Consiglio di Stato Sez. V, sentenza n.2847 del 14 aprile 2022
L’ammissione di impresa attinta da informazione antimafia interdittiva al controllo giudiziario di cui all’art. 34 – bis) d.lgs. n. 159 del 2011 non produce effetti sul (provvedimento di) esclusione dalla procedura di gara cui la stessa abbia partecipato prima che venisse adottato il provvedimento interdittivo e dalla quale in ragione di questo sia stata esclusa.
E’ impraticabile l’estensione analogica alla fattispecie dell’esclusione dovuta a informazione interdittiva, cui segua l’ammissione dell’impresa a controllo giudiziario, dell’elaborazione giurisprudenziale in tema di ammissione a concordato c.d. bianco di impresa concorrente in pendenza di procedura di gara.
La Sezione ripropone un importante pronunzia sull’argomento mai domo dei limiti “sanatori” dell’ammissione al controllo giudiziario ex art.34 bis del D.Lgs. 159/2011 quando interviene in epoca successiva alla esclusione dalla procedura di gara di concorrente attinto da provvedimento di interdittiva antimafia.
E’ d’uopo rammentare che l’art. 80, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prevede che: “Costituisce altresì motivo di esclusione la sussistenza, con riferimento ai soggetti indicati al comma 3, di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, del medesimo decreto. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 88, comma 4 – bis, e 92, commi 2 e 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, con riferimento rispettivamente alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia. Resta fermo altresì quanto previsto dall’articolo 34 – bis commi 6 e 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”; il successivo comma 6, precisa ulteriormente che: “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5”.
A sua volta, Il controllo giudiziario delle aziende è previsto dall’art. 34 – bis d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle legge antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136); il sesto comma, primo cpv, precisa che: “Le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lett. b) del comma 2 del presente articolo [che prevede la nomina di un giudice delegato e di un amministratore giudiziario che riferisce periodicamente, e comunque ad ogni bimestre, circa gli esiti dell’attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero, n.d.s.]”, il settimo comma aggiunge che: “Il provvedimento che dispone (…) il controllo giudiziario ai sensi del presente articolo sospende il termine di cui all’articolo 92, comma 2, nonché gli effetti di cui all’articolo 94. Lo stesso provvedimento è comunicato dalla cancelleria del tribunale al prefetto della provincia in cui ha sede legale l’impresa, ai fini dell’aggiornamento della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all’articolo 96, ed è valutato anche ai fini dell’applicazione delle misure di cui all’articolo 94 – bis nei successivi cinque anni”.
A sua volta l’art. 94, i cui effetti sono sospesi, prevede, al primo comma, che: “Quando emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 84, comma 4 ed all'articolo 91, comma 6, nelle società o imprese interessate, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2 cui sono fornite le informazioni antimafia, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni.”.
Il controllo giudiziario, sebbene presenti taluni tratti comuni con l’amministrazione giudiziaria (art. 34 D.Lgs. cit.), si distingue nettamente da essa. Infatti, secondo quanto disposto dall’art. 34, qualora il Tribunale della Prevenzione disponesse l’amministrazione giudiziaria, il proprietario dei beni e dell’azienda verrebbe sostituto dal giudice delegato e dall’amministratore giudiziario e, conseguentemente, verrebbe estromesso, seppur temporaneamente (art. 34, co. 2), dall’esercizio dei propri poteri.
Il controllo giudiziario si pone, dunque, rispetto all’amministrazione giudiziaria, come una misura meno invasiva, poiché presuppone che il giudice delegato e l’amministratore eventualmente nominato dal Tribunale esercitino dei meri poteri di controllo sull’attività dell’impresa.
Con maggior grado di dettaglio, il Tribunale della Prevenzione dispone l’amministrazione giudiziaria allorquando sussistano “sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall’articolo 416-bis del codice penale o possa comunque agevolare l’attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione personale o patrimoniale previste dagli articoli 6 e 24 del presente decreto” ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per i delitti tassativamente indicati dal comma primo dell’art. 34 D.Lgs. 159/2011, e non ricorrano i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali di cui al Capo I del Titolo II del codice antimafia (art. 34, co. 1, D.Lgs. n. 159/2011).
Secondo quanto disposto dall’art. 34 bis, invece, il Tribunale della Prevenzione, anche d’ufficio, dispone il controllo giudiziario allorquando l’agevolazione di cui sopra risulti occasionale e se sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionare le attività economiche e delle aziende (art. 34 bis, co. 1, D. Lgs. n. 159/2011).
Alla stregua di quanto appena detto, giova sin da subito precisare che, come adeguatamente rilevato dalla Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. V, sentenza n. 34526, 2 luglio 2018), l’ammissione al controllo giudiziario, per un’impresa raggiunta da interdittiva prefettizia, è scevra da qualsivoglia automatismo.
La norma da ultimo citata, peraltro, prevede una peculiarità, come puntualmente rilevato dalla giurisprudenza amministrativa in un altro recente arresto giurisprudenziale (Tar Napoli, sentenza n. 1588, 29 aprile 2020), secondo cui compete al Tribunale della Prevenzione valutare l’ammissibilità, o meno, al controllo giudiziario delle imprese che siano state destinatarie di informazione interdittiva antimafia, sempre che, ben inteso, ricorra l’occasionalità del condizionamento mafioso e le imprese stesse abbiano proposto ricorso avverso il provvedimento inibitorio dinanzi al Giudice amministrativo.
Attesa l’ambigua formulazione del co. 6 dell’art. 34 bis, D.Lgs. cit., la Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. VI, sentenza n. 26342, 9 maggio 2019) ha recentemente chiarito che il Tribunale della Prevenzione non ha alcuna competenza sul controllo dei presupposti che legittimano l’interdittiva antimafia, potere che invece rimane in capo al Prefetto. In altre parole, al Giudice della prevenzione spetta esclusivamente valutare l’eventuale occasionalità del condizionamento mafioso sull’impresa, mentre il Giudice amministrativo sarà competente a pronunciarsi in ordine alla legittimità del provvedimento interdittivo predisposto dal Prefetto (Cass. Pen., Sez. Un., sentenza n. 46898, 19 novembre 2019).
Se così non fosse, invero, verrebbe a verificarsi una patologica sovrapposizione tra l’Autorità amministrativa e quella giurisdizionale.
Peraltro, tali principi sono stati ribaditi a più riprese dalla giurisprudenza amministrativa (Tar Napoli, 29 aprile 2020, cit.; ma v. anche Tar Napoli, sentenza n. 6423, 2 novembre 2018; Cons. St., sentenza n. 3268, 31 maggio 2018) che ha ulteriormente precisato che il procedimento di prevenzione attinente all’ammissione al controllo giudiziario ha quale unico scopo quello di verificare se l’impresa destinataria dell’interdittiva antimafia sia assoggettata al costante condizionamento della criminalità organizzata.
Sul punto, tra l’altro, giova precisare che il Consiglio di Stato, in un recentissimo approdo giurisprudenziale (Cons. St., sentenza n. 1049, 4 febbraio 2021), ha categoricamente affermato che la decisione pronunciata nell’ambito del procedimento di prevenzione non può in alcun modo produrre un accertamento vincolante, con efficacia di giudicato, in relazione al rischio di infiltrazione dell’impresa da parte della criminalità organizzata, tacciando di irragionevolezza il ragionamento contrario. Ed invero, secondo l’autorevole opinione dei Giudici di Palazzo Spada, non può ammettersi la tesi per la quale venga imposta alla Prefettura la rimozione dell’informazione – che si colloca a monte dell’intera sequenza – qualora il giudice della prevenzione penale abbia rinvenuto una soglia di infiltrazione inferiore rispetto a quella ritenuta necessaria per l’ammissione al controllo giudiziario. Ciò in ragione del fatto che, stante la ratio dell’istituto del controllo giudiziario, è impensabile un ripensamento, in termini tecnico-giuridici, del suo antecedente logico, cioè l’informazione, a seguito della pronuncia del Giudice della prevenzione concernente esclusivamente il grado di condizionamento mafioso sull’impresa.
Premesso questo breve excursus sulla natura dell’istituto e sui caratteri distintivi rispetto alla solo prima facie analoga fattispecie penale, la Sezione a conforto della decisione in esame richiama opportunamente la sentenza n.3 del 6 aprile 2018 tramite la quale l’Adunanza Plenaria ha confermato il proprio orientamento per cui il provvedimento di interdittiva antimafia determina una “particolare forma di incapacità giuridica, e dunque l’insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario di essere titolare di quelle situazione giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio c.d. lato esterno) rapporti giuridici con la pubblica amministrazione”, aggiungendo che “Essa è: —parziale, in quanto limitata ai rapporti giuridici con la pubblica amministrazione, ed anche nei confronti di questa limitatamente a quelli di natura contrattuale, ovvero intercorrenti con esercizio di poteri provvedimentali, e comunque ai precisi casi espressamente indicati dalla legge (art. 67 d.leg. 159/11); —tendenzialmente temporanea, potendo venire meno per il tramite di un successivo provvedimento dell'autorità amministrativa competente (il prefetto). In tali sensi e, in particolare, in relazione al riconosciuto carattere «parziale» dell'incapacità, l'art. 67 d.leg. 159/11 ne circoscrive il «perimetro», definendo le tipologie di rapporti giuridici in ordine ai quali il soggetto, colpito della misura, non può acquistare o perde la titolarità di posizioni giuridiche soggettive e, dunque, l'esercizio delle facoltà e dei poteri ad esse connessi”.
Da qui il principio di diritto, applicato alla delibazione dell’appello in esame, per cui l’ammissione di impresa attinta da informazione antimafia interdittiva al controllo giudiziario di cui all’art. 34 – bis) d.lgs. n. 159 del 2011 non ha e non può avere effetti sul (provvedimento di) esclusione dalla procedura di gara cui la stessa abbia partecipato prima che venisse adottato il provvedimento interdittivo e dalla quale in ragione di questo sia stata esclusa.
Del resto, ad avviso del Collegio, La disciplina degli effetti dell’informazione antimafia interdittiva sulle procedure di gara è tutta ed integralmente contenuta nell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, in questi termini: se la procedura è in corso di svolgimento l’operatore economico è escluso dalla procedura di gara; qualora, invece, si sia in fase di esecuzione del contratto l’attività (esecutiva) potrà proseguire se l’operatore sia ammesso al controllo giudiziario di cui all’art. 34 – bis) d.lgs. n. 159 del 2011.
Proprio il testo del comma 2 dell’art.80 del d.lgs. n. 50 del 2016 quando fa salvo “quanto previsto dall’articolo 34 – bis, commi 6 e 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159” – va, infatti, riferito alla fase esecutiva del rapporto.
Del resto la Sezione aveva già avuto modo di affermare che “La sospensione degli effetti di cui all’art. 94, che caratterizza la fattispecie, ha natura eccezionale, espressamente derogando al generale principio secondo cui i requisiti di capacità dell’impresa devono permanere per tutta la durata dell’appalto e risponde a due esigenze fondamentali: da un lato, consentire alla stazione appaltante, allorché già ci si trovi nella fase esecutiva del contratto, di non dover necessariamente recedere dallo stesso – con conseguenti disservizi e maggiori oneri derivanti dallo scorrimento della graduatoria in favore di offerte meno vantaggiose – ma di continuare ad avvalersi dell’offerta a suo tempo ritenuta migliore, dall’altro di permettere all’operatore economico di agire in giudizio per ottenere in tale sede, ove ve ne siano i presupposti, la rimozione ab origine del provvedimento sfavorevole (l’interdittiva antimafia) e, dunque, l’integrale ripristino della sua capacità di contrarre con la pubblica amministrazione.
Non produce quindi alcun effetto “sanante” delle criticità rilevate in seno alla compagine aziendale – avendo in ogni caso durata transitoria (“per un periodo non inferiore a un anno e non superiore a tre anni”) – ma solo è strumentale alla tutela contingente di interessi di carattere pubblicistico che in concreto rischierebbero di essere conculcati dall’automatica caducazione del contratto.
Sotto diverso ma complementare profilo, invero, la sospensione di cui si tratta – presupponendo in ogni caso la continuità dell’attività aziendale solamente in un regime di “legalità controllata” – produce l’effetto di salvaguardare, sia pure per un periodo di tempo limitato, come in precedenza detto, la capacità economico-produttiva dell’impresa e la forza lavoro ivi impiegata, in ciò rispondendo innanzitutto ad un’esigenza di pubblico interesse alla tutela di quest’ultima, rispetto a quello – più prettamente patrimoniale – del singolo operatore commerciale.
Ne consegue, per logica, che la fattispecie di cui trattasi in tanto può trovare applicazione, in quanto già si sia conclusa la fase procedimentale della scelta del contraente e ci si trovi ormai in quella successiva alla stipulazione del contratto” ( sentenza n.4619 del 14 giugno 2021, n. 4619).
Cosicchè, se è vero che l’ammissione al controllo giudiziario dell’impresa attinta da informazione interdittiva antimafia risponde all’obiettivo di preservarne la capacità economico – produttiva, è logico corollario desumere che, affinchè sia utile, la misura debba permettere all’impresa di poter continuare a svolgere le commesse già affidate, mentre andrebbe ultra vires se grazie ad essa fosse consentito all’impresa anche di concorrere ad affidamenti di contratti pubblici; di essi, infatti, nella fase evidenziale l’impresa ha solo l’aspettativa a rendersi aggiudicataria (la chance) ma, per l’incertezza che sempre la connota, non v’è alcunchè già presente nella sua sfera che le sia sottratto in pregiudizio alla continuazione dell’attività.
Non può, infatti, escludersi che, in via di principio, il tentativo di infiltrazione mafiosa (in ragione del quale sia stata adottata l’informazione interdittiva antimafia) potrebbe essere avvenuto in vista della partecipazione alla procedura di gara (basta, infatti, il solo “pericolo” che ciò possa essere accaduto, giuste le caratteristiche proprie del diritto della prevenzione nel quale si inquadra la misura intedittiva, come ampiamente esposto da Cons. Stato, sez. III, 6 maggio 2021, n. 3530); se allora si consentisse all’impresa di evitare l’esclusione con la sola richiesta di ammissione al controllo giudiziario (sia pur riconoscendole un effetto “prenotativo” che andrebbe consolidato con l’effettiva ammissione disposta dal giudice della prevenzione, come ipotizzato dall’appellante) sarebbero vanificati e compressi gli obiettivi cui è diretta la misura interdittiva, cioè paralizzare i fenomeni distorsivi dell’economia nazionale “e dei rapporti con la pubblica amministrazione e salvaguardare i principi di legalità, imparzialità e buon andamento e lo svolgimento legale e corretto della concorrenza tra le imprese e il corretto utilizzo delle risorse pubbliche, a fronte della insidiosa pervasività e mutevolezza del fenomeno mafioso (cfr. la già citata sentenza n. 3530 del 2021), senza che valgano a controbilanciare ulteriori esigenze di stampo pubblicistico, come quelle che si sono viste presenti e meritevoli di considerazione nella fase di esecuzione del rapporto con l’amministrazione”.
Quindi anche soltanto la richiesta di ammissione e l’ammissione stessa al controllo giudiziario delle attività economiche e dell’azienda di cui all’art. 34 – bis) d.lgs. n. 159 del 2011 non ha conseguenze sui provvedimenti di esclusione che siano stati adottati ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, i cui effetti contestualmente si producono e si esauriscono in maniera definitiva nell’ambito della procedura di gara, di modo che non v’è possibilità di un ritorno indietro per via della predetta ammissione; in mancanza di espressa indicazione normativa – il legislatore, infatti, tam dixit quam voluit e, se avesse voluto, avrebbe potuto estendere l’effetto sospensivo ai provvedimenti di esclusione già adottati – vale il principio generale dell’efficacia solo per l’avvenire dell’ammissione al controllo giudiziario, con la conseguente possibilità di partecipare in situazione di controllo ad altre procedure di gara (in tal senso, del resto, sia pur incidenter tantum, si è espressa Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2018, n. 3268 e, più recentemente, V, 11 gennaio 2021, n. 387).
Infine il Collegio esclude da ogni possibile campo di equivoco la possibilità che si possa interpretare in modo estensivo ed analogico alla fattispecie dell’esclusione dovuta a informazione interdittiva, cui segua l’ammissione dell’impresa a controllo giudiziario, dell’elaborazione giurisprudenziale in tema di ammissione a concordato c.d. bianco di impresa concorrente in pendenza di procedura di gara.
Preliminarmente, va precisato la domanda di concordato in bianco non è autonoma causa espulsiva dalla procedura di gara (come lo è, invece, per quanto ampiamente esposto precedentemente, l’informazione interdittiva antimafia ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016); essa, infatti, costituisce la fase iniziale (sia pur eventuale) della procedura per l’ammissione al concordato con continuità aziendale, sopravvenienza che, ai sensi dell’art. 110 d.lgs. n. 50 del 2016 e 186 – bis d.P.R. 16 marzo 1942, n. 247, consente la permanenza in gara dell’operatore economico.
In aggiunta va detto che la causa di esclusione per assoggettamento a procedura concorsuale (di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016) si giustifica per il dubbio che tale condizione fa emergere sull’effettiva capacità di un’impresa in stato di difficoltà patrimoniale (se non già di insolvenza) di poter eseguire correttamente il contratto in affidamento; dubbio che l’autorizzazione del giudice delegato a prendere parte alla procedura e rendersi eventualmente aggiudicataria del contratto di appalto scioglie in maniera definitiva (così come chiarito dall’Adunanza plenaria, con la sentenza 27 maggio 2021, n. 9). Si tratta, dunque, di ragioni ben diverse, da quelle in precedenza esposte, che portano all’esclusione dalla procedura in seguito alla informazione interdittiva antimafia, per la quale il pericolo che il tentativo di infiltrazione possa condizionare l’esito della procedura non è certo scongiurato né dall’istanza di ammissione al controllo giudiziario, ma neppure dall’ammissione stessa, potendo, all’evidenza, l’amministratore giudiziario intervenire solo sulla futura attività della società.
Quanto argomentato si appalesa assolutamente conforme al diritto comunitario se è vero che la Corte di Giustizia dell’Unione europea, nella sentenza 26 settembre 2019, pronunciata in causa C-63-18 e citata dalla Sezione ha ribadito che: “il contrasto al fenomeno dell'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell'ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici"; con il che ben si può ritenere l’informazione interdittiva antimafia giustifichi il definitivo allontanamento dell’operatore economico dalla procedura di gara.
LEGGI LA SENTENZA
Pubblicato il 14/04/2022
N. 02847/2022REG.PROV.COLL. N. 07292/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7292 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro Terracciano e Annunziata Abbinente, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gennaro Terracciano in Roma, piazza San Bernardo, 101;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e di -OMISSIS-.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2022 il Cons. Federico Di Matteo e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 10 febbraio 2020 il Ministero della difesa indiceva una procedura di gara per l’affidamento dei “Lavori di urbanizzazione primaria e costruzione di n. 150 alloggi AST” nell’Area ex poligono monumentale della Città militare della Cecchignola.
1.1. Il 3 giugno 2020 il r.t.i. – raggruppamento temporaneo di imprese con la -OMISSIS- quale mandataria e -OMISSIS- come mandanti presentava domanda di partecipazione alla procedura; all’esito delle operazioni di gara il -OMISSIS- risultava primo graduato e nei suoi confronti erano avviate le verifiche sul possesso dei requisiti dichiarati.
La stazione appaltante riscontrava così l’adozione il 9 giugno 2020 di informativa antimafia ostativa nei confronti della -OMISSIS- da parte del Prefetto di Napoli, in merito alla quale chiedeva informazioni ai componenti del raggruppamento; la mandataria non disconosceva l’esistenza del provvedimento, ma precisava che lo stesso era stato contestato e con successiva nota i componenti del raggruppamento evidenziavano la possibilità di sostituire la mandataria con altra impresa, poi, individuata nella -OMISSIS-che veniva costituita quale impresa mandataria del raggruppamento poiché in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge di gara.
1.2. Con provvedimento del 5 marzo 2021 n. 10 il Ministero della difesa escludeva il -OMISSIS- dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per essere stata la mandataria -OMISSIS- destinataria di informativa antimafia e, quindi, impossibilitata a contrattare con la pubblica amministrazione e respingeva l’istanza di subentro poiché violativa del principio di immodificabilità del raggruppamento e dell’immutabilità dei concorrenti in gara a tutela della par condicio competitorum; procedeva, infine, allo scorrimento della graduatoria con formulazione di proposta di aggiudicazione a favore del r.t.i. -OMISSIS-. come mandantaria e -OMISSIS- come mandanti.
1.3. Con decreto n. 52bis del 19 marzo 2021, in accoglimento dell’appello proposto avverso il decreto del Tribunale di Napoli n. 225/20 “A”, la Corte d’appello di Napoli – sezione misure di prevenzione ammetteva -OMISSIS- al controllo giudiziario di cui all’art. 34 bis d.lgs. 2011, n. 159, nominando un amministratore giudiziario incaricato del controllo.
Con istanza del 22 marzo 2021 il -OMISSIS- domandava di essere riammesso alla procedura di gara; la stazione appaltante non dava riscontro.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio -OMISSIS- impugnava il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara sulla base di un unico motivo con il quale sosteneva che per effetto del disposto di cui all’art. 34 bis, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011 il provvedimento di esclusione adottato ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 era sospeso in conseguenza dell’istanza di ammissione al controllo giudiziario, per cui la stazione appaltante avrebbe dovuto riammetterla in gara e aggiudicarle il contratto di appalto.
Domandava, pertanto, che fosse accertato il suo diritto alla riammissione in gara e all’aggiudicazione dell’appalto, previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con la controinteressata.
2.1. Resistente il Ministero della difesa, il giudice di primo grado, con la sentenza del 26 luglio 2021, -OMISSIS- respingeva il ricorso ritenendo che la sospensione ex lege degli effetti dell’informazione interdittiva (prevista dall’art. 34 bis, comma 7 del codice antimafia) a seguito dell’ammissione alla misura del controllo giudiziario non abbia carattere retroattivo, in assenza di espressa disposizione che lo preveda, con conseguente impossibilità di riconnettere all’ammissione al controllo giudiziario l’obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di annullare la precedente esclusione e riammettere in gara l’operatore economico.
Aggiungeva il tribunale ulteriori considerazioni a supporto della conclusione raggiunta: se la stazione appaltante fosse tenuta, in caso di impresa ammessa al controllo giudiziario, a rivedere i suoi provvedimenti e riattivare il procedimento selettivo a partire dalla fase in cui si era al momento dell’esclusione, gli atti della procedura successivi all’esclusione sarebbero sempre precari, con conseguente frustrazione delle esigenze di certezza e di speditezza della procedura e rilevante deroga al principio per il quale i partecipanti alle gare di appalto devono possedere i requisiti per l’intera durata della procedura selettiva. Inoltre, l’ammissione al controllo giudiziario va intesa come rimedio volto a consentire all’impresa che ne beneficia di partecipare alle procedure di appalto successivamente indette, non anche a “sanare” la partecipazione dell’operatore economico che sia stato escluso dalla gara per la perdita di requisiti, considerato che l’offerta è normalmente predisposta precedentemente all’insediamento dell’amministratore giudiziario, prima quindi che sia avviato il controllo di cui parla l’art. 34 bis del codice antimafia.
3. Propone appello la Società -OMISSIS-; si sono costituiti il Ministero della Difesa e -OMISSIS-..
-OMISSIS- e -OMISSIS-. hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., e quest’ultima anche rituale replica.
All’udienza del 31 marzo 2022 la causa è stata assunta in decisione.
4. L’appello è articolato in unico motivo con il quale la sentenza è contestata per “Error in iudicando – violazione di legge (art. 57.4 ultimo periodo e 57.6 Direttiva U.E. 2014/24 in relazione all’art. 34 bis co. VI D.Lgs. 159/2011 – art. 80 co. II D.Lgs. 50/2016) Eccesso di potere (difetto del presupposto – arbitrarietà – iniquità – illogicità manifesta – sviamento)”; l’appellante espone nuovamente la sua tesi: la tempestiva presentazione di istanza di controllo e sostegno ai sensi dell’art. 34 bis d.lgs. n. 159 del 2011 varrebbe quale titolo di “conservazione” del diritto di accesso alla gara per l’impresa che nel corso della stessa sia stata attinta da informativa ostativa, a condizione che la concessione del beneficio avvenga prima della conclusione della gara.
E la argomenta con le seguenti considerazioni: si tratta dell’unica interpretazione coerente con le finalità (di recupero) dello speciale istituto di prevenzione reale di cui all’art. 34 bis comma 7 d.lgs. n. 159 del 2011 introdotto proprio a salvaguardia della continuità aziendale di quelle imprese che siano “occasionalmente” condizionate da fenomeni di infiltrazione mafiosa; per consentire che detta misura abbia un effetto concreto è necessario che la pendenza del rimedio in seguito all’iniziativa della parte produca un effetto soprassessorio della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, altrimenti, considerati i “tempi” di accesso alla misura di prevenzione, non sarebbe garantita la “conservazione” della posizione di mercato e si avrebbe la dissoluzione integrale del patrimonio professionale e commerciale dell’impresa.
Ribadisce l’appellante come la fattispecie non sia diversa da quella dell’impresa che abbia presentato domanda di ammissione al concordato c.d. in bianco (anch’esso causa di esclusione dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a) e b) d.lgs. n. 50 del 2016), la quale, per l’elaborazione giurisprudenziale, ha ora la possibilità di permanere in gara a condizione che l’autorizzazione giudiziaria della continuità aziendale intervenga prima della conclusione della procedura di gara.
In definitiva entrambe le regole dovrebbero essere applicazioni del principio introdotto dalla normativa comunitaria diretto ad evitare la sanzione espulsiva nel caso in cui la condizione ostativa sia reversibile ed il concorrente abbia realizzato comportamenti o avviato procedure che portino alla rimozione della stessa prima della definizione della gara.
5. Il motivo è infondato.
5.1. E’ posta la questione degli effetti sulla procedure di affidamento di contratti pubblici, cui abbia partecipato e dalle quali sia stata esclusa in virtù di informativa antimafia ostativa, dell’(istanza di) ammissione dell’impresa al controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende, previsto dall’art. 34 – bis), d.lgs. n. 159 del 2011.
Sostiene l’appellante che l’impresa che abbia partecipato ad una procedura di gara, dalla quale sia stata esclusa per essere stata destinataria dell’informazione interdittiva antimafia, debba esservi riammessa con ogni effetto in conseguenza dell’ammissione al controllo giudiziario.
5.2. Preliminarmente occorre riportare le disposizioni normative di interesse.
L’art. 80, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prevede che: “Costituisce altresì motivo di esclusione la sussistenza, con riferimento ai soggetti indicati al comma 3, di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, del medesimo decreto. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 88, comma 4 – bis, e 92, commi 2 e 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, con riferimento rispettivamente alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia. Resta fermo altresì quanto previsto dall’articolo 34 – bis commi 6 e 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”; il successivo comma 6, precisa ulteriormente che: “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5”.
Il controllo giudiziario delle aziende è previsto dall’art. 34 – bis d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle legge antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136); il sesto comma, primo cpv, precisa che: “Le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lett. b) del comma 2 del presente articolo [che prevede la nomina di un giudice delegato e di un amministratore giudiziario che riferisce periodicamente, e comunque ad ogni bimestre, circa gli esiti dell’attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero, n.d.s.]”, il settimo comma aggiunge che: “Il provvedimento che dispone (…) il controllo giudiziario ai sensi del presente articolo sospende il termine di cui all’articolo 92, comma 2, nonché gli effetti di cui all’articolo 94. Lo stesso provvedimento è comunicato dalla cancelleria del tribunale al prefetto della provincia in cui ha sede legale l’impresa, ai fini dell’aggiornamento della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all’articolo 96, ed è valutato anche ai fini dell’applicazione delle misure di cui all’articolo 94 – bis nei successivi cinque anni”.
A sua volta l’art. 94, i cui effetti sono sospesi, prevede, al primo comma, che: “Quando emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 84, comma 4 ed all'articolo 91, comma 6, nelle società o imprese interessate, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2 cui sono fornite le informazioni antimafia, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni.”.
5.3. L’Adunanza plenaria, con la sentenza 6 aprile 2018, n. 3, in continuità con la precedente elaborazione giurisprudenziale, ha precisato che il provvedimento di interdittiva antimafia determina una “particolare forma di incapacità giuridica, e dunque l’insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario di essere titolare di quelle situazione giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio c.d. lato esterno) rapporti giuridici con la pubblica amministrazione”, aggiungendo che “Essa è: —parziale, in quanto limitata ai rapporti giuridici con la pubblica amministrazione, ed anche nei confronti di questa limitatamente a quelli di natura contrattuale, ovvero intercorrenti con esercizio di poteri provvedimentali, e comunque ai precisi casi espressamente indicati dalla legge (art. 67 d.leg. 159/11); —tendenzialmente temporanea, potendo venire meno per il tramite di un successivo provvedimento dell'autorità amministrativa competente (il prefetto). In tali sensi e, in particolare, in relazione al riconosciuto carattere «parziale» dell'incapacità, l'art. 67 d.leg. 159/11 ne circoscrive il «perimetro», definendo le tipologie di rapporti giuridici in ordine ai quali il soggetto, colpito della misura, non può acquistare o perde la titolarità di posizioni giuridiche soggettive e, dunque, l'esercizio delle facoltà e dei poteri ad esse connessi”.
5.4. Il Collegio ritiene che alla questione posta con l’appello debba darsi risposta nel senso che l’ammissione di impresa attinta da informazione antimafia interdittiva al controllo giudiziario di cui all’art. 34 – bis) d.lgs. n. 159 del 2011 non abbia effetti sul (provvedimento di) esclusione dalla procedura di gara cui la stessa abbia partecipato prima che venisse adottato il provvedimento interdittivo e dalla quale in ragione di questo sia stata esclusa.
Inducono a questa conclusione proprio le disposizioni normative in precedenza riportate.
La disciplina degli effetti dell’informazione antimafia interdittiva sulle procedure di gara è tutta ed integralmente contenuta nell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, in questi termini: se la procedura è in corso di svolgimento l’operatore economico è escluso dalla procedura di gara; qualora, invece, si sia in fase di esecuzione del contratto l’attività (esecutiva) potrà proseguire se l’operatore sia ammesso al controllo giudiziario di cui all’art. 34 – bis) d.lgs. n. 159 del 2011.
L’ultimo periodo dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 – ove è fatto salvo “quanto previsto dall’articolo 34 – bis, commi 6 e 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159” – va, infatti, riferito alla fase esecutiva del rapporto, per le ragioni che già sono state esposte nella sentenza di questa Sezione, 14 giugno 2021, n. 4619, e che il Collegio pienamente condivide.
5.5. Si è in quell’occasione precisato che la sospensione degli effetti di cui all’art. 94 del codice delle legge antimafia ha “natura eccezionale” poiché deroga al principio generale secondo cui i requisiti di capacità dell’impresa devono permanere per tutta la durata dell’appalto e trova giustificazione in due esigenze fondamentali: quella di “consentire alla stazione appaltante, allorchè già ci si trovi nella fase esecutiva del contratto, di non dover necessariamente recedere dallo stesso – con conseguenti disservizi e maggiori oneri derivanti dallo scorrimento della graduatoria in favore di offerte meno vantaggiose – ma di continuare ad avvalersi dell’offerta a suo tempo ritenuta migliore” ed anche quella di “permettere all’operatore economico di agire in giudizio per ottenere in tale sede, ove ve ne siano i presupposti, la rimozione ab origine del provvedimento sfavorevole (l’interdittiva antimafia) e, dunque, l’integrale ripristino della sua capacità di contrarre con la pubblica amministrazione”.
Si è poi aggiunto che: “Sotto diverso e complementare profilo, invero, la sospensione di cui si tratta – presupponendo in ogni caso la continuità dell’attività aziendale solamente in un regime di “legalità controllata” – produce l’effetto di salvaguardare, sia pure per un periodo di tempo limitato, come in precedenza detto, la capacità economico – produttiva dell’impresa e la forza lavoro ivi impiegata, in ciò rispondendo innazitutto ad un’esigenza di pubblico interesse alla tutela di quest’ultima, rispetto a quello – più prettamente patrimoniale – del singolo operatore economico”, donde la conclusione, dirimente per il presente giudizio, per cui: “Ne consegue per logica conseguenza, che la fattispecie di cui trattasi in tanto può trovare applicazione, in quanto già si sia conclusa la fase procedimentale della scelta del contraente e ci si trovi ormai in quella successiva alla stipulazione del contratto”.
In definitiva, se è vero che l’ammissione al controllo giudiziario dell’impresa attinta da informazione interdittiva antimafia risponde all’obiettivo di preservarne la capacità economico – produttiva, come peraltro sostenuto dallo stesso appellante, è gioco forza ritenere che, perché sia utile, la misura debba permettere all’impresa di poter continuare a svolgere le commesse già affidate, mentre andrebbe ultra vires se grazie ad essa fosse consentito all’impresa anche di concorrere ad affidamenti di contratti pubblici; di essi, infatti, nella fase evidenziale l’impresa ha solo l’aspettativa a rendersi aggiudicataria (la chance) ma, per l’incertezza che sempre la connota, non v’è alcunchè già presente nella sua sfera che le sia sottratto in pregiudizio alla continuazione dell’attività.
5.6. Ciò è tanto più vero ove si consideri che il tentativo di infiltrazione mafiosa (in ragione del quale sia stata adottata l’informazione interdittiva antimafia) potrebbe essere avvenuto in vista della partecipazione alla procedura di gara (basta, infatti, il solo “pericolo” che ciò possa essere accaduto, giuste le caratteristiche proprie del diritto della prevenzione nel quale si inquadra la misura intedittiva, come ampiamente esposto da Cons. Stato, sez. III, 6 maggio 2021, n. 3530); se allora si consentisse all’impresa di evitare l’esclusione con la sola richiesta di ammissione al controllo giudiziario (sia pur riconoscendole un effetto “prenotativo” che andrebbe consolidato con l’effettiva ammissione disposta dal giudice della prevenzione, come ipotizzato dall’appellante) sarebbero frustrati gli obiettivi cui è diretta la misura interdittiva, vale a dire neutralizzare i fattori distorsivi dell’economia nazionale e dei rapporti con la pubblica amministrazione e salvaguardare i principi di legalità, imparzialità e buon andamento e lo svolgimento legale e corretto della concorrenza tra le imprese e il corretto utilizzo delle risorse pubbliche, a fronte della insidiosa pervasività e mutevolezza del fenomeno mafioso (cfr. la già citata sentenza n. 3530 del 2021), senza che valgano a controbilanciare ulteriori esigenze di stampo pubblicistico, come quelle che si sono viste presenti e meritevoli di considerazione nella fase di esecuzione del rapporto con l’amministrazione.
5.7. In conclusione, l’ammissione (o anche la sola richiesta di ammissione) al controllo giudiziario delle attività economiche e dell’azienda di cui all’art. 34 – bis) d.lgs. n. 159 del 2011 non ha conseguenze sui provvedimenti di esclusione che siano stati adottati ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, i cui effetti contestualmente si producono e si esauriscono in maniera definitiva nell’ambito della procedura di gara, di modo che non v’è possibilità di un ritorno indietro per via della predetta ammissione; in mancanza di espressa indicazione normativa – il legislatore, infatti, tam dixit quam voluit e, se avesse voluto, avrebbe potuto estendere l’effetto sospensivo ai provvedimenti di esclusione già adottati – vale il principio generale dell’efficacia solo per l’avvenire dell’ammissione al controllo giudiziario, con la conseguente possibilità di partecipare in situazione di controllo ad altre procedure di gara (in tal senso, del resto, sia pur incidenter tantum, si è espressa Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2018, n. 3268 e, più recentemente, V, 11 gennaio 2021, n. 387).
5.8. Dalle considerazioni in precedenza esposte emerge l’impraticabilità dell’estensione analogica alla fattispecie dell’esclusione dovuta a informazione interdittava, cui segua l’ammissione dell’impresa a controllo giudiziario, dell’elaborazione giurisprudenziale in tema di ammissione a concordato c.d. bianco di impresa concorrente in pendenza di procedura di gara.
Preliminarmente, va precisato la domanda di concordato in bianco non è autonoma causa espulsiva dalla procedura di gara (come lo è, invece, per quanto ampiamente esposto precedentemente, l’informazione interdittiva antimafia ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016); essa, infatti, costituisce la fase iniziale (sia pur eventuale) della procedura per l’ammissione al concordato con continuità aziendale, sopravvenienza che, ai sensi dell’art. 110 d.lgs. n. 50 del 2016 e 186 – bis d.P.R. 16 marzo 1942, n. 247, consente la permanenza in gara dell’operatore economico.
In aggiunta va detto che la causa di esclusione per assoggettamento a procedura concorsuale (di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016) si giustifica per il dubbio che tale condizione fa emergere sull’effettiva capacità di un’impresa in stato di difficoltà patrimoniale (se non già di insolvenza) di poter eseguire correttamente il contratto in affidamento; dubbio che l’autorizzazione del giudice delegato a prendere parte alla procedura e rendersi eventualmente aggiudicataria del contratto di appalto scioglie in maniera definitiva (così come chiarito dall’Adunanza plenaria, con la sentenza 27 maggio 2021, n. 9). Si tratta, dunque, di ragioni ben diverse, da quelle in precedenza esposte, che portano all’esclusione dalla procedura in seguito alla informazione interdittiva antimafia, per la quale il pericolo che il tentativo di infiltrazione possa condizionare l’esito della procedura non è certo scongiurato né dall’istanza di ammissione al controllo giudiziario, ma neppure dall’ammissione stessa, potendo, all’evidenza, l’amministratore giudiziario intervenire solo sulla futura attività della società.
5.9. Da ultimo, il quadro normativo così come interpretato non è in contrasto con il diritto euro – unitario; occorre rammentare, al riguardo, che la Corte di Giustizia dell’Unione europea, nella sentenza 26 settembre 2019, pronunciata in causa C-63-18 ha ribadito che: “il contrasto al fenomeno dell'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell'ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici"; con il che ben si può ritenere l’informazione interdittiva antimafia giustifichi il definitivo allontanamento dell’operatore economico dalla procedura di gara.
6. In conclusione, l’appello va respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata.
7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna -OMISSIS- al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi € 4.000,00, oltre accessori e spese di legge, a favore del Ministero della difesa e di -OMISSIS-., da corrispondersi per quest’ultima ai difensori dichiarati antistatari, avv.ti Gennaro Terracciano e Annunziata Abbinente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore
Alberto Urso, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere