Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2023, n. 2790
Da siffatti rilievi si possono desumere le seguenti conclusioni: a) l’Autorità esercita un potere sanzionatorio di natura discrezionale; b) l’esercizio di tale potere discrezionale impone un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione in termini di dolo o colpa grave.
Tale motivazione avrebbe dovuto essere necessariamente correlata con le risultanze dell’istruttoria, stante il legame tra il provvedimento finale e gli esiti procedimentali.
Il Legislatore ha, infatti, posto una corrispondenza biunivoca tra l’istruttoria e la motivazione: le risultanze della prima, che consiste in un momento dinamico della decisione amministrativa, non possono che confluire formalmente nella staticità del provvedimento finale. Tale ‘valutazione’ non può che significare accurata verifica della rilevanza delle osservazioni difensive dell’operatore sottoposto a procedimento sanzionatorio rispetto ai rilievi della contestazione, con specifica menzione delle ragioni che hanno spinto l’Autorità a non accogliere le prospettazioni della società incolpata, quindi anche al solo fine di confutarle, in questo modo assicurando la valenza degli scritti difensivi e del contraddittorio procedimentale, e non esimendosi dal confronto, posto che, in caso contrario, il diritto di difesa della società sanzionata sarebbe totalmente privo di significato e, comunque, privo di qualsiasi vaglio critico.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1652 del 2022, proposto da
ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Innomed s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado Barbagallo e Stefano Caserta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 12101/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Innomed s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2023 il Cons. Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati l'avvocato dello Stato Del Bono e l'avvocato Barbagallo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società Innomed s.r.l., operante nel settore della importazione e distribuzione di prodotti sanitari e dispositivi medici, impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la deliberazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (anche ANAC o Autorità) n. 1009 del 18.11.2020, con cui era stata irrogata la sanzione pecuniaria di euro 10.000,00, nonché quella della interdizione per 90 giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, e disposta l’annotazione a suo carico nel casellario informatico, avuto riguardo alla presentazione di una falsa dichiarazione-connotata dall’elemento soggettivo della colpa grave, relativa alle caratteristiche dei prodotti offerti-che aveva condotto alla decadenza dall’aggiudicazione e alla risoluzione di un accordo quadro con la Consip s.p.a.. La risoluzione era dipesa della circostanza che le certificazioni di conformità CE presentate da Innomed relative ai dispositivi (mascherine FFP2) offerte in gara erano state rilasciate dall’ente CELAB, che non era presente nell’elenco degli Organismi Notificatori iscritti al sistema ‘NANDO – New Approach Notified and Designated Organisation’ dell’UE per il Reg. 2016/425/UE, relativo alla specifica dei Dispositivi di Protezione Individuale e allo specifico prodotto ‘Equipment providing respiratory system protection’. La società denunciava la carenza di motivazione resa dall’ANAC nel provvedimento impugnato, avuto riguardo alla presenza del requisito soggettivo della colpa grave, tenuto conto che nel corso del procedimento Innomed s.r.l. aveva fatto presente all’Autorità che la dichiarazione della sussistenza di ‘Certificazione CE’ dei prodotti offerti era stata resa in buona fede e che l’errore commesso con tale dichiarazione, accompagnata dalla documentazione dell’ente certificatore CELAB su cui la stessa dichiarazione si fondava, era scusabile e non imputabile a colpa grave. La società, inoltre, si doleva del fatto che l’ANAC aveva deciso di applicare entrambe le sanzioni (interdittiva e pecuniaria), contestando la misura delle stesse.
2. Il Tribunale amministrativo per il Lazio, con sentenza n. 12101 del 2021, accoglieva il ricorso, evidenziando che la motivazione posta a sostegno della sussistenza dell’elemento soggettivo era del tutto carente, tenuto conto che, a fronte delle numerose osservazioni presentate dall’operatore economico volte a rappresentare all’Autorità elementi a comprova della scusabilità dell’errore commesso, l’Autorità nulla aveva dedotto e si era limitata, apoditticamente, ad affermare che da quanto ‘in evidenza’ e, dunque, dalla presenza, sotto il profilo fattuale, di un dichiarazione non veritiera circa il possesso delle dichiarazioni richieste, non poteva che desumersi anche la sussistenza della colpa grave.
Il Collegio di prima istanza rappresentava che “si è in presenza di un non giudizio quanto alla verifica dell’imputabilità della condotta a titolo di colpa grave, e all’accoglimento di una nozione oggettiva di colpa, non correlata alla concreta esigibilità di una maggiore diligenza in capo all’operatore economico”.
3. L’ANAC ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma e denunciando: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 12, d.lgs. 50 del 2016 e dell’art. 3, l. n. 241 del 1990”.
4. La società Innomed s.r.l. si è costituita in resistenza, domandando il rigetto dell’appello e riproponendo, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi assorbiti e non esaminati dal giudice di prima istanza.
5. All’udienza del 19 gennaio 2023, la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
6. Con un unico e articolato motivo, l’ANAC censura la sentenza impugnata, lamentando la violazione dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 3 l. n. 241 del 1990, ciò in quanto il giudice di prima istanza avrebbe erroneamente ritenuto un difetto motivazionale del provvedimento impugnato. L’appellante contesta la sentenza nella parte in cui si sostiene che l’ANAC avrebbe accolto una nozione oggettiva di colpa ‘non correlata alla concreta esigibilità di una maggiore diligenza in capo all’operatore economico’. In particolare, l’Autorità lamenta quanto ritenuto dal giudice di prima istanza secondo cui le osservazioni difensive del ricorrente, volte a dimostrare la buona fede nell’errore commesso, non sarebbero state considerate, non tenendo, invece, conto della gravità del fatto commesso da Innomed s.r.l., la quale avrebbe reso una falsità dichiarativa derivante da errore non scusabile alla luce delle circostanze del caso concreto. L’errore nel quale sarebbe incorso il T.A.R. è che la descrizione da parte dell’Autorità della condotta del ricorrente, dalla quale emergerebbe la non scusabilità dell’errore commesso e, anzi, la totale assenza di diligenza in relazione a quanto dichiarato in sede di gara, era già parte integrante della motivazione alla base della delibera sanzionatoria. L’ANAC precisa che la società ricorrente, già in sede di presentazione dell’offerta tecnica, era consapevole del fatto che il dispositivo sanitario offerto era privo di valida certificazione europea, in relazione all’ambito oggetto di gara. Ciò nonostante, deliberatamente decideva di presentare ugualmente l’offerta, salvo tentare di dimostrare successivamente, sia con la stazione appaltante che con l’Autorità, la sostanziale equivalenza dei due differenti prodotti.
L’esponente denuncia che la sentenza impugnata è censurabile anche laddove asserisce che si è in presenza ‘dell’accoglimento di una nozione oggettiva di colpa’, essendo semmai vero il contrario, in quanto la consapevolezza del ricorrente di offrire un prodotto non avente i requisiti richiesti dalla lex specialis si è posta in linea con l’imputazione della condotta a titolo soggettivo. Né, secondo l’appellante, si potrebbe condividere l’assunto sostenuto dal giudice di prime cure, secondo cui ”i principi generali di responsabilità e di diligenza degli operatori economici interessati operano in massimo grado soltanto in relazione ai fatti e alle circostanze che siano nella diretta conoscenza e disponibilità dell’impresa”. Tale affermazione non coglierebbe nel segno, visto che, come evidenziato nella Delibera, il ricorrente era a conoscenza del fatto che le certificazioni di conformità erano state rilasciate da un ente in relazione ad un ambito diverso da quello espressamente richiesto dalla stazione appaltante.
7. Le critiche non possono essere condivise.
7.1. La deliberazione dell’ANAC n. 1009 del 18.11.2020 è stata adottata ai sensi dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui: “In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1 fino a due anni…”.
La condotta contestata alla società ricorrente è stata illustrata nella motivazione della suddetta delibera, in cui si fa presente che l’operatore economico ha “fatto affidamento sulla documentazione comunque proveniente da un Organismo notificato (CELAB) ed accreditato alle verifiche e al rilascio di certificazioni di conformità CE, sia pure non in relazione alla normativa EN 149:2001+Ai 2009”, salvo convenire sul fatto che “lo stesso sia un organismo notificato (con il codice, Notified Body number 2037) ma per altro ambito, quello disciplinato dalla Direttiva 2014/30/EU”.
Il Tribunale amministrativo regionale ha annullato la delibera evidenziando sostanzialmente che il provvedimento sanzionatorio presenta un deficit motivazionale con riferimento alla contestazione della ‘colpa grave’, individuata in un comportamento privo ‘di quelle cautele, cure e conoscenze costituenti lo standard minimo di diligenza richiesto a quel determinato professionista’, posto che non si è tenuto conto, nell’illustrazione delle ragioni della decisione, delle numerose osservazioni presentate dall’operatore economico volte a rappresentare all’Autorità elementi a comprova della scusabilità dell’errore commesso.
La società Innomed s.r.l. aveva, invero, illustrato nel corso del procedimento sanzionatorio elementi da cui desumere la scusabilità dell’errore in cui era incorsa nella dichiarazione oggetto di censura, in particolare, facendo riferimento al contesto straordinario e di eccezionale accelerazione dei tempi di svolgimento della gara, all’asserita oggettiva ingannevolezza, anche per gli operatori del settore, della documentazione proveniente dall’organismo che la società aveva ritenuto accreditato per il prodotto da offrire in gara.
7.2. Il Collegio condivide le conclusioni rese dal giudice di prime cure, in ragione dei principi di seguito enunciati.
Va premesso che il potere esercitato dall’ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 ha natura sanzionatoria e afflittiva (come di recente ritenuto con riferimento al potere esercitato dalla stessa Autorità ai sensi dell’analogo art. 38, comma 2, ter del d.lgs. n. 163 del 2006 dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 25 gennaio 2022, n. 491).
L’irrogazione di una sanzione pecuniaria, dell’interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti in subappalto, nonché dell’iscrizione nel casellario informatico, hanno certamente natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche da Cass. SS.UU. 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale della sanzione ai sensi, e per gli effetti, dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed, in particolare, di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, della intrinseca natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (c.d. “Engel criteri” affermati dalla Corte EDU,8 giugno 1974, Engel c. Paesi Bassi, e poi ribaditi dalla sentenza Grande Stevens e altri c. Italia, 4 marzo 2014).
Come più volte precisato dalla giurisprudenza amministrativa, in tema di procedimento sanzionatorio, l’intento del Legislatore è quello di assoggettare ad uno statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative. Ai fini del legittimo esercizio del potere sanzionatorio attribuito dalla legge all’ente titolare sono, dunque, immanenti allo specifico settore ordinamentale (in ragione del carattere afflittivo della sanzione e a garanzia dell’incolpato) i principi di proporzionalità e ragionevolezza, che devono essere esplicitati nella motivazione del provvedimento sanzionatorio.
Questa Sezione ha recentemente affermato che “occorre considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’ANAC (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’ANAC a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo l’esclusione dalle procedure di gara e degli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere, lo si ripete, natura sanzionatoria (in termini Cons. Stato, V, 13 dicembre 2019, n. 8480)” (v. la già citata Cons. Stato, sez. V, n. 491 del 2022).
Da siffatti rilievi si possono desumere le seguenti conclusioni: a) l’Autorità esercita un potere sanzionatorio di natura discrezionale; b) l’esercizio di tale potere discrezionale impone un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione in termini di dolo o colpa grave.
L’art. 18.1 del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC statuisce, infatti, che: “Il dirigente, acquisiti tutti gli elementi di fatto e valutata la sussistenza o meno dell’elemento psicologico del dolo o della colpa grave e, per i casi di falso, tenuto conto della gravità dei fatti oggetto di falso...”
La deliberazione del Consiglio dell’Autorità n. 1009 del 18.11.2020 reca la seguente motivazione: “di irrogare all’operatore economico Innomed s.r.l.(C.F. 04494452326) con sede in Portici, provincia di Napoli, via E. Gianturco n. 21, ritenendo configurato l’elemento psicologico della colpa grave, nella autodichiarazione resa sul possesso del requisito di cui all’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, la sanzione pecuniaria di euro 10.000,00 (diecimila/00); di disporre nei confronti del O.e. Innomed s.r.l. la seguente annotazione nel casellario informatico degli operatori economici dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture: “La S.A. Consip s.p.a. (CF. 05359681003), con nota acquisita al protocollo dell’Autorità al n. 30821 del 23.4.2020, ha segnalato la risoluzione di diritto dell’accordo quadro stipulato con l’O.e. Innomed s.r.l. (CF. 04494451216) al termine della procedura di gara negoziata d’urgenza per l’affidamento di accordi quadro per la fornitura di mascherine chirurgiche, dispositivi di protezione individuale e servizi connessi, destinati all’emergenza sanitaria ‘Covid -19’ – ID 2288 (CIG Lotto 2 – 8151539963) e la decadenza dell’aggiudicazione, disposte con nota prot. n. 16336/2020 del 20.4. 2020 una volta accertata la mancata conformità dei prodotti offerti rispetto alla normativa vigente e al Capitolato Tecnico. Nel caso di specie è risultata confermata l’ipotesi della falsa dichiarazione in relazione alle caratteristiche dei prodotti offerti. La segnalazione della S.A. è stata oggetto di valutazione dell’Autorità che ha riconosciuto imputabile all’O.e. un profilo di colpa grave, in relazione al fatto contestato. La presente annotazione, ai sensi dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. 50/2016 e SS.mm., su decisione del Consiglio dell’ANAC assunto con delibera n. 1009 in data 18 novembre 2020 determina una sanzione pari a giorni 90 (novanta) di interdizione dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti in subappalto; il periodo di sospensione decorre dalla data di pubblicazione dell’annotazione”.
Questa Sezione condivide le conclusioni a cui è giunto il giudice di prima istanza, il quale ha fondato il decisum sul mancato assolvimento dell’onere motivazionale della delibera impugnata, con riferimento alla omessa illustrazione delle ragioni per cui l’ANAC ha ritenuto sussistere la colpa grave nella condotta della società Innomed s.r.l., e della omessa pronuncia sulle numerose osservazioni presentate dall’operatore economico volte a rappresentare la scusabilità dell’errore commesso.
Non può predicarsi, come diversamente sostiene l’Autorità appellante, che la motivazione sulla colpa grave possa desumersi implicitamente dalla descrizione della condotta posta in essere dalla società incolpata. E neppure si può tenere conto delle considerazioni espresse dall’Autorità sulla gravità della condotta posta in essere dall’operatore economico, atteso che si consentirebbe, nel corso del giudizio, una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’atto impugnato (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3385).
Invero, il giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione avrebbe imposto la valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave in relazione alla ‘gravità’ dei fatti oggetto di falso, tenuto conto dei rilievi difensivi esposti dalla società Innomed s.r.l.
L’ANAC, stante la natura sanzionatoria del procedimento, e tenuto conto del fatto che nel comminare una sanzione si effettua una valutazione discrezionale, era tenuta a motivare adeguatamente “i profili di gravità dei fatti oggetto di falso ai fini di una declaratoria di gravità della colpa”.
Tale motivazione avrebbe dovuto essere necessariamente correlata con le risultanze dell’istruttoria, stante il legame tra il provvedimento finale e gli esiti procedimentali.
Il Legislatore ha, infatti, posto una corrispondenza biunivoca tra l’istruttoria e la motivazione: le risultanze della prima, che consiste in un momento dinamico della decisione amministrativa, non possono che confluire formalmente nella staticità del provvedimento finale. Tale ‘valutazione’ non può che significare accurata verifica della rilevanza delle osservazioni difensive dell’operatore sottoposto a procedimento sanzionatorio rispetto ai rilievi della contestazione, con specifica menzione delle ragioni che hanno spinto l’Autorità a non accogliere le prospettazioni della società incolpata, quindi anche al solo fine di confutarle, in questo modo assicurando la valenza degli scritti difensivi e del contraddittorio procedimentale, e non esimendosi dal confronto, posto che, in caso contrario, il diritto di difesa della società sanzionata sarebbe totalmente privo di significato e, comunque, privo di qualsiasi vaglio critico.
L’esame delle osservazioni difensive della Innomed s.r.l. finalizzate a rappresentare l’esimente della buona fede, intesa come errore sulla illiceità del fatto, avrebbe assunto rilievo decisivo, ai fini di un giudizio sulla colpa grave, in presenza di elementi positivi idonei a ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato, ciò anche al fine di accertare se il trasgressore avesse fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto stabilito dalla lex specialis.
7.3. Va, inoltre, evidenziato che il profilo motivazionale della delibera impugnata avrebbe dovuto essere maggiormente approfondito, posto che l’ANAC ha ritenuto di applicare più sanzioni (interdittiva e pecuniaria) alla autrice delle false dichiarazioni, così discostandosi dalla determinazione dell’applicazione di un’unica misura sanzionatoria, sicché sarebbe stato necessario spiegare per quale motivi i parametri che si erano giudicati meritavano un intervento così incisivo.
Non può non rilevarsi che l’applicazione della sanzione pecuniaria, contestualmente alla interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, nonché l’annotazione nel casellario informatico, avrebbero implicato un approfondimento motivazionale sulla valutazione della gravità della condotta, in relazione, come si è detto, al profilo della colpa grave, che necessitava di essere adeguatamente esplicitato, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo di tale discrezionalità che, in assenza di idonea argomentazione, ha perso la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità.
Una corretta motivazione del provvedimento sanzionatorio avrebbe, altresì, consentito di agevolare il sindacato giurisdizionale, permettendo la verifica della legittimità della valutazione dell’operato dell’amministrazione.
7.4. In definitiva, l’appello va respinto, e la sentenza impugnata va confermata.
8. Sussistono giuste ragioni, per la peculiarità della vicenda processuale e la complessità delle questioni affrontate, per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa tra le parti le spese del grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore
Guida alla lettura
Con pronuncia n. 2790 dello scorso 20 marzo, la V Sezione del Consiglio di Stato ha analizzato il tema della natura del potere esercitato dall’ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, d.lgs. n. 50/2016.
Al riguardo, la Corte rileva che tale potere ha natura sanzionatoria e afflittiva, come di recente ritenuto con riferimento al potere esercitato dalla stessa Autorità ai sensi dell’analogo art. 38, comma 2-ter del d.lgs. n. 163 del 2006 dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 25 gennaio 2022, n. 491.
I Giudici hanno precisato che l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, dell’interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti in subappalto, nonché dell’iscrizione nel casellario informatico, hanno certamente natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche dalle Sezioni Unite 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale della sanzione ai sensi, e per gli effetti, dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e, in particolare, di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, della intrinseca natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (c.d. “Engel criteri”, così come affermati dalla Corte EDU,8 giugno 1974, Engel c. Paesi Bassi, e poi ribaditi dalla sentenza Grande Stevens e altri c. Italia, 4 marzo 2014).
Come più volte precisato dalla giurisprudenza amministrativa, in tema di procedimento sanzionatorio, l’intento del Legislatore è quello di assoggettare ad uno statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative. Ai fini del legittimo esercizio del potere sanzionatorio attribuito dalla legge all’ente titolare sono, dunque, immanenti allo specifico settore ordinamentale (in ragione del carattere afflittivo della sanzione e a garanzia dell’incolpato) i principi di proporzionalità e ragionevolezza, che devono essere esplicitati nella motivazione del provvedimento sanzionatorio.
La medesima V Sezione ha recentemente affermato che: “Occorre considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’ANAC (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’ANAC a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo l’esclusione dalle procedure di gara e degli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere, lo si ripete, natura sanzionatoria (in termini Cons. Stato, V, 13 dicembre 2019, n. 8480)” (v. la già citata Cons. Stato, sez. V, n. 491/2022).
Da siffatti rilievi si possono desumere le seguenti conclusioni: a) l’Autorità esercita un potere sanzionatorio di natura discrezionale; b) l’esercizio di tale potere discrezionale impone un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione in termini di dolo o colpa grave.
L’art. 18.1 del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC statuisce, infatti, che: “Il dirigente, acquisiti tutti gli elementi di fatto e valutata la sussistenza o meno dell’elemento psicologico del dolo o della colpa grave e, per i casi di falso, tenuto conto della gravità dei fatti oggetto di falso…”.
La Sezione condivide le conclusioni a cui è giunto il giudice di prima istanza, il quale ha fondato il decisum sul mancato assolvimento dell’onere motivazionale della delibera impugnata, con riferimento alla omessa illustrazione delle ragioni per cui l’ANAC ha ritenuto sussistere la colpa grave nella condotta della società -OMISSIS- s.r.l., e della omessa pronuncia sulle numerose osservazioni presentate dall’operatore economico volte a rappresentare la scusabilità dell’errore commesso.
Non può predicarsi, come diversamente sostiene l’Autorità appellante, che la motivazione sulla colpa grave possa desumersi implicitamente dalla descrizione della condotta posta in essere dalla società incolpata. E neppure si può tenere conto delle considerazioni espresse dall’Autorità sulla gravità della condotta posta in essere dall’operatore economico, atteso che si consentirebbe, nel corso del giudizio, una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’atto impugnato (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3385).
Invero, il giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione avrebbe imposto la valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave in relazione alla ‘gravità’ dei fatti oggetto di falso, tenuto conto dei rilievi difensivi esposti dalla società -OMISSIS- s.r.l.
L’ANAC, stante la natura sanzionatoria del procedimento, e tenuto conto del fatto che nel comminare una sanzione si effettua una valutazione discrezionale, era tenuta a motivare adeguatamente “i profili di gravità dei fatti oggetto di falso ai fini di una declaratoria di gravità della colpa”.
Tale motivazione avrebbe dovuto essere necessariamente correlata con le risultanze dell’istruttoria, stante il legame tra il provvedimento finale e gli esiti procedimentali.
Il Legislatore ha, infatti, posto una corrispondenza biunivoca tra l’istruttoria e la motivazione: le risultanze della prima, che consiste in un momento dinamico della decisione amministrativa, non possono che confluire formalmente nella staticità del provvedimento finale. Tale ‘valutazione’ non può che significare accurata verifica della rilevanza delle osservazioni difensive dell’operatore sottoposto a procedimento sanzionatorio rispetto ai rilievi della contestazione, con specifica menzione delle ragioni che hanno spinto l’Autorità a non accogliere le prospettazioni della società incolpata, quindi anche al solo fine di confutarle, in questo modo assicurando la valenza degli scritti difensivi e del contraddittorio procedimentale, e non esimendosi dal confronto, posto che, in caso contrario, il diritto di difesa della società sanzionata sarebbe totalmente privo di significato e, comunque, privo di qualsiasi vaglio critico.
L’esame delle osservazioni difensive della -OMISSIS- s.r.l. finalizzate a rappresentare l’esimente della buona fede, intesa come errore sulla illiceità del fatto, avrebbe assunto rilievo decisivo, ai fini di un giudizio sulla colpa grave, in presenza di elementi positivi idonei a ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato, ciò anche al fine di accertare se il trasgressore avesse fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto stabilito dalla lex specialis.
Va, inoltre, evidenziato che il profilo motivazionale della delibera impugnata avrebbe dovuto essere maggiormente approfondito, posto che l’ANAC ha ritenuto di applicare più sanzioni (interdittiva e pecuniaria) alla autrice delle false dichiarazioni, così discostandosi dalla determinazione dell’applicazione di un’unica misura sanzionatoria, sicché sarebbe stato necessario spiegare per quale motivo i parametri che si erano giudicati meritavano un intervento così incisivo.
Non può non rilevarsi che l’applicazione della sanzione pecuniaria, contestualmente alla interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, nonché l’annotazione nel casellario informatico, avrebbero implicato un approfondimento motivazionale sulla valutazione della gravità della condotta, in relazione, come si è detto, al profilo della colpa grave, che necessitava di essere adeguatamente esplicitato, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo di tale discrezionalità che, in assenza di idonea argomentazione, ha perso la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità.
Una corretta motivazione del provvedimento sanzionatorio avrebbe, altresì, consentito di agevolare il sindacato giurisdizionale, permettendo la verifica della legittimità della valutazione dell’operato dell’amministrazione.