Cons. Stato, Sez. V, 6 settembre 2022, n. 7756

(…) La disciplina della revisione del prezzo dei contratti pubblici di appalto di fornitura di beni e di servizi prevista dal comma 4, art. 6, della legge n. 537/1993, come sostituito dall'art. 44 della legge n. 724/1994 (applicabile ratione temporis al contratto di cui è causa) ha previsto l’obbligo di inserimento nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa delle clausole di revisione prezzi. (...) Analogamente il successivo art. 115 del D. Lgs. n. 163/2006 ha previsto l’obbligo di introdurre nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa una clausola di revisione periodica del prezzo, da attivare a seguito di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili sulla base dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura pubblicati annualmente a cura dell'Osservatorio dei contratti pubblici. (...) I risultati del procedimento di revisione prezzi, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, sono quindi espressione di una facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge. (...) Dunque, la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria, in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante, che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

(...) Ne deriva che sarà sempre necessaria l'attivazione - su istanza di parte - di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo. In caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa.

(...) la periodicità della revisione non implica affatto che si debba azzerare o neutralizzare l'alea riconosciuta dal codice civile per i contratti commutativi di durata, come confermata dalla disciplina di cui all'art. 1664 c.c. (applicabile in via generale a tutti gli appalti, con esclusione dei contratti pubblici secondo il principio di specialità) che impone alle parti di provare la sussistenza di eventuali circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera. (...) Pertanto la circostanza che il disposto dell’art. 1664 c.c. non sia direttamente applicabile ai contratti pubblici non implica affatto l’automaticità della revisione prezzi, ancorata pur sempre ad un sopravvenuto squilibrio del rapporto contrattuale, dovendo la ratio della revisione prezzi, come innanzi osservato, ravvisarsi nell'esigenza di coniugare l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica con quella di garantire che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle Amministrazioni pubbliche non subiscano con il tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell'offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni.

(...) la consolidata e condivisibile giurisprudenza (...) in forza della quale tutti i contratti d'appalto ad esecuzione periodica o continuativa, stipulati con la Pubblica amministrazione, devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi, è norma imperativa destinata, come tale, ad operare anche in assenza di specifica previsione tra le parti ovvero in presenza di previsioni contrastanti - con la conseguenza che le disposizioni negoziali contrastanti con tale disposizione legislativa non solo sono colpite dalla nullità ex art. 1419 cc, ma sostituite de iure, ex art. 1339 c.c., dalla disciplina imperativa di legge (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 21 luglio 2015, n. 3594 avente ad oggetto una controversia in cui veniva in rilievo una previsione del capitolato d’oneri in cui si escludeva la revisione periodica, con conseguente nullità della medesima) - comporta semplicemente che, nei contratti di durata, debba procedersi agli adempimenti istruttori normativamente sanciti, condotti dai competenti organi tecnici dell'Amministrazione, al fine di stabilire se ricorrano i presupposti per la revisione, ma non implica affatto, come innanzi osservato, il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale”. 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10120 del 2019, proposto da Sovigest – Società Valorizzazione Immobiliari e Gestioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Enrico Lubrano, Filippo Lubrano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Enrico Lubrano in Roma, via Flaminia 79;

 

contro

Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Dario Bottura, Giuseppe Fiorentino, Daniela Anziano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Daniela Anziano in Roma, via Cesare Beccaria, 29;

 

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza, n. 10625/2019, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Inps;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2022 il Cons. Diana

Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Lubrano e Fiorentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con ricorso in appello notificato in data 27 novembre 2019 e depositato il successivo 9 dicembre Sovigest – Società Valorizzazione Immobiliari e Gestioni S.p.A. (d’ora in poi semplicemente Sovigest) ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza, 27 agosto 2019 n. 10625 non notificata, che ha rigettato il ricorso proposto in primo grado dalla Società odierna appellante per l’annullamento della nota INPS in data 12 luglio 2017 - con la quale è stata respinta l’istanza di adeguamento prezzi ex art. 6 della legge n. 537/1993 - nonché per il riconoscimento della spettanza in capo alla medesima ricorrente dell’adeguamento prezzi per le prestazioni relative alla esecuzione del contratto di "affidamento dei servizi di gestione amministrativa, tecnica e commerciale del patrimonio immobiliare di proprietà ex INPDAI - lotto 3. SOVIGEST spa - stipulato in data 28.06.2002 e 4 - 7 aprile 2003, con riferimento al periodo 31 agosto 2009 – 31 agosto 2014 ed infine per la condanna dell’INPS a versare in favore di Sovigest le relative somme”.

1.1. In particolare, come evincibile ex actis, il contratto de quo aveva ad oggetto: corrispettivi per la gestione tecnico-amministrativa del patrimonio immobiliare INPS; corrispettivi per manutenzioni straordinarie patrimonio stesso (su preventivo/consuntivo); corrispettivi per manutenzioni ordinarie (servizio a canone).

1.2. La richiesta di adeguamento veniva effettuata in forza di consulenza tecnica di parte, sulla cui base si concludeva che le somme da corrispondere a titolo di revisione prezzi per il periodo in considerazione (2009 – 2014) avrebbe dovuto ammontare ad oltre milione di euro, oltre ai prescritti interessi moratori.

1.3. Con la nota gravata in prime cure l’INPS rigettava la richiesta di revisione sulla base delle seguenti considerazioni: “Corrispettivi”: Il contratto in oggetto (art. 6) riconosce alla Società ai punti I-II-III i seguenti corrispettivi:

6.1 corrispettivi di gestione pari a € 46,49 ad unità immobiliare;

6.2 corrispettivi sui canoni riscossi, nella percentuale del 2,70%;

6.3 corrispettivi per il recupero della morosità pregressa in percentuale del 15% degli importi recuperati.

I corrispettivi previsti dagli articoli 6.2 e 6.3 risultano calcolati su base percentuale rispetto al monte canoni riscosso in via ordinaria e stragiudiziale.

In esito all'istruttoria interna compiuta, si rappresenta che l'individuazione dei corrispettivi su base percentuale rispetto al monte canoni annualmente soggetto alla revisione ISTAT (art.6.2), e rispetto al recupero della morosità già incrementato della mora ed interessi legali (art.6.3), presuppone un intrinseco meccanismo di adeguamento automatico dei corrispettivi alle variazioni del costo della vita.

L'automatismo che caratterizza la revisione di tali voci di corrispettivo (operata ex lege annualmente prescindendo da una specifica istanza) rende pertanto ingiustificato ogni ulteriore intervento perequativo e congrui gli importi annualmente corrisposti, anche alla luce dell'effettivo andamento del mercato di riferimento e, più in generale,

del quadro economico congiunturale come si evince altresì dalla differente valorizzazione dei compensi operata da codesta Società — nel medesimo intervallo temporale di cui alla chiesta revisione - in sede di offerta di analoghi servizi di global service.

Anche in relazione al servizio di gestione di cui all'art. 6.1 del contratto, le qualificate valutazioni espresse ed offerte da codesta Società (e dai maggiori operatori del settore), in tempo coevo alla chiesta revisione, costituiscono utile e valido parametro di riferimento per l'indagine sollecitata, mostrando la assoluta congruità e renumeratività dei corrispettivi contrattuali applicati rispetto al generale deprezzamento registrato con riguardo alla prestazione del medesimo servizio.

Non risulta, pertanto, possibile procedere alla revisione dei corrispettivi di cui alla parte I, II e III dell'art.6 citato.

Rimborsi:

In base al disposto contrattuale - art.6 punto IV - è riconosciuto alla Società il rimborso forfettario, per un importo annuo predeterminato, dei costi sostenuti per tutti gli interventi manutentivi d'urgenza ed ordinari quali manutenzione e servizi, opere murarie, idrauliche, opere tecnologiche, ascensori, montacarichi, con la precisazione che tutti i costi eccedenti l'importo stabilito non possono essere rimborsati e rimangono a carico dell'affidataria.

Gli importi riconosciuti a tale titolo non possono ritenersi oggetto della disciplina di cui all'art. 6 della legge n. 537/1993 applicabile esclusivamente ai corrispettivi.

L'Istituto con nota del 3.10.2008 prot. n. 13239, ribadita da successiva nota prot. n. 12594 del 21 settembre 2015, ha accettato di adeguare i prezziari di riferimento per la richiesta di rimborso di spese per lavori e altri adempimenti soggetti a preventiva autorizzazione, espressamente sottolineando che l'adeguamento avrebbe avuto efficacia temporale riferita esclusivamente al periodo successivo all'accordo e che i nuovi importi avrebbero avuto efficacia esclusivamente previa proposta del Gestore e accettazione dell'Ente, anche al fine di garantirsi una adeguata possibilità di pianificazione economica e finanziaria.

La predetta nota n. 13239/2008 risulta essere stata regolarmente accettata mediante apposita sottoscrizione e applicata dalla Società.

In mancanza di nuove e diverse pattuizioni, e viceversa in presenza di espressa conferma degli originari corrispettivi contrattuali giusta atto aggiuntivo del 15 luglio 2010, successivamente ridotti ex art. 8 d.L. n. 66/2014 in virtù di comunicazione di codesta Società prot. n. 645 del 15 luglio 2014, non si ritiene che possano essere modificati i criteri di individuazione del rimborso spettante alla Società”.

2. Nel ricorso di prime cure la parte deduceva, quanto ai corrispettivi per gestione, che la richiesta di adeguamento era stata formulata con esclusivo riferimento alla parte dei corrispettivi di gestione pari a € 46,49 per unità immobiliare, in relazione ai quali il provvedimento impugnato affermava genericamente che “le qualificate valutazioni espresse ed offerte da codesta Società (e dai maggiori operatori del settore), in tempo coevo alla chiesta revisione, costituiscono utile e valido parametro di riferimento per l’indagine sollecitata, mostrando la assoluta congruità e remuneratività dei corrispettivi contrattuali applicati rispetto al generale deprezzamento registrato con riguardo alla prestazione del medesimo servizio”.

Secondo la ricorrente tale affermazione doveva intendersi in evidente contrasto con i principi vigenti in tema di adeguamento prezzi, volendo, in definitiva, giustificare il rigetto della richiesta in base ad una propria soggettiva e generica affermazione di perdurante “congruità e remuneratività” dei corrispettivi, laddove la richiesta di adeguamento doveva considerarsi del tutto incontestabile, essendo relativa a prezzi determinati in misura fissa al momento della stipulazione del contratto e, quindi, necessariamente oggetto di adeguamento.

2.1 Le richieste relative alle macrofamiglie B e C, nella prospettazione attorea, sarebbero state invece genericamente rigettate sul presupposto che si tratti di rimborsi spese e non di corrispettivi, onde gli stessi, essendo stato a suo tempo riconosciuto a Sovigest quanto pattuito, non potrebbero essere oggetto di adeguamento.

Al riguardo la ricorrente assume che in merito alle prestazioni da essa rese, rientranti nella c.d. macro-famiglia B, “corrispettivi per manutenzioni straordinarie patrimonio INPS e ordinarie locatari (servizio su preventivo/consuntivo)”, la richiesta di adeguamento-prezzi era stata determinata secondo i seguenti criteri elaborati dal perito ing. Militello (cfr. pag. 11-15 della perizia):

“In particolare:

a) la tipologia di prestazioni in esame, ai sensi dell’art. 1 del Protocollo esplicativo in data 7 aprile 2003, era stata contabilizzata “a consuntivo per gli interventi urgenti o previa autorizzazione dell’ente per gli altri interventi, mediante l’uso del prezziario INPDAI 1999 o, in caso di necessità, con i prezziari DEI gennaio-giugno;

b) tale tipologia di prestazioni era stata già oggetto di adeguamento prezzi da parte della stessa INPS, con nota 3 ottobre 2008, con riferimento al medesimo Contratto relativo al Lotto n. 3 oggetto della presente istanza, per il precedente periodo 2002- 2007; in tale occasione, l’Amministrazione aveva individuato un tasso di adeguamento pari al 21,70%, mediante l’applicazione della seguente metodologia: si era tenuto conto sia della variazione prezzari DEI 2002-2007 su di un campione di 320 pezzi, tramite raffronto dei prezziari “DEI 2002 II semestre” con quelli “DEI 2007”, la quale era stata calcolata in 23,85%; sia della variazione indice ISTAT relativo al “costo di costruzione di un fabbricato residenziale” per gli anni 2002-2007, la quale era stata

calcolata in 19,57%; era stata fatta la media matematica delle due variazioni sopra riportate, per una variazione media pari al 21,70%”.

Quindi a dire della ricorrente risultava chiaramente che:

a) non si trattava di rimborsi, ma di pagamenti, da parte di I.N.P.S. a Sovigest, di importi contabilizzati al momento della esecuzione dei lavori sulla base di “prescrizioni INPDAI 1999”, o, in caso di necessità, con i prezzari DEI gennaio giugno: al momento della contabilizzazione, quindi, si era tenuto conto di importi previsti per i lavori svolti sulla base di prescrizioni “risalenti” e, quindi, necessariamente oggetto di adeguamento;

b) in proposito, con riferimento agli stessi corrispettivi, per il periodo 2002–2007, l’I.N.P.S. aveva proceduto al richiesto adeguamento, evidentemente in questo modo riconoscendo sia il carattere di corrispettivo del pagamento effettuato, sia la necessità del relativo adeguamento, considerato il carattere “risalente” dei prezzi che erano stati presi a base della valutazione.

Risultava, quindi, confermata nel quantum, a dire della ricorrente, la fondatezza della richiesta formulata in data 24 maggio 2017, in quanto l’applicazione del c.d. Metodo INPS per il periodo 2009- 2014 aveva portato alla quantificazione di un mancato adeguamento prezzi per una somma complessiva pari ad euro 548.895,94.

2.2. In merito alle prestazioni rese dal RTI Sovigest, rientranti nella c.d. macro-famiglia C “corrispettivi per manutenzione ordinarie (servizio a canone)”, l’adeguamento-prezzi era stato determinato dal perito di parte con il medesimo criterio previsto per i corrispettivi per manutenzione straordinaria, avuto riguardo al rilievo che la tipologia di prestazioni in esame, ai sensi dell’art. 6, punto IV del Contratto, era stata remunerata con corrispettivi per rimborso forfettario, i quali non erano mai stati aggiornati e, quindi, erano rimasti invariati per tutta la durata del contratto.

2.3. Si costituiva in giudizio l’INPS chiedendo il rigetto del gravame.

3. La sentenza di prime cure, oggetto dell’odierno gravame, ha rigettato il ricorso sulla base del rilievo che i presupposti per dare luogo alla compensazione in questione sono legati non a meccanismi predeterminati di adeguamento ma, piuttosto, al concreto verificarsi di circostanze eccezionali, prima fra tutte l’effettivo aumento di valore dei

materiali di riferimento anno per anno nonché da un eventuale sopravvenuto innalzamento generalizzato e diffuso dei prezzi di mercato stabiliti per servizi del tipo di quello in questione.

Ha inoltre evidenziato l’irrilevanza dei mutamenti di prezzo dei materiali da costruzione in aumento o diminuzione al di sotto della percentuale di variazione del 10%, ai sensi dell’art. 133 d.lgs. n. 163 del 2006.

Al riguardo ha osservato che nel ricorso non era stato in alcun modo contestato quanto affermato dall’INPS in merito al “generale deprezzamento” dei servizi e delle materie riconnesse alla esecuzione del contratto di cui in questa sede si controverte. Nessuna dimostrazione era stata inoltre fornita in merito alla sopravvenienza di circostanze giuridicamente rilevanti. Più in particolare: a) nulla era stato dedotto circa eventuali aumenti dei costi dei “fattori della produzione” nonché delle materie e dei servizi relativi alle prestazioni oggetto del contratto in questione: né tanto meno era stato rilevato l’eventuale scostamento di taluni prezzi di oltre il 10% rispetto all’anno precedente. Nessuna dimostrazione era stata inoltre fornita in merito alla eccessiva onerosità delle relative prestazioni, o comunque in ordine alla loro assenza di remuneratività, nonché in relazione alla sostanziale incapacità della società ricorrente di poter continuare a fare fronte alle medesime obbligazioni contrattuali.

4. Con l’odierno appello Sovigest ha censurato la sentenza de qua per cinque motivi. In particolare secondo la società appellante:

1) il presupposto affinché si proceda alla c.d. revisione dei prezzi di un contratto di servizi di durata è la variazione, nel tempo (cioè, negli anni successivi all’anno di stipula del contratto), dei costi produttivi: tale variazione non deve avere portata eccezionale, ma corrispondere nella normalità dei casi all’inflazione dei costi produttivi;

2) nella fattispecie, la Società ricorrente aveva documentalmente dimostrato l’intervenuto effettivo aumento dei costi produttivi di tutte e tre le macro-famiglie di servizi oggetto del contratto stipulato tra le parti;

3) per i contratti di servizi, come quello oggetto della fattispecie, sarebbe inapplicabile l’art. 133 del D.Lgs. n. 163/2006, che costituisce norma speciale per i contratti di lavori;

4) con specifico riferimento ai servizi di cui alla macro-famiglia A (corrispettivi per gestione), il ricorrente aveva specificamente contestato in primo grado le affermazioni generiche contenute nel provvedimento impugnato (relative all’asserita stabilità dei prezzi per tale voce di servizi) e, poi, replicato puntualmente alle precisazioni inammissibilmente introdotte dall’INPS con memoria nel primo grado di giudizio;

5) con riferimento ai servizi di cui alle macro-famiglie B e C, la sentenza impugnata era incorsa in omessa pronuncia sul loro carattere di corrispettivo (e non di rimborso, come sostenuto nel provvedimento impugnato) e, quindi, sull’applicabilità (quantomeno in astratto) dell’istituto della revisione prezzi.

5. L’Inps, nel costituirsi in giudizio, ha insistito nella reiezione del gravame con memoria difensiva depositando memoria di discussione in data 26 ottobre 2021.

6. L’appellante ha replicato a detta memoria, eccependone la tardività e contestando peraltro nel merito le avverse difese, assumendo come le stesse avessero integrato la motivazione del provvedimento impugnato relativamente all’asserita congruità del corrispettivo e pertanto alla non debenza della revisione prezzi.

7. Con ordinanza collegiale n. 7798/2021 la sezione ha disposto istruttoria, ordinando all’I.N.P.S. di produrre copia integrale del Contratto per l’affidamento dei servizi di gestione amministrativa, tecnica e commerciale del patrimonio immobiliare dell’INPDAI (relativamente al Lotto n. 3 della procedura ad evidenza pubblica indetta

in data 9 febbraio 2001) stipulato in data 28 giugno 2002, unitamente agli eventuali allegati e Protocolli esplicativi, nonché della successiva Determinazione del Direttore Centrale Approvvigionamenti, Logistica e Gestione del Patrimonio dell’Istituto n. AP/30/146/2006 del 23 giugno 2006 ed eventuali atti connessi e rinviando all’udienza del 5 maggio 2022.

7.1 L’INPS ha provveduto all’ottemperanza dell’ordinanza istruttoria in data 21 dicembre 2021.

8. Le parti, con memoria ex art. 73 comma 1 c.p.a., hanno rinviato alle difese già esplicate nelle precedenti memorie.

9. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 5 maggio 2022.

 

DIRITTO

10. In via preliminare va delibata l’eccezione in rito formulata da parte appellante con la memoria depositata in data 28 ottobre 2021 riferita alla tardività della memoria di discussione depositata dall’INPS in data 26 ottobre 2021 - facente riferimento, al proprio interno, a n. 2 documenti (non ammissibili, in quanto depositati tardivamente in primo grado) utilizzati per tentare di dimostrare l’infondatezza del ricorso proposto

dalla Società Sovigest - fondata sul rilievo che i termini a difesa previsti dal Codice del Processo Amministrativo dovevano intendersi scaduti per documenti in data 1 ottobre 2021, per la memoria conclusionale in data 11 ottobre 2021 e per memoria di replica in data 21 ottobre 2021.

10.1. L’eccezione va disattesa in considerazione della circostanza che l’udienza di trattazione del ricorso in appello è stata successivamente rinviata a seguito della disposta istruttoria, per cui deve applicarsi, quanto all’eccezione riferita alla tardività della memoria, la giurisprudenza in materia secondo la quale il tardivo deposito, oltre il termine di legge, è da ritenersi ammissibile nell'ipotesi in cui l'udienza di trattazione sia stata rinviata, dovendosi ritenere tempestivo rispetto alla nuova udienza, atteso che sia le parti che il giudice sono così poste in condizione di conoscerne il contenuto con sufficiente anticipo (Cons. Stato, V, 24-6-2011, n. 3814; Cons. Stato, VI, 08/05/2019, n.2972).

10.2. Va parimenti disattesa l’eccezione riferita alla tardività della memoria nella parte in cui avrebbe richiamato documenti – depostati tardivamente in primo grado - essendosi l’amministrazione limitata a richiamare nella citata memoria difensiva stralci di documenti; le affermazioni al riguardo contenute nella memoria dell’INPS non assumono pertanto “ex se” valenza documentale ma meramente assertiva, con conseguente onere ad opera di parte appellante di semplice contestazione, dovendosi come noto ritenere provati i fatti non specificatamente contestati, come da costante giurisprudenza in materia, fondata sul disposto dell’art. 64 comma 2 c.p.a..

10.3. Peraltro l’eccezione, laddove riferita non alla memoria ma ai documenti tardivamente depositati in primo grado, va parimenti disattesa avuto riguardo all’utilizzabilità di tali documenti nel presente giudizio di appello, dovendosi applicare al riguardo l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, qualora l'Amministrazione produca fuori termine documenti che, attenendo alla causa, possono essere acquisiti d'ufficio dal giudice, tali documenti possono essere trattenuti, fatta salva la facoltà dell'interessato di chiedere termini per controdedurre (Consiglio di Stato sez. IV, 24/01/2022, n.433; Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3192); ciò in considerazione della circostanza che parte appellante ben ha avuto la possibilità di esaminare i documenti in sede di appello e che comunque l’udienza di discussione è stata rinviata per acquisire d’ufficio ulteriore documentazione rilevante ai fini della decisione, per cui non appare ravvisabile alcuna violazione dei termini a difesa.

11. Prima di procedere alla disamina dei motivi di appello, giova richiamare la giurisprudenza in materia.

12. La disciplina della revisione del prezzo dei contratti pubblici di appalto di fornitura di beni e di servizi prevista dal comma 4, art. 6, della legge n. 537/1993, come sostituito dall'art. 44 della legge n. 724/1994 (applicabile ratione temporis al contratto di cui è causa) ha previsto l’obbligo di inserimento nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa della clausole di revisione prezzi, indicando quale parametro di riferimento per il calcolo del quantum il miglior prezzo di mercato tra quelli rilevati ed elaborati dall'ISTAT per i principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni. Non avendo, tuttavia, l'ISTAT provveduto alla rilevazione ed elaborazione dei prezzi di mercato, l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) determinato dall'ISTAT è stato individuato quale parametro di riferimento per supplire a tale carenza (Consiglio di Stato, sez. V, 8 maggio 2002, n. 2461; Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373; Consiglio di Stato, sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461).

Analogamente il successivo art. 115 del D. Lgs. n. 163/2006 ha previsto l’obbligo di introdurre nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa una clausola di revisione periodica del prezzo, da attivare a seguito di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili sulla base dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura pubblicati annualmente a cura dell'Osservatorio dei contratti pubblici.

Subentrata la nuova norma, in mancanza della prevista pubblicazione dei costi standardizzati di cui all'art. 115, si è del pari ritenuto che la revisione di cui all'art. 115 possa ragionevolmente essere ancora effettuata sulla base dell'indice FOI pubblicato dall'ISTAT, che viene però considerato (salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa) come un limite massimo posto a tutela degli equilibri finanziari della pubblica amministrazione, e che pertanto non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale.

12.1. I risultati del procedimento di revisione prezzi, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, sono quindi espressione di una facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375, Consiglio di Stato sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012 n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU. 30 ottobre 2014, n. 23067; 15 marzo 2011, n. 6016; 12 gennaio 2011, n. 511; 12 luglio 2010, n. 16285).

Dunque, la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

A tale riguardo questo Consiglio di Stato ha chiarito (ex multis Cons. Stato, Sez. III, 9/01/2017, n. 25) che "la finalità dell'istituto è da un lato quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994), dall'altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto” (nello stesso senso cfr. anche Cons. Stato, Sez. V. 23 aprile 2014, n. 2052; Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074; Sez. V, 19 giugno 2009, n. 4079; Sez. III, 9 maggio 2012, n.2682).

Lo scopo principale dell'istituto pertanto è quello di tutelare l'interesse pubblico ad acquisire prestazioni di servizi qualitativamente adeguate; solo in via mediata e indiretta la disciplina realizza anche l'interesse dell'impresa, a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verificano durante l'arco del rapporto” (Consiglio di Stato, Sez. III, Sentenza n. 4362 del 19-07-2011; conforme Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275; id., 24 gennaio 2013 n. 465)".

Alla stregua di tali considerazioni, la determinazione della revisione prezzi viene effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi (Consiglio di Stato, sez. III, 9/1/2017, n. 25 cit.) secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, che sottende l'esercizio di un potere autoritativo di carattere discrezionale dell'amministrazione nei confronti del privato contraente, potendo quest'ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l'amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l'entità della pretesa.

E’ pertanto da escludere che la pretesa vantata dall’appaltatore abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo; infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi.

Di conseguenza, la posizione del privato contraente si articolerà nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all' an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo con riguardo al quantum, ma solo una volta che sarà intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale; tale costruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, per effetto dell'art. 133, lett. e), punto 2), c.p.a., che assoggetta l'intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell'amministrazione.

La qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, comporta che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell'interesse legittimo. Ne deriva che sarà sempre necessaria l'attivazione - su istanza di parte - di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo. In caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2013 n. 465).

12.2. Di conseguenza, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, la periodicità della revisione non implica affatto che si debba azzerare o neutralizzare l'alea riconosciuta dal codice civile per i contratti commutativi di durata, come confermata dalla disciplina di cui all'art. 1664 c.c. (applicabile in via generale a tutti gli appalti, con esclusione dei contratti pubblici secondo il principio di specialità) che impone alle parti di provare la sussistenza di eventuali circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, e che accorda la revisione solo per la differenza che ecceda il decimo del prezzo complessivo convenuto, di modo che risulterebbe ben singolare una interpretazione che esentasse del tutto, in via eccezionale, l’appaltatore dall’alea contrattuale, sottomettendo in via automatica ad ogni variazione di prezzo solo le stazioni appaltanti pubbliche, pur destinate a far fronte ai propri impegni contrattuali con le risorse finanziarie provenienti dalla collettività (in tal senso Consiglio di Stato sez. III, 25 marzo 2019 n. 1980).

Pertanto la circostanza che il disposto dell’art. 1664 c.c. non sia direttamente applicabile ai contratti pubblici non implica affatto l’automaticità della revisione prezzi, ancorata pur sempre ad un sopravvenuto squilibrio del rapporto contrattuale, dovendo la ratio della revisione prezzi, come innanzi osservato, ravvisarsi nell'esigenza di coniugare l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica con quella di garantire che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle Amministrazioni pubbliche non subiscano con il tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell'offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni.

Con la previsione dell'obbligo della revisione periodica del prezzo di un appalto di durata il legislatore ha infatti inteso munire i contratti di forniture e di servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, verifichi la congruità del corrispettivo, con beneficio, incidente sull'equilibrio contrattuale, per entrambi i contraenti, sia perché l'appaltatore vede ridotta, ma non certo eliminata, l'alea propria dei contratti di durata, sia perché la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione divenuta per l'appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa.

L’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un'istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell'Amministrazione, non comporta pertanto anche il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l'Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (Consiglio di Stato sez, III, 6/08/2018 n. 4827).

13. Alla stregua di tale ricostruzione, la sentenza di prime cure deve intendersi meritevole di conferma, pur con talune precisazioni ed integrazioni conseguenti anche all’istruttoria espletata nel presente grado di giudizio.

13.1. Va in primo luogo disatteso il primo motivo di appello con cui la sentenza medesima viene criticata sulla base del rilievo che, contrariamente a quanto in essa affermato, il presupposto affinché si proceda alla c.d. revisione dei prezzi di un contratto di servizi di durata è la variazione, nel tempo (cioè, negli anni successivi all’anno di stipula del contratto), dei costi produttivi, non dovendo tale variazione avere portata eccezionale, ma corrispondere nella normalità dei casi all’inflazione dei costi produttivi, atteso che aderendo alla prospettazione attorea verrebbe del tutto azzerata l’alea sottesa ai contratti di durata e i corrispettivi previsti per i medesimi contratti verrebbero ancorati ad un’indicizzazione automatica, con la conseguenza che la posizione della parte richiedente la revisione sarebbe configurabile quale diritto soggettivo al semplice ricorrere della variazione dell’indice FOI, laddove per contro la stessa, per la consolidata giurisprudenza amministrativa innanzi indicata, assurge a mero interesse legittimo quanto ai presupposti della revisione, spettando alla P.A., chiamata a contemperare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato, stabilire con provvedimento di carattere autoritativo se ricorrano i presupposti per la medesima revisione con un giudizio di carattere discrezionale.

13.2 Pertanto la consolidata e condivisibile giurisprudenza invocata da parte appellante, secondo la quale la disposizione, inizialmente dettata dall'art. 6 comma 4, l. 24 dicembre 1993 n. 537 –applicabile ratione temporis alla presente fattispecie - e successivamente recepita dall'art. 115, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, in forza della quale tutti i contratti d'appalto ad esecuzione periodica o continuativa, stipulati con la Pubblica amministrazione, devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi, è norma imperativa destinata, come tale, ad operare anche in assenza di specifica previsione tra le parti ovvero in presenza di previsioni contrastanti - con la conseguenza che le disposizioni negoziali contrastanti con tale disposizione legislativa non solo sono colpite dalla nullità ex art. 1419 cc, ma sostituite de iure, ex art. 1339 c.c., dalla disciplina imperativa di legge (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 21 luglio 2015, n. 3594 avente ad oggetto una controversia in cui veniva in rilievo una previsione del capitolato d’oneri in cui si escludeva la revisione periodica, con conseguente nullità della medesima) - comporta semplicemente che, nei contratti di durata, debba procedersi agli adempimenti istruttori normativamente sanciti, condotti dai competenti organi tecnici dell'Amministrazione, al fine di stabilire se ricorrano i presupposti per la revisione, ma non implica affatto, come innanzi osservato, il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale.

13.3. Parimenti irrilevante è inoltre il richiamo operato da parte appellante alla giurisprudenza (ex multis Cons. Stato, Sez. III, 14 novembre 2018, n. 6421; Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2018, n. 1337; Cons. Stato, Sez. V, 20 novembre 2015, n. 5291) secondo cui solo l’esistenza di circostanze eccezionali giustificano la deroga all’indice F.O.I., e pertanto la quantificazione del compenso revisionale con il ricorso a differenti parametri statistici, trattandosi di controversie vertenti sul quantum della revisione, una volto riconosciuto pertanto l’an debeatur, che come innanzi osservato non può essere ravvisato nella mera variazione dell’ indice FOI, costituente parametro per la determinazione massima del quantum, salvo il ricorrere di circostanze eccezionali.

14. Vanno parimenti disattesi il secondo e quarto motivo di appello da analizzarsi congiuntamente, quanto ai corrispettivi per la macrofamiglia A, stante la loro evidente connessione oggettiva.

14.1. In particolare con il secondo motivo Sovigest critica la sentenza di prime cure sulla base del presupposto che, contrariamente a quanto in essa affermato, essa ricorrente aveva documentalmente dimostrato l’intervenuto effettivo aumento dei costi produttivi.

14.2. Con il quarto motivo parte appellante lamenta che il giudice di prime cure non aveva debitamente considerato che, con specifico riferimento ai servizi di cui alla macro-famiglia A (corrispettivi per gestione), con il ricorso aveva specificamente contestato le affermazioni generiche contenute nel provvedimento impugnato (relative all’asserita stabilità dei prezzi per tale voce di servizi) e, poi, replicato puntualmente alle precisazioni inammissibilmente introdotte dall’INPS con memoria nel primo grado di giudizio.

15. Quanto al secondo motivo di appello infatti risultano del tutto corrette le affermazioni contenute nella sentenza gravata, secondo cui nessuna dimostrazione era stata fornita da parte di Sovigest in merito alla eccessiva onerosità delle relative prestazioni, o comunque in ordine alla loro assenza di remuneratività, nonché in relazione alla sostanziale incapacità della società ricorrente di poter continuare a fare fronte alle medesime obbligazioni contrattuali, non avendo Sovigest in particolare nulla comprovato in ordine ad eventuali aumenti dei costi dei “fattori della produzione”, nonché delle materie e dei servizi relativi alle prestazioni oggetto del contratto in questione.

15.1. Ed invero parte ricorrente, come palesato dalla perizia posta a base della richiesta revisione, ha ancorato la propria pretesa alla mera variazione dell’indice FOI, senza nulla dedurre né dimostrare in ordine alla sopravvenuta onerosità della prestazione per l’aumento dei costi connessi all’erogazione del servizio.

15.1.1. Anche i motivi di appello peraltro lasciano trapelare l’esistenza di un asserito diritto alla revisione al ricorrere della variazione dell’indice FOI, in contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali innanzi indicati.

16. Quanto al quarto motivo di ricorso deve evidenziarsi come, sebbene la generica deduzione del ricorso di prime cure di Sovigest riferita alla contestazione del provvedimento gravato nella parte in cui aveva ritenuto congrui i corrispettivi potesse ritenersi giustificata, avuto riguardo al tenore della motivazione del provvedimento gravato, la parte non abbia comunque offerto prova contraria in ordine a quanto affermato dall’Istat circa tale congruità, poi meglio specificata nelle memorie difensive.

16.1. Risultano pertanto sul punto irrilevanti le doglianze di parte riferite alla circostanza che l’Inps avrebbe inammissibilmente integrato la motivazione del provvedimento gravato in prime cure con memoria difensiva depositata in data 28 giugno 2019, cui la parte aveva replicato con successiva memoria, in alcun modo presa in considerazione nella sentenza gravata, essendo in ogni caso la sentenza medesima fondata sull’assorbente rilievo che Sovigest non aveva né allegato, né dimostrato, come suo onere, la sopravvenuta onerosità della prestazione e lo squilibrio del sinallagma contrattuale a fronte della congruità del corrispettivo affermata dall’Istat nel provvedimento gravato.

16.2. Ciò senza mancare di rilevare che l’Inps nella citata memoria difensiva aveva semplicemente meglio chiarito il significato del provvedimento gravato, per cui non appare al riguardo applicabile alla fattispecie de qua la costante e condivisibile giurisprudenza amministrativa circa il divieto di integrazione postuma della motivazione in corso di causa.

16.2.1. Ed invero il provvedimento è in parte qua motivato sulla base del rilievo che “le qualificate valutazioni espresse ed offerte da codesta Società (e dai maggiori operatori del settore), in tempo coevo alla chiesta revisione, costituiscono utile e valido parametro di riferimento per l’indagine sollecitata, mostrando la assoluta congruità e

remuneratività dei corrispettivi contrattuali applicati rispetto al generale deprezzamento registrato con riguardo alla prestazione del medesimo servizio”; detta parte motivazione va poi raccordata con la precedente laddove, sia pure in riferimento ai servizi con importo a percentuale, ne afferma la congruità, “anche alla luce dell'effettivo andamento del mercato di riferimento e, più in generale, del quadro economico congiunturale come si evince altresì dalla differente valorizzazione dei compensi operata da codesta Società — nel medesimo intervallo temporale di cui alla chiesta revisione - in sede di offerta di analoghi servizi di global service”.

Con la criticata memoria difensiva l’INPS pertanto, lungi dall’integrare la motivazione – evincibile dal concreto riferimento “alle valutazioni ed offerte di codesta società e dai maggiori operatori del settore in tempo coevo alla chiesta revisione” e “all'effettivo andamento del mercato di riferimento e, più in generale, del quadro economico congiunturale come si evince altresì dalla differente valorizzazione dei compensi operata da codesta Società — nel medesimo intervallo temporale di cui alla chiesta revisione - in sede di offerta di analoghi servizi di global service” – ha semplicemente meglio esplicitato il significato della medesima, evidenziando, secondo quanto indicato nello stesso atto di appello, che “nella procedura di gara per l’affidamento del servizio di gestione amministrativa, tecnica e di supporto alla valorizzazione bandita dall’INPS nel 2011 nell’ambito della quale la Sovigest aveva presentato in relazione al medesimo servizio (gestione amministrativa a canone quota fissa) offerta pari ad € 31,95, per convenienza economica offrendo un valore di € 14,54 inferiore a quello applicato nel contratto INPDAI del 2002 … La offerta da parte della Sovigest nella nuova gara bandita nel periodo oggetto di richiesta … rende chiara la congruità del corrispettivo fisso per unità immobiliare (€ 46,49) riconosciuto dall’Istituto e assicura al tempo stesso il pieno rispetto della ratio che presiede alla disciplina dell’adeguamento prezzi”.

16.2.2. Quanto al riguardo dedotto e comprovato dall’Inps in ordine alla congruità dei corrispettivi pattuiti non appare superabile dalle controdeduzioni al riguardo svolte dalla società appellante in merito alla non rilevanza dell’offerta da essa presentata in relazione alla successiva gara bandita dall’Inps nell’anno 2011 – riferita ad un numero di immobili maggiori e in RTI con una qualificata società del settore - essendo l’economicità del corrispettivo determinata dalla tipologia di compendio immobiliare da doversi gestire (numero di immobili, loro caratteristiche, pregio, utilizzo, destinazione d’uso, posizione, etc.), dalle specifiche del servizio da rendersi (standards di qualità e di quantità del servizio, come definiti specificamente dal Capitolato di ciascuna singola gara) e dalle modalità di partecipazione dell’operatore economico alla procedura di gara (offerta presentata in proprio oppure in RTI, come mandante oppure come mandataria, etc.), atteso che, in ogni caso Sovigest, come innanzi osservato, nulla ha dedotto né comprovato, come suo onere, in ordine alla incongruità del corrispettivo da relazionarsi all’aumento dei costi connessi all’erogazione del servizio, avendo fatto mero riferimento all’aumento dell’indice FOI.

Per contro l’Inps ha fornito un principio di prova (contraria) di tale congruità, facendo riferimento all’offerta presentata, sia pure in altra e successiva gara, dalla medesima società appellante.

Deve al peraltro evidenziarsi come, pur tenendo conto del rilievo che l’economicità del servizio possa variare nelle varie procedure di gara, alla stregua di quanto indicato da parte appellante, la circostanza che nella procedura successivamente bandita dall’Inps, Sovigest abbia formulato un’offerta economica per ben un terzo inferiore all’importo

applicato nel contratto INPDAI del 2002 ed altri operatori un’offerta economica pari a circa la metà del corrispettivo di cui al contratto de quo, costituisce un indice sintomatico, secondo l’id quod plerumque accidit, della congruità del corrispettivo per gestione amministrativa a canone quota fissa applicato alla procedura de qua; detta circostanza peraltro deve vieppiù valorizzarsi alla luce di quanto innanzi indicato circa il mancato assolvimento dell’onere di allegazione e probatorio ad opera di parte appellante in ordine alla sopravvenuta non remuneratività del corrispettivo per il servizio.

17. In relazione alla richiesta revisione degli importi riferiti alle spese per la manutenzione ordinaria e d’urgenza, il collegio ritiene di dover esaminare prioritariamente il quinto motivo di appello, con cui Sovigest lamenta l’omessa pronuncia ad opera della sentenza di prime cure sulla loro qualificazione quali corrispettivi anziché quali rimborsi.

17.1. La doglianza appare irrilevante ai fini del decidere, non potendo dal suo accoglimento derivare l’accoglimento del ricorso di prime cure.

17.2. Ed invero, per tali costi, da liquidarsi con un importo a canone, dall’istruttoria espletata si evince che era previsto un rimborso forfettario (cfr art. 2.2. e art. 6 del contratto di affidamento e 4 comma 1 del protocollo esplicativo) per cui, come evidenziato nel provvedimento gravato in prime cure, non si sarebbe in presenza di un corrispettivo strictu sensu inteso per il servizio, assoggettato alla previsione di cui all’art. 6 della legge n. 537/1993, essendo l’importo a canone per rimborso forfettario indicativo del carattere aleatorio del compenso.

17.3. Peraltro, anche a volere qualificare tale rimborso forfettario quale costo del servizio da assoggettare a revisione periodica, l’an debeatur della revisione non potrebbe che essere ancorato ai comuni presupposti quali innanzi indicati, ovvero l’aumento del costo del servizio, con sopravvenuta onerosità della prestazione, laddove la parte al riguardo nulla ha allegato e comprovato, pretendendo per contro di ancorare la richiesta di revisione al meccanismo previsto contrattualmente per le sole opere di manutenzione straordinaria.

17.4. Pertanto, ferma l’assorbenza del rilievo sub par. 17.2., anche a volere considerare tali costi come assoggettabili in astratto a revisione, va del pari rigettato in parte qua il secondo motivo di appello, risultando al riguardo corrette le affermazioni contenute nella sentenza gravata, secondo cui nessuna dimostrazione era stata fornita da parte di Sovigest in merito alla eccessiva onerosità delle relative prestazioni, o comunque in ordine alla loro assenza di remuneratività, nonché in relazione alla sostanziale incapacità della società ricorrente di poter continuare a fare fronte alle medesime obbligazioni contrattuali.

18. Il secondo e quinto motivo di appello vanno disattesi anche nella parte in cui sono riferiti ai costi per le opere di manutenzione straordinaria, risultando irrilevante al riguardo la loro qualificazione quali rimborsi o quali corrispettivi, avendo in relazione agli stessi l’Inps applicato la revisione contrattualmente prevista con l’accordo del 2008 e non avendo la parte idoneamente comprovato la non remuneratività del servizio alla luce di quanto pattuito inter partes, ma preteso di applicare l’indice ivi indicato, fondato sulla non remuneratività dei risalenti indici, di anno in anno anche per il periodo 2009/2014.

Ed invero dagli atti di causa si evince che l’Istituto aveva applicato l’accordo del 2008 (prodotto in primo grado in allegato alla perizia di parte), ma Sovigest con l’istanza di revisione avrebbe preteso di applicare una rivalutazione ulteriore, di anno in anno, sulla somma già rivalutata alla luce dell’indice indicato in tale accordo.

18.1 In relazione a tali opere, disciplinate dall’art. 4 commi 2,3,4, del protocollo esplicativo (allegato n. 3 della produzione del 21 dicembre 2021), i cui costi sono a carico dell’Inps, la rendicontazione è regolata dall’art 1 del protocollo esplicativo delle opere manutentive (che fa riferimento all’utilizzo del prezziario INPDAI 1999 opere civili ed opere impiantistiche impianti elettrici ed elettronici e per quanto non espressamente previsto negli stessi e per gli altri impianti, ai prezziari DEI edizione gennaio giugno 2002).

Stante la non remuneratività di tali risalenti indici, le parti, con accordo del 2008, fissavano le modalità di adeguamento dei prezziari di riferimento.

18.2. Ed invero, come indicato nel provvedimento gravato, “con nota dei 3.10.2008 prot. n. 13239, ribadita da successiva nota prot. n. 12594 del 21 settembre 2015, l’Istituto ha accettato di adeguare i prezziari di riferimento per la richiesta di rimborso di spese per lavori e altri adempimenti soggetti a preventiva autorizzazione, espressamente sottolineando che l'adeguamento avrebbe avuto efficacia temporale riferita esclusivamente al periodo successivo all'accordo e che i nuovi importi avrebbero avuto efficacia esclusivamente previa proposta del

Gestore e accettazione dell'Ente, anche al fine di garantirsi una adeguata possibilità di pianificazione economica e finanziaria”.

L’istituto ha pertanto applicato tale accordo in relazione agli importi dei lavori relativi al periodo successivo (ivi incluso quello 2009/2014 relativo al presente contenzioso) ma Sovigest ha meccanicamente inteso applicare l’indice ivi fissato, fondato sulla risalenza degli indici indicati nel protocollo esplicativo delle opere manutentive, avuto riguardo all’aumento dei costi riscontrati per il periodo 2002/2007, per operare una rivalutazione di anno in anno, senza comprovare la sopravvenuta onerosità del servizio pur alla luce dell’applicazione di quanto pattuito inter partes nel 2008 ed in particolare senza nulla comprovare in ordine all’aumento dei costi relativi al periodo successivo.

19. Ferma l’assorbenza di tali rilievi, in grado di determinare il rigetto dell’appello con riferimento a tutti i costi per le tre macrocategorie – con conseguente difetto di interesse alla disamina del terzo motivo di appello, con cui si critica la sentenza appellata nella parte in cui avrebbe inteso applicare al contratto de quo il disposto dell’art. 133 d.lgs. 163/2006, in quanto non in grado di determinare l’accoglimento del ricorso di prime cure - occorre rilevare ad abundantiam che, come peraltro evidenziato nel provvedimento gravato, nel 2010, con atto aggiuntivo le parti, nel prorogare il servizio e nel rappresentare la crisi del settore, avevano espressamente confermato le medesime condizioni economiche del precedente contratto, con ciò dando atto evidentemente della congruità degli importi pattuiti, nonostante la possibilità di incremento e decremento del patrimonio immobiliare.

19.1. La circostanza che si sia in presenza di un’apposita pattuizione sulle condizioni economiche deve portare pertanto a qualificare l’atto aggiuntivo del 2010 (allegato n. 7 della produzione del 21 dicembre 2021) ad onta del nomen iuris utilizzato di proroga tecnica, quale rinnovo del rapporto contrattuale e non quale mera proroga, con la conseguente inapplicabilità in ogni caso, a far data dal 30 giugno 2010 – di decorrenza dell’accordo – della revisione invocata in relazione al precedente rapporto contrattuale, come da costante giurisprudenza in materia.

Alla qualificazione in tal senso dell’accordo de quo conduce invero la stessa previsione della possibilità di variazione del patrimonio immobiliare oggetto di gestione, quale claris verbis affermata dai paragrafi 2 e 6 dell’articolo unico, incidendo la possibile variazione del patrimonio immobiliare sul corrispettivo totale del servizio.

La qualificazione dell’atto aggiuntivo del 2010 quale rinnovo del rapporto contrattuale preclude pertanto in ogni caso l’applicabilità della revisione in quanto il presupposto per l'applicazione della norma di cui all'art. 115 D.Lgs. n. 163 del 2006, nonché della previgente ed analoga norma di cui all’art. 6 della legge n. 537/1993, è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale: laddove la prima consiste nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall'atto originario, mentre il secondo scaturisce da una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l'integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse se non più attuali. Dette specifiche manifestazioni di volontà danno corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario e ancorché privi di alcuna proposta di modifica del corrispettivo (Cons. Stato Sez. III, 18/10/2019, n. 7077; Cons. Stato Sez. III, Sent., 07-01-2020, n. 127).

Laddove ricorra l’ipotesi della rinegoziazione, il diritto alla revisione non può configurarsi in quanto l'impresa che ha beneficiato di una speciale disposizione la quale preveda la possibilità di rinnovo del contratto senza gara a condizione di un prezzo concordato, non può poi anche pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi (Cons. St., sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2479 e 1 giugno 2010, n. 3474; id., sez. VI, 25 luglio 2006, n. 4640).

Nel momento in cui le parti confermano il prezzo originario, ciò non può che significare che l'originario assetto di interessi ha conservato le originarie condizioni di equità e sostenibilità economica (su cui non incide, evidentemente, un maggiore o minore margine di lucro), secondo l'autonomo e libero apprezzamento degli stessi interessati (Cons. St., sez. VI, 28 maggio 2019, n. 3478).

20. Alla stregua di quanto innanzi indicato l’appello va rigettato.

21. Sussistono peraltro eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie concreta e alle ragioni della decisione, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite del presente grado, ferma rimanendo la debenza del contributo unificato a carico di parte appellante in virtù del principio della soccombenza operante ope legis.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e per l’effetto conferma la sentenza appellata sia pure in parte con diversa motivazione.

Compensa le spese di lite del presente grado, ferma rimanendo la debenza del contributo unificato a carico di parte appellante.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2022

 

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento propone nell’articolata parte motiva una compiuta ricostruzione del rapporto tra alea dei contratti di durata e clausola obbligatoria di revisione dei prezzi.

La controversia trae origine da un contratto stipulato tra l’INPS (ex INPDAI) e la Società Valorizzazione Immobiliari e Gestioni S.p.A. (Sovigest) all’esito di una gara per l’affidamento dei servizi di gestione amministrativa, tecnica e commerciale del patrimonio immobiliare dell’ente pubblico.

L’affidatario elabora una richiesta di adeguamento dei corrispettivi, all’esito di una consulenza tecnica di parte, in ossequio all’art. 6 della legge n. 537/1993 applicabile ratione temporis (e poi ripreso dall’art. 115 D. Lga. 163/2006). Il diniego dell’ente veniva impugnato ma il TAR Lazio respinge il ricorso osservando come i presupposti per dare luogo alla revisione dei prezzi siano legati non a meccanismi predeterminati di adeguamento ma, piuttosto, al concreto verificarsi di circostanze eccezionali, prima fra tutte l’effettivo aumento di valore dei materiali di riferimento anno per anno nonché da un eventuale sopravvenuto innalzamento generalizzato e diffuso dei prezzi di mercato stabiliti per servizi del tipo di quello in questione. Circostanze non verificatesi nel caso di specie.

Sovigest censura la sentenza osservando come il presupposto affinché si proceda alla c.d. revisione dei prezzi di un contratto di servizi di durata sia la variazione, nel tempo, dei costi produttivi: tale variazione non dovrebbe avere portata eccezionale, ma corrispondere nella normalità dei casi all’inflazione dei costi produttivi. Così sarebbe infatti evincibile dalla normativa di riferimento (art. 115 D. Lgs. 163/2006) e in tal senso avrebbe dimostrato la ricorrente.

Il Consiglio di Stato respinge l’appello confermando la sentenza di prime cure.

Non si condivide infatti l’interpretazione della disciplina in esame laddove consentirebbe la revisione dei prezzi in ogni caso di deriva inflazionistica: “aderendo alla prospettazione attorea verrebbe del tutto azzerata l’alea sottesa ai contratti di durata e i corrispettivi previsti per i medesimi contratti verrebbero ancorati ad un’indicizzazione automatica, con la conseguenza che la posizione della parte richiedente la revisione sarebbe configurabile quale diritto soggettivo al semplice ricorrere della variazione dell’indice FOI, laddove per contro la stessa, per la consolidata giurisprudenza amministrativa innanzi indicata, assurge a mero interesse legittimo quanto ai presupposti della revisione, spettando alla P.A., chiamata a contemperare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato, stabilire con provvedimento di carattere autoritativo se ricorrano i presupposti per la medesima revisione con un giudizio di carattere discrezionale”.

È pur vero che l’art. 115 del precedente Codice degli Appalti prevede - per i contratti di durata - l’obbligo di introdurre una clausola di revisione dei prezzi. Tuttavia l’effetto revisionale soggiace ad “una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili sulla base dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura pubblicati annualmente a cura dell'Osservatorio dei contratti pubblici”.

Dalla discrezionalità del procedimento discende, invero, l’affievolimento della posizione del privato alla stregua di interesse legittimo giacché urge pur sempre bilanciare l’interesse del privato alla revisione con quello pubblico al risparmio di spesa e alla regolare esecuzione del contratto. Infatti “lo scopo principale dell'istituto pertanto è quello di tutelare l'interesse pubblico ad acquisire prestazioni di servizi qualitativamente adeguate; solo in via mediata e indiretta la disciplina realizza anche l'interesse dell'impresa, a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verificano durante l'arco del rapporto

Errato sarebbe quindi qualificare la posizione giuridica vantata dal privato in termini di “diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo; infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi”. Tale posizione potrà emergere, semmai, “con riguardo al quantum, ma solo una volta che sarà intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale; tale costruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, per effetto dell'art. 133, lett. e), punto 2), c.p.a., che assoggetta l'intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell'amministrazione”. Detto altrimenti, la previsione di un’ipotesi di giurisdizione esclusiva non revoca in dubbio (ma, anzi, semmai conferma) la distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo a seconda della fase dell’istruttoria.

Sul versante rimediale tale ricostruzione non è priva di conseguenze: “il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell'interesse legittimo. Ne deriva che sarà sempre necessaria l'attivazione - su istanza di parte - di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo. In caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa”.

Non rileva poi la specialità del Codice degli Appalti rispetto all’art. 1664 cod. civ.: anche per gli appalti pubblici - pur a fronte dell’obbligo di apposizione della predetta clausola - rimane in vigore l’alea dei contratti commutativi di durata “che impone alle parti di provare la sussistenza di eventuali circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, e che accorda la revisione solo per la differenza che ecceda il decimo del prezzo complessivo convenuto, di modo che risulterebbe ben singolare una interpretazione che esentasse del tutto, in via eccezionale, l’appaltatore dall’alea contrattuale, sottomettendo in via automatica ad ogni variazione di prezzo solo le stazioni appaltanti pubbliche, pur destinate a far fronte ai propri impegni contrattuali con le risorse finanziarie provenienti dalla collettività”.

L’obbligo di cui trattasi comporta per certo la nullità ex art. 1419 cod. civ. delle norme contrastanti e la sostituzione de iure, ex art. 1339 cod. civ, dalla disciplina imperativa di legge ma attiene esclusivamente agli adempimenti istruttori normativamente sanciti, condotti dai competenti organi tecnici dell'Amministrazione, al fine di stabilire se ricorrano i presupposti per la revisione, senza implicare affatto, invece, il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale.

In ultima analisi l’obbligatorietà della clausola di revisione dei prezzi e la specialità della disciplina pubblicistica non scalfiscono l’ontologica alea dei contratti di durata per come riconosciuta dalla disciplina civilistica.