Cons. Stato, Sez. V, 8 maggio 2023, n. 4624

Il principio di equivalenza non può essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi come un aliud pro alio.

Nel caso attualmente in esame difettava il presupposto della possibilità, per la stazione appaltante, di valutare discrezionalmente le caratteristiche oggettive e funzionali del prodotto (recte, del servizio) offerto, in quanto il sistema prescelto di aggiudicazione era quello del prezzo più basso riferito ad una prestazione già puntualmente individuata nei suoi elementi caratteristici dalla legge di gara.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4543 del 2022, proposto da
Flowbird Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Banfi e Chiara Palazzetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Massimiliano Rossi in Roma, via Timavo, 12;

contro

Atac s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca Cangiano, Luciano Bagolan e Carla Fina, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

nei confronti

Park IT s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lietta Calzoni, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 5899/2022, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Atac s.p.a. e di Park IT s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2023 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti gli avvocati Rossi, in dichiarata delega di Banfi, Palazzetti, Cangiano, Fina e Calzoni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio la società Flowbird Italia s.r.l. impugnava, unitamente agli atti presupposti, il provvedimento con cui ATAC s.p.a. aveva disposto la sua esclusione dalla “Procedura aperta, ai sensi 3 comma 1 lett. sss), dell'art. 60 e dell'art. 122 D.Lgs. 50/2016, per la stipula di un Accordo Quadro ex art.54 del D.Lgs. n. 50/2016 finalizzato alla fornitura a noleggio comprensiva di manutenzione full service di impianti di automazione accessi e TVCC presso parcheggi siti nel Comune di Roma e nel Comune di Montecompatri (altezza Via Casilina 341), rientrante nell'ambito dei settori speciali, da esperire con il sistema dell'e-procurement. Bando di gara n. 101/2021 – CIG 87649265BF)”.

Il provvedimento gravato, in particolare, era stato motivato “[…] ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 76, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 50/2016 […] in quanto l'offerta non è conforme alle prestazioni e ai requisiti funzionali richiesti dal Bando in oggetto ed in contrasto con quanto dichiarato in fase di partecipazione alla gara con la sottoscrizione del modello G in cui sono state accettate incondizionatamente tutte le norme, condizioni e prescrizioni contenute nella documentazione di gara”.

Con sentenza in forma semplificata n. 5899 del 12 maggio 2022, il giudice adito respingeva il ricorso, riconoscendo – da un lato – l’oggettiva diversità del servizio offerto dalla ricorrente rispetto a quello richiesto dalla legge di gara, stante la mancanza di alcuni requisiti minimi richiesti dal bando ed escludendo – dall’altro – che potessero rilevare, nella vicenda in esame, le considerazioni di Flowbird circa la natura migliorativa delle modifiche apportate.

Avverso tale decisione Flowbird Italia s.r.l. interponeva appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

1) Error in procedendo e in iudicando. Illegittimità/erroneità della sentenza impugnata (conseguente devoluzione del punto stesso alla decisione di questo Ecc.mo giudice di II° grado), laddove il TAR ha ritenuto che non sussista la carenza motivazionale dell’atto di esclusione. Illogicità della motivazione. Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti.

2) Error in procedendo e in iudicando. Illegittimità/erroneità della sentenza impugnata sul punto decisivo della controversia (conseguente devoluzione del punto stesso alla decisione di questo Ecc.mo giudice di II° grado), laddove il TA ha ritenuto che il prodotto di Flowbird Italia srl fosse oggettivamente diverso e non equivalente e/o migliorativo. Illogicità della motivazione. Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti.

Si costituiva in giudizio ATAC s.p.a., concludendo per l’infondatezza del gravame del quale chiedeva la reiezione.

Anche Park IT s.r.l. si costituiva, analogamente insistendo per il rigetto dell’appello.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 16 febbraio 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.

L’appello è infondato.

Flowbird Italia s.r.l. deduce, in primo luogo, la presunta genericità del provvedimento di esclusione dalla gara, che non consentirebbe di comprendere le esatte ragioni poste a suo fondamento: in particolare non sarebbero stati esplicitati né le difformità rilevate, né i disattesi “requisiti funzionali” richiesti dal bando, in tal modo precludendole l’esatta comprensione degli addebiti mossi e, dunque, la possibilità di un’effettiva difesa.

Con il secondo motivo di impugnazione contesta quindi – più nello specifico – la presunta non conformità delle caratteristiche tecniche del sistema di parcheggio da lei offerto rispetto alle previsioni del capitolato di appalto.

Al riguardo il primo giudice aveva escluso l’equivalenza di quanto offerto rispetto alle prescrizioni della legge di gara, sia perché la ricorrente non ne avrebbe comunque fornita prova in concreto, sia perché, nel caso di specie, il principio di equivalenza delle prestazioni non avrebbe potuto comunque trovare applicazione “in ragione della ravvisata assenza di requisiti minimi obbligatori prescritti a pena di esclusione dalla stazione appaltante, in quanto attinenti a caratteristiche essenziali e indefettibili del bene previste dalla lex specialis quale condizione di partecipazione alla procedura selettiva”.

Obietta l’appellante che erroneamente il TAR avrebbe ritenuto il prodotto offerto – il sistema di parcheggio denominato “Minipark” – oggettivamente diverso da quanto richiesto dalla legge di gara in quanto privo dei requisiti minimi obbligatori prescritti, a pena di esclusione, dal capitolato di appalto: in realtà, sostiene Flowbird, i requisiti minimi annoverati nel capitolato sarebbero stati richiesti non in quanto tali, ma perché funzionali a raggiungere determinati obiettivi che Flowbird stessa avrebbe comunque garantito “con un prodotto che non voleva essere uguale, ma equivalente, anzi migliore, ed in grado di soddisfare comunque detti requisiti, tenuto conto della ratio per cui questi sono stati indicati”.

Il ragionamento svolto dall’appellante, che di seguito individua le caratteristiche – a suo dire – migliorative del prodotto offerto, non coglie nel segno.

Elemento dirimente della questione controversa, infatti, è la circostanza che la gara si fondava, ai fini dell’aggiudicazione, sul criterio del prezzo più basso e non già su quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il principio di equivalenza, introdotto dall’art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016 in attuazione dell’art. 42 della direttiva 2014/24/UE, per consolidata giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, III, 10 febbraio 2022, n. 1006; V, 17 febbraio 2022, n. 1186) permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, sul presupposto che la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.

In questi termini il principio di equivalenza è finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, IV, 7 giugno 2021, n. 4353): presuppone quindi la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante (Cons. Stato, III, 7 luglio 2021, n. 5169; 22 novembre 2017, n. 5426), quale “conformità sostanziale” con le dette specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte (Cons. Stato, V, 25 marzo 2020, n. 2093).

Indi per cui, nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica strutturata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nella quale cioè è demandata alla valutazione tecnico-discrezionale della stazione appaltante l’individuazione comparativa dell’offerta che meglio soddisfa le esigenze rappresentate nella lex specialis, le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della suddetta lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (Cons. Stato, IV, n. 4353 del 2021, cit.).

Ne deriva, sul piano applicativo, che – sussistendone i presupposti – la stazione appaltante deve operare il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti non già attenendosi a riscontri formalistici, ma sulla base di criteri di conformità sostanziale (e funzionale) delle soluzioni tecniche offerte, sì che le specifiche indicate dal bando “vengono in pratica comunque soddisfatte” (Cons. Stato, III, 29 marzo 2018, n. 2013).

I limiti dell’applicazione del principio di equivalenza individuati dalla giurisprudenza sono connessi alla sua ratio: se, infatti, il principio è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite esclusioni dalla gare pubbliche, fondate sul pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche offerte con quelle richieste, ne viene come diretta conseguenza che esso – quale misura diretta ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica dell’offerta – non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis.

Detto principio non può dunque essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate (così Cons. Stato, III, 2 marzo 2018, n. 1316) o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi come un aliud pro alio (ex multis, Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225; V 25 luglio 2019, n. 5258).

Nel caso attualmente in esame difettava il presupposto della possibilità, per la stazione appaltante, di valutare discrezionalmente le caratteristiche oggettive e funzionali del prodotto (recte, del servizio) offerto, in quanto il sistema prescelto di aggiudicazione era quello del prezzo più basso riferito ad una prestazione già puntualmente individuata nei suoi elementi caratteristici dalla legge di gara.

In breve, l’amministrazione aveva sin dall’inizio individuato una particolare tipologia di servizio di suo interesse – caratterizzata da ben definite caratteristiche e modalità operative – che i partecipanti alla gara erano tenuti ad offrire alle condizioni economiche più favorevoli; non era invece richiesta (o, per meglio dire, consentita) l’offerta di un servizio in tutto o in parte diverso, quand’anche le differenze rispetto alle indicazioni della legge di gara fossero state giustificate come analoghe, se non addirittura “migliorative” rispetto a queste ultime.

In presenza quindi di una prestazione già definita dalla stazione appaltante nei suoi dettagli rispetto alla quale la legge di gara prevedeva esclusivamente un confronto competitivo basato sull’offerta del prezzo più basso – e relativamente alla quale, significativamente, la medesima legge di gara neppure menzionava la possibilità di prestazioni funzionalmente “equivalenti” a quanto ivi descritto – le eventuali difformità sostanziali del “prodotto” offerto rispetto a tali prescrizioni (come appunto avvenuto nel caso dell’odierna appellante) venivano ad integrare un aliud pro alio, con conseguente esclusione dalla procedura.

Orbene, è incontestato in atti che rispetto a quanto invece previsto nel capitolato, il sistema proposto da Flowbird Italia s.r.l. non prevedeva né colonnine d’entrata, né barriere, né casse automatiche o manuali, né l’emissione di ticket, essendo tutto gestito in “cloud”, dunque con un sistema strutturalmente ed operativamente diverso da quello richiesto dalla legge di gara.

Neppure può ragionevolmente sostenersi che il provvedimento impugnato non consentisse di comprendere le esatte ragioni dell’esclusione, nei termini in cui lo stesso riportava che “Con riferimento alla procedura in oggetto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 76, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 50/2016, si informa che la Società in indirizzo viene esclusa dalla gara in quanto l’offerta non è conforme alle prestazioni e ai requisiti funzionali richiesti dal Bando in oggetto ed in contrasto con quanto dichiarato in fase di partecipazione alla gara con la sottoscrizione del modello G in cui sono state accettate incondizionatamente tutte le norme, condizioni e prescrizioni contenute nella documentazione di gara”.

Invero, proprio la riscontrata (e nota all’offerente) non conformità alle prestazioni ed ai requisiti funzionali richiesti dal bando veniva ad integrare un’offerta diversa da quella vincolativamente richiesta dalla stazione appaltante, con conseguente necessità di disporne l’esclusione.

Alla luce dei rilievi che precedono l’appello va dunque respinto.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore di ATAC s.p.a. e di Park IT s.r.l., delle spese di lite del grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00) ciascuna, oltre Iva e Cpa se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2023.

 

 

Guida alla lettura

Con pronuncia n. 4624 dello scorso 8 maggio 2023, la V Sezione del Consiglio di Stato si è soffermata sull’analisi del principio di equivalenza e sulla sua applicazione in presenza di gara da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso.

L’indicato principio, introdotto dall’art. 68, d.lgs. n. 50/2016, in attuazione dell’art. 42 della direttiva 2014/24/UE, per consolidata giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1186; Cons. Stato, Sez. III, 10 febbraio 2022, n. 1006) permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, sul presupposto che la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.
In questi termini il principio di equivalenza è finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (così, Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353): tale principio presuppone, quindi, la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante (Cons. Stato, III, 7 luglio 2021, n. 5169; Id., 22 novembre 2017, n. 5426), quale “conformità sostanziale” con le dette specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte (Cons. Stato, Sez. V, 25 marzo 2020, n. 2093).
Ne discende che nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica strutturata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nella quale cioè è demandata alla valutazione tecnico-discrezionale della stazione appaltante l’individuazione comparativa dell’offerta che meglio soddisfa le esigenze rappresentate nella lex specialis, le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della suddetta lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 2021, cit.).
Ne deriva, sul piano applicativo, che – sussistendone i presupposti – la stazione appaltante deve operare il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti non già attenendosi a riscontri formalistici ma sulla base di criteri di conformità sostanziale (e funzionale) delle soluzioni tecniche offerte, sì che le specifiche indicate dal bando “vengono in pratica comunque soddisfatte” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013).

Tanto premesso, i limiti dell’applicazione del principio di equivalenza individuati dalla giurisprudenza sono connessi alla sua ratio: se, infatti, il principio è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite esclusioni dalla gare pubbliche, fondate sul pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche offerte con quelle richieste, ne viene come diretta conseguenza che esso – quale misura diretta ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica dell’offerta – non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis.
Detto principio non può dunque essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate (così Cons. Stato, Sez. III, 2 marzo 2018, n. 1316) o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi come un aliud pro alio (ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 9 febbraio 2021, n. 1225; Cons. Stato, Sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).

Nel caso attualmente in esame difettava il presupposto della possibilità, per la stazione appaltante, di valutare discrezionalmente le caratteristiche oggettive e funzionali del prodotto (recte, del servizio) offerto, in quanto il sistema prescelto di aggiudicazione era quello del prezzo più basso riferito ad una prestazione già puntualmente individuata nei suoi elementi caratteristici dalla legge di gara. In breve, l’Amministrazione aveva sin dall’inizio individuato una particolare tipologia di servizio di suo interesse – caratterizzata da ben definite caratteristiche e modalità operative – che i partecipanti alla gara erano tenuti ad offrire alle condizioni economiche più favorevoli; non era invece richiesta (o, per meglio dire, consentita) l’offerta di un servizio in tutto o in parte diverso, quand’anche le differenze rispetto alle indicazioni della legge di gara fossero state giustificate come analoghe, se non addirittura “migliorative” rispetto a queste ultime.

In presenza quindi di una prestazione già definita dalla stazione appaltante nei suoi dettagli rispetto alla quale la legge di gara prevedeva esclusivamente un confronto competitivo basato sull’offerta del prezzo più basso – e relativamente alla quale, significativamente, la medesima legge di gara neppure menzionava la possibilità di prestazioni funzionalmente “equivalenti” a quanto ivi descritto – le eventuali difformità sostanziali del “prodotto” offerto rispetto a tali prescrizioni (come appunto avvenuto nel caso dell’odierna appellante) venivano ad integrare un aliud pro alio, con conseguente esclusione dalla procedura.