il punto della situazione

1. Premessa; 2. Quadro normativo e giurisprudenziale ante-riforma; 3. Le novità contenute nella Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021; 4. Le nuove procedure selettive; 5. Principali problematicità della riforma; 6. Conclusioni e regime transitorio.

1. Premessa

Le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative sono da anni oggetto di un vivace dibattito, sia a livello politico sia a livello giurisprudenziale, nonché di plurimi interventi legislativi di rinnovo o proroga automatica e generalizzata nei confronti delle concessioni in essere.

La nozione fornita dal Legislatore di dette concessioni demaniali comprende quelle relative[1]:

a) alla gestione di stabilimenti;

b) all’esercizio di attività di ristorazione e somministrazione di bevande, nonché generi di monopolio;

c) al noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;

d) alla gestione di strutture ricettive (ad es. alberghi, camping etc.) ed attività ricreative e sportive;

e) ad esercizi commerciali.

f) a servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.

Per effetto della Legge annuale per il mercato e la concorrenza approvata in via definitiva lo scorso 5 agosto 2022[2], il Legislatore ha espressamente incluso nell’oggetto della riforma, di cui si dirà infra, le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali anche per l’esercizio di attività sportive.

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2 – Quadro normativo e giurisprudenziale ante-riforma

Le concessioni demaniali marittime sono disciplinate (e lo saranno fino all’entrata in vigore dei decreti attuativi della riforma, di cui si vedrà meglio in seguito) innanzitutto dagli artt. 36 ss. del R.D. 30 marzo 1942, n. 327 (Codice della Navigazione) e dagli artt. 5 ss. del D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 (Regolamento per l’esecuzione del Codice della Navigazione).

Dette disposizioni prevedono, tra gli altri, le modalità di affidamento delle medesime concessioni, con un procedimento ad istanza di parte finalizzato all’affidamento in uso - anche esclusivo - del bene demaniale oggetto della richiesta.

Sotto il profilo della pubblicità, la disciplina normativa da riformare prevede, all’art. 18 del Reg. esec. Cod. Nav., la pubblicazione della domanda mediante affissione nell'albo del Comune ove è situato il bene richiesto, per le “concessioni di particolare importanza per l'entità o per lo scopo”. Dunque, in questa fase, il predetto regime di pubblicità è meramente eventuale.

Allo stesso tempo, sotto il profilo del confronto concorrenziale, l’art. 37 del Cod. Nav. prevede che, in presenza di una pluralità di domande, l’Amministrazione provveda ad un confronto tra queste ultime, accordando la preferenza al richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell'Amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico.

Altro aspetto molto discusso della disciplina normativa ante-riforma, come si anticipava, è quello riguardante il rinnovo automatico e la proroga della concessione demaniale per finalità turistico-ricreative.

Ad oggi, in seguito alla procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata nei confronti dell’Italia dalla Commissione Europea, nonché del successivo intervento correttivo del Legislatore, nel nostro Paese è stato abrogato sia il c.d. diritto di insistenza, ossia il diritto del concessionario uscente di essere preferito ad altri potenziali contraenti, sia il rinnovo automatico delle concessioni già assentite, originariamente previsto dall’art. 01, comma 2, del D.L. 400/1993.

Per quanto riguarda le proroghe delle concessioni, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) del 14 luglio 2016, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (c.d. sentenza Promoimpresa), ha affermato il principio per cui la disciplina della direttiva 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkenstein) osta ad una norma nazionale che preveda la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di una previa procedura di selezione tra i potenziali candidati.

Tale principio è subordinato, tuttavia, secondo la stessa CGUE, alla affermazione (o meno) del c.d. interesse transfrontaliero certo delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.

Di qui il dibattito sviluppatosi a livello nazionale in seguito alla sentenza Promoimpresa, tra i sostenitori della tesi della sussistenza, nel nostro Paese, riguardo le concessioni di cui trattasi, di tale interesse transfrontaliero certo ed i sostenitori della insussistenza del medesimo interesse.

Parallelamente al predetto dibattito, pur conscio delle problematiche del settore, il Legislatore, con l’art. 1, comma 682, della L. 145/2018, ha disposto una ulteriore proroga automatica e generalizzata di anni 15, e dunque fino al 2033, per le concessioni in essere, sebbene con l’obiettivo nelle more di riformare la materia.

Anche la giurisprudenza nazionale, in tempi recenti, si è fatta vero e proprio motore riformatore della materia.

Ciò è avvenuto, in particolare, con le due sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. Plen., 9.11.2021, nn. 17 e 18), mediante le quali il massimo consesso della giustizia amministrativa ha affermato una serie di princìpi di diritto di grande rilievo pratico e a tratti innovativi della disciplina normativa.

Innanzitutto, con riferimento ai princìpi espressi dalla richiamata sentenza Promoimpresa, il Consiglio di Stato ha considerato senz’altro integrato, nel nostro Paese, il requisito dell’interesse transfrontaliero certo per il settore delle concessioni demaniali di cui trattasi[3].

Sulla scorta di tale assunto, dunque, l’Adunanza Plenaria ha affermato che le norme nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative sono in contrasto con il diritto eurounitario (art. 49 TFUE e art. 12 Direttiva 2006/123/CE) e che tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.

Allo stesso modo, ha affermato l’Adunanza Plenaria, per quanto concerne gli eventuali atti di proroga disposti dalla P.A. (anche nei casi in cui tali atti siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiano comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari, per cui gli effetti di detti provvedimenti devono intendersi tamquam non esset.

L’Adunanza Plenaria non si è però limitata alla fase destruens delle proroghe in atto, ma ha altresì fornito al Legislatore una serie di indicazioni per l’elaborazione di una nuova normativa che possa essere considerata conforme al diritto europeo ed ai princìpi sanciti dalla CGUE.

Così, il Consiglio di Stato ha affermato che sussiste l’obbligo di aggiudicare le predette concessioni mediante una gara e, per quanto concerne i princìpi che dovranno ispirare lo svolgimento delle gare, che l’art. 12 della direttiva 2006/123 già contiene importanti criteri in grado di veicolare la discrezionalità del legislatore, imponendo una “procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”.

È stato poi precisato che il Legislatore potrà valutare, nello stabilire le regole della procedura di selezione, anche considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto comunitario.

Inoltre, l’Adunanza Plenaria ha sottolineato che dovranno essere evitate ipotesi di preferenza “automatica” per i gestori uscenti, in quanto idonee a tradursi in un’asimmetria a favore dei soggetti che già operano sul mercato.

A tutela dei concessionari uscenti, è stato invece evidenziato - con le predette pronunce - che l’indizione delle nuove procedure competitive dovrà essere supportata dal riconoscimento di un indennizzo a tutela degli investimenti effettuati dagli stessi, essendo tale meccanismo indispensabile per evitare violazioni del legittimo affidamento degli operatori economici.

L’Adunanza Plenaria ha anche previsto alcuni criteri di selezione dei nuovi concessionari che dovranno ispirare la riforma normativa in subiecta materia, affermando che i criteri di selezione dovrebbero riguardare la capacità tecnica (anche tenendo conto della capacità di interazione del progetto con il complessivo sistema turistico-ricettivo del territorio locale), la capacità professionale, finanziaria ed economica degli operatori, essere collegati all’oggetto del contratto e figurare nei documenti di gara.

Infine, dando atto del notevole impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere aggiudicate tramite proroghe o rinnovi automatici, nonché nell’auspicio che il legislatore - nelle more - intervenga a riordinare la materia in conformità ai princìpi di derivazione europea, la Plenaria ha stabilito che le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuino ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023 e che, oltre tale data, anche in assenza di una nuova disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti in ogni caso[4].

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3 - Le novità contenute nella Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021

A valle dei predetti sviluppi giurisprudenziali, il Legislatore ha avviato l’iter per la riforma della disciplina delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative, individuando nella legge annuale per il mercato e la concorrenza il veicolo per la modifica normativa.

Così, in seguito ad un lungo dibattito politico, il 5 agosto 2022 le Camere hanno raggiunto l’intesa sul testo della riforma, approvando la L. 5 agosto 2022, n. 118.

Vediamo, dunque, quali sono le principali novità della riforma.

Innanzitutto, va detto che la legge sulla concorrenza prevede sia disposizioni di immediata applicabilità, sia disposizioni di delega, che dovranno essere implementate da uno o più decreti legislativi, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della predetta legge.

In primo luogo, con l’art. 2 della L. 118/2022, il Legislatore delega il Governo a costituire, entro sei mesi, un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici al fine di promuovere la massima pubblicità e trasparenza dei principali dati e informazioni relativi a tutti i rapporti concessori.

In secondo luogo, quanto all’efficacia delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio di attività turistico-ricreative e sportive, all’art. 3 della medesima Legge, è previsto – in conformità a quanto sancito dall’Adunanza Plenaria - che queste continuino ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2023, ove affidate per il tramite di rinnovi automatici o di proroghe, anche se disposte per legge. Vengono incluse nell’operatività della norma suddetta anche le concessioni gestite dagli enti del Terzo settore, quelle per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti d'ormeggio, nonché i rapporti aventi ad oggetto la gestione di  strutture turistico-ricreative  e  sportive  in  aree  ricadenti  nel   demanio marittimo  per  effetto  di provvedimenti successivi all'inizio dell'utilizzazione.

Inoltre, come anticipato, rispetto alla prima bozza di DDL concorrenza, al testo è stato aggiunto il riferimento alle concessioni rilasciate per finalità di svolgimento di attività sportive. Tra queste ultime il Legislatore fa rientrare espressamente quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte al registro del CONI o, a decorrere dalla sua operatività, al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39.

Sempre con riferimento al disposto dell’art. 3 in commento, due ulteriori aspetti di rilievo devono essere sottolineati.

Da un lato, infatti, occorre specificare che, coerentemente con le premesse sopra richiamate, il Legislatore fa salvi fino alla naturale scadenza - ovvero sino al 31 dicembre 2023, nel caso di scadenza antecedente a tale data - gli effetti di tutte quelle concessioni che l'ente concedente individui  come  affidate  o rinnovate mediante  procedura  selettiva  con  adeguate garanzie di imparzialità e  di  trasparenza  e,  in  particolare,  con  adeguata pubblicità dell'avvio  della  procedura e  del  suo  svolgimento  e completamento.

Allo stesso tempo, il comma 3 dell’art. 3 in esame prevede che, in presenza di ragioni oggettive che impediscono la  conclusione della procedura selettiva entro il  31  dicembre  2023 (connesse,  a titolo  esemplificativo,  alla  pendenza  di  un  contenzioso   o a difficoltà oggettive legate all'espletamento della procedura stessa), l'autorità competente, con atto motivato, possa differire il  termine di scadenza delle concessioni in essere  per  il  tempo  strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024.

Le disposizioni sull’efficacia delle concessioni in essere fino ad ora analizzate costituiscono normativa immediatamente applicabile.

Come anticipato, tuttavia, il cuore della riforma è costituito dalla delega mediante la quale il Legislatore ha affidato all’Esecutivo l’incarico di riformare la disciplina delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.

Nonostante tale riforma sia destinata perciò ad aver luogo mediante uno o più decreti legislativi, appare sin d’ora possibile esaminare - per il tramite della legge delega - quelli che saranno i princìpi ispiratori dell’intervento attuativo del Governo, poiché indicati dall’art. 4 della L. 118/2022.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione della nuova disciplina, il Legislatore ha previsto che il riordino e la semplificazione della normativa in esame abbia ad oggetto le concessioni demaniali marittime, lacuali  e  fluviali  per finalità  turistico-ricreative  e  sportive,  ivi   incluse   quelle affidate  ad  associazioni  e  società  senza  fini  di  lucro,  con esclusione  delle  concessioni  relative   ad   aree,   strutture   e infrastrutture dedicate alla cantieristica navale, all'acquacoltura e alla mitilicoltura.

Tra i princìpi e criteri direttivi della materia, indicati dall’art. 4, comma 2, della legge in commento, è da notare, in primis, quello della determinazione di criteri omogenei per l'individuazione  delle aree  suscettibili  di  affidamento   in   concessione,   in modo tale da assicurare l'adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le  aree libere o libere attrezzate, nonché la costante  presenza  di  varchi per il libero e gratuito accesso e  transito  per  il  raggiungimento della battigia (art. 4, comma 2, lett. a).

Conformemente a quanto già affermato dalla giurisprudenza nazionale ed europea, il Legislatore prevede poi che l’affidamento delle concessioni avvenga sulla base di procedure selettive da svolgersi nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità e da avviare con adeguato anticipo rispetto alla loro scadenza.

Secondo il medesimo art. 4, in sede di affidamento della concessione, le Stazioni appaltanti dovranno utilizzare strumenti di valutazione dell’offerta in grado di favorire la massima partecipazione di imprese di piccole dimensioni, anche mediante il frazionamento in piccoli lotti delle aree demaniali da affidare in concessione.

 

Quanto all’affidamento delle nuove concessioni demaniali, il Governo è inoltre delegato a definire una disciplina uniforme delle procedure selettive che preveda, tra gli altri, (i) l’individuazione di requisiti di ammissione che favoriscano la massima partecipazione di imprese, anche di piccole dimensioni; (ii) criteri premiali per gli  operatori  economici  in  possesso  della certificazione della parità di genere  e  da  imprese  a  prevalente  o totale partecipazione giovanile; (iii) adeguata  considerazione della  qualità  e  delle  condizioni  del  servizio offerto agli utenti, di programmi di interventi per  migliorare  l'accessibilità  e  la  fruibilità dell'area demaniale, anche da parte dei soggetti con  disabilità,  e dell'idoneità di tali interventi ad assicurare il minimo impatto sul paesaggio, sull'ambiente e sull'ecosistema, con  preferenza  per  il programma  di  interventi  che  preveda  attrezzature  non  fisse e completamente amovibili.

 

L’Esecutivo dovrà anche disciplinare in maniera specifica ipotesi e casi in cui sono consentiti l'affidamento da parte del concessionario ad altri soggetti della gestione delle attività, anche secondarie, oggetto della concessione e il subingresso nella concessione stessa, nonché definire, al fine di favorire l'accesso di operatori economici di piccole dimensioni, il numero massimo di concessioni di cui può essere titolare, in via diretta  o indiretta, uno stesso concessionario a livello comunale, provinciale, regionale  o  nazionale.

 

Inoltre, ai fini della scelta del concessionario, le Stazioni appaltanti dovranno adeguatamente considerare l'esperienza tecnica e professionale già acquisita dall’operatore, sempre in maniera tale da non precludere l'accesso al settore di nuovi operatori, nonché valutare la posizione dei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l'avvio della procedura selettiva, abbiano utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé  e  per  il proprio nucleo familiare, con previsione  di  clausole  sociali  volte  a  promuovere  la stabilità occupazionale del personale impiegato.

Rappresentano poi aspetti di particolare rilievo della riforma quello dei canoni concessori, quello della durata della concessione e quello dell’indennizzo da versare al concessionario uscente.

 

Per quanto concerne il primo di tali aspetti, i decreti attuativi del Governo daranno luogo alla modifica della categorizzazione della valenza turistica delle aree demaniali da affidare in concessione (attualmente prevista dall’art. 03 del D.L. 400/1993)[5]. Ciò al precipuo scopo di poter tenere conto, come previsto dalla legge di delega in esame, ai fini della quantificazione dei canoni, del pregio naturale e dell'effettiva redditività delle aree demaniali da affidare in concessione, nonché dell'utilizzo di tali aree per attività sportive, ricreative, sociali e legate alle tradizioni locali, svolte in forma singola o associata senza scopo di lucro, ovvero per finalità di interesse pubblico.

A tal proposito, peraltro, va ricordato quanto affermato sul punto dall’Adunanza Plenaria, ossia che “sarebbe auspicabile che le amministrazioni concedenti sfruttino appieno il reale valore del bene demaniale oggetto di concessione”. In tal senso, afferma la Plenaria, “sarebbe opportuno che anche la misura dei canoni concessori formi oggetto della procedura competitiva per la selezione dei concessionari, in modo tale che, all’esito, essa rifletta il reale valore economico e turistico del bene oggetto di affidamento”. Dunque, appare lecito attendersi che i decreti attuativi predisporranno un meccanismo che contempli un’offerta economica da parte degli operatori economici concorrenti, consistente nel rialzo sui canoni messi a base d’asta dalla Stazione appaltante.

Quanto al secondo aspetto, la riforma prevede – con meccanismo assai simile a quello già in vigore a livello generale per le concessioni ex art. 168 del Codice dei contratti pubblici - che la durata della concessione demaniale non sia superiore a quanto necessario per garantire al concessionario l'ammortamento e l'equa remunerazione degli investimenti autorizzati dall'ente concedente in sede di assegnazione della concessione, e comunque da determinarsi in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare, facendo in ogni caso divieto espresso di proroghe e rinnovi anche automatici.

Venendo alla citata previsione di un indennizzo, il Governo è delegato a prevedere la definizione di criteri uniformi per la quantificazione dell'indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante.

Tale previsione si pone in linea con quanto disposto dall’Adunanza Plenaria che, come visto, aveva già rilevato la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei concessionari uscenti mediante un meccanismo indennitario.

Circa la quantificazione dell’indennizzo, i riferimenti al mancato ammortamento degli investimenti realizzati nel corso del rapporto concessorio ed alla perdita dell'avviamento connesso ad attività commerciali o di interesse turistico, inizialmente previsti all’interno del DDL concorrenza, sono stati espunti in sede di emendamenti nel testo approvato. Pertanto, l’aspetto della quantificazione dell’indennizzo è stato rimesso all’Esecutivo, che lo regolerà con i decreti delegati.

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4 - Le nuove procedure selettive  

A questo punto, volendo ipotizzare (alla luce della legge delega e della più recente giurisprudenza) quale sarà la struttura delle gare per l’affidamento delle nuove concessioni demaniali che verrà disegnata dai decreti attuativi, si analizzano alcuni tra i principali aspetti delle procedure di selezione dei concessionari.

Rispetto ai requisiti di pubblicità, l’Amministrazione aggiudicatrice dovrà provvedere alla pubblicazione di un bando garantendo i relativi adeguati adempimenti a livello di pubblicità (ad es. pubblicazione in G.U.U.E. o G.U.R.I.).

Sembra ipotizzabile poi che, unitamente al bando, la Stazione appaltante provveda a pubblicare una relazione di un esperto per la stima del valore dell’indennizzo da corrispondere al concessionario uscente da parte del concessionario entrante, da quantificarsi mediante i criteri che verranno stabiliti dai decreti attuativi.

Per quanto concerne i requisiti richiesti agli operatori economici, questi potranno essere di ordine generale (quali ad es. assenza di motivi di esclusione di cui all’art. 80 d.lgs. 50/2016, insussistenza del divieto di contrattare di cui all’art. 53, comma 16-ter d.lgs. 165/2001 etc.) e di idoneità tecnico-economica (ad es. fatturato minimo etc.).

Detti operatori economici partecipanti, assumendo che la disciplina della riforma possa ricalcare sul punto quanto già previsto dal Codice dei contratti pubblici per le concessioni di servizi, potrebbero essere, ove in possesso dei requisiti richiesti, imprenditori individuali, anche artigiani, società, anche cooperative, consorzi ed altri soggetti di cui all’art. 45 del d.lgs. 50/2016, anche in raggruppamento, ivi inclusi gli enti del terzo settore e le ONLUS[6].

Venendo al contenuto dell’offerta che dovrà essere presentata dai predetti operatori economici, quest’ultima sarà con ogni probabilità corredata (i) dalla documentazione amministrativa recante, tra gli altri, l’attestazione del possesso dei requisiti richiesti dal bando; (ii) dal progetto tecnico (ad es. progetto preliminare o di fattibilità tecnica ed economica) per la realizzazione di opere in loco oppure per le migliorie da apportare alle strutture già esistenti e dal capitolato prestazionale, contenente l’elenco delle prestazioni e servizi da garantire verso l’utenza; (iii) da una garanzia provvisoria e, potenzialmente, dall’impegno al rilascio della garanzia definitiva in caso di aggiudicazione; (iv) dall’offerta economica, da intendersi come coefficiente di rialzo sui canoni, corredata, se del caso, dal piano economico finanziario. 

Si può ipotizzare che il criterio di selezione del contraente sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per il quale è possibile ipotizzare che il Legislatore richiami il rapporto 70/30% per l’attribuzione del punteggio tecnico ed economico, già utilizzabile per le concessioni (cfr. art. 95, c. 10-bis d.lgs. 50/2016).

Come anticipato, i criteri di selezione del contraente dovranno comprendere principalmente (i) componenti premiali per gli operatori economici in possesso della certificazione della parità di genere o a prevalente o totale partecipazione giovanile; (ii) valorizzazione della qualità del servizio offerto agli utenti e le relative condizioni, anche alla luce di eventuali miglioramenti all'accessibilità e fruibilità del demanio, anche da parte dei soggetti con disabilità; (iii) valorizzazione della riduzione dell’impatto sul paesaggio, sull'ambiente e sull'ecosistema; (iv) preferenza per gli interventi che prevedano attrezzature non fisse e completamente amovibili; (v) valorizzazione dell’esperienza tecnica e professionale dell’operatore in relazione all'attività oggetto di concessione o ad attività analoghe.

Una volta attribuiti i punteggi tecnici ed economici la Stazione appaltante stilerà la graduatoria dei concorrenti e provvederà all’aggiudicazione all’operatore economico primo graduato.

 

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5 - Principali problematicità della riforma

Veniamo ora alle principali problematicità sollevate dalla riforma e a quelli che saranno, per il Legislatore delegato, i restanti nodi da sciogliere. Tali problematiche, peraltro, già dalla prima formulazione del DDL concorrenza, sono state oggetto di vivaci dibattiti tra gli operatori di settore.

Prima di tutto, quanto alla mappatura dei regimi concessori, alcuni operatori hanno suggerito l’opportunità di porre in essere tale attività prima di procedere a disciplinare la materia di cui trattasi. Ciò in quanto, si afferma, solo attraverso la capillare mappatura delle concessioni sarebbe possibile stabilire la sussistenza o meno del requisito della scarsità della risorsa e, nel caso in cui dovesse emergere che la risorsa non è scarsa, allora, secondo l’art. 12 della Direttiva Servizi (c.d. Bolkenstein), non sarebbe necessario utilizzare procedure concorrenziali per la selezione del concessionario.

Tale aspetto controverso, tuttavia, sembra potersi considerare già superato se si consideri quanto affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ossia che la risorsa di cui trattasi dovrebbe essere in ogni caso ritenuta scarsa (senza dover nemmeno procedere a previa mappatura), in virtù dell’attuale grado di occupazione delle coste sabbiose ed utilizzo da parte di operatori del settore turistico-ricreativo, che oscilla tra il 50% ed il 70%.

Altro aspetto problematico è senz’altro quello dell’indennizzo da corrispondere al concessionario uscente.

In particolare, nella prima versione del DDL concorrenza, aveva sollevato numerose critiche da parte degli operatori di settore il metodo di quantificazione dell’indennizzo, che era stato inizialmente formulato come la somma della perdita di avviamento e del mancato ammortamento degli investimenti del concessionario uscente.

Tale calcolo, secondo taluni operatori, non sarebbe stato in grado di cogliere l’effettivo valore di mercato dell’attività, poiché legato a voci di bilancio anziché all’effettivo valore commerciale (o posizionamento di mercato) dell’attività. Ciò, secondo tale ricostruzione, avrebbe arrecato un danno ai concessionari uscenti, che avrebbero percepito un indennizzo talvolta inferiore rispetto all’effettivo valore d’azienda.

Tale formulazione sul calcolo dell’indennizzo è stata perciò espunta dal testo di legge, lasciando così all’Esecutivo il compito di individuare uno strumento di calcolo dell’indennizzo che possa tutelare i concessionari uscenti.

Altro aspetto che dovrà essere regolato dal Governo con i decreti attuativi è quello della valorizzazione della posizione di soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva hanno utilizzato una concessione come prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare (cfr. art. 4, comma 2, lett. e), n. 5 della L. 118/2022).

In particolare, la potenziale criticità del dictum normativo risiede nel fatto che il Legislatore delegato dovrà declinare un simile principio tenendo presente che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiaramente affermato che dovrebbero essere “evitate ipotesi di preferenza automatica per i gestori uscenti”.

Ulteriore aspetto problematico è rappresentato dal fatto che il Governo dovrà definire, al fine di favorire l'accesso delle microimprese e delle piccole imprese alle attività connesse alle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative, il numero massimo di concessioni di cui può essere titolare, in via diretta o indiretta, uno stesso concessionario a livello comunale, provinciale, regionale o nazionale.

Anche in questo caso, dunque, al Legislatore delegato spetterà il compito di contemperare esigenze contrapposte, ossia quella di accesso al mercato di cui trattasi da parte di micro imprese e PMI, con la necessità di non comprimere oltremodo la libertà di iniziativa economica degli operatori.

 

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6 - Conclusioni e regime transitorio

Alla luce di quanto sopra, occorrerà attendere l’approvazione dei decreti delegati da parte del Governo per avere un quadro chiaro e completo, anche negli aspetti di dettaglio, della riforma delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative e sportive.

Tali decreti delegati, che abrogheranno le vigenti disposizioni incompatibili e detteranno la disciplina di coordinamento rispetto a quelle non abrogate, dovranno essere approvati entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge in commento, dunque entro il mese di febbraio 2023.

Gli stessi decreti dovranno essere adottati previa acquisizione di intesa in sede di Conferenza unificata e previo parere del Consiglio di Stato, da rendere entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto legislativo.

A completamento del quadro complessivo tracciato, nelle more del procedimento di riforma sopra delineato, appare utile citare anche il project financing quale strumento utile per garantire stabilità ai rapporti giuridici sorti durante tale periodo.

L’utilizzo della finanza di progetto, istituto disciplinato dall’art. 183 del d.lgs. 50/2016, è già espressamente ammesso per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto. In effetti, a ben vedere, non appaiono ragioni ostative rispetto all’utilizzo del project financing anche per l’affidamento delle concessioni demaniali in esame, poiché queste rientrano tra le concessioni di servizi, per le quali è ammessa la finanza di progetto in quanto contratto di partenariato (cfr. artt. 180, c. 8 e 183, comma 16, del d.lgs. 50/2016).

Il procedimento di affidamento potrebbe così essere strutturato secondo quanto previsto dal citato art. 183, avendo avvio ad istanza di parte oppure per impulso dell’ente aggiudicatore, con pubblicazione di un bando e messa a gara del progetto di fattibilità, una volta approvato ed inserito (ove non già presente) negli strumenti di programmazione dell’Amministrazione.

Tale procedura sarebbe pacificamente rispettosa dei princìpi di imparzialità e di trasparenza richiesti dalla Adunanza Plenaria e, pertanto, potrebbe costituire un valido strumento da utilizzare fintanto che il Legislatore delegato non abbia definito le nuove procedure di aggiudicazione e, potenzialmente, anche oltre tale data.


[1] La concessione di beni demaniali con finalità turistico-ricreative è stata oggetto di definizione legislativa mediante interpretazione autentica dell’art. 01 del D.L. 400/1993, posta in essere per il tramite dell’art. 13 della L. 172/2003.

 

[2] Legge 5 agosto 2022, n. 118, in G.U. Serie generale n. 188 del 12 agosto 2022.

[3] Secondo l’Adunanza Plenaria, l’interesse transfrontaliero certo consiste nella capacità di una commessa pubblica o, più in generale, di un’opportunità di guadagno offerta dall’Amministrazione anche attraverso il rilascio di provvedimenti che non portano alla conclusione di un contratto di appalto o di concessione, di attrarre gli operatori economici di altri Stati membri. Nel caso delle concessioni in parola, questo interesse sussisterebbe, sempre secondo il Consiglio di Stato, dal momento che “la P.A. mette a disposizione dei privati concessionari un complesso di beni demaniali che, valutati unitariamente e complessivamente, costituiscono uno dei patrimoni naturalistici (in termini di coste, laghi e fiumi e connesse aree marittime, lacuali o fluviali) più rinomati e attrattivi del mondo. Basti pensare che il giro d’affari stimato del settore si aggira intorno ai quindici miliardi di euro all’anno, a fronte dei quali l’ammontare dei canoni di concessione supera di poco i cento milioni di euro, il che rende evidente il potenziale maggior introito per le casse pubbliche a seguito di una gestione maggiormente efficiente delle medesime”, per cui “già queste considerazioni traducono in termini economici un dato di oggettiva e comune evidenza, legata alla eccezionale capacità attrattiva che da sempre esercita il patrimonio costiero nazionale, il quale per conformazione, ubicazione geografica, condizioni climatiche e vocazione turistica è certamente oggetto di interesse transfrontaliero, esercitando una indiscutibile capacità attrattiva verso le imprese di altri Stati membri” (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 9.11.2021, n. 18). A riprova di ciò, la stessa Adunanza Plenaria sottolinea come dai dati del sistema informativo del demanio si evinca, per quanto concerne le concessioni demaniali marittime, che la superficie di coste sabbiose occupata da stabilimenti sia molto elevata, essendo pari al 50% del totale, con picchi in alcune regioni del 70%.

[4] A definire maggiormente il quadro così delineato sono poi intervenute due ulteriori pronunce, la prima in materia di diritto intertemporale sull’applicazione della direttiva Bolkenstein e la seconda in materia di occupazione abusiva del demanio.

Per quanto concerne la prima pronuncia (Cons. St., Sez. VI, 13.01.2022, n. 229), il Consiglio di Stato ha affermato che il regime di cui alla Direttiva Bolkenstein non può trovare applicazione ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della medesima Direttiva, argomento peraltro già invocato –dopo le due sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria- da diversi addetti ai lavori al fine di veder proseguire gli effetti della propria concessione oltre il 31.12.2023.

Quanto alla seconda pronuncia, emessa dalla Corte di Cassazione Penale (Cass. Pen., Sez. III, 22.04.2022, n. 15676), quest’ultima ha chiarito come il rinvio della disapplicazione della normativa nazionale di proroga delle concessioni demaniali al 31.12.2023 posto in essere dalla Plenaria abbia effetto solamente rispetto alle concessioni che hanno beneficiato di proroghe e non anche nei confronti delle concessioni definitivamente scadute. Per queste ultime, afferma la Suprema Corte laddove il concessionario abbia continuato ad occupare il proprio stabilimento sine titulo dopo la scadenza, si verificherà l’abusiva occupazione di spazio demaniale configurando il reato di cui all’art. 1161 Cod. Nav.

Si segnala altresì l’ordinanza del TAR Lecce, dell’11.05.2022, n. 743, che ha rimesso questione pregiudiziale in CGUE con riferimento, tra gli altri, alla possibilità di affermare in via generale ed astratta l’esistenza del requisito dell’interesse transfrontaliero certo e, parallelamente, alla potenziale opportunità di attribuire tale competenza ai singoli comuni per il relativo territorio costiero.

[5] L’attuale sistema di cui all’art. 03 del D.L. 400/1993 prevede una classificazione basata su due categorie: categoria A (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica) e categoria B (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica), con relativa determinazione della misura del canone annuo per ciascuna categoria.

[6] La possibilità per enti del terzo settore ed ONLUS di partecipare alle procedure in esame sembra potersi evincere dall’art. 3, comma 1, lett. a), della L. 118/2022, che fa espresso riferimento alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio di attività turistico-ricreative e sportive gestite da enti del terzo settore, nonché dall’art. 4, comma 2, lett. f), della L. 118/2022, che prevede l’utilizzo di aree demaniali da affidare in concessione per attività svolte senza scopo di lucro.