Cons. Stato, Sez. IV, 10 gennaio 2024, n. 358

L’istituto del soccorso procedimentale va tenuto distinto rispetto al soccorso istruttorio, il quale vieta, in sé, qualsiasi tipo di intervento sulle offerte tecniche ed economiche. Di contro, mediante il ricorso all’istituto del soccorso procedimentale, la Stazione Appaltante può richiedere all’operatore economico concorrente chiarimenti in ordine al contenuto dell’offerta (tecnica o economica che sia), al fine di cristallizzare l’effettiva volontà negoziale del concorrente, pur tenendo fermo il divieto di apportare modifiche, correzioni o integrazioni all’offerta, in virtù della salvaguarda del principio della par condicio, nonché in forza “principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti.

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N. 00358/2024REG.PROV.COLL.

N. 06752/2023 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6752 del 2023, proposto in relazione alla procedura CIG 95931516A3 da

Synergie Italia Agenzia per il Lavoro S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Pesce, Francesco Scanzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Beatrice Croppo, Daniela Iuri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Randstad Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Massimiliano Brugnoletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni n. 26/B;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. 00216/2023, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Friuli Venezia Giulia e Randstad Italia S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2023 il Cons. Massimo Santini e uditi per le parti gli avvocati Scanzano e Croppo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Visto l’appello e i relativi allegati;

 

FATTO

1. Si controverte su un appalto per la somministrazione di lavoratori a tempo determinato a favore degli enti regionali. Importo a base d’asta pari a 22,5 milioni di euro. Durata della commessa: tre anni. La odierna appellante Synergie veniva esclusa sia in quanto avrebbe formulato una offerta economica sostanzialmente indeterminata a causa di una discrepanza tra le due tabelle in cui si doveva comporre l’offerta, sia in quanto non avrebbe indicato alcuna cifra per gli oneri finanziari relativi alla categoria di lavoratori A1. Il provvedimento di esclusione aveva dunque natura di atto plurimotivato.

2. La società esclusa riteneva che la suddetta discrepanza fosse da attribuire a mero errore materiale. Il TAR FVG ha tuttavia rigettato il ricorso di Synergie in quanto l’errore non era ictu oculi evidente e dunque automaticamente emendabile. Di qui l’assenza dei presupposti onde poter ricorrere all’istituto del soccorso istruttorio ed anzi la sussistenza di un’offerta sostanzialmente ambigua ed indeterminata, dunque suscettiva di sicura esclusione dalla gara.

3. La sentenza di primo grado ha formato oggetto di appello per i motivi di seguito indicati:

3.1. Erroneità nella parte in cui non sarebbe stato considerato che l’errore commesso in fase di formulazione dell’offerta sarebbe stato facilmente emendabile ad opera della stessa stazione appaltante. Ciò anche sulla base dei un mero confronto con le offerte economiche delle altre concorrenti;

3.2. Erroneità per omessa considerazione circa la violazione delle regole sul “soccorso procedimentale”;

3.3. Erroneità nella parte in cui la SA non avrebbe attivato, prima di escludere la società appellante, il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

4. Si costituivano in giudizio Regione Friuli e Randstad per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione. Randstadt riproponeva peraltro eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., in quanto la seconda delle ragioni di esclusione dalla gara (omessa indicazione degli “oneri finanziari” per la categoria di lavoratori A1) sarebbe stata solo genericamente contestata dalla difesa di Synergie.

5. Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2023 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.

06. Tutto ciò premesso il ricorso in appello è infondato e deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

6. Quanto al primo motivo di appello, con cui si deduce che non sarebbe stato considerato che l’errore commesso in fase di formulazione dell’offerta sarebbe stato facilmente emendabile ad opera della stessa stazione appaltante (e ciò anche sulla base dei un mero confronto con le offerte economiche delle altre concorrenti) osserva il collegio che:

6.1. L’offerta economica doveva essere composta da due tabelle: la prima comprensiva di tutte le singole voci sommate tra loro (tariffa oraria lorda + costo del lavoro + altri costi/utili riferibili all’impresa di somministrazione ossia costi del servizio o margine di agenzia). Tutte le singole voci di costo (e di utile) andavano dunque sommate e avrebbero dato luogo al “totale prezzo orario offerto”, ossia il primo elemento di natura negoziale. Di conseguenza il rapporto tra questo “totale prezzo” e la originaria “tariffa oraria lorda” (uguale per tutti i concorrenti e riguardante le voci stipendiali come da contratto collettivo) avrebbe dato luogo ad un quoziente detto “moltiplicatore unico offerto”, anch’esso avente natura di “effettiva volontà negoziale”; la seconda tabella aveva invece natura di mera verifica dei conteggi effettuati nella prima tabella e consisteva nella moltiplicazione tra il suddetto quoziente (o meglio “moltiplicatore unico offerto”) e “tariffa oraria lorda” (operazione dunque inversa rispetto a quella che aveva dato luogo al “moltiplicatore unico offerto”). Il risultato di tale prodotto doveva essere pari al “totale prezzo orario offerto” di cui alla prima tabella;

6.2. In sostanza: nella prima tabella si faceva anzitutto una sommatoria delle singole voci di costo e di utile, ottenendosi il “totale prezzo orario offerto”, e poi una divisione tra detto “totale prezzo” e iniziale “tariffa oraria lorda” (ottenendo in questo modo il “moltiplicatore unico”). Nella seconda tabella si operava invece una sola moltiplicazione tra quoziente (moltiplicatore unico offerto) e tariffa oraria lorda, per ottenere sempre il “totale prezzo orario offerto”. Gli importi finali delle due tabelle dovevano necessariamente collimare;

6.3. Dunque mentre la prima tabella (sommatoria delle singole voci dell’offerta e moltiplicatore unico) costituiva nel suo complesso espressione della effettiva volontà negoziale, la seconda tabella di verifica aveva la funzione di controllare, da parte della SA, la correttezza del procedimento osservato dai singoli concorrenti ma ancor prima, per i concorrenti stessi, quello di autocorreggersi direttamente in caso di possibile discrepanza tra le due tabelle, sì da evitare la presentazione di un’offerta ambigua e indeterminata (come poi in effetti verificatosi nel caso di specie);

6.4. Ebbene, nell’offerta di Synergie questa operazione di corrispondenza non aveva tuttavia funzionato, atteso che i valori del “totale prezzo orario offerto” riportati nelle due tabelle erano nettamente discordanti per tre categorie (su quattro) di lavoratori. Più in particolare, come puntualmente rilevato dal giudice di primo grado: “a) per la categoria “B1”, la ricorrente ha indicato € 22,08 nel “totale prezzo orario offerto” nella prima tabella, scese poi – nella seconda tabella di riscontro - ad € 20,00 nel “totale prezzo offerto”; b) per la categoria “C1”, la ricorrente ha indicato l’importo di € 28,00 nel “totale prezzo orario offerto”, sceso poi ad € 23,86 nel “totale prezzo offerto”, quale effetto del moltiplicatore di 1,699 sulla “tariffa oraria lorda”; c) per la categoria “D1”, la ricorrente ha indicato l’importo di € 33,44 nel “totale prezzo orario offerto”, sceso poi ad € 27,24 nella seconda tabella di verifica alla voce “totale prezzo orario offerto””.

Il totale prezzo orario non corrispondeva dunque al moltiplicatore (pari ad 1,699): di qui la equivocità ed indeterminatezza dell’offerta, ossia la sua endemica condizione di inammissibilità;

6.5. A ciò si aggiunga che la discrepanza (tra totale prezzo orario offerto e moltiplicatore) era evidente ma non anche l’errore ossia la ragione di tale discrepanza. Tale errore veniva attribuito da Synergie, in sede di chiarimenti del 12 aprile 2023, ad una svista riguardante due voci di costo: oneri finanziari e diritti sindacali. Nella stessa nota in data 12 aprile 2023 non si specificava tuttavia la natura e la consistenza di tale “errore”. Solo in sede di ricorso giurisdizionale veniva rilevato che il software avrebbe considerato in modo scorretto alcuni costi non altrimenti imputabili per poi quantificare gli importi e gli effetti di tali errori. Queste in particolare le ragioni della discrepanza, ossia “una mera disattenzione manuale nella compilazione e riempimento delle celle, a causa della quale (operandosi all’interno di un foglio di calcolo Excel) la voce “diritti sindacali” è stata “trascinata” dalla categoria A1 alle altre categorie e, però, il valore 0,100 (che tale sarebbe dovuto rimanere tale anche per le altre categorie) è stato automaticamente trasformato dal programma nel valore 1,100 per la categoria B1, nel valore 2,100 per la categoria C1 e nel valore 3,100 per la categoria D1” (cfr. punto 5.1. della sentenza di primo grado). Ed ancora: “Analogamente, per la voce “oneri finanziari”, per cui la ricorrente aveva indicato un valore nullo, cioè pari a 0 (che tale sarebbe dovuto rimanere anche per le categorie B1, C1 e D2), è accaduto che detto valore non è stato riconosciuto dal sistema e, nelle operazioni di trascinamento, è stato trasformato dal programma in un valore pari a 1,00 per la categoria B1, a 2,000 per la categoria C1 e a 3,000 per la categoria D1” (cfr. stesso punto 5.1. della sentenza del TAR). Dunque la responsabilità di simile discrepanza doveva essere attribuita ad un malfunzionamento del software. Nello stesso atto di appello si insiste affermando che l’amministrazione avrebbe potuto cogliere l’abnormità dei costi attribuiti dal software anche soltanto confrontando le offerte economiche presentate dalle altre concorrenti. Di qui il dovere della stazione appaltante, nella prospettiva della difesa della parte appellante, di ricorrere all’istituto della rettifica d’ufficio

 6.6. Questa la giurisprudenza che ha avuto modo di soffermarsi sul tema della rettifica d’ufficio dei dati dell’offerta da parte della stazione appaltante: - “sussiste … la possibilità che la stazione appaltante corregga gli errori materiali inficianti l'offerta, a condizione che l'effettiva volontà negoziale dell'impresa partecipante alla gara sia individuabile in modo certo nell'offerta presentata, senza margini di opacità o ambiguità, così che si possa giungere a esiti univoci circa la portata dell'impegno ivi assunto; in altri termini, la ricerca della volontà dell'offerente ben può consistere anche nell'individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione o di calcolo, a condizione, però, che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all'offerta: l'errore materiale direttamente emendabile è infatti solo quello che può essere percepito e rilevato immediatamente e ictu oculi dal contesto stesso dell'atto, e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive della volontà, che deve risultare agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque. In definitiva, il potere di rettifica di errori materiali e refusi è circoscritto alle sole ipotesi in cui l'effettiva volontà negoziale sia stata comunque espressa nell'offerta (tra tante, Cons. Stato, V, 5 aprile 2022, n. 2529; III, 24 febbraio 2020, n. 1347; VI, 2 marzo 2017, n. 978)” [così Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2022, n. 8481]; - “la rettifica d'ufficio dell'offerta - costituendo un'operazione assai delicata, in quanto impattante sull'essenziale interesse dei concorrenti all'imparzialità della competizione - è misura che può essere adottata, come si è esposto, solo prendendo in considerazione la manifestazione oggettiva di volontà veicolata nel singolo atto di gara ed un errore ivi emergente, sub specie di lapsus calami, nella sua immediata e manifesta evidenza materiale e grafica. Non è invece esigibile da parte della stazione appaltante uno sforzo di ricostruzione logica dell'offerta esteso a più atti da inquadrare sinotticamente, men che meno se mediato - come pretenderebbe la parte qui appellante - da una sorta di immedesimazione soggettiva dell'interprete nella prospettiva valutativa dell'operatore economico. Neppure pare ragionevole gravare l'amministrazione di un obbligo di diligenza ricostruttiva addirittura maggiore di quello che ci si aspetta e si può esigere dallo stesso concorrente nella fase di compilazione e confezionamento della sua offerta” (Consiglio di Stato sez. III, 7 luglio 2022, n. 5650).

6.7. Alla luce delle spiegazioni offerte in sede di ricorso è chiaro che, come già evidenziato, se la discrepanza era palese non altrettanto lo era la ragione di tale discrepanza. In altre parole l’errore non era direttamente ed automaticamente emendabile se non attraverso una ricostruzione logica che la stessa appellante non è stata in grado di elaborare in sede di chiarimenti (12 aprile 2023) o che la stessa appellante ha ritenuto sì possibile ma soltanto attraverso un analitico confronto con le altre offerte economiche: il che avrebbe indotto la SA ad un’operazione di rielaborazione della discrepanza come tale incompatibile, tuttavia, con la ritenuta sussistenza di un errore materiale. Dunque non poteva trattarsi di errore agevolmente individuabile da chiunque e senza dover ricorrere a qualsivoglia indagine di tipo ricostruttivo. Come ben evidenziato nella sentenza qui gravata, infatti: “l’operazione di correzione proposta dalla ricorrente … può ricavarsi solo da quanto specificato dalla parte nel ricorso e non attraverso semplici operazioni matematiche”. Ed ancora: “Siffatta attività correttiva si tradurrebbe però in una inammissibile ricostruzione sostitutiva ex novo della volontà manifestata dall’operatore economico”. Decisiva poi, in tal senso, la considerazione svolta sempre dal giudice di primo grado in ordine al fatto che: “nella nota di chiarimenti della ricorrente del 12 aprile 2023 nemmeno vengono indicati gli importi rettificati nei termini poi espressi dalla parte soltanto nel presente giudizio alla pag. 12 del ricorso”. Il che sta a significare che, se la parte appellante non era stata in grado di dimostrare sin da subito la natura dell’errore, a fortiori non poteva essere la stessa stazione appaltante ad appurare la sussistenza di una simile discrepanza e, soprattutto, delle sue sottese ragioni;

6.8. Nella stessa direzione, e per un elementare principio di autoresponsabilità che nelle pubbliche gare assume un connotato ancor più pregnante in considerazione della elevata qualificazione professionale ricoperta dai singoli concorrenti, va da sé che una discrepanza così evidente, nel totale del prezzo orario offerto presente nelle due tabelle, avrebbe dovuto essere prima percepita e poi emendata dalla stessa concorrente, non potendosi gravare la PA di un “obbligo di diligenza ricostruttiva addirittura maggiore di quello che ci si aspetta e si può esigere dallo stesso concorrente nella fase di compilazione e confezionamento della sua offerta” (Cons. Stato, sez. III, 7 luglio 2022, n. 5650).

6.9. La difesa di parte appellante ritiene altresì che “la vera e propria offerta economica che i concorrenti dovevano esprimere è rappresentata dal moltiplicatore e, in effetti, l’attribuzione del punteggio economico dipendeva esclusivamente dal moltiplicatore applicato alla tariffa oraria lorda prevista dai C.C.R.L, a nulla rilevando ai fini del punteggio la ripartizione delle ulteriori voci indicate nell’Allegato 5” (pag. 18 atto di appello). In altre parole, soltanto il moltiplicatore unico avrebbe valenza di effettiva volontà negoziale. La tesi non può essere tuttavia condivisa sia sul piano letterale, sia sul piano logico. Sotto il primo profilo l’art. 16, punto 2, del disciplinare di gara prevedeva espressamente che lo “Schema di offerta economica … deve contenere i seguenti elementi 1. il totale prezzo orario offerto per ciascuna categoria (A, B, C e D) … con indicazione degli elementi che lo compongono … 2. il moltiplicatore unico offerto”. Dunque alcuna scissione ma una chiara compenetrazione e interdipendenza, come testé dimostrato, tra i due elementi dell’offerta (totale prezzo orario e moltiplicatore). Sotto il secondo profilo si consideri che, qualora la stazione appaltante avesse considerato soltanto il moltiplicatore, alla stregua di manifestazione effettiva della volontà negoziale, non avrebbe allo stesso tempo richiesto una verifica di corrispondenza tra il prezzo offerto (ossia quello risultante dalla sommatoria delle singole voci) ed il prezzo risultante dalla applicazione del moltiplicatore unico alla tariffa oraria lorda. Del resto: se il moltiplicatore unico costituisce elemento determinante onde individuare l’offerta migliore, la composizione dell’offerta stessa (ossia le singole voci di costo che la caratterizzano) rappresenta fattore determinante onde stabilire la congruità della medesima offerta. Di qui la pari rilevanza, in termini di effettiva volontà negoziale, delle due componenti dell’offerta ossia la sommatoria di tutte le sue singole voci (totale prezzo orario offerto) ed il moltiplicatore unico. Più in particolare, il totale prezzo orario era composto come detto al punto 6.1. da: tariffa oraria lorda (stipendi, indennità, 13ma mensilità, insomma voci da CCNL) + costo del lavoro (formazione, oneri contributivi, ferie, festività soppresse, diritti sindacali, etc.) + costi e utili di agenzia (utili di impresa, oneri finanziari, costi di gestione, costi generali, etc.). La evidenziazione di quest’ultima voce aveva un suo preciso significato in quanto è su tale margine di agenzia che si calcola l’IVA. In questa stessa direzione, come già detto, mentre la prima tabella (sommatoria delle singole voci dell’offerta e moltiplicatore unico) costituiva espressione della effettiva volontà negoziale, la seconda tabella di verifica aveva la funzione di controllare, da parte della SA, la correttezza del procedimento osservato dal singolo operatore ma ancor prima, per il concorrente stesso, la funzione di autocorreggersi direttamente e autonomamente, in caso di possibile discrepanza tra le due tabelle, sì da evitare la presentazione di un’offerta ambigua e indeterminata;

6.10. Dunque nel caso di specie occorreva non una semplice rettifica d’ufficio ma una vera e propria correzione che la SA non avrebbe mai potuto autonomamente apportare, per le ragioni sopra evidenziate, anche soltanto per non alterare la par condicio competitorum. Di qui il rigetto del primo motivo di appello.

7. Quanto poi alla ritenuta violazione del soccorso procedimentale (secondo motivo di appello), tale residuale istituto di carattere pretorio trova luogo solo allorché l’errore emendabile, come già detto, sia ictu oculi evidente e facilmente individuabile da chiunque. Presupposti che nella specie pacificamente non ricorrono dal momento che le erronee indicazioni degli oneri finanziari e dei diritti sindacali potevano essere emendate, come più volte dimostrato, solo dopo una analitica ricostruzione logica da parte della PA. Del resto, la difesa di parte appellante lamenta che non sarebbero stati richiesti chiarimenti in funzione di “soccorso procedimentale” ma, in disparte ogni considerazione circa il fatto che tali chiarimenti sono stati invece richiesti con nota della SA in data 11 aprile 2023, nel momento in cui tali chiarimenti sono stati prodotti (12 aprile 2023) la parte appellante si è limitata ad indicare genericamente le voci che avrebbero dato luogo a tale discrepanza senza tuttavia spiegarne le ragioni e soprattutto gli effetti in termini di importi singoli e complessivi. Per mera completezza, qui di seguito si riporta la giurisprudenza che ha avuto modo di soffermarsi sul peculiare istituto del soccorso procedimentale (da tenere distinto rispetto al soccorso istruttorio che vieta, in sé, qualsiasi tipo di intervento sulle offerte tecniche ed economiche):

- in linea generale è ammessa la “rettifica di eventuali errori di scritturazione o di calcolo, a condizione, però, che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all'offerta” (Cons. Stato, sez. III, 13 dicembre 2018, n. 7039);

- in questa direzione: “il "soccorso procedimentale" … consiste nella possibilità di richiedere al concorrente di fornire … chiarimenti volti a consentire l'interpretazione della sua offerta e a ricercare l'effettiva volontà dell'offerente superando le eventuali ambiguità dell'offerta, ciò fermo il divieto di integrazione dell'offerta, senza attingere a fonti di conoscenza estranee alla stessa e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell'impegno negoziale con essa assunta” (Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2022, n. 8481);

- più in particolare: il “soccorso c.d. procedimentale … abilita la stazione appaltante (o l’ente concedente) a sollecitare chiarimenti o spiegazioni sui contenuti dell'offerta tecnica e/o dell'of erta economica, finalizzati a consentirne l’esatta acquisizione e a ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di pervenire ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale assunto, e fermo in ogni caso il divieto (strettamente correlato allo stringente vincolo della par condicio) di apportarvi qualunque modifica” (Cons. Stato, sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870)

 - pertanto: simili chiarimenti o “puntualizzazioni di elementi dell’offerta” non possono tradursi in una operazione di “integrazione o modificazione postuma dell'offerta”. Non debbono in altre parole essere apportate “correzioni” nell’offerta medesima (Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2020, n. 680);

- deve così trattarsi di “rettifica di un errore manifesto dell’offerta” ossia di un “chiaro errore di calcolo, claris verbis evincibile dall’offerta”, in ogni caso “fermo il divieto di integrazione dell’offerta” (Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2023, n. 324);

- ciò non solo per ragioni di par condicio competitorum ma anche in forza di un “principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, secondo cui ciascuno di essi sopporta le conseguenze degli eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione” (Cons. Stato, sez. III, 10 febbraio 2023, n. 1482);

- in conclusione: “Nel caso di incompletezza e indeterminatezza dell’offerta è esclusa la possibilità di ricorso al cd. soccorso istruttorio” (Cons. Stato, sez. III, 10 febbraio 2023, n. 1482, cit.). Si ricava da quanto riportato e in estrema sintesi che:

A. Il c.d. soccorso procedimentale è in linea teorica attivabile anche sulle offerte tecniche ed economiche;

B. Ciò a condizione che si tratti di ambiguità (soprattutto per le offerte tecniche) o di errori ictu oculi evidenti (soprattutto per le offerte economiche, analogamente a quanto si è detto sopra per la rettifica d’ufficio);

C. Deve dunque trattarsi di meri chiarimenti o di puntualizzazioni e giammai di correzioni, integrazioni o modificazioni dell’offerta;

D. L’errore deve inoltre essere non solo facilmente individuabile ma anche altrettanto agevolmente emendabile, ossia senza ricorrere ad ausilii esterni (sempre in analogia con la rettifica d’ufficio).

Ebbene nel caso di specie, come già evidenziato al punto 6 della presente decisione: a) l’errore non era facilmente individuabile né tanto meno agevolmente emendabile (si veda in tal senso proprio la nota Synergie in data 12 aprile 2023), atteso che taluni errori di sistema su diritti sindacali ed oneri finanziari non potevano essere di certo compresi, anche ad una attenta lettura dell’offerta economica, se non ricorrendo ad ausilii esterni ossia soltanto dopo avere ben compreso, da parte dell’operatore, le ragioni effettive di tali discrepanze; 2. La rimodulazione (diritti sindacali) o addirittura l’azzeramento (oneri finanziari) di tali stesse voci, come prospettato dalla difesa di parte appellante, inevitabilmente avrebbe comportato una inammissibile modifica della stessa offerta economica – e non un mero chiarimento o una dovuta puntualizzazione – proprio per le ragioni sopra espresse; 3. Una simile operazione, quale quella prospettata al punto 2, avrebbe dunque comportato una insostenibile sanatoria di un’offerta sostanzialmente indeterminata. A tutto ciò si aggiunga in ogni caso che, come correttamente posto in evidenza dal giudice di primo grado: “anche emendando l’errore secondo la rettifica proposta dalla ricorrente (mettendo dunque alle categorie B, C e D gli importi indicati nella categoria A: € 0,100 per oneri sindacali ed € 0 per oneri finanziari), il “totale prezzo orario offerto” sarà di € 20,08 per la categoria B1, di € 24,00 per la categoria C1 ed € 27,44 per la categoria D1 (cfr. doc. 10 della produzione documentale della controinteressata); prezzi comunque diversi da quelli derivanti dall’applicazione del moltiplicatore, laddove il “totale prezzo offerto” indicato dalla ricorrente è di € 20,00 (e non € 20,08) per la categoria B1, di € 23,86 (e non € 24,00) per la categoria C1 ed € 27,24 (e non € 27,44) per la categoria D1 (v. offerta economica della ricorrente, cfr. doc. 8 della produzione documentale allegata al ricorso)”. Pertanto: “anche alla luce dell’invocata correzione dell’errore, una profonda e insanabile incertezza sugli importi complessivi offerti per le categorie B1, C1 e D1, comunque incoerenti con il moltiplicatore indicato e difformi da quelli risultanti – a mo’ di verifica – nella seconda tabella dell’all. 5”. Di qui una “obiettiva ed insanabile ambiguità di fondo dell’offerta economica della ricorrente” in quanto “non sarebbe stato comunque sufficiente emendare la prima tabella nel senso indicato dalla ricorrente per ricondurre a coerenza gli importi indicati e il moltiplicatore”. Ne deriva da quanto sino detto che: “l’offerta della ricorrente risulta comunque indeterminata perché, pur emendata nel senso indicato, resta incoerente col dato derivante dall’applicazione del moltiplicatore”. Per tutte le ragioni sopra partitamente esposte, anche il secondo motivo di appello deve pertanto essere rigettato.

8. Con il terzo motivo di appello si deduce la mancata attivazione della verifica di congruità dell’offerta che tuttavia, nel caso di specie, non è stata innescata in quanto l’offerta si è dimostrata ancor prima, per le ragioni testé espresse, ambigua e indeterminata nel suo complessivo ammontare. Dunque non si poneva un problema di congruità e di attendibilità dell’offerta ma, ancor prima, di ammissibilità della stessa data la sua evidente ambiguità o meglio indeterminatezza (profilo, quello della ammissibilità dell’offerta, che logicamente deve essere affrontato prima del giudizio di congruità e di attendibilità dell’offerta stessa invocato dalla difesa di parte appellante). Di qui il rigetto, altresì, di tale specifica censura.

9. Da quanto sopra detto consegue la correttezza dell’operato della PA nella parte in cui ha ritenuto ambigua, incerta e indeterminata l’offerta economica formulata da Synergie, e ciò in considerazione del diverso valore attribuito alla medesima voce (“totale prezzo orario offerto”) per come riportato nelle due tabelle dell’offerta economica. Del resto l’art. 16, punto 10, del disciplinare di gara, così prescriveva: “Il concorrente viene ESCLUSO se l’offerta economica: - non contiene l’indicazione anche solo di uno degli elementi che compongono il totale prezzo orario offerto o qualora anche solo uno degli elementi non sia validamente espresso; - non contiene il moltiplicatore unico o qualora il moltiplicatore unico non sia validamente espresso”. Dunque era prevista una espressa comminatoria di esclusione in caso di invalidità del moltiplicatore unico o comunque di uno degli elementi del prezzo offerto, fattispecie queste pacificamente ricorrenti, nel caso qui controverso, per le ragioni sopra evidenziate.

10. Risulta inoltre fondata la riproposizione da parte dell’intimata Randstad, ex art. 101, comma 2, c.p.a., dell’eccezione di inammissibilità per genericità della censura riguardante il secondo motivo di esclusione dalla gara (atto come detto al punto 1 plurimotivato), ossia la mancata indicazione di oneri finanziari per la categoria di lavoratori A1. Al riguardo la difesa di Synergie si era in effetti limitata ad affermare, nel ricorso di primo grado (cfr. pag. 20), che “la ricorrente ricorre all’auto finanziamento e anche tale elemento sarebbe stato facilmente provato nel procedimento di verifica dell’offerta”. Dalla genericità di tale censura sarebbe dunque derivata la sua inammissibilità, nell’ambito del ricorso di primo grado, e dunque l’impossibilità di coltivare il resto del gravame attesa la natura di atto plurimotivato del suddetto provvedimento di esclusione.

11. In conclusione il ricorso in appello è infondato e deve dunque essere rigettato.

12. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la parte appellante alla rifusione delle spese di lite, da quantificare nella complessiva somma di euro 4.000 (quattromila/00), oltre IVA e CPA ove dovute e da corrispondere in favore di ciascuno dei soggetti costituiti (Regione Friuli e Randstad). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente

Angela Rotondano, Consigliere Alberto Urso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Massimo Santini, Consigliere, Estensore

 

Guida alla lettura

Con pronuncia n. 358 dello scorso 10 gennaio la IV Sezione del Consiglio di Stato è tornata ad analizzare la differenza tra soccorso istruttorio e soccorso procedimentale.

In primo luogo la giurisprudenza ha chiarito che l’istituto del soccorso procedimentale va tenuto  distinto rispetto al soccorso istruttorio, il quale vieta, in sé, qualsiasi tipo di intervento sulle offerte tecniche ed economiche. Conseguentemente, l’istituto del soccorso procedimentale meglio si attaglia alla fase di verifica delle offerte tecniche ed economiche e “consiste nella possibilità di richiedere al concorrente di fornire … chiarimenti volti a consentire l'interpretazione della sua offerta e a ricercare l'effettiva volontà dell'offerente superando le eventuali ambiguità dell'offerta, ciò fermo il divieto di integrazione dell'offerta, senza attingere a fonti di conoscenza estranee alla stessa e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell'impegno negoziale con essa assunta”. In altri termini, mediante il ricorso all’istituto del soccorso procedimentale, la Stazione Appaltante può richiedere all’operatore economico concorrente chiarimenti in ordine al contenuto dell’offerta (tecnica o economica che sia), al fine di cristallizzare l’effettiva volontà negoziale del concorrente, pur tenendo fermo il divieto di apportare modifiche, correzioni o integrazioni all’offerta, in virtù della salvaguarda del principio della par condicio, nonché in forza “principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, secondo cui ciascuno di essi sopporta le conseguenze degli eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione. Di qui, l’orientamento generale secondo cui in sede di soccorso procedimentale è ammessa la l’eventuale rettifica di errori di scritturazione o di calcolo, purché l’operazione di rettifica sia di facile percezione e per la quale non sia necessario attingere a fonti di conoscenza estranee all'offerta (deve cioè  trattarsi di “rettifica di un errore manifesto dell’offerta” ossia di un “chiaro errore di calcolo, claris verbis evincibile dall’offerta”, in ogni caso “fermo il divieto di integrazione dell’offerta” (Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2023, n. 324).

            Infine, la sentenza riepiloga in pillole i punti fermi che guidano il c.d. “Soccorso procedimentale”:

              A. Il c.d. soccorso procedimentale è in linea teorica utilizzabile per le offerte tecniche ed economiche;

B. la condizione è che si tratti di ambiguità (soprattutto per le offerte tecniche) o di errori ictu oculi evidenti;

C. Deve dunque trattarsi di meri chiarimenti o di puntualizzazioni e giammai di correzioni, integrazioni o modificazioni dell’offerta;

D. L’errore deve inoltre essere non solo facilmente individuabile ma anche altrettanto agevolmente emendabile, ossia senza ricorrere ad ausilii esterni (sempre in analogia con la rettifica d’ufficio).