Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2022, n. 1412
“È precluso alla stazione appaltante d’imporre l’applicazione di un determinato CCNL agli operatori economici, stante la discrezionalità a questi spettante, fatto salvo il limite della incompatibilità con il tipo di attività e cioè se il CCNL di settore, applicato dall’offerente, sia del tutto avulso rispetto all’oggetto dell’appalto.”
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 4231 del 2021, proposto da
Present s.p.a., in proprio e quale mandataria di Rti con Maggioli s.p.a., Ads Automated Data Systems s.p.a. e Data Processing s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Lilli e Crescenzio Santuori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
I.S.E.D. Ingegneria dei Sistemi Elaborazione Dati s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Tricamo, Angelo Annibali e Marco Orlando, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Telecom Italia s.p.a., Intersistemi Italia s.p.a., Nike Web Consulting s.r.l., Telesio Sistemi s.r.l. e Scs Consulting s.p.a., non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 04249/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della I.S.E.D. Ingegneria dei Sistemi Elaborazione Dati s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2022 il Cons. Alberto Urso e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con provvedimento del 16 luglio 2020 il Ministero dell’Interno avviava la procedura per l’affidamento triennale di servizi applicativi (articolantisi in “servizi applicativi IT, servizi di supporto e servizi accessori”) per la “collaborazione applicativa” tra il sistema “AFIS” e i sistemi “SDI, N.SIS, Banca Dati Nazionale del DNA e SIA-AFIS” mediante appalto specifico nell’ambito dell’Accordo Quadro “Servizi applicativi IT” per le pubbliche amministrazioni stipulato dalla Consip s.p.a.
La procedura veniva aggiudicata al Rti capeggiato dalla Present s.p.a.
2. La I.S.E.D. Ingegneria dei Sistemi Elaborazione Dati s.p.a., nella qualità di mandante del Rti secondo classificato capeggiato da Telecom Italia s.p.a., proponeva ricorso avverso l’aggiudicazione e gli altri atti di gara.
3. Il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza del Ministero dell’Interno e della Present s.p.a., accoglieva il ricorso e, in conseguenza, annullava i provvedimenti impugnati e dichiarava l’inefficacia del contratto d’appalto frattanto stipulato disponendo il subentro nello stesso della ricorrente a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione della sentenza.
4. Avverso la sentenza ha proposto appello la Present deducendo:
I) erronea e/o falsa applicazione dell’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm.; erronea motivazione circa un fatto controverso del giudizio; violazione del principio di certezza del diritto; eccesso di potere; disparità di trattamento; perplessità;
II) violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 59 e 97 d.lgs. n. 50 del 2016; erronea motivazione circa un fatto decisivo per la controversia; contraddittorietà della motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 3.3 del Capitolato tecnico;
III) erronea e contraddittoria motivazione; erronea motivazione circa un fatto decisivo per la controversia; omessa motivazione; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 30, 95 e 97 d.lgs. n. 50 del 2016;
IV) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 30, 95 e 97 d.lgs. n. 50 del 2016; erronea motivazione circa un fatto decisivo per la controversia; violazione e falsa applicazione del Capitolato;
V) in subordine: erronea e contraddittoria motivazione; carenza di motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 4.1.2.1 del Capitolato; violazione dell’art. 30 d.lgs. n. 50 del 2016 s.m.i.; violazione della lex specialis; violazione della par condicio.
5. S’è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno chiedendo l’accoglimento dell’appello; mentre vi resiste la I.S.E.D., che ripropone anche ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. i motivi di ricorso rimasti assorbiti in primo grado.
6. All’udienza pubblica del 20 gennaio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Col primo motivo di gravame l’appellante si duole del mancato accoglimento dell’eccezione d’irricevibilità del ricorso di primo grado: la comunicazione dell’aggiudicazione è avvenuta infatti il 26 novembre 2020, mentre il ricorso è stato notificato solo il successivo 8 gennaio 2021.
Non rileverebbe, in senso contrario, il tempo occorso per concedere l’accesso (i.e., 14 giorni) in quanto rientrante nel relativo termine di legge, pari a 15 giorni.
Allo stesso tempo, il giudice di primo grado sarebbe incorso in errore nell’affermare che anche sommando i giorni occorsi per evadere l’istanza d’accesso (pari a 14) e sottraendo quelli anteriori alla presentazione della stessa (pari a 8) il termine di decadenza per la proposizione del ricorso sarebbe stato rispettato: al contrario, il suddetto termine, considerando i suindicati intervalli, sarebbe scaduto il 3 gennaio 2021.
Sotto altro profilo, alcune delle censure formulate dalla ricorrente (in specie, coi motivi terzo e quarto di ricorso) non abbisognavano di alcun accesso ai documenti, sicché avrebbero potuto essere introdotte tempestivamente, salva la proposizione di successivi motivi aggiunti.
1.1. Il motivo è solo in parte fondato, in relazione alla dedotta irricevibilità del terzo motivo di ricorso in primo grado (su cui v. infra, sub § 8 ss.), risultando per il resto non condivisibile per le ragioni che seguono.
1.1.1. È pacifico in fatto che la comunicazione dell’aggiudicazione a beneficio del Rti della ricorrente in primo grado è avvenuta il 26 novembre 2020; la successiva istanza d’accesso è stata proposta il 4 dicembre 2020 ed evasa il 18 dicembre; il ricorso risulta notificato in data 8 gennaio 2021.
In relazione al tema del termine per la proposizione del ricorso nel cd. “rito appalti”, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha affermato il principio generale per cui il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara nel caso in cui siano in ciò ricompresi “anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016” (Cons. Stato, Ad. Plen., 2 luglio 2020, n. 12).
Ciò in quanto - in linea coi principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. Corte di Giustizia, IV, 14 febbraio 2019, causa C-54/18) - “i termini imposti per proporre i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento cominciano a decorrere solo quando ‘il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione’” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, cit., sub par. 28.2).
Per questo, laddove la percezione della lesione richieda la conoscenza di alcuni documenti - in specie, l’offerta della controinteressata, ovvero la documentazione inerente alle operazioni di valutazione dell’anomalia - occorre tener conto del tempo necessario per la relativa acquisizione.
In particolare, a proposito della questione “se il ‘principio della piena conoscenza o conoscibilità’ (per il quale in materia il ricorso è proponibile da quando si sia avuta conoscenza del contenuto concreto degli atti lesivi o da quando questi siano stati pubblicati sul ‘profilo del committente’) si applichi anche quando l’esigenza di proporre il ricorso emerga dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta” l’Adunanza plenaria ha risposto chiaramente che detto principio “si applic[a] anche in tale caso, rilevando il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicataria, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’ [i.e., decreto legislativo n. 50 del 2016]”.
Di qui l’affermazione del principio per cui “la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”, e al contempo che le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione “purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati”.
In tale contesto, la data “oggettivamente riscontrabile” rilevante ai fini della proposizione del ricorso è legata infatti, oltreché al rispetto delle disposizioni sulla comunicazione e pubblicazione degli atti, alle “iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una ‘richiesta scritta’, per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’, applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, cit.).
1.1.2. Nella specie, non v’è dubbio che i motivi di ricorso esaminati dal giudice di primo grado - incentrati, essenzialmente, sulla giustificazione dell’anomalia dell’offerta, nelle sue varie declinazioni e profili - abbisognassero di un esame dei relativi documenti, oggetto di espressa istanza d’accesso.
Per questo, sommando al termine di legge l’ulteriore periodo occorso all’amministrazione - a far data dall’istanza, sino alla sua evasione (i.e., con un’integrazione di 14 giorni al termine di legge) - a rendere disponibili tali documenti, risulta la tempestività del ricorso notificato il giorno 8 gennaio 2021.
Il che parimenti vale per il quarto motivo di ricorso per come prospettato dalla I.S.E.D., il quale (al di là dei suoi profili di infondatezza, su cui cfr. infra, sub § 9.1 s.), pur deducendo la distorsiva formulazione della lex specialis, risulta sostanziato - e deriva da una percezione del presunto vizio e della corrispondente lesione - dall’esame dei documenti d’offerta e giustificativi della controparte, che della diversa “interpretazione” si sarebbero (distorsivamente) avvantaggiati (cfr. comunque infra, sub § 9.1 s., cit., per l’assorbente infondatezza della censura).
Non rileva, in senso inverso, invocare il riferimento contenuto nella citata sentenza dell’Adunanza plenaria al differimento del termine per la proposizione del ricorso in caso di comportamenti dilatori della stazione appaltante in fase d’accesso, che nella specie difetterebbero, precludendo perciò un tale differimento (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, spec. sub par. 25.2: “in presenza di eventuali […] comportamenti dilatori [dell’amministrazione] (che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti) […] va ribadito quanto già affermato dalla giurisprudenza sopra richiamata al § 19, per la quale, qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara (e dei relativi allegati), il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti”).
È chiarificatore, al riguardo, il richiamo al “§ 19” della medesima sentenza (che sintetizza la tesi cui l’Adunanza plenaria aderisce e i relativi riferimenti giurisprudenziali: in tal senso, cfr. anche il par. 22: “Passando all’esame delle questioni rilevanti in questa sede, ritiene l’Adunanza Plenaria che, tra le due soluzioni sino ad ora prospettate dalla giurisprudenza, vada seguita quella sopra esposta al § 19”). In esso si distinguono a ben vedere due ipotesi di differimento del termine di proposizione del ricorso: la prima, correlata all’esperimento dell’accesso nel suo termine naturale - occorrente per l’acquisizione di documenti necessari alla rilevazione dei vizi - e che “prima fissata in dieci giorni per l’accesso informale ai documenti di gara (disciplinato dall’art. 79, comma 5 quater , del ‘primo codice’, ma non più disciplinato dal ‘secondo codice’) si [deve] ora ragionevolmente determinare in quindici giorni, termine previsto dal vigente art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’ per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato”; la seconda, che si ha nel caso in cui “l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara”, di talché “il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti” (cfr., al riguardo, anche Cons. Stato, IV, 11 novembre 2020, n. 6932).
Tale seconda ipotesi, correlata al comportamento dilatorio dell’amministrazione (qui richiamato, in termini negativi, dall’appellante) non presenta alcun rilievo nel caso di specie, in cui semplicemente - stante la necessaria acquisizione di documenti per la formulazione delle suddette censure - occorre incrementare il termine di un numero di giorni pari a quelli occorsi all’accesso, pena la frustrazione del diritto alla difesa dell’interessata.
1.1.3. Lo stesso non può dirsi tuttavia in relazione al terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta semplicemente la violazione della regola della segretezza in ordine alla voce degli oneri di sicurezza aziendali a fronte delle comunicazioni individuali richieste dall’amministrazione alla luce dell’assenza di un apposito “campo” dedicato alla voce nei documenti d’offerta: il vizio era infatti ben percepibile e deducibile ab origine (e la stessa appellata nulla controdeduce al riguardo sulla doglianza di tardività della Present, né indica ragioni per cui l’interesse alla censura o la percezione della lesione siano emersi in tempi successivi) sicché esso è stato tardivamente fatto valere oltre il termine di 30 giorni, slegato stavolta dalle vicende inerenti all’accesso.
Di qui la fondatezza della doglianza limitatamente a tale profilo (su cui v. infra, sub § 8 ss.), ferma per il resto la ricevibilità del ricorso di primo grado.
2. Col secondo motivo di doglianza l’appellante deduce che il giudice di primo grado avrebbe esorbitato dai limiti imposti al sindacato sulla valutazione di anomalia delle offerte, essendosi nella specie sostituito al giudizio di competenza della stazione appaltante.
Segnatamente, in relazione ai cd. “giorni uomo”, presi in considerazione dalla sentenza, nell’offerta economica presentata dal Rti Present risulta rispettato il relativo numero prescritto dalla lex specialis; in fase di verifica di anomalia l’appellante ha accolto una diversa interpretazione della lex specialis (applicando la maggiorazione richiesta dal Capitolato alla tariffa base anziché al numero dei giorni uomo), sicché il vizio si risolverebbe, eventualmente, nel non aver giustificato n. 60 giorni uomo, il cui valore è di € 12.290,94, e pur se tale importo fosse computato risulterebbe nondimeno coperto dalle voci degli utili e degli “altri costi” indicati nei giustificativi.
Tra l’altro l’offerta avanzata dalla Present era ben conforme - in ordine ai “giorni uomo” e maggiorazioni per il lavoro “extra orario” - con almeno con una delle possibili letture della lex specialis, sicché, in caso di accoglimento della diversa lettura, avrebbe dovuto essere eventualmente ripetuta la gara, non già penalizzata la Present.
Ad ogni modo, le questioni coinvolte non possono dar luogo ex se all’esclusione dell’appellante, perché non era previsto un numero minimo di giorni uomo da rispettare, ma solo una loro evidenza storico-statistica.
2.1. Il motivo è fondato, nei termini e per le ragioni che seguono.
2.1.1. Premesso che, come rilevato dall’appellante, la diversa entità del ribasso applicata dalla Present rispetto alle altre concorrenti non è di per sé sola rilevante per ravvisare l’insostenibilità economica dell’offerta, occorre soffermarsi nella specie sull’interpretazione del Capitolato tecnico e sui suoi riflessi sulla formulazione delle offerte e conseguenti giustificazioni economiche.
L’assunto da cui la sentenza (e già la ricorrente di primo grado) muove è che per i servizi di “Gestione Applicativi” (sub punto 4.1.2.1 del Capitolato, pag. 15) e di “Manutenzione Correttiva” (sub punto 4.1.2.2, pag. 18) la lex specialis richiederebbe, quale prestazione minima vincolante a pena d’esclusione ai sensi del punto 3.3 del Capitolato (“Le indicazioni contenute nel presente Capitolato Tecnico e relative appendici rappresentano i requisiti minimi dell’Appalto Specifico […] che devono essere soddisfatti per l’affidamento dei servizi. Ciò comporta che: il non rispetto, anche di una sola prescrizione, in fase di offerta comporterà l’esclusione dalla procedura di gara”), un’offerta in termini di “giorni uomo”, affiancata dai “giorni uomo in reperibilità ed extra orario”, questi ultimi a loro volta (quantitativamente) incrementati del 20%.
Di qui un totale di giorni uomo richiesti dato dalla sommatoria dei tre valori (i.e., per la “Gestione applicativi”: 2817 giorni uomo, 180 extra orario, più il 20% di questi ultimi, e così un totale di 3033 giorni uomo; per la “Manutenzione correttiva”: 120 giorni uomo, 120 extra orario, che sommati al 20% di quest’ultimo valore restituiscono un totale di 264 giorni uomo).
In aggiunta, e in termini distinti, le prestazioni extra orario sconterebbero una tariffazione maggiorata del 20% a norma del punto 4.11 del Capitolato (“relativamente all’extraorario pianificato nonché domenica e festivi, gli interventi in reperibilità on-site verrà retribuito alla tariffa oraria base maggiorata del 20%”).
La sentenza ha ritenuto che la maggiorazione del 20% riguardi sia l’offerta quantitativa dei servizi - con effettivo incremento quantitativo dei giorni da offrire - sia la loro remunerazione, e cioè la corrispondente tariffa da applicare.
L’appellante deduce al riguardo di aver rispettato nell’offerta economica siffatta impostazione, avendo offerto l’intero ammontare di ore richiesto (i.e., n. 3033 e 264), e di aver inteso la disposizione di gara nel senso che l’incremento del 20% riguardi alternativamente l’una voce (quantità di giorni) o l’altra (tariffa applicata), e così di averla rispettata anche in sede di giustificativi prevedendo il numero esatto di giorni extra orario al netto delle maggiorazioni (i.e., 300, pari alla somma di 180 e 120), e l’applicazione di una tariffa del 30%, addirittura superiore a quella prescritta del 20%.
Non vi sarebbe dunque alcuna difformità dalla lex specialis ma, al più - anche a voler applicare la diversa interpretazione propugnata dalla ricorrente e fatta propria dal Tar - un’omessa giustificazione della componente di maggiorazione quantitativa trascurata, per un importo omesso di soli € 12.290,94, comunque ben coperto dall’utile.
2.1.2. La doglianza è condivisibile.
La previsione della maggiorazione del 20% dei giorni è ricondotta a clausole di gara, richiamate dalla sentenza, che prevedono una semplice tabella in cui sono distinte la “Quantità Totale Giorni Uomo”, la “Quantità Giorni uomo in reperibilità ed extra orario” e infine la “Quantità totale (con maggiorazione 20%)” (cfr. Capitolato, pag. 15 e 18, cui la sentenza espressamente si riferisce).
Non emergono al riguardo, né le parti richiamano, altre clausole che regolano tale maggiorazione del 20%, se non quella sulla tariffa di cui al successivo punto 4.1.1 del Capitolato, oltre all’indicazione tabellare (subito successiva a quella su richiamata) modulata sulle singole figure professionali coinvolte (cfr. pag. 16 e 19).
Va perciò interpretato il significato della tabella.
Essa non può avere il senso fatto proprio dalla sentenza (i.e., previsione di un aumento quantitativo della prestazione, a sua volta maggiorata in via tariffaria) atteso che ciò, oltre a non essere chiaramente indicato, è contraddetto dalla lettura sistematica del Capitolato, anche insieme con gli altri documenti di gara.
In specie, il modello d’offerta prescrive l’individuazione del prezzo unitario per quantità richiesta, e quest’ultima corrisponde proprio al numero complessivo di giorni uomo indicati dal Capitolato (i.e., n. 3033 e 264, comprensivo dunque della maggiorazione di giorni uomo per l’attività extra orario affermata dalla sentenza).
Il prezzo è tuttavia unitario, cioè non distingue la tariffa (e il numero di giorni) per l’attività extra-oraria, bensì prevede un prezzo unico, scevro della maggiorazione del 20%.
Il che trova perfetta corrispondenza nei cd. “fogli di ausilio” messi a disposizione dall’amministrazione, da cui emerge chiaramente come sia avvenuto il calcolo della base d’asta. In relazione alle due voci in esame, viene moltiplicato un valore tariffario unico (non già maggiorato del 20% per l’attività extra-orario) per il numero totale di giorni, contenente (questo sì) la maggiorazione del 20% in relazione alla quota di giorni extra-orario: attraverso tale calcolo le due voci partecipano alla determinazione finale della base d’asta, pari a complessivi € 3.219.349,00, in coerenza con quanto previsto dalla “richiesta d’offerta” (di cui cfr. il par. 2) e dallo stesso Capitolato (di cui cfr., analogamente, il punto 3.3).
In tale contesto, anche i ribassi risultano così determinati nelle offerte (oltreché nei corrispondenti spazi dei fogli d’ausilio), con indicazione cioè del prezzo (ribassato) previsto in termini unitari e omogenei.
Emerge perciò con chiarezza il significato economico e matematico della formula prevista nella detta tabella per la “Gestione applicativi” e “Manutenzione correttiva”: l’individuazione della “Quantità totale” di giorni uomo (Capitolato, tabelle sub pag. 15 e 18, cit.) altro non è che la traduzione - finalizzata a calcolare in modo unitario sia la base d’asta che il ribasso - in termini di “giorni uomo” della maggiorazione tariffaria prevista per l’attività extra-orario.
Essendo cioè la base d’asta, così come il ribasso, determinata in base a un valore unitario, che non distingue la tariffa a seconda che si tratti di giorni ordinari od extra orario, la maggiorazione prevista per l’extra orario viene apprezzata e trasformata in termini quantitativi, così consentendo appunto l’applicazione di un valore unico.
Benché non perspicuamente rappresentata nel Capitolato, tale lettura emerge chiaramente in base a canoni di coerenza e razionalità, anche sul piano sistematico e logico, oltreché testuale.
Da un lato, infatti, non troverebbero altrimenti spiegazione le suddette tabelle contenute nel Capitolato (sub pag. 15 e 18, cit.) atteso che non vi sono altre clausole di gara che predicano una (presunta) maggiorazione quantitativa dei giorni uomo: si avrebbe cioè una maggiorazione calcolata nelle tabelle ma non altrimenti stabilita.
Dall’altro non si comprende perché sia necessario tale articolato calcolo (che distingue i giorni “extra orario”, per poi applicare un incremento del loro numero, e pervenire infine a una quantità totale “con maggiorazione”) invece di indicare direttamente il numero dei giorni uomo “extra orario” complessivamente richiesti.
Nel senso suindicato depongono del resto anche le tabelle subito successive riportate nel Capitolato. Le stesse, infatti, nel suddividere - alla luce dei dati riscontrati nell’esperienza pregressa - i giorni extra orario fra le varie figure professionali coinvolte ne prevedono n. 30 per anno in capo all’analista programmatore, così come al data base administrator per l’attività di gestione applicativi (corrispondenti a un totale di 180 giorni sul triennio), e n. 20 l’anno, rispettivamente, per il programmatore e l’analista programmatore per l’attività di manutenzione correttiva (corrispondenti a un totale di 120 giorni per il triennio: cfr. le tabelle a pag. 16 e 19 del Capitolato): il che coincide perfettamente con il totale dei giorni uomo “extra orario” previsti dalle suddette tabelle (i.e., a pag. 15 e 18) che ammontano proprio a n. 180 per gestione applicativi e n. 120 per manutenzione correttiva, per un totale complessivo di 300 giorni uomo, coincidenti con quelli effettivamente richiesti al concorrente, senza previsione di alcuna effettiva maggiorazione quantitativa al riguardo.
In tale contesto, la lettura combinata del modello d’offerta economica, della clausola sub punto 4.1.1 del Capitolato, delle tabelle a pag. 16 e 19, e dei fogli ausiliari fornisce dunque evidenza, a un’analisi sistematica, della ratio e del significato delle disposizioni di gara: esse prevedono (esclusivamente) una maggiorazione tariffaria del 20% per i giorni extra orario, che tuttavia - a fronte dell’elaborazione unitaria della base d’asta, e per consentire di esprimere in termini altrettanto unitari, in unico valore di prezzo, il ribasso offerto da ciascun concorrente - viene convertita nella tabella, ai fini dell’offerta, in termini quantitativi di giorno uomo aggiuntivi.
Di qui l’assenza dei vizi affermati sull’offerta della Present e suoi giustificativi: essa si limita infatti a rappresentare l’offerta con “unità di misura” diverse, dapprima indicando la maggiorazione in termini quantitativi di “giorni uomo” - come previsto dal Capitolato e dal modello predisposto - successivamente, in sede di giustificativi, esprimendola in prospettiva tariffaria, distinguendo il corrispettivo previsto per le attività extra orario.
Il che non dà luogo di per sé ad alcuna modifica dell’offerta; né del resto, in relazione a tale voce, vengono dedotti e dimostrati dalla I.S.E.D. vizi d’altra natura (salvo infra, sub § 7.1 s. in ordine ai profili di anomalia).
D’altra parte, anche a voler diversamente ritenere, e considerare concorrenti (e non coincidenti o equivalenti) le previsioni sulle maggiorazioni dei giorni uomo e della tariffa, si registrerebbe comunque nella specie, come dedotto dall’appellante, non già un’offerta difforme dalla lex specialis - atteso il contenuto conforme della stessa alle previsioni del Capitolato - bensì un’omessa giustificazione di giorni (stante il chiaro percorso interpretativo seguito dalla Present in fase di giustificativi, non inteso a modificare i contenuti dell’offerta, ma orientato dalla diversa - invero corretta, ma in ogni caso ben ragionevole - lettura del Capitolato accolta) per un importo complessivo di € 12.290,94, su cui l’appellante ha fornito dimostrazione di copertura dall’utile previsto (cfr. infra, sub § 7.1 s.).
Di qui la fondatezza della doglianza prospettata dall’appellante.
3. Col terzo motivo la Present deduce che l’accoglimento della censura sul costo della piattaforma informatica cd. “CAST - Application Intelligence Platform” è illegittimo in quanto basato su un’inammissibile testimonianza scritta.
Nel merito, afferma che il dispositivo oggetto di contestazione è in realtà ben utilizzabile su più commesse, come emerge dalle stesse dichiarazioni del produttore, che afferma la sussistenza di preclusioni solo in caso di esaurimento delle licenze acquistate.
Nella specie il costo effettivamente previsto per il prodotto offerto dalla Present era poi ben inferiore a quello richiamato dalla sentenza, ammontando al valore di € 78.800,00, con cinque sole licenze destinate alla commessa, per un costo pro quota di circa € 15.000,00, ben inferiore all’utile enunciato dalla Present, pari a € 93.446,74.
3.1. Anche tale motivo è condivisibile, nei termini e per le ragioni che seguono.
3.1.1. Può prescindersi dall’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla I.S.E.D. in ordine alla nuova documentazione prodotta dalla Present trattandosi di documentazione non rilevante ai fini del decidere.
Nel merito, al di là dei rilievi relativi all’ammissibilità della documentazione prodotta da I.S.E.D. (fra cui la corrispondenza col fornitore del dispositivo oggetto di contestazioni) in quanto forma di “testimonianza scritta”, detta documentazione non può condurre invero, sic et simpliciter, al risultato di anomalia dell’offerta affermato dalla sentenza.
Occorre premettere che le contestazioni mosse dalla ricorrente e accolte dal Tar hanno a oggetto il sistema di automazione delle attività di analisi cd. “CAST”, il cui utilizzo è messo a disposizione dal produttore per un certo numero di utenze.
Afferma la sentenza, al riguardo, che il Rti Present avrebbe trascurato del tutto il costo per l’impiego di tale strumento, che ammonta alla consistente cifra di € 103.568,00, come da specifico preventivo rilasciato dal produttore.
In senso contrario, sono condivisibili le doglianze dell’appellante.
Come si ricava proprio dalla comunicazione del produttore in risposta alla email I.S.E.D. del 19 febbraio 2021, l’affermata impossibilità di utilizzo delle licenze su più commesse è correlata all’eventuale esaurimento del relativo numero (alla domanda di voler confermare che “a parità di addetti impiegati nella propria software factory (es. 25 ‘addetti’), nel caso in cui al primo progetto, per le sue dimensioni, siano state associate tutte le licenze (corrispondenti a 25 CD), che le stesse possano essere impiegate anche in un secondo ‘progetto’, in aggiunta al primo, per il quale sia necessario lo stesso numero di licenze (25 CD)” il produttore risponde “No, perché il numero di licenze utilizzate per il primo progetto esaurisce completamente le licenze acquistate e le stesse quindi non possono essere utilizzate contemporaneamente su due progetti diversi”; subito dopo ribadisce che “Coerentemente con la risposta di cui al punto precedente, se il numero di licenze utilizzate per il primo progetto esaurisce le licenze acquistate, per il secondo progetto andranno acquisite altrettante licenze perché la stessa licenza già impiegata sul primo progetto non potrà essere utilizzata contemporaneamente sul secondo progetto”).
È il numero di licenze disponibili, e il loro eventuale esaurimento, a rendere dunque impossibile l’impiego del prodotto su progetti diversi, salva comunque la sussistenza - quanto alla modalità di utilizzo del sistema - della possibilità d’estensione o condivisione della piattaforma per consentire l’accesso a terze parti su suoi elementi.
Del resto la lex specialis non prescriveva qui il trasferimento di diritti d’esclusiva, come reso evidente dai chiarimenti forniti dall’amministrazione (cfr. il chiarimento sub risposta 1: “[…] qualora il Fornitore decidesse di adoperare strumenti software a licenza commerciale questi rimangono a carico del Fornitore stesso che si assume qualunque onere derivante dal loro utilizzo. Tali software non vengono ceduti o intestati all’Amministrazione, ma rimangono di proprietà del Fornitore che può eventualmente utilizzarli per massimizzare gli aspetti qualitativi […]”).
In tale contesto, come dedotto dall’appellante, la lex specialis non richiedeva un numero specifico di licenze, né emerge o è dedotto che nell’offerta della Present fosse previsto un suddetto numero (l’appellante deduce peraltro, al riguardo, di aver previsto l’impiego di cinque licenze).
Per questo, il riferimento a un preventivo per utilizzo triennale del sistema basato su 25 licenze (peraltro indicato nell’iniziale corrispondenza “ad esempio”, affiancato ad altri esempi per un diverso numero di licenze: cfr. la email I.S.E.D. del 19 febbraio 2021) non vale a dimostrare di per sé l’anomalia dell’offerta Present, considerato che detta offerta non contiene in realtà un siffatto dato, né lo richiede direttamente la lex specialis (peraltro la Present, come già osservato, dà conto del regime di condivisione del dispositivo su più attività e dell’impiego di cinque licenze nell’appalto in esame, con ammortamento del relativo costo).
Alla luce di ciò non rileva neppure la comunicazione (peraltro nuova) prodotta in appello dalla I.S.E.D., in cui il produttore dà conto della necessità di strutturare la fornitura in esame per n. 25 licenze, atteso che ciò (al di là del fatto d’incentrarsi su dichiarazione proveniente dalla stessa impresa produttrice) non influisce su profili di anomalia dell’offerta - e cioè di sua sostenibilità economica per come essa è stata conformata - bensì eventualmente d’inadeguatezza contenutistica della stessa rifluente in fase di gara (ma, come rilevato, l’elemento del numero di licenze non era contemplato né nell’offerta né nella lex specialis) o, eventualmente, di esecuzione; per questo il rilievo non assume valore in termini di anomalia dell’offerta, ma si risolve in una valutazione preventiva di adeguatezza performativa ovvero d’inadempimento che non pertiene alla sostenibilità economica dell’offerta in funzione dei suoi contenuti effettivi.
In tale prospettiva, i rilievi della sentenza e le critiche della I.S.E.D. s’incentrano su un dato (i.e., il numero di licenze) non previsto né nell’offerta della Present né dalla lex specialis, e come tale inidoneo a rilevare in termini di anomalia (economica) dell’offerta effettivamente formulata, e in specie a dimostrare l’insostenibilità della stessa.
Per questo, in un ambito rimesso all’apprezzamento tecnico-discrezionale dell’amministrazione in termini di giudizio globale e sintetico sull’offerta (su cui cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 4 agosto 2021, n. 5754; 8 aprile 2021, n. 2843; 8 gennaio 2021, n. 295; 30 novembre 2020, n. 7554; 23 novembre 2020, n. 7255; 2 ottobre 2020, n. 5777; 17 giugno 2019, n. 4050), non emerge dai rilievi della I.S.E.D. (gravata dall’onere della relativa prova), come accolti dalla sentenza, evidenza di ragioni di manifesta e macroscopica inattendibilità, irragionevolezza od erroneità della valutazione eseguita dall’amministrazione in parte qua in relazione ai profili di sostenibilità economica dell’offerta.
4. Col quarto motivo l’appellante deduce l’erroneo accoglimento della doglianza inerente all’inquadramento dei lavoratori, che attiene invero al rapporto fra questi ultimi e il datore di lavoro.
La sentenza reputa inadeguati, al riguardo, i livelli IV e V del CCNL delle aziende del “Terziario” per la figura dell’analista programmatore, e tuttavia non considera che la scelta del CCNL è rimessa alla discrezionalità dell’impresa, e che comunque l’inquadramento può assumere rilievo in sede di valutazione di congruità dell’offerta solo se del tutto anomalo o abnorme in relazione ai profili professionali necessari allo svolgimento del servizio.
Il giudice di primo grado non considera poi che, in specie, la suddetta figura professionale è comunque affiancata da altre di maggior esperienza.
In tale contesto, il richiamo - nella parte finale della motivazione - al V e VI livello d’inquadramento è del tutto erroneo, atteso che i documenti presentati dalla Present non contemplano il VI livello.
Le conclusioni del giudice di primo grado sono comunque errate, atteso che il IV e V livello del suddetto CCNL sono ben adatti per la figura professionale in esame, e coerenti con le previsioni della lex specialis.
Il giudice non ha poi quantificato il maggior costo derivante da tale presunto errore d’inquadramento, né avrebbe comunque potuto annullare tout court l’aggiudicazione, ma solo ordinare eventualmente la riedizione della verifica di anomalia.
4.1. Anche tale motivo è condivisibile, nei termini e per le ragioni che seguono.
4.1.1. La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha posto in risalto che, così come è precluso alla stazione appaltante d’imporre l’applicazione di un determinato CCNL agli operatori economici, stante la discrezionalità a questi spettante - salvo il limite della incompatibilità con il tipo di attività - (cfr. Cons. Stato, V, 3 novembre 2020, n. 6786 e richiami ivi; 13 luglio 2020, n. 4515), allo stesso modo “la difformità tra l’inquadramento professionale attribuito al lavoratore e la qualifica contrattuale spettantegli secondo le declaratorie previste dal contratto collettivo, dev’essere fatta valere - in linea di principio - nell’ambito dei rapporti fra lavoratore e datore di lavoro [salvi i riflessi sulla congruità complessiva dell’offerta, se l’inquadramento è del tutto anomalo o abnorme in relazione ai profili professionali ritenuti necessari per lo svolgimento del servizio; e fatti salvi, altresì, i riflessi in punto di ammissibilità dell’offerta, se il CCNL di settore, applicato dall’offerente, sia del tutto avulso rispetto all’oggetto dell’appalto (ipotesi che non ricorrono nel caso di specie, in cui si discute dell’attribuzione di un determinato livello professionale nell’ambito dello stesso CCNL)]” (Cons. Stato, V, 11 marzo 2021, n. 2086).
Nella specie, risulta che l’amministrazione abbia svolto apposita verifica sul costo del lavoro eseguendo i passaggi consistenti nella determinazione delle equivalenze fra i vari CCNL previsti, determinazione del costo medio, raffronto con le pertinenti tabelle ai fini della verifica del rispetto dei minimi salariali, e raffronto con le peggiori tariffe poste a base d’asta offerte nella “Fase 1” dell’Accordo Quadro, e su ciò non sono affermati specifici errori o lacune.
La sentenza, accogliendo corrispondente censura della I.S.E.D., contesta l’inquadramento dell’analista programmatore al V e IV livello del CCNL Terziario (cui sono equivalenti, rispettivamente, al livello 5S e 4 del CCNL delle imprese metalmeccaniche).
Il che tuttavia, nell’ambito dei suesposti principi, non dà luogo a profili di abnormità o irragionevolezza dell’offerta tali da consentirne un sindacato in termini di anomalia, rientrando piuttosto nei rapporti fra i lavoratori e l’operatore economico nel quadro dell’organizzazione del lavoro incombente sull’imprenditore.
In particolare, come dedotto dall’appellante, la figura dell’analista programmatore è individuata dalla lex specialis (nell’appendice sui “profili professionali richiesti”) quale figura che riveste un “Ruolo tecnico di rilievo nella progettazione di sistemi informativi, nella realizzazione e manutenzione di moduli software complessi, che possono integrarsi in un più ampio sistema informativo” e può essere in possesso di “Laurea in discipline tecniche scientifiche o diploma di perito informatico (o titolo analogo)”; il relativo inquadramento indicato dalla Present non può ritenersi del tutto abnorme ed erroneo, considerato peraltro che la stessa ha previsto nei giustificativi l’impiego anche di altre figure di livello più elevato, ferme comunque le funzioni a ciascuno demandate.
A ciò si aggiunga peraltro che risulta del tutto indimostrato e arbitrario il prospettato inquadramento dell’analista programmatore al II livello del CCNL, che riguarda figure con funzioni elevate, anche di controllo e coordinamento, o specificamente caratterizzate da creatività (i.e., “lavoratori di concetto che svolgono compiti operativamente autonomi e/o con funzioni di coordinamento e controllo, nonché il personale che esplica la propria attività con carattere di creatività nell’ambito di una specifica professionalità tecnica”; rientrano per esempio in tale livello d’inquadramento, nel settore cd. “ICT”, figure quali l’“account manager” o il “business analyst”). Sicché non può ritenersi attendibile neppure il calcolo del sovra-costo prospettato dalla I.S.E.D. (quantificato in € 103.568,00), né perciò dimostrato se e in che misura l’eventuale maggiore spesa per un diverso inquadramento della figura professionale sia idonea a incidere sulla sostenibilità economica dell’offerta, in un contesto rimesso peraltro all’apprezzamento tecnico-discrezionale spettante alla stazione appaltante.
Né è peraltro specificamente dimostrata, al riguardo, l’eventuale violazione dei minimi salariali previsti per i lavoratori.
Di qui la riforma della sentenza in parte qua, al di là dell’improprio riferimento nella stessa al V e VI (anziché IV e V) livello del CCNL.
5. Per effetto dell’accoglimento dei suesposti motivi (in una al rigetto delle doglianze di primo grado riproposte dalla I.S.E.D., su cui cfr. infra, sub § 7 ss.) è assorbito il quinto e ultimo motivo di gravame, proposto dall’appellante in via subordinata per dedurre che il Tar avrebbe dovuto annullare l’intera gara a fronte dell’eventuale ambiguità della clausola sul numero di giorni uomo anziché accogliere il ricorso in danno della Present facendo propria una delle possibili letture della lex specialis.
6. All’accoglimento dei motivi d’appello nei termini suindicati segue l’esame delle doglianze di primo grado riproposte dalla I.S.E.D. ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.
7. Con la prima di tali doglianze (corrispondente al secondo motivo di ricorso in primo grado) la I.S.E.D. deduce l’anomalia sotto altri e ulteriori profili dell’offerta presentata dal Rti capeggiato dalla Present.
7.1. Afferma così la ricorrente che il numero di giornate di lavoro offerte dalla Present per le figure dell’analista programmatore, del programmatore e del data base administrator sarebbe inferiore a quello minimo prescritto dalla lex specialis, con una differenza di 60 giornate.
7.1.1. La doglianza è infondata.
I giorni uomo di cui l’offerta della Present risulterebbe carente a fronte dei giustificativi presentati sono - come espressamente indicato anche dalla ricorrente - gli stessi di cui al secondo motivo di appello, cioè i giorni corrispondenti all’incremento del 20% per l’attività “extra orario” di cui alle prestazioni di “Gestione Applicativi” e servizio di “Manutenzione Correttiva” (cfr. retro, sub § 2 ss.).
Per questo, è sufficiente ribadire che la lex specialis non prescrive invero per le suddette attività la prestazione di giorni uomo aggiuntivi, a loro volta tariffati in misura maggiorata, bensì esprime semplicemente una conversione - funzionale ad alcuni calcoli, in particolare di formulazione della base d’asta e dei ribassi - delle maggiorazioni tariffarie in giorni uomo supplementari. Ma non è richiesta, in tale contesto, l’effettiva prestazione di siffatti giorni uomo.
Il che, proprio in relazione alle singole figure professionali richiamate (i.e., analista programmatore, data base administrator, programmatore) emerge chiaramente anche dalle relative tabelle, che quantificano i giorni uomo per l’attività extra orario in misura corrispondente alla loro entità “secca” prevista dalle tabelle a pag. 15 e 18 del Capitolato (voce “Quantità Giorni uomo in reperibilità ed extra orario”) al netto cioè della dedotta maggiorazione del 20%, che attiene invero ai soli profili tariffari (cfr. tabelle, pag. 16 e 19 del Capitolato, cit.).
Si rileva per completezza, poi, che il maggior costo contestato dalla ricorrente, pari a € 12.290,94, sarebbe comunque coperto (anche insieme alle altre voci per cui è dedotta una scopertura, su cui v. infra) dall’utile esposto dal Rti Present.
7.2. La I.S.E.D. denuncia poi l’omesso computo dei costi di formazione da parte del Rti Present.
7.2.1. La doglianza è irrilevante ai fini dell’accoglimento del ricorso.
Premesso che il criterio valutativo richiamato, sub punto C.1.2 dell’art. 8.1 del Capitolato attiene alla fornitura in sé “di strumenti open source (di distribuzione gratuita) a supporto della fornitura”, cui la formazione è ricollegata quale accessorio, è assorbente rilevare come la cifra indicata quale eventuale maggior costo (i.e., € 10.240,02), peraltro non specificamente dimostrata a fronte del richiamo di attività di docenza diverse, non varrebbe a incidere sulla redditività dell’offerta (neanche alla luce delle altre eventuali scoperture, su cui cfr. infra) a fronte della voce di utile prevista per complessivi € 93.446,74.
A ciò si aggiunga, peraltro, come l’appellante deduca, al riguardo - in assenza di contestazioni della I.S.E.D. - di essere già in possesso di corsi di e-learning, mentre l’installazione della relativa piattaforma può ben rientrare nell’attività di set-up espressamente richiamata in offerta, e dunque essere compresa nei costi di personale già allocati.
7.3. Deduce ancora la ricorrente l’omessa considerazione dei costi di cd. “reperibilità extra”.
7.3.1. È assorbente rilevare al riguardo come anche tale doglianza sia irrilevante, considerato che la stessa I.S.E.D. quantifica il costo negletto per il limitato importo di € 480,00, ben coperto dall’utile indicato dalla Present.
7.4. Si duole ancora la ricorrente dell’omessa considerazione di costi per impegni di “fine fornitura”.
7.4.1. La censura non è rilevante.
Anche in questo caso è assorbente osservare come l’entità del costo invocata (peraltro non dettagliatamente calcolata) ammonta a € 21.207,83, sicché risulta coperta - anche sommando le altre voci eventualmente difettose - dall’utile esposto dalla Present.
Ciò anche a prescindere dal fatto che l’attività di “fine fornitura” è ricondotta dalla stessa offerta al “trasferimento di know-how”, che a norma dell’art. 4.1.3 del Capitolato rientra già - come dedotto dalla Present - nelle prestazioni demandate all’affidatario, sicché il relativo costo sarebbe ricompreso (quanto meno in buona parte) fra quelli allocati nei giustificativi, alle tabelle per le corrispondenti figure professionali, anche apicali o aggiuntive.
7.5. La ricorrente deduce ancora la grave insufficienza dell’attività di sviluppo software e manutenzione correttiva prevista dal Rti Present.
7.5.1. La doglianza non è condivisibile.
Essa si risolve nell’affermare che il numero di giornate previste per l’attività di sviluppo del software è troppo bassa, pari a 409,83 giorni anziché gli almeno 1000 che a dire della ricorrente ne occorrerebbero.
Il che poggia tuttavia su un assunto non specificamente dimostrato in relazione alla gara in esame (i.e., numero di ore che occorrerebbero, pari almeno a 1000) e si risolve in una critica contenutistica all’offerta - non già in una doglianza d’insostenibilità economica delle sue previsioni, e dunque di sua anomalia - che, di nuovo, può assumere valore o in fase di gara stricto sensu (se idonea a generare cause escludenti o effettivi profili di difformità dalle previsioni della lex specialis, qui non dedotti né dimostrati), ovvero in sede esecutiva in relazione alla bontà dell’offerta.
Del resto, gli stessi profili d’inadeguatezza dell’offerta non possono che essere rapportati e provati in funzione della specifica e pertinente lex specialis di gara, ciò che qui non avviene, considerato che la I.S.E.D. fa riferimento a requisiti performativi - in termini di cd. “punti funzione” - previsti da capitolati di altre distinte gare.
7.6. La ricorrente denuncia ancora la sussistenza di varie scoperture in relazione al costo della manodopera nei termini di seguito indicati.
7.6.1. Si registrerebbe anzitutto un’erronea determinazione degli scatti di anzianità dei lavoratori, con un costo non stimato di € 645,31.
7.6.1.1. Anche in questo caso la doglianza non è suscettibile di favorevole apprezzamento, in quanto l’importo richiamato è del tutto trascurabile, e coperto (insieme con gli altri conseguenti alle dedotte scoperture) dall’utile previsto dalla Present.
7.6.2. La ricorrente si duole poi dell’immotivato scostamento riscontrabile nei giustificativi prodotti dall’aggiudicataria rispetto alle tabelle ministeriali sul costo del lavoro di cui al CCNL “Metalmeccanici”, con sottostima delle giornate lavorative, indicate in numero di 200 anziché 213, da cui discende un’omessa considerazione d’un costo di € 30.035,38.
7.6.2.1. Pure in questo caso, oltre al principio generale evocato dall’appellante di non vincolatività assoluta delle tabelle ministeriali (e al di là dei richiami alla rilevanza delle ore effettive anziché di quelle teoriche, e alle dichiarazioni rese dalla Direzione del personale circa il numero di giorni effettivamente lavorati dai dipendenti impiegati) la deduzione, prospettata in termini di costi aggiuntivi di manodopera (per i soli lavoratori soggetti al suddetto CCNL) non computati dalla Present che di ciò si sarebbe avvantaggiata, è superata dal fatto che il costo richiamato risulta ancora coperto (unitamente agli altri suindicati) dall’utile esposto dalla Present, né la ricorrente dà evidenza e fornisce dimostrazione al riguardo di altri specifici profili d’illegittimità.
Di qui l’infondatezza della doglianza.
8. Col riproposto (subordinato) terzo motivo di ricorso la I.S.E.D. invoca l’annullamento dell’intera gara atteso che, a fronte dell’inadeguatezza del sistema telematico apprestato dall’amministrazione - il quale non consentiva la specifica indicazione degli oneri di sicurezza aziendali - questa ha richiesto ai concorrenti l’invio di singole comunicazioni via posta elettronica certificata ai fini della relativa indicazione. Il che determina l’illegittimità della procedura considerato che, ai sensi dell’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, gli oneri di sicurezza aziendali vanno indicati nell’offerta economica, e che questa è segreta e deve essere tenuta separata dagli altri documenti d’offerta.
In tale prospettiva, si registrerebbe anche una violazione dell’art. 58 d.lgs. n. 50 del 2016, che consente l’utilizzo di procedure telematiche purché le stesse garantiscano la parità di trattamento fra gli operatori, la trasparenza della procedura e il rispetto della concorrenza: l’uso di comunicazioni via pec individuali sarebbe invece esposto a possibili interventi e consultazioni da parte di terzi, in violazione dei suddetti principi.
8.1. Il motivo è inammissibile.
8.1.1. Come sopra posto in risalto, infatti (cfr. retro, sub § 1 ss. in diritto), si tratta di vizio che non abbisognava di accesso agli atti per poter essere enucleato e fatto valere, sicché il motivo risulta tardivamente proposto in primo grado, come condivisibilmente dedotto dalla Present.
A ciò si aggiunga comunque, per completezza, la non condivisibilità nel merito della doglianza, che s’incentra sulla voce dei soli oneri di sicurezza aziendali, i quali - pur se inseriti, con separata indicazione, nell’offerta economica - non attengono direttamente al ribasso offerto, e dunque al corrispettivo vero e proprio, sicché non vengono in rilievo in loro riguardo le ragioni proprie dei principi di separazione delle offerte e loro segretezza.
Quanto all’impiego del sistema comunicativo della posta elettronica certificata, al di là dei profili di segretezza suindicati, la ricorrente non deduce specifiche ragioni per le quali lo stesso dovrebbe essere ritenuto concretamente inaffidabile.
9. Con l’ultima doglianza riproposta, corrispondente al quarto motivo (anch’esso subordinato) di ricorso in primo grado, la I.S.E.D. deduce che l’oscurità della lex specialis in relazione ai suindicati profili inerenti ai “giorni uomo” imporrebbe l’annullamento dell’intera procedura: laddove volesse darsi infatti una lettura degli atti di gara diversa da quella sulle prestazioni minime (espressa dalla stessa I.S.E.D.) desumibile dal Capitolato (i.e., nel senso di prevedere una maggiorazione del 20% sia quantitativa dei giorni uomo, sia tariffaria per le attività extra orario) andrebbe annullata l’intera procedura stante l’effetto distorsivo prodotto sulla stessa dall’oscurità del dato testuale.
9.1. Il motivo non è condivisibile.
9.1.1. Come sopra rilevato, la lettura sistematica e compiuta delle varie clausole del Capitolato, in una agli altri documenti di gara, conduce univocamente all’interpretazione per cui i giorni uomo in aumento del 20% per i servizi extra orario di cui alle suddette tabelle, sub colonna relativa alla “Quantità totale (con maggiorazione 20%)”, esprimono nient’altro che la riparametrazione in termini di giorni dell’aumento tariffario previsto per le dette attività extra orario.
Per questo non vi sono elementi d’illegittimità tali da consentire di annullare la lex specialis.
Ciò senza considerare peraltro che era ben consentito agli operatori chiedere chiarimenti alla stazione appaltante (cfr. punto E) della richiesta d’offerta); né d’altra parte la ricorrente indica distinte e autonome ragioni d’illegittimità della clausola di gara.
10. In conclusione, per le suesposte ragioni l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado, inclusi i motivi qui riproposti ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.
10.1. La complessità della fattispecie e delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado;
Compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
All’esito di una procedura ad evidenza pubblica veniva proposto ricorso avverso l’aggiudicazione e gli altri atti di gara lamentando, in particolare, l’attendibilità dell’offerta dell’aggiudicataria sotto molteplici profili.
In primo grado, il TAR Lazio adito riconosceva la fondatezza della pretesa e, per l’effetto, annullava gli atti impugnati e dichiarava l’inefficacia del contratto d'appalto e il subentro nello stesso della ricorrente.
Ricorreva in appello l’impresa originaria aggiudicataria lamentando l’erroneità della decisione.
In particolare, tra le varie questioni sollevate, il Consiglio di Stato si è soffermato sulla decorrenza del termine per la proposizione del ricorso nel cd. “rito appalti”, richiamando i principi di diritto espressi tanto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. Plen., 2 luglio 2020, n. 12) quanto dalla Corte di Giustizia (cfr. Corte di Giustizia, IV, 14 febbraio 2019, causa C-54/18).
In particolare, il Consiglio di Stato, nel valutare la tempestività del ricorso ha richiamato il del principio per cui “la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”, e al contempo che le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione “purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati”.
L’aspetto più interessante attiene al riconoscimento della fondatezza del motivo con il quale si contesta la sentenza impugnata per aver ritenuto inadeguato l’inquadramento dei lavoratori, nonostante la scelta del CCNL sia rimessa alla discrezionalità dell’impresa.
Il Consiglio di Stato, infatti, richiamando precedenti arresti, ha osservato come sia precluso alla stazione appaltante d’imporre l’applicazione di un determinato CCNL agli operatori economici, stante la discrezionalità a questi spettante, fatto salvo il limite della incompatibilità con il tipo di attività e cioè se il CCNL di settore, applicato dall’offerente, sia del tutto avulso rispetto all’oggetto dell’appalto (in tali termini Cons. Stato, sez. V, 3 novembre 2020, n. 6786).
Ciò perché la difformità tra l’inquadramento professionale attribuito al lavoratore e la qualifica contrattuale che gli spetterebbe secondo le previsioni dal contratto collettivo rientra nell’ambito dei rapporti giuslavoristici fra lavoratore e datore di lavoro: al più, tuttavia, l’inquadramento può assumere rilievo in sede di valutazione di congruità dell’offertasolo se del tutto anomalo o abnorme in relazione ai profili professionali necessari allo svolgimento del servizio profilo che attiene invero al rapporto fra questi ultimi e il datore di lavoro.
In particolare, nel caso di specie, la stazione appaltante aveva svolto apposita verifica sul costo del lavoro mediante la determinazione delle equivalenze fra i vari CCNL previsti, determinazione del costo medio, raffronto con le pertinenti tabelle ai fini della verifica del rispetto dei minimi salariali, e raffronto con le peggiori tariffe poste a base d’asta. All’esito di tale verifica, infatti, la stazione appaltante aveva osservato che il CCNL applicato non determinasse una abnormità o irragionevolezza dell’offerta tale da consentirne un sindacato in termini di anomalia, non essendo stata neppure dimostrato un trattamento economico in violazione dei minimi salariali previsti per i lavoratori.
Il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello proposto, ha disposto la riforma della sentenza impugnata, respingendo il ricorso di primo grado.