprudenziale in relazione alla valenza immediatamente escludente o meno dell’inosservanza dell’obbligo di indicazione dei costi della manodopera e degli oneri di sicurezza, di cui all’art. 95, comma 10, D.Lgs. n. 50 del 2016.

All’epoca, si erano infatti formati due orientamenti interpretativi: il primo, aderente ad una tesi formalistica, favorevole all’automatismo espulsivo, senza possibilità di soccorso istruttorio, che privilegiava il principio di par condicio tra i concorrenti; l’altro, di tipo sostanzialistico, favorevole al soccorso istruttorio, ispirato ai principi di massima partecipazione alle gare e di tassatività e tipicità delle cause di esclusione di cui all’art. 83, comma 9 del D.Lgs. n. 50 del 2016.

Nel 2018, il Consiglio di Stato aderendo alla tesi formalistica[5], per fondare e giustificare la portata escludente dell’omessa indicazione dei predetti costi, ha fatto ricorso proprio alla loro natura di elementi costitutivi dell’offerta economica[6].

Con un iter logico-giuridico sovrapponibile a quello che ha fatto il TAR Veneto con riferimento al Codice del 2023, il Consiglio di Stato ha fatto derivare tale natura essenziale dalla rilevanza dei beni giuridici protetti dall’obbligo di indicazione dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori[7].

In altre parole, il Consiglio di Stato, per giustificare la gravità della conseguenza giuridica dell’esclusione dalla gara, ha richiamato la rilevanza dei beni giuridici tutelati dall’obbligo di indicazione dei costi in parola; rilevanza che il Collegio ha poi “trasferito” all’obbligo di indicazione dei costi e, di qui, alle stesse voci di costo. Di modo che queste ultime assurgessero ad elementi costitutivi-essenziali dell’offerta economica, sicché la loro omissione provocava la legittima esclusione dalla gara.

Rispetto al ragionamento del Consiglio di Stato, il TAR Veneto introduce un passaggio ulteriore: dalla natura costitutiva ed essenziale dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza, fa discendere altresì la loro non modificabilità in sede di giustificazioni durante il subprocedimento di verifica dell’anomalia, pena l’esclusione dalla gara.

 

4. I principi di raggiungimento dello scopo, di fiducia e di accesso al mercato vanno riferiti anche ai privati (argomento sub ii.).

Il secondo dei due argomenti, si fonda invece sui principi del raggiungimento dello scopo, di fiducia e di accesso al mercato (artt. 1-3 D.Lgs. n. 36 del 2023), i quali, secondo il Giudice, non sono rivolti esclusivamente nei confronti dell’Amministrazione, ma anche degli operatori economici privati, i quali devono collaborare per il buon esito dell’affidamento.

Di tali principi è offerta un’utile analisi nella Relazione al Codice 2023 del 31 marzo 2023[8], elaborata dal Consiglio di Stato.

Riguardo al principio di concorrenza – contenuto nel principio di risultato (art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 36 del 2023) – il Consiglio di Stato afferma che essa non è tutelata “come mero fine, ma, più correttamente, come mezzo in vista del raggiungimento del risultato. La concorrenza, in particolare, è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti. Si collega così il risultato, inteso come fine, alla concorrenza, intesa come metodo.

Quanto al principio di fiducia, invece, il Consiglio di Stato ne afferma la natura reciproca, sicché non deve essere solo la Pubblica Amministrazione a meritare la fiducia del cittadino, ma anche il cittadino a meritare quella dell’Amministrazione: “Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. Da un lato, invero, la disposizione precisa che la fiducia è reciproca e investe, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare.”

Ed infine, il principio di apertura al mercato, che “risponde all’esigenza di garantire la conservazione e l’implementazione di un mercato concorrenziale, idoneo ad assicurare agli operatori economici pari opportunità di partecipazione e, quindi, di accesso alle procedure ad evidenza pubblica destinate all’affidamento di contratti pubblici.

Così, sebbene tali principi portino sicuramente a circoscrivere le ipotesi di esclusione dalla procedura, al contempo, non consentono comunque di superare il divieto di modificazione del contenuto dell’offerta, di cui i costi della manodopera e quelli per la sicurezza dei lavoratori costituiscono, appunto, elemento costitutivo ed essenziale.

Del resto, il principio di non modificabilità dell’offerta è uno dei corollari della par condicio tra i concorrenti e non può essere superato, in ossequio al principio della tutela della massima concorrenza, sotto forma di più ampio accesso possibile al mercato (cfr. principio di risultato, art. 1 D.Lgs. n. 36 del 2023).

Infatti, seppure l’attuale sistema tenda ad ampliare le maglie di istituti, quali il soccorso istruttorio, volti a consentire la sanatoria di carenze, omissioni o irregolarità, in un’ottica di semplificazione e di apertura al mercato, resta in ogni caso insuperabile il limite intrinseco dell’inalterabilità del contenuto dell’offerta (tecnica ed economica), onde garantire il rispetto della par condicio tra i concorrenti[9].

 

Conclusioni

Con la pronunzia in commento il TAR Veneto ha confermato l’attualità, anche all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo Codice, dell’orientamento giurisprudenziale affermatosi in relazione all’art. 95, comma 10, D.Lgs. n. 50 del 2016.

Come visto, il Collegio costruisce il proprio ragionamento intorno a due cardini.

Il primo, che riprende l’argomentazione a suo tempo svolta dal Consiglio di Stato per giustificare la gravità della conseguenza giuridica dell’esclusione dalla gara, nel caso di omessa indicazione dei costi richiesti ex art. 95, comma 10, D.Lgs. n. 50 del 2016, aggiungendovi un ulteriore passaggio: dalla natura costitutiva ed essenziale di tali costi, fa discendere altresì la loro immodificabilità in sede di giustificazioni, pena l’esclusione.

L’altro, che si richiama ai “nuovi” principi che aprono il Codice del 2023 (principi del raggiungimento dello scopo, di fiducia e di accesso al mercato – artt. 1-3 D.Lgs. n. 36 del 2023), i quali, secondo il Collegio, vanno riferiti non solo all’Amministrazione, ma pure agli operatori economici privati, i quali devono collaborare per il buon esito dell’affidamento. Sicché, sebbene tali principi portino sicuramente a leggere in maniere restrittiva le ipotesi di esclusione dalla procedura, al contempo, non consentono comunque di superare il divieto di modificazione del contenuto dell’offerta, di cui i costi della manodopera e quelli per la sicurezza dei lavoratori costituiscono, appunto, elemento costitutivo ed essenziale. Ciò anche nel rispetto della par condicio tra i concorrenti.


[1] L’indicazione dei costi in parola, infatti, è sì funzionale ad un eventuale giudizio di anomalia, ma, prima ancora, “in sede di predisposizione dell’offerta economica per formulare un’offerta consapevole e completa sotto tutti i profili sopra evidenziati (Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2020, n. 4140).” (Cons. Stato, Sez. V, Sent. 29 novembre 2022, n. 10470).

[2] Legge n. 78 del 21 giugno 2022, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”.

[3] Art. 41, comma 14, D.Lgs. n. 36 del 2023: “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale

[4] Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 settembre 2018, n. 5513.

[5] Tesi poi confermata dalla stessa Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze. 2 aprile 2020, nn. 7 e 8; si veda anche Cons. Stato, Sez. III, 31 maggio 2022, n. 4406; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 24 gennaio 2020, n. 604; sent. 10 febbraio 2020, sent. n. 1008 e sent. 26 giugno 2020, n. 4098.

[6] Del resto, la portata escludente di tale omissione è stata ritenuta conforme ai principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza (direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici) dalla stessa Corte di Giustizia (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. IX, sentenza 2 maggio 2019, Lavorgna, C-309/18).

[7] Tale obbligo risponde alle esigenze di rafforzamento degli strumenti di tutela dei lavoratori, di responsabilizzazione gli operatori economici e di rendere più agevoli ed efficaci gli strumenti di vigilanza e controllo da parte delle amministrazioni. Con specifico riferimento al rafforzamento degli strumenti di tutela degli interessi dei lavorati, il Legislatore mira a fornire una tutela più ampia possibile: sia sotto il profilo della applicazione dei contratti collettivi (art. 36 Cost., circa la tutela della retribuzione dei lavoratori), sia sotto profilo della salute e della sicurezza dei lavoratori (artt. 32 e 36, commi 2 e 3, Cost., circa la durata massima della giornata lavorativa ed il diritto al riposo settimanale nonché alle ferie annuali) (cfr. Cons. Stato, Sez. V, Sent. 29 novembre 2022, n. 10470).

 

[8] Relazione illustrativa al D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, recante "Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici. Codice dei contratti pubblici"

[9] cfr. Cons. Stato, Sez. V, Sent., 20 febbraio 2024, n. 1677; ex multiis Cons. Stato, V, 16 marzo 2020, n. 1873; Cons. Stato, III, 31 maggio 2022, n. 4406; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 25 settembre 2019, n. 4571.