Cons. Stato, sez. III, 21 ottobre 2022, n. 9020

L'esclusione dell'offerta, anche in assenza di un'espressa comminatoria in tal senso, può essere disposta nei casi in cui è la disciplina di gara a stabilire le qualità del prodotto che - con assoluta certezza - si qualifichino come caratteristiche minime; nel caso in cui non vi sia tale certezza, ma vi sia un margine di ambiguità circa l'effettiva portata delle clausole del bando, trova applicazione il principio residuale che impone di preferire l'interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell'interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività delle cause di esclusione. 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4995 del 2022, proposto dalla s.p.a. Cid, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Simone Uliana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la s.p.a. B. Braun Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi e Jacopo Emilio Paolo Recla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;

nei confronti

di E.S.T.A.R. - Ente di Supporto Tecnico-Amministrativo Regionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fausto Falorni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Cucciolla Maurizio Studio Grez & Associati in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
della Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 705/2022.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della s.p.a. B. Braun Milano e di E.S.T.A.R. - Ente di Supporto Tecnico-Amministrativo Regionale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2022 il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado la s.p.a. Braun Milano domandava l’annullamento dell’aggiudicazione, disposta in favore dell’odierna appellante CID S.p.A., del lotto n. 3 della “gara europea a procedura aperta per la conclusione di accordi quadro per la fornitura di stent coronarici per le aziende sanitarie ed enti del SSR della Regione Toscana”, gestita da ESTAR in nome e per conto della Regione Toscana, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 95, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, valutato con riferimento ai criteri di “qualità” (punti 70) e di “prezzo” (punti 30).

1.1. All’esito della svolta selezione, la società appellata si classificava al primo posto con un punteggio di 100/100, mentre veniva graduata al secondo posto la società Braun con 80,37204 punti.

1.2. Nel costrutto giuridico posto a fondamento della domanda azionata in prime cure, l’aggiudicataria CID avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, in quanto:

i) non avrebbe offerto un dispositivo medico “di più recente immissione in commercio” come, invece, richiesto dalla lex specialis (art. 16 del disciplinare - rubricato “Offerta Tecnica”);

ii) in sede di autodichiarazione del possesso della suddetta qualità, sollecitata dalla stazione appaltante, avrebbe reso una dichiarazione inidonea;

iii) non avrebbe reso la dichiarazione in argomento ai sensi del D.P.R. 445/2000, come invece espressamente richiesto dalla stazione appaltante;

iv) la mancanza di un richiamo espresso alla fonte normativa dell’auto-responsabilità (unitamente alla difformità della dichiarazione resa rispetto a quella richiesta) avrebbe dovuto condurre l’Ente a compiere immediatamente un approfondimento istruttorio, dal quale sarebbe emersa l’insussistenza del requisito dichiarato e quindi l’inidoneità della dichiarazione, vieppiù in considerazione dell’istanza di autotutela presentata dalla Braun;

v) atteso il contenuto quantomeno fuorviante della dichiarazione resa da CID, si sarebbe dovuta escludere quest’ultima anche ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis e, comunque, dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis del d.lgs. 50/2016;

vi) in via estremamente subordinata avrebbe dovuto essere rilevata l’illegittimità del disciplinare ove interpretato nel senso che - mediante la richiesta di un dispositivo medico di “più recente immissione in commercio” – fosse consentito offrire anche prodotti di “ultima generazione” ancorché non qualificabili come di più recente immissione in commercio;

vii) la certificazione CE inerente al prodotto offerto da CID sarebbe scaduta il 12 luglio 2021.

2. A conclusione del giudizio di primo grado il TAR accoglieva il ricorso a tali fini, affermando che l’aggiudicataria CID doveva essere esclusa, avendo offerto in gara un dispositivo, lo stent “Cre8”, immesso in commercio nel 2011, pur pacificamente disponendo di un prodotto di più recente immissione in commercio, lo stent “Cre8Evo”.

2.1. A sostegno di tale, assunto il primo giudice adduceva che “il disciplinare prescrive in termini di sicura obbligatorietà il possesso del requisito della “più recente immissione in commercio”, attraverso l’utilizzo del verbo “dovere” all’indicativo futuro”.

2.2. Nel costrutto del TAR, pur non essendo corredata da una espressa comminatoria di esclusione, la previsione sull’epoca di immissione in commercio del dispositivo si sarebbe dovuta leggere comunque in termini di obbligatorietà, ciò in ragione non soltanto del tenore testuale delle espressioni utilizzate dalla stazione appaltante “ma anche nel comportamento tenuto da E.S.T.A.R. nel corso della gara, che riveste il valore di canone interpretativo concorrente della volontà della stazione appaltante (art. 1362 co. 2 c.c.)” e, segnatamente, in virtù della richiesta di chiarimenti indirizzata ai concorrenti affinché confermassero di avere offerto il dispositivo medico di più recente immissione in commercio, con esplicito rinvio alla previsione del disciplinare e al termine di scadenza per la presentazione delle offerte: una richiesta rafforzata dal richiamo all’art. 76 del d.P.R. n. 445/2000, recante le sanzioni penali per il rilascio di dichiarazioni false, e non altrimenti spiegabile se non con la volontà di E.S.T.A.R. di ritenere dirimente, ai fini della partecipazione alla gara, il possesso del requisito.

3. Avverso il suindicato decisum, con il mezzo qui in rilievo, ha proposto appello la società CID, lamentando, anzitutto, l’inammissibilità del ricorso promosso dall’odierna appellata Braun per la mancata evocazione in giudizio della Regione Toscana quale contraddittore necessario.

Il TAR aveva, infatti, ravvisato sul punto la sussistenza dei presupposti di configurabilità dell’errore scusabile, rimettendo così in termini la Braun onde integrare il contraddittorio.

3.1. Con il secondo motivo di appello, CID deduce l’erroneità della pronuncia impugnata, perché non avrebbe tenuto conto del fatto che lo stent modello “Cre8™” sarebbe quello “di più recente immissione in commercio” in possesso di tutte le caratteristiche tecniche “di minima” elencate nell’allegato C.H.1 tra cui anche quella della “presenza di almeno uno studio clinico sugli outcome a lungo termine”, di cui, viceversa, era privo il “Cre8™ EVO”; e ciò vieppiù in considerazione del fatto che il disciplinare sanzionava con l’esclusione esclusivamente l’offerta di stent privi di uno o più dei requisiti tecnici “di minima” elencati nell’allegato C.H.1.

L’art. 16 del disciplinare faceva, infatti, esclusivo riferimento alle “caratteristiche minime stabilite nel capitolato prestazionale” e l’art. 3 del capitolato prestazionale rinviava all’allegato C.H.1. Pertanto, il TAR non avrebbe potuto rinvenire in via di interpretazione sistematica altre sanzioni espulsive non espressamente contemplate nei documenti di gara. D’altro canto, cadrebbe in errore il TAR laddove sostiene che il modello “Cre8™” sarebbe la “… versione precedente” del “Cre8™ EVO”, trattandosi invece di prodotti diversi posti in rapporto di alternatività.

3.2. I primi giudici nemmeno avrebbero potuto desumere l’obbligatorietà del requisito in argomento dal tenore della richiesta di chiarimenti che ESTAR successivamente indirizzava ai concorrenti affinché confermassero di avere offerto il dispositivo medico di più recente immissione in commercio. Tale richiesta si sarebbe dovuta leggere come semplice ‘raccomandazione’ che i prodotti da offrire fossero rispondenti allo stato più evoluto della ricerca scientifica e tecnologica nel settore oggetto di gara.

3.3. L’interpretazione fatta propria dal TAR sarebbe illogica, in quanto finirebbe per avvantaggiare aziende che hanno immesso sul mercato un prodotto “nuovo”, ma di qualità tecnica inferiore rispetto a dispositivi meno recenti ma di qualità più elevata. La riprova si coglierebbe proprio negli sviluppi della procedura di gara: l’interpretazione condivisa dal TAR condurrebbe al risultato di scartare dispositivi del tutto aderenti al capitolato quanto a specifiche tecniche e che hanno conseguito in gara il miglior punteggio tecnico-qualitativo in termini assoluti tra tutti quelli offerti e valutati dalla commissione giudicatrice.

3.4. Posto che l’allegato C.H.1 indicava tra le caratteristiche “essenziali” del prodotto da offrire la “presenza di almeno uno studio clinico sugli outcome a lungo termine”, CID ha consapevolmente e legittimamente deciso di proporre nel lotto 3 il “Cre8™” e non il “Cre8™ EVO”, in quanto, al momento della sua partecipazione, quest’ultimo era privo dello studio clinico de quo.

Non sarebbe, dunque, condivisibile l’assunto del TAR secondo cui CID avrebbe dovuto offrire il suo prodotto più recente, corredato di una dichiarazione di equivalenza, sia perché per un concorrente la possibilità di proporre in gara prodotti ipoteticamente equivalenti rimane una facoltà e non un obbligo, sia perché essa sarebbe incorsa nel rischio di esclusione nel caso in cui la commissione giudicatrice avesse ritenuto non trasferibile al “Cre8™ EVO” la letteratura scientifica formatasi sul “Cre8™”.

4. Si è costituito in giudizio ESTAR, che ha concluso per l’accoglimento dell’appello.

4.1. Resiste, invece, in giudizio la società Braun, che ha altresì riproposto ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 101 del cod. proc. amm. le ulteriori ragioni di doglianza non esaminate dal TAR siccome rimaste assorbite nella statuizione di accoglimento.

5. Con l’ordinanza n. 3564 del 22 luglio 2022, emanata all’esito dell’udienza camerale del 21 luglio 2022, questa Sezione ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado, ritenendola condivisibile “nella parte in cui accredita, in luogo di quella privilegiata dal TAR, un’interpretazione sistematica della clausola contenuta nell’articolo 16 del disciplinare siccome non presidiata di per sé stessa da misure espulsive e dunque da coordinare con il diverso regime prescritto per i requisiti di minima, di guisa che, anche in ossequio al principio del favor partecipationis, la condizione essenziale richiesta dalla legge di gara può ritenersi integrata dalla fornitura del prodotto più recente fra quelli in possesso delle caratteristiche tecniche minime previste dal capitolato”.

Con il richiamato provvedimento veniva, altresì, evidenziato che “essendo l’appalto già in esecuzione, nel bilanciamento tra le contrapposte esigenze va assegnata prevalenza all’interesse pubblico alla continuità della fornitura dei dispositivi medici qui in rilievo anche in ragione della delicata funzione che assolvono nella terapia di gravi patologie coronariche”.

5.1. Le parti, in vista dell’udienza di trattazione del merito del ricorso, hanno depositato memorie ed hanno replicato a quelle avversarie.

5.2. All’udienza del 6 ottobre 2022 l’appello è stato trattenuto in decisione.

6. L’appello è fondato e, pertanto, va accolto con conseguente riforma della decisione di primo grado.

7. Segnatamente, e in ossequio al criterio cd. della ‘ragione più liquida’, va condiviso il secondo motivo di appello, con il quale la società appellante si duole dell’approdo interpretativo della legge di gara privilegiato dal giudice di prime cure.

7.1. Al fine di un compiuto inquadramento della res iudicanda giova riproporre il contenuto precettivo delle previsioni della lex specialis, focalizzando l’attenzione, anzitutto, sul paragrafo 16 del disciplinare, rubricato “offerta tecnica”, per il quale si prevedeva che “L’offerta tecnica deve rispettare le caratteristiche minime stabilite nel capitolato prestazionale, pena l’esclusione dalla procedura di gara, nel rispetto del principio di equivalenza di cui all’art. 68 del Codice.

Si precisa che il CND è puramente indicativo e non vincolante ai fini della partecipazione alla presente procedura.

Le Ditte partecipanti dovranno offrire, per ogni lotto partecipato, il dispositivo medico di più recente immissione in commercio”.

7.2. Orbene, da tali previsioni emerge che la comminatoria di esclusione è stata espressamente prevista a presidio esclusivamente delle caratteristiche ‘di minima’ indicate nell’allegato al capitolato prestazionale, denominato “allegato C.H.1”, il quale individua, tra dette caratteristiche ‘di minima’, tra le altre, la “Presenza di almeno uno studio clinico sugli outcome a lungo termine”.

7.3. Di contro, l’ulteriore previsione secondo cui “Le Ditte partecipanti dovranno offrire, per ogni lotto partecipato, il dispositivo medico di più recente immissione in commercio”, non risulta presidiata da un’analoga misura espulsiva.

Pur tuttavia, è ius receptum in giurisprudenza il principio, da intendersi qui ribadito, secondo cui la mancata previsione di un’esplicita clausola espulsiva non vale a impedire l’esclusione di un’offerta, ove questa, sulla base della disamina dello specifico quadro regolatorio di riferimento, risulti priva delle qualità da ritenersi essenziali nell’economia della legge di gara.

In siffatte evenienze viene, infatti, a determinarsi la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell'accordo necessario per la stipula del contratto da cui deriverebbe necessariamente, oltre ad un pregiudizio per l'interesse perseguito dalla stazione appaltante, risolvendosi una simile difformità in un aliud pro alio, anche una chiara lesione del principio della par condicio partecipationis.

Si è, così, condivisibilmente affermato in giurisprudenza che l’esclusione dell’offerta, anche in assenza di un’espressa comminatoria in tal senso, può essere disposta unicamente nei casi in cui la disciplina di gara preveda le qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime, mentre - nel caso in cui non vi sia tale certezza, ma vi sia un margine di ambiguità circa l’effettiva portata delle clausole del bando - trova applicazione il principio residuale che impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività delle cause di esclusione (Consiglio di Stato , sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1192; Cons. St., sez. III, 14 maggio 2020, n. 3084; Cons. St., sez. III, 11 dicembre 2019, n. 8429; Cons. St. sez. V, 25 luglio 2019, n.5260; C.d.S. Sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4804; Sez. III, 1° luglio 2015, n. 3275; Sez. V, 17 febbraio 2016, n. 633, 23 settembre 2015, n. 4460).

Orbene, mentre nel caso di introduzione di un espresso presidio sanzionatorio l’essenzialità del requisito trova esplicito e formale riscontro nella stessa disciplina di riferimento, negli altri casi la ineludibilità del possesso di determinate caratteristiche e qualità va verificata in concreto attraverso l’interpretazione degli atti di gara da svolgere secondo gli ordinari canoni ermeneutici, di guisa che è nella descrizione che se ne fa nella disciplina di gara che deve emergere la natura di qualità essenziale delle singole caratteristiche della prestazione richiesta.

Tanto premesso, a giudizio del Collegio, si deve considerare che il precetto in argomento (nella parte in cui chiedeva ai concorrenti di offrire il dispositivo medico di più recente immissione in commercio) ha previsto la ‘doverosità’, nel senso che l’offerta di ciascuna ditta partecipante dovesse essere conforme a tale parametro.

Tale opzione è invero accreditata dalla specifica proposizione letterale all’uopo utilizzata dalla stazione appaltante per richiedere una prestazione qualificata dalle caratteristiche in argomento, prevedendosi che “Le Ditte partecipanti dovranno offrire, per ogni lotto partecipato, il dispositivo medico di più recente immissione in commercio”.

Va richiamato il principio secondo cui la lex specialis di gara deve essere interpretata in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in essa contenute vincolano rigidamente l'operato dell'amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità; tanto in ragione sia dei principi dell'affidamento che di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis medesima (Consiglio di Stato sez. III, 8 luglio 2021, n. 5203).

D’altro canto, diversamente opinando, e cioè considerando la previsione come mera ‘raccomandazione’, la disposizione in commento risulterebbe di fatto svuotata del suo contenuto precettivo, viceversa fatto palese dalla declinazione in termini di doverosità del comportamento richiesto.

Né pare dubbia la rilevanza della qualità richiesta siccome strettamente funzionale all’esigenza della stazione appaltante di approvvigionarsi di prodotti tecnologicamente più evoluti.

7.4. Oltre a rilevare il testo della previsione per la quale l’offerta di ciascuna ditta partecipante avrebbe dovuto essere conforme a tale parametro, va richiamata la formula utilizzata dalla stazione appaltante, la quale comporta solo un’applicazione restrittiva del parametro selettivo in argomento nel senso di giustificare una statuizione di esclusione dalla gara solo di quelle offerte che obiettivamente riflettano la mancanza di una qualità essenziale, circostanza che nella specie potrebbe essere individuata nei soli casi in cui l’offerta facesse riferimento a tecnologie del medesimo modello oramai superate da successive versioni.

Si deve viceversa ritenere insufficiente, ai fini qui in rilievo, una valutazione ancorata al solo dato cronologico riferito a modelli diversi e, comunque, ove non risulti provata, quanto al possesso dei requisiti di minima e delle altre caratteristiche tecniche rilevanti nella procedura competitiva, la piena sovrapponibilità.

7.5. E, infatti, il mero riferimento contenuto negli atti di gara al “dispositivo medico di più recente immissione in commercio”, quale indice dell’avanzamento tecnologico di un determinato prodotto, non consente di orientarsi nella selezione delle offerte da ritenersi conformi sulla base del solo dato cronologico se non si individua in modo puntuale il relativo termine di comparazione, che va individuato alla stregua dei contenuti specifici della singola legge di gara, segnatamente in considerazione delle caratteristiche tecniche della fornitura ivi specificamente richieste.

Nel ventaglio delle opzioni esegetiche astrattamente possibili, tutte compatibili con il valore semantico della proposizione in esame, ben si armonizza con il suddetto principio regolatorio la soluzione qui accreditata dalla società appellante, secondo cui tale regola andrebbe contestualizzata e, dunque, calibrata sulla specifica procedura di gara, declinandosi in definitiva come riferita non già a qualsivoglia dispositivo prodotto dalla singola azienda, ma ai soli dispositivi espressione del medesimo modello in catalogo e in possesso dei requisiti tecnici di minima previsti dal capitolato. E’ solo in presenza della suddetta minimale accezione che ciascun operatore avrebbe dovuto offrire tra più dispositivi, a parità dunque di condizioni, quello di più recente immissione in commercio.

Il requisito della più recente immissione in commercio deve, dunque, essere letto non in senso assoluto, ma in senso relativo, riferito cioè alle circostanze di contesto evincibili dalla procedura di gara e, dunque, nella specie, inteso come riferibile al prodotto che sia corredato, tra gli altri, dal possesso dei requisiti di minima.

E proprio nel solco di tali coordinate – in mancanza di elementi di segno contrario - si pone il dispositivo offerto da CID, CRE8, che resta di “più recente immissione in commercio” in quanto l’unico nella gamma dei dispositivi trattati dall’appellante in grado di riscontrare le caratteristiche di minima richieste dal capitolato, presidiate questa volta espressamente da una clausola esclusione.

Una simile lettura del disciplinare di gara, infatti, è pienamente allineata ai consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compresi i bandi di gara, soggiace alle stesse regole dettate dagli articoli 1362 ss. del codice civile per l'interpretazione dei contratti, tra le quali ha carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale - con esclusione di ogni ulteriore procedimento ermeneutico in caso di clausole assolutamente chiare - ma, in caso di omissioni od ambiguità delle singole clausole, con la necessità del ricorso ad altri canoni ermeneutici, tra cui quello dettato dall'articolo 1363 del codice civile e quello dell'interpretazione secondo buona fede; corollario in materia di procedure di gara ad evidenza pubblica è la necessità di garantire il principio del favor partecipationis secondo il quale, in caso di clausole del bando ambigue o dubbie, va scelta la soluzione che tende ad estendere la platea dei partecipanti alla gara, piuttosto che la soluzione restrittiva della partecipazione, al fine di realizzare l'interesse dell'amministrazione alla selezione della migliore offerta presentata tra quelle concorrenti (Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2020, n. 4599).

7.6. Vero è che, con nota del 7 aprile 2021, ESTAR riteneva necessario acquisire sul punto un mirato chiarimento dalle ditte partecipanti, alle quali chiedeva di confermare, richiamando in parentesi l’art. 76 del DPR 445/2000, “che lo stent (CRE8) offerto nel lotto n. 3 è il dispositivo medico di più recente immissione in commercio, come previsto a pag. 29 del Disciplinare di gara, tenuto conto della scadenza delle offerte 30/11/2020”.

Tale richiesta, tuttavia, non consente di sovrapporre un diverso significato alla regula iuris per come fin qui ricostruita, muovendosi la sollecitazione in argomento pur sempre nel contesto degli atti di gara all’interno dei quali, dunque, vanno colti l’esatto significato del requisito prestazionale richiesto e le conseguenze della eventuale inadempienza, sicché, sul punto, va fatto rinvio alle considerazioni sopra svolte.

7.7. In tal senso, va richiamata la giurisprudenza che, rispetto a controversie di analogo contenuto ove veniva però in rilievo il diverso parametro selettivo che chiedeva l’offerta di prodotti di “ultima generazione in commercio”, ha ritenuto “preferibile ritenere, pertanto, che la disposizione del capitolato in esame possa essere intesa nel senso di prevedere l’obbligo per l’impresa partecipante di fornire, del modello offerto, la più aggiornata versione in commercio, purché conforme alle esigenze del servizio messo a gara. Il focus della valutazione di adeguatezza si sposta, quindi, sulla considerazione degli specifici requisiti tecnici ai quali, ai sensi del capitolato di gara, le strumentazioni offerte dovevano conformarsi” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 6 luglio 2022, n. 5627; Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2019, n. 1536; Cons. Stato, Sez. III, 18 aprile 2019, n. 2536; Cons. St. 15 marzo 2019, n. 1713).

7.8. In definitiva, richiedere il dispositivo di più recente immissione in commercio – in assenza di ulteriori e più perspicue indicazioni - significa richiedere la versione del dispositivo più aggiornata in commercio tra quelle esistenti per i dispositivi rispondenti alle caratteristiche minime poste a pena di esclusione.

8. Né ad un diverso approdo conduce la disamina delle ulteriori doglianze qui riproposte, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 101 comma 2 del cod. proc. amm., dall’appellata Braun e rimaste assorbite nella statuizione giurisdizionale di accoglimento del ricorso di primo grado.

E, invero, la lettura qui condivisa della concreta portata precettiva delle previsioni di gara in ordine al requisito richiesto, quanto cioè all’offerta di un dispositivo di “più recente immissione in commercio”, assorbe le doglianze di Braun che impingono nel preteso contrasto tra la richiesta di chiarimento formulata da Estar e il riscontro fornito dall’aggiudicataria.

8.1. E, infatti, CID ha confermato, con la dichiarazione del 9 aprile 2021, che “il dispositivo stent medicato Cre8 (….) è il prodotto di ultima generazione che aderisce, per le proprie caratteristiche, ai requisiti richiesti”, offrendo un contributo ricostruttivo del tutto coerente con il significato corretto della legge di gara, per come sopra interpretata.

8.2. Muovendo da tale premessa, va dunque respinta anche l’ulteriore doglianza che impinge nel carattere non veritiero o quantomeno fuorviante della dichiarazione resa da CID ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera f bis, ovvero dell’art. 80, comma 5, lettera c) bis, del d. lgs. 50/2016.

Di contro, come detto, la dichiarazione resa intercetta il significato più ragionevole evincibile dalla formulazione del disciplinare di gara.

Né peraltro la fedeltà rappresentativa della suddetta dichiarazione risulta in fatto smentita alla stregua delle emergenze di causa.

8.3. Nemmeno può dubitarsi, sotto diverso profilo, della valenza impegnativa che tale dichiarazione assumeva, avuto riguardo anche alle relative circostanze di contesto, sebbene non vi fosse un esplicito riferimento al disposto di cui all’art. 76 del d.P.R. n. 445/2000.

8.4. Non condivisibili si rivelano, poi, le ulteriori deduzioni che involgono, in apice, il disciplinare di gara ove comporti un allineamento tra i concetti di “più recente immissione in commercio” e “ultima generazione”.

Come già sopra anticipato, la prima statuizione, a differenza di quanto sostenuto da Braun, non ha una declinazione applicativa rigida e cogente nei termini prospettati dalla suddetta società, ben potendo essere inteso – e peraltro anche preferibilmente – come riferito, in una visione sistemica della disciplina di gara, a quei prodotti che posseggano i requisiti minimi richiesti.

8.5. Non condivisibile, infine, si rileva anche la residua doglianza con cui Braun ripropone l’originaria censura sulla produzione di una certificazione CE, di cui era prevista la scadenza per il 12 luglio 2021.

Sul punto, come efficacemente rilevato da ESTAR, la certificazione era efficace alla data fissata per la presentazione delle domande di partecipazione, sicché la necessità del rinnovo della certificazione è sopraggiunta in corso di gara e si è documentato (attraverso la certificazione dell’Istituto Superiore di Sanità n. EPG – 0333 – 21) che Cid S.p.a. avesse conseguito il rinnovo della certificazione CE in data 4 maggio 2021.

A conforto del proprio operato, ESTAR richiama, dunque, un principio già affermato da questa Sezione ( cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2017, n. 2022), per il quale “la scadenza di una certificazione durante la gara costituisce un evento del tutto naturale, trattandosi di documento avente una durata determinata: la scadenza della certificazione in pendenza della procedura di gara non può andare a detrimento dell'impresa quando è provato che la certificazione è stata rinnovata alla scadenza e che non vi è stata soluzione di continuità circa il possesso del requisito.

La tesi dell'appellante incidentale, secondo cui l'impresa avrebbe dovuto essere esclusa a causa della scadenza della certificazione di qualità si appalesa del tutto irragionevole e sproporzionata, in quanto ciò che rileva è la titolarità della certificazione che assicura alla stazione appaltante la qualità del servizio assegnato, a prescindere dalle vicende di ordine "burocratico" relative ai tempi necessari per ottenere il suo rinnovo da parte dell'organismo competente.

Nel caso di specie, al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la certificazione era valida ed era quindi pienamente efficace in quanto scadente il giorno successivo.

Alla sua scadenza la certificazione è stata tempestivamente rinnovata … Né può ritenersi che la concorrente per non incorrere nell'esclusione avrebbe dovuto produrre anche la richiesta di rinnovo della certificazione, in quanto l'impresa è onerata dall'obbligo di richiedere il rinnovo solo alla scadenza del documento e al momento della presentazione della domanda la certificazione era ancora valida”.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, s’impone il rigetto del ricorso di primo grado.

Le spese del doppio grado di giudizio, data la complessità della vicenda, possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello n. 4995 del 2022, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2022.

 

 

Guida alla lettura

Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ha ribadito come costituisce ius receptum - in giurisprudenza - il principio secondo cui la mancata previsione di un’esplicita clausola espulsiva non vale a impedire l’esclusione di un’offerta, ove questa, sulla base della disamina dello specifico quadro regolatorio di riferimento, risulti priva delle qualità da ritenersi essenziali nell’economia della legge di gara. Secondo i giudici di Palazzo Spada, infatti, in tali evenienze viene a determinarsi la mancanza di un “elemento essenziale” per la formazione dell'accordo necessario per la stipula del contratto, «da cui deriverebbe necessariamente, oltre ad un pregiudizio per l'interesse perseguito dalla stazione appaltante, risolvendosi una simile difformità in un aliud pro alio, anche una chiara lesione del principio della par condicio partecipationis».

Alla luce di quanto sopra detto, si è, quindi, affermato in giurisprudenza che l’esclusione dell’offerta, anche in assenza di un’espressa comminatoria in tal senso, può essere disposta unicamente nei casi in cui la disciplina di gara preveda le qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime, mentre - nel caso in cui non vi sia tale certezza, ma vi sia un margine di ambiguità circa l’effettiva portata delle clausole del bando - trova applicazione il principio residuale che impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività delle cause di esclusione (in giurisprudenza, si veda, ex plurimis, Cons. Stato, n. 1192/2022, n. 3084/2020, n. 8429/2019 e n. 5260/2019).

Orbene, secondo il giudice di seconde cure, «mentre nel caso di introduzione di un espresso presidio sanzionatorio l’essenzialità del requisito trova esplicito e formale riscontro nella stessa disciplina di riferimento, negli altri casi la ineludibilità del possesso di determinate caratteristiche e qualità va verificata in concreto attraverso l’interpretazione degli atti di gara da svolgere secondo gli ordinari canoni ermeneutici, di guisa che è nella descrizione che se ne fa nella disciplina di gara che deve emergere la natura di qualità essenziale delle singole caratteristiche della prestazione richiesta».

Peraltro, nell’applicazione dei principi sopra richiamati, va anche, e comunque, rispettato pure quello secondo cui la lex specialis di gara deve essere interpretata in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in essa contenute vincolano rigidamente l'operato dell'amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità; tanto in ragione sia dei principi dell'affidamento che di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis stessa. Si consideri inoltre, secondo quanto evidenziato dal Consiglio di Stato, che l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compresi i bandi di gara, «soggiace alle stesse regole dettate dagli articoli 1362 ss. del codice civile per l'interpretazione dei contratti, tra le quali ha carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale - con esclusione di ogni ulteriore procedimento ermeneutico in caso di clausole assolutamente chiare - ma, in caso di omissioni od ambiguità delle singole clausole, con la necessità del ricorso ad altri canoni ermeneutici, tra cui quello dettato dall'articolo 1363 del codice civile e quello dell'interpretazione secondo buona fede»; corollario in materia di procedure di gara ad evidenza pubblica, è, infatti, la necessità di garantire il principio del favor partecipationis secondo il quale, in caso di clausole del bando ambigue o dubbie, va scelta la soluzione che tende ad estendere la platea dei partecipanti alla gara, piuttosto che la soluzione restrittiva della partecipazione, al fine di realizzare l'interesse dell'amministrazione alla selezione della migliore offerta presentata tra quelle concorrenti.