il punto della situazione
Abstract
Introduzione
CAPITOLO Ⅰ: IL PRINCIPIO DI TERRITORIALITÀ NEL D. LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 E S.M.I.
1.1. Definizione del principio. 1.2. L’introduzione nelle Leggi Regionali e gli interventi della Corte Costituzionale.1.3. L’inserimento delle clausole di territorialità nella lex specialis di gara. Gli interventi della Giurisprudenza amministrativa. 1.4. Focus: il principio di territorialità nel settore del servizio di trasporto, smaltimento e recupero dei rifiuti 1.5. La posizione delle Authorities.1.6. La “diversa dislocazione territoriale” introdotta dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76.
CAPITOLO II: IL PRINCIPIO DI PROSSIMITÀ NEL D. LGS. 31 MARZO 2023, N. 36
2.1. La Legge delega e i lavori Parlamentari. 2.2. Riferimenti normativi. 2.3. Primi commenti e applicazioni.
Conclusioni
Bibliografia
Abstract
L’elaborato vuole offrire un quadro sulla ammissibilità o meno nel nostro ordinamento delle clausole di territorialità e prossimità.
Il principio di territorialità, in assenza di specifica regolamentazione, è stato oggetto di ampia disamina giurisprudenziale, tanto costituzionale, quanto amministrativa.
Il principio di prossimità, introdotto dal nuovo Codice dei contratti pubblici agli articoli 58 e 108, intende garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese.
Il presente lavoro, dopo un’analisi delle più importanti pronunce sul principio di territorialità, focalizza l’attenzione sul neo introdotto principio di prossimità, nell’ottica di una sua valorizzazione nel settore dei contratti pubblici.
Introduzione*
Oggetto del presente lavoro è la ricognizione delle condizioni di ammissibilità o di illegittimità delle clausole di territorialità, oggi declinate nelle clausole di prossimità, nel difficile contemperamento con gli interessi nazionali ed eurounitari.
Tale disamina deve necessariamente incipiare da una distinzione fondamentale fra criteri di selezione e criteri di aggiudicazione: i primi attengono all’idoneità degli operatori economici, mentre i secondi concernono gli elementi per la selezione dell’offerta. Se da un lato la verifica dell’ammissibilità degli operatori economici avviene sulla base della loro capacità economica, tecnico-professionale e finanziaria, d’altro canto l’accertamento dei criteri per l’aggiudicazione dell’appalto, avviene sulla base dell’offerta più vantaggiosa dal punto di vista economico e sulla base del prezzo più basso.
Fatta questa basilare ma imprescindibile premessa, ai fini dell’elaborato, quello che maggiormente interessa, e che è stato anche oggetto di studio, sono i criteri di selezione dell’offerta, dal momento che si discute della possibilità di poter introdurre fra i principi tenuti in considerazione, anche quello di prossimità.
Difatti, l’inserimento di tale clausola nella lex specialis di gara, seppur volta a promuovere l’effettiva partecipazione delle micro, piccole e medie imprese limitrofe al luogo di esecuzione dell’appalto, può comportare la lesione di fondamentali principi dell’evidenza pubblica: in primis, quello della libera concorrenza ma, anche, quello di non discriminazione e parità di trattamento.
Invero, l’osservanza di tali principi, valevoli negli appalti sopra soglia e in quelli sotto soglia, consente l’eliminazione di ostacoli o restrizioni tanto nella predisposizione delle offerte quanto nella loro valutazione, assicurando un apprezzamento dei concorrenti equo ed imparziale.
Allo stesso tempo, anche il nuovo codice dei contratti pubblici, si pone come obiettivo quello di “garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese”, per ottenere un effettivo pluralismo degli operatori economici che partecipano alle gare.
Prendendo in considerazione la struttura e la suddivisione adottata nell’elaborato, focus del primo capitolo è l’approfondimento, de iure condito, del principio di territorialità, soffermandosi sulle principali pronunce giurisprudenziali, tanto della Corte Costituzionale quanto della Giustizia amministrativa, intervenute in vigenza del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Altresì, verranno analizzate le ulteriori prese di posizione delle Autorità, in particolare dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Il secondo capitolo, invece, si soffermerà sul neo introdotto principio di prossimità, di cui agli artt. 58 e 108 del D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, cercando di approfondirne le prime applicazioni e i possibili scenari futuri.
La particolarità del secondo capitolo sta nel taglio maggiormente personale rispetto alla finalità più didascalica del primo, anche alla luce del fatto che le pronunce riportate nella prima parte del presente studio, poggiano su di una normativa oggi abrogata. Tale rassegna tuttavia è sembrata indispensabile, agli occhi di chi scrive, per comprendere il quadro normativo e le vicende che si sono susseguite, da cui è poi scaturita la necessità di dover emendare la disciplina in vigore.
L’ultima parte sarà poi dedicata alla presentazione del personale punto di vista, peraltro già emergente ad una lettura organica del testo, anche in una prospettiva de iure condendo.
CAPITOLO Ⅰ
IL PRINCIPIO DI TERRITORIALITÀ NEL D. LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 E S.M.I.
Sommario: 1.1. Definizione del principio – 1.2. L’introduzione nelle Leggi Regionali e gli interventi della Corte Costituzionale – 1.3. L’inserimento delle clausole di territorialità nella lex specialis di gara. Gli interventi della Giurisprudenza amministrativa – 1.4. Focus: il principio di territorialità nel settore del servizio di trasporto, smaltimento e recupero dei rifiuti – 1.5. La posizione delle Authorities – 1.6. La “diversa dislocazione territoriale” introdotta dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76
1.1.Definizione del principio
Preliminarmente, è necessario precisare che manca, all’interno del Codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e nella normativa di settore, una definizione del principio di territorialità.
Volendone ricavare una definizione, è utile riferirsi a quanto elaborato nel corso degli anni dalla dottrina[1] e dalla giurisprudenza[2], secondo cui il principio di territorialità, negli appalti pubblici, attiene a quelle clausole volte a valorizzare un elemento di localizzazione territoriale degli operatori economici.
Tipicamente, le clausole di territorialità vengono inserite nei documenti di gara per soddisfare tre diversi obiettivi: come requisito di partecipazione alla procedura, quale criterio per l’attribuzione di punteggi premiali, oppure quale requisito di esecuzione del contratto.
Nella prima ipotesi, ovvero nel caso in cui la clausola sia prevista come requisito per la partecipazione alla procedura, la stazione appaltante richiede la presenza di una sede operativa che sia contigua al luogo in cui debba essere reso l’appalto e, la carenza del requisito, comporta l’esclusione dalla gara.
Nel secondo caso, l’attribuzione di punteggi premiali è possibile solo in ipotesi di gara da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dove la presenza di una sede all’interno di un dato perimetro territoriale comporta l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo nella valutazione dell’offerta tecnica.
Infine, se costruito come un requisito di esecuzione del contratto, la disponibilità della sede operativa prossima al luogo di esecuzione dell’appalto, non viene richiesta già al momento di presentazione dell’offerta, bensì quale impegno a dotarsene, in caso di aggiudicazione, entro un periodo di tempo predefinito, decorrente solitamente dalla data di stipula del contratto stesso.
I contenuti e i limiti del principio di territorialità sono stati definiti, con diverse configurazioni, sia dai legislatori regionali, sia dalla giurisprudenza costituzionale, per poi essere “tradotti” dalle stazioni appaltanti con specifiche clausole nella documentazione di gara.
1.2.L’introduzione nelle Leggi Regionali e gli interventi della Corte CostituzionaleIl principio di territorialità è stato declinato in diverse previsioni contenute nelle normative regionali in materia di contrattualistica pubblica, clausole tese essenzialmente a favorire la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese[3] locali.
Ciò ha comportato dubbi di legittimità costituzionale sotto un duplice profilo, in particolare per quanto attiene la competenza delle Regioni a legiferare in materia, e la compatibilità di dette norme con le direttive europee in tema di contratti pubblici[4].
Per l’approfondimento della giurisprudenza costituzionale, è necessario prendere le mosse dalla sentenza 27 maggio 2020, n. 98 della Corte Costituzionale[5], la quale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale di una legge della Regione Toscana[6] che prevedeva la possibilità, per affidamenti di lavori pubblici da aggiudicarsi mediante procedura negoziata sottosoglia comunitaria[7], di riservare una quota di partecipazione alle PMI del territorio. In sostanza, la Regione Toscana consentiva di destinare agli operatori economici regionali la metà degli inviti a presentare offerta[8].
Nella proposizione del ricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato l’art. 10, comma 4, della L.R. Toscana, 16 aprile 2019, n.18, in quanto la riserva, così come formulata, sarebbe stata illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione[9]. In particolare, la previsione normativa, ad avviso della ricorrente Presidenza del Consiglio, si porrebbe in contrasto anche con l’art. 30, comma 1, e 36 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che impone il rispetto dei principi di libera concorrenza e non discriminazione. La previsione della riserva comporterebbe una «limitazione della concorrenza che non è giustificata da alcuna ragione se non quella – vietata – di attribuire una posizione di privilegio alle imprese del territorio per favorire l’economia regionale».
Inoltre, la ricorrente ha censurato la norma regionale sotto il profilo della competenza, dal momento che risulta invasiva della competenza esclusiva del legislatore statale in materia di tutela della concorrenza, ponendosi, peraltro, in contrasto con quanto previsto dalla disciplina nazionale.
Costituendosi in giudizio, la resistente ha sostenuto che la norma impugnata mirerebbe a contemperare il principio di concorrenza ed il favor partecipationis per le micro, piccole e medie imprese[10].
La Corte ha ritenuto il ricorso fondato, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma regionale per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.
Infatti, sulla base della consolidata giurisprudenza della medesima Corte, «le disposizioni del codice dei contratti pubblici […] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e […] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme. Ciò vale anche per le disposizioni relative ai contratti sotto soglia, […] senza che rilevi che la procedura sia aperta o negoziata»[11].
Pertanto, la norma impugnata avrebbe “invaso” una materia, la tutela della concorrenza, riservata alla competenza esclusiva del Legislatore statale[12].
I Giudici, procedendo al vaglio del contenuto della norma impugnata, hanno ritenuto che sia di ostacolo alla concorrenza, in quanto altera la par condicio tra gli operatori economici interessati all’appalto. Nello specifico, hanno affermato che la disposizione regionale «contrasta […] con l’art. 30, comma 1, cod. contratti pubblici perché viola i principi di libera concorrenza e non discriminazione in esso sanciti, e con l’art. 36, comma 2, dello stesso codice perché introduce una possibile riserva di partecipazione». Infatti, così come formulata, «non è diretta a favorire le micro, piccole e medie imprese tout court, quanto invece le «micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale»[13].
Si ritiene utile segnalare un ulteriore arresto della Consulta[14], chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di una legge sempre della Regione Toscana[15], volta ad incentivare, attraverso il finanziamento di progetti pilota, l’introduzione di prodotti a chilometro zero nelle mense scolastiche.
Nella proposizione del ricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato la norma, ritenuta incostituzionale, per violazione degli artt. 117, comma 1, e comma 2, lettera e) [16] e 120[17] della Costituzione.
Diversamente, secondo la difesa regionale, le disposizioni impugnate sarebbero espressione delle competenze regionali in materia di tutela della salute, alimentazione, nonché di agricoltura, pesca e acquacoltura, di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione[18].
Anche in questa circostanza, i Giudici della Consulta, riferendosi agli artt. 117 comma 2, lettera e) e 120 della Costituzione, hanno accolto il ricorso per violazione del riparto interno di competenze legislative tra Stato e Regione[19].
Nel merito, la Corte ha riconosciuto che, al fine di promuovere l’utilizzo dei prodotti da filiera corta o a chilometro zero, l’ordinamento consente, l’introduzione di criteri premiali nelle procedure di affidamento del servizio di ristorazione collettiva, ma ciò non deve tramutarsi nella possibilità per le regioni di dare una priorità agli alimenti prodotti o trasformati all’interno dei confini regionali. Nello specifico, viene censurata la nozione di «chilometro zero», secondo cui «è delineato, in difformità da quanto previsto dalla sopra ricordata normativa statale, solo in base alla produzione e trasformazione del prodotto all’interno della Regione Toscana, escludendo così le aree di prossimità extra-regionali, che ben potrebbero offrire prodotti con analoghe caratteristiche e che comportino persino una minore distanza tra produzione e consumo».
In conclusione, per i Giudici della Consulta, il Legislatore regionale «pur perseguendo il fine di valorizzare i prodotti del territorio – di per sé non illegittimo e, non a caso, non censurato dallo Stato – realizza siffatto obiettivo favorendo i prodotti e i produttori regionali, con una evidente discriminazione per chi faccia uso di prodotti di diversa provenienza»[20].
La Corte Costituzionale, in definitiva rimarca, nel settore degli appalti pubblici, l’illegittimità di norme regionali volte a favorire le imprese locali a discapito del principio della libera concorrenza.
Procedendo in ordine cronologico, si segnala un terzo giudizio di legittimità costituzionale[21]in cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi su di una legge della Regione Piemonte, emanata durante il periodo emergenziale Covid, che consentiva, in via transitoria, di introdurre criteri premiali nell’attribuzione dei punteggi agli operatori economici che, in caso di aggiudicazione, si impegnavano a utilizzare manodopera stanziata sul territorio regionale[22].
Come nelle precedenti difese, l’Avvocatura dello Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha sostenuto che la norma regionale avrebbe violato l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in quanto contrasterebbe con i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza sanciti a livello europeo[23]. Inoltre, sarebbe violato anche l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, per invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza.
La Regione Piemonte, costituitasi in giudizio, ha evidenziato che si trattava di una norma temporanea, dettata in una situazione di estrema urgenza e straordinarietà, nel corso della quale – peraltro – lo stesso Governo nazionale aveva disposto la chiusura dei confini dello Stato e forti restrizioni allo spostamento tra regioni.
Ancora una volta, per i Giudici, la questione riferita all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, è fondata: «la possibilità di introdurre, anche in via transitoria, criteri premiali di valutazione delle offerte per far fronte alle ineludibili esigenze sorte dall’emergenza sanitaria è dunque riservata allo Stato, cui spetta in generale, nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, definire il punto di equilibrio tra essa e la tutela di altri interessi pubblici con esso interferenti»[24].
Da ultimo, la Consulta[25] è stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il dettato costituzionale di una norma della Provincia autonoma di Trento, nella quale è prescritto che il concessionario di una grande derivazione a scopo idroelettrico, entro 180 giorni dalla aggiudicazione della procedura, si debba dotare di una sede operativa nel territorio provinciale[26].
Anche in questo ricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha eccepito che le norme impugnate eccederebbero le competenze attribuite alla Provincia autonoma di Trento dall’art. 13 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nonché contrasterebbero con l’art. 117 comma primo, e comma secondo lettera e), e terzo della Costituzione[27].
Nell’atto di costituzione, la Provincia autonoma di Trento ha sostenuto la propria competenza legislativa in materia e, nel merito, la legittimità costituzionale della norma impugnata, dal momento che questa richiede la disponibilità di una sede operativa, non come condizione di partecipazione alla gara, ma quale condizione di esecuzione della concessione. Alla luce di ciò, non vi sarebbe stata alcuna violazione della normativa europea[28].
In questo caso, la Corte ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale infondata. Nello specifico, i Giudici hanno affermato che «la previsione per cui entro 180 giorni dall’aggiudicazione il concessionario deve dotarsi di una sede operativa nel territorio provinciale non è una condizione imposta per la partecipazione alla gara e non si presenta nemmeno come fattore di attribuzione di punteggi aggiuntivi per la formazione della graduatoria, né quale requisito per l’accesso a condizioni di favore per la prestazione delle garanzie necessarie in vista della gara medesima. La richiesta di dotarsi di una sede operativa non riguarda tutti gli aspiranti alla concessione, ma è riferita unicamente all’aggiudicatario della concessione. Essa non può quindi esercitare, almeno non in via diretta, in capo agli aspiranti concessionari, un effetto di dissuasione, conseguente a valutazioni negative quanto al rapporto tra costi da sostenere per partecipare alla gara e probabilità di conseguire l’utilità attesa. Da questo punto di vista, la disciplina impugnata appare coerente con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea»[29][30].
La pronuncia è significativa poiché la Corte si sofferma sulla distinzione tra l’inserimento di clausole territoriali quali condizioni di partecipazione alla gara o attributive di punteggi premiali, tendenzialmente illegittime o, diversamente, come condizioni dell’esecuzione, che, se proporzionate, sono da ritenersi legittime.
Elemento comune alle pronunce esaminate è l’affermazione che la regolamentazione delle procedure di gara mira a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto dei principi costituzionali e comunitari, nonché delle regole concorrenziali. Di tal che, tali discipline sono riconducibili alla tutela della concorrenza, di esclusiva competenza del legislatore statale, da tutelare e promuovere in modo uniforme sull’intero territorio nazionale.
Ovverosia, solo al Legislatore statale spetta la facoltà di adottare, dopo il bilanciamento tra l’interesse alla concorrenza e altri interessi pubblici, eccezionali restrizioni al libero accesso degli operatori economici al mercato, comunque nel rispetto delle direttive europee.
E anche a voler ammettere un’eventuale competenza – residuale o concorrente – delle Regioni in materia, questa non potrebbe comunque porsi in contrasto con i precetti fissati dalla normativa statale.
1.3.L’inserimento delle clausole di territorialità nella lex specialis di gara. Gli interventi della Giurisprudenza amministrativaLe Stazioni Appaltanti, sovente, inseriscono nelle procedure di gara clausole tese a soddisfare esigenze di valorizzazione dell’economia locale, attraverso la delimitazione del perimetro territoriale di intervento, ovvero richiedendo beni e servizi a chilometro zero.
Queste clausole territoriali, nelle diverse declinazioni, sono state oggetto di sindacato da parte dei Giudici amministrativi.
Soffermandosi sulle pronunce del Consiglio di Stato, si pone l’attenzione su una decisione scaturita dall’impugnazione di una lettera di invito relativa all’affidamento del servizio di manutenzione degli automezzi di proprietà di un ente, recante una clausola territoriale che imponeva il possesso da parte degli operatori economici, a pena di esclusione, di una sede operativa localizzata nel territorio comunale o, comunque, entro cinquecento metri dal confine dello stesso.
Il Collegio ha ritenuto tale clausola illegittima, precisando che «l’irragionevolezza è ravvisabile nella ristrettezza degli eterogenei parametri fissati dalla lettera di invito, che, per quanto finalizzati all’economicità, violano in modo non proporzionato i principi di libera concorrenza e di massima partecipazione, di matrice anche eurounitaria, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti ratione loci. […] I limiti prima indicati di localizzazione territoriale incidono sulla par condicio della procedura consentendo la partecipazione solo a imprese che risultino avere una sede entro un ristrettissimo perimetro, con l’effetto di favorire determinati operatori a discapito di altri, senza che detto discrimine appaia giustificato o proporzionato in relazione ad un qualche interesse ritenuto prevalente»[31].
Il medesimo Collegio, pochi mesi prima, si era pronunciato su una questione analoga, ovvero sull’impugnazione di un avviso di indagine di mercato per l’affidamento del servizio di manutenzione dei mezzi comunali, in quanto richiedeva il possesso, al momento di presentazione dell’offerta, di un’officina con sede operativa all’interno del comune. Anche in questo caso, il ricorso è stato considerato meritevole di accoglimento, infatti, «la clausola impugnata è illegittima, in quanto sproporzionata e distorsiva del principio di concorrenza tra imprese, poiché il richiedere il possesso (rectius l’effettiva disponibilità in base ad un titolo giuridico valido) di un’officina ubicata nel territorio Comune, sin dalla data di presentazione dell’offerta e come requisito di ammissione, di fatto equivale a riservare la gara alle sole imprese che già operano nel territorio, in palese violazione delle disposizioni comunitarie»[32].
Coerente con quanto sopra delineato, un’ulteriore sentenza del Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione di un bando, sempre per l’affidamento del servizio di manutenzione dei veicoli costituenti il parco mezzi di una USL, il quale imponeva all’aggiudicatario della gara di dotarsi di una sede operativa situata all'interno del territorio dei comuni interessati dall’appalto. In tal caso, il ricorso dell’operatore economico è stato respinto poiché una tale prescrizione non sarebbe anticoncorrenziale o discriminatoria, perché non attiene alle condizioni di partecipazione alla gara, ma alle modalità di esecuzione del servizio, rispondendo alle esigenze organizzative ed operative della stazione appaltante[33].
Ne discende che, qualora il criterio di territorialità venga posto quale requisito di esecuzione del contratto o, nel caso in cui rilevi come parametro per l’attribuzione di un punteggio premiale, la valutazione della compatibilità della clausola deve essere condotta caso per caso. A tal fine, è necessario che la stazione appaltante fornisca un’adeguata motivazione sulla necessità di introdurre una delimitazione territoriale, la quale deve essere indispensabile per il corretto svolgimento dell’appalto[34].
Nella giurisprudenza dei Tribunali amministrativi, si è venuto a consolidare un orientamento che riconosce la necessità della vicinanza del centro di cottura al luogo di erogazione del servizio mensa, pertanto legittimamente esigibile nei confronti dell’aggiudicatario[35].
Fa eccezione al sopra delineato orientamento una sentenza del Consiglio di Stato – chiamato a pronunciarsi su di una procedura negoziata per l’affidamento del servizio di allestimento palchi e service tecnici per la realizzazione di una manifestazione estiva, dove la stazione appaltante aveva circoscritto gli inviti a sole imprese regionali – il quale ha ritenuto la doglianza infondata in quanto «è l’oggetto stesso del servizio […] che ha ragionevolmente indotto la stazione appaltante a privilegiare, […] le imprese in grado di offrire tempestivamente le prestazioni richieste, incontestabilmente riferite ad un ben preciso territorio e ad un arco temporale circoscritto. Elementi, quindi, del tutto coerenti con l’esigenza, avvertita dalla stazione appaltante, che le ditte incaricate avessero la propria sede in un’area geografica non troppo distante dalla sede di esecuzione dell’appalto, al fine di garantire la costanza dell’intervento operativo e tecnico, nonché di supporto, nel corso delle giornate di svolgimento dell’evento»[36].
Salvo rare eccezioni, si può quindi affermare che, al fine di garantire la più ampia partecipazione delle imprese alle procedure ad evidenza pubblica, sembrano resistere alle censure dei Giudici solamente quelle clausole che pospongono il momento di rilevanza della condizione di territorialità al momento dell’esecuzione del contratto e nei confronti del solo aggiudicatario (che si è impegnato in sede di gara a rispettarla in caso di aggiudicazione); non si sottraggono invece alle censure dei Giudici amministrativi le clausole di territorialità poste come condizione di partecipazione dell’operatore economico alla procedura di gara[37].
L’eventuale violazione di tale impegno comporta effetti diretti sul provvedimento di aggiudicazione e/o sul contratto d’appalto se stipulato, con conseguente revoca dell’aggiudicazione e/o risoluzione del contratto per inadempimento.
Secondo alcuni arresti della giurisprudenza amministrativa ed alcuni autori, l’inserimento di restrizioni territoriali nella documentazione di gara, oltre che porsi in violazione dei principi di concorrenza e non discriminazione, limitano il principio di autonomia imprenditoriale, tutelato dall’art. 41 della Costituzione[38].
1.4.Focus: il principio di territorialità nel settore del servizio di trasporto, smaltimento e recupero dei rifiutiIl principio di territorialità ha trovato peculiari ipotesi applicative nel settore dei rifiuti urbani. Questo, in virtù di un favor assicurato dal principio di prossimità degli impianti di recupero funzionale alla riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla movimentazione dei rifiuti.
Ci si riferisce, in particolare, al Codice dell’Ambiente – di cui al D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 – in cui l’art. 181, comma 5, prevede che «per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell'Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando, anche con strumenti economici, il principio di prossimità agli impianti di recupero» [39].
Secondo il legislatore, ragionevolmente, la minore movimentazione dei rifiuti consente di perseguire il migliore risultato ambientale possibile[40].
Sul rapporto tra il principio di concorrenza e prossimità, si segnala la sentenza del TAR Piemonte, sez. II, 17 ottobre 2022, n. 863[41]. Nella controversia, il ricorrente, operatore economico, aveva impugnato gli atti di gara per l’affidamento del servizio di recupero dei rifiuti organici in quanto, a suo giudizio, contenevano nella lex specialis delle clausole escludenti e restrittive della concorrenza. Nello specifico, l’impresa censurava le previsioni secondo cui i concorrenti dovevano essere dotati di un impianto per il recupero dei rifiuti o, quantomeno, di un sito di stoccaggio, entro un raggio di sessanta chilometri dalla sede della stazione appaltante.
Il Collegio, respingendo il ricorso, ha ritenuto che la disciplina di gara, come strutturata, non contenga clausole escludenti, né sia restrittiva della concorrenza[42]. Quello che però preme sottolineare, è come i Giudici si spingano ad affermare che «quand’anche la stazione appaltante avesse inteso favorire il recupero dei rifiuti attraverso impianti collocati a limitata distanza dalla propria sede, ciò non rappresenterebbe ex se motivo di illegittimità di detta scelta, né espressione di un atteggiamento anticoncorrenziale nelle valutazioni dell’amministrazione, non risultando irragionevole porre a carico degli appaltatori con impianti posti a maggiore distanza un onere economico avente la duplice finalità di contenere i costi in capo all’amministrazione svolgente il servizio di trasporto e di limitare la circolazione dei rifiuti»[43].
È stata ritenuta legittima, perché non irragionevole, anche la clausola territoriale contenuta in un disciplinare di gara secondo cui, all’impresa partecipante era data la duplice possibilità di essere proprietaria di un impianto finale di smaltimento mediante termodistruzione, oppure di potersi avvalere di un deposito o sito di stoccaggio autorizzato, situato in un determinato ambito territoriale, individuato nel territorio delle Regioni Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia[44].
Altresì ammissibile, in una procedura per la cessione di indumenti provenienti dalla raccolta differenziata in Roma Capitale, la disposizione del disciplinare di gara che prevedeva che l’offerente dovesse dichiarare, a pena di esclusione, la titolarità di un impianto, quantomeno di stoccaggio, situato entro trenta chilometri dal centro della città di Roma. Infatti, a fronte dell’impugnazione presentata da un operatore economico avente ad oggetto l’asserita violazione dei principi comunitari di concorrenza e parità di trattamento, i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che la clausola di territorialità contenuta nella lex specialis fosse ragionevole. Infatti, non può assumersi ad unico parametro di riferimento per determinare la violazione della concorrenza, la circostanza che il ricorrente non disponga di un impianto di proprietà entro i prescritti trenta chilometri, visto che, nei fatti, è stata accertata la presenza di molteplici impianti idonei allo stoccaggio dei tessuti entro la stessa area. Del resto, è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la scelta delle modalità di organizzazione del servizio, suscettibile di sindacato giurisdizionale solo in caso di manifesta irragionevolezza[45].
La Giurisprudenza, quindi, ritiene compatibili il principio di prossimità e concorrenza, qualificando il principio posto a tutela dell’ambiente come legittimo mitigatore della massima concorrenza. Beninteso che ciò, non significa che l’art. 181, comma 5, del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 possa arrivare a comprimere in maniera assoluta la concorrenza, ma piuttosto che, nell’ambito della selezione, debba permettere di premiare le offerte che garantiscono la prossimità degli impianti, così da valorizzare la tutela ambientale[46].
1.5.La posizione delle AuthoritiesLe Autorità amministrative, per le rispettive competenze, hanno avuto modo di pronunciarsi sull’introduzione del criterio di territorialità.
In tal senso, si richiama una recente Delibera dell’ANAC, Autorità Nazionale Anticorruzione[47], chiamata a pronunciarsi sulla presunta illegittimità dei criteri di selezione, contenuti in una manifestazione di interesse, avente ad oggetto l’individuazione degli operatori economici da invitare ad una procedura negoziata per l’affidamento di lavori. Nello specifico, nell’avviso di indagine di mercato, veniva stabilito che, qualora le manifestazioni fossero state superiori a 15, si dovesse procedere alla individuazione degli operatori da invitare attraverso l’attribuzione di un punteggio e la redazione di una graduatoria, tra i cui criteri premiali vi era «l’idoneità operativa rispetto al luogo di esecuzione dei lavori», con l’attribuzione di un punteggio variabile tra 40 e 0 a seconda della vicinanza della sede del concorrente dal luogo di esecuzione dei lavori[48].
Secondo il parere dell’Autorità, l’attribuzione di un punteggio premiale nei confronti dei soggetti aventi la sede in prossimità del luogo di esecuzione dei lavori, costituisce un criterio di selezione di tipo territoriale, e, in quanto tale, restrittivo della concorrenza e lesivo dei principi di non discriminazione e parità di trattamento dei concorrenti, poiché, di fatto, privilegia le imprese che già operano sul territorio.
Sarebbe invece legittimo, l’inserimento di un criterio di idoneità operativa rispetto al luogo di esecuzione del contratto, che valorizzi non la sede dell’impresa, ma esclusivamente la sua capacità di intervenire, attraverso la propria organizzazione, in un determinato ambito territoriale.
Per tali ragioni, conclude l’ANAC, «non possono ritenersi legittime le clausole che limitino in modo ingiustificato tanto la libertà di stabilimento, quanto la libertà di prestazione di servizi, in quanto idonee a produrre un iniquo vantaggio a favore degli operatori economici locali, a danno dei concorrenti non localizzati nel territorio, con conseguente lesione dei principi europei e nazionali di libera concorrenza e favor partecipationis».
L’Autorità richiama anche un suo precedente[49], in cui si era essa stessa pronunciata, su di una procedura aperta per l’affidamento di un appalto di lavori, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
In questa fattispecie, la stazione appaltante premiava l’offerta tecnica degli operatori economici che dimostravano l’impiego di personale proveniente dal territorio limitrofo al cantiere, nonché conferiva punteggio aggiuntivo a coloro che si impegnavano ad affidare subappalti e subcontratti ad operatori con sede adiacente al cantiere[50].
In questo caso l’Autorità, ribadendo l’inammissibilità del criterio della territorialità, aggiunge che, gli elementi di valutazione specificati nel disciplinare di gara, «anziché stimolare un sereno confronto concorrenziale con le altre imprese compartecipanti in merito al concreto contenuto dell’offerta, oltre a restringere la rosa dei partecipanti, scoraggiando dalla partecipazione quei partecipanti che non possono vantare le caratteristiche richiamate, può giungere a falsare l’obiettivo di garantire il miglior servizio alle condizioni maggiormente convenienti, in quanto potrebbe così aversi una predeterminazione degli esiti di gara in favore di alcune imprese, in palese violazione dei fondamentali principi che tutelano la par condicio e la concorrenza».
Anche l’AGCM, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato[51], chiamata e rendere parere su di una legge della Provincia autonoma di Trento nella parte in cui, nella valutazione dell’offerta tecnica, consentiva di valorizzare i criteri attinenti alla territorialità o alla filiera corta[52], ha considerato «evidente che, nella sua declinazione concreta e in assenza di ulteriori specificazioni regolamentari, tale criterio sia suscettibile di alterare la par condicio tra i potenziali partecipanti alle gare, conferendo un ingiustificato vantaggio alle imprese stabilite nella Provincia di Trento o che utilizzino input legali al territorio della Provincia. La previsione, dunque, è suscettibile di violare i principi a tutela della concorrenza».
Risulta quindi, ictu oculi, che anche l’ANAC, come l’AGCM, vedono con sfavore l’inserimento di clausole territoriali nella lex specialis di gara, temendo, in entrambi i casi, una compromissione della concorrenza, cui non fa seguito un corrispondente vantaggio per la collettività.
1.6.La “diversa dislocazione territoriale” introdotta dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76Per fronteggiare le ricadute economiche negative conseguenti all'emergenza epidemiologica da Covid-19, il Legislatore è intervenuto con un susseguirsi di disposizioni eccezionali e derogatorie anche al Codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, con l’obiettivo di semplificare le procedure in materia, al fine di incentivare gli investimenti e la realizzazione delle opere[53].
Uno di tali interventi normativi è avvenuto attraverso il cd. “Decreto Semplificazioni”, ovvero il D.L 16 luglio 2020, n. 76[54], il quale, dagli artt. 1 a 9, si occupa per l’appunto di introdurre “semplificazioni in materia di contratti pubblici”.
Per quanto attiene all’argomento del presente elaborato, l’art. 1 ridefinisce le modalità di affidamento nell’ambito dei contratti sottosoglia comunitaria, e, nello specifico, il comma 2, lett. b), stabilisce che, in caso di ricorso a procedura negoziata, gli operatori devono essere individuati «nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, che tenga conto anche di una diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate[55]».
Così come formulato, non è chiaro se il criterio abbia una portata estensiva o restrittiva e, nell’ambiguità della norma, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (già Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili), attraverso il Servizio di Supporto Giuridico[56], ha cercato di chiarire l’impatto del criterio della “diversa dislocazione territoriale”, rispondendo che lo stesso non può essere strumentalmente utilizzato con lo scopo di favorire le imprese del territorio.
Infatti, «la stazione appaltante, motivando e nel rispetto della trasparenza, potrà delimitare l’ambito territoriale degli operatori da invitare in base alla sede legale e/o operativa dell’impresa, da valutarsi in maniera proporzionale al valore dell’affidamento, tenuto conto del luogo di esecuzione e dell’oggetto dell’appalto. Si ricordi tuttavia che, al contempo, la stazione appaltante dovrà evitare la concentrazione territoriale degli inviti, che potrebbe dar luogo ad una chiusura del mercato, in contrasto con i principi comunitari di parità di trattamento e di non discriminazione richiamati dallo stesso disposto di cui all’art. 1 del D.L. 76/2020, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti in base all’elemento territoriale. In conclusione, la stazione appaltante dovrà individuare anche un numero di invitati con sede al di fuori del territorio di competenza, tenendo conto sia delle dimensioni che della rilevanza del mercato di riferimento del medesimo territorio, nonché dell’oggetto dell’appalto».
Anche la Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, nelle linee guida contenenti le indicazioni operative per l’applicazione delle norme in materia di contratti pubblici del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, ha tentato di interpretare il concetto di “diversa dislocazione territoriale”, affermando che «la disposizione consenta di favorire le imprese localizzate sul territorio nel quale eseguire l’appalto, evitando al contempo la concentrazione territoriale degli inviti ed affidamenti che potrebbero determinare una chiusura del mercato in contrasto con i principi comunitari di parità di trattamento e di non discriminazione richiamati dallo stesso disposto di cui all’art. 1 del D.L. 76/2020»[57].
Nella vaghezza del legislatore, è stata attribuita un’ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti nella declinazione del criterio. In tal senso, si ritiene utile citare la Stazione Unica appaltante per la Regione Autonoma Valle d’Aosta, che in un avviso di indagine di mercato volto all'individuazione degli operatori economici da invitare ad una procedura negoziata, di cui al citato art. 1, comma 2, lett. b), per l'affidamento di un appalto di lavori, ha stabilito che «se il numero degli operatori economici manifestanti interesse è superiore al numero massimo previsto (ndr. 10), la selezione, con estrazione a sorteggio pubblico, sarà effettuata tenendo conto della diversa dislocazione territoriale nel rispetto dei seguenti criteri: - n. 5 operatori economici con sede legale in Valle d’Aosta; - n. 5 operatori economici con sede legale nel restante territorio nazionale e dell’Unione Europea». Tale previsione, ritenuta restrittiva per la concorrenza, è stata segnalata all’ANAC che, attraverso il suo potere di vigilanza, ha rilevato profili di anomalia nella manifestazione di interesse, dal momento che la stazione appaltante non ha in alcun modo motivato le ragioni che hanno giustificato la limitazione al territorio regionale. Nello specifico, il criterio della diversa dislocazione territoriale «assegna alle stazioni appaltanti il compito di individuare motivando un equilibrio nella modalità di diversificazione territoriale che dovrà garantire il rispetto del principio comunitario di non discriminazione»[58].
Dall’analisi di cui sopra, si deduce che per l’applicazione di detto criterio, sono necessari, non solo un’adeguata motivazione, ma anche un adeguato contemperamento con i noti principi eurounitari che ne impongono l’attuazione in modo tale da scongiurare la concentrazione territoriale degli inviti.
CAPITOLO II
IL PRINCIPIO DI PROSSIMITÀ NEL D. LGS. 31 MARZO 2023, N. 36
Sommario: 2.1. La Legge delega e i lavori Parlamentari – 2.2. Riferimenti normativi – 2.3. Primi commenti e applicazioni
Tra gli impegni assunti dal Governo italiano per l’attuazione del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nel quadro delle c.d. “riforme abilitanti”, figurava la revisione Codice dei contratti pubblici, ovvero del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e, in tale prospettiva, con Legge 21 giugno n. 2022, n. 78, il Parlamento approvava la “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”[59].
All’art. 1, c. 2, sono stati enunciati i 31 criteri direttivi, e, per quanto d’interesse ai fini del presente elaborato, si segnalano la lett. a), «perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee, mediante l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, ferma rimanendo l'inderogabilità delle misure a tutela del lavoro, della sicurezza, del contrasto al lavoro irregolare, della legalità e della trasparenza, al fine di assicurare l'apertura alla concorrenza e al confronto competitivo fra gli operatori dei mercati dei lavori, dei servizi e delle forniture, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese», e la lettera d), «previsione, al fine di favorire la partecipazione da parte delle micro e piccole imprese, di criteri premiali per l'aggregazione di impresa, nel rispetto dei principi unionali di parità di trattamento e non discriminazione tra gli operatori economici […], in coerenza con i principi dello Small Business Act, di cui alla comunicazione della Commissione europea (COM (2008) 394 definitivo), del 25 giugno 2008, anche al fine di valorizzare le imprese di prossimità».
Già nella legge delega è stato introdotto il nuovo principio di prossimità[60].
Come previsto dall’art. 1, c. 4, della delega, il Governo, nell’attuare la stessa, si è avvalso del Consiglio di Stato per la formulazione del testo normativo[61] e, la Commissione speciale appositamente nominata, in data 7 dicembre 2022, ha restituito lo “schema definitivo di Codice dei contratti pubblici” [62].
Gli articoli di rilievo per il presente elaborato sono l’articolo 58, suddivisione in lotti, dove, ai cc. 1 e 2, viene previsto che «per garantire la effettiva partecipazione delle micro, delle piccole e delle medie imprese, anche di prossimità, gli appalti sono suddivisi in lotti funzionali, prestazionali o quantitativi in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Nel bando o nell’avviso di indizione della gara le stazioni appaltanti indicano le ragioni che, secondo un criterio di proporzionalità, richiedono di non suddividere l’appalto in lotti in funzione dell’interesse, anche di natura organizzativa, a una efficiente ed efficace esecuzione delle prestazioni. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese», e, l’art. 108, criteri di aggiudicazione degli appalti, il quale al c. 7, dispone che: «i documenti di gara oppure, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo indicano i singoli criteri di valutazione e la relativa ponderazione, anche prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato. Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi».
Tale testo è stato così trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti. Queste, pur esprimendo parere favorevole allo schema di Codice dei contratti pubblici, hanno formulato una serie di osservazioni.
La Commissione Ambiente presso il Senato[63], tra l’altro, ha raccomandato che il Governo valuti «l'opportunità di garantire una maggiore apertura del mercato, prevedendo che, nei bandi di gara o negli atti equiparati, possano essere previsti criteri premiali atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese alle procedure di affidamento». Inoltre, ha suggerito che «all'articolo 58, comma 2, si valuti inoltre l'opportunità di aggiungere, in fine, il seguente periodo: le stazioni appaltanti possono prevedere l'adozione di criteri di selezione volti a favorire la partecipazione delle imprese del territorio interessato dall'opera».
Parimenti, anche la Commissione Ambiente presso la Camera[64], ha proposto la medesima integrazione perché «ciò implica anche minori costi in quanto le imprese del territorio, possono utilizzare manodopera che non deve sostenere oneri legati a trasferimenti e trasferte». Altresì, ha esortato al Governo che si valuti «l'opportunità di prevedere la cosiddetta clausola di territorialità, in conformità con i principi di cui all'articolo 18 della direttiva 24/2014/UE, al fine di tutelare le imprese del territorio».
Infine, anche le associazioni di categoria più rappresentative, nell’ambito delle audizioni informali svolte presso le citate Commissioni, hanno concordemente puntualizzato che rispetto i criteri enunciati nella legge delega, la versione all’esame ha depotenziato la tutela delle micro, piccole e medie imprese e, peraltro, non ha valorizzato il principio di prossimità territoriale[65].
2.2.Riferimenti normativiLo “schema definitivo di Codice dei contratti pubblici” trasmesso dal Consiglio di Stato, dopo essere stato rivisto e integrato alla luce dei pareri espressi dalle Commissioni parlamentari, è stato approvato dal Consiglio dei ministri, divenendo così il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36.
Il già citato art. 58, c. 1, non ha subito variazioni rispetto la versione già segnalata, che risulta, pertanto, essere la seguente «per garantire la effettiva partecipazione delle micro, delle piccole e delle medie imprese, anche di prossimità, gli appalti sono suddivisi in lotti funzionali, prestazionali o quantitativi in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture»[66].
Il successivo c. 2, seppur modificato rispetto alla versione originaria, non ha visto l’introduzione di criteri di selezione volti a favorire la partecipazione delle imprese del territorio interessato dall'opera, come era stato suggerito dalle Commissioni parlamentari, che di conseguenza può essere così riportata: «nel bando o nell'avviso di indizione della gara le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti tenendo conto dei principi europei sulla promozione di condizioni di concorrenza paritarie per le piccole e medie imprese. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese».
Invece, l’art. 108, c. 7, oltre all’originaria formulazione per cui «I documenti di gara oppure, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo indicano i singoli criteri di valutazione e la relativa ponderazione, anche prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato. Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi» è stato integrato dai successivi periodi: «ai fini della tutela della libera concorrenza e della promozione del pluralismo degli operatori nel mercato, le procedure relative agli affidamenti di cui al Libro II, parte IV, possono prevedere, nel bando di gara, nell'avviso o nell'invito, criteri premiali atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell'offerta e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l'affidamento ad operatori economici con sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento. Le disposizioni di cui al terzo periodo si applicano compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46- bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198»[67].
Lo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel comunicato stampa del 28 marzo 2023, nel dare la notizia dell’approvazione del nuovo Codice, ha evidenziato come una importante innovazione del nuovo testo sia “la salvaguardia del made in Italy” attraverso, appunto, la valorizzazione delle imprese che hanno sede nel territorio interessato dall’opera[68].
Sempre in tale ottica, si segnala che con Legge 27 dicembre 2023, n. 206, sono state introdotte delle disposizioni volte alla promozione del made in Italy. All’art. 16, c.1, vengono dettate specifiche disposizioni sull’approvvigionamento di forniture per le amministrazioni pubbliche, con l’obiettivo di valorizzare e tutelare la qualità dei prodotti italiani ed europei e al fine di promuovere l'effettiva partecipazione delle micro, piccole e medie imprese di prossimità alle procedure di affidamento degli appalti pubblici[69].
2.3.Primi commenti e applicazioniSi ritiene utile analizzare i primi commenti offerti dalla dottrina agli articoli 58 e 108 del nuovo Codice dei contratti pubblici.
L’art. 58, si pone come obiettivo quello di regolamentare la suddivisione in lotti per due ordini di ragioni: la prima, legata alla tutela della libera concorrenza; la seconda, legata all’incentivo dell’adesione da parte delle micro, piccole e medie imprese alle gare. È pacifico il fatto che la divisione in lotti consente alle micro, piccole e medie imprese, proprio per mezzo del singolo lotto, una partecipazione meno onerosa sia dal punto di vista dei requisiti di partecipazione, che dal punto di vista della prestazione richiesta.
L’innovazione, rispetto al previgente art. 51, c.1, del D. Lgs. 50/2016, il quale si limitava a prevedere che «nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti» sta nel valorizzare non le PMI tout court, ma le PMI di prossimità, con l’obiettivo di corroborare il tessuto socio-economico del territorio[70].
Il nuovo art. 108, nella versione pubblicata in Gazzetta Ufficiale, prevede la facoltà per le stazioni appaltanti di poter introdurre nei documenti di gara criteri premiali a vantaggio delle PMI, e per la prossimità delle stesse, con lo scopo di salvaguardare la libera concorrenza e ottenere una quanto più possibile maggiore partecipazione degli operatori economici.
L’opportunità di inserire questi criteri premiali è assoggettata alla conciliabilità degli stessi con il diritto comunitario, il principio di non discriminazione, di parità di trattamento, di proporzionalità e trasparenza.
Per quanto concerne la compatibilità con il diritto dell’Unione europea e con i principi appena richiamati, la premialità nei confronti delle PMI non appare creare alcuna problematica. Analizzando la seconda fattispecie, ossia l’esistenza di una sede operativa nel territorio, potrebbe configurarsi come un impedimento all’esercizio della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi da parte degli operatori economici[71].
L’effettiva percorribilità di questi criteri premiali comporta una valutazione di ogni singolo caso di specie, alla luce delle peculiarità della prestazione concreta, paragonata a quanto solitamente avviene nell’ambito di riferimento[72].
Anche in questo caso, rispetto al previgente art. 95, c. 8, del D. Lgs. 50/2016, che si limitava a prevedere che «i documenti di gara ovvero, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo elencano i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato. Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove necessario, sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi», la nuova formulazione introduce la possibilità di attribuire criteri premiali in favore delle piccole e medie imprese, nonché per la prossimità della sede operativa dell’operatore economico.
Quanto alla giurisprudenza amministrativa, questa non ha ancora avuto modo di pronunciarsi sul neo introdotto criterio di prossimità. Invece, il primo intervento sul tema è da attribuirsi all’ANAC[73], la quale ha censurato una procedura di gara contenente una clausola di limitazione territoriale. Nello specifico, in una procedura di gara per l’affidamento del servizio di trattamento con avvio a recupero dei rifiuti biodegradabili da cucine e mense, un operatore economico deduceva l’illegittimità del disciplinare di gara, nella parte in cui richiedeva quale requisito di idoneità professionale la disponibilità di un impianto di destino situato a massimo dieci chilometri dalla sede operativa della stazione appaltante, in quanto una tale previsione sarebbe limitativa della concorrenza nonché in violazione di quanto disposto dall’art. 108, c.7, del D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36.
Secondo l’Autorità, la clausola territoriale, così come predisposta dalla stazione appaltante, appare illegittima e limitativa della concorrenza. Infatti, la clausola territoriale di cui all’art. 108, c.7 del nuovo Codice, afferendo ai criteri di aggiudicazione di un appalto, può essere declinata solo quale requisito premiale, pertanto da valorizzare nell’offerta tecnica, ma non quale requisito di partecipazione. In definitiva, anche nel nuovo quadro normativo, richiedere la disponibilità di un impianto entro un dato raggio, a condizione di partecipazione, viola il principio di concorrenza.
Anche qualora, alla luce della normativa recentemente introdotta, ci si volesse appellare al principio di prossimità ambientale, ad un’attenta valutazione, risulterebbe necessario che quest’ultimo cedesse il passo al principio di accesso al mercato. Il bilanciamento corretto delle due clausole appena menzionate quindi, dovrebbe propendere per il predominio della seconda sulla prima.
Nel caso concreto, infatti, la considerazione della clausola territoriale è volta chiaramente a frenare la concorrenza degli operatori economici in questione.
Il principio di cui si discute, calato nella fattispecie, risulta ingiustificato e non meritevole di applicazione sia astrattamente parlando (poiché limita la concorrenza per motivazioni che non attengono alla tutela dell’ambiente), sia da un punto di vista concreto (poiché introduce un elemento di partecipazione degli operatori economici eccessivamente limitante)[74].
La Delibera, infine, si conclude con l’invito da parte di ANAC di invalidare gli atti di gara. Nel momento in cui si dovrà procedere con la riedizione della gara, l’Autorità esorta all’utilizzo del principio territoriale non quale requisito di partecipazione, ma come elemento premiale nella valutazione dell’offerta tecnica, optando così per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa[75].
Se da un lato le cd. clausole di territorialità sono tuttora da qualificarsi come illegittime quando introducono una condizione per la partecipazione dell’operatore economico, dall’altro lato non può che ritenersi consentito che l’ubicazione in una determinata area geografica sia considerato un criterio premiale, qualora non sia irragionevole o sproporzionato.
Quello che emerge è che, il nuovo codice dei contratti pubblici, parte dall’assunto secondo cui le micro, piccole e medie imprese con organizzazione in prossimità dei luoghi di svolgimento dell’appalto hanno una maggiore propensione all’esecuzione dello stesso in maniera ottimale. Questa affermazione è tanto più vera, quanto più si prendono in considerazione lavori e servizi, in cui è indispensabile un’assidua presenza fisica o una contiguità geografica per essere resi in modo soddisfacente.
Più l’impresa è operante in prossimità del luogo di esecuzione dell’appalto (valutazione che comunque dovrebbe essere eseguita tenendo presente la situazione al momento dell’avvio dei lavori e non al prematuro momento di partecipazione alla gara), maggiori saranno i benefici.
Dunque, non si può che guardare con favore alla clausola di prossimità, la quale incentiva la partecipazione alle gare delle micro, piccole e medie imprese locali e coadiuva all’ottenimento di finalità quali la tutela ambientale, la ricaduta economica locale e la migliore esecuzione dell’appalto.
Proprio a tal fine, ci si è spinti a ritenere che la prossimità territoriale sia non solo un criterio di valutazione delle offerte ma, specularmente, possa essere utilizzato quale criterio di scelta degli offerenti da invitare nelle procedure negoziate sotto soglia.
Infatti, il nuovo Codice dei contratti pubblici ha vietato, salvo situazioni eccezionali, l’utilizzo del sorteggio quale metodo di selezione degli operatori economici da invitare alle procedure negoziate sotto soglia. In luogo di metodi di scelta casuali, gli offerenti dovranno essere individuati attraverso l’impiego di criteri che siano obiettivi[76].
Si ipotizza, così, che la prossimità, con le dovute accortezze, possa integrare uno dei criteri oggettivi attraverso cui addivenire alla scelta degli operatori economici da invitare[77].
Conclusioni
Il presente lavoro si pone come obiettivo quello di indagare, analizzare ed esprimere con giudizio critico, sebbene non con pretese di esaustività, una valutazione sul principio di territorialità e prossimità.
Innanzitutto, ciò che emerge è che, anche nel nuovo codice, l’apposizione della clausola che assegna rilevanza alla prossimità dell’impresa ai fini dell’ammissione alla procedura selettiva è da ritenersi illegittima. Tali clausole, infatti, finiscono per tradursi in riserve di partecipazione a favore delle imprese già radicate a livello locale, restringendo a monte la platea dei potenziali concorrenti, con evidenti effetti anticoncorrenziali.
Sempre in linea di continuità con il codice previgente, è pacifica l’ammissibilità delle clausole di territorialità strutturate come condizione di stipulazione o, esecuzione, del contratto. In siffatta ipotesi, l’operatore economico deve solo rendere l’impegno a dotarsi, in caso di aggiudicazione, di una sede operativa nel territorio designato.
Altrettanto legittime devono oggi ritenersi le clausole con efficacia premiale, volte cioè ad incentivare, nella valutazione dell’offerta tecnica, il profilo della territorialità.
Tale innovazione, per vero, non fa altro che recepire la prassi, piuttosto diffusa presso le stazioni appaltanti, di prevedere nelle lex specialis di gara misure volte a promuovere gli operatori economici che abbiano particolari collegamenti con l’ambito territoriale di riferimento[78].
Anche la Giurisprudenza amministrativa, quantomeno nel settore del trattamento dei rifiuti, ritiene già compatibili il principio di prossimità e concorrenza, qualificando il primo come legittimo mitigatore della massima concorrenza.
La prossimità può, dunque, essere qualificata quale uno degli elementi da prendere in considerazione per la selezione dell’esecutore dell’appalto. Tuttavia, l’ampia discrezionalità di cui godono le stazioni appaltanti nella definizione dei criteri di valutazione, deve pur sempre confrontarsi con il diritto dell’Unione europea, specie con i principi di proporzionalità, non discriminazione e di parità di trattamento. Restano quindi viziate quelle clausole di prossimità che, seppur assunte come criterio di valutazione dell’offerta, assegnano un punteggio premiale di entità tale da rendere quasi impossibile la partecipazione ai concorrenti che non soddisfano il criterio.
Risulta quindi, sulla base delle valutazioni svolte sinora e sulla base delle sentenze approfondite nel presente lavoro, corretto e meritevole di tutela, ricompensare le micro, piccole e medie imprese locali all’interno dei bandi di gara, specie per gli appalti concernenti lavori e servizi. È inconfutabile, difatti, che l’esecuzione di determinati contratti, per la peculiarità delle prestazioni dedotte, avvenga da parte di soggetti dotati di una sede operativa prossima al luogo in cui queste ultime dovranno svolgersi.
Del tutto plausibile, inoltre, la tesi secondo cui la valorizzazione della prossimità può essere anticipata finanche nella fase selettiva delle imprese da invitare nelle procedure negoziate.
Gli spunti offerti dalla prassi sono molteplici e, agli occhi di chi scrive, sembra perseguibile l’attribuzione di un punteggio decrescente man mano che ci si allontana dal luogo di esecuzione. Più rischioso, invece, ancorare la preferenza su ambiti territoriali predefiniti, quali i confini comunali, provinciali o regionali.
Conclusivamente, non paiono sussistere contrapposizioni insormontabili tra la tutela della concorrenza e del mercato e la promozione delle imprese locali; quello che si può rilevare è che sono state piuttosto le misure adottate che hanno portato ad effetti distorsivi e, conseguentemente, alle pronunce – costituzionali e amministrative – di illegittimità.
In ogni caso, costituendo un tema caldo perché di grande attualità e rilevanza economico-sociale, è auspicabile un ulteriore intervento del Legislatore – anche in sede di correttivo al Codice dei contratti pubblici – affinché si adoperi per concretizzare il principio di prossimità, in modo da dissipare i dubbi interpretativi e le connesse potenziali incertezze applicative.
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V. Vitulano, Sistema dinamico di acquisizione per servizio sociosanitari, assistenziali e integrati alla personale e limiti territoriali, in Rivista Trimestrale degli appalti, 2020, 1940-1947.
* Il presente approfondimento rappresenta una rielaborazione della tesina presentata nell’ambito della III Edizione (a.a. 2022/2023) del Master Universitario di II° livello Teoria e Management degli Appalti Pubblici (TEMAP) presso la Libera Università Maria Ss. Assunta (LUMSA): Direttori Prof. Avv. Angelo Rinella e Avv. Domenico Galli; Coordinatore Scientifico Avv. Adriano Cavina.
[1] A. Donato, Clausole di territorialità “regionali” e attribuzione di punteggio tecnico, 09/12/2021, https://www.legal-team.it/.
[2] Ex multis: Cons. St., sez. V, 24 gennaio 2019, n. 605; Cons. Stato, sez. III, 19 settembre 2018, n. 5461.
[3] Il Ministro delle Attività Produttive, con il Decreto 18 aprile 2005, recependo la Raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, all’art. 2, ha previsto che: “la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (complessivamente definita PMI) è costituita da imprese che: a) hanno meno di 250 occupati, e b) hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro. Nell'ambito della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa l'impresa che: a) ha meno di 50 occupati, e b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro. Nell'ambito della categoria delle PMI, si definisce microimpresa l'impresa che: a) ha meno di 10 occupati, e b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro. I due requisiti di cui alle lettere a) e b) dei commi 1, 2 e 3 sono cumulativi, nel senso che tutti e due devono sussistere”.
[4] Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici; Direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali.
[5] Corte Costituzionale, sentenza 27 maggio 2020, n. 98. Commentata in L. Parona, Clausole di territorialità e promozione delle PMI nell’affidamento dei contratti pubblici. Considerazioni a margine della sentenza n. 98/2020 della Corte Costituzionale, in Le Istituzioni del Federalismo, 2020, 973-998; A. Barbiero, Incostituzionale la riserva di partecipazione alle gare per appalti sottosoglia alle Pmi del territorio, 03/06/2020, https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com.
[6] Legge Regione Toscana, 16 aprile 2019, n.18, “Disposizioni per la qualità del lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli appalti di lavori, forniture e servizi. Disposizioni organizzative in materia di procedure di affidamento di lavori. Modifiche alla L.R. 38/2007”.
[7] Ovvero, ex art. 35 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e ss.mm., fino ad € 5.382.000 per appalti di lavori.
[8] L.R. Toscana, 16 aprile 2019, n.18, art. 10, c.4 “in considerazione dell’interesse meramente locale degli interventi, le stazioni appaltanti possono prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al 50 per cento e in tal caso la procedura informatizzata assicura la presenza delle suddette imprese fra gli operatori economici da consultare”.
[9] Art. 117 Costituzione: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: […] e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie”.
[10] Corte Costituzionale, sentenza 27 maggio 2020, n. 98, punto 2 in fatto: «infine, la norma censurata (comma 4) prevede la possibilità di una riserva di partecipazione a favore delle «micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale», nel solo caso in cui gli interventi siano di «interesse meramente locale». Tale riserva sarebbe «aggiuntiva rispetto alla quota minima di partecipazione prevista dall’art. 36» cod. contratti pubblici e non determinerebbe «alcuna incidenza sulle modalità di partecipazione previste ai sensi dell’articolo 36 del d. lgs. 50/2016, né tantomeno sul numero minimo di partecipanti ivi indicato. La norma impugnata preserverebbe l’effettiva partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, mitigando la casualità del sorteggio».
[11] Corte Costituzionale, sentenza 27 maggio 2020, n. 98, punto 4 in diritto.
[12] G. Piga, B. Raganelli, Sulla legittimità costituzionale di riserve regionali a favore di micro, piccole e medie imprese, in Il Diritto Amministrativo, secondo cui: «È al legislatore statale che la Costituzione ha affidato in via esclusiva la “tutela della concorrenza”, ma questi è a sua volta vincolato al rispetto del principio e delle regole comunitarie di concorrenza. Ciò comporterebbe il protagonismo della legge statale in ordine al “nucleo essenziale” dei profili giuridici degli appalti pubblici, oggi regolati dal Codice».
[13]Corte Costituzionale, sentenza 27 maggio 2020, n. 98, punto 4 in diritto. Analogamente - a fronte di una norma regionale che individuava fra i criteri di selezione dei candidati da ammettere alla procedura ristretta quello della localizzazione regionale del personale – la Corte Costituzionale 22 dicembre 2006, n. 440, ha statuito che “discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale contrasta con il principio di eguaglianza, nonché con il principio in base al quale la regione non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni e non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro. Da tale principio, che vincola anche le Regioni a statuto speciale, e che più volte è stato ritenuto applicabile all'esercizio di attività professionali ed economiche discende anche il divieto per i legislatori regionali di frapporre barriere di carattere protezionistico alla prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale”. Così, anche Corte Costituzionale 26 giugno 2001, n. 207. Secondo L. Parona, op. cit., «la pronuncia in commento offre un chiarimento e una sintesi rispetto a diversi profili critici che, pur emergendo in relazione a specifici aspetti delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, sollevano nondimeno questioni di più ampio respiro. Queste ultime, più precisamente, concernono, da un lato, il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni nella disciplina dei differenti aspetti che attengono alla materia dei contratti pubblici e, dall’altro, il possibile contrasto tra tali norme interne e i principi eurounitari, fra i quali in primis quelli di non discriminazione e parità di trattamento, e le libertà di stabilimento e di circolazione dei servizi»
[14] Corte Costituzionale, sentenza 9 marzo 2021, n. 31.
[15] Legge Regione Toscana, 10 dicembre 2019, n. 75, “Norme per incentivare l’introduzione dei prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta nelle mense scolastiche”, artt. 2, 3 e 4. Per quanto d’interesse, art. 2: “Ai fini della presente legge si intendono per prodotti a chilometro zero i prodotti agricoli, i prodotti della pesca e dell’acquacoltura e alimentari, la cui produzione e trasformazione della materia, o dell’ingrediente primario presente in misura superiore al cinquanta per cento, avviene entro i confini amministrativi della Regione Toscana. I prodotti freschi della pesca in mare sono a chilometro zero se provenienti da punti di sbarco situati in Toscana e catturati da imbarcazioni iscritte nel registro delle imprese di pesca dei compartimenti marittimi regionali. I prodotti freschi dell’acquacoltura in mare sono a chilometro zero se provenienti da impianti collocali nelle acque costiere regionali […]”; art.3: “Per perseguire le finalità della presente legge la Giunta regionale, a partire dall’anno 2020, previo esperimento di una procedura di evidenza pubblica, finanzia progetti pilota che devono garantire: a) la fornitura di pasti nelle mense scolastiche incluse nel progetto preparati utilizzando almeno il cinquanta per cento di prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta […]”.
[16] Cfr. nota 9.
[17] Art. 120, comma 1, Costituzione: “La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni [cfr. art. 16 c.1], né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale”
[18] Art. 117, commi 3 e 4, Costituzione: “Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”.
[19] La questione promossa in riferimento all’art. 117, comma 1, Costituzione è stata dalla Corte assorbita, punto 6 in diritto.
[20] Corte Costituzionale, sentenza 9 marzo 2021, n. 31, punto 4.3 in diritto. Per precedente conforme, si segnala anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 2013, dove i Giudici, punto 3 in diritto, hanno statuito che “la legge regionale – e, in particolare, le disposizioni impugnate – risultano volte, dunque, ad incentivare il consumo dei soli prodotti di origine regionale come tali, indipendentemente dall’ubicazione del luogo di produzione o dalla presenza di particolari qualità, senza che la tutela si estenda a prodotti con caratteristiche analoghe, ancorché provenienti da aree poste a distanza uguale o minore dal luogo di consumo (come può avvenire, in specie, ove il consumo avvenga in zone limitrofe ad altre Regioni)”.
[21] Corte Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2022, n. 4.
[22] Legge Regione Piemonte 9 luglio 2020, n. 15, “Misure urgenti di adeguamento della legislazione regionale - Collegato”, art. 75: “fino al termine dello stato di emergenza sanitaria di cui alla delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 (Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili) e, comunque, fino al 31 dicembre 2020, in considerazione dei motivi imperativi di interesse generale attinenti al raggiungimento di obiettivi di politica sociale e delle relative esigenze, di tutela dei lavoratori, di sostegno al reddito e alle imprese, i soggetti aggiudicatori della Regione possono introdurre criteri premiali di valutazione delle offerte e relativa attribuzione di punteggi, nei confronti degli operatori economici che, in caso di aggiudicazione, per l'esecuzione dell'appalto o della concessione, si impegnano a utilizzare, in misura prevalente, manodopera o personale a livello regionale, attribuendo un peso specifico alle ricadute occupazionali sottese alle procedure di accesso al mercato degli appalti e delle concessioni, in ottemperanza alle esigenze inderogabili di promozione della continuità dei livelli occupazionali e nel rispetto delle disposizioni dell'Unione europea”. C. Castaldo, Criteri premiali di aggiudicazione: concorrenza e non discriminazione nel riparto di competenza tra Stato e Regioni (nota a Corta costituzionale, sentenza del 14 gennaio 2022, n.4), in Il Piemonte delle Autonomie, https://www.piemonteautonomie.it secondo cui «l’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del Covid-19 ha posto all’attenzione del giurista una serie di problematiche, le quali, da un lato, hanno riguardato il bilanciamento tra differenti interessi e diritti costituzionalmente tutelati e, dall’altro, hanno sollecitato questioni inerenti il ruolo in tale contesto riservato alle Regioni in un’ottica di riparto di competenze – tralasciando in questa sede una più ampia discussione circa i limiti posti ai poteri nella tradizionale tripartizione della sovranità. L’istanza di far fronte ad una emergenza sanitaria, che nel suo protrarsi ha inevitabilmente prodotto notevoli conseguenze economiche e politiche, ha inciso anche nel campo della contrattualistica pubblica, la quale è sempre più permeabile ad esigenze sociali che oltrepassano gli interessi di tutela della concorrenza nel – e per il – mercato e di economicità dell’azione amministrativa, tradizionalmente posti alla base della relativa disciplina».
[23] Corte Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2022, n. 4, punto 1 in fatto. Prosegue: “affermati agli artt. 3, 49 e seguenti, 101, 102 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, in quanto l’attribuzione di punteggi premiali a coloro che, nel presentare offerte nelle pubbliche gare, si impegnino a utilizzare in misura prevalente la manodopera di un dato territorio (quello regionale) a scapito della manodopera di un altro (nazionale o europeo), privilegerebbe uno o più concorrenti in base alla territorialità della manodopera impiegata, introducendo in tal modo un criterio protezionistico”.
[24] Corte Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2022, n. 4, punto 4 in diritto. Per precedente conforme, si segnala anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 28 del 2013, dove i Giudici, punto 10 in diritto, hanno disposto che “la necessità di assicurare «l’adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza» esige che la disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e della selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento e i criteri di aggiudicazione siano disciplinati dal legislatore statale, essendo riconducibili alla tutela della concorrenza. Considerata nel suo contenuto, poi, la normativa censurata esprime una preferenza per le imprese radicate in uno specifico territorio e, dunque, anche sotto questo profilo è di ostacolo alla concorrenza”.
[25] Corte Costituzionale, sentenza 10 maggio 2022, n. 117.
[26] Legge della Provincia autonoma di Trento 21 ottobre 2020, n. 9, “modificazioni della legge provinciale 6 marzo 1998, n. 4”. Per la parte d’interesse, si riporta l’art. 8, comma 9 della Legge: “il comma 2 dell'articolo 1 bis 1 della legge provinciale n. 4 del 1998 è sostituito dal seguente: 2. Il bando di gara per l'assegnazione della concessione di grande derivazione a scopo idroelettrico: […] s) prevede che entro 180 giorni dall'aggiudicazione il concessionario si doti di una sede operativa nel territorio provinciale avente in dotazione risorse umane e strumentali idonee in relazione alle caratteristiche della concessione oggetto della procedura di gara”.
[27] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 10 maggio 2022, n. 117, punto 1.2 in fatto: “la disciplina recata dalla norma censurata contrasterebbe con l’art. 49 TFUE, discriminando di fatto gli operatori non stabiliti in Italia con la pretesa che, oltre all’infrastruttura energetica necessaria per lo sfruttamento della concessione, essi debbano dotarsi di una «sede operativa» nel territorio provinciale. Per la stessa ragione, la norma impugnata violerebbe il disposto dell’art. 14, paragrafo unico, numero 3), della direttiva 2006/123/CE. Comprimerebbe, cioè, la libertà degli operatori economici di «scegliere tra essere stabiliti a titolo principale o secondario», escludendo, in particolare, l’obbligo per il prestatore «di avere lo stabilimento principale sul loro territorio o restrizioni alla libertà di scegliere tra essere stabilito in forma di rappresentanza, succursale o filiale»”.
[28] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 10 maggio 2022, n. 117, punto 2.3.1 in fatto: “la norma imporrebbe una condizione non per la partecipazione alla gara, ma per l’effettiva assegnazione della concessione al vincitore, il quale, quand’anche privo di una sede operativa nel territorio provinciale, ben potrebbe stabilirne una presso lo stabilimento produttivo, o comunque procurarsela con appositi strumenti negoziali, valendosi dell’ampio termine posto a disposizione dalla legge. La stessa giurisprudenza amministrativa avrebbe sanzionato di illegittimità la clausola in questione solo quando prevista quale requisito di partecipazione alla gara. E d’altronde la disponibilità di una sede operativa sarebbe indispensabile per l’osservanza di tutti i doveri connessi alla gestione della derivazione ed all’attività produttiva. Non vi sarebbe dunque violazione dell’art. 49 TFUE, e neppure sarebbe violato l’art. 14 della più volte citata direttiva 2006/123/CE, che attribuisce carattere discriminatorio alla sola pretesa che il concorrente stabilisca nel territorio la propria sede principale, mentre non è vietata la prescrizione di istituire sedi operative”.
[29] Cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, terza sezione, sentenza 22 dicembre 2010, in causa C-338/09, Yellow Cab Verkehrsbetriebs GmbH; nello stesso senso, seconda sezione, sentenza 27 febbraio 2019, in causa C-563/17, Associação Peço a Palavra ed altri. Quest’ultima giurisprudenza considera legittimo chiedere all’operatore il possesso di requisiti che favoriscano l’esistenza di una sua relazione con il territorio, a condizione che questi siano proporzionati e necessari per il conseguimento dello scopo di gara, così da perdere ogni ingiustificato carattere di discriminazione e compressione della libertà di stabilimento.
[30] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 10 maggio 2022, n. 117, punto 3.1 in diritto.
[31] Cons. St., sez. V, 15 maggio 2019, n. 3147, punto 4 in diritto. Commentata in A. Mascolini, Gare, è illegittima la preferenza territoriale, 24/05/2019, ItaliaOggi.
[32] Cons. St., sez. V, 24 gennaio 2019, n. 605, punto 8.6 in diritto, meglio precisato nel precedente punto 8.5, secondo cui: «la clausola territoriale in esame di fatto favorisce la partecipazione alla gara delle sole imprese locali (verosimilmente già in possesso di un’officina con sede operativa nel territorio del Comune), risultando fortemente limitativa della concorrenza lì dove di fatto “non consente all’impresa di organizzarsi all’esito della vittoriosa partecipazione”. Ed invero, il richiedere il possesso di un’idonea officina sarebbe stato legittimamente esigibile verso il concorrente aggiudicatario definitivo come condizione per la stipulazione del contratto, attualizzandosi in quel momento l’interesse dell’amministrazione a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare la continuità del servizio: per converso, la clausola in parola, nella misura in cui richiede a tutti i concorrenti di procurarsi anticipatamente e già al momento della domanda, la disponibilità di un’officina localizzata nel Comune, finisce per imporre a carico dei medesimi un onere economico e organizzativo che potrebbe risultare ultroneo e sproporzionato, obbligandoli a sostenere i connessi investimenti per il reperimento degli immobili idonei in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa». Commentata da P. Piccoli, G. Ghirigatto, la cd. “clausola di territorialità” negli appalti pubblici, 20/04/2020, https://www.studiolegalevis.it.; P. Verna, Clausole di territorialità nel «mirino» del Consiglio di Stato, 13/02/2019, https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com. Conformi, TAR Campania (Napoli), sez. III, 24 luglio 2020, n. 3331; TAR Valle d’Aosta, Sez. un., 17 settembre 2018, n. 44.
[33] Cons. Stato, sez. III, 19 settembre 2018, n. 5461.
[34] ex multis: TAR Lazio (Latina), sez. I, 9 dicembre 2022, n. 935; TAR Calabria (Reggio Calabria), sez. III, 30 novembre 2021, n. 901; TAR Calabria (Catanzaro), sez. I, 5 marzo 2021, n. 472; TAR Piemonte, sez. I, 16 luglio 2019, n. 811; TAR Veneto, sez. I, 21 giugno 2018, n. 673. In dottrina, A. Coiante, Le clausole di territorialità nelle procedure di gara tra tutela della concorrenza e discrezionalità amministrativa, in Foro Amministrativo, 2019, 1461-1471.
[35] Cfr. ex multis TAR Campania (Napoli), sez. V, 12 febbraio 2019, n. 776; TAR Campania (Napoli), sez. II, 3 aprile 2018, n. 2083; TAR Lazio (Latina), sez. I, 20 dicembre 2017, n. 637; TAR Trentino-Alto Adige (Trento), sez. I, 28 luglio 2017, n. 246; in vigenza del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n.163, si segnala Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5929, secondo cui «prima dell’aggiudicazione, considerata l’alea della gara, è in realtà sufficiente, anche ai fini del rispetto della par condicio, che vi sia una formale dichiarazione di impegno del concorrente a procurarsi tempestivamente un centro di cottura per le emergenze, sulla cui base la stazione appaltante possa poi pretendere a pieno diritto che sia acquisita la disponibilità effettiva della struttura, ai fini della stipula e della successiva esecuzione del contratto d’appalto».
[36] Cons. St., sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854.
[37] A. Coiante, Le clausole di territorialità nelle procedure di gara tra tutela della concorrenza e discrezionalità amministrativa, in Foro Amministrativo, 2019, 1461-1471.
[38] E. Errichiello, Limiti territoriali alle gare d’appalto pubbliche: illegittima la clausola che limita la partecipazione al bando, 03/04/2022, https://www.avvocatoelioerrichiello.it; V. Vitulano, Sistema dinamico di acquisizione per servizio sociosanitari, assistenziali e integrati alla personale e limiti territoriali, in Rivista Trimestrale degli appalti, 2020, 1940-1947.
[39] D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, art. 181, comma 5.
[40] Quanto ai rifiuti indifferenziati, da avviare a smaltimento, sempre il D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, all’art. 182, c.5, prevede finanche che “è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano”.
[41] TAR Piemonte, sez. II, 17 ottobre 2022, n. 863
[42] Cfr. TAR Piemonte, sez. II, 17 ottobre 2022, n. 863, punto 14.1 in diritto: “le clausole della lex specialis oggetto di gravame, infatti, non prevedono che alla gara possano partecipare esclusivamente gli operatori economici che siano titolari di un impianto di smaltimento nel raggio di 60 km dalla sede legale, né richiedono tale condizione tra i requisiti di ammissione. Al contrario, le disposizioni richiamate consentono a tutte le imprese operanti sul mercato di riferimento di prendere parte alla procedura, ottenendo previamente “la disponibilità” di un “impianto” o un “luogo” – ai sensi dell’art. 193 del D. Lgs. n. 152/2006 (cfr. infra) – in cui possa essere effettuato lo stoccaggio dei rifiuti o il trasferimento degli stessi dal gestore del servizio di raccolta R.S.U. ai mezzi di trasporto dell’operatore incaricato del recupero della Forsu, che li condurrà al sito di destinazione. Disponibilità che, ai fini dell’ammissione alla procedura, non deve essere garantita in concreto e con il preventivo approntamento materiale del luogo e/o dell’impianto, dovendo inizialmente solo essere dimostrata, a garanzia della serietà dell’impegno del concorrente, con le modalità di cui all’art. 2 a), punto 4 del Disciplinare, che il Collegio non ritiene esorbitanti, sproporzionate o irragionevoli”.
[43] Cfr. TAR Piemonte, sez. II, 17 ottobre 2022, n. 863, punto 20.2 in diritto.
[44] Cons. Stato, sez. III, 6 aprile 2020, n. 2293.
[45] Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2238.
[46] Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2023, n. 7412, chiamato a pronunciarsi su una procedura di affidamento del servizio di trattamento della frazione di rifiuto umido, assegnata con procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, in ottemperanza ad una precedente delibera di giunta regionale che aveva individuato gli impianti cd. “minimi”, ovvero aveva stabilito che i rifiuti organici prodotti nel territorio regionale dovevano essere recuperati presso questi impianti. A fronte di una tale previsione, il Collegio, accogliendo il ricorso dell’operatore economico che aveva impugnato gli esiti di gara, ha evidenziato che: “l’art. 181, comma 5, d. lgs. n. 152/2006 non pone né implica la deroga dei procedimenti concorrenziali di selezione dei contraenti affidatari del servizio, ma, più semplicemente, prevede la possibilità di incentivare (“privilegiando”) quelle modalità di recupero e riciclaggio che sono “attuative” del principio di prossimità degli impianti di recupero”.
[47] ANAC, Delibera n. 1026 del 25 novembre 2020.
[48] Cfr. ANAC, Delibera n. 1026 del 25 novembre 2020, secondo cui, precisamente, “costituisce criterio premiale l’idoneità operativa rispetto al luogo di esecuzione dei lavori da intendersi quale vicinanza della sede legale o operativa del concorrente, con l’attribuzione di un punteggio massimo di 40 punti per gli operatori aventi sede ad una distanza stradale inferiore a 60 km, 32 punti per la distanza stradale superiore a 60 km e fino a 100 km, 24 punti in caso di distanza tra 100 e 140 km, 16 punti per la distanza tra 140 e 180 km, 8 punti per la distanza tra 180 e 220 km, e 0 punti in caso di sede distante più di 220 km dal luogo di esecuzione dei lavori”.
[49] ANAC, Delibera n. 1142 del 12 dicembre 2018. E, prima ancora, anche l’allora AVCP – Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici – era intervenuta a più riprese in vigenza del “Codice De Lise”, il Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n.163, sul tema del principio di territorialità. Si segnalano, sul punto, la Deliberazione n. 95, Adunanza del 7 novembre 2012; il Comunicato del Presidente del 20 ottobre 2010; la Deliberazione n. 250 del 12 luglio 2007.
[50] Cfr. ANAC, Delibera n. 1142 del 12 dicembre 2018, precisamente, i sub-criteri erano i seguenti: “f) Per il criterio 5 Risorse Umane: […] 5c) Indicatore della vicinanza della manodopera; […] g) Per il criterio 6 Organizzazione ed operatività: 6a) Percentuale inferiore di lavorazioni affidate in subappalto rispetto alla quota massima subappaltabile e percentuale di lavorazioni affidate in subappalto ad operatori economici con sede operativa entro 50 km dalla sede del cantiere; 6b) Percentuale di prestazioni “non costituenti subappalto” affidate ad operatori economici con sede operativa entro 50 km dalla sede del cantiere, calcolata in termini economici sul totale dei subcontratti che verranno affidati”.
[51] Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - AGCM, parere AS1322, 27 ottobre 2016.
[52] Provincia autonoma di Trento, Legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2, art. 17, comma 5, secondo cui: “gli elementi di valutazione dell'offerta, che possono essere considerati in relazione alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, sono, a titolo esemplificativo: […] o) elementi attinenti alla territorialità o alla filiera corta, secondo quanto previsto dalla normativa provinciale vigente.
[53] Cfr. ex multis T.A.R. Veneto, sez. I, 21 luglio 2021 n. 960 nonché ANAC, Delibera n. 837 del 21 dicembre 2021, secondo cui “le disposizioni normative contenute nell’art. 1 del decreto legge n. 76/2020, convertito in legge n. 120/2020, contengono una disciplina derogatoria, temporalmente limitata e giustificata dall’esigenze di far fronte ad una congiuntura economica resa particolarmente difficile dalla pandemia da COVID-19, che come tale prevale sulla disciplina dei contratti sotto-soglia prevista dall’art. 36 del Codice appalti”.
[54] Decreto-Legge 16 luglio 2020, n. 76 convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.
[55] Cfr. art. 1, comma 2: “fermo quanto previsto dagli articoli 37 e 38 del decreto legislativo n. 50 del 2016, le stazioni appaltanti procedono all'affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l'attività di progettazione, di importo inferiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016 secondo le seguenti modalità: […] b) procedura negoziata, senza bando, di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, che tenga conto anche di una diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per l'affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di progettazione, di importo pari o superiore a 139.000 euro e fino alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a un milione di euro, ovvero di almeno dieci operatori per lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016. Le stazioni appaltanti danno evidenza dell'avvio delle procedure negoziate di cui alla presente lettera tramite pubblicazione di un avviso nei rispettivi siti internet istituzionali. L'avviso sui risultati della procedura di affidamento, la cui pubblicazione nel caso di cui alla lettera a) non è obbligatoria per affidamenti inferiori ad euro 40.000, contiene anche l'indicazione dei soggetti invitati”.
[56] Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Servizio Supporto Giuridico, parere n. 790 del 13 novembre 2020.
[57] Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, “Indicazioni operative per l’applicazione delle norme in materia di contratti pubblici del dl n. 76/2020, convertito nella legge n. 126/20, recante “misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, n. 20/239/CR5a/C4 del 17 dicembre 2020, par. 1.5.1.
[58] ANAC, Atto del Presidente del 12 maggio 2023, fascicolo 5705/2022.
[59] All’art. 1, c. 1, veniva espressamente previsto che: «il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici, anche al fine di adeguarla al diritto europeo e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché al fine di evitare l'avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate».
[60] Per vero, si ricorda che anche la precedente Legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE e il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici, aveva previsto il criterio direttivo specifico teso alla «valorizzazione delle esigenze sociali e di sostenibilità ambientale, mediante introduzione di criteri e modalità premiali di valutazione delle offerte nei confronti delle imprese che, in caso di aggiudicazione, si impegnino, per l'esecuzione dell'appalto, a utilizzare anche in parte manodopera o personale a livello locale ovvero in via prioritaria gli addetti già impiegati nel medesimo appalto, in ottemperanza ai principi di economicità dell'appalto, promozione della continuità dei livelli occupazionali, semplificazione ed implementazione dell'accesso delle micro, piccole e medie imprese, tenendo anche in considerazione gli aspetti della territorialità e della filiera corta e attribuendo un peso specifico anche alle ricadute occupazionali sottese alle procedure di accesso al mercato degli appalti pubblici, comunque nel rispetto del diritto dell'Unione europea”.
[61] ex R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 14, c.2, secondo cui il Consiglio di Stato “Formola quei progetti di legge ed i regolamenti che gli vengono commessi dal Governo”. Come si legge nella relazione agli articoli e agli allegati del Consiglio di Stato, del 7 dicembre 2022, “nel compito di redazione dello schema di codice i consiglieri di Stato sono stati affiancati non solo da magistrati dei T.a.r., della Cassazione, della Corte dei conti, nonché da Avvocati dello Stato, ma anche da esperti esterni quali professori, avvocati, economisti, ingegneri, esperti di drafting, un informatico e un accademico della Crusca”.
[62] Visionabile al seguente link: https://www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/17550825/1_CODICE+CONTRATTI+ARTICOLI+%281%29.pdf/eb97a977-0185-851c-ff3c-81ec31a7860d?t=1670931988000
[63] 8a Commissione ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica, Resoconto sommario n. 22 del 21 febbraio 2023, visionabile al seguente link: https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=19&id=1370201&part=doc_dc-allegato_a.
[64] 8a Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, bollettino n. 66 del 21 febbraio 2023, visionabile al seguente link: https://www.camera.it/leg19/824?tipo=A&anno=2023&mese=02&giorno=21&view=&commissione=08#data.20230221.com08.allegati.all00010.
[65]Si cita ANCE – Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, secondo cui «il Codice – diversamente da quanto previsto nella legge delega - non fa riferimento, nel sancire il divieto di accorpamento artificioso dei lotti, ai princìpi dello Small Business Act, di cui alla comunicazione della Commissione europea (COM(2008) 394 definitivo), del 25 giugno 2008, anche al fine di valorizzare le imprese di prossimità”; Confartigianato-CNA, i quali hanno sottolineato la “necessità di “definire la “prossimità territoriale” soprattutto per quei contratti di importo inferiore alla soglia di interesse comunitario, per i quali, tenuto conto della natura dell’appalto (es. lavori, servizi di manutenzione, e altri servizi in cui assumono rilevanza i costi organizzativi legati allo spostamento e alla distanza territoriale), la distanza dal luogo di esecuzione inciderebbe sulle spese generali in modo significativo. La delimitazione dell’ambito territoriale, in base alla sede legale e/o operativa dell’impresa, potrebbe essere valutato in maniera proporzionale al valore dell’appalto tenuto conto del luogo di esecuzione del contratto sulla base dei livelli territoriali, come definiti dall’art. 114 Cost., con gli opportuni temperamenti determinati dal luogo geografico di esecuzione del contratto. Per una più efficace applicazione di questo principio, si osserva che sarebbe opportuno inserire, all’interno dell’Anagrafe degli operatori economici istituita presso l’ANAC, ai sensi dell’art. 31 del Codice in esame, un criterio di ricerca che faciliti l’individuazione delle imprese più vicine al luogo di esecuzione dell’appalto». Tutte le osservazioni sono consultabili al seguente link: https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/docnonleg/46077.html.
[66] Art. 1, c. 1, del D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36.
[67] Art. 108, c. 7, del D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36.
[68] https://www.mit.gov.it/comunicazione/news/appalti-il-cdm-approva-il-codice-salvini.
[69] Art. 16, c.1, L. 27 dicembre 2023, n. 206 : « Al fine di valorizzare e tutelare la qualità dei prodotti italiani ed europei e di promuovere l'effettiva partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, anche di prossimità, alle procedure di affidamento degli appalti pubblici, il Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previa consultazione delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative, adotta linee guida volte a stabilire criteri per la misurazione del livello qualitativo dei prodotti, compresi gli aspetti relativi alla sostenibilità, da valutare da parte delle stazioni appaltanti, anche sulla base del rispetto da parte delle imprese degli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi e dalle disposizioni internazionali di diritto del lavoro indicate nell'allegato X alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, tenendo conto altresì di quanto previsto dall'articolo 57, comma 2, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36»
[70] AA.VV, a cura di L. R. Perfetti, Codice dei Contratti Pubblici Commentato, 2023, pg. 375-379.
[71] Cfr. capitolo I.
[72] AA.VV, a cura di L. R. Perfetti, Codice dei Contratti Pubblici Commentato, 2023, pg. 831-837
[73] ANAC, Adunanza del 10 gennaio 2024, Delibera n. 1/2024.
[74] Cfr. ut. supra, pt. 2 – considerazioni dell’Autorità.
[75] Cfr. ut. supra, pt. 3 – la fattispecie legittimante e i rimedi da adottare.
[76] Art. 50, c.2, D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo cui “Gli elenchi e le indagini di mercato sono gestiti con le modalità previste nell’allegato II.1. Per la selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate, le stazioni appaltanti non possono utilizzare il sorteggio o altro metodo di estrazione casuale dei nominativi, se non in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate, nei casi in cui non risulti praticabile nessun altro metodo di selezione degli operatori”. A sua volta, l’art. 2, c.3, dell’Allegato II.1, prevede che: “l’avviso di avvio dell’indagine di mercato indica il valore dell’affidamento, gli elementi essenziali del contratto, i requisiti di idoneità professionale, i requisiti minimi di capacità economica e finanziaria e le capacità tecniche e professionali richieste ai fini della partecipazione, il numero minimo ed eventualmente massimo di operatori che saranno invitati alla procedura, i criteri di selezione degli operatori economici, le modalità per comunicare con la stazione appaltante. Nel caso in cui sia previsto un numero massimo di operatori da invitare, l’avviso di avvio dell’indagine di mercato indica anche i criteri utilizzati per la scelta degli operatori. Tali criteri devono essere oggettivi, coerenti con l’oggetto e la finalità dell’affidamento e con i principi di concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza”.
[77] P. Capriotti, Il criterio di prossimità nella selezione degli operatori economici: una sfida da affrontare, 13/07/2023, secondo cui «Al fine di garantire una corretta applicazione del criterio e prevenire situazioni censurabili, è fondamentale evitare il ricorso a illogicità o sproporzioni. Pertanto, la valutazione degli operatori economici da invitare alle procedure negoziate dovrebbe basarsi sulla dimostrazione concreta dell’organizzazione aziendale, andando oltre la semplice verifica della presenza di una sede operativa e legale nel territorio di riferimento. Inoltre, tale valutazione dovrebbe essere effettuata tenendo conto della condizione al momento effettivo dell’avvio dei lavori e non in modo prematuro durante la fase di partecipazione alla procedura. Dato che l’organizzazione aziendale non può essere adeguatamente rappresentata da un singolo documento comprovante, l’impresa deve essere chiamata a dimostrare la propria capacità di intervenire rappresentando le soluzioni logistiche e di supply chain che intende adottare nell’esecuzione dell’appalto, offrendo così una visione chiara delle modalità con cui si propone di operare»
[78] Cfr. cap. I, par. 3.