T.A.R. Lazio, Sez. I-bis, 13 marzo 2023, n. 4338

Nel procedimento di project financing, articolato in più fasi, la prima delle quali si conclude con la scelta, da parte della stazione appaltante, del promotore, l’atto di scelta del promotore determina una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto e un definitivo arresto procedimentale per i concorrenti non prescelti; tale atto è pertanto lesivo e deve essere immediatamente impugnato dai concorrenti non prescelti, senza attendere l’esito degli ulteriori subprocedimenti di aggiudicazione della concessione.

La partecipazione alla procedura selettiva e la valutazione della sua offerta [ossia dell’offerta del concorrente “promotore”] costituiscono condizione sine qua non per poter, eventualmente, esercitare il diritto di prelazione, ancorché lo stesso promotore non sia aggiudicatario della gara. Se così non fosse, se cioè si prescindesse dall’ammissione alla gara e dall’utile collocazione in graduatoria, si stravolgerebbe invero il senso e la portata prescrittiva delle disposizioni di cui al citato art. 183 del Codice dei Contratti pubblici.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 8702 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Fastweb s.p.a. e Aruba s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in proprio e in qualità, rispettivamente, di mandataria e mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese tra le medesime società, rappresentate e difese dagli avvocati Fabio Elefante, Elisabetta Pistis e Angela Vecchione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la trasformazione digitale, Ministero della difesa, Ministero dell’economia e delle finanze e Difesa Servizi s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

TIM s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a. e Sogei s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Giulio Napolitano, Luca Raffaello Perfetti, Francesco Sciaudone, Bernardo Giorgio Mattarella, Alfredo Vitale, Elio Leonetti e Cristiano Chiofalo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Giulio Napolitano in Roma, Via XXIV Maggio, 43

CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a., Sogei s.p.a.;

per l’annullamento

I. quanto al ricorso introduttivo:

- della nota Difesa Servizi s.p.a. prot. DIFESA SERVIZI SPA 2681/2022_11-07-2022 in data 11 luglio 2022, con la quale è stato comunicato che con la determinazione n. 15 di pari data, anch’essa impugnata, è stata disposta l’aggiudicazione in favore del RTI costituito tra Sogei s.p.a., Leonardo s.p.a., CDP Equity s.p.a. e TIM s.p.a. (in qualità di mandataria), ai sensi dell’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016;

- della nota del RTI controinteressato del 7 luglio 2022, con la quale è stato esercitato il diritto di prelazione, ai sensi dell’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016, ove sia ritenuta produttiva di effetti equivalenti a quelli dell’aggiudicazione;

- della nota Difesa Servizi s.p.a. prot. DIFESA SERVIZI SPA 2402/2022_22-06-2022 del 22 giugno 2022, con la quale è stato comunicato che con la determinazione n. 14 di pari data, anch’essa impugnata, è stata disposta l’aggiudicazione in favore del RTI costituendo tra Fastweb s.p.a. e Aruba s.p.a., nella parte in cui “Si specifica che, come previsto dall’art. 183, comma 15, del D.lgs. n. 50 del 2016, espressamente richiamato dal disciplinare di gara, il soggetto Promotore “RTI Costituito tra Sogei S.p.A., Leonardo S.p.A., C.D.P. Equity S.p.A. e, Tim S.p.a. in qualità di mandataria”, entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito della procedura in oggetto, potrà esercitare il diritto di prelazione comunicando la volontà di avvalersi del predetto diritto oltre che a questa Centrale di Committenza altresì a codesto RTI costituendo” e nella parte in cui non esclude il RTI Tim s.p.a.;

- nei limiti dell’interesse, del bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie speciale contratti pubblici, n. 15 del 4 febbraio 2022, per l’affidamento, mediante un contratto di partenariato pubblico privato, della realizzazione e gestione del Polo Strategico Nazionale, di tutti gli atti della procedura, del disciplinare, del capitolato di gara, del vademecum per i concorrenti, degli avvisi di rettifica successivamente pubblicati Gazzetta Ufficiale e di tutta la documentazione di gara;

- nei limiti dell’interesse, della delibera di indizione della procedura di gara adottata dal Consiglio di amministrazione di Difesa Servizi s.p.a., di estremi e contenuti non noti;

- nei limiti dell’interesse, del decreto del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 47/2021-PNRR del 27 dicembre 2021, recante la dichiarazione di pubblico interesse della proposta del costituendo raggruppamento formato da TIM s.p.a., Enterprise Market, in qualità di mandataria, e CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a. e Sogei s.p.a., nella qualità di mandanti;

- di ogni eventuale deliberazione, o analogo atto, con cui il Ministero dell’economia e delle finanze ha autorizzato, direttamente o indirettamente, la costituzione del RTI TIM, l’offerta presentata e l’esercizio del diritto di prelazione;

- di ogni eventuale deliberazione o analogo atto adottato da Sogei o dagli altri componenti del RTI TIM, finalizzata alla costituzione del RTI, alla presentazione dell’offerta e all’esercizio del diritto di prelazione;

- di ogni eventuale deliberazione o analogo atto adottato dal Ministero dell’economia e delle finanze, da Sogei o dagli altri componenti del RTI TIM, finalizzato alla scelta dei partner privati;

- di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;

e per l’accertamento del diritto a conseguire l’aggiudicazione della gara in favore delle società ricorrenti, con conseguente stipula del contratto con il RTI Fastweb-Aruba;

e per la declaratoria di inefficacia: (i) del contratto eventualmente medio tempore stipulato e il conseguente subentro delle società ricorrenti nel contratto medesimo; (ii) ove occorrer e possa, dell’atto di costituzione del RTI tra TIM s.p.a., CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a. e Sogei s.p.a. del 10 marzo 2022;

nonché per la condanna dell’Amministrazione, qualora venga stabilito di mantenere in vita il contratto eventualmente stipulato e negato il subentro, all’integrale risarcimento del danno che potrà emergere in corso di causa e, in particolare, del mancato utile e del danno curriculare;

II. quanto ai motivi aggiunti depositati da Fastweb s.p.a. e Aruba s.p.a. il 22 luglio 2022:

per l’accoglimento di tutte le domande formulate ne ricorso introduttivo, nonché per l’annullamento o la disapplicazione degli atti acquisiti con l’accesso agli atti del 13 luglio 2022 e segnatamente: (i) della deliberazione del Dipartimento delle finanze del 21 settembre 2021 (non conosciuta), laddove rechi, direttamente o indirettamente, l’autorizzazione alla costituzione del RTI TIM, alla costituzione della società di scopo prevista nell’offerta presentata, all’offerta presentata e all’esercizio del diritto di prelazione; (ii) del voto del Ministero dell’economia e delle finanze, quale socio totalitario dell’assemblea Sogei del 23 settembre 2021, di autorizzazione ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legge n. 80 del 2021, laddove ritenuto, direttamente o indirettamente, autorizzazione alla costituzione del RTI TIM, alla costituzione della società di scopo prevista nell’offerta presentata, all’offerta presentata e all’esercizio del diritto di prelazione; (iii) delle delibere del Consiglio di amministrazione di Sogei e dell’Assemblea ordinaria di Sogei in data 23 settembre 2021, di autorizzazione ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legge n. 80 del 2021, laddove ritenuto, direttamente o indirettamente, autorizzazione alla costituzione del RTI TIM, alla costituzione della società di scopo prevista nell’offerta presentata, all’offerta presentata e all’esercizio del diritto di prelazione; (iv) delle delibere del Consiglio di amministrazione di Sogei e dell’Assemblea ordinaria di Sogei in data 23 settembre 2021, di deliberazione della partecipazione di Sogei al progetto Polo Strategico Nazionale mediante una proposta di finanza di progetto unitamente a TIM s.p.a., Leonardo s.p.a. e CDP Equity s.p.a. e di autorizzazione ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legge n. 80 del 2021, laddove ritenuto, direttamente o indirettamente, autorizzazione alla costituzione del RTI Telecom Italia, alla costituzione della società di scopo prevista nell’offerta presentata, all’offerta presentata e all’esercizio del diritto di prelazione;

III. quanto al ricorso incidentale presentato da TIM s.p.a., in proprio e in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a. e Sogei s.p.a., il 25 luglio 2022:

per l’annullamento

- della nota di Difesa Servizi s.p.a. prot. 2403/2022 del 22 giugno 2022, recante “Procedura aperta, per l’affidamento, mediante un contratto di partenariato pubblico-privato, della realizzazione e gestione del Polo Strategico Nazionale. CIG: 9066973ECE. CUP: J51B21005710007. Comunicazione esito di gara e avviso di esercizio del diritto di cui all’art. 183, comma 15, del D.lgs. n. 50 del 2016.”, limitatamente alla parte in cui non ha disposto l’esclusione dalla gara del RTI Fastweb;

- della nota Difesa Servizi s.p.a. prot. 2682/2022 in data 11 luglio 2022, recante “Procedura aperta, per l’affidamento, mediante un contratto di partenariato pubblico-privato, della realizzazione e gestione del Polo Strategico Nazionale. CIG: 9066973ECE. CUP: J51B21005710007. Comunicazione esito di gara e avviso di esercizio del diritto di cui all’art. 183, comma 15, del D.lgs. n. 50 del 2016.”, limitatamente alla parte in cui non ha disposto l’esclusione del RTI Fastweb;

- della determina di Difesa Servizi s.p.a. n. 15 in data 11 luglio 2022, non conosciuta, con la quale si è provveduto ad aggiudicare la procedura in oggetto al RTI TIM, limitatamente alla parte in cui non ha disposto l’esclusione del RTI Fastweb;

- nei limiti dell’interesse: (i) di tutti i verbali descrittivi delle operazioni di gara, in forma integrale, inclusi eventuali allegati, nonché ogni ulteriore atto o provvedimento adottato dalla stazione appaltante; (ii) della proposta di aggiudicazione, ancorché non conosciuta, limitatamente alle parti di cui sopra;

- della determina della Centrale di committenza n. 14 del 22 giugno 2022, mediante la quale è stata disposta l’approvazione della graduatoria e l’aggiudicazione della gara PSN in favore del RTI Fastweb, ancorché non conosciuta, nella parte in cui non ha disposto l’esclusione dalla gara stessa del predetto RTI Fastweb e ha anzi aggiudicato la gara in suo favore;

- di ogni comunicazione e corrispondenza intercorsa tra la stazione appaltante e il RTI Fastweb nel corso della procedura di gara, ancorché non conosciute, limitatamente alle parti di cui sopra;

- di ogni ulteriore atto, documento o provvedimento presupposto, connesso o consequenziale a quelli di cui ai precedenti alinea, limitatamente alle parti di cui sopra;

IV. quanto ai motivi aggiunti depositati da Fastweb s.p.a. e Aruba s.p.a. il 2 agosto 2022:

per l’accoglimento di tutte le domande formulate ne ricorso introduttivo, nonché per l’annullamento - di ogni eventuale provvedimento, deliberazione o analogo atto, adottato da Difesa Servizi s.p.a. o dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale o dal Dipartimento per la trasformazione digitale con cui sia stata modificata l’aggiudicazione disposta con la nota di Difesa Servizi s.p.a. in data 11 luglio 2022 a favore del RTI TIM o comunque a qualunque titolo e in qualunque modo il RTI TIM sia stato autorizzato ad adempiere le obbligazioni contrattuali a condizioni diverse da quelle offerte dall’aggiudicatario RTI Fastweb;

- di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;

V. quanto ai motivi aggiunti depositati da Fastweb s.p.a. e Aruba s.p.a. il 3 settembre 2022:

per l’accoglimento di tutte le domande formulate nel ricorso introduttivo, come integrato dalla memoria con motivi integrativi del 22 luglio 2022, e delle domande formulate nei successivi motivi aggiunti del 2 agosto 2022, nonché per l’annullamento

- della nota di Difesa Servizi s.p.a. n. 2538/2022 del 4 luglio 2022 e della convenzione sottoscritta il 24 agosto 2022 tra il Dipartimento per la trasformazione digitale e Polo Strategico Nazionale s.p.a. (costituita da TIM s.p.a., Leonardo s.p.a., Sogei s.p.a. e CDP Equity s.p.a.), ai sensi degli articoli 164, 165, 179, 180, comma 3. e 183, comma 15, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, avente ad oggetto l’affidamento in concessione dei servizi infrastrutturali e applicativi in cloud per la gestione di dati sensibili;

- in via subordinata, nei limiti dell’interesse: del bando della procedura, del disciplinare (articoli 1, 3, 10, 16 e 22), del capitolato di gara, del vademecum per i concorrenti, degli avvisi di rettifica successivamente pubblicati in Gazzetta Ufficiale e di tutta la documentazione di gara, ove interpretati o interpretabili nel senso di legittimare la nota Difesa Servizi s.p.a. n. 2538/2022 del 4 luglio 2022 e la convenzione sottoscritta il 24 agosto 2022;

- di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente, con particolare riguardo, ove occorra, alla nota Difesa Servizi s.p.a. del 1° luglio 2022, richiamata nella nota del 4 luglio 2022 e allo stato non conosciuta;

e per l’accertamento del diritto a conseguire l’aggiudicazione della gara in favore delle società ricorrenti, con conseguente stipula del contratto con il RTI Fastweb-Aruba ovvero a subentrare nel contratto in essere con il RTI TIM;

e per la declaratoria di inefficacia del contratto stipulato in data 24 agosto 2022 e del conseguente diritto al subentro delle società ricorrenti nel contratto medesimo;

nonché per la condanna delle Amministrazioni, qualora venga stabilito di mantenere in vita il contratto stipulato e negato il subentro, all’integrale risarcimento del danno così come meglio individuato nel prosieguo e, in particolare, del mancato utile e del danno curriculare, nonché, in ogni caso, all’integrale risarcimento del danno patito in ragione degli atti impugnati e delle condotte contestate;

e per l’accertamento e la dichiarazione, ai sensi degli articoli 64, comma 3, e 116, comma 2, cod. proc. amm., del diritto della ricorrente ad accedere alla nota di Difesa Servizi s.p.a. prot. n. 2517 del 1° luglio 2022, alle richieste di modifica al progetto di TIM del Dipartimento per la trasformazione digitale, nonché al riscontro di TIM a tali richieste e a tutti gli altri documenti non già resi accessibili richiesti con l’istanza del 27 giugno 2022 e con le note di sollecito e integrazione dell’8 e del 25 luglio e del 4 agosto 2022 a Difesa Servizi s.p.a., al Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale – Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la trasformazione digitale e al Ministero dell’economia e delle finanze, e per la conseguente condanna delle resistenti al rilascio dei documenti richiesti;

VI. quanto ai motivi aggiunti depositati da Fastweb s.p.a. e Aruba s.p.a. il 15 novembre 2022:

per l’annullamento di tutti gli atti impugnati e per l’accoglimento di tutte le domande formulate nel ricorso introduttivo, come integrato dalla memoria con motivi integrativi del 22 luglio 2022, e nei successivi motivi aggiunti del 2 agosto 2022 e del 3 settembre 2022.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti, il ricorso incidentale, e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la trasformazione digitale, del Ministero della difesa, del Ministero dell’economia e delle finanze, di Difesa Servizi s.p.a., nonché di TIM s.p.a., in proprio e in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a. e Sogei s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’articolo 36, comma 2, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2023 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con ricorso notificato il 18 luglio 2022 e depositato il successivo 21 luglio, Fastweb s.p.a. e Aruba s.p.a. hanno impugnato principalmente, insieme agli altri atti specificati in epigrafe, l’aggiudicazione della procedura aperta per l’affidamento, mediante un contratto di partenariato pubblico-privato, della realizzazione e gestione del Polo Strategico Nazionale (PSN) in favore del raggruppamento temporaneo di imprese costituito tra TIM s.p.a., in qualità di mandataria, e CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a. e Sogei s.p.a., in qualità di mandanti.

2. La realizzazione del PSN è prevista dall’articolo 33-septies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

In particolare – a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 35, comma 1, lett. a), del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, e successivamente dall’articolo 7, comma 3, lett. a), del decreto legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233 – il comma 1 del predetto articolo 33-septies affida alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito di promuovere “lo sviluppo di un’infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l’elaborazione delle informazioni (CED) definiti al comma 2, destinata a tutte le pubbliche amministrazioni”, e ciò “Al fine di tutelare l’autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e c) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l’efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali”. Si stabilisce, inoltre, che le amministrazioni centrali, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, migrino i loro Centri per l’elaborazione delle informazioni (CED) e i relativi sistemi informatici, privi dei requisiti fissati da un apposito regolamento, verso l’infrastruttura sopra indicata oppure verso altra infrastruttura propria già esistente e in possesso dei requisiti fissati. In alternativa, è consentita la migrazione dei servizi verso soluzioni cloud, sempre nel rispetto dei requisiti stabiliti.

La realizzazione dell’infrastruttura di cui all’articolo 33-septies del decreto legge n. 179 del 2012, denominata Polo Strategico Nazionale, costituisce uno dei cardini della Missione 1 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), dedicata a “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”.

Il PNRR prevede un finanziamento di 900 milioni di euro in favore delle Amministrazioni centrali e delle Autorità sanitarie locali che debbano realizzare il processo di migrazione dei dati.

Un ulteriore investimento di 1 miliardo di euro è finalizzato alla “Abilitazione e facilitazione migrazione al cloud”, in modo da consentire la migrazione anche alle Amministrazioni locali.

Il completamento dell’intero progetto è previsto nel secondo trimestre del 2026. È stato tuttavia stabilito che l’infrastruttura del PSN dovesse essere realizzata entro la data ultima del 31 dicembre 2022, pena la perdita dei finanziamenti provenienti dall’Unione Europea.

3. Secondo quanto risulta agli atti del giudizio, il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha stabilito di realizzare il Polo Strategico Nazionale di cui all’Investimento 1.1, Missione 1, Componente 1, Asse 1 del PNRR mediante una procedura di partenariato pubblico privato a iniziativa privata, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. eee), e degli articoli 180 e 183, comma 15, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Nel 2021 il predetto Dipartimento ha dato avvio alla prima fase della procedura, manifestando sul proprio sito l’esigenza di procedere ai sensi delle disposizioni richiamate.

Nell’ambito di tale prima fase sono pervenute tre proposte, e in particolare: (i) il 29 settembre 2021, la proposta di TIM s.p.a. – Enterprise Market, in qualità di mandataria della costituenda associazione temporanea di imprese con CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a. e Sogei s.p.a.; (ii) il 4 ottobre 2021, la proposta del raggruppamento temporaneo di imprese tra Almaviva s.p.a. e Aruba s.p.a.; (iii) il 2 novembre 2021, la proposta di Fastweb s.p.a. ed Engineering s.p.a.

A conclusione della prima fase della procedura, con decreto del Capo del Dipartimento per la trasformazione digitale n. 47 del 27 dicembre 2021 (depositato dalle ricorrenti quale doc. 5 il 21 luglio 2022) è stata dichiarata la fattibilità della proposta della costituenda ATI avente come mandataria TIM s.p.a. ed è stato approvato il relativo progetto di fattibilità, nominando conseguentemente la predetta costituenda ATI quale “promotore” nell’ambito della procedura, ai sensi dell’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

A questo punto, il Dipartimento della trasformazione digitale, in applicazione dell’articolo 11, comma 3-bis, del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha stabilito di avvalersi di Difesa Servizi s.p.a. quale centrale di committenza per lo svolgimento della procedura di gara, stipulando allo scopo un’apposita convenzione con la medesima società e con il Ministero della difesa.

Difesa Servizi s.p.a., agendo nella veste di centrale di committenza del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che riveste invece la posizione stazione appaltante, ha quindi approvato la determinazione n. 3 del 28 gennaio 2022, con la quale ha stabilito di procedere, ai sensi degli articoli 3, comma 1, lett. eee), 60 e 180, nonché dell’articolo 183, commi 15 e 16, del decreto legislativo n. 50 del 2016 alla seconda fase della procedura, consistente nella “gara aperta finalizzata all’individuazione di un operatore economico aggiudicatario di un contratto di partenariato pubblico-privato quale soggetto concessionario che dovrà realizzare e gestire una nuova infrastruttura informatica a servizio della Pubblica Amministrazione denominata PSN” (v. doc. 4.0 depositato dalle ricorrenti il 21 luglio 2022).

È seguito il bando di gara – pubblicato il 28 gennaio 2022 mediante invio alla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e il 4 febbraio 2022 sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – nel quale si legge che: (i) il valore economico stimato del partenariato è pari al valore dell’investimento previsto nel progetto di fattibilità ed è pari a euro 723.300.000,00, al netto degli oneri per la sicurezza, dell’IVA e di eventuali altri oneri di legge (v. § II.2.1 del bando, depositato dalle ricorrenti quale doc. 4 il 21 luglio 2022); (ii) la durata della concessione è di tredici anni dalla stipula della convenzione, prevedendosi inoltre il termine di centottanta giorni dalla stipula della convenzione per la progettazione e realizzazione dell’infrastruttura e il termine di trenta mesi dalla scadenza dei predetti centottanta giorni per la stipula dei singoli contratti di adesione delle Amministrazioni utenti, con durata massima di dieci anni (v. § II.3 del bando); (iii) l’aggiudicatario ha l’obbligo di costituire una società di progetto, secondo le disposizioni del disciplinare di gara e dell’articolo 184 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (v. § III.1.3 del bando); (iv) il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo, con l’attribuzione del 70 per cento del peso complessivo all’offerta tecnica e del 30 per cento a quella economica (v. § IV.2.1 del bando).

Alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, fissato al 21 marzo 2022, hanno presentato offerte di partecipazione a tale seconda fase della procedura due operatori: (i) il RTI costituendo tra Fastweb s.p.a., in qualità di mandataria, e Aruba s.p.a., mandante; (ii) il RTI costituito composto da TIM s.p.a., in qualità di mandataria, e dalle mandanti Sogei s.p.a., Leonardo s.p.a. e CDP Equity s.p.a.

Il 22 giugno 2022 Difesa Servizi ha reso noto agli operatori che il RTI costituendo tra Fastweb e Aruba aveva ottenuto complessivamente 96,87 punti, mentre il RTI costituito tra TIM, Sogei, Leonardo e CDP Equity aveva conseguito il punteggio complessivo di 86,06. È stato, inoltre, comunicato che, con determina n. 14 nella medesima data del 22 giugno 2022, era stata disposta l’aggiudicazione in favore del RTI Fastweb, specificando che, in base all’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016, richiamato dal disciplinare di gara, il soggetto promotore, ossia il RTI TIM, avrebbe potuto esercitare la prelazione entro quindici giorni (v. doc. 3 depositato dalle ricorrenti il 21 luglio 2022 e doc. 1 depositato da TIM il 26 luglio 2022).

Con nota del 7 luglio 2022, il RTI TIM ha dichiarato di avvalersi della prelazione, impegnandosi senza riserve ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario della gara (v. doc. 2 depositato dalle ricorrenti il 21 luglio 2022).

Difesa Servizi s.p.a., con la determinazione n. 15 in data 11 luglio 2022, ha quindi aggiudicato la gara al predetto RTI TIM (doc. 1.1 depositato dalle ricorrenti il 21 luglio 2022).

4. Fastweb s.p.a. e Aruba s.p.a. hanno proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, con il quale hanno impugnato l’aggiudicazione e gli atti ad essa antecedenti, deducendo quanto esposto di seguito.

I) La disciplina di gara prevede che l’aggiudicatario debba costituire una società di progetto. Tale società, stante l’aggiudicazione in favore del RTI TIM, sarà partecipata indirettamente dal Ministero dell’economia e delle finanze e direttamente dalle società pubbliche componenti del RTI, ossia: Sogei, società per azioni a socio unico, organismo di diritto pubblico, partecipata per la totalità del capitale dal Ministero dell’economia e delle finanze e operante mediante il modello organizzativo dell’in house providing; CDP Equity, società partecipata al 100 per cento da CDP s.p.a., il cui capitale sociale è detenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze per una quota pari a circa l’82 per cento; Leonardo, società per azioni quotata in borsa, il cui capitale sociale è detenuto dallo stesso Ministero per una quota pari a circa il 30 per cento.

La partecipazione alla società di progetto avverrebbe, tuttavia, in violazione delle disposizioni degli articoli 4, 5, 7 e 8 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (TUSP) di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, atteso che da tali previsioni deriverebbe che: (i) la partecipazione pubblica diretta o indiretta di società è consentita solo nel caso in cui l’oggetto dell’attività della stessa sia riconducibile al perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’articolo 4; (ii) al fine di costituire o partecipare, direttamente o indirettamente, una società è necessaria una previa deliberazione del soggetto partecipante, che deve essere motivata analiticamente e inviata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla Corte dei conti; (iii) l’eventuale socio privato deve essere selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica.

In particolare, l’offerta presentata in gara dal RTI TIM dovrebbe ritenersi soggetta alla condicio iuris della deliberazione della partecipazione societaria da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi degli articoli 5, 7 e 8, del TUSP; deliberazione che non risulterebbe essere stata assunta. Si tratterebbe, quindi, di un’offerta inammissibile, perché condizionata a un evento non solo futuro e incerto, ma anche irrealizzabile, poiché la deliberazione avrebbe dovuto essere assunta a monte dell’intera operazione di partecipazione alla gara.

D’altro canto, la selezione, da parte di Sogei, dei soci privati con i quali costituire la società di progetto sarebbe dovuta avvenire mediante procedure di evidenza pubblica, che non sarebbero state svolte.

L’oggetto della società alla quale il Ministero dell’economia e delle finanze sarebbe chiamato indirettamente a partecipare non rientrerebbe, poi, tra quelli ammessi dall’articolo 4 del TUSP.

Conseguentemente, l’offerta del RTI TIM, oltre a essere inammissibile perché condizionata, sarebbe inammissibile anche per nullità o inefficacia dell’atto costitutivo del RTI. Il predetto RTI sarebbe pertanto decaduto dal diritto di prelazione e, conseguentemente, sarebbe illegittima l’aggiudicazione disposta in suo favore.

II) Sogei, in quanto società in house del Ministero dell’economia e delle finanze e organismo di diritto pubblico, sarebbe soggetta alle regole di contabilità e di evidenza pubblica per l’aggiudicazione dei contratti. Nel caso in esame, il contratto attraverso il quale Sogei ha costituito un RTI con TIM e altri operatori sarebbe un contratto attivo e, pertanto, la relativa stipulazione avrebbe dovuto essere preceduta da una procedura di evidenza pubblica. Non essendo ciò avvenuto, il contratto sarebbe nullo per violazione delle norme imperative rinvenibili nell’articolo 4 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e negli articoli 101 e 106 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Sarebbe, inoltre, invalido l’eventuale atto – ove esistente – con il quale Sogei ha deliberato di aggiudicare a TIM, Leonardo e CDP Equity il contratto di costituzione del RTI.

III) Poiché Sogei è una società in house del Ministero dell’economia e delle finanze, essa stessa è soggetta alla disciplina del TUSP. Conseguentemente, al fine di assumere l’impegno alla partecipazione alla società di progetto richiesta in caso di aggiudicazione, Sogei avrebbe dovuto: (i) avviare l’iter deliberativo di cui all’articolo 7 del TUSP; (ii) chiedere l’autorizzazione al Ministero, che a sua volta avrebbe dovuto avviare l’iter autorizzatorio del TUSP; (iii) selezionare i soci privati mediante una procedura di evidenza pubblica.

IV) La prelazione sarebbe inefficace, in quanto esercitata con atto proveniente unicamente da TIM, e non anche dalle mandanti, come sarebbe stato invece necessario, atteso che l’esercizio della prelazione, risolvendosi in una nuova offerta rispetto a quella presentata in gara, non rientrerebbe nel mandato collettivo di cui all’atto costitutivo del RTI del 13 marzo 2022.

V) Lo schema del partenariato contrattuale sarebbe stato utilizzato dall’Amministrazione per realizzare, in realtà, un partenariato istituzionale, senza tuttavia scegliere il socio privato attraverso una procedura ad evidenza pubblica, come invece sarebbe stato necessario. L’attività da svolgere atterrebbe, infatti, a una funzione primaria dello Stato e potrebbe essere esternalizzata solo attraverso lo strumento della società mista, ai sensi dell’articolo 17 del TUSP, ossia mediante una gara a doppio oggetto. Per effetto della procedura contestata, invece, tale funzione rischierebbe di essere riservata a una società avente un socio privato (TIM) non selezionato tramite una gara e che, inoltre, avrebbe beneficiato dell’istituto della prelazione, concepito per fattispecie del tutto diverse.

VI) L’offerta presentata dal RTI TIM, la prelazione da esso esercitata e la conseguente aggiudicazione in favore del medesimo raggruppamento comporterebbero la violazione dell’articolo 180, comma 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016, ove si prevede che nei contratti di partenariato deve essere assicurata la presenza preponderante, oltre il 51 per cento, di capitale privato a sostegno degli investimenti. Secondo quanto evidenziato nelle linee guida ANAC n. 9 del 2018, dovrebbero essere considerate a tal fine anche le forme di contribuzione pubblica realizzate mediante apporto di capitale di rischio (equity) o di capitale di credito (finanziamenti bancari). Tale indicazione sarebbe coerente con quanto indicato da Eurostat in “A Guide to the Statistical Treatment of PPPs” del 2016.

Nel caso in esame, i finanziamenti a carico dell’Amministrazione pubblica sarebbero superiori al 49 per cento, perché: (i) dall’atto di costituzione del RTI risulterebbe che gli investimenti sarebbero integralmente riferibili a CDP Equity, che è un’impresa pubblica, interamente capitalizzata tramite risorse della capogruppo CDP s.p.a., a sua volta controllata dal MEF; (ii) anche se l’investimento fosse da ripartire pro quota tra gli operatori partecipanti al raggruppamento, si arriverebbe allo stesso risultato, in considerazione delle quote di capitale detenute dal Ministero dell’economia e delle finanze nelle società componenti del RTI, e in particolare della riferibilità al Ministero di Sogei e di CDP Equity, che hanno una quota del RTI e della società di progetto rispettivamente del 10 e del 20 per cento, nonché della riferibilità allo stesso Ministero anche della quota di partecipazione al RTI di Leonardo, pari al 25 per cento, stante il controllo di fatto esercitato su tale società e la circostanza che la decisione di partecipare all’iniziativa sarebbe riconducibile a una indicazione, anche implicita, dei poteri pubblici; (iii) l’equilibrio del piano economico finanziario dell’iniziativa risiederebbe nel finanziamento di 900 milioni di euro assicurato dal PNRR in favore della migrazione dei CED delle Amministrazioni e, se è vero che tale migrazione potrebbe avvenire anche verso infrastrutture diverse dal PSN, dovrebbe tuttavia stimarsi che almeno il 10 per cento dell’investimento sia destinato a coprire la migrazione obbligatoria verso il PSN dei dati c.d. strategici o critici: questo finanziamento, unito alle quote di partecipazione alla società di progetto detenute da Sogei e da CDP Equity, renderebbe preponderante la partecipazione pubblica all’investimento.

VII) Il riconoscimento del diritto di prelazione in favore del promotore, ai sensi dell’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016, costituirebbe un vantaggio sproporzionato in favore di tale operatore, laddove, come riscontrabile nel caso in esame: (i) l’intervento riguardi opere in programmazione; (ii) la proposta originariamente presentata dal proponente sia stata oggetto di modifiche a seguito di richieste dell’Amministrazione.

Emergerebbe, sotto questo profilo, la violazione degli articoli 3 e 30, nonché dei “considerando” nn. 8, 68 e 73, e dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/CE. Sarebbero violati, inoltre, anche i “considerando” nn. 31 e 90, nonché gli articoli 18, par. 1, 24, 41, 57, par. 4, e 67 della direttiva 2014/24/CE. Criticità, queste, che sarebbero amplificate dalla natura ampiamente discrezionale della scelta del promotore.

In subordine, anche ove la disciplina fosse ritenuta compatibile con il diritto eurounitario, emergerebbe comunque la sua contrarietà agli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione.

VIII) L’articolo 22 del regolamento UE 2021/241, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, prevede che gli Stati membri, in qualità di beneficiari o mutuatari di fondi PNRR, adottano tutte le opportune misure per garantire che l’utilizzo dei fondi in relazione alle misure sostenute dal dispositivo sia conforme al diritto dell’Unione e nazionale applicabile. La violazione del diritto dell’Unione, riscontrabile nel caso in esame, comporterebbe il recupero degli importi erogati.

5. Il 22 luglio 2022 Fastweb e Aruba hanno depositato una memoria, previamente notificata alle altre parti, recante motivi integrativi, sviluppati alla luce dell’accesso agli atti ottenuto dalle ricorrenti il 13 luglio 2022.

Le ricorrenti hanno riferito di aver appreso, tra l’altro, che il 23 settembre 2021, il Consiglio di amministrazione di Sogei ha deliberato: (i) la partecipazione della società al progetto relativo al Polo Strategico Nazionale, mediante una proposta di finanza di progetto, unitamente a TIM, Leonardo e CDP Equity; (ii) la presentazione all’Assemblea della proposta di partecipazione al progetto e la richiesta di autorizzazione – ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, introdotto dalla legge di conversione 8 agosto 2021, n. 113 – della costituzione di una società in caso di eventuale aggiudicazione della gara esperita dall’Amministrazione a valle della proposta di finanza di progetto. Nella medesima data del 23 settembre 2021 l’Assemblea di Sogei ha deliberato di autorizzare la costituzione della società in caso di esito favorevole della gara.

Secondo le ricorrenti, la previsione dell’articolo 7-bis del decreto legge n. 80 del 2021 avrebbe unicamente autorizzato Sogei a partecipare a società nell’ambito delle iniziative del PNRR, consentendole, quindi, tali partecipazioni anche in società non aventi le finalità di cui all’articolo 4 del TUSP: sotto questo profilo, sarebbero quindi superate le contestazioni svolte nel ricorso introduttivo del giudizio.

Rimarrebbero, invece, confermate le censure svolte con riferimento alle altre previsioni del TUSP, atteso che il predetto articolo 7-bis non avrebbe introdotto alcuna deroga alla necessità di autorizzare l’operazione mediante un’apposita deliberazione, ai sensi degli articoli 7 e 8 del TUSP, né sarebbe stata introdotta alcuna deroga all’obbligo di selezione dei soci TIM e Leonardo mediante una procedura di evidenza pubblica.

Una diversa interpretazione renderebbe la legge provvedimento costituita dal medesimo articolo 7-bis del decreto legge n. 80 del 2021 contraria alle direttive 23 e 24 del 2014, agli articoli 101 e 109 TFUE, ai principi di libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento, libera prestazione dei servizi, parità di trattamento, divieto di discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza, nonché agli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione.

Peraltro, anche ove le delibere di Sogei e la nota del Ministero dell’economia e delle finanze ivi indicata fossero idonee ad autorizzare l’operazione, tale valenza sarebbe limitata alla sola specifica e circoscritta operazione, nei termini in cui è descritta nelle stesse delibere, e non potrebbe estendersi alla prelazione, mediante la quale è stato assunto l’impegno a realizzare un’offerta radicalmente diversa, quale quella del RTI Fastweb.

6. Con atto depositato il 25 luglio 2022, TIM, agendo in proprio e nella qualità di mandataria del RTI con CDP Equity, Leonardo e Sogei, ha proposto ricorso incidentale, impugnando la comunicazione della (originaria) aggiudicazione nei confronti del RTI Fastweb e gli altri atti indicati in epigrafe, nella parte in cui non hanno disposto l’esclusione dalla gara del predetto operatore.

In particolare, TIM ha dedotto quanto segue.

I) L’offerta del RTI Fastweb sarebbe inammissibile e, pertanto, il concorrente avrebbe dovuto essere escluso dalla gara, in quanto lo scarto tra i ricavi desumibili dagli sconti applicati ai listini delle prestazioni oggetto dell’affidamento e i ricavi indicati nel conto economico unito al piano economico finanziario (PEF) sarebbe stato pari al 9,18 per cento, e quindi superiore al valore massimo dello 0,5 per cento, previsto dal disciplinare e oggetto del chiarimento 1.30.

II) Il RTI Fastweb avrebbe violato i principi di segretezza dell’offerta economica e di non commistione tra l’offerta tecnica e quella economica, e tale violazione avrebbe dovuto comportare l’esclusione, ai sensi dell’articolo 12 del disciplinare. In particolare, nella parte dell’offerta tecnica del RTI Fastweb relativa al criterio migliorativo ID 18, concernente i “Miglioramenti, a favore del Concedente, della compliance nell’aggiornamento dei costi e prezzi dell’infrastruttura anche da un punto di vista del refresh tecnologico”, l’operatore ha offerto uno sconto percentuale migliorativo prefissato e garantito sulle tariffe offerte in sede di gara, e ciò avrebbe determinato l’anticipazione nell’offerta tecnica di contenuti propri dell’offerta economica.

III) L’offerta del RTI Fastweb sarebbe inammissibile anche perché: (i) offrendo una coppia di data center (DC) separati da “una connettività di lunghezza inferiore ai 100km”, l’operatore avrebbe apportato una variante non consentita dal progetto di fattibilità posto alla base della gara, ove si prevede una distanza tra i DC non superiore a 60 km; (ii) non fornendo indicazioni specifiche in ordine alle caratteristiche tecniche, alla localizzazione e allo stato di realizzazione dei DC, l’offerta si presenterebbe come generica, indeterminata e incompleta; (iii) Difesa Servizi avrebbe omesso qualsiasi valutazione e verifica in merito ai requisiti tecnici minimi da parte dei DC offerti dal RTI Fastweb e, più in generale, alle loro caratteristiche tecniche e al relativo stato di realizzazione.

Sotto quest’ultimo profilo (sub iii) rileverebbe la circostanza che la lex specialis di gara ha prescritto che i DC siano realizzati in aree che, ai fini del rischio sismico, abbiano una classificazione non inferiore a quella della zona 3, secondo il decreto ministeriale n. 58 del 2017. Il RTI Fastweb ha dichiarato di prevedere la collocazione di due dei quattro DC a Roma, senza indicarne l’esatta localizzazione. Sulla base di notizie rese pubbliche da Aruba, tuttavia, sarebbe presumibile che uno dei DC venga realizzato nell’area del Tecnopolo Tiburtino; area che sarebbe classificata come zona sismica 2B, ossia con un livello di sismicità non compatibile con quanto richiesto dalla disciplina di gara. Inoltre, la circostanza che il predetto Tecnopolo sia in costruzione e dovrebbe essere completato solo a fine marzo 2023 non consentirebbe al RTI Fastweb di assicurare i tempi di consegna offerti in sede di gara.

A giudizio della ricorrente incidentale, Difesa Servizi avrebbe illegittimamente omesso di approfondire i predetti profili mediante apposita istruttoria.

IV) L’offerta del RTI Fastweb si risolverebbe in una inammissibile proposta di aliud pro alio, in quanto il progetto di fattibilità posto a base di gara consentiva bensì la modifica dei nominativi degli hyperscaler (o CSP) e i relativi servizi cloud per la fornitura di servizi (negli àmbiti Public Cloud PSN Managed, Secure Public Cloud, Hybrid Cloud on PSN Site), ma alla condizione dell’equivalenza dei servizi offerti; condizione che non sarebbe stata, tuttavia, rispettata. Sul punto, emergerebbe in ogni caso un difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto la Commissione di gara non avrebbe svolto alcun approfondimento.

L’offerta del RTI Fastweb sarebbe, inoltre, di dubbia compatibilità con i criteri di sicurezza cibernetica stabiliti dalla lex specialis di gara, dalla disciplina normativa vigente in materia, dal network and information security (NIS) di cui alla direttiva UE 2016/1148, attuata dal mediante il decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 65, e dalla c.d. strategia cloud Italia; ciò in quanto non verrebbe fornita alcuna garanzia circa il fatto che i dati ospitati presso i sistemi cloud indicati in sede di gara saranno necessariamente localizzati nel territorio nazionale.

7. In vista della camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, tutte le parti hanno depositato memorie e documenti.

Nelle proprie difese, sia TIM, sia l’Avvocatura dello Stato – costituitasi in giudizio per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della difesa, il Ministero dell’economia e delle finanze e Difesa Servizi s.p.a. – hanno preliminarmente eccepito l’irricevibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione degli esiti della prima fase della procedura, conclusasi con la dichiarazione di fattibilità dell’offerta del RTI TIM e la conseguente attribuzione al medesimo operatore dello status di “promotore” ai fini del successivo svolgimento della seconda fase della procedura, nell’ambito della quale il progetto di fattibilità del RTI TIM è stato posto a base di gara.

Hanno, inoltre, diffusamente allegato l’infondatezza nel merito dei motivi dedotti dalle ricorrenti principali.

La difesa erariale ha controdedotto anche alle censure contenute nel ricorso incidentale.

Le ricorrenti principali Fastweb e Aruba hanno a loro volta insistito nelle doglianze già articolate e hanno allegato l’infondatezza del ricorso incidentale.

8. In esito alla camera di consiglio del 2 agosto 2022, la Sezione ha emesso l’ordinanza n. 4993 del 2022, con la quale è stata rigettata l’istanza cautelare proposta con il ricorso principale, essendosi ritenuto “ad un sommario esame proprio della presente fase cautelare ed in disparte l’eccezione in rito sollevata dalle Amministrazioni intimate, che le censure svolte dalla parte ricorrente non sembrano, allo stato, assistite da profili di fumus boni juris di immediata percezione e non si appalesano, pertanto, prima facie, suscettibili di favorevole delibazione, anche alla luce delle documentate difese prodotte dalle Amministrazioni resistenti” e che, inoltre, “il pregiudizio lamentato dalla parte ricorrente, dichiaratamente di natura patrimoniale, e quindi privo del connotato della irrisarcibilità e, dunque, dell’irreparabilità, si profila come recessivo rispetto all’interesse pubblico nella specie perseguito, vale a dire, il preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera (...)”.

La predetta decisione cautelare è stata confermata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con l’ordinanza n. 4093 del 26 agosto 2022, ove si è evidenziato che “che i motivi di ricorso proposti necessitano dell’approfondimento proprio della sede del merito – peraltro già fissata in primo grado all’udienza del 5 ottobre 2022 – e che, fino a quel momento, sull’interesse dell’appellante prevalgono le esigenze pubblicistiche di celere esecuzione del contratto, la cui stipulazione risulta già avvenuta, per la rilevanza strategica dell’infrastruttura e in ragione del suo inserimento nell’ambito delle opere finanziate con risorse del P.N.R.R.”.

9. Frattanto, il 2 agosto 2022, dopo la celebrazione della camera di consiglio, Fastweb e Aruba hanno depositato un ricorso per motivi aggiunti, con il quale hanno domandato l’annullamento degli atti già impugnati, nonché di ogni eventuale atto con il quale le Amministrazioni resistenti avessero modificato l’aggiudicazione disposta in favore del RTI TIM o comunque autorizzato il medesimo RTI ad adempiere le obbligazioni contrattuali a condizioni diverse da quelle offerte dall’originario aggiudicatario RTI Fastweb.

Secondo la prospettazione delle ricorrenti, il RTI TIM avrebbe esercitato la prelazione con riserva. Questa circostanza, a loro avviso, sarebbe evincibile: (i) dall’istanza di autotutela e dalla richiesta di chiarimenti ai fini dell’esercizio della prelazione avanzate dal RTI TIM, il quale avrebbe dichiarato che l’offerta del RTI Fastweb sarebbe stata non replicabile sotto più profili; (ii) dalle affermazioni dei difensori di TIM nella camera di consiglio del 2 agosto 2022, atteso che i predetti difensori avrebbero precisato che i dubbi espressi circa la non replicabilità dell’offerta del RTI Fastweb sarebbero stati superati in ragione dei chiarimenti resi sul punto dalla stazione appaltante, la quale avrebbe autorizzato il RTI TIM a eseguire il contratto a condizioni parzialmente diverse da quelle offerte dall’originario aggiudicatario; (iii) dalla conferma resa sul punto dalla difesa erariale.

Inoltre, le considerazioni svolte da TIM nelle istanze sopra richiamate sub (i) sarebbero le stesse esposte poi nel ricorso incidentale, il quale avrebbe natura di ricorso autonomo avverso l’aggiudicazione in favore di Fastweb.

Fastweb e Aruba hanno quindi sostenuto che l’atto di esercizio della prelazione da parte del RTI TIM sarebbe inammissibile, in quanto l’operatore avrebbe dichiarato di eseguire, in realtà, un progetto diverso da quello risultato originariamente aggiudicatario della procedura, in violazione dell’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

10. L’istanza di misure cautelari monocratiche contenuta nel ricorso per motivi aggiunti del 2 agosto 2022 è stata rigettata con decreto presidenziale n. 5149 del 3 agosto 2022.

11. Il 3 settembre 2022 Fastweb e Aruba hanno depositato un ulteriore ricorso per motivi aggiunti, con il quale hanno esteso l’impugnazione principalmente – oltre agli atti specificati in epigrafe – alla nota di Difesa Servizi del 4 luglio 2022, con la quale è stata fornita risposta all’istanza di chiarimenti del RTI TIM circa le condizioni di esercizio della prelazione, nonché alla convenzione sottoscritta il 24 agosto 2022 tra il Dipartimento per la trasformazione digitale e Polo Strategico Nazionale s.p.a., società costituita da TIM, Leonardo, Sogei e CDP Equity.

11.1. Le ricorrenti hanno articolato i motivi che si espongono di seguito.

I) Il RTI TIM avrebbe esercitato una prelazione be condizionata, perché l’operatore avrebbe impugnato con ricorso incidentale autonomo (e non condizionato) l’aggiudicazione in favore del RTI Fastweb, ribadendo le considerazioni di inammissibilità e illegittimità dell’offerta di Fastweb già sollevate precedentemente con l’istanza di annullamento in autotutela; inoltre, TIM avrebbe esercitato la prelazione subordinatamente alla condizione che la stazione appaltante avesse condiviso l’istanza di richiesta di chiarimenti in ordine all’esercizio del diritto di prelazione.

Con la nota del 4 luglio 2022, la stazione appaltante avrebbe rassicurato il RTI TIM circa la possibilità di eseguire il contratto a condizioni in parte diverse da quelle offerte dal RTI Fastweb.

Una ulteriore conferma della modifica delle condizioni offerte dall’originario aggiudicatario si trarrebbe dall’articolo 5 della convenzione del 24 agosto 2022, atteso che l’oggetto della concessione risulterebbe da una “ibridazione” delle condizioni tecniche offerte dal RTI Fastweb e da quelle del RTI TIM.

Sarebbe violato l’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016, in quanto l’offerta risultata aggiudicataria non potrebbe essere scissa tra aspetti tecnici ed economici e, in caso di prelazione, dovrebbe essere eseguita senza alcuna modifica.

La stazione appaltante non avrebbe peraltro neppure verificato se tale nuova offerta “ibrida” fosse effettivamente sostenibile, considerato che l’offerta del RTI Fastweb era inferiore di 700 milioni rispetto a quella del RTI TIM.

Laddove, poi, si ritenesse che la lex specialis della procedura abbia legittimato il promotore all’esercizio della prelazione a condizioni diverse da quelle dell’offerta dell’aggiudicatario, non potrebbe che ritenersi illegittima in parte qua la stessa disciplina di gara.

Peraltro non vi sarebbero, in relazione ad alcuno degli elementi per i quali è stata consentita la modifica postuma, veri e propri diritti di privativa o elementi tali da impedire a TIM l’esecuzione del progetto Fastweb. Ove mai fosse provata l’esistenza di prestazioni non replicabili, sarebbe stato semmai onere del promotore accordarsi con l’aggiudicatario in relazione alle stesse, fermo restando l’obbligo dell’aggiudicatario di consentire l’accesso del promotore a tali soluzioni non replicabili o proprietarie a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie.

La convenzione sarebbe viziata anche perché di fatto indeterminata nell’oggetto, laddove individua come applicabile l’offerta tecnica del RTI Fastweb al netto delle descrizioni non esplicitamente richieste dal disciplinare, senza tuttavia chiarire quali siano tali descrizioni non richieste.

Le dinamiche di gara celerebbero, in verità, un illegittimo affidamento diretto in favore del RTI TIM e implicherebbero l’erogazione di un indebito aiuto di Stato.

Qualora dovesse ritenersi comunque che nell’ordinamento italiano il promotore non aggiudicatario possa subentrare nell’aggiudicazione semplicemente eguagliando il prezzo, ma non l’offerta tecnica, andrebbe verificata la compatibilità di un tale principio con l’ordinamento dell’Unione Europea.

Inoltre, ove pure le modifiche postume del contratto fossero da reputare ammissibili, una simile possibilità avrebbe dovuto essere esplicitata sin dall’origine nella disciplina di gara, come elemento indubbiamente idoneo a incidere sulla competizione. In assenza, le modifiche postume risulterebbero comunque illegittime e inammissibili.

II) L’offerta presentata dal RTI TIM nella seconda fase della gara sarebbe inammissibile, in quanto avrebbe apportato modifiche non consentite al progetto di fattibilità posto a base di gara, atteso che: (i) le due Region costituite ognuna da una coppia di data center dovrebbero essere ubicate a una distanza minima di 500 km, e tuttavia nell’offerta del RTI TIM tale distanza minima sarebbe garantita solo su una direttrice (tra i DC di Santo Stefano e di Pomezia, distanti 513 km), mentre non sarebbe garantita in tutti gli altri casi (tra il DC di Rozzano e quelli di Acilia e da Pomezia vi sarebbero meno di 500 km; Santo Stefano disterebbe meno di 500 km da Acilia); (ii) i DC dovrebbero essere collocati in zone a sismicità non inferiore a 3, ma l’offerta del RTI TIM collocherebbe uno dei quattro DC a Pomezia, Comune il cui territorio è classificato a sismicità 2B, senza indicare le azioni correttive adottate per contenere i rischi; (iii) il progetto di fattibilità posto a base di gara ha previsto l’impiego di quattro DC, articolati in due Region, i quali, nella configurazione a regime, dopo ventuno mesi dalla sottoscrizione della convenzione, dovrebbero essere tutti in possesso sia della certificazione “uptime institute Tier IV Constructed Facilities”, sia della certificazione “ANSI/TIA 942 Rating 4”, e tuttavia l’offerta presentata in gara dal RTI TIM avrebbe previsto che alcuni DC siano destinati a mantenere la (sola) certificazione “Tier III”.

III) L’offerta del RTI TIM sarebbe inammissibile anche per profili relativi al piano economico finanziario, atteso che: (i) l’inflazione sarebbe stata applicata in modo errato, in violazione di quanto stabilito dall’articolo 5, comma 6, dello schema di convenzione, integrato dal relativo addendum; (ii) sarebbe stato applicato lo split payment per tutta la durata della concessione e, quindi, per un periodo superiore a quello previsto dalla decisione di esecuzione (UE) 2020/1105 del Consiglio dell’Unione Europea; (iii) sarebbero stati indicati in modo errato anche i valori di power usage effectiveness (PUE), che misurano l’efficienza dei data center nell’utilizzare l’energia elettrica che li alimenta.

L’effetto di ciascuno di questi errori sarebbe quello di determinare un incremento del tasso interno di rendimento (TIR) di progetto rispetto al valore di 5,1 indicato all’articolo 11, comma 2, dello schema di convenzione; valore che non sarebbe modificabile, secondo quanto si evincerebbe dal chiarimento di cui al punto 1.13 della FAQ3.

11.2. Con i motivi aggiunti del 3 settembre 2022, le ricorrenti hanno anche agito, ai sensi dell’articolo 116 cod. proc. amm., al fine di ottenere l’accesso ad alcuni documenti non esibiti da Difesa Servizi, e in particolare l’atto della stessa Difesa Servizi prot. n. 2517 del 1 luglio 2022 (richiamato nella nota 4 luglio 2022), le richieste di modifica del Dipartimento per la trasformazione digitale al progetto del RTI TIM nella prima fase della gara e il riscontro del RTI a tali richieste, nonché tutti gli altri documenti non ancora resi accessibili, richiesti con l’istanza 2del 7 giugno 2022 e con le note di sollecito e integrazione dell’8 luglio, del 25 luglio e del 4 agosto 2022.

11.3. Fastweb e Aruba hanno, inoltre, domandato la declaratoria di inefficacia della convenzione sottoscritta il 24 agosto 2022 e il subentro nella stessa, sostenendo che a ciò non osterebbe la previsione dell’articolo 48, comma 4, del decreto legge 31 luglio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, in tema di giudizi di impugnazione relativi alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR.

11.4. Per il caso in cui si ritenesse di non poter dichiarare l’inefficacia della convenzione o comunque di non poter disporre il subentro, le ricorrenti hanno domandato il risarcimento del danno per equivalente economico, comprendente sia il danno emergente, sia il lucro cessante.

In particolare, nell’ambito del lucro cessante rileverebbero: (i) il danno diretto – consistente nei mancati utili ritraibili da Fastweb e da Aruba dalla specifica iniziativa economica quali fornitori della società di progetto – stimabile in circa 210 milioni di euro; (ii) il danno indiretto – consistente nel danno curriculare con conseguente perdita di chance sui mercati di riferimento – quantificabile in circa 650 milioni di euro.

In caso di annullamento dell’intera procedura di gara, il lucro cessante sarebbe parimenti determinabile nel danno diretto e indiretto sopra indicato, in considerazione dell’altissima probabilità del conseguimento della concessione, tenuto conto dell’esito della procedura di evidenza pubblica già svolta.

12. In vista della camera di consiglio del 12 settembre 2022, le ricorrenti principali e la difesa erariale hanno depositato memorie e documenti.

TIM ha anch’essa depositato una memoria.

13. Alla camera di consiglio del 12 settembre 2022 il Collegio ha preso atto della rinuncia alla domanda cautelare da parte delle ricorrenti, rinviando alla camera di consiglio del successivo 5 ottobre la discussione della domanda di accesso introdotta con i motivi aggiunti del 3 settembre 2022 e all’udienza pubblica del medesimo 5 ottobre la trattazione di merito.

14. Le ricorrenti hanno quindi prodotto ulteriori documenti.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

Le ricorrenti principali e la ricorrente incidentale hanno, inoltre, replicato alle produzioni avversarie.

15. Il 5 ottobre 2022 il Collegio ha trattenuto in decisione la causa ai soli fini della definizione della domanda di accesso agli atti, che è stata accolta con la sentenza n. 12751 del 7 ottobre 2022.

Concordi le parti, l’udienza pubblica dello stesso 5 ottobre è stata, invece, rinviata a data da destinarsi.

16. A seguito dell’accesso, Fastweb e Aruba hanno proposto un ulteriore ricorso per motivi aggiunti, depositato il 15 novembre 2022, con il quale – alla luce dei documenti acquisiti – hanno insistito per l’annullamento degli atti già impugnati e per l’accoglimento delle domande già formulate nel ricorso introduttivo, come integrato dalla memoria con motivi integrativi del 22 luglio 2022, e nei successivi motivi aggiunti del 2 agosto e del 3 settembre 2022.

16.1. In particolare, le ricorrenti hanno proposto le censure esposte di seguito, indicandole come espressamente subordinate rispetto a quelle già avanzate nel ricorso originario e nei precedenti motivi aggiunti.

I) L’offerta originariamente presentata dal RTI TIM nella prima fase della procedura, e dichiarata di interesse pubblico, avrebbe dovuto essere invece dichiarata inammissibile dall’Amministrazione. Ciò in quanto si prevedeva l’erogazione, in favore dell’operatore, di un canone di disponibilità per la realizzazione dell’infrastruttura, al fine di ristorare il costo degli investimenti sostenuti in caso di carenza o insufficienza delle richieste di migrazione da parte delle Amministrazioni destinatarie del progetto. Tale previsione avrebbe comportato, infatti, la sostanziale assenza, nella proposta di finanza di progetto, dell’assunzione in capo al concessionario del rischio di costruzione, del rischio di domanda e del rischio politico-regolamentare. Le ulteriori previsioni contenute nella bozza di convenzione, particolarmente favorevoli al proponente, avrebbero determinato inoltre l’esclusione del rischio di gestione.

Proprio in considerazione di tali criticità, il Dipartimento per la trasformazione digitale avrebbe richiesto la riscrittura dell’intero meccanismo di revisione del piano economico-finanziario, allo scopo di assicurare la corretta allocazione dei rischi. In una tale situazione, l’Amministrazione avrebbe dovuto, tuttavia, dichiarare la proposta inammissibile, mentre la richiesta di modifica si porrebbe in contrasto con l’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Quest’ultima previsione consentirebbe, infatti, di modificare l’originaria proposta al solo scopo di rendere il progetto di fattibilità conforme al pubblico interesse, e non già per conformarlo ai presupposti normativi di ammissibilità. Le modalità seguite in concreto avrebbero quindi determinato la sostanziale negoziazione diretta del contenuto della proposta, in violazione dei canoni di parità di trattamento e di ragionevolezza, pervenendo all’elaborazione di una proposta sostanzialmente nuova rispetto a quella originariamente formulata dall’operatore.

Peraltro, anche a non voler ritenere la proposta inammissibile, dovrebbe comunque escludersi che l’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016 possa consentire modifiche tanto radicali, attinenti alla struttura giuridica del rapporto e all’allocazione dei rischi.

Una diversa interpretazione della previsione normativa indurrebbe a ritenere quest’ultima non proporzionata in rapporto all’articolo 3 della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e in contrasto con i principi fondamentali TFUE in materia di libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, nonché di parità di trattamento, di divieto di discriminazione, di mutuo riconoscimento, di proporzionalità e di trasparenza.

Dovrebbe quindi ritenersi illegittima la modifica consentita al RTI TIM (e conseguentemente la dichiarazione di fattibilità della sua proposta, su cui poggia il suo diritto di prelazione) oppure dovrebbe reputarsi illegittimo il riconoscimento del diritto di prelazione in presenza di modifiche di tale rilevanza.

II) La modifica dell’originaria proposta del RTI TIM si porrebbe in violazione dell’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016 anche perché la previsione normativa in esame consentirebbe di apportare modifiche soltanto al progetto di fattibilità, e non anche alla bozza di convenzione e al piano economico-finanziario proposti dall’operatore.

16.2. Le ricorrenti hanno poi articolato un ulteriore motivo (III), con il quale – come già evidenziato nel primo motivo – hanno sostenuto che, ove si ritenesse la procedura seguita conforme al disposto dell’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 dl 2016, quest’ultima previsione si porrebbe in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, nella parte in cui consente il diritto di prelazione anche in caso di modifiche essenziali e radicali, su richiesta dell’Amministrazione, al progetto originariamente presentato dall’operatore.

17. In vista dell’udienza pubblica del 16 dicembre 2022, le parti hanno depositato documenti e memorie.

Le ricorrenti principali e la ricorrente incidentale hanno, inoltre, replicato alle produzioni avversarie.

18. Disposto il rinvio dell’udienza, a seguito del deposito in data 15 dicembre 2022 di una memoria difensiva dell’Amministrazione, il RTI TIM ha prodotto ulteriori documenti.

Il medesimo RTI e le ricorrenti principali hanno, inoltre, depositato memorie e repliche.

19. All’udienza pubblica del 25 gennaio 2023 la causa è stata chiamata e discussa ed è stata infine trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Al fine di affrontare le questioni poste dal ricorso, dai motivi aggiunti e dal ricorso incidentale, il Collegio è tenuto anzitutto a stabilire l’ordine di esame dei motivi di censura.

1.1. Al riguardo, rileva anzitutto la circostanza che le doglianze articolate dalle ricorrenti principali nel ricorso per motivi aggiunti del 15 novembre 2022 sono state espressamente proposte in via subordinata a tutti gli altri motivi articolati dalle medesime ricorrenti.

Si tratta di una facoltà spettante alla parte, della quale il Giudice non può che prendere atto (Ad. plen. n. 5 del 2015, § 8.1), con la conseguenza che l’esame delle suddette censure è posposto a quello di tutti gli altri motivi e subordinato al fatto che nessuno di questi venga accolto.

1.2. Per quanto riguarda le censure articolate nel ricorso introduttivo, come integrato dalla memoria con motivi integrativi del 22 luglio 2022, e nei successivi motivi aggiunti del 2 agosto e del 3 settembre 2022, nonché per quanto attiene ai motivi proposti dal RTI TIM con il ricorso incidentale, occorre fare applicazione del criterio secondo il quale “(...) in assenza della graduazione operata dalla parte, in ragione del particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato al controllo sull’esercizio della funzione pubblica, il giudice stabilisce l’ordine di trattazione dei motivi (e delle domande di annullamento) sulla base della loro consistenza oggettiva (radicalità del vizio) nonché del rapporto corrente fra le stesse sul piano logico - giuridico e diacronico procedimentale (...)” (Ad. plen. n. 5 del 2015, § 9.2).

In questa prospettiva, il Collegio ritiene di dover esaminare le censure tenendo conto della fase della procedura alla quale si riferiscono, cominciando da quelle che attingono un segmento procedimentale più a monte. Questo modus procedendi consente infatti di collocare le censure in un ordine logico corrispondente alla successione diacronica delle scansioni dell’iter e, inoltre, tiene conto della circostanza che la radicalità dei vizi è tanto maggiore quanto più anticipata è la fase della procedura che ne risulta affetta.

È quindi possibile individuare i seguenti tre gruppi di doglianze, in ordine di priorità di esame:

(a) motivi volti a contestare la costruzione della gara, l’acquisizione del ruolo di “promotore” da parte del RTI TIM e l’astratto riconoscimento in favore del medesimo raggruppamento del diritto di prelazione: a questa categoria sono ascrivibili il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo motivo del ricorso introduttivo (l’ultimo avente carattere accessorio rispetto ai primi tre, come meglio si dirà più oltre);

(b) motivi concernenti l’ammissibilità delle offerte presentate dai concorrenti nella seconda fase della gara: tali sono il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso introduttivo, come integrati mediante la memoria notificata del 22 luglio 2022, il secondo e il terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti del 3 settembre 2022, nonché tutte le doglianze contenute nel ricorso incidentale del RTI TIM;

(c) motivi diretti a far emergere vizi attinenti all’esercizio in concreto della prelazione e la conseguente stipulazione della convenzione con l’aggiudicatario della concessione: a questo gruppo appartengono il quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio, la censura conclusiva contenuta nella memoria notificata del 22 luglio 2022 (ove si allega che, in ogni caso, le delibere di Sogei e la nota del Ministero dell’economia e delle finanze non avrebbero autorizzato l’operazione realizzata mediante l’esercizio della prelazione), nonché le censure articolate nel ricorso per motivi aggiunti del 2 agosto 2022 e il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti del 3 settembre 2022.

2. Muovendo dall’esame del primo gruppo di motivi, sopra richiamati sub (a), occorre rilevare che in questa categoria rientrano le censure con le quali le ricorrenti hanno allegato:

- che, consentendo la partecipazione alla procedura di un raggruppamento composto quasi per intero da società pubbliche, premiato poi con la prelazione, sarebbe stato snaturato lo schema del partenariato contrattuale, piegandolo alle finalità proprie del partenariato istituzionale, senza tuttavia che il socio privato sia stato scelto attraverso una procedura ad evidenza pubblica (quinto motivo del ricorso introduttivo);

- che, attraverso tale schema, sarebbe stato violato l’articolo 180, comma 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016, stante l’allegato superamento del limite del finanziamento a carico della pubblica amministrazione nella misura del 49 per cento del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari (sesto motivo del ricorso introduttivo);

- che il riconoscimento del diritto di prelazione in favore del RTI TIM sarebbe sproporzionato, tenuto conto del fatto che l’intervento riguarderebbe opere in programmazione e che la proposta originariamente presentata dall’operatore è stata oggetto di modifiche a seguito di richieste dell’Amministrazione (settimo motivo del ricorso introduttivo);

- che la violazione del diritto dell’Unione Europea, riscontrabile nella fattispecie, determinerebbe la necessità di recuperare gli importi erogati (ottavo motivo del ricorso introduttivo).

2.1. Ritiene il Collegio che tutte le suddette censure siano inammissibili, in quanto le ricorrenti avevano l’onere di farle valere mediante la tempestiva impugnazione del provvedimento conclusivo della prima fase della gara, ossia il decreto del Capo del Dipartimento per la trasformazione digitale n. 47 del 27 dicembre 2021 (depositato dalle ricorrenti quale doc. 5 il 21 luglio 2022), mediante il quale è stata dichiarata la fattibilità della proposta della costituenda ATI avente come mandataria TIM s.p.a. ed è stato approvato il relativo progetto di fattibilità, nominando conseguentemente la predetta costituenda ATI quale “promotore” nell’ambito della procedura, ai sensi dell’articolo 183, comma 15, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

2.2. Al riguardo, occorre tenere presente che il richiamato articolo 183, comma 15, prevede una procedura articolata in due fasi:

- in una prima fase, gli operatori economici possono presentare le proprie proposte all’Amministrazione, la quale valuta la relativa fattibilità, con facoltà di richiedere eventuali modifiche, e provvede quindi all’approvazione del progetto di fattibilità ritenuto d’interesse pubblico, riconoscendo per l’effetto all’operatore che lo ha presentato la veste di “promotore”;

- nella seconda fase, viene indetta una gara, alla quale è invitato il promotore, sulla base del progetto di fattibilità approvato, e si prevede che “se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario. Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta (...). Se il promotore esercita la prelazione, l’originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta (...)”.

2.3. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha avuto modo di approfondire il rapporto tra le suddette fasi della procedura della finanza di progetto nella sentenza n. 1 del 2012.

In particolare, nella pronuncia richiamata si è affermato che il primo sub-procedimento, che si conclude con la selezione del promotore, “è il “cuore” dell’intera procedura” e si è sottolineato che “Tale è il ruolo centrale e preponderante della fase di scelta del promotore, che questa stessa adunanza plenaria ha già in passato ritenuto che il procedimento di scelta del promotore sia autonomo rispetto alla successiva fase articolata in gara e procedura negoziata (così la decisione 15 aprile 2010 n. 2155 dell’adunanza plenaria)”.

In questo senso, si è rimarcato che “(...) la selezione del promotore crea, per il soggetto prescelto, una posizione di vantaggio certa e non meramente eventuale, atteso che il suo progetto è posto a base della successiva gara e che, ove anche nella gara vengano selezionati progetti migliori di quello del promotore, quest’ultimo ha un diritto potestativo di rendersi aggiudicatario, adeguando la propria proposta a quella migliore; se poi non esercita tale diritto di prelazione, il promotore vanta l’alternativo diritto al rimborso forfetario delle spese sostenute per la presentazione della proposta (...)”.

D’altro canto, secondo quanto ancora rilevato dall’Adunanza plenaria, “Sul versante opposto, per i concorrenti non prescelti, la selezione di un altro promotore determina un definitivo arresto procedimentale, atteso che il loro progetto non sarà posto a base della successiva gara e che non vanteranno né il diritto ad essere aggiudicatari in mancanza di altre proposte, né il diritto di prelazione, né il diritto al rimborso delle spese sostenute. E’ vero che possono partecipare alla successiva gara, ed esserne vincitori se presentano un progetto migliore di quello del promotore: ma sono in una posizione di pati rispetto al diritto potestativo di prelazione del promotore. In definitiva, il bene della vita nel procedimento di project financing è il conseguimento della concessione sulla base del progetto presentato nella prima fase, sicché, se tale progetto non viene selezionato come di pubblico interesse, è immediatamente leso l’interesse a conseguire la concessione sulla base del proprio progetto”.

Da ciò la conclusione secondo la quale, “In coerenza con i principi generali in tema di legittimazione e interesse al ricorso, l’atto di scelta del promotore è pertanto immediatamente e autonomamente lesivo, e immediatamente impugnabile da parte degli interessati” e che “Non vi è semplice facoltà, ma onere, a pena di decadenza, di immediata impugnazione, sicché la scelta del promotore che non venga tempestivamente impugnata non potrà più essere contestata dopo la conclusione dell’intero procedimento”.

Benché la pronuncia dell’Adunanza plenaria si riferisca alla disciplina della finanza di progetto contenuta negli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e a quella contenuta nell’articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le conclusioni raggiunte sono da ritenere tuttora attuali, in quanto le scansioni procedimentali prese in considerazione dalla sentenza richiamata risultano previste in termini analoghi nel quadro normativo applicabile alla procedura oggetto di controversia.

Il Collegio ritiene, pertanto, di doversi attenere al principio di diritto enunciato dalla richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria, in base al quale “nel procedimento di project financing, articolato in più fasi, la prima delle quali si conclude con la scelta, da parte della stazione appaltante, del promotore, l’atto di scelta del promotore determina una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto e un definitivo arresto procedimentale per i concorrenti non prescelti; tale atto è pertanto lesivo e deve essere immediatamente impugnato dai concorrenti non prescelti, senza attendere l’esito degli ulteriori subprocedimenti di aggiudicazione della concessione”.

2.4. Come anticipato, da ciò discende l’inammissibilità dei motivi appartenenti al primo gruppo, in quanto tutte le censure articolate avrebbero dovuto essere eventualmente proposte nei confronti della determinazione conclusiva della prima fase della procedura, mediante la quale il RTI TIM ha espressamente assunto la veste di “promotore”, dalla quale discendono tutte le conseguenze che le ricorrenti intendono contestare.

2.4.1. Dal provvedimento che ha chiuso la prima fase dipende infatti il riconoscimento, da parte dell’Amministrazione, della fattibilità e della rispondenza all’interesse pubblico della proposta del RTI TIM, il quale ha ottenuto l’espresso riconoscimento del diritto di prelazione nell’ambito della seconda fase. È, perciò, in quel provvedimento che si è cristallizzata la scelta dell’Amministrazione di individuare il predetto operatore quale potenziale contraente, posto in una posizione privilegiata rispetto agli altri concorrenti.

Soltanto reagendo a quel provvedimento, quindi, le ricorrenti avrebbero potuto eventualmente contestare l’architettura della procedura, sostenendo che la presenza di un soggetto privato nell’ambito di una compagine costituita per il resto da società a partecipazione pubblica avrebbe richiesto il ricorso una c.d. gara a doppio oggetto (quinto motivo del ricorso introduttivo).

2.4.2. Parimenti, la selezione di un progetto di fattibilità che avesse previsto il superamento della misura massima consentita del finanziamento pubblico (sesto motivo del ricorso introduttivo) era una circostanza rilevabile e cristallizzata con l’approvazione di tale progetto in esito alla prima fase e con l’attribuzione all’operatore del ruolo di “promotore”.

Già per effetto dell’attribuzione di tale qualità, infatti, l’Amministrazione ha ritenuto che la compagine del RTI TIM fosse individuabile quale operatore in condizione di assumere la commessa, nel rispetto della disciplina vigente, atteso che, in caso contrario, avrebbe dovuto escludere l’operatore nel corso della prima fase della procedura.

2.4.3. Anche il riconoscimento del diritto di prelazione in favore del RTI TIM era una diretta conseguenza del provvedimento conclusivo della prima fase, richiamata peraltro nelle premesse di tale provvedimento (cfr. p. 8 del provvedimento, depositato dalle ricorrenti quale doc. 5 il 21 luglio 2022, ove si legge: “CONSIDERATO che la procedura di cui all’art. 183, comma 15, del Codice dei Contratti pubblici richiede l’individuazione di un operatore economico proponente e l’approvazione di un progetto di fattibilità che corrisponda all’interesse pubblico perseguito (FASE I), e che successivamente tale progetto di fattibilità sia posto a base di gara, alla quale è invitato il proponente

prelazionario (FASE II)”).

Ne deriva che le ricorrenti, al fine di sostenere l’illegittimità o la contrarietà al diritto europeo di tale astratto riconoscimento (settimo motivo del ricorso introduttivo) avrebbero avuto l’onere di agire immediatamente a seguito della conclusione di tale fase.

2.4.4. Quanto alla circostanza che la violazione del diritto europeo comporterebbe il necessario recupero delle somme erogate (ottavo motivo del ricorso introduttivo), si tratta di una censura non autonoma, ma dipendente dall’eventuale accoglimento di quelle precedenti, con le quali si allega tale violazione.

Anche questa doglianza si rivela, pertanto, tardiva.

2.5. Non possono essere invece accolte le contrarie argomentazioni delle ricorrenti, le quali affermano: (i) di non aver interesse a contestare la qualità di “promotore” del RTI TIM, bensì soltanto il riconoscimento in favore del predetto operatore del diritto di prelazione; (ii) che il loro interesse a contestare tale riconoscimento si sarebbe concretizzato soltanto a seguito della partecipazione del predetto RTI TIM alla seconda fase della procedura e dell’esercizio da parte dello stesso operatore del diritto di prelazione.

2.5.1. Al riguardo, si deve evidenziare che, secondo il richiamato insegnamento dell’Adunanza plenaria, la prelazione costituisce un diritto potestativo attinente allo status di “promotore”. Le considerazioni delle ricorrenti non consentono, pertanto, di superare la conclusione secondo la quale l’attribuzione di tale diritto avrebbe potuto essere contestata solo impugnando il provvedimento attributivo del predetto status.

2.5.2. D’altro canto, seguendo la tesi delle ricorrenti, secondo la quale l’Amministrazione non avrebbe dovuto comunque riconoscere il diritto di prelazione al RTI TIM, nonostante la selezione della relativa proposta, per evitare di attribuire a tale operatore un vantaggio in concreto sproporzionato, dovrebbe allora rilevarsi che il riconoscimento espresso del diritto di prelazione in favore del RTI TIM è rinvenibile nel disciplinare di gara.

In tale atto si legge infatti che il “Promotore” è “l’operatore economico TIM S.p.A., Enterprise Market, in qualità di mandataria della costituenda ATI con CDP Equity S.p.A., Leonardo S.p.A. e Sogei S.p.A., con diritto di prelazione ai sensi dell’art. 183, comma 15, del D.Lgs. n. 50 del 2016” e si specifica, con riguardo al “Diritto di prelazione del Promotore” che “il Promotore, ove non risulti all’esito della presente procedura aggiudicatario, potrà esercitare il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario, secondo quanto previsto dall’art. 183, comma 15, del Codice” (v. doc. 4.1 delle ricorrenti del 21 luglio 2022, p. 4).

È, pertanto, al più tardi dalla pubblicazione del disciplinare che le ricorrenti sono venute a conoscenza del fatto che lo status di promotore, già attribuito al RTI TIM mediante il provvedimento conclusivo della prima fase, include espressamente anche il diritto di prelazione. Ne deriva che, anche in questa prospettiva, i motivi in esame sarebbero comunque inammissibili, in quanto non proposti mediante la tempestiva impugnazione del disciplinare.

2.5.3. Deve, infine, rilevarsi che la tesi secondo la quale la lesività del riconoscimento del diritto di prelazione si determinerebbe soltanto a seguito del concreto esercizio di tale diritto si pone in contrasto con i principi in materia di interesse a ricorrere elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Nel caso in esame, infatti, non è applicabile il tradizionale schema che distingue tra atto presupposto di carattere generale, non impugnabile, e atto attuativo effettivamente lesivo e, come tale, impugnabile. E ciò in quanto la determinazione conclusiva della prima fase della procedura (o, a tutto voler concedere, la conferma dell’attribuzione dello status di “promotore” e del diritto di prelazione al RTI TIM ad opera del disciplinare di gara), ha esaurito l’esercizio del potere da parte dell’Amministrazione. A valle residua unicamente la scelta dell’operatore economico di avvalersi o meno del proprio diritto potestativo.

Da tale scelta del privato – alla quale l’Amministrazione rimane estranea, essendo chiamata unicamente a prenderne atto – non può farsi discendere l’interesse a ricorrere, il quale deve invece appuntarsi, secondo i principi, nei confronti del provvedimento amministrativo che ha attribuito al concorrente il predetto diritto potestativo, atteso che è con tale provvedimento che l’Amministrazione ha assunto una determinazione finale, idonea a ledere la posizione degli altri concorrenti.

2.6. Da ciò, come detto, l’inammissibilità di tutti i motivi ascrivibili al primo gruppo.

3. Può quindi passarsi all’esame del secondo gruppo di motivi, sopra richiamati sub (b), i quali riguardano (o vengono prospettati dalle ricorrenti come riguardanti) la valutazione di ammissibilità delle offerte presentate dai concorrenti nella seconda fase della gara.

Rientrano in questa categoria anzitutto il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso introduttivo, come integrati mediante la memoria notificata del 22 luglio 2022.

In particolare, i primi tre motivi del ricorso introduttivo del giudizio sono volti a contestare la partecipazione alla gara del RTI TIM, in considerazione della sua composizione, che a dire delle ricorrenti non sarebbe conforme alla disciplina normativa applicabile.

3.1. Rileva al riguardo il Collegio che le censure sono inammissibili, per le stesse ragioni già sopra rilevate nei confronti dei motivi appartenenti al primo gruppo.

3.1.1. Le procedure interne alle società partecipanti al RTI TIM in vista della partecipazione alla gara si sono svolte, infatti, prima della presentazione della proposta nell’ambito della prima fase della procedura. Come sopra ricordato, in particolare, la proposta di TIM s.p.a. – Enterprise Market, in qualità di mandataria della costituenda associazione temporanea di imprese con CDP Equity s.p.a., Leonardo s.p.a. e Sogei s.p.a., è stata presentata il 29 settembre 2021, mentre le delibere del Consiglio di amministrazione e dell’Assemblea di Sogei sono state assunte il 23 settembre 2021. Ne deriva che un eventuale vizio attinente alle modalità di partecipazione alla gara del predetto RTI avrebbe infirmato già la prima fase della procedura.

3.1.2. Al riguardo, deve tenersi presente che la procedura di finanza di progetto si svolge attraverso una progressione tra fasi “(...) biunivocamente interdipendenti, così che la prima non è logicamente e giuridicamente concepibile senza la seconda e viceversa, con la ulteriore e definitiva conseguenza che esse non sono giuridicamente autonome, non potendo essere separate tra di loro a pena della stessa esistenza della procedura (Cons. Stato, Sez. IV, 26/1/2009, n. 392; Sez. VI, 5/3/2013, n. 1315)” (Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2018, n. 791).

Le due fasi sono, quindi, interdipendenti, ma – come detto – la prima si conclude con un provvedimento immediatamente impugnabile, con la conseguenza che l’esito della prima fase condiziona bensì la seconda, ma costituisce per tale seconda fase un dato, che non può essere ulteriormente oggetto di contestazione.

3.1.3. Ne deriva che, una volta individuato l’operatore RTI TIM come “promotore”, titolare di una posizione di particolare vantaggio rispetto agli altri concorrenti ai fini dell’aggiudicazione, è avverso tale individuazione – avvenuta con il provvedimento conclusivo della prima fase – che avrebbero dovuto essere proposte le censure concernenti la composizione del raggruppamento e la legittimità della sua partecipazione alla gara. Ove, infatti, tale partecipazione fosse avvenuta senza il rispetto della disciplina applicabile, l’Amministrazione avrebbe dovuto rilevare tale vizio sin dalla prima fase della procedura e disporre l’esclusione dell’operatore.

3.1.4. Il ragionamento sin qui svolto è, del resto, coerente con lo stesso impianto logico delle censure articolate dalle ricorrenti, le quali affermano che le scelte attinenti alla costituzione del RTI e alla sua composizione avrebbero dovuto essere correttamente assunte prima della presentazione dell’originaria proposta, a monte della partecipazione del RTI TIM alla prima fase della procedura, e che il ritenuto mancato rispetto, in tale momento, delle procedure previste dal TUSP e della regola dell’evidenza pubblica per la scelta del socio privato non sarebbero sanabili mediante eventuali atti resi in un momento successivo.

3.1.5. Ne deriva che le contestazioni in esame, che pure le ricorrenti propongono come attinenti alla valutazione dell’ammissibilità delle offerte presentate nella seconda fase della procedura, sono in realtà riferibili alla prima fase della gara e, quindi, avrebbero dovuto essere proposte mediante la tempestiva impugnazione degli esiti di tale prima fase.

3.2. In ogni caso, tali censure sono anche infondate nel merito, per le ragioni che si espongono di seguito.

3.3. Con il primo motivo, le ricorrenti hanno allegato la violazione degli articoli 4, 5, 6, 7 e 8 del TUSP, in quanto la partecipazione pubblica diretta o indiretta al RTI avrebbe dovuto essere previamente autorizzata dal Ministero dell’economia e delle finanze e risultare rispondente alle finalità istituzionali di cui all’articolo 4; inoltre, la deliberazione di partecipazione avrebbe dovuto essere analiticamente motivata e inviata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla Corte dei conti; infine, il socio privato avrebbe dovuto essere individuato mediante una procedura di evidenza pubblica.

Le censure articolate sono riproposte nel terzo motivo, ove vengono focalizzate in particolare con riferimento alla posizione di Sogei, allegando che, al fine di assumere l’impegno alla partecipazione alla società di progetto richiesta in caso di aggiudicazione, Sogei avrebbe dovuto: (i) avviare l’iter deliberativo di cui all’articolo 7 del TUSP; (ii) chiedere l’autorizzazione al Ministero, che a sua volta avrebbe dovuto avviare l’iter autorizzatorio del TUSP; (iii) selezionare i soci privati mediante una procedura di evidenza pubblica.

3.3.1. Nella memoria integrativa notificata del 22 luglio 2022 le ricorrenti hanno rinunciato alla censura concernente la rispondenza della società di progetto alle finalità di cui all’articolo 4 del TUSP, in quanto hanno ritenuto che la necessità di verificare tale rispondenza sarebbe esclusa dalla previsione dell’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113; previsione mediante la quale Sogei è stata autorizzata alla partecipazione a società, nei casi indicati dalla medesima disposizione.

3.3.2. Le ricorrenti hanno invece insistito nel coltivare le altre doglianze.

Queste ultime, tuttavia, si rivelano infondate, per la ragione dirimente che, nel caso in esame, le previsioni del TUSP invocate nel ricorso e nella memoria notificata del 22 luglio 2022 sono comunque inapplicabili nel caso in esame.

3.3.3. Il richiamato articolo 7-bis del decreto legge n. 80 del 2021 stabilisce, infatti, che: “Nell’ambito delle esigenze anche derivanti dal presente articolo, la Sogei Spa assicura la piena efficacia delle attività anche per la realizzazione dei progetti di trasformazione digitale del PNRR affidati alla medesima società e provvede, in deroga a quanto previsto dall’articolo 1, comma 358, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con l’utilizzo degli utili di bilancio conseguiti e, ove necessario, con l’eventuale emissione di specifiche obbligazioni. Per le medesime finalità la Sogei Spa è autorizzata, previa delibera dell’assemblea degli azionisti, alla costituzione di società o all’acquisto di partecipazioni”.

L’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legge n. 80 del 2021 ha quindi espressamente autorizzato Sogei alla costituzione di società per “la realizzazione dei progetti di trasformazione digitale del PNRR affidati alla medesima società”.

3.3.4. Secondo le ricorrenti, tale disposizione avrebbe legittimato la costituzione da parte di Sogei di società finalizzate ai predetti obiettivi di trasformazione digitale (in deroga all’articolo 4 del TUSP), ma non avrebbe esonerato la medesima Sogei dal rispetto delle procedure di cui agli articoli 5, 6, 7 e 8 del TUSP.

3.3.5. Ritiene tuttavia il Collegio che il senso proprio della disposizione normativa debba essere rintracciato sulla base della finalità perseguita dal legislatore, che è quella di accelerare l’attuazione dei progetti di trasformazione digitale del PNRR, nonché della ratio della previsione, consistente nel facilitare il ruolo di Sogei in tale attuazione. In questa prospettiva, deve ritenersi che la disposizione autorizzi ex ante e in via generale Sogei – tra l’altro – alla costituzione di società, tutte le volte in cui tale costituzione sia funzionale alla realizzazione di progetti di trasformazione digitale comunque “affidati” alla stessa Sogei.

Tale autorizzazione legislativa, avente carattere di norma speciale, prevale quindi sulle previsioni generali del TUSP. In particolare, la valutazione già compiuta a monte dal legislatore in merito alla meritevolezza degli scopi perseguiti esclude non solo l’applicazione dell’articolo 4 dello stesso TUSP (il quale prevede, al comma 1, che “Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”), ma anche l’operatività del successivo articolo 5, ove si stabilisce che “l’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica” debba essere “analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’articolo 4”.

Peraltro, l’articolo 5 perimetra espressamente il proprio ambito applicativo, stabilendo che le previsioni ivi contenute operino “A eccezione dei casi in cui la costituzione di una società o l’acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative”. È, quindi, lo stesso TUSP a escludere un onere di analitica motivazione dell’atto deliberativo quando la costituzione di una società sia astrattamente prevista da una norma di legge; fattispecie, quest’ultima, alla quale è ascrivibile il caso in esame. Deve, infatti, tenersi presente che – contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti – la richiamata clausola dell’articolo 5 del TUSP non fa riferimento alla necessità che la costituzione di una specifica società sia stabilita dalla legge, ma richiede soltanto che la costituzione della società avvenga “in conformità” alla legge. Conseguentemente, la previsione dell’articolo 7-bis del decreto legge n. 80 del 2021 è da ritenere idonea a integrare la fattispecie eccettuata dall’ambito applicativo dell’articolo 5 del TUSP.

3.3.6. D’altro canto, come ben evidenziato dall’Avvocatura dello Stato, le disposizioni del TUSP non sono applicabili nel caso in esame – concernente la partecipazione di una società in house a una società di progetto per l’esecuzione di una commessa – anche per un’altra ragione dirimente, ossia in quanto tutte tali previsioni hanno la finalità di tutelare la concorrenzialità del mercato. L’assetto del mercato non viene, tuttavia, inciso dalla presenza di una società di progetto, la quale può svolgere solo e unicamente l’attività che le è stata affidata.

Conseguentemente, una volta ammesso che una società pubblica possa partecipare a una procedura di gara, tale partecipazione implica necessariamente la possibilità, in caso di esito positivo della procedura, di costituire la società di progetto prevista dal bando al solo fine dell’esecuzione della commessa.

3.4. Le ricorrenti sostengono poi (nella memoria notificata del 22 luglio 2022) che, ove dovesse riconoscersi all’articolo 7-bis del decreto legge n. 80 del 2021 la valenza di previsione idonea ad autorizzare la partecipazione di Sogei all’operazione, in deroga alle norme del TUSP, emergerebbe la contrarietà della disposizione richiamata rispetto alle direttive 23 e 24 del 2014, agli articoli 101 e 109 TFUE, ai principi di libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento, libera prestazione dei servizi, parità di trattamento, divieto di discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza, nonché agli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione. E ciò in quanto una norma di legge non potrebbe consentire al Ministero dell’economia e delle finanze di autorizzare Sogei a costituire una società con privati non selezionati mediante una gara.

La censura si lega a quella articolata con il secondo motivo del ricorso introduttivo, ove parimenti si lamenta la partecipazione di Sogei a un RTI del quale fa parte un soggetto privato (TIM) non selezionato mediante una gara.

3.4.1. Il ragionamento delle ricorrenti si fonda sull’assunto che la partecipazione di una società pubblica (Sogei) a una società di progetto rientrerebbe tra i contratti attivi, i quali, pur essendo in linea di principio esclusi dall’ambito applicativo del Codice dei contratti pubblici, sono tuttavia soggetti al “rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica”, ai sensi dell’articolo 4 del medesimo Codice.

3.4.2. Si tratta, tuttavia, di un assunto non condivisibile, atteso che per contratti attivi si intendono quelli “dai quali derivi un’entrata” per l’Amministrazione, ai sensi dell’articolo 3, primo comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (“Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”). Il contratto avente ad oggetto la costituzione di una società di progetto è invece un contratto associativo, dal quale derivano unicamente i diritti e gli obblighi inerenti alla partecipazione alla società. La fonte dell’eventuale entrata non è perciò rinvenibile nel contratto associativo, bensì nella commessa affidata alla società di progetto.

3.4.3. D’altro canto, le ricorrenti non hanno indicato alcuna norma – appartenente all’ordinamento interno o al diritto europeo – da cui possa evincersi l’obbligo per le società pubbliche, in vista della costituzione di un raggruppamento temporaneo di imprese per la partecipazione a una gara pubblica, di selezionare mediante un’apposita procedura di evidenza pubblica l’operatore privato partecipante a tale raggruppamento.

Una tale previsione non può, del resto, farsi discendere dai principi, atteso che la tutela della concorrenza tra gli operatori è assicurata dallo svolgimento di un’apposita gara per l’aggiudicazione della commessa.

Peraltro, richiedere una previa gara soltanto per la selezione, da parte di una società pubblica, del socio insieme al quale concorrere alla procedura di evidenza pubblica per l’affidamento di una commessa renderebbe sostanzialmente impossibile la partecipazione della società pubblica alla gara, in quanto i tempi della prima procedura sarebbero nei fatti incompatibili con quelli della seconda. Conseguentemente, sarebbe proprio l’assunto delle ricorrenti, ove accolto, a determinare effetti potenzialmente anticoncorrenziali, in quanto impedirebbe la partecipazione di alcuni operatori (le società pubbliche) alle gare.

3.4.4. Da ciò l’infondatezza delle censure ora scrutinate.

4. Posta, quindi, l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza nel merito del primo, del secondo e del terzo motivo del ricorso introduttivo, come integrati mediante la memoria notificata del 22 luglio 2022, occorre passare all’esame del secondo e del terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti del 3 settembre 2022, ove parimenti vengono articolate censure attinenti alla partecipazione alla gara del RTI TIM.

4.1. Osserva preliminarmente il Collegio che queste censure sono ammissibili, in quanto si riferiscono specificamente all’offerta presentata dal RTI TIM nella seconda fase della gara.

4.2. Venendo al merito delle doglianze articolate con il secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti del 3 settembre 2022, deve osservarsi che le ricorrenti contestano innanzitutto il rispetto delle prescrizioni della lex specialis della procedura per ciò che attiene alla distanza tra le due coppie di data center (DC) previsti dalla commessa.

4.2.1. Occorre premettere che il progetto di fattibilità presentato dal RTI TIM nella prima fase della procedura e posto a base della seconda fase della gara reca, al paragrafo 5.1, la “Determinazione del macrosistema Data Center” e disciplina, tra l’altro, le “Caratteristiche dei Data Center”.

A questo proposito, il progetto di fattibilità prevede la realizzazione di quattro data center (DC), stabilendo specificamente che “I 4 Data Center saranno allestiti in doppia Region (2 DC + 2 DC), la singola Region avrà i due diversi Data Center distanti almeno 5 Km in linea d’aria e non più di 60 Km di distanza in fibra in doppio percorso completamente distinto fra l’uno e l’altro (...)” e che “Le due Region saranno geograficamente posizionate ad una distanza tale da consentire la realizzazione di tutti i servizi di Disaster Recovery in maniera efficace. Nello specifico esse saranno ubicate ad una distanza minima di 500 Km all’interno del territorio nazionale in aree con condizioni di rischio diverse tra loro. Nelle valutazioni di rischio considerate si citano, a titolo indicativo ma non esaustivo: ○ Rischio sismico; ○ Rischio idrogeologico; ○ Rischio ambientale; ○ Rischio terroristico; ○ Rischio inquinamento ambientale e/o industriale” (v. progetto di fattibilità, depositato dalle ricorrenti quale doc. 4.5 il 21 luglio 2022, § 5.1, p. 126).

4.2.2. Nella relazione tecnica illustrativa presentata dal RTI TIM nella seconda fase della gara, datata 21 marzo 2022 (depositata dalle ricorrenti quale doc. n. 25 il 3 settembre 2022, p. 13), l’operatore ha dichiarato di prevedere la realizzazione di una Region Sud, composta dai data center di Acilia (RM) e Pomezia (RM), e di una Region Nord, composta dai data center di Rozzano (MI) e di Santo Stefano al Ticino (MI).

Al riguardo, le ricorrenti obiettano che, posta tale articolazione dei data center, la prescritta distanza minima tra le Region di 500 km sarebbe garantita solo su una direttrice, ossia tra i DC di Santo Stefano e di Pomezia (distanti 513 km), mentre non sarebbe garantita in tutti gli altri casi (tra il DC di Rozzano e quelli di Acilia e da Pomezia vi sarebbero meno di 500 km; Santo Stefano disterebbe meno di 500 km da Acilia).

4.2.3. Al riguardo, la difesa del RTI TIM (v. memoria del 19 settembre 2022, p. 26 ss.) ha evidenziato anzitutto che la previsione di una distanza minima di 500 km tra le due Region è volta a soddisfare finalità di c.d. disaster recovery, ossia ad assicurare che, nel caso in cui si verifichi un evento avverso tale da determinare un guasto in una Region, l’altra rimanga indenne e operativa.

Svolta questa premessa, la parte ha sostenuto che tale distanza minima dovrebbe essere considerata come distanza percorsa su strada e che, così intesa, la prescrizione sarebbe rispettata.

Peraltro, anche a voler ritenere che la distanza tra i DC sia da calcolare in linea d’aria, dovrebbe osservarsi che tale misura minima non sarebbe raggiunta per pochissimi chilometri (al massimo 23) e che non sarebbe provato che una tale esigua differenza sia in grado di compromettere le esigenze di disaster recovery.

L’Avvocatura dello Stato ha sostenuto anch’essa che la distanza tra i data center dovrebbe essere calcolata come distanza di percorrenza stradale (v. memoria del 19 settembre 2022, p. 26 s.).

4.2.4. Rileva il Collegio che la previsione di una distanza minima tra i data center è espressamente finalizzata a minimizzare il rischio che un evento avverso che dovesse verificarsi nell’area di una delle due Region possa compromettere i data center ubicati nell’altra Region. Come detto, infatti, il progetto di fattibilità collega tale previsione alla necessità di assicurare tra le due Region “(...) una distanza tale da consentire la realizzazione di tutti i servizi di Disaster Recovery in maniera efficace”.

Ciò posto, non può dubitarsi del fatto che tale distanza debba essere assicurata in linea d’aria, e non come distanza di percorrenza stradale, atteso che questa conclusione si impone proprio alla luce della predetta finalità di disaster recovery. Se, infatti, la distanza minima è finalizzata a minimizzare il rischio che un evento avverso (incendio, terremoto, inondazione, incidente in un impianto industriale o altro) possa estendersi a entrambe le Region, allora è la stessa ratio della prescrizione a imporre di prendere in considerazione la distanza in linea d’aria, mentre non è pertinente la distanza stradale, atteso che la propagazione degli eventi avversi non avviene seguendo i percorsi delle strade.

L’interpretazione ora esposta trova inoltre riscontro nel tenore letterale della previsione, la quale, come sopra detto, richiede che le Region siano “geograficamente posizionate” in modo da assicurare una determinata distanza minima. Il progetto di fattibilità prende quindi espressamente in considerazione la collocazione geografica delle due Region, e dunque la distanza in linea d’aria tra le stesse.

4.2.5. Non coglie nel segno, in senso contrario, la tesi delle parti resistenti, le quali danno rilievo alla circostanza che, relativamente ai data center interni a una stessa Region, il progetto di fattibilità fa riferimento espressamente alla distanza “in linea d’aria”, mentre con riguardo al rapporto tra le due Region viene prescritta solo una “distanza” minima, senza ulteriori specificazioni. A loro avviso, questa formulazione testimonierebbe che nel secondo caso si sarebbe voluto fare riferimento alla distanza in termini di percorso stradale.

Al riguardo, è sufficiente tuttavia rilevare che, con riferimento alla distanza tra le Region, la specificazione “in linea d’aria” sarebbe stata inutile, essendosi fatto espressamente riferimento, come detto, alla posizione geografica delle Region.

4.2.6. Neppure rileva l’ulteriore considerazione del RTI TIM, laddove la parte evidenzia che il progetto di fattibilità posto a base di gara è stato elaborato dallo stesso RTI, il quale non avrebbe avuto alcun interesse a proporre una modalità di realizzazione delle opere non corrispondente al progetto che l’operatore intendeva realizzare.

La parte osserva, ancora, che tale progetto non avrebbe subito modifiche rispetto a quanto previsto sin dall’inizio, come sarebbe comprovato dal fatto che, nell’annesso alla relazione tecnica presentata nella seconda fase della gara, il RTI TIM non ha dichiarato di volersi avvalere della facoltà di modificare i Comuni di ubicazione dei data center. Da ciò dovrebbe trarsi la conclusione che la distanza tra i data center sarebbe da intendere come distanza stradale, secondo quanto ritenuto dal RTI TIM, autore del progetto di fattibilità posto a base di gara.

Deve tuttavia osservarsi che nessun rilievo può essere attribuito alla circostanza che il RTI TIM – autore del progetto di fattibilità – intendesse sin dal principio posizionare i data center nei Comuni poi effettivamente indicati in sede di presentazione della propria offerta. Da tale allegato intendimento non può trarsi infatti una sorta di “interpretazione autentica” della lex specialis della procedura, la quale deve trovare applicazione secondo il significato suo proprio, quale è deducibile dalla lettera e dalla ratio delle singole previsioni.

4.2.7. Posto che la distanza minima di 500 km tra le due Region doveva essere intesa come distanza geografica e, quindi, in linea d’aria, deve osservarsi che il mancato rispetto di tale prescrizione da parte dell’offerta del RTI TIM non è contestata, ed è anzi ammessa dallo stesso operatore.

La circostanza deve quindi ritenersi provata, anche ai sensi dell’articolo 64, comma 2, cod. proc. amm.

Ne deriva che, sul punto, l’offerta del RTI TIM ha introdotto una modifica non consentita rispetto a quanto prescritto dalla lex specialis della procedura e avrebbe dovuto, pertanto, essere esclusa dalla gara.

4.2.8. La circostanza che fosse espressamente prescritta una distanza geografica minima tra le Region non consentiva, del resto, all’Amministrazione di valutare la rilevanza di un eventuale scostamento rispetto a tale distanza minima stabilita.

Per la stessa ragione, non può neppure ritenersi – come vorrebbe il RTI TIM – che le ricorrenti avessero l’onere di dimostrare l’incidenza in concreto del mancato rispetto di tale prescrizione sulle esigenze di c.d. disaster recovery.

4.2.9. La prima censura del secondo motivo dei motivi aggiunti del 3 settembre 2022 deve, pertanto, essere accolta.

4.3. Con una seconda censura, le ricorrenti evidenziano che la lex specialis di gara ha prescritto la collocazione dei data center in zone a sismicità non inferiore a 3 e allegano che tale condizione non sarebbe osservata dall’offerta del RTI TIM, in quanto uno dei quattro DC dovrebbe essere realizzato a Pomezia, Comune il cui territorio è classificato a sismicità 2B, e non sarebbero state indicate, peraltro, le eventuali azioni correttive adottate per contenere i rischi.

4.3.1. Al fine di scrutinare la censura, è necessario ricostruire l’esatto tenore della disciplina di gara.

In questa prospettiva, occorre tenere presente anzitutto che il progetto di fattibilità posto a base della procedura stabilisce, al paragrafo 5.1.1, denominato “Caratteristiche geografiche e topografiche”, che: “I Data Center saranno posizionati in aree di rischio sismico classificate come zona non inferiore alla zona 3 secondo il DM 58 del 2017. Per quanto attiene al rischio idrogeologico, le strutture sono presenti in aree a basso rischio. Nel caso in cui l’area presenti potenziali rischi, sarà data evidenza di tutte le azioni correttive adottate al fine di gestire e superare le eventuali criticità. Dal punto di vista dei rischi ambientali ed esterni si manifesta la preferenza per siti aventi le seguenti caratteristiche intrinseche: • Lontananza significativa da vie costiere o vie navigabili interne; • Lontananza dalle principali arterie di traffico; • Vicinanza alle grandi aree metropolitane; • Distanza inferiore o uguale a 10 km e uguale o non superiore a 50 km rispetto ad aeroporti” (v. progetto di fattibilità, depositato dalle ricorrenti quale doc. 4.5 il 21 luglio 2022, § 5.1.1, p. 128).

Il c.d. vademecum per il concorrente (depositato dalle ricorrenti quale doc. 4.2 il 21 luglio 2022) indica tra gli “Elementi tecnici della proposta posta a confronto concorrenziale che possono essere modificati a condizione che le caratteristiche tecniche restino invariate” la seguente: “Comuni italiani in cui sono localizzati fisicamente i 4 data center (purché siano invariate le caratteristiche tecniche di sicurezza, quali ad esempio livello di rischio sismico e distanza dagli aeroporti - cfr. par. 5.1.1 Caratteristiche geografiche e topografiche e 5.1 Determinazione caratteristiche del macrosistema Data Center del progetto di fattibilità)”. Si stabilisce, inoltre, che: “Tali elementi dovranno essere rappresentati all’interno dell’Annesso alla Relazione Tecnica di cui al paragrafo 16 e 16.1 del Disciplinare di gara”.

4.3.2. La disciplina di gara ha quindi prescritto ai concorrenti di comunicare, nell’annesso alla relazione tecnica, i Comuni di ubicazione dei data center, i quali devono ricadere in zone aventi una classificazione di rischio sismico non elevata e, precisamente, maggiore o uguale a 3.

In proposito, deve precisarsi che la classificazione sismica del territorio è prevista dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003, n. 3274, recante “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”, e dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 aprile 2006, n. 3519, recante “Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone”, nelle quali si individuano quattro tipologie di zone sismiche, dalla zona 1 (la più pericolosa) alla zona 4 (la meno pericolosa). Le Regioni sono chiamate a classificare il proprio territorio nelle predette quattro zone, ai sensi dell’articolo 94, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 28 febbraio 2017, n. 58, richiamato nel progetto di fattibilità, si riferisce invece propriamente al rischio sismico delle costruzioni, per le quali si prevede l’attribuzione di una classe di rischio che va da A+ a G.

Non è dubbia, peraltro, la portata della previsione del progetto di fattibilità, laddove richiede che i data center ricadano in aree aventi una classificazione sismica “non inferiore alla zona 3”, ossia classificate come zona 3 o zona 4.

4.3.3. Premesso quanto sopra, deve osservarsi che, con riferimento alla censura in esame, l’Avvocatura dello Stato ha affermato che: (i) la classificazione come zona 2B del Comune di Pomezia sarebbe stata dedotta dalle ricorrenti da un documento, attribuito alla Protezione civile, consistente in realtà un mero file excel, come tale non riconducibile alla predetta Amministrazione e privo di valore probatorio; (ii) si tratterebbe comunque di un documento contenente eventualmente le classificazioni della Protezione civile, e non quelle operate in base ai criteri dettati dal decreto ministeriale richiamato dalla disciplina di gara (v. memoria del 19 settembre 2022, p. 27).

Quanto alla difesa del RTI TIM:

- in un primo momento (memoria del 19 settembre 2022, pp. 28 s.), la parte controinteressata ha sostenuto che: (i) la lex specialis di gara consentirebbe di localizzare i data center in zone con sismicità inferiore a 3, purché siano adottate misure idonee a neutralizzare i rischi; (ii) la questione concernente l’adeguamento sismico dell’edificio atterrebbe alla fase esecutiva del contratto, per cui l’operatore potrebbe provvedervi anche dopo l’aggiudicazione della commessa; (iii) pur essendo il Comune di Pomezia collocato in zona sismica 2B, il data center del PSN sarà installato in un edificio adeguato alle norme antisismiche previste per le zone 3 e, pertanto, da ritenere conforme alle prescrizioni della legge di gara; in particolare, il DC di Pomezia si comporrebbe di: (a) un edificio “(...) conforme alla normativa antisismica per la zona 3 in quanto costruito dopo il 2009”; (b) un ulteriore edificio “(...) costruito prima della nuova classificazione antisismica del Comune di Pomezia (intervenuta nel 2009) e certificato secondo la classificazione anti sismica “3” vigente all’epoca (...)”, il quale non necessiterebbe di adeguamento, essendo in regola con la disciplina antisismica in vigore al tempo in cui è stato realizzato;

- in un secondo momento (memoria del 30 novembre 2022, p. 18), la parte ha ricordato che il Comune di Pomezia era classificato come zona sismica 3 fino al 2009 e successivamente è stato classificato come zona sismica 2B, e ha inoltre precisato che nel sito di Pomezia insistono tre edifici: (a) uno, realizzato negli anni ‘80 del secolo scorso, che non sarà utilizzato per le finalità del PSN; (b) un secondo, costruito nel 2000, destinato a ospitare il data center del PSN, che è da considerare già adeguato alla normativa antisismica, in quanto realizzato prima del 2009 e conforme alla disciplina all’epoca vigente; (c) un terzo, che sarà anch’esso destinato al PSN, costruito nel 2005, che è stato inizialmente adibito a magazzino e poi ristrutturato e adibito a data center nel 2010, di modo che è possibile qualificarlo come rispondente alla normativa antisismica vigente;

- ha infine affermato (memoria del 9 gennaio 2023, pp. 14 s.) che: (i) dalla lettura del paragrafo 5.1.1 del progetto di fattibilità posto a base di gara si evincerebbe una diversa disciplina della minimizzazione del rischio sismico rispetto a quello idrogeologico: per il primo, si fa un rinvio espresso alla normativa di riferimento e alla classificazione ivi presente, individuando la soglia di rilevanza critica, mentre per il secondo si fa riferimento al criterio, più generico, del rischio basso, ossia tendente a zero; ne deriverebbe che la previsione secondo la quale “Nel caso in cui l’area presenti potenziali rischi, sarà data evidenza di tutte le azioni correttive adottate al fine di gestire e superare le eventuali criticità” sarebbe riferibile soltanto alla mitigazione del rischio idrogeologico, mentre per il rischio sismico il testo si muoverebbe in una prospettiva meramente normativa, e tale approccio normativo dovrebbe valere anche per stabilire se un dato immobile è conforme alla disciplina antisismica; (ii) non potrebbe dubitarsi della conformità antisismica dell’immobile ristrutturato nel 2010, come comprovato dalla documentazione versata in atti; (iii) il requisito della conformità antisismica atterrebbe comunque unicamente alla fase di esecuzione del contratto.

4.3.4. Il Collegio è tenuto anzitutto a chiarire la corretta interpretazione del richiamato paragrafo 5.1.1 del progetto di fattibilità posto a base di gara.

Occorre domandarsi in primo luogo se tali previsioni contengano un requisito dell’offerta oppure una prescrizione da attuare in sede di esecuzione della commessa.

Al riguardo, deve osservarsi che la disciplina di gara ha espressamente previsto una determinata localizzazione dei data center e, inoltre, ha stabilito nel c.d. vademecum del concorrente che i partecipanti alla procedura dovessero rendere noti i Comuni di ubicazione dei DC che si impegnavano a realizzare in conformità alla lex specialis della procedura.

Ne deriva che, fermo restando l’impegno del concorrente a eseguire la commessa in conformità alla disciplina di gara, l’indicazione nella propria offerta di una localizzazione dei DC incompatibile con le prescrizioni della disciplina di gara determinava necessariamente l’inammissibilità dell’offerta stessa.

4.3.5. Quanto alla portata del paragrafo 5.1.1 del progetto di fattibilità posto a base di gara, dalla lettura del testo, sopra riportato, si evince pianamente che la disciplina speciale di gara ha inteso dettare specifiche prescrizioni volte a contenere il rischio che eventuali terremoti possano procurare danni all’infrastruttura del PSN, di rilevante importanza nazionale.

In questa prospettiva, è stato specificamente prescritto che i data center debbano essere ubicati in aree a sismicità non inferiore a 3, proprio perché le zone 3 e 4 presentano un minore rischio di terremoti, ossia di eventi avversi potenzialmente in grado di compromettere l’operatività dell’infrastruttura.

Come affermato, da ultimo, anche dalla controinteressata (nella richiamata memoria del 9 gennaio 2023, pp. 14 s.), la disciplina di gara rinvia al riguardo unicamente al dato normativo, non consentendo all’operatore di dimostrare di aver adottato le cautele necessarie per mitigare il rischio, come invece previsto per il rischio idrogeologico. Ciò si evince dalla stessa concatenazione dei periodi, atteso che viene prima prescritta una determinata classificazione sismica dell’area, e poi, soltanto dopo aver stabilito che, “Per quanto attiene al rischio idrogeologico, le strutture sono presenti in aree a basso rischio”, si fa riferimento alla necessità di indicare le eventuali azioni correttive adottate.

Da quanto ora detto non deriva, tuttavia, sul piano logico, la conclusione che vorrebbe trarne il RTI TIM, ossia che debbano considerarsi rispondenti alla disciplina di gara gli edifici conformi alla normativa prescritta per le zone 3, indipendentemente dall’attuale classificazione sismica dell’area su cui ricadono (come il RTI TIM sembra aver sostenuto nella memoria del 19 settembre 2022, pp. 28 s.), e neppure che siano da ritenere idonei gli edifici conformi ai criteri di edilizia antisismica vigenti al tempo della loro realizzazione, anche se sia successivamente mutata la classificazione sismica della zona (come il medesimo RTI TIM afferma nella richiamata memoria del 30 novembre 2022, p. 18).

Come detto, la ratio della disciplina di gara è proprio quella di minimizzare in radice il rischio sismico, prescrivendo di localizzare i data center in aree dove tale rischio è più basso. In altri termini, l’approccio adottato per minimizzare il rischio non si basa sulla maggiore o minore capacità degli edifici di resistere alle sollecitazioni sismiche, bensì sulla probabilità e la potenziale intensità dei terremoti.

Ne consegue che la previsione, contenuta nell’offerta del concorrente, della collocazione di uno dei DC in una zona a sismicità inferiore a 3 si pone in contrasto insanabile con le prescrizioni della lex specialis di gara. E ciò anche ove gli edifici siano conformi alla normativa antisismica attualmente vigente per la zona, in base all’odierna classificazione.

Tanto più tale contrasto è evidente nel caso in cui gli edifici, oltre a ricadere in una zona a elevata sismicità, non siano neppure adeguati ai criteri antisismici attualmente richiesti per la zona stessa, in quanto realizzati in epoca antecedente all’attuale classificazione. In questo secondo caso, infatti, non solo si ha una probabilità di eventi sismici superiore a quella indicata dalla disciplina di gara, ma si prevede anche la collocazione dell’infrastruttura in edifici che – pur regolari dal punto di vista edilizio, in quanto conformi alla disciplina vigente al tempo della loro realizzazione – non sono reputati adeguati a resistere alle sollecitazioni sismiche.

4.3.6. Deve, a questo punto, rilevarsi che, nella propria offerta, il RTI TIM ha effettivamente affermato in modo esplicito di voler collocare uno dei propri data center nel Comune di Pomezia, il cui intero territorio ricade in zona classificata a sismicità 2B sin dal 2009, secondo quanto ammesso dalla stessa parte controinteressata e, comunque, risultante dalla delibera della Giunta regionale del Lazio n. 387 del 22 maggio 2009, recante “Nuova classificazione sismica del territorio della Regione Lazio in applicazione dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 aprile 2006 e della Delib.G.R. n. 766/2003” (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio 27 giugno 2009, n. 24, s.o. n. 106).

Ne deriva che il concorrente ha presentato un’offerta contenente previsioni incompatibili con quanto prescritto dalla disciplina di gara. Conseguentemente, tale offerta avrebbe dovuto essere reputata inammissibile ed esclusa dalla gara.

4.3.7. Anche la seconda censura articolata nel secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato dalle ricorrenti il 3 settembre 2022 deve, pertanto, essere accolta.

4.4. Poiché l’accoglimento delle due censure fin qui scrutinate è sufficiente a far emergere l’inammissibilità dell’offerta presentata dal RTI TIM nella seconda fase della procedura, il Collegio può esimersi dallo scrutinare le altre doglianze articolate dalle ricorrenti principali al medesimo fine di allegare l’inammissibilità dell’offerta della parte controinteressata.

5. Deve a questo punto rilevarsi che, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza, il diritto di prelazione del “promotore”, nell’ambito della procedura della finanza di progetto di cui all’articolo 183, comma 15, del Codice dei contratti pubblici, spetta esclusivamente “se il promotore non risulta aggiudicatario”. Tale diritto è quindi implicitamente subordinato alla presentazione, da parte dell’operatore, di un’offerta ammissibile, effettivamente comparata con le altre e collocata nella graduatoria finale in una posizione diversa dalla prima (Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2020, n. 1005; Id., 5 dicembre 2022, n. 10627). In altri termini, “la partecipazione alla procedura selettiva e la valutazione della sua offerta [ossia dell’offerta del concorrente “promotore”] costituiscono condizione sine qua non per poter, eventualmente, esercitare il diritto di prelazione, ancorché lo stesso promotore non sia aggiudicatario della gara. Se così non fosse, se cioè si prescindesse dall’ammissione alla gara e dall’utile collocazione in graduatoria, si stravolgerebbe invero il senso e la portata prescrittiva delle disposizioni di cui al citato art. 183 del Codice dei Contratti pubblici” (così Cons. Stato, n. 10627 del 2022, cit.).

Ne deriva che l’accoglimento delle censure ora scrutinate comporta l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore del RTI TIM, atteso che l’operatore, dovendo essere escluso dalla gara, non avrebbe potuto esercitare la prelazione.

6. Conseguentemente, il Collegio può esimersi dallo scrutinio dei rimanenti motivi di impugnazione delle ricorrenti principali, volti a contestare l’esercizio in concreto del diritto di prelazione, oltre che dei motivi proposti dalle medesime ricorrenti principali soltanto in via subordinata, contenuti nel ricorso per motivi aggiunti del 15 novembre 2022.

Tutti tali motivi sono, pertanto, improcedibili.

7. Deve, invece, essere esaminato il ricorso incidentale del RTI TIM, recante censure che si riferiscono parimenti alla fase di valutazione di ammissibilità delle offerte, essendo dirette a contestare la conformità alla disciplina di gara dell’offerta del RTI Fastweb.

8. Preliminarmente, devono essere affrontate le questioni in rito sollevate dalle parti avversarie.

8.1. Le ricorrenti principali evidenziano (nella memoria del 30 luglio 2022, pp. 2 ss., e nella replica del 24 settembre 2002, pp. 20 s.) che il ricorso incidentale del RTI TIM presenta tutti i requisiti di sostanza e di forma per valere anche come ricorso autonomo. Il concorrente avrebbe, quindi, da un lato, esercitato la prelazione, obbligandosi a eseguire senza riserve l’offerta del RTI Fastweb; dall’altro lato, contestato in sede giurisdizionale tale offerta, mediante un ricorso che non sarebbe neppure condizionato all’accoglimento del gravame avversario.

Ne deriverebbe, dal punto di vista logico, una ineludibile alternativa: l’inammissibilità del ricorso incidentale, per intervenuta acquiescenza all’aggiudicazione originaria in favore del RTI Fastweb e accettazione incondizionata della relativa offerta, oppure il riconoscimento del fatto che la prelazione sarebbe stata, in realtà, condizionata all’esito del ricorso incidentale.

8.2. L’Avvocatura dello Stato sottolinea che proprio la circostanza che il RTI TIM, esercitando la prelazione, ha accettato incondizionatamente l’offerta del RTI Fastweb, impegnandosi a eseguirla, comporterebbe la qualificazione del ricorso del medesimo RTI come incidentale in senso proprio, ossia subordinato all’eventuale accoglimento dell’impugnazione principale (memoria del 30 luglio 2022, p. 36, e memoria del 19 settembre 2022, pp. 42 s.). Tale ricorso sarebbe, comunque, inammissibile, in quanto presentato dopo aver prestato acquiescenza all’aggiudicazione in favore del RTI Fastweb, mediante l’esercizio della prelazione (memoria dell’Avvocatura dello Stato del 19 settembre 2022, pp. 43 ss.).

8.3. Ritiene il Collegio che, con l’esercizio della prelazione, il RTI TIM abbia effettivamente prestato acquiescenza all’aggiudicazione della gara originariamente disposta in favore del RTI Fastweb, in quanto l’aggiudicazione costituisce il presupposto per l’esercizio della prelazione e perché, inoltre, esercitando la prelazione il concorrente si è impegnato senza riserve a eseguire l’offerta risultata originariamente aggiudicataria.

Da ciò deriva, tuttavia, unicamente la preclusione alla presentazione, da parte del RTI TIM, di un ricorso autonomo avverso l’aggiudicazione.

Non può, invece, ritenersi preclusa la presentazione di un ricorso incidentale in senso proprio, ossia condizionato all’accoglimento del ricorso principale. Con una tale iniziativa processuale, infatti, la parte si limita a reagire a un’iniziativa avversaria, al fine di paralizzarne i potenziali effetti pregiudizievoli. Negare tale possibilità equivarrebbe a menomare il diritto di difesa della parte, con effetti potenzialmente confliggenti con il principio posto dall’articolo 24 della Costituzione.

8.4. Deve, perciò, concludersi che l’intervenuta acquiescenza all’aggiudicazione non impedisca alla parte di contestare tale provvedimento in sede giurisdizionale, subordinatamente all’accoglimento del gravame avversario.

In questa prospettiva, ed esclusivamente in quanto inteso come incidentale in senso proprio, il ricorso del RTI TIM deve, pertanto, essere considerato ammissibile e va scrutinato nel merito, stante l’accoglimento delle censure articolate dalle ricorrenti principali in ordine all’ammissibilità dell’offerta del medesimo RTI TIM.

9. Con il primo motivo, si allega che l’offerta del RTI Fastweb sarebbe inammissibile, in quanto lo scarto tra i ricavi desumibili dagli sconti applicati ai listini delle prestazioni oggetto dell’affidamento e i ricavi indicati nel conto economico unito al piano economico finanziario (PEF) sarebbe pari al 9,18 per cento, e quindi superiore al valore massimo dello 0,5 per cento, previsto dal disciplinare e oggetto del chiarimento 1.30.

9.1. Al fine di comprendere la censura, occorre premettere che il paragrafo 17 del disciplinare di gara (doc. 4.1 delle ricorrenti del 21 luglio 2022 e doc. 2 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, pp. 37 s.) richiede la compilazione, da parte dei concorrenti, di un apposito foglio di calcolo, costituente l’allegato 8 al medesimo disciplinare (doc. 11 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022), nel quale sono contenuti tre listini, denominati listino 1, listino 2 e listino 3, recanti le tariffe poste a base di gara. Per ogni singola voce economica di ciascun listino, i partecipanti sono chiamati a indicare le percentuali di sconto applicate.

I concorrenti sono tenuti, inoltre, a produrre il piano economico finanziario (PEF), compilato secondo le istruzioni contenute nel disciplinare, volto a dimostrare “la copertura degli investimenti offerti e sviluppo dell’iniziativa per il periodo di 13 anni di concessione”, nonché “per il periodo di concessione gli investimenti, gli ammortamenti, la remunerazione del capitale investito e la redditività dell’offerta” (v. doc. 4.1 delle ricorrenti del 21 luglio 2022 e doc. 2 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, pp. 38 s.).

Difesa Servizi ha ricevuto una richiesta di chiarimenti relativa al rapporto tra il contenuto del listino e quello del PEF, e ha risposto al quesito con il chiarimento n. 1.30 (doc. 4.15 delle ricorrenti del 21 luglio 2022 e doc. 13 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, pp. 10 s.).

La domanda era la seguente: “dal disciplinare non si evince la correlazione fra il contenuto del listino e quello del PEF. Si chiede di confermare che l’eventuale sconto applicato nell’Allegato 8 (file xls con i tre listini) si dovrà riflettere nel PEF e in particolare il totale dei ricavi PxQ dell’Allegato 8 dovrà essere uguale al valore dei ricavi riportati nel PEF. In caso di riposta positiva, considerato che il totale dei ricavi risulta essere: · nell’Allegato 8 pari ad euro 4.417.860.762,49 (...) · nel P.E.F., foglio “Ricavi da Listino” pari ad euro 4.417.279.041,92 (...) · nel P.E.F. foglio “Conto Economico” pari ad euro 4.417.379.484,34 (...) si chiede di indicare la soglia percentuale di tolleranza accettabile per la differenza fra i diversi valore di ricavi, fermo restando che i prezzi applicati per i servizi alle PA aderenti saranno quelli indicati nell’Allegato 8”.

Questa la risposta di Difesa Servizi: “Si deve fare riferimento all’allegato 8 e modificare il conto economico di conseguenza. La differenza tra i valori di ricavi del conto economico e del listino può essere <= 0.5%”.

9.2. Secondo la testi del RTI TIM, dalle predette indicazioni discenderebbe che la disciplina di gara richiederebbe una corrispondenza pressoché integrale tra i ricavi desumibili dagli sconti applicati ai listini dei prodotti e servizi oggetto dell’affidamento e i ricavi indicati nel conto economico accluso al piano economico finanziario, atteso che tra le due componenti dei ricavi sarebbe ammesso uno scostamento massimo dello 0,5 per cento.

L’offerta del RTI Fastweb non sarebbe conforme a tale prescrizione, avendo previsto nei listini ricavi per euro 2.822.866.554,51 e nel PEF ricavi per euro 2.563.675.381 nel periodo di durata del rapporto di tredici anni, con uno scostamento pari al 9,18 per cento e, come tale, di molto superiore alla soglia massima dello 0,5 per cento.

Tale disallineamento determinerebbe l’irregolarità dell’offerta, che avrebbe dovuto conseguentemente essere esclusa ai sensi del paragrafo 20 del disciplinare, ove si prevede l’esclusione in caso di “presentazione di offerte parziali, plurime, condizionate, alternative nonché irregolari, ai sensi dell’art. 59, comma 3, lett. a) del Codice, in quanto non rispettano i documenti di gara, ivi comprese le specifiche tecniche” (v. doc. 4.1 delle ricorrenti del 21 luglio 2022 e doc. 2 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, p. 48).

9.3. Il RTI Fastweb ha eccepito l’inammissibilità del motivo, sia perché quanto dedotto non darebbe luogo a una causa di esclusione del concorrente, sia perché l’offerta economica del RTI TIM presenterebbe un analogo scostamento tra i valori di ricavi considerati, con conseguente mancanza di interesse della parte a proporre la doglianza.

9.3.1. Rileva il Collegio che l’eventualità che il medesimo vizio sia riscontrabile nell’offerta avversaria non determina, di per sé, il difetto di interesse ad allegare la censura, atteso che tale eventuale identico vizio ben potrebbe essere dedotto dalle ricorrenti principali mediante un apposito motivo di gravame.

9.3.2. È, invece, fondata la prima eccezione, perché la previsione del margine di scostamento non superiore a 0,5 per cento tra i ricavi deducibili dagli sconti applicati nei listini e quelli indicati nel PEF risulta soltanto dal testo del chiarimento 1.30 e non è invece previsto dal disciplinare.

Al riguardo, occorre ricordare che – indipendentemente dal significato da attribuire alla risposta al quesito 1.30, sul cui si tornerà più oltre – i chiarimenti non possono modificare, né integrare gli atti di gara, pena l’illegittima disapplicazione della lex specialis (Cons. Stato, Sez. III, 14 aprile 2022, n. 2819; Id. 7 gennaio 2022, n. 64). Non è pertanto possibile interpretare il predetto chiarimento come volto a introdurre ulteriori requisiti dell’offerta, non previsti dalla disciplina di gara.

D’altro canto, nel nostro ordinamento vige il principio della tassatività delle cause di esclusione, sancito all’articolo 83, comma 8, del codice dei contratti pubblici (cfr., al riguardo, tra le ultime, Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2023, n. 68). Conseguentemente, la previsione del disciplinare richiamata dal ricorrente incidentale non potrebbe in nessun caso essere interpretata come volta a introdurre una clausola aperta, idonea a consentire di comminare l’esclusione per una “irregolarità” dell’offerta rispetto a quanto eventualmente previsto solo in sede di chiarimenti.

9.3.3. Da ciò l’inammissibilità della censura, in quanto comunque inidonea a far emergere una causa di esclusione del RTI Fastweb.

9.4. Il motivo è, comunque, infondato anche nel merito, atteso che la portata del chiarimento risulta essere stata travisata dal ricorrente incidentale.

9.4.1. Occorre, infatti, tenere presente che, come correttamente evidenziato dal RTI Fastweb, la compilazione dei listini e il PEF costituiscono parti distinte dell’offerta e svolgono una funzione del tutto diversa: i listini recano gli sconti applicati dai ricorrenti in relazione ai prodotti o servizi richiesti, mentre il PEF serve a giustificare la sostenibilità dell’offerta proposta.

In particolare, nell’allegato 8 al disciplinare, recante il foglio di calcolo contenente i tre listini proposti in sede di gara, risulta indicata una quantità stimata predeterminata delle prestazioni richieste, rispetto alle quali i concorrenti erano chiamati a indicare lo sconto offerto (v. doc. 11 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022).

Nel PEF i concorrenti erano liberi di stimare una diversa quantità di prestazioni effettivamente erogate rispetto alla stima contenuta nei predetti listini, ferma restando la necessità di dimostrare la sostenibilità dell’offerta.

9.4.2. In questa prospettiva, il RTI Fastweb ha allegato di aver formulato nel PEF una previsione cautelativa, ipotizzando una minore quantità di servizi acquistati dalle amministrazioni aderenti durante il periodo di durata della concessione.

Da ciò l’indicazione, nel conto economico allegato al PEF, di ricavi inferiori da quelli scaturenti dall’applicazione dei prezzi offerti in relazione alle diverse quantità stimate dall’Amministrazione e indicate nell’allegato 8 al disciplinare.

9.4.3. La formulazione di una stima prudenziale dei servizi da erogare non era certamente vietata ai concorrenti e, anzi, costituisce semmai un indice della sostenibilità dell’offerta.

Ne deriva che il chiarimento n. 1.30 deve essere correttamente interpretato nel senso di aver specificato che i concorrenti fossero tenuti – come è logico e ragionevole – ad assicurare la piena coerenza dei prezzi offerti nei listini con i ricavi risultanti dal PEF, ma ciò sull’implicito presupposto dell’invarianza delle altre condizioni e, in particolare, delle quantità di servizi presi in considerazione.

In altri termini, il superamento del margine di tolleranza indicato tra i ricavi dedotti dai listini e quelli risultanti dal PEF avrebbe potuto assumere rilievo ove tale scostamento fosse emerso nonostante la previsione, nei due atti, delle medesime quantità di prodotti e servizi. In questo caso, infatti, sarebbe emerso un profilo di potenziale incoerenza tra i due documenti. Il chiarimento n. 1.30 è, invece, del tutto inconferente a fronte di un’articolazione del PEF basata su una stima delle quantità effettuata prudenzialmente in misura inferiore rispetto alle stime contenute nella disciplina di gara.

9.5. Il primo motivo del ricorso incidentale è, quindi, inammissibile e, comunque, infondato nel merito.

10. Con il secondo motivo, il ricorrente incidentale sostiene che il RTI Fastweb avrebbe violato i principi di segretezza dell’offerta economica e di non commistione tra l’offerta tecnica e quella economica.

10.1. Per comprendere la censura, occorre tenere presente che, ai fini della valutazione dell’offerta tecnica, il disciplinare di gara reca, tra gli altri, il criterio n. 18, avente ad oggetto “Miglioramenti, a favore del Concedente, della compliance nell’aggiornamento dei costi e prezzi dell’infrastruttura anche da un punto di vista del refresh tecnologico. Tali miglioramenti, per essere apprezzati, devono essere chiari, evidenti e, possibilmente, misurabili” (v. § 18.1, p. 42, del disciplinare, doc. 4.1 delle ricorrenti del 21 luglio 2022 e doc. 2 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022).

La bozza di convenzione, facente parte della documentazione di gara, prevede poi, all’articolo 5, comma 4, che “(...) sentito il parere del Comitato di Controllo (...), il contenuto dei Servizi potrà essere (...) rideterminato consensualmente tra le Parti allo scopo di assicurare: (...) iii. la riduzione del Corrispettivo per i Servizi oggetto dell’Offerta, ai limitati fini dell’adeguamento ai prezzi praticati alle Amministrazioni Utenti secondo il mutare della struttura dei costi del Concessionario, che saranno valutati oggettivamente alla luce delle condizioni di mercato dal Comitato di Controllo di cui all’art. 12, fermi restando sia l’equilibrio del PEF che i limiti previsti dalla legislazione vigente per la variazione delle prestazioni in costanza di contratto; resta altresì inteso e condiviso tra le Parti che tale revisione non potrà comunque intervenire prima del terzo anno dalla sottoscrizione della presente Convenzione e successivamente con cadenza biennale” (v. doc. 4.10 depositato dalle ricorrenti il 21 luglio 2022, p. 15).

In questo quadro, il RTI Fastweb, al paragrafo 1.18.3 della relazione tecnica illustrativa ha offerto, in relazione al richiamato criterio migliorativo n. 18, “un valore di sconto minimo prefissato, pari, almeno, al 2% (due per cento) dopo il primo biennio – dunque, in maniera anticipata rispetto a quanto previsto nell’art. 5, comma 4, punto iii, della BdC [bozza di convenzione] – e all’1% (uno per cento) per i restanti bienni di durata della Convenzione. Tale sconto sarà applicato ai prezzi ridefiniti nella fase di benchmark (...), qualora, in esito al suddetto processo, lo scostamento tra i prezzi rilevati ed i prezzi di listino dovesse risultare inferiore al 2% dopo il primo biennio o al 1% nei successivi bienni” (doc. 16 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, p. 96).

10.2. Secondo il RTI TIM, nella parte sopra riportata dell’offerta tecnica del RTI Fastweb, l’operatore avrebbe anticipato contenuti propri dell’offerta economica, con conseguente inammissibilità dell’offerta stessa.

10.3. Il motivo è infondato.

10.3.1. Dalla lettura della disciplina di gara, sopra riportata, emerge che il criterio di valutazione delle offerte tecniche n. 18 valorizzava i miglioramenti proposti dai concorrenti in relazione ai meccanismi di aggiornamento dei costi e dei prezzi. Ai fini dell’apprezzamento di tali miglioramenti, si richiedeva che gli stessi fossero non solo chiari ed evidenti, ma anche “possibilmente, misurabili”.

In questa prospettiva, il RTI Fastweb ha proposto un meccanismo di aggiornamento dei corrispettivi migliorativo rispetto a quanto previsto dalla bozza di convenzione. Tale meccanismo migliorativo prescinde dai prezzi indicati nell’offerta economica, poiché consiste in una mera modalità di adattamento nel tempo dei corrispettivi, al ricorrere di determinate condizioni, e senza alcuna attinenza con il prezzo offerto in gara, che non è deducibile da tale meccanismo. Sotto altro profilo, la percentuale di sconto indicata dall’operatore ai fini di tale meccanismo consiste unicamente nell’indicazione in termini misurabili – come richiesto dalla disciplina di gara – del miglioramento offerto rispetto alle modalità di revisione del prezzo indicate nella bozza di convenzione.

10.3.2. Alla luce di quanto esposto, non emerge alcuna commistione tra l’offerta tecnica e quella economica, atteso che il concorrente risulta semplicemente essersi attenuto a quanto richiesto dal disciplinare, la cui portata sul punto non è, peraltro, contestata dal ricorrente incidentale.

11. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, il RTI TIM allega l’inammissibilità dell’offerta del RTI Fastweb in relazione a quanto previsto con riferimento alla localizzazione e ai requisiti minimi dei data center.

11.1. Con una prima censura, si evidenzia che il progetto di fattibilità posto a base di gara prevede, al paragrafo 5.1, che “I 4 Data Center saranno allestiti in doppia Region (2 DC + 2 DC), la singola Region avrà i due diversi Data Center distanti almeno 5 Km in linea d’aria e non più di 60 Km di distanza in fibra in doppio percorso completamente distinto fra l’uno e l’altro, evitando così di avere un singole point of failure (SPOF); posizionati ad una distanza adeguata all’erogazione di servizi Active-Active Geografico. La latenza garantita è definita nei capitoli relativi alle caratteristiche di connessione” (v. doc. 4.5 delle ricorrenti del 21 luglio 2022 e doc. 4 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, p. 126).

Tali previsioni non sarebbero state rispettate dall’offerta del RTI Fastweb, atteso che l’operatore avrebbe previsto, nella propria offerta tecnica, una distanza massima in fibra tra i data center appartenenti alla stessa Region maggiore di 40 chilometri rispetto a quanto previsto dalla disciplina di gara.

11.1.1. Va respinta l’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dal RTI Fastweb, atteso che la mera circostanza che la localizzazione dei data center del RTI TIM possa risultare parimenti in contrasto con la disciplina di gara non determina il venir meno dell’interesse alla censura da parte del ricorrente incidentale. Tale circostanza potrebbe, semmai, essere dedotta dal RTI Fastweb mediante un apposito motivo di impugnazione, che è quanto effettivamente avvenuto con la proposizione dei motivi aggiunti del 3 settembre 2022, nei termini sopra scrutinati.

11.1.2. Nel merito, la doglianza in esame non ha pregio, atteso che, nella relazione tecnica illustrativa, il RTI Fastweb si è limitato a dichiarare che “L’offerente propone una strategia di sito basata su Region di alta affidabilità. Nello specifico, in coerenza con quanto previsto nel Progetto di fattibilità, si prevedono due Region (...), localizzate nei baricentri delle dorsali di connettività che collegano le PA utenti. (...) Ciascuna Region di alta affidabilità prevede una coppia di DC, ognuno dei quali implementa una Availability Zone. Le Availability Zone saranno isolate e fisicamente separate da una connettività di lunghezza inferiore ai 100 km, per garantire decorrelazione del rischio di disastro, preservando al contempo la possibilità di allineamento in modalità sincrona dei dati” (v. relazione tecnica illustrativa del RTI Fastweb, depositata dal ricorrente incidentale quale doc. 16 il 26 luglio 2022, § 1.8.1.1, p. 26).

Il riferimento a “una connettività di lunghezza inferiore ai 100 km” non si pone in contrasto con la previsione, contenuta nel progetto di fattibilità, di una collocazione dei data center a “non più di 60 Km di distanza in fibra”, posto che l’operatore ha unicamente descritto il fatto che la distanza tra i data center, in coerenza con quanto previsto nel progetto di fattibilità, sarà inferiore a 100 chilometri, e ciò consentirà di assicurare i vantaggi illustrati.

Rimane fermo che il concorrente era tenuto in sede di gara a indicare unicamente i Comuni di ubicazione dei data center, e non la loro esatta localizzazione, come meglio si illustrerà nell’esame delle successive censure, e che il RTI Fastweb si è impegnato senza riserve a realizzare quanto prescritto dalla disciplina di gara.

Posto, pertanto, che quanto indicato nella relazione tecnica illustrativa non è, di per sé, incompatibile con il contenuto della lex specialis della procedura, il rispetto della distanza in fibra tra i data center non superiore a 60 chilometri è da verificare in sede di esecuzione.

D’altro canto, nell’annesso alla relazione tecnica illustrativa, il concorrente ha indicato l’ubicazione dei data center della Region Nord nei Comuni di Milano e di Ponte San Pietro (BG) e quella dei data center della Region Sud nel territorio del Comune di Roma (v. doc. 17 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, p. 5). Al riguardo, il medesimo RTI Fastweb ha evidenziato nelle proprie difese che la distanza tra gli estremi più distanti dei Comuni di Milano e Ponte San Pietro e tra gli estremi più distanti del territorio del Comune di Roma è inferiore a 50 chilometri e ha allegato che la capillarità dell’infrastruttura non permetterebbe in nessun caso di superare i 60 chilometri di distanza in fibra (v. memoria del 30 luglio 2022, p. 20). Anche tali elementi conducono concordemente a rilevare che l’offerta del RTI Fastweb non contiene elementi idonei a far emergere un contrasto con le prescrizioni della disciplina di gara, sul punto esaminato.

11.1.3. Da ciò il rigetto della censura.

11.2. Con le altre due doglianze articolate nel terzo motivo, il RTI TIM ha allegato che l’offerta del RTI Fastweb si presenterebbe come generica, indeterminata e incompleta, in quanto non conterrebbe indicazioni specifiche in ordine alle caratteristiche tecniche, alla localizzazione e allo stato di realizzazione dei data center; emergerebbe, al riguardo, l’illegittimità dell’operato di Difesa Servizi, la quale avrebbe omesso qualsiasi valutazione e verifica in merito ai requisiti tecnici minimi da parte dei DC offerti dal RTI Fastweb.

11.2.1. Deve osservarsi, in proposito, che – come più volte ricordato – il progetto di fattibilità posto a base di gara reca le caratteristiche di sicurezza dei data center (v. doc. 4.5 delle ricorrenti del 21 luglio 2022 e doc. 4 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, pp. 126 ss.), mentre il disciplinare richiede ai concorrenti di indicare, in un apposito annesso alla relazione tecnica, le “eventuali modifiche consentite alla proposta ai sensi di quanto indicato nel Vademecum in Allegato 1” allo stesso disciplinare (v. § 16, p. 36, del disciplinare, doc. 4.1 delle ricorrenti del 21 luglio 2022 e doc. 2 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022); a sua volta, il c.d. vademecum del concorrente individua gli “Elementi tecnici della proposta posta a confronto concorrenziale che possono essere modificati a condizione che le caratteristiche tecniche restino invariate”, includendovi i “Comuni italiani in cui sono localizzati fisicamente i 4 data center”, ferma restando la necessità di mantenere invariate le caratteristiche di sicurezza (v. doc. 4.2 delle ricorrenti principali del 21 luglio 2022 e doc. 3 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022).

Ne deriva, come pure già ricordato, che i partecipanti erano tenuti in sede di gara a indicare unicamente i Comuni nei quali intendevano collocare i data center, impegnandosi ad assicurare il rispetto di tutte le prescrizioni di sicurezza stabilite.

Non era richiesta la comunicazione dell’esatta ubicazione dei data center, e neppure la specificazione di altre caratteristiche delle infrastrutture, né tanto meno era prescritto di indicare il relativo stato realizzativo, atteso che non era previsto che i concorrenti si avvalessero di strutture già esistenti, bensì che le realizzassero a seguito dell’affidamento della commessa. Del resto, una diversa interpretazione della disciplina della procedura (ossia nel senso di specificare esattamente già in sede di gara lo stato realizzativo dei data center) condurrebbe ad attribuire alla lex specialis una portata potenzialmente anticoncorrenziale, ed è quindi da respingere.

Per le stesse ragioni, Difesa Servizi era tenuta unicamente a verificare che il concorrente non avesse introdotto nella propria offerta previsioni incompatibili con la disciplina di gara, ma non anche a richiedere dettagli che i partecipanti non erano tenuti a indicare.

11.2.2. Dall’impostazione stessa della disciplina di gara deriva che il ragionamento seguito dal ricorrente incidentale deve essere ribaltato: al fine di dimostrare l’inammissibilità dell’offerta avversaria, il RTI TIM avrebbe dovuto specificare quali elementi contenuti nella proposta del RTI Fastweb siano incompatibili con il progetto di fattibilità posto a base di gara.

Tale allegazione, tuttavia, non risulta essere stata formulata.

La parte si è limitata infatti ad affermare che dovrebbe presumersi che il RTI Fastweb intenda collocare nell’area del c.d. Tecnopolo Tiburtino, nel territorio del Comune di Roma, uno dei due data center della Region Sud. Da ciò, secondo il RTI TIM, deriverebbe un duplice ordine di criticità, poiché l’area in esame presenterebbe un livello di sismicità 2B, confliggente con le prescrizioni della disciplina di gara, e perché, inoltre, lo stato di realizzazione del Tecnopolo sarebbe incompatibile con i tempi di consegna offerti in sede di gara.

Come detto, però, l’ubicazione esatta dei data center del RTI Fastweb non risulta dall’offerta del concorrente, né avrebbe dovuto essere ivi specificata. Conseguentemente, l’ipotesi formulata dal ricorrente incidentale non può essere presa in considerazione al fine di far emergere l’inammissibilità dell’offerta della parte avversaria.

Deve, semmai, aggiungersi che il territorio del Comune di Roma – nel quale il RTI Fastweb dichiara di voler collocare due data center – risulta classificato in buona parte come zona sismica 3A o 3B (secondo quanto risulta dalla delibera della Giunta regionale del Lazio 2 agosto 2019, n. 571, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione 27 agosto 2019, n. 69, prodotta dal ricorrente incidentale quale doc. 26 del 26 luglio 2022), compatibile con i requisiti di sicurezza richiesti dalla disciplina di gara. Correttamente, pertanto, Difesa Servizi non ha rilevato alcun profilo di inammissibilità dell’offerta del RTI Fastweb.

11.2.3. Da ciò l’infondatezza delle censure scrutinate.

11.4. Il terzo motivo del ricorso incidentale deve essere, quindi, integralmente rigettato.

12. Con il quarto motivo il RTI TIM ha allegato che l’offerta del RTI Fastweb si risolverebbe in un inammissibile aliud pro alio, in quanto non assicurerebbe l’equivalenza dei servizi offerti rispetto al progetto di fattibilità posto a base di gara. Tale aspetto, peraltro, non sarebbe stato oggetto di approfondimento da parte della Commissione di gara, facendo emergere un difetto di istruttoria e di motivazione sul punto.

12.1. In particolare, il ricorrente incidentale ha evidenziato che, per il servizio di Public Cloud PSN Managed, il RTI Fastweb ha dichiarato di utilizzare il prodotto Google Distributed Cloud Hosted (GDCH), diverso dalla soluzione posta a base di gara, descritta nel progetto di fattibilità e richiamata nella documentazione di gara. La scelta di tale soluzione comporterebbe, secondo il RTI TIM, che, dei 75 servizi elementari nei quali si articola il predetto servizio Public Cloud PSN Managed, 17 sarebbero potenzialmente disponibili soltanto in futuro (dopo il primo trimestre 2024), mentre 21 non sarebbero disponibili in assoluto. Da ciò l’allegata non equivalenza dei servizi offerti.

La parte ha poi specificato i servizi non offerti dal RTI Fastweb ai quali si fa riferimento nel ricorso incidentale, producendo un’apposita relazione comparativa tra le soluzioni tecniche dei concorrenti, depositata in giudizio il 29 luglio 2022 (doc. 24).

12.2. Le ricorrenti principali hanno eccepito l’inammissibilità del motivo, in quanto non intellegibile in base al contenuto del ricorso e successivamente integrato mediante la predetta relazione, non notificata alle altre parti e depositata oltre il termine di impugnazione.

Parimenti inammissibile sarebbe l’integrazione del motivo che, a giudizio del RTI Fastweb, sarebbe contenuta nella memoria del RTI TIM del 19 settembre 2022.

12.3. Può prescindersi dallo scrutinio di tali eccezioni, in quanto il motivo è infondato nel merito, per le ragioni che si espongono di seguito.

12.4. Come già rilevato, i concorrenti erano tenuti a formulare l’offerta economica mediante la compilazione di tre listini, recanti gli sconti offerti rispetto ai prezzi posti a base di gara.

In particolare, nell’ambito del listino 1, è stata richiesta l’indicazione dell’offerta economica relativa ai servizi cloud, tra i quali figura il servizio di Public Cloud PSN Managed (v. doc. 11 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022), le cui caratteristiche sono illustrate in uno dei documenti che compongono l’allegato 3 – sub 5 al disciplinare di gara (doc. 8 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022).

Nel vademecum per il concorrente (v. doc. 4.2 delle ricorrenti principali del 21 luglio 2022 e doc. 3 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022) è stato poi specificato che tra gli elementi del progetto di fattibilità modificabili dai concorrenti rientrano i “Nominativi degli Hyperscaler (o CSP) e relativi servizi cloud per la fornitura di servizi negli ambiti Public Cloud PSN Managed, Secure Public Cloud, Hybrid Cloud on PSN Site (purché restino invariate caratteristiche degli accordi che stabiliscono i rapporti con gli hyperscaler, caratteristiche tecniche dei servizi cloud offerti, il numero di hyperscaler pari ad almeno 3, massima indipendenza dal singolo CSP, nessun servizio è erogato in modalità esclusiva, ecc.)”.

Al riguardo, occorre tenere presente che gli hyperscaler sono provider di servizi cloud che forniscono servizi scalabili, ossia in grado di aumentare e ridurre le prestazioni e funzionalità in base alle esigenze specifiche. Analogamente, per CSP si intendono i cloud service providers, ossia i fornitori di servizi cloud.

Con riferimento al servizio di Public Cloud PSN Managed, i concorrenti dovevano formulare la propria offerta, nel listino 1, in relazione a cinque cluster tipo, che “simulano diverse tipologie di PA” (doc. 8 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022).

12.5. In questo quadro, la tesi sostenuta dal ricorrente incidentale è che il RTI Fastweb, avendo dichiarato di ricorrere, per il servizio di Public Cloud PSN Managed, al CSP Google e, in particolare, alla soluzione GDCH, non sarebbe in grado di assicurare una serie di servizi elementari previsti dalla disciplina di gara, e ciò in quanto tali servizi non sarebbero previsti nell’ambito della predetta soluzione.

12.6. La tesi non può essere accolta, in quanto muove da un’impostazione metodologica non condivisibile.

Come detto, la disciplina di gara ha consentito ai concorrenti di modificare i nominativi dei CSP. Si è trattato di una scelta doverosa, atteso che una diversa opzione sarebbe risultata potenzialmente restrittiva della concorrenza.

La possibilità di modificare i CSP implica quella di modificare i servizi offerti, atteso che ogni provider fornisce servizi non esattamente identici a quelli degli altri. Ciò che è stato richiesto ai concorrenti è unicamente di assicurare l’equipollenza dei servizi offerti, così dovendo intendersi il riferimento alle “caratteristiche tecniche dei servizi cloud offerti” contenuto nel vademecum del concorrente.

Ciò posto, il ricorrente incidentale ritiene di interpretare la disciplina di gara nel senso che i concorrenti fossero tenuti, con riferimento al servizio di Public Cloud PSN Managed, ad assicurare esattamente tutti i singoli servizi elementari ipotizzati nell’ambito di tale più ampio servizio nel progetto di fattibilità. Una tale lettura, tuttavia, non trova riscontro espresso nella disciplina di gara e, ove accolta, determinerebbe potenzialmente una ingiustificata lesione della concorrenza, in quanto i servizi elementari ai quali fa riferimento la parte sono tratti da specifici listini, relativi a soluzioni diverse da quella indicata dal RTI Fastweb.

Posto che il RTI Fastweb si è impegnato a offrire il servizio di Public Cloud PSN Managed previsto dalla disciplina di gara e ha formulato la propria offerta rispetto ai cinque cluster indicati nel listino 1, l’equipollenza tecnica dei servizi va valutata sulla base della considerazione complessiva delle prestazioni offerte. Tale equipollenza non può, pertanto, essere esclusa sulla base della mera verifica meccanica della corrispondenza numerica tra i servizi elementari presenti nella proposta a base di gara e quelli che il ricorrente incidentale – sulla base di una interlocuzione informale mediante posta elettronica intercorsa con un dipendente di Google (doc. 25 e 25.1 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022) – ritiene disponibili sul mercato con riguardo alla soluzione GDCH.

Un tale modus procedendi, a ben vedere, non tiene conto del fatto che l’offerta richiesta ai concorrenti era basata sull’individuazione di cinque cluster tipo, costruiti sulla base di ipotetici diversi fabbisogni delle amministrazioni potenzialmente aderenti. Conseguentemente, l’eventuale non equipollenza dei servizi non può essere desunta dal meccanico confronto numerico dei servizi elementari, atteso che ciò che rileva è la valutazione complessiva dell’idoneità della soluzione prescelta dal RTI Fastweb ad assicurare un pari livello di funzionalità, a beneficio delle amministrazioni destinatarie, rispetto alla soluzione posta a base di gara.

L’errore di prospettiva nel quale incorre il ricorrente incidentale è reso ancor più evidente dal fatto che la parte non prende in considerazione (neppure al fine di escluderla motivatamente) la possibilità che la soluzione prescelta dal RTI Fastweb consenta eventualmente di accedere ad altri servizi elementari, diversi da quelli presenti nel listino considerato nel progetto di fattibilità, ma aventi funzionalità equipollenti o superiori. E ciò anche tenuto conto del fatto che, per il servizio di Public Cloud PSN Managed, il concorrente ha indicato nella propria relazione tecnica illustrativa i nominativi di due diversi hyperscaler, nell’ambito dei quattro complessivamente designati nell’offerta (doc. 16 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, § 2.1. pp. 5 s.).

Infine, la parte non considera che il RTI Fastweb ha affermato di avere “in essere diversi accordi e partnership strategiche con i CSP, il cui coinvolgimento è previsto nell’Offerta” (doc. 16 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, § 2.1. p. 6) e, pertanto, ben potrebbe richiedere al CSP Google o ad altro CSP la fornitura di servizi non previsti nei listini di mercato.

Le argomentazioni sviluppate dal ricorrente incidentale non sono quindi idonee a far emergere la non equipollenza dei servizi offerti dal RTI Fastweb rispetto alla proposta posta a base di gara.

12.7. Neppure è rilevabile una carenza di istruttoria al riguardo da parte dell’Amministrazione, atteso che le soluzioni Public Cloud PSN Managed del RTI Fastweb sono diffusamente illustrate nella relazione tecnica dell’operatore (doc. 16 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, § 2.4 e seguenti, pp. 17 ss.) e che, per le ragioni sopra dette, la Commissione di gara non era chiamata a procedere alla meccanica verifica quantitativa ipotizzata dal ricorrente incidentale.

12.8. Il RTI TIM allega, infine, che l’offerta del RTI Fastweb sarebbe di dubbia compatibilità con i prescritti criteri di sicurezza, in quanto non garantirebbe la permanenza nel territorio nazionale dei dati ospitati nei sistemi cloud indicati in sede di gara.

L’affermazione è, tuttavia, smentita:

- dalla relazione tecnica illustrativa del RTI Fastweb, recante un paragrafo dedicato al rispetto delle normative nazionali ed europee e alla conformità agli standard di sicurezza (doc. 16 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, § 1.19.4, pp. 99 ss.);

- dall’annesso alla predetta relazione tecnica, nel quale viene specificamente illustrato quanto attiene alla sovranità sull’infrastruttura, evidenziando che “il PSN si propone (...) come la componente che eroga servizi di infrastruttura digitale con la più elevata garanzia di sovranità sulle infrastrutture stesse, sul loro esercizio e sul dato ospitato, componendosi unicamente di architetture altamente affidabili e sicure, dotandosi di attrezzature, applicazioni e funzioni operative fisicamente, logicamente e, quindi, giuridicamente collocate nel territorio italiano sotto l’unica sovranità delle autorità italiane” (doc. 18 del ricorrente incidentale del 26 luglio 2022, § 2.2, p. 7).

12.9. Anche il quarto motivo va, perciò, respinto.

13. Sulla base di quanto sin qui esposto, il ricorso incidentale deve essere, quindi, rigettato.

14. Stante il parziale accoglimento dei motivi aggiunti delle ricorrenti principali del 3 settembre 2022, nei termini sopra detti, il Collegio deve quindi passare all’esame della domanda di subentro formulata dalle predette ricorrenti.

14.1. La domanda non può essere accolta, per le ragioni che si espongono di seguito.

14.2. L’articolo 48 del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, nel testo vigente alla data in cui la causa è stata trattenuta in decisione, reca le seguenti previsioni “In relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti funzionali, finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, si applicano le disposizioni del presente titolo, l’articolo 207, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché le disposizioni di cui al presente articolo” (comma 1) e “In caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui al comma 1 e nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, autorizzazione, approvazione e realizzazione delle opere finanziate in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, nonché in qualsiasi procedura amministrativa che riguardi interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR, si applica l’articolo 125 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. In sede di pronuncia del provvedimento cautelare si tiene conto della coerenza della misura adottata con la realizzazione degli obiettivi e il rispetto dei tempi di attuazione del PNRR” (comma 4).

14.3. Le ricorrenti sostengono che la disciplina ora richiamata non sarebbe applicabile alla controversia, in quanto soltanto con la legge 5 agosto 2022, n. 108, di conversione del decreto legge 16 giugno 2022, n. 68 – legge successiva all’aggiudicazione della gara e alla notifica del ricorso introduttivo del giudizio – l’ambito applicativo dell’articolo 48, comma 4, del decreto legge n. 77 del 2021 sarebbe stato esteso ai servizi, oltre che ai lavori.

La tesi, tuttavia, non può essere condivisa.

14.3.1. Deve, anzitutto, osservarsi che la legge n. 108 del 2022, di conversione del decreto legge n. 68 del 2022, ha introdotto nel testo del predetto decreto legge l’articolo 12-bis, il quale reca, al comma 7, le previsioni di modifica dell’articolo 48 del decreto legge n. 77 del 2021. Tali previsioni “recuperano” quelle già contenute all’articolo 3, comma 7, del decreto legge 7 luglio 2022, n. 85; decreto, quest’ultimo, che è stato abrogato dall’articolo 1, comma 2, della legge n. 108 del 2022, facendo salvi, tuttavia, gli effetti prodottisi sulla base delle disposizioni abrogate.

In altri termini, le modifiche dell’articolo 48 del decreto legge n. 77 del 2021 alle quali si riferiscono le ricorrenti principali sono state introdotte già con effetto dall’8 luglio 2022 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 85 del 2022) e poi mantenute in vigore dalla legge n. 108 del 2022, che le ha trasfuse nel decreto legge n. 68 del 2022, in sede di conversione di quest’ultimo decreto.

Tali previsioni, pertanto, erano già in vigore l’11 luglio 2022, data dell’aggiudicazione in favore del RTI TIM.

14.3.2. Peraltro, già antecedentemente al decreto legge n. 85 del 2022 e alla legge n. 108 del 2022, l’articolo 48, comma 4, del decreto legge n. 77 del 2021 si riferiva alle “procedure di affidamento di cui al comma 1”, ossia quelle “afferenti agli investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti funzionali, finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea”. L’articolo 12-bis, comma 7, lett. a), del decreto legge n. 68 del 2022 (introdotto dalla legge di conversione n. 108 del 2022) si è limitato ad aggiungere il riferimento anche ai “giudizi che riguardano le procedure di progettazione, autorizzazione, approvazione e realizzazione delle opere finanziate in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, nonché in qualsiasi procedura amministrativa che riguardi interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR”.

L’aggiunta non rileva ai fini della presente controversia, nella quale viene in considerazione proprio una procedura di affidamento relativa a un investimento previsto dal PNRR, come tale già contemplata espressamente nell’originaria formulazione testuale della previsione normativa.

14.3.3. In ogni caso, le disposizioni dell’articolo 48, comma 4, del decreto legge n. 77 del 2021 hanno una chiara valenza processuale, in quanto attengono ai poteri del giudice in ordine alla decisione della controversia, e non alla disciplina sostanziale del procedimento amministrativo.

Tali disposizioni sono, quindi, applicabili anche in relazione alle cause pendenti, secondo i principi (per l’applicazione ai giudizi pendenti degli articoli 245-bis e 245-ter del decreto legislativo n. 163 del 2006, nel testo novellato dal decreto legislativo n. 53 del 2010, concernenti la disciplina dell’inefficacia del contratto e del subentro cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 gennaio 2020, n. 77; Id., Sez. VI, 9 novembre 2010, n. 7980).

14.4. Sotto altro profilo, le ricorrenti sostengono che il comma 4 dell’articolo 48 del decreto legge n. 77 del 2021 non sarebbe applicabile, perché oggetto dell’affidamento sarebbe un’infrastruttura che non potrebbe essere considerata né come direttamente finanziata, né come finanziata in modo certo dal PNRR, essendo stata prevista soltanto la messa a disposizione di fondi che le pubbliche amministrazioni potranno utilizzare per la migrazione dei dati, non solo verso il PSN, ma verso qualsiasi cloud disponibile sul mercato.

14.4.1. Deve tuttavia rilevarsi che la previsione normativa fa riferimento a tutte le “procedure afferenti agli investimenti pubblici (...) finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR” e, quindi, reca una locuzione di portata volutamente ampia, da interpretare alla luce della relativa ratio, che è quella di accelerare la realizzazione delle opere previste dal PNRR e di scongiurare la perdita dei relativi finanziamenti.

Ne deriva che la previsione include nel proprio ambito applicativo non solo gli interventi oggetto di finanziamenti “diretti” e “certi” a carico del PNRR, come sostengono le ricorrenti, ma anche tutti gli interventi previsti nel predetto Piano, che vi collega specifiche milestone (traguardi corrispondenti a fasi rilevanti di natura amministrativa e procedurale), in modo tale che la realizzazione di tali interventi è funzionale al raggiungimento dei target (risultati attesi) e condiziona l’erogazione dei finanziamenti.

14.4.2. Il PSN rientra, pertanto, nell’ambito applicativo della previsione normativa in esame, senza che possa assumere rilievo, in senso contrario, il particolare meccanismo di erogazione del finanziamento previsto, il quale non è rivolto direttamente nei confronti della realizzazione dell’infrastruttura, bensì in favore delle amministrazioni che realizzano la migrazione dei dati.

14.5. Ciò posto, l’articolo 48, comma 4, del decreto legge n. 77 del 2021 rinvia all’articolo 125 cod. proc. amm., ove si prevede – per quanto qui rileva – che “Ferma restando l’applicazione degli articoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente” (comma 3, primo periodo).

14.5.1. Le ricorrenti sostengono che l’esclusione del subentro, contenuta nella previsione ora richiamata, sia resa inoperante dalla clausola con la quale viene fatto salvo l’articolo 121 cod. proc. amm. Evidenziano, in particolare, che tale articolo prevede l’inefficacia del contratto nel caso in cui l’aggiudicazione sia avvenuta “con procedura negoziata senza bando” (comma 1, lett. b). Tale situazione sarebbe riscontrabile, a loro avviso, con riferimento alla convenzione stipulata dal RTI TIM, laddove fossero accolte le censure articolate con i motivi aggiunti del 2 agosto 2022 e con il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti del 3 settembre 2022, dirette ad allegare che, in sede di stipulazione della convenzione, sarebbe stato modificato il contenuto dell’offerta dell’originaria aggiudicataria, procedendo sostanzialmente a una diretta negoziazione con il predetto RTI TIM (v. motivi aggiunti del 3 settembre 2022, pp. 31 s.).

14.5.2. La prospettazione non può essere condivisa, in quanto – indipendentemente dall’eventuale fondatezza delle censure richiamate dalle ricorrenti, delle quali va confermato l’assorbimento – l’articolo 121, comma 1, lett. b), cod. proc. amm. si riferisce al solo caso specifico in cui si sia fatto ricorso a una “procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”. La previsione normativa non attiene, pertanto, alla diversa ipotesi in cui l’Amministrazione non si sia affatto determinata a fare ricorso a una “procedura negoziata senza bando” o a un “affidamento in economia”, ma abbia invece fatto precedere l’affidamento da una procedura di finanza di progetto, nell’ambito della quale è in discussione unicamente un eventuale errore nell’applicazione della relativa disciplina normativa e, nella specie, di quella concernente l’esercizio della prelazione da parte del promotore.

14.6. Alla luce di quanto esposto, deve concludersi nel senso che il subentro – indipendentemente dalla relativa fattibilità tecnica, controversa tra le parti – sia escluso in radice nel presente giudizio, stante l’applicazione dell’articolo 125 cod. proc. amm., in forza del rinvio a tale disposizione contenuto nell’articolo 48, comma 4, del decreto legge n. 77 del 2021.

15. Deve, quindi, essere presa in esame la domanda di risarcimento per equivalente, proposta in via subordinata.

15.1. Le ricorrenti hanno quantificato complessivamente i danni subiti in euro 551.938.000,00 per la mandataria Fastweb e in euro 27.126.000,00 per la mandante Aruba.

Tali danni includerebbero: (i) i danni che le ricorrenti definiscono “diretti”, costituiti dai mancati margini ritraibili dalla commessa, quantificati in euro 130.848.000,00 per Fastweb e in euro 3.410.000,00 per Aruba; (ii) i danni che le ricorrenti qualificano come “indiretti”, derivanti da mancate o ridotte opportunità di c.d. sviluppo prodotto-mercato, quantificati in euro 383.091.000,00 per Fastweb e in euro 23.716.000,00 per Aruba; (iii) il danno di immagine subito da Fastweb sul mercato “consumer”, quantificato in euro 38.000.000,00.

Tali voci di danno, indicate nei motivi aggiunti del 3 settembre 2022, sono state oggetto della memoria del 14 settembre 2022, notificata alle controparti, nonché della perizia di parte allegata alla predetta memoria.

A tali voci andrebbe aggiunta una componente di danno da mancato reinvestimento per il tempo intercorrente dal 24 agosto 2022 (data della stipulazione della convenzione per il PSN) fino all’effettivo ristoro. Tale danno consisterebbe nel rendimento che le ricorrenti avrebbero tratto dalle maggiori risorse economiche ottenute in caso di aggiudicazione e dovrebbe essere determinato sulla base del costo medio ponderato del capitale (weighted average cost of capital o WACC), quale indicatore della redditività economica minima ritraibile dalle combinazioni produttive di un’impresa operante in un mercato concorrenziale (v. memoria del 14 settembre 2022, p. 5). Più in dettaglio, dalla lettura della relazione allegata alla memoria si evince che il WACC di Fastweb e Aruba è stato utilizzato al fine di attualizzare i flussi economici relativi ai danni stimati durante il periodo di durata della commessa.

15.2. Al riguardo, deve anzitutto ricordarsi che, secondo i principi, “L’azione risarcitoria va (...) ricondotta alle disposizioni dell’art. 30, comma 2, Cod. proc. amm. e dell’art. 2043 cod. civ.: il fatto costitutivo è l’illegittimità del provvedimento; l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, in materia di pubblici appalti, non è rilevante, né richiesto a presupposto della responsabilità della pubblica amministrazione; l’evento di danno (ingiusto) è appunto l’adozione del provvedimento illegittimo per avere la pubblica amministrazione esercitato l’attività amministrativa con incompetenza o in violazione di legge o eccesso di potere; le conseguenze pregiudizievoli risarcibili perché prodotte da tale evento di danno sono quelle direttamente e immediatamente causate dall’atto illegittimo” (Cons. Stato, Sez. V, 14 febbraio 2023, n. 1552; Id., 4 luglio 2022, n. 5554; Id., 30 novembre 2021, n. 7960). In questa prospettiva, “Il danneggiato è, dunque, tenuto a provare il nesso eziologico tra il danno ingiusto, costituito dal provvedimento illegittimo, e le dirette e immediate conseguenze pregiudiziali risarcibili (danno conseguenza). Nella materia dei pubblici appalti tali conseguenze consistono sostanzialmente nella perdita dell’aggiudicazione o nella perdita delle chances di aggiudicazione (...)” (Cons. Stato, n. 1552 del 2023, cit. e n. 5554 del 2022, cit.).

15.3. Facendo applicazione dei suddetti principi, deve osservarsi che la prima voce di danno richiesta dalle ricorrenti è costituita, come detto, dal danno che esse qualificano come “diretto”, consistente in quella parte di lucro cessante che è ascrivibile alla perdita degli utili derivanti dalla commessa.

15.3.1. Al riguardo, le medesime ricorrenti allegano che non è prevista la realizzazione di un utile da parte della società di progetto da costituire in caso di aggiudicazione, in quanto il ritorno economico previsto a beneficio dei soci deriva dalle prestazioni rese da Fastweb e Aruba nei confronti della predetta società di progetto. Gli utili discenderebbero, quindi, in tesi, dalla differenza tra i ricavi e i costi relativi a tali prestazioni.

15.3.2. Rileva il Collegio che il danno derivante dalla mancata percezione degli utili costituisce una conseguenza normale della perdita dell’aggiudicazione della commessa e, conseguentemente, deve ritenersi astrattamente sussistente nell’an.

Deve, tuttavia, osservarsi che, secondo quanto affermato dall’Adunanza plenaria, “il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell’aggiudicazione impugnata e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver utilizzato o potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione, può presumersi che l’impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori ovvero che avrebbe potuto riutilizzare, usando l’ordinaria diligenza dovuta al fine di non concorrere all’aggravamento del danno, a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum” (Ad. plen. n. 2 del 2017). La sussistenza, di regola, della possibilità di utile impiego dei fattori produttivi forma oggetto, infatti, di una presunzione semplice, “a sua volta fondata sull’id quod plerumque accidit, secondo cui l’imprenditore (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente un’attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative dalla cui esecuzione trae utili. Pertanto, in mancanza di prova contraria, che l’impresa che neghi l’aliunde perceptum può fornire anche sulla base dei libri contabili, deve ritenersi che essa abbia comunque impiegato proprie risorse e mezzi in altre attività, dovendosi quindi sottrarre al danno subito per la mancata aggiudicazione l’aliunde perceptum, calcolato in genere in via equitativa e forfettaria” (così ancora Ad. Plen., n. 2 del 2017).

15.3.3. Come correttamente rilevato dall’Avvocatura dello Stato, le ricorrenti non hanno fornito alcuna prova volta a escludere il c.d. aliunde perceptum, nonostante – come detto – questo debba essere ordinariamente presunto.

Tale presunzione è ulteriormente avvalorata, nel caso oggetto del presente giudizio, da due considerazioni: (i) la commessa ha una durata prevista di ben tredici anni, durante i quali le ricorrenti, operatori primari del settore, ragionevolmente saranno in condizione di destinare ad altre attività i fattori che ipotizzavano di impiegare nella realizzazione e gestione del PSN; (ii) la maggior parte delle pubbliche amministrazioni non sono obbligate alla migrazione dei propri dati verso il PSN, ma ben possono rivolgersi ad altri idonei servizi cloud: ciò comporta che le ricorrenti, le quali hanno già elaborato un progetto specifico per la realizzazione del PSN, sono astrattamente in condizione di offrire quegli stessi servizi previsti quale oggetto della commessa non solo nei confronti dei privati, come è naturale, ma anche in favore delle amministrazioni pubbliche, le quali, in luogo di aderire al PSN, ben potrebbero avvalersi di altri idonei operatori per la migrazione dei propri dati.

Ritiene il Collegio che, per queste ragioni, debba reputarsi equo riconoscere il danno derivante dalla mancata percezione degli utili nella misura del trentacinque per cento dell’ammontare totale degli stessi.

15.4. Come detto, le ricorrenti hanno domandato anche il risarcimento del danno da esse qualificato come “indiretto”, ossia il “danno curriculare con conseguente perdita di chance sui mercati di riferimento”, consistente “nei mancati utili differenziali che Fastweb e Aruba avrebbero ritratto, in caso di aggiudicazione della gara PSN, sia nel comparto pubblico (con riguardo alle PA che, dalle ipotesi sottostanti al PEF, non risultano aderenti al PSN) sia in quello privato per servizi analoghi”. Secondo le ricorrenti, infatti, “(...) l’aggiudicazione della gara PSN avrebbe indotto un positivo “effetto di trascinamento” sotto il profilo commerciale, tanto nel comparto pubblico quanto in quello privato, in maniera similare a quanto già avvenuto in passato con riguardo ad altre gare di cui le ricorrenti sono risultate aggiudicatarie” (v. motivi aggiunti del 3 settembre 2022, p. 33).

Più in dettaglio, tale “effetto di trascinamento” sarebbe “generato grazie all’incidenza di economie di scala, alla leadership indotta dalla realizzazione delle soluzioni tecnologiche previste dal PSN e allo sviluppo dell’attività commerciale” (v. ancora i motivi aggiunti del 3 settembre 2022, p. 33) e determinerebbe una crescita di fatturato in virtù dell’affermazione del marchio sul mercato, traducendosi in un incremento delle opportunità di c.d. selling (vendita dei servizi cloud oggetto del PSN anche alle amministrazioni non aderenti e ai privati), di c.d. up selling (vendita di quantitativi maggiori del servizio già erogato alle amministrazioni aderenti rispetto alle quantità preventivate) e di c.d. cross selling (vendita, a favore di tutte le amministrazioni e dei soggetti privati, di servizi ulteriori e complementari rispetto a quelli già erogati).

15.4.1. Al riguardo, deve tenersi presente che il risarcimento del danno presuppone che sia comprovato: (i) il nesso di causalità tra la condotta e l’evento lesivo, ossia la c.d. causalità materiale; (ii) “la sussistenza di conseguenze dannose, da accertare secondo un (distinto) regime di causalità giuridica che ne prefigura la ristorabilità solo in quanto si atteggino, secondo un canone di normalità e adeguatezza causale, ad esito immediato e diretto della lesione del bene della vita ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ. (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 4 agosto 2015, n. 3854)” (Cons. Stato, Sez. VI, 10 novembre 2022, n. 9875).

La giurisprudenza ha, inoltre, chiarito che “il danno curriculare, ancorato alla perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare, deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, ancorata (...) alla perdita di un livello di qualificazione già posseduta ovvero alla mancata acquisizione di un livello superiore, quale conseguenze immediate e dirette della mancata aggiudicazione; (...) alla mancata acquisizione di un elemento costitutivo della specifica idoneità tecnica richiesta dal bando oltre la qualificazione SOA (cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 aprile 2019, n. 2435; Id., sez. IV, 7 novembre 2014, n. 5497), sicché solo all’esito di tale dimostrazione, relativamente all’an, è possibile procedere alla relativa liquidazione nel quantum (anche a mezzo di forfettizzazione percentuale applicata sulla somma riconosciuta a titolo di lucro cessante: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5803) e sempre che non debba ritenersi che, trattandosi di impresa leader nel settore di riferimento, l’aver conseguito già un curriculum di tutto renda la mancata aggiudicazione di un appalto non idonea, per definizione, ad incidere negativamente sulla futura possibilità di conseguire le commesse economicamente più appetibili e, più in generale, sul posizionamento dell'impresa nello specifico settore di mercato in cui è chiamata ad operare (Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 2019, n. 689)” (Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2022, n. 9785).

15.4.2. Nel caso oggetto di controversia, i danni che le ricorrenti qualificano come “indiretti” non possono ritenersi provati nell’an.

15.4.3. In particolare, nella relazione tecnica depositata agli atti del giudizio, si afferma che la quantificazione dei danni “indiretti” si è basata “sulla quantificazione, sulla base della fattuale esperienza storica aziendale, delle performance registrate da FW in corrispondenza di un caso di aggiudicazione, da una parte, e di un altro caso di non aggiudicazione, dall’altro, di gare strategiche, affini e confrontabili alla Gara PSN” e che “In particolare, i riferimenti fattuali utilizzati sono quelli relativi a due lotti (...) della medesima gara indetta nel 2014 per “L’affidamento dei servizi di cloud computing, di sicurezza, di realizzazione di portali e servizi online e di cooperazione applicativa per le pubbliche amministrazioni – ID SIGEF 1403” (...), aggiudicata nel 2016 e le cui convenzioni sono ad oggi ancor attive” (v. relazione depositata dalle ricorrenti quale doc. 47.15 il 14 settembre 2022, p. 29). In questa prospettiva, “sulla base dei ricavi consuntivi di Fastweb e del totale del mercato sui rispettivi ambiti di riferimento dei due lotti già citati (Lotto Sicurezza e Lotto ICT Cloud) della Gara SPC, articolati per i due segmenti di clientela interessati dagli sviluppi strategici di Fastweb in tale

ambito (PA e Imprese Private, come già specificato), è stato calcolato: (i) il trend dei ricavi di FW nel periodo precedente (2014-2017) e successivo (2018-2021) alla Gara SPC nei rispettivi mercati di riferimento, Sicurezza e ICT Cloud; (ii) il trend dei ricavi nel mercato Sicurezza e nel mercato ICT Cloud nel periodo precedente (2014-2017) e successivo (2018-2021) alla Gara SPC; (iii) l’indice di over/underperformance che Fastweb ha registrato sui distinti segmenti, PA e Imprese Private, e sui distinti mercati, Sicurezza e ICT Cloud. Tale indice misura la maggiore/minore crescita del fatturato – calcolato come incidenza del fatturato medio 2018-2021 rispetto a quello 2014-2017 – di Fastweb rispetto al mercato nel caso di assegnazione/non assegnazione di una gara strategica” (v. ancora la relazione citata, pp. 29 s.).

In sostanza, le ricorrenti ritengono di aver subito un danno che dovrebbe essere stimato facendo riferimento all’incremento dei ricavi registrato durante il periodo di esecuzione di commesse precedentemente conseguite e ritenute affini al PSN.

15.4.4. Deve, tuttavia, osservarsi che il ragionamento seguito sconta un errore di impostazione metodologica, atteso che la relazione tecnica prodotta si occupa della quantificazione del danno che le ricorrenti allegano di aver subito, senza tuttavia dimostrare tale danno nell’an.

Come ben evidenziato dall’Avvocatura dello Stato, la circostanza che, nel periodo di esecuzione di una precedente commessa, Fastweb abbia ottenuto un incremento di ricavi sia nei confronti dei privati, sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni non dimostra, di per sé, che tale incremento sia dipeso dall’aggiudicazione di quella commessa e non invece da altri fattori, quale anzitutto il generale rilevante incremento della spesa pubblica nel settore delle tecnologie digitali nel periodo tra il 2014 e il 2021. D’altro canto, non sono stati presi in considerazione i tassi di crescita nei mercati di riferimento degli operatori concorrenti, come sarebbe stato necessario al fine di dimostrare che i maggiori ricavi delle ricorrenti nel periodo indicato siano effettivamente da imputare alla precedente commessa, e non invece a una tendenza generale del mercato.

15.4.5. Peraltro, in senso contrario al riscontro dell’allegato profilo di danno militano plurimi elementi, e in particolare:

(a) le pubbliche amministrazioni sono tenute ordinariamente, per l’acquisto di beni e servizi, a ricorrere a procedure di evidenza pubblica, per cui non si comprende in che modo l’aggiudicazione della gara PSN possa determinare una facilitazione nella vendita, a favore di tutte le amministrazioni, di servizi ulteriori e complementari rispetto a quelli già erogati nell’ambito del PSN;

(b) non può neppure ritenersi comprovato – in assenza di specifiche deduzioni ed elementi di prova – che tale facilitazione possa consistere nella maggiore qualificazione delle imprese, conseguibile con l’aggiudicazione del PSN e spendibile in occasione di altre future gare, considerato che già oggi le ricorrenti sono primari operatori del settore, in grado di competere per l’aggiudicazione delle gare di maggiore rilevanza tecnica ed economica (quale, tra l’altro, la gara per il PSN), e perciò verosimilmente in condizione di partecipare a qualsiasi futura gara, indipendentemente dal dato curricolare derivante dall’esecuzione della commessa oggetto di controversia;

(c) quanto alla possibile adesione al PSN di un numero di amministrazioni superiore a quello stimato e alla vendita alle pubbliche amministrazioni aderenti di una maggiore quantità di servizi oggetto del PSN rispetto a quanto previsto, deve tenersi presente che le stime relative all’adesione delle amministrazioni e alla vendita dei servizi oggetto del PSN sono state poste dalle stesse ricorrenti alla base dell’elaborazione del piano economico finanziario presentato in gara (peraltro, come detto, con una quantificazione al ribasso rispetto alla stima posta a base della procedura): non si comprende, pertanto, come tali stime possano essere superate, sulla base di congetture basate su altri scenari, al fine di riconoscere alle ricorrenti un risarcimento superiore rispetto ai margini di utile attesi ricavabili dal PEF;

(d) quanto al generale effetto positivo sull’immagine aziendale delle due società derivante dall’esecuzione della commessa, deve osservarsi che, come sopra detto, le ricorrenti sono primari operatori del settore, indipendentemente dall’esito della gara per il PSN; peraltro, le società hanno comunque ottenuto un ritorno positivo di immagine, in quanto sono risultate originariamente aggiudicatarie della procedura, mentre la circostanza che non eseguiranno effettivamente la prestazione è dovuta soltanto all’esercizio della prelazione da parte del promotore; sul punto, le ricorrenti si limitano a replicare facendo riferimento a presunti dati notori (“la mancata aggiudicazione di una procedura di un tal valore economico e ritenuta fondamentale dal governo per il perseguimento degli obiettivi di cui alla strategia cloud italiana è notoriamente un fattore che incide anche sull’immagine di società affermate e rendono del tutto ininfluente la circostanza di aver ottenuto il miglior punteggio complessivo” – replica del 24 settembre 2022, p. 33), ma in verità indimostrati, per cui anche sotto questo profilo le allegazioni appaiono prive di adeguato supporto probatorio;

(e) quanto alla vendita dei servizi cloud oggetto del PSN anche alle amministrazioni non aderenti e ai privati, non è dimostrato che la mancata aggiudicazione del PSN sia destinata a influire negativamente sulla capacità delle ricorrenti di attrarre la domanda proveniente dai privati e dalle amministrazioni pubbliche non aderenti al PSN, dovendo, semmai, osservarsi che Fastweb e Aruba, proprio in quanto non impegnate nella commessa del PSN, potrebbero persino risultare maggiormente competitive nei predetti segmenti di domanda.

15.4.6. Ritiene, pertanto, il Collegio che il danno “indiretto” richiesto dalle ricorrenti non possa essere riconosciuto, per difetto di prova sull’esistenza stessa di tale danno.

16. Posto, quindi, che il danno risarcibile è da individuare in misura corrispondente al trentacinque per cento degli utili non percepiti dalle ricorrenti durante il periodo di durata della commessa, il Collegio ritiene necessario, al fine della quantificazione e dell’attualizzazione di tale danno, provvedere alla nomina di un verificatore, secondo quanto di seguito indicato.

16.1. Il verificatore è individuato nell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, che provvederà mediante un’apposita commissione composta da tre dirigenti, in possesso di idonea professionalità, nominati dal Collegio dell’Autorità.

16.2. Il predetto verificatore è chiamato:

(a) a determinare, per ciascun anno di durata del rapporto, i margini di utile che le ricorrenti avrebbero tratto dalla commessa in caso di aggiudicazione;

(b) a indicare, per ciascuna annualità, l’ammontare del danno risarcibile, pari al 35 per cento dei margini di utile determinati;

(c) con riferimento agli eventuali margini di utile che sarebbero già maturati alla data della presente sentenza, a specificare se, a giudizio del verificatore, per l’attualizzazione dei relativi importi sia corretto seguire il criterio ordinario dell’applicazione degli interessi compensativi, nella misura del tasso di interesse legale, alle somme periodicamente rivalutate oppure sia da ritenere più adeguato un diverso criterio, provvedendo alla quantificazione dei danni attualizzati secondo la modalità individuata;

(d) con riferimento ai danni relativi ai margini di utile destinati a maturare successivamente alla data della presente sentenza, a individuare un idoneo criterio di attualizzazione, provvedendo alle relative quantificazioni.

16.3. Le parti provvederanno a fornire al verificatore tutta la documentazione occorrente, anche su richiesta dello stesso verificatore.

La verificazione sarà svolta assicurando il contraddittorio tra le parti, rappresentate a tal fine dai propri difensori e dai consulenti tecnici eventualmente nominati.

La relazione conclusiva della verificazione, recante in allegato la documentazione acquisita dal verificatore, sarà depositata in via telematica nel fascicolo di causa entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della presente sentenza.

17. In conclusione, alla luce di quanto sin qui esposto:

(i) il ricorso introduttivo del giudizio, come integrato mediante i motivi aggiunti del 22 luglio 2022, va dichiarato in parte inammissibile e per la restante parte improcedibile;

(ii) i motivi aggiunti del 2 agosto 2022 vanno dichiarati improcedibili;

(iii) i motivi aggiunti del 3 settembre 2022 devono essere accolti in parte, e per la restante parte vanno dichiarati improcedibili;

(iv) i motivi aggiunti del 15 novembre 2022 vanno dichiarati improcedibili;

(v) il ricorso incidentale deve essere respinto;

(vi) va riconosciuto il diritto delle ricorrenti al risarcimento del danno, secondo quanto sopra indicato, rinviando la relativa quantificazione all’esito dell’incombente istruttorio disposto.

18. La decisione sulle spese deve essere rinviata alla sentenza definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- in parte dichiara inammissibile e per la restante parte dichiara improcedibile il ricorso introduttivo del giudizio, come integrato mediante i motivi aggiunti del 22 luglio 2022;

- accoglie in parte e per la restante parte dichiara improcedibili i motivi aggiunti del 3 settembre 2022;

- dichiara improcedibili i motivi aggiunti del 2 agosto 2022 e i motivi aggiunti del 15 novembre 2022;

- respinge il ricorso incidentale;

- accerta il diritto delle ricorrenti al risarcimento del danno, nei sensi di cui in motivazione;

- dispone l’incombente istruttorio di cui in motivazione;

- fissa, per la prosecuzione della trattazione, l’udienza pubblica del 19 luglio 2023;

- rinvia la decisione sulle spese alla sentenza definitiva.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 25 gennaio e 22 febbraio 2023.

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia n. 4338 dello scorso 13 marzo, la Sezione I-bis del TAR Lazio si è soffermata sulla particolare tipologia contrattuale del project financing, in specie analizzando le modalità di scelta del promotore alla luce del diritto di prelazione.

Al riguardo la Corte ha affermato che l’articolo 183, comma 15, in tema di “Finanza di progetto”, prevede una procedura articolata in due fasi: i) in una prima fase, gli operatori economici possono presentare le proprie proposte all’Amministrazione, la quale valuta la relativa fattibilità, con facoltà di richiedere eventuali modifiche, e provvede quindi all’approvazione del progetto di fattibilità ritenuto d’interesse pubblico, riconoscendo per l’effetto all’operatore che lo ha presentato la veste di “promotore”; ii) nella seconda fase, viene indetta una gara, alla quale è invitato il promotore, sulla base del progetto di fattibilità approvato, e si prevede che “se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario. Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta (…). Se il promotore esercita la prelazione, l’originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta (…)”.

I Giudici laziali rilevano che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha avuto modo di approfondire il rapporto tra le suddette fasi della procedura della finanza di progetto nella sentenza n. 1 del 2012, pronuncia delle quale è richiamato (e condiviso) il principio di diritto, secondo cui: “nel procedimento di project financing, articolato in più fasi, la prima delle quali si conclude con la scelta, da parte della stazione appaltante, del promotore, l’atto di scelta del promotore determina una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto e un definitivo arresto procedimentale per i concorrenti non prescelti; tale atto è pertanto lesivo e deve essere immediatamente impugnato dai concorrenti non prescelti, senza attendere l’esito degli ulteriori subprocedimenti di aggiudicazione della concessione”.

Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza, il diritto di prelazione del “promotore”, nell’ambito della procedura della finanza di progetto di cui all’art. 183, comma 15, cit., spetta esclusivamente “se il promotore non risulta aggiudicatario”. Tale diritto è quindi implicitamente subordinato alla presentazione, da parte dell’operatore, di un’offerta ammissibile, effettivamente comparata con le altre e collocata nella graduatoria finale in una posizione diversa dalla prima (così, Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2022, n. 10627; Id., 10 febbraio 2020, n. 1005). In altri termini, “la partecipazione alla procedura selettiva e la valutazione della sua offerta [ossia dell’offerta del concorrente “promotore”] costituiscono condizione sine qua non per poter, eventualmente, esercitare il diritto di prelazione, ancorché lo stesso promotore non sia aggiudicatario della gara. Se così non fosse, se cioè si prescindesse dall’ammissione alla gara e dall’utile collocazione in graduatoria, si stravolgerebbe invero il senso e la portata prescrittiva delle disposizioni di cui al citato art. 183 del Codice dei Contratti pubblici” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2022, cit.).