T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 22 febbraio 2024, n. 1210

E’ legittimo il provvedimento con il quale un Comune ha revocato in autotutela l’aggiudicazione di un appalto di servizi (nel caso di specie, si trattava dell’affidamento del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali a seguito del verificarsi di incidenti stradali), ove la stazione appaltante abbia legittimamente escluso la possibilità di procedere alla stipula del contratto avendo verificato, in epoca successiva all’aggiudicazione del servizio, la mancanza, in capo all’aggiudicataria, dei necessari requisiti di esecuzione del contratto; in particolare, la P.A. appaltante, a seguito dell’aggiudicazione e nell’imminenza della stipula del contratto, ha ritenuto che l’operatore economico non possedesse i necessari requisiti di esecuzione dell’appalto e ha valutato come mancanti le condizioni per la stipulazione del contratto; di conseguenza, ha dato corso alla revoca dell’aggiudicazione, per potere poi procedere all’adozione delle determinazioni consequenziali

 

N. 11186/2023REG.PROV.COLL.

N. 08816/2023 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3668 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
MPM S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonella Storoni e Alessandro Aldorisio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Mugnano di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Domenico Amoruso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Sicurezza e Ambiente Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Alfonso Erra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

– della determinazione del Responsabile del 6° Settore – Polizia Municipale del Comune di Mugnano di Napoli del 10 luglio 2023 n. 600, prot. 86 del 10 luglio 2023, di revoca dell’aggiudicazione per l’affidamento del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali a seguito del verificarsi di incidenti stradali per anni due, CIG ZA0386A3E1, e della relativa nota, di pari data, con la quale il suddetto atto è stato trasmesso a mezzo PEC alla ricorrente, nonché di ogni altro atto e provvedimento presupposto, consequenziale e comunque connesso e/o collegato, anche allo stato non conosciuto, ivi compresi, in particolare e per quanto occorra,

– la nota del Comune di Mugnano di Napoli del 10 luglio 2023, prot. 27319, indirizzata per conoscenza anche alla M.P.M. S.r.l., con la quale la determinazione 600/2023 è stata comunicata a varie Autorità;

– il preavviso di revoca dell’aggiudicazione in favore della ricorrente del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali a seguito del verificarsi di incidenti stradali per anni due, CIG ZA0386A3E1, di cui alla nota del Responsabile del 6° Settore del Comune di Mugnano di Napoli prot. 24806 del 22 giugno 2023, trasmessa in pari data alla ricorrente a mezzo PEC;

– la comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione e relativo incarico di servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali per esclusione dalla gara CIG ZA0386A3E1 per dichiarazioni mendaci del 7 giugno 2023;

– la nota del Responsabile del 6° Settore – Polizia Municipale, del Comune di Mugnano di Napoli del 19 maggio 2023, prot. 19894, con la quale è stata trasmessa in allegato la segnalazione della società Sicurezza e Ambiente S.p.A., acquisita al protocollo del Comune il 17 maggio 2023 al numero 19608, all’esito della quale si richiede l’esecuzione di verifiche sulle sedi dichiarate da MPM e l’adozione dei provvedimenti in autotutela finalizzati alla rettifica dei punteggi adottati in sede di gara;

– la nota prot. 19700 del 18 maggio 2023 del Responsabile del 6° Settore – Polizia Municipale, del Comune di Mugnano di Napoli recante “incongruenze segnalate da ditta Sicurezza e Ambiente – richiesta controdeduzioni” relativamente all’offerta di MPM;

nonché, ove necessario, per la declaratoria di inefficacia ex artt. 121 e ss. c.p.a, ovvero per la caducazione

del contratto d’appalto eventualmente stipulato con la concorrente graduata in posizione successiva a quella della ricorrente,

con contestuale domanda ex art. 124 c.p.a., ove necessario,

di voler eseguire la parte del servizio ancora da espletare, dichiarando fin da ora la propria disponibilità a subentrare nel contratto eventualmente stipulato dall’Amministrazione con Sicurezza e Ambiente S.p.A. ai sensi delle norme richiamate, ovvero, in ulteriore subordine, per la condanna al risarcimento del danno per equivalente;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da MPM S.r.l. il 29 novembre 2023:

per l’annullamento e/o la declaratoria di nullità

– della determinazione del Responsabile del 6° Settore – Polizia Municipale del Comune di Mugnano di Napoli del 31 ottobre 2023 n. 902, prot. 123 del 31 ottobre 2023, pubblicata in pari data su apposita sezione dell’albo pretorio comunale, di annullamento in autotutela della procedura di gara indetta con determina a contrare n. 1001 del 03 novembre 2022 per l’affidamento del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali a seguito del verificarsi di incidenti stradali per anni due CIG ZA0386A3E1 nella parte in cui include MPM s.r.l. tra le ditte escluse per “evidenti dichiarazioni inesatte e non conformi” nonché di ogni altro atto e provvedimento presupposto, consequenziale e comunque connesso e/o collegato, anche allo stato non conosciuto.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mugnano di Napoli e della Sicurezza e Ambiente S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2024 la Dott.ssa Daria Valletta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio la società MPM ha impugnato la determinazione del Comune di Mugnano di Napoli del 10 luglio 2023 n. 600, prot. 86 del 10 luglio 2023, di revoca dell’aggiudicazione per l’affidamento del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali a seguito del verificarsi di incidenti stradali, della durata di due anni, articolando avverso tale atto i seguenti motivi di gravame:

1) in primo luogo, si assume che l’atto gravato non sarebbe riconducibile a nessuna delle fattispecie di cui all’art. 176 D.lgs. n. 50/2016: dunque, da un lato sarebbe incomprensibile su quali presupposti di fatto e di diritto sia stato esercitato il potere di revoca, con conseguente assoluta perplessità ed indeterminatezza dell’azione amministrativa, dall’altro, il potere risulterebbe esercitato al di fuori delle ipotesi tassative di cui all’art. 176 del D.lgs. n. 50/2016;

il provvedimento sarebbe, dunque, nullo per la mancanza di elementi essenziali, ossia per carenza assoluta dei presupposti di fatto (non sarebbero, peraltro, indicati in alcun modo i minori punteggi che avrebbero dovuto essere in ipotesi assegnati ad M.P.M. rispetto a quelli attribuiti in concreto dalla Commissione e risultanti dalla scheda di valutazione allegata al verbale del 17 gennaio 2023, né, tanto meno, verrebbe dettagliata la loro rilevanza ai fini del sovvertimento della graduatoria) e di diritto (sarebbe impossibile comprendere la fonte del potere esercitato in concreto dal Comune di Mugnano);

2) si assume, poi, la violazione dell’art. 31 del D.lgs. n. 50/2016, in quanto l’atto in contestazione sarebbe stato adottato da un organo incompetente: se la predisposizione dell’offerta di M.P.M. avesse determinato per la stessa un minor punteggio, si sarebbe, infatti, dovuta riconvocare la Commissione per determinare, alla luce delle risultanze dell’istruttoria, il nuovo punteggio da attribuire alla ricorrente e determinare la sua collocazione in graduatoria;

3) ancora: ai sensi degli art. 80 e 176, comma 1, lett. a), del D.lgs. n. 50/2016, applicabili ratione temporis, l’eventuale mendacio negli atti di gara avrebbe dovuto comportare l’esclusione della concorrente, nel caso di specie non disposta; si osserva ancora che, in ogni caso, l’offerta non sarebbe in alcun modo ingannevole: se i mezzi ed il personale effettivamente a disposizione sono, infatti, gli stessi di quelli indicati nella relazione tecnica, l’eventuale non corretta indicazione delle sedi non poteva in alcun modo sviare l’Amministrazione ai fini dell’attribuzione del punteggio.

Si è costituito il Comune di Mugnano di Napoli, chiedendo la reiezione del gravame.

Con un primo ricorso per motivi aggiunti propri è stato, altresì, osservato che la previsione di un deposito temporaneo di rifiuti non potrebbe essere riferita ai C.L.O. di supporto, che non hanno natura operativa.

Si è costituita la società Sicurezza e Ambiente spa, chiedendo la reiezione del ricorso per motivi aggiunti.

Con un secondo ricorso per motivi aggiunti è stata, altresì, impugnata la determinazione del Responsabile del 6° Settore del Comune di Mugnano di Napoli del 31 ottobre 2023 n. 902, prot. 123 del 31 ottobre 2023, di annullamento in autotutela della procedura di gara indetta con determina a contrare n. 1001 del 3 novembre 2022, deducendo quanto segue:

1) si assume, in primo luogo, che l’annullamento in autotutela dell’intera gara sarebbe illegittimo in via autonoma in quanto non preceduto dalla comunicazione nei confronti di M.P.M. di avvio del procedimento, né sarebbe applicabile il disposto dell’art. 21 octies;

difetterebbero, altresì, i presupposti di cui all’art. 21 nonies;

2) inoltre, la determinazione 902/2023 sarebbe illegittima in via derivata essendo affetta dagli stessi vizi che caratterizzano il precedente provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio.

All’udienza in data 15 febbraio 2024 la causa è stata discussa e, all’esito, trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il gravame introduttivo del giudizio la società M.P.M. ha impugnato l’atto con il quale il Comune di Mugnano ha revocato il provvedimento di aggiudicazione in favore della ricorrente della gara avente ad oggetto l’affidamento, per la durata di due anni, del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali a seguito del verificarsi di incidenti stradali.

Il provvedimento contestato è stato motivato dalla stazione appaltante in riferimento alla circostanza che alcune delle sedi indicate nell’offerta tecnica della società M.P.M. come operative, a seguito dei controlli effettuati, sono risultate essere mere sedi legali, senza mezzi d’opera e lavoratori ivi allocati; il Comune ha osservato che la predisposizione dell’offerta con tali modalità era risultata ingannevole, sì da meritare alla ricorrente l’attribuzione di un punteggio maggiore rispetto a quello spettantele, e ha provveduto alla revoca in suo favore dell’aggiudicazione.

Nell’insorgere avverso tale determinazione la società originaria aggiudicataria lamenta, in primo luogo, che il provvedimento sarebbe stato adottato in difetto dei necessari presupposti, in fatto e in diritto, anche per le ragioni evidenziate con i primi motivi aggiunti “propri”; osserva, inoltre, che l’atto sarebbe stato adottato da un organo incompetente, richiedendo un intervento della Commissione, e che, comunque, la conseguenza che l’Amministrazione avrebbe dovuto trarre, in via logica e secondo diritto, dai presupposti evidenziati sarebbe stata quella dell’esclusione della ricorrente dalla gara ai sensi del disposto dell’art. 80 D.lgs. n. 50/2016.

Le argomentazioni svolte dalla società M.P.M., una volta correttamente inquadrata la fattispecie concreta in commento, non convincono, per le ragioni che si passa ad esporre.

In primo luogo, non risulta pertinente il richiamo operato alla disposizione di cui all’art. 176 D.lgs. n. 50/2016, norma che detta la disciplina dei casi di revoca della concessione per circostanze intervenute nella fase di esecuzione del rapporto, esecuzione che nel caso di specie, come risulta da quanto si è in precedenza osservato, non ha mai avuto inizio; in termini: “ L’art. 176 del Codice dei contratti pubblici detta la disciplina applicabile per il caso di risoluzione ovvero cessazione del rapporto concessorio, contemplando la corresponsione di somme in favore del concessionario che abbia già cominciato ad eseguire la propria prestazione (il che, nel caso di specie, non si è verificato, a seguito dell’annullamento dell’originaria aggiudicazione e della prima revoca della gara)” (cfr. T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 03/02/2022, n.778).

Ciò posto, occorre stabilire se la stazione appaltante abbia legittimamente dato corso alla revoca dell’aggiudicazione in presenza dei presupposti giustificativi di tali scelte.

Come già evidenziato, gli accertamenti effettuati dal Comune di Mugnano in epoca successiva all’aggiudicazione hanno comprovato che presso i centri indicati come operativi dalla ricorrente non risultava, in realtà, presente alcun allestimento di mezzi e di persone idoneo ad assicurare lo svolgimento del servizio; in particolare, secondo quanto emerge dall’allegato 6 alla produzione di parte resistente: in Giugliano in Campania, località Vignitella n. 14, veniva riscontrata l’esistenza di un’abitazione privata, in assenza di automezzi e personale; del pari, in Giugliano in Campania in via Segrè n. 3, si accertava l’esistenza della sede legale dell’azienda GRA.MAR, e la mancanza di automezzi e personale; la sede indicata nell’offerta tecnica quale C.L.O. di supporto in Pontelandolfo via Pianelle è risultata, infine, essere sede di un’officina meccanica, senza alcun veicolo adibito ai sevizi di ripristino post-incidente e messa in sicurezza della sede stradale.

Le difese svolte nel corso del presente giudizio dalla società ricorrente non sono svolte a smentire, in fatto, le circostanze appena evidenziate, ma a contestare che da esse potessero farsi discendere le conseguenze tratte dall’Amministrazione: ciò in quanto il capitolato speciale d’oneri non prevedeva che il partecipante dovesse indicare nella propria domanda l’ubicazione precisa dei C.L.O., ma solo l’impianto complessivo del progetto; dunque, non era logicamente predicabile alcuna falsità delle dichiarazioni ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f. bis del D.lgs. n. 50/2016, con conseguente necessità di esclusione di MPM dalla gara, giacché era rilevante (criterio A1 di cui all’art. 5 del Capitolato d’Oneri) solo l’organizzazione complessiva del servizio.

Tutto ciò premesso, il Collegio ritiene che, nel caso in disamina, la stazione appaltante abbia legittimamente escluso la possibilità di procedere alla stipula del contratto avendo verificato, in epoca successiva all’aggiudicazione del servizio, la mancanza in capo all’aggiudicataria dei necessari requisiti di esecuzione: una volta appurata tale carenza ha, di conseguenza, dato corso alla revoca dell’aggiudicazione, al fine di poter procedere alla verifica della possibilità di assegnare la commessa ad altra impresa partecipante alla gara.

In altri termini, se risulta condivisibile quanto la ricorrente lamenta in ordine alla circostanza che le previsioni del bando non contengono riferimento alcuno all’effettiva dislocazione dei centri operativi quale requisito di partecipazione alla gara, e contemplano l’assegnazione di un punteggio solo in relazione alla complessiva organizzazione apprestata sul piano quali-quantitativo (come da criterio sub A) del capitolato d’oneri), pure non può farsi discendere da tali premesse l’obbligo per la stazione appaltante di dar corso, comunque, alla stipula del contratto, anche una volta accertata l’assenza dei necessari requisiti per l’esecuzione dell’appalto.

Ed infatti la ricorrente, tramite le giustificazioni rese nel corso del procedimento (cfr. all. 15 e 17 al ricorso) non ha chiarito in maniera puntuale, a fronte delle risultanze degli accertamenti del Comune resistente, di quali e quanti mezzi disponesse e, soprattutto, dove in concreto gli stessi risultassero dislocati, non consentendo, in tal modo, al Comune di Mugnano di ritenere dimostrato l’approntamento di un’organizzazione idonea e sufficiente a garantire la corretta esecuzione del servizio: in tal senso, il riferimento contenuto nel provvedimento impugnato all’attribuzione alla ricorrente di un punteggio superiore a quello dovuto, appare ininfluente rispetto alla volontà dell’Amministrazione, quale emergente in maniera chiara dall’esame del provvedimento in parola, che è quella di non dar corso alla stipula del contratto a fronte della mancata dimostrazione da parte della società aggiudicataria dei requisiti di esecuzione del contratto (nell’atto si osserva, appunto, che le sedi indicate come operative sono, di fatto, risultate, nell’imminenza della stipula, prive del necessario allestimento organizzativo).

Del resto, nella stessa sentenza del Consiglio di Stato, relativa ad una analoga fattispecie, depositata in giudizio dalla società ricorrente si offre conto del fatto che “…la disponibilità dei mezzi e delle risorse che hanno formato oggetto di valutazione della qualità dell’offerta tecnica potranno essere accertate dalla stazione appaltante nella fase successiva all’aggiudicazione e antecedente alla stipula del contratto, fermo restando che la inattuazione nel corso dell’esecuzione del contratto non potrà che rilevare come inadempimento ed eventualmente portare alla risoluzione” (cfr. Cons. Stato, V, 2 febbraio 2022, n. 722)” (cfr. Cons. Stato, V, 1 febbraio 2024, n. 1371).

Ciò conformemente alla prevalente giurisprudenza, che in riferimento al tema in commento afferma: “In materia di contratti pubblici d’appalto, il possesso dei requisiti di partecipazione è richiesto al concorrente sin dal momento della presentazione dell’offerta, mentre i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto, pur potendo essere considerati nella “lex specialis” come elementi dell’offerta” (cfr. T.A.R. Roma, (Lazio) sez. V, 19/01/2023, n.1012).

In altri termini dal provvedimento gravato è possibile desumere che la stazione appaltante, a seguito dell’aggiudicazione e nell’imminenza della stipula del contratto, ha ritenuto che la ricorrente non possedesse i necessari requisiti di esecuzione dell’appalto e ha, in senso conforme alle indicazioni offerte dalla giurisprudenza che precede, valutato come mancanti le condizioni per la stipulazione del contratto: di conseguenza, ha dato corso alla revoca dell’aggiudicazione, per potere poi procedere all’adozione delle determinazioni consequenziali.

Ne discende, altresì, l’infondatezza dei motivi di censura con i quali si lamenta l’incompetenza dell’organo procedente, giacché, appunto, nel caso di specie non rileva alcuna ipotesi di rimodulazione dei punteggi o di riformulazione della graduatoria; del pari, non occorre scrutinare, per le ragioni esposte, se le dichiarazioni rese in sede di offerta debbano essere ritenute ingannevoli o fuorvianti. Analogamente, risulta assorbito il rilievo delle argomentazioni svolte con il primo ricorso per motivi aggiunti.

Quanto, invece, ai secondi motivi aggiunti, con i quali si contesta la legittimità del successivo provvedimento di annullamento in autotutela della procedura di gara indetta con determina a contrare n. 1001 del 03.11.2022, la reiezione del gravame introduttivo del giudizio non consente di ravvisare in capo alla parte ricorrente alcun interesse a contestare la revoca dell’intera procedura, posto che, in ogni caso, l’annullamento di tale atto non potrebbe sortire alcun effetto utile rispetto all’interesse fatto valere, consistente nell’assegnazione della commessa.

3. Conclusivamente, il ricorso introduttivo del giudizio e il primo ricorso per motivi aggiunti devono essere respinti; il secondo ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile.

Il regolamento delle spese di lite segue la soccombenza nei rapporti con il Comune resistente; avuto, invece, riguardo all’attività difensiva svolta dalle parti nel corso del giudizio appare opportuno compensarle nei rapporti tra ricorrente e controinteressata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando:

– respinge il ricorso introduttivo del giudizio e il primo ricorso per motivi aggiunti;

– dichiara inammissibile il secondo ricorso per motivi aggiunti.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore della parte resistente, che liquida in euro 3.000,00, oltre accessori di legge, se dovuti.

Compensa le spese di lite nel rapporto processuale tra la parte ricorrente e la controinteressata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Un aspetto particolarmente importante della disciplina dei contratti pubblici, e in particolare delle procedure ad evidenza pubblica, è sicuramente rappresentato dalla possibilità per la P.A. di esercitare il potere di autotutela decisoria, in qualità di stazione appaltante.

L’autotutela è una particolare forma di azione della P.A. che si estrinseca nella rivalutazione di un atto dalla stessa precedentemente emanato, al fine di prevenire o comunque evitare l’instaurazione di eventuali controversie aventi ad oggetto il proprio operato.

Per autotutela, dunque, si intende la possibilità della p.a. di attivarsi al fine di risolvere i conflitti, potenziali o attuali, derivanti dalla sua attività, senza necessità di ricorrere all’autorità giurisdizionale.

Parte della dottrina tende a distinguere tra autotutela decisoria di tipo diretto ed autotutela decisoria di tipo indiretto, a seconda che l’intervento della p.a. avvenga o meno spontaneamente.

L’autotutela decisoria di tipo diretto o spontaneo può avere sostanzialmente tre differenti esiti, ovvero comportare la demolizione, la conservazione o la conferma dell’atto oggetto di rivalutazione.

Come previsto dall’art. 21 nonies L. n. 241/1990, i presupposti per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela da parte della p.a. sono individuati nella illegittimità del provvedimento, nella sussistenza di un interesse pubblico all’eliminazione dell’atto, da contemperare con gli interessi dei soggetti destinatari dell’atto stesso, nonché nella ragionevolezza dei tempi entro i quali l’atto può essere annullato. Il termine ragionevole entro il quale può essere esercitato l’annullamento, in particolare, non può superare i diciotto mesi dall’adozione dell’atto.

In pratica, attraverso la previsione di tali restrizioni all’esercizio del potere di annullamento in autotutela, il legislatore ha voluto bilanciare esigenze contrapposte, da un lato quella di tutela della legalità e dall’altro quella di certezza e stabilità dei rapporti giuridici facenti capo alla p.a.

Quanto al potere di revoca, invece, l’art. 21 quinques L. n. 241/1990 prevede tre differenti ipotesi in presenza delle quali la p.a. può procedere alla revoca di un provvedimento in precedenza emanato, ovvero la sopravvenienza di fatto o di diritto e l’esercizio del c.d. ius poenitendi.

Con riferimento alla revoca giustificata da “sopravvenuti motivi di interesse pubblico”, l’amministrazione revisiona il suo precedente a cagione di un cambiamento imprevedibile e dunque alla stessa non imputabile.

Secondo la giurisprudenza, per contro, nel caso di sopravvenienza di fatto occorre verificare concretamente se il mutamento della situazione fattuale fosse o meno prevedibile da parte della p.a. al momento dell’emanazione del provvedimento oggetto di revisione; solo qualora si accertasse il carattere dell’imprevedibilità, infatti, le conseguenze derivanti dalla revoca per sopravvenienze di diritto si applicherebbero anche a quella per sopravvenienze di fatto.

Diversamente, qualora si dovesse verificare un margine di prevedibilità delle condizioni fattuali che hanno condotto la P.A. a revisionare il precedente provvedimento, allora troverebbero applicazione le prescrizioni inerenti alla c.d. revoca penitenziale, la quale comporta per la P.A. l’obbligo di procedere al risarcimento del danno patito dal privato, comprensivo sia del danno emergente che del lucro cessante.

Lo stesso avviene nella terza ipotesi di revoca prevista dal legislatore, ossia in quella conseguente ad una diversa valutazione dell’interesse pubblico originario, la quale è certamente collegata ad un profilo di colpa dell’amministrazione, in considerazione del fatto che una diversa valutazione dell’interesse pubblico originario, non mutato rispetto all’originaria statuizione, deve certamente ritenersi violativa dei canoni di correttezza e buona fede ai quali la p.a. deve necessariamente conformarsi.

L’art. 176 del D.lgs. n. 50 del 2016 detta una disciplina in materia di cessazione delle concessioni. Il primo comma di tale disposizione esplicita le circostanze al ricorrere delle quali la Pubblica Amministrazione ha la facoltà - per utilizzare il linguaggio del legislatore eurounitario - di “terminare” una concessione durante il periodo della sua vigenza, ovvero:

a)  qualora il concessionario avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura di gara in ragione della carenza di uno dei requisiti di carattere generale individuati dall’art. 80 del Codice;
b) nel caso in cui la stazione appaltante abbia violato - con riferimento al procedimento di aggiudicazione della concessione in essere- il diritto UE, come accertato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 258 TFUE, in quanto il concessionario avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura di gara;

c)  qualora la concessione abbia subito, dopo la sua stipula, una modifica che avrebbe richiesto una nuova procedura di aggiudicazione ai sensi di quanto disposto dall’art. 175, comma 8 del Codice.
Il comma 2 - in maniera speculare a quanto previsto, per i contratti d’appalto, dal secondo comma dell’art. 108 del Codice - esclude l’applicabilità del limite temporale di dodici mesi, entro cui la P.A. può ricorrere al proprio potere di autotutela ai sensi dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990.

Il terzo comma, poi, introduce un espresso discrimen nella disciplina applicabile alle ipotesi di cessazione delle concessioni, specificando che i commi 4 e seguenti dell’art. 176 - relativi al regime degli indennizzi dovuti al concessionario - trovano applicazione nei soli casi di cessazione derivante da inadempimento non imputabile all’aggiudicatario, con la precisazione, recata dal successivo comma 7, che nel caso la concessione venga meno in ragione di un inadempimento del concessionario, trova applicazione il regime ordinario, ovvero quello previsto dall’art. 1453 del codice civile.

Evidenti appaiono le incongruenze della disposizione in esame in particolare per ciò che concerne l’inquadramento sistematico delle ipotesi di “cessazione” della concessione ivi individuate
In primo luogo, si rileva l’eterogeneità delle fattispecie individuate dal comma 1 della norma.
Da un lato, infatti, vi sono due ipotesi di cessazione della concessione per illegittimità “originaria” del provvedimento di aggiudicazione, discendenti dunque da circostanze temporalmente precedenti alla stipula del contratto di concessione, ovvero la carenza dei requisiti di cui all’art. 80 in capo al concessionario (lett. a) o, comunque, l’illegittima mancata esclusione di quest’ultimo dalla procedura, accertata dalla CGUE (lett. b).

Dall’altro lato, invece, l’ipotesi di cui alla lettera c) attiene ad eventi successivi alla stipula del contratto, essendo ex lege ricollegata ad una modifica intervenuta nel corso della sua esecuzione e - benché di carattere facoltativo come tutte le fattispecie ci cui al comma 1 - si avvicina ad una fattispecie di decadenza, trattandosi di una cessazione della concessione i cui presupposti sono individuati dalla norma; sicchè il relativo provvedimento, benché adottato all’esito di una valutazione di carattere discrezionale quanto all’an, risulta privo di margini di discrezionalità quanto ai presupposti.

Delicato risulta l’inquadramento delle fattispecie di cessazione della concessione di cui alle suddette lettere a) e b) in ragione della non precisa formulazione della medesima disposizione.
Come detto, le richiamate fattispecie riguardano casi in cui l’aggiudicazione - quale provvedimento conclusivo del segmento pubblicistico della procedura di gara - risulta illegittima in ragione della carenza in capo all’aggiudicatario dei requisiti di partecipazione: alla luce delle considerazione svolte in merito alle ipotesi di “risoluzione in autotutela” previste dall’art. 108 del Codice, quindi, sembrerebbe possibile inquadrare tali fattispecie come casi di “cessazione in autotutela” delle concessioni, ovvero di caducazione del contratto di concessione discendente dall’illegittimità dell’aggiudicazione.

Tale ricostruzione, tuttavia, ad un primo esame, sembrerebbe esclusa dallo stesso comma 1 dell’art. 176 che - nell’individuare i presupposti che consentono alla P.A. di caducare un contratto di concessione - specifica che il ricorso alle fattispecie di cessazione ivi previste opera “fermo restando l’esercizio dei poteri di autotutela” e, ciò sembrerebbe comportare che le ipotesi contemplate dal comma 1 esulino dal potere di autotutela.

Si ritiene, tuttavia, che detto inciso - di cui, come ovvio, non v’è traccia alcuna nella direttiva di riferimento - sia il frutto di un mero errore di drafting normativo, considerando che il contenuto dei successivi commi 2 e 3 conferma che la stazione appaltante, nei casi di cui alle succitate lett. a) e b) dell’art. 176, esercita il potere di autotutela amministrativa.

Ed infatti, non soltanto il comma 2 della disposizione esclude l’applicabilità del termine decadenziale di cui all’art. 21 nonies, L. n. 241/1990 alle predette ipotesi di cessazione della concessione - con ciò confermando, sebbene implicitamente, che in dette fattispecie la P.A. fa effettivamente ricorso ad un implicito potere di autotutela di tipo pubblicistico - ma, soprattutto, il successivo comma 3 dello stesso art. 176 qualifica espressamente come “annullamento d’ufficio” le fattispecie di cui alle predette lett. a) e b) del comma 1. Tale espressa qualificazione delle suddette ipotesi – peraltro del tutto simili a quelle di cui al richiamato art. 108, comma 1, lett c) e d), in materia di appalti – conferma che ci troviamo in presenza di casi di autotutela amministrativa oggetto di una disciplina speciale sia in termini di presupposti che di effetti.

Nel caso che ci occupa il T.A.R. adito ha ritenuto che la stazione appaltante abbia legittimamente escluso la possibilità di procedere alla stipula del contratto avendo verificato, in epoca successiva all’aggiudicazione del servizio, la mancanza in capo all’aggiudicataria dei necessari requisiti di esecuzione: una volta appurata tale carenza ha, di conseguenza, dato corso alla revoca dell’aggiudicazione, al fine di poter procedere alla verifica della possibilità di assegnare la commessa ad altra impresa partecipante alla gara.

La stazione appaltante, a seguito dell’aggiudicazione e nell’imminenza della stipula del contratto, ha quindi ritenuto che la ricorrente non possedesse i necessari requisiti di esecuzione dell’appalto e ha, valutato come mancanti le condizioni per la stipulazione del contratto: di conseguenza, ha dato corso alla revoca dell’aggiudicazione, per potere poi procedere all’adozione delle determinazioni consequenziali.