Consiglio di Stato, sez. III, n. 8072, del 19 settembre 2022

Il primo giudice ha respinto la doglianza – con motivazione che il collegio ritiene di poter condividere - perché, le delibere gravate, nel rivestire tutte natura preparatoria della successiva indizione della gara per l’affidamento in concessione dell’opera (art. 183, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016), non potrebbero far insorgere alcun obbligo per la p.a. di dare corso alla procedura di affidamento in projet financing, malgrado la intervenuta dichiarazione di p.i. della proposta presentata da un privato, trattandosi di atti come detto meramente preparatori.

Di qui l’inammissibilità stigmatizzata dal primo giudice, prima ancor che l’infondatezza della censura in esame, che indugia in una lettura eccessivamente civilistica della procedura de qua, tanto più che il predetto carattere pre-procedimentale degli atti gravati non sarebbe idoneo a determinare né vantaggi, né lesioni; insorgendo in capo al privato una mera aspettativa di fatto.

E del resto, va qui aggiunto, che la giurisprudenza in materia di progetto di finanza (ad iniziativa privata), in base alla normativa di settore (art.183, co.15, d.lgs. n.50/2016), ritiene che la prima fase sia “pre-procedimentale”, funzionale alla fattibilità di una data opera ed incentrata sull’interesse pubblico in relazione a tale opera - fase dunque ad elevata discrezionalità - non sindacabile nel merito, a fronte della quale il privato promotore vanta mere aspettative di fatto, accollandosi il rischio che la proposta non vada a buon fine.

È stato ancora affermato (da Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2020, n. 4015) che:…”quand'anche fosse stato non solo individuato il promotore ma anche, ritenuto di pubblico interesse, il progetto dallo stesso presentato, l'Amministrazione pubblica …non sarebbe comunque vincolata a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito e non sindacabili in sede giurisdizionale se, per la tutela dell'interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione, ovvero non procedere affatto" (cfr.Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820).

 Il ricorso all’atto tutorio da parte della Amministrazione pubblica è, dunque, conforme alle prescrizioni normative come interpretate dalla suestesa giurisprudenza amministrativa.

Ne consegue che alcun ragionevole affidamento può ritenersi ingenerato in capo ai proponenti, dovendosi ritenere che, dalla proposta formulata illo tempore, non possa che originare favore del proponente un’unica mera aspettativa, inidonea a dar luogo, come adombrato da parte appellante, ad una responsabilità contrattuale, in assenza di un comportamento dell’amministrazione contrario ai principi di buona fede intesa in senso oggettivo. In tema di project financing, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire (sentenza 13 marzo 2017, n. 1139), che: “la dichiarazione di pubblico interesse” della proposta… non obbliga affatto l'amministrazione né ad approvare il progetto né ad indire la gara per l'affidamento della relativa concessione che, anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato il promotore privato, l'Amministrazione non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione e la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera continua ad essere immanente ed insindacabile nel merito.

Guida alla lettura

Nel diritto amministrativo il dialogo tra amministrazione pubblica e soggetto privato è fondamentale al fine del raggiungimento, da parte di entrambi, del soddisfacimento delle proprie aspettative.

In particolare l’amministrazione intende tutelare gli interessi pubblici, primari e secondari, mentre l’operatore economico ha l’obiettivo di conseguire il bene della vita.

Quanto sopra risulta ancora più rilevante nel settore degli appalti pubblici, nell’ambito dei quali la cooperazione tra le parti interessate assume un ruolo sempre più intenso ed incisivo.

Sicuramente, nel confronto che si instaura tra gli interessati, riveste un ruolo essenziale il comportamento in buona fede che deve essere tenuto, anche dagli stessi cives, in tutte le fasi della procedura di gara.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sez.III, n.8072 del 19 settembre 2022

La pronuncia in esame interviene nella materia della finanza di progetto, istituto rientrante nell’ambito del più ampio partenariato pubblico-privato. Quest’ultimo, peraltro, risulta essere al centro delle riforme previste dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dall’imminente modifica del codice dei contratti pubblici.

L’intervento della Sezione si concentra proprio sul rapporto che si instaura tra apparato pubblico e soggetto privato; in particolare il Collegio analizza i profili, civilistici e amministrativi, che, nell’intersecarsi tra di loro, interessano le varie fasi della competizione.

Nello specifico il Consiglio di Stato rigetta proprio la visione eccessivamente “civilistica” della selezione, in quanto il carattere “pre-procedimentale” degli atti oggetto di impugnazione non determinerebbe vantaggi o lesioni nei confronti del soggetto privato.

Al contrario- rimarcano i giudici- l’operatore economico si troverebbe in una situazione di mera aspettativa di fatto.

A tal proposito il supremo Consesso, nel richiamare puntuali interventi giurisprudenziali, rileva che la suddetta fase pre-procedimentale sia caratterizzata da alta discrezionalità.

Di conseguenza l’operatore economico- precisa il Collegio- non può vantare particolari diritti nei confronti della stazione appaltante. Inoltre il soggetto privato si trova in una situazione, come detto, di aspettativa di fatto; pertanto quest’ultimo dovrà assumersi il rischio che la propria proposta sia rigettata dalla stazione appaltante.

In realtà la medesima amministrazione, proprio in ragione della possibilità di compiere valutazioni relative al merito, può, come estrema ipotesi, rinviare o addirittura rigettare il progetto, alla luce del superiore interesse pubblico.

Tale passaggio della sentenza riveste particolare importanza.

Infatti se è vero che la citata stazione appaltante sia in possesso di ampi poteri discrezionali, la stessa, non compiendo proprio un’attenta valutazione degli interessi, pubblici e privati, coinvolti, potrebbe, nel rigettare il piano dell’interessato, causare danni, anche rilevanti, verso l’operatore economico.

Tutto questo anche in considerazione di un potenziale rallentamento nella realizzazione o nel completamento delle opere pubbliche, pure strategiche, in violazione, necessariamente, degli obiettivi definiti nel sopra indicato PNRR.

Peraltro l’operatore economico, in possesso, come detto, di una mera aspettativa di fatto, non potrebbe invocare un’eventuale responsabilità contrattuale della stazione appaltante, non avendo quest’ultima violato i principi di buona fede.

Infine i magistrati rilevano che l’amministrazione, proprio nella fase prodromica innanzi esaminata, è titolare del potere di revoca, come previsto dall’articolo 21-quinquies della legge 241 del 1990.

Tuttavia la p.a. può esercitare il suddetto potere nei confronti dei propri precedenti provvedimenti solo in determinate circostanze: per sopravvenuti motivi di pubblico interesse oppure nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

Quanto sopra sempre, beninteso, prima che si siano definitivamente consolidate le posizioni delle parti.      

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 19/09/2022

N. 08072/2022REG.PROV.COLL.

N. 01867/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1867 del 2022, proposto da I.C.M. - s.p.a., A.B.P. Nocivelli - s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Roberto Colagrande, Giovanni Mangialardi, Aristide Police, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, viale Liegi, n. 32;

contro

la Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
l’Azienda Sanitaria Locale Lanciano Vasto Chieti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso dall'avvocato Riccardo Pagani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sede di L'Aquila, sez. I, del 29 novembre 2021, n. 530, resa tra le parti.


 

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo e di Azienda Sanitaria Locale Lanciano Vasto Chieti;

visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2022 il Cons. Antonio Massimo Marra e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza 29 novembre 2021, n. 530 il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sede di L’Aquila, ha respinto il ricorso RG 245/2020, proposto da ICM s.p.a. e da ABP Nocivelli (d’ora in avanti per brevità solo ICM e ABP) contro la Regione Abruzzo per l’annullamento della delibera n. 33 del 2021, a mezzo della quale la Giunta Regionale ha disposto in particolare: i. di revocare la D.G.R. n. 395 del 23 maggio 2015 e le deliberazioni ad essa conseguenti, relative all'affidamento in regime di finanza di progetto della concessione relativa alla progettazione definitiva ed esecutiva dell'Ospedale Clinicizzato “SS. Annunziata” di Chieti; ii. di stabilire che le persistenti e particolari condizioni di precarietà strutturale debbano trovare adeguata soluzione in seno alla vigente programmazione regionale (art. 20 della L. n. 67 del 1988 ss.ii.mm.).

1.1. I fatti sono ricostruiti in sentenza come segue:

“Le ricorrenti ICM e ABP hanno presentato, in data 4 aprile 2014, una proposta di project financing, ai sensi dell’art. 153 comma 19 d.lgs. n. 163 del 2006, per la progettazione definitiva ed esecutiva, alla esecuzione dei lavori di nuova costruzione, demolizione e ristrutturazione dell’Ospedale clinicizzato SS. Annunziata di Chieti e alla gestione di alcuni servizi non sanitari e commerciali, con spese a carico dei proponenti, da recuperare nei successivi 25 anni. In seguito la Regione: a) con d.G.R. n. 395 del 23 maggio 2015, ha disposto di procedimentalizzare la proposta di project financing, sia in ragione della precarietà strutturale di taluni corpi di fabbrica del compendio ospedaliero teatino, sia per la sua correlazione con le esigenze didattiche della facoltà di medicina di Chieti; b) con d.G.R. n. 133 del 4 marzo 2016, ha poi individuato, ai fini della dichiarazione di pubblico interesse, le azioni e le prescrizioni in capo alla ASL ed alla Giunta Regionale; c) con d.G.R. n. 170 del 13 aprile 2017, preso atto della infruttuosità del procedimento di valutazione della proposta, ha diffidato la stessa ASL a concludere il procedimento di valutazione della proposta; d) con d.G.R. n. 118 del 2 marzo 2018 ha dato atto della coerenza della proposta con le finalità di interesse pubblico evidenziate nelle precedenti deliberazioni regionali e ha assegnato al RUP un termine di 15 giorni per superare le criticità tecnico-funzionali ed economico-finanziarie riscontrate nello svolgimento dell’attività istruttoria della proposta; e) con d.G.R. n. 325 del 18 maggio 2018 ha confermato l’urgenza e la rilevanza strategica di intervento…; e) con d.G.R. n. 495 del 9 luglio 2018, la Regione ha dichiarato la fattibilità della proposta; laddove, l’Azienda sanitaria, con delibera n. 940 del 2018, ha disposto l’inserimento della proposta nella programmazione dei lavori pubblici - triennio 2018-2020. Con nota prot. RA/222266/20 del 23 luglio 2020 il Direttore del Dipartimento Sanità della Regione, nel confermare la garanzia della copertura del contributo pubblico di cui all’art. 180 comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii. con le risorse derivanti dall’art. 20 L. 67/1998, come stabilito dalla L. 145/2018”, ha comunicato che… in riferimento alla progettualità, si resta in attesa di conoscere i fabbisogni assistenziali della Rete COVID e dell’approvazione della Rete Ospedaliera Regionale.

1.2. Lamentando l’effetto soprassessorio delle viste comunicazioni regionali, le ricorrenti in primo grado, con il gravame introduttivo, hanno chiesto al Tribunale di dichiarare l’illegittimità dell’inerzia della Regione e della ASL nella conclusione del procedimento finalizzato alla selezione del concessionario per la progettazione de qua.

1.3. Con atto per motivi aggiunti ICM e ABP hanno, poi, impugnato la delibera della Giunta Regionale n. 33 del 2021, a mezzo della quale è stata revocata la d.G.R. n. 395 del 23 maggio 2015, relativa all’affidamento in regime di finanza di progetto della concessione in parola.

2. Il Tribunale amministrativo regionale -esposti i motivi di ricorso e dato atto delle difese della Regione e dell’Azienda Sanitaria- ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, sul rilievo dell’intervenuta d.G.R. n. 33 del 2021 ed ha respinto i motivi aggiunti.

3. Le società ICM e ABP hanno proposto il presente appello, sollevando tre articolati motivi che saranno di seguito esaminati, e ne hanno chiesto la riforma.

4.1. Sia la Regione Abbruzzo che la Azienda Sanitaria si sono costituite in giudizio per resistere all’appello.

4.3. La parte appellante ha depositato memoria conclusiva ex art. 73 Cod. proc. amm. e l’Azienda Sanitaria appellata memoria di replica.

5. Nell’udienza pubblica del 14 luglio 2022 la causa è passata in decisione.

6. L'oggetto della controversia riguarda la revoca delle deliberazioni con le quali la Regione Abruzzo aveva dichiarato la fattibilità e il pubblico interesse del progetto di realizzazione del nuovo ospedale “SS. Annunziata” di Chieti e di gestione di alcuni servizi non sanitari e commerciali. Oggetto del contendere è, in particolare, l'intervento tutorio operato dall’Amministrazione il cui atto di ritiro, a dire dell’appellante, nel disattendere le garanzie procedimentali, con conseguente violazione del diritto di difesa; ne avrebbe, comunque, determinato la legittimazione ed anche il sottostante interesse del proponente.

6.1. Secondo la prospettazione di ICM e ABP, infatti, là dove si accogliesse la eccezione dell’amministrazione che contesta la condizione dell’azione ed il visto interesse, l’atto di approvazione della Amministrazione, allegatamente idoneo a determinare il consolidamento, sarebbe del tutto vano.

7. Preliminarmente il Collegio può prescindere dall’esame delle eccezioni pregiudiziali sollevate dalle amministrazioni resistenti, essendo l’appello infondato nel merito.

8.1. Con il primo motivo, anzitutto, le odierne appellanti, ICM e ABP, lamentano che il primo giudice avrebbe erroneamente respinto la censura con cui le stesse società avevano dedotto la lesività dell’atto di revoca, senza esaminarne le specifiche ragioni poste sostegno dell’atto tutorio.

8.2. Secondo la prospettazione della parte appellante nell’ipotesi in cui l’Amministrazione decidesse, come nella specie, di ritirare in autotutela un atto della procedura, la relativa determinazione non potrebbe comunque elidere l’interesse della parte ricorrente da eventuali contestazioni.

8.3. Il primo giudice ha respinto la doglianza – con motivazione che il collegio ritiene di poter condividere - perché, le delibere gravate, nel rivestire tutte natura preparatoria della successiva indizione della gara per l’affidamento in concessione dell’opera (art. 183, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016), non potrebbero far insorgere alcun obbligo per la p.a. di dare corso alla procedura di affidamento in projet financing, malgrado la intervenuta dichiarazione di p.i. della proposta presentata da un privato, trattandosi di atti come detto meramente preparatori.

8.4. Di qui l’inammissibilità stigmatizzata dal primo giudice, prima ancor che l’infondatezza della censura in esame, che indugia in una lettura eccessivamente civilistica della procedura de qua, tanto più che il predetto carattere pre-procedimentale degli atti gravati non sarebbe idoneo a determinare né vantaggi, né lesioni; insorgendo in capo al privato una mera aspettativa di fatto.

8.5. E del resto, va qui aggiunto, che la giurisprudenza in materia di progetto di finanza (ad iniziativa privata), in base alla normativa di settore (art.183, co.15, d.lgs. n.50/2016), ritiene che la prima fase sia “pre-procedimentale”, funzionale alla fattibilità di una data opera ed incentrata sull’interesse pubblico in relazione a tale opera - fase dunque ad elevata discrezionalità - non sindacabile nel merito, a fronte della quale il privato promotore vanta mere aspettative di fatto, accollandosi il rischio che la proposta non vada a buon fine.

8.6. È stato ancora affermato (da Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2020, n. 4015) che:…”quand'anche fosse stato non solo individuato il promotore ma anche, ritenuto di pubblico interesse, il progetto dallo stesso presentato, l'Amministrazione pubblica …non sarebbe comunque vincolata a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito e non sindacabili in sede giurisdizionale se, per la tutela dell'interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione, ovvero non procedere affatto" (cfr.Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820).

8.7. Il ricorso all’atto tutorio da parte della Amministrazione pubblica è, dunque, conforme alle prescrizioni normative come interpretate dalla suestesa giurisprudenza amministrativa.

8.8. Ne consegue che alcun ragionevole affidamento può ritenersi ingenerato in capo ai proponenti, dovendosi ritenere che, dalla proposta formulata illo tempore, non possa che originare favore del proponente un’unica mera aspettativa, inidonea a dar luogo, come adombrato da parte appellante, ad una responsabilità contrattuale, in assenza di un comportamento dell’amministrazione contrario ai principi di buona fede intesa in senso oggettivo. In tema di project financing, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire (sentenza 13 marzo 2017, n. 1139), che: “la dichiarazione di pubblico interesse” della proposta… non obbliga affatto l'amministrazione né ad approvare il progetto né ad indire la gara per l'affidamento della relativa concessione che, anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato il promotore privato, l'Amministrazione non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione e la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera continua ad essere immanente ed insindacabile nel merito.

La censura deve essere perciò respinta.

9. Con riguardo al secondo ed al terzo motivo che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, ancora, l’odierna parte appellante contesta, oltre alla violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, la violazione delle garanzie procedurali e partecipative, non essendo stata, suo dire, la revisione dell’assetto degli interessi, recato dall’atto originario, preceduta da un confronto procedimentale con il destinatario, così da permettergli di presentare le proprie osservazioni in una fase tuttora preparatoria, nella quale, cioè, non potevano dirsi non potenzialmente aperte ulteriori possibili opzioni a fronte di un atto per definizione “non vincolato”; e, ciò, proprio al fine di evitare che l’intervento spiegato -che aveva affermato il pubblico interesse e la fattibilità - si ponga in contrasto con il modulo tipico previsto dall’art. 7 e segg. della vista legge n. 241.

9.1. In tal senso, del resto, si sarebbe costantemente mossa la giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha reiteratamente posto in evidenza la necessita che gli interessati siano in grado di contraddire all’interno del procedimento amministrativo, fermo l'obbligo della amministrazione pubblica di meditata valutazione di tutti i contributi a tal fine presentati tra cui la sopravvenuta esigenza di rimodulare l’interesse pubblico (cfr. Sez. VI 29.2.2002, n. 2983; Ad. plen. 15.9.1999, n. 14), sull’eventuale istruttoria da espletare sia sull’individuazione degli interessi pubblici e privati coinvolti sia, infine, sulla loro finale graduazione da parte della procedente Autorità per il perseguimento del poziore interesse pubblico (Cons. Stato Sez. V 5.6.1997).

9.2. Tali argomentazioni, variamente articolate nell’atto di appello, non sono persuasive, specie con riguardo all’istituto di una revoca intesa, per vero, non in senso classico, in quanto concernente atti non rientranti ancora nell’iter procedimentale, e le statuizioni del primo giudice devono, quindi, essere confermate.

9.3. Ricorda la Sezione che l'Amministrazione è titolare del potere, riconosciuto dall'art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, di revocare, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, un proprio precedente provvedimento amministrativo quando ciò avvenga prima del consolidarsi delle posizioni delle parti (cfr., proprio in relazione ad un project financing, Cons. Stato Sez. III, n. 4026, 30 luglio 2013; Sez. III, n. 2838 del 24 maggio 2013).

9.4. In disparte ogni approfondimento in merito alla questione sulla assimilazione o meno dell’atto tutorio adottato nel caso concreto - in cui gli atti gravati hanno riguardato il solo primo segmento del complesso meccanismo della finanza di progetto, senza che gli stessi possano ritenersi, come accennato, incardinati in una sequenza procedimentale - alla revoca classica e, dunque, postulare l’ osservanza delle garanzie procedimentali invocate, deve osservarsi che, a fronte di un primo stadio per vero prodromico di un modulo che, utilizzando una locuzione civilistica, potrebbe essere assimilato ad una fattispecie a formazione successiva o progressiva, nessun vincolo può dirsi insorto sull’Amministrazione appellata e, dunque, ravvisarsi in capo alla stessa alcuna violazione del dovere di correttezza o buona fede intesa in senso oggettivo, dovendosi invero escludere la contestata violazione di obblighi di lealtà in un segmento della complessa fattispecie de qua, così anticipato da non configurare alcun affidamento tutelabile.

9.5. Né tale affidamento può, poi, invocarsi sul consolidamento di una posizione precontrattuale riconducibile a quella tipica del promotore, avendo le ricorrenti presentato il progetto di cui si tratta assumendosi il rischio che esso non venisse giudicato conforme all'interesse pubblico e dovendosi considerare insito nella posizione del promotore ( o, meglio, dell’aspirante a tale qualificazione ) il rischio economico della redazione e mancata realizzazione del progetto presentato, nella misura in cui esso è assoggettato al potere di verifica di fattibilità dell'amministrazione, con conseguente, concreta, possibilità di abbandono di qualsiasi ipotesi di esecuzione dell'intervento.

10. Per lo stesso ordine di ragioni deve essere respinta la censura riguardante l’invocata applicabilità, nella specie, delle regole inerenti alla revoca in autotutela ex art 21 quinquies.

10.1. Come ha ben messo in rilievo la sentenza impugnata, infatti, i principi di cui all’art 21 quinquies, invocati dalla parte appellante, sono applicabili, secondo quanto statuito dalla giurisprudenza prevalente, solo in caso di revoca di atti durevoli, stabilmente attributivi di vantaggi; laddove, devono essere esclusi, nelle ipotesi di atti, come nella specie, “ad effetti instabili ed interinali”.

10.2 Ne consegue che essendo riconducibile la dichiarazione di pubblico interesse del progetto presentato dal promotore, nel novero di tale ultima categoria di atti, in quanto provvedimento che non attribuisce, invero, in maniera definitiva un vantaggio, ma meramente ed eventualmente prodromico alla successiva indizione della gara” (sent. V, n. 7244/21), tali principi non risultano applicabile nella specie.

10.3. Se così è, come bene ha inteso il primo giudice nella lettura complessiva e ragionevole delle disposizioni che governano il modulo in questione come interpretato dalla giurisprudenza prevalente, si spiega anche perché la censura veicolata afferente alla mancata, previa, interlocuzione procedimentale, non comporta alcuna lesione di natura sostanziale alle prerogative della parte appellante ricorrente riveniente dalla asserita omissione procedimentale “addebitata” alla Amministrazione.

10.4. Invero, l’emergenza pandemica da SARSCOV-2 ha reso chiara, come sottolinea la difesa regionale, la necessità di disporre una ridefinizione delle reti ospedaliere e territoriali, nella quale si tenesse conto non solo della specificità dei bisogni assistenziali di carattere ordinario della popolazione, ma che fosse altresì adeguata ad affrontare - in luoghi e con strumentazioni tecnologiche performanti - eventi pandemici o eccezionali; quindi, delle reti volte a garantire al meglio l’assistenza necessaria in sede emergenziale, pur continuando ad assicurare i servizi essenziali alla popolazione, con modalità sistemica .

10.5. Non è stato rappresentato nel gravame alcun plausibile argomento la cui “introduzione” nel procedimento sarebbe stata in grado di diversamente orientarne il risultato.

10.6. Di conseguenza, la rivalutazione dell’interesse pubblico è stata effettuata in un ambito sistemico ben determinato, come emerge chiaramente nella DGR n. 691 del 2020.

Non è, in altre parole, la valenza incidente della mancata interlocuzione procedimentale sul contenuto sostanziale dei fatti fondanti i gravati atti, rivestendo questi ultimi carattere essenzialmente prodromico al modulo avviato dalla parte appellante in qualità di proponente.

10.7. Ne discende la infondatezza della censura, ove si abbia riguardo al di per sé risolutivo rilievo che non risulta allegato un concreto pregiudizio al diritto di difesa e di partecipazione procedimentale, mancando parte ricorrente di indicare in qual modo e in che misura il lamentato vizio abbia in concreto precluso la introduzione di deduzioni in grado di sostanzialmente incidere sulle determinazioni della Amministrazione regionale o sanitaria, ovvero abbia potuto in qualche modo ledere il diritto di essa parte appellante all’ottenimento di una decisione diversa, tenuto conto che l’interesse pubblico è stato valutato sotteso alla attività di edilizia sanitaria afferente il P.O. di Chieti, congiuntamente alla disamina dello strumento contrattuale da utilizzare.

10.8. In ogni caso, le censure afferenti alla asserita violazione delle prerogative di partecipazione procedimentale sono prive di fondamento atteso che, siccome si è avuto modo di illustrare supra in sede di negativo scrutinio dei motivi “afferenti al merito”, il contenuto dispositivo dell’impugnato provvedimento non avrebbe potuto essere diverso.

11. In conclusione l’appello non merita accoglimento e la sentenza impugnata va confermata.

12. La spese del presente grado del giudizio, considerata, comunque, la complessità tecnica del giudizio che ha richiesto una circostanziata disamina delle censure anche nel presente giudizio di appello, possono essere interamente compensate tra le parti.

25.1. Rimane definitivamente a carico di ICM e ABP per la soccombenza il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da I.C.M. - s.p.a., A.B.P. Nocivelli - s.p.a., lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza impugnata.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Pone definitivamente a carico di ICM e ABP il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Michele Corradino, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Antonio Massimo Marra, Consigliere, Estensore

Antonella De Miro, Consigliere