Consiglio di Stato, sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792

In tema di decorrenza del termine per impugnare l’aggiudicazione di una gara d’appalto, quanto affermato dall’Adunanza plenaria n. 12 del 2 luglio 2020 non comporta necessariamente che dal complessivo termine di 30 giorni + 15 giorni ivi individuato (giusta la dilazione del termine in caso di accesso ex art. 76, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) debbano sottrarsi i giorni impiegati dall’impresa per formulare l’istanza di accesso. Tale tesi non pare del tutto compatibile con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (arti. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici, finendo col porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, come certo l’ordinaria diligenza, prima ancora che l’art. 120, comma 5, c.p.a., gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare (laddove la stessa amministrazione, ai sensi del ricordato art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti). 

Sebbene il nuovo codice degli appalti del 2016, in tema di accesso agli atti di gara, non abbia riprodotto la previsione del previgente art. 79, comma 5-quater, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che assegnava al concorrente per proporre l’istanza di accesso dieci giorni a decorrere dalla ricezione delle comunicazioni di legge da parte della stazione appaltante, l’attuale disciplina deve ritenersi in continuità con quella precedente, non essendo da un lato consentito attraverso l’istanza di accesso differire ad libitum la decorrenza del termine di impugnazione, e per altro verso dovendo coniugarsi la finalità acceleratoria delle norme in tema di contenzioso sui contratti pubblici con l’esigenza di tutela del concorrente il quale abbia esercitato l’ordinaria diligenza nel chiedere l’accesso anche in relazione al termine assegnato all’amministrazione per provvedere 

Assume una particolare rilevanza da un punto di vista interpretativo la pronunzia in esame, in quanto la Sezione ha ritenuto di dovere approfondire i termini della questione sul solco dei principi di diritto già espressi dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n.12 del 2 luglio 2020[1].

In detta occasione il Massimo Consesso amministrativo aveva già espresso i seguenti principi di diritto “a valle” di un articolato percorso motivazionale, per cui:

“a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;

b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;

c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;

d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;

e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati’.

Ebbene, nel caso della pronunzia in esame la Sezione ha tenuto a precisare che dal complessivo termine di 30 giorni + 15 giorni, individuato dall’Adunanza plenaria 12/2020 per la c.d. dilazione temporale in ipotesi di accesso, debbano essere sottratti i sei giorni che l’impresa concorrente ha impiegato per chiedere l’accesso agli atti significa porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, come certo l’ordinaria diligenza, prima ancora che l’art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare, mentre, va qui ricordato, la stessa amministrazione, ai sensi dell’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti, al di là dell’eventuale superamento di questo termine per condotte dilatorie od ostruzionistiche.

Nella previgenza del D.Lgs. 163/2006 (cfr. art.79  il termine a disposizione del privato per esercitare il proprio diritto d’accesso era stato fissato espressamente dal legislatore in 10 giorni.

Se pur siffatta previsione non è stata tout court riprodotta nel nuovo codice, non può sottacersi che la Consulta ha ribadito come un’interpretazione conforme al contesto logico-giuridico di riferimento conduca a ritenere che la dilazione temporale del termine per la proposizione del ricorso sia «correlata all’esercizio dell’accesso nei quindici giorni previsti attualmente dall’art. 76 del vigente “secondo” cod. dei contratti pubblici (e, in precedenza, ai dieci giorni indicati invece dall’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici)» (Corte cost., 28 ottobre 2021, n. 204).

SI può, allora, affermare, che non vi è stata soluzione di continuità tra i due regimi normativi.

Una diversa interpretazione, che pretenda di applicare il meccanismo della c.d. “sottrazione dei giorni” anche ad un’istanza d’accesso presentata entro un termine contenuto e ragionevole (e, comunque, non superiore ai suddetti quindici giorni), potrebbe risultare non del tutto in sintonia con i principi di legittimo affidamento e di proporzionalità.

è pur vero che sono stati pronunziati orientamenti più rigorosi sulla materia (cfr. sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127[2]), secondo cui più tempestiva è l’istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale, mentre «quel che non può consentirsi è che il concorrente possa, rinviando nel tempo l’istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l’impugnazione dell’aggiudicazione» e, cioè, i 45 giorni decorrenti dalla conoscenza dell’aggiudicazione, ma nondimeno ritiene la Sezione giudicante che debba essere permesso alla concorrente per poter chiedere l’accesso un congruo termine, eguale a quello assegnato all’amministrazione per consentirlo («immediatamente e comunque entro quindici giorni»: art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016), senza sottrarre questi pochi giorni (nel caso di specie appena sei), invero già esigui perché contraddistinti da rigide preclusioni decadenziali ispirate in questa materia ad una evidente ratio acceleratoria, dai 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria, in modo da non superare così nel rispetto della stessa ratio acceleratoria, complessivamente e a tutto concedere anche nell’ipotesi di richiesto (e ottenuto) accesso, il termine ordinario massimo di 30 giorni per impugnare gli atti di gara. 

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 15/03/2022

N. 01792/2022REG.PROV.COLL.

N. 08444/2021 REG.RIC.

N. 08651/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi in appello:
1) numero di registro generale 8444 del 2021, proposto dalla Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Fiammetta Fusco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

Sicuritalia Ivri S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Angelo Clarizia, dall’Avvocato Marco Napoli e dall’Avvocato Sandor Del Fabro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2,

nei confronti

di Security Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di mandataria del costituendo r.t.i. con CSS Servizi S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avvocato Andrea Abbamonte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Andrea Abbamonte in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;

 

2) numero di registro generale 8651 del 2021, proposto da Security Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di mandataria del costituendo r.t.i. con CSS Servizi S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avvocato Andrea Abbamonte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Andrea Abbamonte in Roma, via degli Avignonesi, n. 5,

contro

- la Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Fiammetta Fusco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Sicuritalia Ivri S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Angelo Clarizia, dall’Avvocato Marco Napoli e dall’Avvocato Sandor Del Fabro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

entrambi per la riforma

della sentenza n. 9741 del 13 settembre 2021 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. III-quater, resa tra le parti, che ha annullato la determinazione della Regione Lazio n. G 13735/2020 con riferimento all’aggiudicazione del lotto n. 2 a favore del costituendo r.t.i. guidato da Security Service S.r.l.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione, nei rispettivi giudizi riuniti, di Sicuritalia Ivri S.p.a., di Security Service S.r.l. e della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2022, il Consigliere Massimiliano Noccelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con la determinazione n. G18766 del 28 dicembre 2017, la Regione Lazio ha indetto la gara comunitaria centralizzata a procedura aperta, ai sensi dell’art. 60 del d. lgs. n. 50 del 2016, suddivisa in 26 lotti, per l’affidamento del servizio di vigilanza armata e guardiania presso le sedi delle Aziende Sanitarie della Regione Lazio da aggiudicarsi, ai sensi dell’art. 95, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mediante una convenzione avente la durata di 24 mesi, eventualmente prorogati per altri 12, nonché durata degli ordinativi pari a 48 mesi.

1.1. Il bando di gara, approvato con il provvedimento di cui al punto precedente, è stato pubblicato sulla GUUE: Serie S250, 527424-2017-IT del 30 dicembre 2017, sulla G.U.R.I. n. 149, V serie speciale, del 29 dicembre 2017, sulla piattaforma informatica SITARL, sul BURL n. 2, quinta serie speciale, del 5 gennaio 2018, per estratto su due quotidiani a diffusione nazionale e due a diffusione locale, e tutti gli atti di gara sono stati altresì resi disponibili sulla piattaforma di e-procurement della Regione Lazio.

1.2. Con le successive determinazioni n. G00696 del 22 gennaio 2018 e n. G04406 del 5 aprile 2018, sono state apportate modifiche agli atti di gara, tra i quali il disciplinare di gara e il capitolato tecnico, e disposta la proroga della scadenza del termine di presentazione delle offerte fissato, in ultimo, al 23 maggio 2018.

1.3. Con la determinazione n. G11870 del 10 settembre 2019, è stato approvato l’esito delle operazioni di verifica della documentazione amministrativa a cura del r.u.p. e sono state disposte le ammissioni alle successive fasi di gara e le esclusioni dalla stessa.

1.4. La suddetta determinazione n. G11870 del 10 settembre 2019 è stata rettificata e integrata dalla determinazione n. G16630 del 3 dicembre 2019 poiché, per mero errore materiale, un operatore non era stato indicato tra gli ammessi.

1.5. Con la determinazione n. G15984 del 21 novembre 2019, è stata nominata la Commissione aggiudicatrice della gara in oggetto.

1.6. All’esito delle sedute pubbliche e riservate previste dal disciplinare, è stata adottata la determinazione n. G13735 del 19 novembre 2020 con la quale, tra l’altro, è stata disposta l’aggiudicazione dei 26 lotti della procedura.

1.7. In pari data, la stazione appaltante ha proceduto ad effettuare le comunicazioni dovute e a pubblicare, in una sezione ad accesso riservato della piattaforma telematica di gara, tutti i verbali relativi alla procedura di gara citati nella determinazione dirigenziale di aggiudicazione.

1.8. In particolare, per quanto di interesse per il presente giudizio, è risultato aggiudicatario del lotto n. 2 della procedura, relativo al servizio di vigilanza armata, il costituendo r.t.i. tra Security Service S.r.l., odierna appellante, e CSS Servizi S.r.l. (di seguito anche aggiudicatario o controinteressato) con un punteggio pari a 89,19 per un’offerta economica di € 17.515.380,00 per il lotto 2.

1.9. Nello stesso lotto, si è classificato secondo in graduatoria il costituendo r.t.i. tra Sicuritalia S.p.a., odierna appellata, e Roma Union Security S.r.l. con un punteggio pari a 85,68 per un’offerta economica di € 18.558.858,40 per il lotto 2.

2. Il 11 gennaio 2021 Sicuritalia Ivri S.p.a. ha proposto ricorso per l’annullamento della suddetta determinazione del Direttore della Direzione Regionale “Centrale Acquisti” numero G13735 del 19 novembre 2020 nella parte in cui ha aggiudicato al costituendo r.t.i. guidato da Security Service S.r.l. il lotto n. 2 dell’appalto in questione nonché per l’annullamento di tutti i verbali di gara, con particolare riferimento a quelli delle sedute riservate del 28 e del 30 ottobre 2020, citati nel provvedimento di aggiudicazione, «ma non resi disponibili».

2.1. La Regione Lazio si è costituita e difesa in giudizio, per l’udienza di discussione sull’istanza cautelare fissata per la data del 2 febbraio 2021, chiedendo di rigettare il ricorso perché irricevibile ed infondato.

2.2. Anche la società controinteressata, in vista dell’udienza di discussione sull’istanza cautelare, si è costituita e difesa, chiedendo di rigettare il ricorso.

2.3. La medesima società controinteressata, Security Service S.r.l., ha altresì proposto ricorso incidentale, chiedendo anch’essa l’annullamento, previa sospensione, della suddetta determinazione n. G13735 del 19 novembre 2020, nella parte in cui si è collocata al secondo posto della graduatoria del lotto in questione la società ricorrente di primo grado Sicuritalia, unitamente a tutti i verbali di gara.

2.4. Alla prevista udienza del 2 febbraio 2021, il Tribunale, in considerazione del ricorso incidentale proposto e della necessità di permettere adeguata difesa al riguardo, ha rinviato l’udienza di discussione dell’istanza cautelare alla data del 16 febbraio 2021.

2.5. In vista dell’udienza del 16 febbraio 2021, la Regione Lazio ha prodotto una ulteriore memoria con cui ha ribadito – alla luce anche delle nuove argomentazioni effettuate dalla ricorrente – la tardività e l’infondatezza del ricorso principale, evidenziando inoltre l’improcedibilità del ricorso incidentale.

2.6. Con la sentenza n. 9741 pubblicata il 13 settembre 2021, il Tribunale – oltre a respingere il ricorso incidentale del r.t.i. controinteressato guidato da Security Service S.r.l. - ha accolto il ricorso principale, ritenendo infondata l’eccezione di tardività del ricorso sollevata da Regione Lazio e fondato, invece, il motivo proposto da Sicuritalia Ivri S.p.a. circa l’utilizzo del lavoro straordinario nella proposta tecnica della Security Service S.r.l.

3. Avverso tale sentenza hanno proposto separati appelli, iscritti rispettivamente al R.G. n. 8444/2921 e al R.G. n. 8651/2021, sia la Regione Lazio che Security Service S.r.l. e, nel dedurre entrambe l’erroneità della sentenza impugnata sia nella parte in cui ha accolto il ricorso principale di Sicuritalia Ivri S.p.a., che a loro avviso doveva essere dichiarato irricevibile o, comunque, infondato, sia – la sola Security Service S.r.l. – nella parte in cui ha respinto il ricorso incidentale di questa, ne hanno chiesto la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso principale proposto da Sicuritalia Ivri S.p.a.

3.1. Quest’ultima, a sua volta, nel costituirsi avanti a questo Consiglio di Stato ha chiesto la reiezione di entrambi gli appelli e ha comunque riproposto, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi del ricorso principale non esaminati dal primo giudice.

3.2. Con l’ordinanza n. 5878 del 29 ottobre 2021 la Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata e ha rinviato la causa all’udienza pubblica, da fissarsi con separato decreto, per l’esame del merito.

3.3. Infine, nella pubblica udienza del 24 febbraio 2022, il Collegio, sulle conclusioni come rassegnate dalle parti a verbale, ha trattenuto la causa in decisione.

4. Gli appelli proposti dalla Regione Lazio e da Security Service S.r.l. devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 96 c.p.a., in quanto proposti contro la stessa sentenza, come ha già chiarito in sede cautelare la già citata ordinanza n. 5878 del 29 ottobre 2021.

5. Gli appelli, ciò premesso, sono fondati nei limiti e per le ragioni che qui si espongono.

6. Non hanno pregio, anzitutto, le censure con le quali, nel primo motivo di appello, sia la Regione Lazio che Security Service S.r.l. deducono, con argomentazioni in larga parte e nella sostanza coincidenti, l’erroneità della sentenza impugnata per non avere dichiarato irricevibile il ricorso principale di Sicuritalia Ivri S.p.a.

7. Il ragionamento svolto al riguardo dalle appellanti, in sintesi, è il seguente.

8. La gara in questione è stata aggiudicata il 19 novembre 2020.

8.1. In pari data la stazione appaltante ha comunicato, via PEC, che la determinazione di aggiudicazione era stata altresì pubblicata, ai sensi dell’art. 29 del d. lgs. n. 50 del 2016, sul “profilo del committente” della Regione Lazio www.regione.lazio.it ed era disponibile al link www.centraleacquisti.regione.lazio.it, nella sezione “Bandi scaduti” all’interno del “Dettaglio Bando” concernente la procedura e che tutti i verbali citati dalla suddetta determinazione erano disponibili e scaricabili, invece, tramite un collegamento informatico ad accesso riservato all’interno della piattaforma di e-procurement regionale.

8.2. Da quel giorno, sostengono sia la Regione Lazio che Security Service S.r.l., decorrevano i termini per la presentazione del ricorso, atteso che la stazione appaltante aveva comunicato, pubblicato e reso disponibile tutto quello che è prescritto dalla legge (e con le modalità in essa previste), ai sensi di quanto previsto dagli artt. 29 e 76 del d. lgs. n. 50 del 2016, e che i motivi di ricorso potevano essere proposti già in base ai verbali pubblicati (o, al più, approfonditi con motivi aggiunti in seguito alla conoscenza dei giustificativi della controinteressata).

8.3. Infatti la pubblicazione dell’offerta tecnica e dei giustificativi della stessa, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, non solo non è richiesta dalla predetta normativa, ma non è ricavabile nemmeno dai principi enunciati dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020, secondo cui «a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016».

8.4. Dunque, ciò che è necessario che venga pubblicato, affinché possa cominciare a decorrere il termine di impugnazione, sono i verbali di gara, ivi compresi quelli riguardati le valutazioni effettuate dalle Commissioni da gara delle offerte, ma non le offerte (e i loro giustificativi).

8.5. Peraltro, evidenziano ancora le due appellanti, la “pubblicazione generalizzata” dell’offerta tecnica e dei suoi giustificativi risulterebbe, per qualunque tipo di gara, in contrasto con la tutela della riservatezza degli offerenti, e, nel caso concreto, sarebbe risultata ulteriormente in contrasto con le finalità ultime (garantire la sicurezza delle strutture sanitarie) dell’intera procedura.

8.6. Ne consegue la palese erroneità dell’affermazione del giudice di prime cure secondo cui «nel sito erano stati pubblicati una parte degli atti di gara, ma non era disponibile l’offerta tecnica ed il relativo allegato», atteso che i predetti due ultimi documenti non dovevano e non potevano essere pubblicati.

8.7. Allo stesso modo e per l’analoga ragione risulterebbe poi erronea anche la successiva affermazione del Tribunale, secondo cui «la nota della stazione appaltante del 26 novembre 2020 alle controinteressate dimostra che non tutti i documenti, comunque richiesti nel termine decadenziale per proporre il ricorso, erano stati immessi nel sistema», atteso che essa riguarda documenti che non dovevano essere immessi nel sistema.

8.8. La nota del 26 novembre 2020, quindi, dimostra unicamente che alcuni documenti relativi alle offerte degli operatori economici (e non alle operazioni di gara svolte dalla stazione appaltante) non erano stati – in maniera assolutamente corretta – pubblicati, atteso che della divulgazione di tali documenti, per legge (l. n. 241 del 1990 richiamata dall’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016), è necessario darne prima comunicazione ai c.d. controinteressati, al fine di consentire eventuali opposizioni degli stessi a tutela della riservatezza.

9. Ciò posto, le appellanti deducono che, come correttamente ricostruito anche nella sentenza impugnata, solo il 25 novembre 2020 e, quindi, sei giorni dopo la notifica dell’aggiudicazione, Sicuritalia Ivri S.p.a. ha chiesto l’accesso a tutti i verbali di gara, peraltro già in suo possesso, ed alla documentazione amministrativa, tecnica ed economica della prima graduata, ivi comprese le giustifiche presentate in sede di verifica di anomalia dell’offerta.

9.1. La ricorrente principale in prime cure, quindi, ha impiegato 6 giorni a presentare la richiesta di accesso documentale (di documenti di cui tra l’altro, si ribadisce, era in parte già in possesso).

9.2. Altrettanto correttamente la sentenza impugnata rileva che «l’istanza è stata compiutamente evasa […] in data 10 dicembre 2020, nel termine stabilito dall’art. 76, comma 2, del d.lgs. 50/2016», come dimostrato in atti dalla difesa della Regione, ribadendo che i verbali delle sedute di valutazione delle offerte tecniche erano già disponibili, dal 19 novembre 2020, sul sito dedicato, e che la stazione appaltante ha trasmesso via pec l’offerta tecnica e i giustificativi proposti da Security Service S.r.l. nel corso del subprocedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta in data 10 dicembre 2020.

9.3. Ciò che invece il giudice di primo grado avrebbe omesso di sottolineare e considerare è che il ricorso è stato notificato solo in data 11 gennaio 2021 e che la ricorrente ha inoltrato la richiesta di accesso agli atti sei giorni dopo la comunicazione di aggiudicazione.

9.4. Pertanto, come la Regione aveva sottolineato già in primo grado, pur volendo far decorrere il termine di impugnazione – erroneamente e non in conformità con i principi enunciati dall’Adunanza Plenaria n. 12 del 2 luglio 2020 – dalla data di ostensione dell’offerta tecnica e dei suoi giustificativi e, cioè, dal 10 dicembre, il termine ultimo per l’impugnazione è da individuarsi nel termine massimo di 24 giorni dopo (ossia 30 giorni – 6 giorni per il ritardo nella richiesta di accesso) ossia il 3 gennaio, con la conseguenza che il ricorso principale, proposto solo l’11 gennaio 2021, è sicuramente tardivo.

9.5. La decorrenza dalla data del 10 dicembre (ossia quella di ostensione dell’offerta tecnica e dei giustificativi), tuttavia, nel caso in esame non risulta applicabile proprio in virtù di quanto enunciato dall’Adunanza Plenaria nella decisione n. 12 del 2 luglio 2020, atteso che detta decorrenza – come ivi si legge - si applica solo in presenza di comportamenti tardivi e/o ostruzionistici da parte della stazione appaltante in riferimento all’istanza d’accesso («L’Amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti, sicché - in presenza di eventuali suoi comportamenti dilatori (che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti) – va ribadito quanto già affermato dalla giurisprudenza sopra richiamata al § 19, per la quale, qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara (e dei relativi allegati), il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti»).

9.6. Laddove invece - come nel caso in esame e come ha anche riconosciuto il giudice di primo grado nella sentenza impugnata – la stazione appaltante ha tenuto un comportamento corretto, evadendo l’istanza nel termine stabilito dall’art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2015, tale istanza comporta la “dilazione temporale” (ossia quella sorta di proroga iussu iudicis in base al quale il termine decadenziale di trenta giorni “slitta in avanti”) di 15 giorni.

9.7. Pertanto, nel caso in esame, il termine in avanti sarebbe slittato dal 19 dicembre al 3 gennaio (30 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione del 19 novembre + 15 giorni di dilazione).

10. Le censure delle appellanti non possono trovare accoglimento.

10.1. Si deve osservare anzitutto che Sicuritalia Ivri S.p.a. ha potuto prendere esatta cognizione del vizio, poi denunciato nel ricorso (e, cioè, quello radicalmente escludente relativo ad una pretesa illegittimità dell’offerta per un utilizzo non consentito delle ore di lavoro straordinario da parte dell’aggiudicataria Security Service S.r.l.), solo effettuando l’accesso agli atti di gara e, dunque, il termine di 30 giorni per impugnare in nessun modo poteva decorrere dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, come invece sostengono, a torto, le appellanti.

10.2. Solo attraverso la conoscenza delle giustificazioni, in particolar modo, Sicuritalia Ivri S.p.a. avrebbe potuto ed ha potuto comprendere se e in che modo l’offerta di Security Service S.r.l. fosse strutturata quanto, più in particolare, all’organizzazione del lavoro straordinario, che costituisce l’oggetto principale del presente giudizio.

10.3. Nemmeno si può condividere l’assunto delle appellanti, secondo cui, ammesso e non concesso che il termine per impugnare fosse quello di 30 giorni + 15 giorni per l’accesso, dai 45 giorni complessivi dovessero essere sottratti i giorni – nel caso di specie 6 – che l’impresa ha atteso per effettuare l’accesso, in quanto, diversamente, si lascerebbe il concorrente arbitro di determinare ad libitum la decorrenza del termine.

10.4. Si tratta di un’argomentazione non certo irrilevante, nel calcolare il dies a quo per la decorrenza del termine per impugnare nel caso di accesso agli atti di gara, ma la tesi della c.d. “sottrazione dei giorni” sostenuta dalle appellanti non sembra essere un portato necessario dei principî affermati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 e non pare del tutto compatibile con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (art. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici.

10.5. Sostenere infatti che dal complessivo termine di 30 giorni + 15 giorni, individuato dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 per la c.d. dilazione temporale in ipotesi di accesso, debbano essere sottratti i sei giorni che l’impresa concorrente ha impiegato per chiedere l’accesso agli atti significa porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, come certo l’ordinaria diligenza, prima ancora che l’art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare, mentre, va qui ricordato, la stessa amministrazione, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti, al di là dell’eventuale superamento di questo termine per condotte dilatorie od ostruzionistiche.

10.6. Sotto la vigenza del precedente codice dei contratti pubblici, il termine a disposizione del privato per esercitare il proprio diritto d’accesso era stato fissato espressamente dal legislatore in 10 giorni (cfr. art. 79, comma 5-quater, del d. lgs. n. 163 del 2006).

10.7. Vero è che tale disposizione non è stata riprodotta nell’attuale codice dei contratti pubblici, ma altrettanto vero è che la Corte costituzionale ha da ultimo evidenziato come un’interpretazione conforme al contesto logico-giuridico di riferimento conduca a ritenere che la dilazione temporale del termine per la proposizione del ricorso sia «correlata all’esercizio dell’accesso nei quindici giorni previsti attualmente dall’art. 76 del vigente “secondo” cod. dei contratti pubblici (e, in precedenza, ai dieci giorni indicati invece dall’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici)» (Corte cost., 28 ottobre 2021, n. 204).

10.8. Esiste dunque piena continuità tra i due regimi normativi e l’istanza di accesso presentata dall’odierna appellata risulta tempestiva avuto riguardo ad entrambi.

19. Una diversa interpretazione, che pretenda di applicare il meccanismo della c.d. “sottrazione dei giorni” anche ad un’istanza d’accesso presentata entro un termine contenuto e ragionevole (e, comunque, non superiore ai suddetti quindici giorni), potrebbe risultare non del tutto in sintonia con i principi di legittimo affidamento e di proporzionalità.

19.1. La Sezione non ignora che, in seguito alla pronuncia dell’Adunanza plenaria, esista un orientamento più rigoroso in questa materia (v., ad esempio, Cons. St., sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127), secondo cui più tempestiva è l’istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale, mentre «quel che non può consentirsi è che il concorrente possa, rinviando nel tempo l’istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l’impugnazione dell’aggiudicazione» e, cioè, i 45 giorni decorrenti dalla conoscenza dell’aggiudicazione, ma nondimeno ritiene che debba essere permesso alla concorrente per poter chiedere l’accesso un congruo termine, eguale a quello assegnato all’amministrazione per consentirlo («immediatamente e comunque entro quindici giorni»: art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016), senza sottrarre questi pochi giorni (nel caso di specie appena sei), invero già esigui perché contraddistinti da rigide preclusioni decadenziali ispirate in questa materia ad una evidente ratio acceleratoria, dai 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria, in modo da non superare così nel rispetto della stessa ratio acceleratoria, complessivamente e a tutto concedere anche nell’ipotesi di richiesto (e ottenuto) accesso, il termine ordinario massimo di 30 giorni per impugnare gli atti di gara.

20. Ne discende, dunque, che il ricorso di Sicuritalia Ivri S.p.a., notificato l’11 gennaio 2021, si deve ritenere tempestivo, come ha ritenuto il primo giudice, non potendo essere sottratti ragionevolmente, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata che, senza eludere la disciplina dei termini decadenziali, non sacrifichi però eccessivamente il diritto di difesa, i menzionati 6 giorni dai complessivi 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria, con la conseguente reiezione dell’istanza, formulata in via subordinata dall’appellata, di rimettere all’Adunanza plenaria la questione sulla decorrenza del termine per impugnare nell’ipotesi, qui non inveratasi, in cui il Collegio avesse ritenuto di seguire una interpretazione diversa.

21. Nel merito, tuttavia, e venendo al secondo motivo di censura proposto da entrambe le appellanti, il ricorso di Sicuritalia Ivri S.p.a., pur ricevibile, deve essere respinto nel merito perché, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice richiamando un precedente di questa Sezione – la sentenza n. 90 del 4 gennaio 2019 – non pertinente al caso di specie, l’offerta di Security Service S.r.l. non poteva ritenersi illegittima né anomala.

21.1. La sentenza impugnata, occorre qui ricordare, ha rilevato che Security Service S.r.l. ha indicato nell’offerta tecnica 550 ore non destinate al servizio, 348 da coprire mediante straordinario e 1926 quelle impiegate per ogni operatore.

21.2. L’impegno orario previsto nel bando è, pertanto, raggiunto solo attraverso l’utilizzo di 348 ore di lavoro straordinario.

21.3. La stessa Security Service S.r.l. ha proposto, come detto, il sistema di impiego c.d. 5+1 (art. 76 CCNL).

21.3. L’orario di lavoro settimanale ordinario, per il sistema 5+1, è di 35 ore settimanali (7 ore x 5 giorni per 20 settimane in relazione ai permessi previsti per tale sistema).

21.4. Infatti, sempre con riferimento alle previsioni del CCNL di categoria, tale criterio comporta l’attribuzione di ulteriori 7 giorni di conguaglio, oltre a quelli previsti dall’art. 84, per un totale di giorni 20.

21.5. Ne conseguirebbe, ad avviso del primo giudice, che lo straordinario esigibile nel peculiare sistema adottato deve essere concretamente individuato in relazione alle ore effettive di lavoro espletate, tenendo conto del sistema di computo della media stabilita dagli artt. 4 e 6 del d. lgs. n. 66 del 2003, sicché il limite annuo per il ricorso al lavoro straordinario non può essere superiore a 6 ore per ogni sette giorni lavorativi effettivi.

21.6. Nel sistema 5 + 1, pertanto, il monte ore straordinario massimo sarebbe pari a 312 ore annuali.

21.7. Ne consegue che qualora, come nel caso di specie, le ore di straordinario utilizzate dall’impresa e riportate nell’offerta, siano superiori a quelle ammissibili nel massimo, l’offerta è palesemente contraria alla previsione del capitolato tecnico della gara.

22. L’impresa dovrebbe infatti attuare, nei confronti dei lavoratori impegnati nel servizio, condizioni normative, contributive e retributive conformi a quelle fissate dalle disposizioni legislative e dai contratti ed accordi collettivi di lavoro applicabili alla categoria, e in generale, da tutte le leggi e norme vigenti o emanate nel corso dell’appalto, nazionali e regionali, sollevando le Amministrazioni da ogni responsabilità al riguardo, in conformità a quanto prevede l’art. 80 comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 50 del 2016.

22.1. Proprio perché il periodo massimo di straordinario consentito, è funzionale alla necessità di preservare la salute psico-fisica del lavoratore, in una con la tutela del lavoro (art. 35 Cost.), con la conseguenza che l’orario di lavoro straordinario che può essere preteso dall’azienda deve essere ricondotto e contenuto secondo criteri ragionevoli, nei termini generali indicati dall’art. 6 del d. lgs. n. 66 del 2003, nella parte applicabile all’attività di vigilanza armata, in conformità con il CCNL di settore, secondo una interpretazione che consideri la concreta esplicazione del servizio, quantificato, nel peculiare sistema adottato, in un massimo di 312 ore.

22.2. Security Service S.r.l., sempre secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, ha indicato in 348 ore di lavoro straordinario per ogni lavoratore, ore che risultano necessarie per coprire le esigenze della commessa.

22.3. Si tratterebbe, all’evidenza, di un monte orario pro capite di molto superiore al massimo previsto dalla normativa di settore (312), così che l’offerta doveva essere esclusa dalla procedura negoziale per la violazione del CCNL di settore, a mente dell’articolo 80, comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 50 del 2016 e dall’articolo 5 del disciplinare di gara.

23. Le motivazioni del primo giudice, in sintesi sin qui espresse, non sono tuttavia condivisibili.

23.1. Le scelte aziendali di Security sono ampiamente conformi alle previsioni di CCNL.

23.2. Ed invero, come chiarisce adeguatamente il CCNL, i due sistemi di turnazione, pur avendo una cadenza di giorni di lavoro e di riposo o permesso diversa, entrambi non coincidenti con la settimana, e cioè il primo articolato su 6 giorni (5+1) il secondo su 8 (6+1+1), e pur avendo orari giornalieri ordinari differenti, rispettivamente di 7 ore il 5+1 e di 7,25 il 6+1+1, compensano le differenze orarie tra loro esistenti con un numero di permessi e di giornate di assenza retribuita, previste dal CCNL, concordato dalle parti sociali, proprio per neutralizzare siffatte differenze, e giungere su base annua ad un numero di ore di lavoro ordinario (e quindi di tetto massimo di lavoro straordinario) esattamente identiche tra di loro.

23.2. La realtà è che i due sistemi di turnazione hanno una sola differenza e, cioè, distribuiscono secondo una cadenza giornaliera diversa la stessa identica quantità di orario di lavoro, che è di 40 ore settimanali, e che al netto di “causali di assenza varie”, genera una prestazione ordinaria su base annua di 1578 ore.

24. Quanto precede è assicurato dal CCNL attraverso il combinato disposto degli artt. 76 (sistema 5+1), 77, ultimo comma, ed 84, ed 85 CCNL che prevedono un numero di giornate di permessi e di ferie, per la GPG impiegata con il 5+1, complessivamente assai maggiore di quelle previste per il sistema 6+1+1, esattamente pensato, al minuto su base annua, per compensare le differenze di giornate lavorabili, e conseguentemente di ore lavorate che altrimenti sussisterebbero a svantaggio del 5+1 (altrimenti molto più gravoso).

24.1. La tabella di raffronto tra i due sistemi in calce alla tabella ministeriale consente di comprendere che, sviluppando il 5+1 su base annua, che è articolato su un ciclo lavorativo di 6 giorni, di cui 5 lavorati ed uno di riposo, si hanno 60,83 periodi di sei giorni (365:6) che generebbero, secondo la cadenza 5 giorni di lavoro ed uno di riposo propria di questo sistema, appunto 304,17 giornate di lavoro a 17 ore ciascuno, e 60,83 giorni di riposo.

24.2. Sviluppando di contro il 6+1+1 su base annua, che è articolato su un ciclo lavorativo di 8 giorni, di cui 6 lavorati e due non lavorati, cioè uno di permesso ed uno di riposo, risulterebbero 45,625 periodi di 8 giorni (365:8) che generebbero, secondo la cadenza ricordata, 273,75 giornate di lavoro, 45,625 giorni di permesso e 45,625 giorni di riposo, (dunque 273,25 giornate di lavoro e 91,25 di non lavoro) a 7 ore e 15 minuti ciascuno.

24.3. Va da sé che ove il CCNL si fosse fermato a quanto precede il sistema 5+1 avrebbe generato molte più giornate lavorate (304 contro 274) - e dunque ore di lavoro ordinario - del 6+1+1 e conseguentemente ridotto, solo per il primo sistema, la forbice di disponibilità sullo straordinario, come ha sostenuto la ricorrente principale in prime cure.

24.2. Ma tale differenza di giornate lavorabili tra i due sistemi (304-274 = 30) è neutralizzata dal CCNL, giacché l’art. 76 e l’art. 84 prevedono in favore del sistema 5+1, e solo di esso, l’attribuzione di altri 20 giorni di permesso annui, che invece non si applicano al 6+1+1 per esplicita previsione dell’art. 77, ultimo comma, che dunque trasformano altrettante giornate di lavoro in non lavoro, cui si aggiungono due giorni di ferie in più (25 per il sistema 5+1 e 23 per il sistema 6+1+1, cfr. art. 85 CCNL).

24.4. Dunque il delta sopra evidenziato di 30 gg. lavorabili si assottiglia con quanto precede, perché le stesse scendono su base annua, nel sistema del 5+1, a 259 (304 – 20 gg. di permesso ex art. 84 CCNL, – 25 gg. di ferie ex art. 85 CCNL) contro le circa 251 nel sistema 6+1+1 (274,25- 23 gg. di ferie ex art. 85 CCNL).

24.5. Il resto, per giungere al risultato di perfetta parità di ore di lavoro ordinario lavorabili in entrambi i sistemi (visto che le altri causali di assenza, come malattia assemblee, formazione sono di fatto identiche), lo fa la differenza di orario giornaliero (da moltiplicarsi su tutti i giorni lavorabili), che nel 5+1 ammonta a 7 ore, e nel 6+1+1 sono 7 ore e 15 minuti (15 minuti al giorno moltiplicato 251 gg lavorabili a 7 ore e 15 minuti, generano 8,66 giornate così arrivando allo stesso numero di giornate annue, 259 del 5+1). 24.6. Si giunge così ad un totale di ore lavorabili in entrambi i sistemi identiche, pari a 1578, che sono il frutto esattamente delle durate orarie giornaliere, riposi, permessi, distribuzione cicli, di cui al CCNL Vigilanza privata, che generano un orario di lavoro ordinario settimanale di 40 ore, per entrambi i sistemi di turnazione, e quindi una disponibilità di ore di lavoro straordinario, per ciascuno di essi e, dunque, anche per il 5+1 quantomeno di 416 ore annue, considerando che l’unico limite all’orario di lavoro richiedibile alla GPG è quello dell’orario di lavoro massimo pari a 48 ore settimanali, calcolate sulla 1 media dell’annuo, che lasciano un margine appunto di 8 ore a settimane moltiplicato 52 settimane.

25. Sulla base di queste osservazioni deve ribadirsi che l’offerta di Security Service S.r.l. è fondata, correttamente, sulle tabelle ministeriali predette, e nei limiti massimi di straordinario desumibili dal CCNL la stessa Security, come già osservato, ha offerto la copertura del monte orario, pari a 227.250 ore/anno, a mezzo dell’utilizzo di 118 unità lavorative, per un monte ore pro-capite di 1.926 ore/anno per un totale di 227.268 ore offerte (1926 x 118 = 227.268).

25.1. La stima di 1.926 ore/anno per GPG è data dalla previsione della tabella di ore annue nette annualmente lavorate pari a 1578 ore/anno, desumibile dalla tabella allegata al D.M. Lavoro del 21 marzo 2016, maggiorata di 348 ore/anno di lavoro straordinario per ciascuna GPG (1578 + 348 = 1926).

26. Dalle considerazioni sin qui esposte discende, dunque, la riforma della sentenza impugnata, dovendo qui evidenziarsi:

a) l’inapplicabilità al settore dei servizi di vigilanza della disciplina contenuta nel d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (su cui in parte il primo giudice ha fondato le proprie motivazioni), per effetto dell’articolo 2, comma 3, dello stesso come novellato dal d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (v., sul punto, Cons. St., sez. III, 4 gennaio 2019, n. 90);

b) l’erroneità del calcolo fatto dal Tribunale del numero massimo annuo di ore di straordinario ricavabile dal CCNL, che in effetti anche qualora si opti per il sistema 5+1 è di 416 ore e non di 312, diversamente, peraltro, da quanto questa stessa Sezione sembra avere sostenuto anche nella sentenza n. 90 del 2019, già citata;

c) la necessità di fare riferimento al monte ore teorico delle ore lavorabili, senza tener conto delle ore effettivamente lavorate, che non sono preventivamente calcolabili (il che rende di difficile condivisione l’argomento dell’appellata, secondo cui sarebbero invece le parti appellanti a introdurre una distorsione, facendo dipendere il numero delle ore straordinarie ammissibili da circostanze quali la fruizione di ferie, permessi, congedi etc. da parte di ciascun singolo dipendente);

d) la conseguente irrilevanza del differente sistema (5+1 o 6+1+1) prescelto per lo svolgimento dei turni di lavoro, eguale essendo per il CCNL il limite massimo di ore di straordinario di cui è possibile fruire.

27. Da quanto sin qui espresso discende che il ricorso di Sicuritalia Ivri S.p.a. doveva essere respinto, per essere sicuramente l’offerta di Security Service S.r.l. conforme alle previsioni del CCNL quanto all’utilizzo del lavoro straordinario.

28. Devono essere ora esaminati i motivi riproposti dall’odierna appellata nella propria memoria difensiva, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., in ordine all’anomalia dell’offerta e non esaminati dal primo giudice.

29. Detti motivi, in sintesi, vertono rispettivamente sui seguenti profili.

30. Una prima contestazione è stata mossa sulle condizioni più favorevoli rispetto alla media con riguardo alle seguenti voci:

1) INAIL: gli oneri assistenziali sono stati “abbattuti” per oltre 1/3 del loro valore, passando da un’incidenza del 5,5%, quantificata nelle tabelle ministeriali, ad una del 3,6%, indicata da Security Service S.r.l. nelle tabelle sul costo del lavoro allegate alle proprie giustificazioni;

2) la polizza infortuni: il costo è stato ridotto del 40% rispetto ai valori ministeriali (da € 60,00 ad € 36,00 euro per unità di personale);

3) i costi per le divise: ridotti di oltre il 70% rispetto ai valori ministeriali (da € 360,50 a soli € 100,00 per unità di personale);

4) i costi derivanti da disposizione di legge: l’incidenza è stata ridotta del 65% rispetto alle indicazioni ministeriali (da 0,46 €/h a 0,16 €/h);

5) gli oneri di sicurezza, voce quotata da Security Service con un’incidenza pari all’1,1% (€ 175.153,00), a fronte della diversa e più consistente misura prevista dalle tabelle ministeriali (1,9%), con uno scostamento pari ad € 157.639,22;

6) oneri relativi agli scatti di anzianità;

7) il bonus di € 100,00 all’anno per ciascun dipendente, previsto in offerta come miglioria (cfr. doc. 11, pag. 13);

8) la mancanza di un’apposita tabella oraria per il c.d. “personale di zona”.

31. Una seconda contestazione è rivolta al fatto che, a dire dell’odierna appellata, nessuna seria verifica è stata condotta sulla congruità dei costi di formazione dichiarati da Security Service.

31.1. Anzitutto, a fronte delle generiche indicazioni riportate nell’avversaria offerta tecnica, nella quale non è stata nemmeno indicata la durata dei singoli corsi formativi proposti e quindi l’impegno gravante su ciascuna unità di personale, il r.u.p. non ha chiesto a Security Service S.r.l. di fornire alcuna precisazione sul punto.

31.2. In secondo luogo, e si tratta di un profilo strettamente connesso a quello che precede, il r.u.p. avrebbe accettato acriticamente la quotazione prospettata dall’odierna controinteressata, secondo la quale il costo della formazione si sarebbe attestato sull’importo di € 76.388,00.

31.3. Sennonché, considerato che il progetto di formazione specialistica proposto da Security Service si compone di 22 corsi (doc. 11, pag. 11-12), ciascuno con una durata media pari ad almeno 3 ore (la durata minima dei corsi è definita dalla relativa disciplina di settore), l’ammontare delle ore di formazione specialistica risulta pari a 66 ore per ciascun operatore impiegato nell’appalto (66 ore x 118 gpg = 7.788 ore), alle quali dovrebbero altresì aggiungersi le ore previste per gli aggiornamenti triennali.

32. Una terza contestazione, qui riproposta dall’appellata, concerne infine il fatto che palesemente e gravemente sottostimati risulterebbero anche i costi relativi alla fornitura e all’installazione di nuovi impianti tecnologici, allestimenti e dotazioni in favore dell’azienda sanitaria contraente.

32.1. Sicuritalia Ivri S.p.a premette che, nella propria offerta tecnica, Security Service S.r.l. non ha riportato un computo metrico estimativo da cui si evinca con esattezza l’entità delle forniture e delle lavorazioni impiantistiche da eseguire (doc. 11, pag. 17 e ss.).

32.2. Ciò non toglie, peraltro, che la puntuale consistenza degli impianti e delle dotazioni proposte dall’aggiudicataria potrebbe essere agevolmente determinata alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle infrastrutture di sicurezza in uso all’azienda sanitaria contraente, anche mediante un apposito approfondimento istruttorio, da svolgere in sede di verificazione.

33. Anche tutte queste censure, qui riproposte, non meritano accoglimento.

34. E infatti, seguendo l’ordine con cui sono state riproposte dall’odierna appellata, si può qui di seguito rispettivamente osservare quanto segue.

35. In ordine alla prima contestazione (v., supra, § 30), sono 4 le voci di costo in cui si è stimato – e si contesta, appunto, da parte dell’appellata – uno scostamento dalle tabelle ministeriali, tutte derogabili:

a) il premio INAIL segue sempre il coefficiente aziendale stimato annualmente dall’istituto previdenziale in base ai sinistri registrati nel periodo considerato;

b) la polizza infortuni è una polizza privata che l’azienda negozia e sottoscrive con la compagnia che ritiene maggiormente conveniente;

c) per i costi delle divise, si tratta di forniture acquistate al miglior prezzo di mercato da ciascuna azienda;

d) per i costi derivanti dalle disposizioni di legge, sono gli obblighi strutturali ed organizzativi a cui l’azienda soggiace (ad esempio, la centrale operativa) e si tratta di costi fissi la cui incidenza oraria varia in base all’organico complessivo (maggiore l’organico, minore l’incidenza).

35.1. Tali pretesi maggiori costi – non quantificati dall’appellata - devono comunque intendersi ampiamente compensati nella somma di €. 612.700,00 che Security Service S.r.l. ha accantonato – ed esposto in offerta – per oneri vari non stimabili all’atto dell’offerta.

35.2. Per quanto attiene più specificamente agli oneri INAIL va qui osservato, come ha osservato l’appellante Security Service S.r.l. nelle proprie difese, che questa ha ottenuto a partire dall’11 dicembre 2017 – come emerge dalla comunicazione INAIL in atti – un tasso di versamento del premio INAIL equivalente a 36/1000: in altri termini il premio INAIL da versare grava su Security Service S.r.l. in misura pari al 3,6% della retribuzione lorda annua di ciascun dipendente, in luogo del tasso stimato del 5,5% inserito nelle tabelle ministeriali.

35.3. Come potrà notarsi la differenza è abbastanza ridotta e, comunque, comprovata dalla predetta attestazione.

35.4. La censura appare non solo infondata in punto di fatto, ma anche sostanzialmente irrilevante nell’ambito della valutazione complessiva dell’offerta resa in sede di gara dalla Security Service S.r.l., di cui meglio si dirà infra ai §§ 38.1. e 38.2.

35.5. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento alla questione degli oneri della sicurezza.

35.6. La censura di Sicuritalia Ivri S.p.a. prende le mosse da una ricostruzione della tabella ministeriale (e dell’offerta di Security Service S.r.l.) non condivisibile.

35.7. Ed invero gli oneri della sicurezza sono stati stimati da Security Service S.r.l. in complessivi €. 175.153,00 (pari ad € 43.788/anno) che, diviso per le 118 unità di personale destinate alla commessa, è uguale ad €.371,09 pro capite/anno (175.153/4/18).

35.8. Le tabelle ministeriali stabiliscono che il “costo annuo minimo aziendale della sicurezza individuale (DPI, giubbotto, visite mediche, formazione 81/08, radio) è di 370 euro”.

35.9. Pertanto il costo da Security Service S.r.l. stimato è superiore, pur non prevedendo la tipologia dei servizi in appalto l’obbligo del giubbotto antiproiettili.

35.10. Ancora, analoghe considerazioni di infondatezza possono essere rivolte ai rilievi sugli scatti di anzianità e sul “personale di zona”.

35.11. A ben vedere le tabelle di costo prodotte da Security a corredo delle giustificazioni dell’8 ottobre 2020 prevedono chiaramente una progressione di costo nei 4 anni dell’appalto dovuta all’incremento dei livelli e dagli scatti di anzianità maturati durante l’esecuzione dell’appalto.

35.12. Le ore del “personale di zona” sono state stimate come espressamente indicate nell’allegato prodotto alle giustificazioni del 28 luglio 2020 laddove sono ascritte e identificate sotto la voce “altri servizi”.

35.13. Il bonus è, infine, una condizione di miglior favore offerta e pertanto di libera determinazione aziendale.

36. In ordine alla seconda contestazione, di cui si è detto (v., supra, § 31), non meno infondati sono i rilievi qui riproposti dall’appellata sul tema della formazione.

36.1. L’offerta di Security – di valore del tutto omogeneo a quello della stessa Sicuritalia Ivri S.p.a. – su tale elemento stima un monte ore di formazione pari a 8518 ore complessive: di queste 3304 sono state stimate 18 nel costo della manodopera (7 ore/anno x 118 gpg x 4 anni = 3304) in quanto direttamente o indirettamente derivanti da formazione regolamentata.

36.2. Ulteriori 5214 ore sono state stimate quali migliorative per un costo unitario pari ad €. 14,65/ora (costo di un dipendente inquadrato al VI livello).

36.3. Contrariamente a quanto sostenuto da Sicuritalia Ivri S.p.a., la sostituzione delle risorse per le ore in cui svolgono formazione non deve necessariamente avere un costo pari a quello “destinato nell’appalto”.

37. In ordine alla terza contestazione (v., supra, § 32), da ultimo, la stessa appellata censura anche la pretesa insufficienza delle somme stimate nell’offerta dell’aggiudicataria per i costi degli impianti tecnologici.

37.1. Per il lotto n. 2 tali costi sono stati stimati in €. 274.600,00 circa.

37.2. Con riferimento alle dotazioni tecnologiche, è bene precisare che in calce alla nota illustrativa di Security Service S.r.l. dell’8 ottobre 2020 vi è l’indicazione analitica di tutti i componenti tecnologici, oggetto di offerta, risultando del tutto infondata la contestazione mossa dall’appellata.

38. Ne segue l’infondatezza di tutti i rilievi qui riproposti dall’odierna appellata ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. in ordine all’anomalia dell’offerta presentata da Security Service S.r.l.

38.1. Sul punto, peraltro, non può non ribadirsi qui la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo cui la verifica avente ad oggetto l’anomalia dell’offerta è finalizzata ad accertare la complessiva attendibilità e serietà della stessa, sulla base di una valutazione che ha natura globale e sintetica e che costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (v., ex multis, Cons. St., sez. V, 31 agosto 2021, n. 6126; Cons. St., sez. V, 2 agosto 2021, n. 5644; Cons. St., sez. III, 19 ottobre 2020, n. 6317; Cons. St., sez. V, 16 aprile 2019, n. 2496).

38.2. Trattandosi, quindi, di valutare l’offerta nel suo complesso, il giudizio di anomalia non ha a oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze, mirando piuttosto ad accertare se essa in concreto sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto; pertanto la valutazione di congruità, come detto globale e sintetica, non deve concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 10 gennaio 2022, n. 167, Cons. St., sez. V, 19 aprile 2021, n. 3169), con la conseguenza che, se anche singole voci di prezzo o, per meglio dire, singoli costi, non abbiano trovato immediata e diretta giustificazione, non per questo l’offerta va ritenuta inattendibile, dovendosi, invece, tener conto della loro incidenza sul costo complessivo del servizio per poter arrivare ad affermare che tali carenze siano in grado di rendere dubbia la corrispettività proposta dall’offerente e validata dalla stazione appaltante (Cons. St., sez. V, 21 luglio 2021, n. 5483).

39. Nel caso di specie, per tutte le ragioni esposte, la valutazione relativa alla congruità dell’offerta presentata dall’odierna appellante, Security Service S.r.l., è nel complesso attendibile e immune da macroscopici errori ed inesattezze.

40. Ne segue che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso principale di Sicuritalia Ivri S.p.a. proposto in primo grado deve essere integralmente respinto in tutti i suoi motivi, con la conseguente riforma della sentenza impugnata e la conferma, invece, dell’aggiudicazione conseguita da Security Service S.r.l.

41. Quanto al terzo motivo di appello, proposto da Security Service S.r.l. (pp. 27-33 del ricorso), ed inerente alla reiezione, statuita dalla sentenza qui impugnata, del ricorso incidentale da questa proposto contro l’ammissione di Sicuritalia Ivri S.p.a. alla gara per essere Sicuritalia Ivri S.p.a. destinataria di un provvedimento sanzionatorio da parte dell’AGCM, questo motivo deve essere dichiarato improcedibile, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a., per il sopravvenuto difetto di interesse in capo all’aggiudicataria Security Service S.r.l.

41.1. Sul punto deve richiamarsi infatti la costante giurisprudenza di questo Consiglio in ordine al principio c.d. “ragion più liquida”, posto che il ricorso incidentale escludente, proposto dall’aggiudicataria, diviene inevitabilmente improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi degli artt. 42, comma 1, e 35, comma 1, lett. c), c.p.a., essendo evidente che l’interesse della aggiudicataria a proporre ricorso incidentale, al fine di contestare la mancata esclusione dalla gara della ricorrente principale, viene radicalmente meno qualora il ricorso proposto da quest’ultima sia dichiarato inammissibile o venga respinto, dal momento che, in entrambi i suddetti casi, l’aggiudicataria conserva il bene della vita ottenuto (l’aggiudicazione).

41.2. Secondo la ragion più liquida, corollario del principio di economia processuale, il giudice può infatti decidere di esaminare in via prioritaria il ricorso principale e, qualora lo ritenga infondato, non esaminare, conseguentemente, il ricorso incidentale paralizzante (o escludente), dal momento che, respinto il ricorso principale, il ricorso incidentale diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dei già menzionati artt. 42, comma 1, e 35, comma 1, lett. c), c.p.a. (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 10 luglio 2020, n. 4431 in relazione all’ordine di esame fra ricorso principale e incidentale di primo grado nel c.d. rito appalti dopo la sentenza della Corte di giustizia UE, Sez. X, 5 settembre 2019, C-333/18).

42. In conclusione, per tutte le ragioni esposte, gli appelli, previa loro riunione, devono essere accolti nei limiti sopra precisati e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto in tutti i suoi motivi, anche quelli qui riproposti ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., il ricorso principale proposto in primo grado da Sicuritalia Ivri S.p.a.

42.1. Per le assorbenti ragioni esposte sono superflue le istanze istruttorie proposte dall’appellata, dacché la valutazione in ordine alla non anomalia dell’offerta, effettuata dalla stazione appaltante, è scevra da palesi vizi valutativi o travisamenti del contenuto dell’offerta stessa.

43. Va dichiarato ai sensi di cui sopra invece improcedibile, in parte qua e, cioè, quanto alla reiezione del ricorso incidentale proposto in primo grado, l’appello di Security Service S.r.l.

44. Le spese del doppio grado del giudizio, per la notevole complessità tecnica del contenzioso relativo alla valutazione dell’anomalia, possono essere interamente compensate tra le parti.

45. Rimane definitivamente e rispettivamente in carico di Sicuritalia Ivri S.p.a. e di Security Service S.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso principale e del ricorso incidentale proposti in primo grado.

45.1. L’appellata Sicuritalia Ivri S.p.a. per la sostanziale soccombenza deve essere condannata a rimborsare in favore della Regione Lazio e di Security Service S.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione dei rispettivi appelli.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, proposti dalla Regione Lazio e da Security Service S.r.l., previa loro riunione li accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso principale proposto in primo grado da Sicuritalia Ivri S.p.a.

Dichiara improcedibile, per il resto, l’appello proposto da Security Service S.r.l.

Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Pone definitivamente e rispettivamente a carico di Sicuritalia Ivri S.p.a. e di Security Service S.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso principale e del ricorso incidentale proposti in primo grado.

Condanna Sicuritalia Ivri S.p.a. a rimborsare in favore della Regione Lazio e di Security Service S.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione dei rispettivi appelli.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2022, con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente

Giulio Veltri, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Ezio Fedullo, Consigliere

Antonio Massimo Marra, Consigliere


[1] In detta occasione il Massimo Consesso amministrativo aveva avuto modo di prendere posizione, innanzitutto ripercorrendo i dati testuali delle vigenti disposizioni normative, nonché dei principi enunciati in materia dalla Corte di Giustizia della Unione Europea.

Infatti, rammentava che per quanto riguarda la decorrenza del termine di impugnazione degli atti amministrativi, il c.p.a. contiene regole generali all’art. 41, comma 2, e regole speciali, tra cui quelle previste dall’art. 120, comma 5, in tema di impugnazione degli atti delle gare d’appalto.

Le regole generali contenute nell’art. 41, comma 2, prima parte, sono le seguenti: ‘qualora sia proposta azione di annullamento, il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge’.

In tema di impugnazione degli atti delle gare d’appalto, l’art. 120, comma 5, dispone che ‘per l'impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all'articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell'atto’.

11. La ratio delle disposizioni speciali contenute nell’art. 120, comma 5, prima parte, è composita.

11.1. Prima dell’entrata in vigore del c.p.a. - e con riferimento alle tradizionali disposizioni sulla proponibilità anche in materia di appalti del ricorso al TAR o al Presidente della Repubblica entro i consueti termini di decadenza, rispettivamente, di sessanta o di centoventi giorni - la giurisprudenza riteneva che anche in tale materia si applicavano i principi generali sulla decorrenza del termine di impugnazione.

Pertanto, si affermava che il dies a quo decorreva dalla comunicazione della aggiudicazione o dalla conoscenza della sua portata lesiva e che non rilevava la distinzione tra i vizi desumibili dall’atto comunicato e gli altri vizi percepibili aliunde, poiché sussisteva l’onere della immediata impugnazione dell’atto lesivo, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti a seguito della conoscenza degli atti impugnati e degli eventuali loro profili di illegittimità (Cons. Stato, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3298; Sez. V, 2 aprile 1996, n. 381; Sez. V, 4 ottobre 1994, n. 1120; Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giuris., 20 aprile 1998, n. 261).

11.2. In attuazione della direttiva n. 66 del 2007 e dell’art. 44 della legge delega n. 88 del 2009, il d.lgs. n. 53 del 2010 ha tra l’altro modificato l’art. 245 del ‘primo codice’ dei contratti pubblici, inserendovi il comma 2 quinquies, lett. a), che ha previsto il termine di trenta giorni per proporre il ricorso giurisdizionale (termine connesso alla disciplina sullo stand still di cui all’art. 11 dello stesso ‘primo codice’, che ha richiamato gli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 79).

A sua volta, l’art. 120 del c.p.a.

- al comma 1, ha introdotto la disposizione innovativa della esclusione della proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ancora espressamente ammesso dall’art. 245 del ‘primo codice’;

- al comma 2, ha ribadito la regola – introdotta dal d.lgs. n 53 del 2010 - della proponibilità del ricorso entro il termine di trenta giorni, dimezzato rispetto a quello ordinariamente previsto per la proposizione di un ricorso al TAR;

- al comma 5, ha introdotto ulteriori disposizioni sulla rilevanza della pubblicazione degli atti, da effettuare ai sensi dell’art. 79 del ‘primo codice’ sui contratti pubblici.

In particolare, tale comma 5 – ispirandosi al principio della effettività della tutela giurisdizionale delle imprese interessate – ha disposto che il termine per l’impugnazione comincia a decorrere da una ‘data oggettivamente riscontrabile’, da individuare:

- da un lato, sulla base degli ‘incombenti formali ex lege’ cui è tenuta l’Amministrazione aggiudicatrice (connessi alla disciplina sullo stand still, contenuta dapprima nell’art. 11 del ‘primo codice’ e poi nell’art. 32, comma 9, del ‘secondo codice’);

- dall’altro lato, sulla base del criterio della normale diligenza per la conoscenza degli atti, cui è tenuta l’impresa che intenda proporre il ricorso.

Sulla base di tali innovative disposizioni, la giurisprudenza – con riferimento agli atti emanati prima dell’entrata in vigore del ‘secondo codice’ – ha escluso la necessità di proporre ricorsi ‘al buio’, con salvezza di motivi aggiunti, nei giudizi ‘concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture’.

12. Per la determinazione della ‘data oggettivamente riscontrabile’ quale dies a quo, l’art. 120, comma 5, del c.p.a. ha infatti fissato tre regole:

a) per la impugnazione degli atti ‘concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture’, incluse le aggiudicazioni, si è richiamata la data di ‘ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163’ (recante il titolo ‘informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni’), attribuendo, dunque, rilievo decisivo al rispetto delle previsioni dell’art. 79;

b) per l’impugnazione dei bandi e degli avvisi ‘con cui si indice una gara, autonomamente lesivi’, si è richiamata la data di ‘pubblicazione di cui all'articolo 66, comma 8’ del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006, attribuendo, dunque, analogo rilievo a tale pubblicazione;

c) ‘in ogni altro caso’, va accertata la ‘conoscenza dell'atto’.

Per i casi previsti dalle lettere a) e b), l’art. 120 ha attribuito dunque rilievo decisivo al compimento delle ‘informazioni’ e delle ‘pubblicazioni’ che l’Amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad effettuare.

13. Come si desume dall’ordinanza di rimessione, per le aggiudicazioni disposte nel vigore dell’art. 245 del ‘primo codice’ dei contratti pubblici (come modificato con il d.lgs. n. 53 del 2010) e del sostanzialmente corrispondente art. 120 del c.p.a., si erano consolidati i seguenti orientamenti giurisprudenziali.

14. Qualora l’Amministrazione aggiudicatrice avesse inviato una ‘comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione’ (con l’esposizione delle ragioni di preferenza per l’offerta dell’aggiudicatario), si affermava che il ricorso era proponibile nel termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione della aggiudicazione ai sensi dell’art. 79 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (richiamato dall’art. 120, comma 5, del c.p.a. e recante il titolo ‘Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni’).

Dovendosi coordinare l’art. 120, comma 5, del c.p.a. con l’art. 79 del d.lgs. n. 50 del 2006 (richiamato dal medesimo comma 5), la sopra citata giurisprudenza riteneva che:

- aveva un rilievo centrale il comma 5 quater dell’art. 79 (come introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 53 del 2010), per il quale, ‘Fermi i divieti e differimenti dell'accesso previsti dall'articolo 13, l'accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell'accesso adottati ai sensi dell'articolo 13’;

- il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione si doveva incrementare di un numero di giorni (massimo dieci) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non fossero oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione (Cons. Stato, Sez. III, 28 agosto 2014, n. 4432; Sez. V, 5 febbraio 2018, n. 718; Sez. III, 3 luglio 2017, n. 3253; Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1953; Sez. V, 23 febbraio 2017, n. 851; Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 592; Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 864);

- qualora l’Amministrazione aggiudicatrice avesse però rifiutato illegittimamente l’accesso o avesse avuto ‘comportamenti dilatori’, il termine per l’impugnazione cominciava a decorrere dalla data in cui l’accesso era stato effettivamente consentito (Cons. Stato, sez. III, 22 luglio 2016, n. 3308; sez. III, 3 marzo 2016, n. 1143; sez. V, 7 settembre 2015, n. 4144; sez. V, 6 maggio 2015, n. 2274; sez. III, 7 gennaio 2015, n. 25; sez. V, 13 marzo 2014, n. 1250).

15. Qualora fosse invece mancata la ‘comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione’ (avendo l’Amministrazione aggiudicatrice comunicato soltanto l’avvenuta aggiudicazione ed il nominativo dell’aggiudicatario), si affermava che si doveva tenere conto della esigenza per l’interessato di conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario e, in generale, gli atti della procedura di gara, per poter esaminare compiutamente il loro contenuto e verificare la sussistenza di eventuali vizi (Cons. Stato, Sez. V, 26 luglio 2017, n. 3675; Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1953; Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 592; Sez. V, 26 novembre 2016, n. 4916; Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 408; Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giurisd., 8 giugno 2017, n. 274).

16. Su questo articolato, ma consolidato, quadro normativo e giurisprudenziale, ha inciso l’entrata in vigore del ‘secondo codice’ dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. n. 50 del 2016.

Tale codice non ha testualmente modificato l’art. 120, comma 5, del c.p.a., ma ha con esso interferito sotto un duplice aspetto.

16.1. In primo luogo, l’art. 217 del ‘secondo codice’ ha abrogato il d.lgs. n. 163 del 2006, di approvazione del ‘primo codice’, incluso l’art. 79 (che però continua ad essere richiamato dal medesimo art. 120, comma 5, del c.p.a.).

Già tale discrasia di per sé implica la necessità di chiarire il significato da attribuire all’art. 120, comma 5, giacché esso richiama un articolo che è stato ormai espressamente abrogato nel 2016.

16.2. In secondo luogo, gli articoli 29 e 76 del ‘secondo codice’ in materia di accesso, di informazioni e di pubblicazione degli atti contengono ben diverse disposizioni, rispetto a quelle contenute nell’abrogato art. 79, le quali – come si è prima osservato - avevano anche la funzione di delimitare la portata applicativa dell’art. 120, comma 5, del c.p.a., sulla individuazione del dies a quo per l’impugnazione delle diverse tipologie degli atti di gara.

Il vigente art. 29 – in applicazione del principio di trasparenza – ha disposto al comma 1 che tutti gli atti del procedimento “devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”, aggiungendo che, “Fatti salvi gli atti a cui si applica l’articolo 73, comma 5, i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”.

Il vigente art. 76 – sulla “Informazione dei candidati e degli offerenti” – ha disposto che:

- ‘Le stazioni appaltanti, nel rispetto delle specifiche modalità di pubblicazione stabilite dal presente codice, informano tempestivamente ciascun candidato e ciascun offerente delle decisioni adottate riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all’aggiudicazione di un appalto o all’ammissione di un sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi dell’eventuale decisione di non concludere un accordo quadro o di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione’ (comma 1);

- ‘Su richiesta scritta dell’offerente e del candidato interessato, l’amministrazione aggiudicatrice comunica immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta: a) ad ogni offerente, i motivi del rigetto della sua offerta, inclusi, per i casi di cui all’articolo 68, commi 7 e 8, i motivi della decisione di non equivalenza o della decisione secondo cui i lavori, le forniture o i servizi non sono conformi alle prestazioni o ai requisiti funzionali; a bis) ad ogni candidato escluso, i motivi del rigetto della sua domanda di partecipazione; b) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle parti dell’accordo quadro; c) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, lo svolgimento e l’andamento delle negoziazioni e del dialogo con gli offerenti’ (comma 2);

- ‘Le stazioni appaltanti comunicano d’ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni: a) l’aggiudicazione, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera d’invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva; b) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi; c) la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, a tutti i candidati; d) la data di stipula del contratto con l’aggiudicazione, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma’ (comma 5).

Così precisamente ricostruito il quadro normativa, l’Adunanza Plenaria evidenziava che a seguito della entrata in vigore del ‘secondo codice’ degli appalti, sono dunque sorte le questioni interpretative, conseguenti in primo luogo al mantenimento nell’art. 120, comma 5, del c.p.a. del richiamo all’art. 79 del ‘primo codice’ ormai abrogato, e in secondo luogo alla diversità di disciplina in materia di accesso, informazioni e pubblicità degli atti, contenuta nei due codici dei contratti pubblici susseguitisi nel tempo.

18. Come ha osservato l’ordinanza di rimessione, tali questioni interpretative hanno condotto ai contrapposti orientamenti giurisprudenziali, che l’Adunanza Plenaria è in questa sede chiamata a risolvere.

19. Per una prima impostazione, va data continuità – con inevitabili adattamenti - agli orientamenti giurisprudenziali sopra sintetizzati ai §§ 14 e 15, pur dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016 (malgrado il mancato coordinamento del ‘secondo codice’ dei contratti pubblici con il c.p.a. e malgrado il mutamento della disciplina sull’accesso agli atti della gara).

Si è infatti affermata la perdurante rilevanza del richiamo ancora contenuto nell’art. 120, comma 5, del c.p.a., ma da intendere rivolto non più all’art. 79 (‘Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni’) del ‘primo codice’ ormai abrogato, ma all’art. 76 (‘Informazione dei candidati e degli offerenti’) del ‘secondo codice’ (Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 2019, n. 3879; Sez. V, 27 novembre 2018, n. 6725).

In considerazione del diverso contenuto dell’art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, si è precisato che la ‘dilazione temporale’ prima fissata in dieci giorni per l’accesso informale ai documenti di gara (disciplinato dall’art. 79, comma 5 quater , del ‘primo codice’, ma non più disciplinato dal ‘secondo codice’) si debba ora ragionevolmente determinare in quindici giorni, termine previsto dal vigente art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’ per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato (Cons. Stato, Sez. V, 20 settembre 2019, n. 6251; Sez. V, 2 settembre 2019, n. 6064; Sez. V, 13 agosto 2019, n. 5717, Sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540).

Similmente a quanto deciso in giurisprudenza in sede di interpretazione dell’art. 120, comma 5, del c.p.a. nel periodo di vigenza dell’art. 79 del ‘primo codice’, si è altresì ribadito che, qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti (Cons. Stato, Sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540).

20. Per una seconda impostazione, l’abrogazione dell’art. 79 del ‘primo codice’ comporta che non abbia più rilievo il richiamo ad esso operato dall’art. 120, comma 5, del c.p.a., con le seguenti conseguenze:

- il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione decorre in ogni caso dalla ricezione della comunicazione della aggiudicazione ovvero, in mancanza, dalla conoscenza dell’aggiudicazione che l’interessato abbia comunque acquisito aliunde;

- non rileva più la distinzione (prima basata sull’art. 120, comma 5, dell’art. 79 del ‘primo codice’, ma divenuta irrilevante) tra i vizi desumibili dall’atto comunicato, per il quale il dies a quo decorrerebbe dalla comunicazione dell’aggiudicazione, e gli altri vizi percepibili aliunde, per i quali il dies a quo decorrerebbe dal momento dell’effettiva conoscenza (Cons. Stato, Sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7384; Sez. IV, 23 febbraio 2015, n. 856; Sez. V, 20 gennaio 2015, n. 143);

- la conoscenza dei vizi dell’aggiudicazione, successiva alla sua comunicazione, consente la proponibilità dei motivi aggiunti.

21. Prima di esaminare le questioni sulla tempestività del ricorso di primo grado, l’Adunanza Plenaria:

- premette che, per la pacifica giurisprudenza della Corte di Giustizia, ‘gli Stati membri hanno l’obbligo di istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile, onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi’ (Corte di Giustizia, 14 febbraio 2019, in C-54/18, punto 29; 7 novembre 1996, in C-221/94, punto 22; 10 maggio 1991, in C-361/88);

- rileva che le questioni sulla tempestività del ricorso di primo grado non riguardano la singola controversia in esame, ma attengono alla ricostruzione del quadro normativo dell’ordinamento nazionale, conseguente ad un mancato coordinamento tra le modifiche introdotte con il ‘secondo codice’ dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e le preesistenti disposizioni del c.p.a.;

- nel decidere sui quesiti sollevati dall’ordinanza di rimessione, in applicazione dell’art. 58 del regio decreto n. 444 del 1942 ritiene di dover trasmettere copia della presente sentenza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la doverosa segnalazione di tale mancato coordinamento, affinché sia disposta una modifica legislativa ispirata alla necessità che vi sia un ‘sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile’, disciplinato dalla legge con disposizioni di immediata lettura da parte degli operatori cui si rivolgono le direttive dell’Unione Europea.

22. Passando all’esame delle questioni rilevanti in questa sede, ritiene l’Adunanza Plenaria che, tra le due soluzioni sino ad ora prospettate dalla giurisprudenza, vada seguita quella sopra esposta al § 19.

23. Innanzitutto, va rimarcato come il legislatore non abbia modificato l’art. 120, comma 5, del c.p.a., per quanto riguarda il suo richiamo all’art. 79 del ‘primo codice’, il quale – come si è sopra osservato – ha dato rilievo ad una ‘data oggettivamente riscontrabile’, da individuare in considerazione degli incombenti formali cui è tenuta ex lege l’Amministrazione aggiudicatrice e del rispetto della regola della diligenza cui è tenuta l’impresa interessata.

In altri termini, in sede di emanazione del ‘secondo codice’ degli appalti, non vi è stata alcuna determinazione del conditor iuris di modificare la regola speciale contenuta nel c.p.a., sul rilievo decisivo da attribuire – ai fini processuali - agli incombenti formali informativi cui è tenuta l’Amministrazione aggiudicatrice, indispensabili per individuare il dies a quo.

Come evidenziato dalle sentenze sopra richiamate al § 19, le incongruenze conseguenti al mancato coordinamento del ‘secondo codice’ con l’art. 120, comma 5, del c.p.a. si possono allora superare ritenendo che non vi è stato il necessario coordinamento del richiamo effettuato dal medesimo comma 5: il riferimento alla formalità previste dall’art. 79 del ‘primo codice’ deve ora intendersi effettuato alle formalità previste dall’art. 76 del ‘secondo codice’.

24. Tale constatazione non esaurisce però la definizione dei quesiti sollevati dall’ordinanza di rimessione.

Infatti, l’art. 76 del ‘secondo codice’ non contiene specifiche regole sull’accesso informale, in precedenza consentito per le procedure di gara dall’art. 79, comma 5 quater, del ‘primo codice’ (che contribuiva a dare un compiuto e prevedibile significato all’art. 120, comma 5, del c.p.a.).

25. Ritiene l’Adunanza Plenaria che – a seguito della mancata riproduzione nel ‘secondo codice’ di specifiche disposizioni sull’accesso informale agli atti di gara – rilevano le disposizioni generali sull’accesso informale, previste dall’art. 5 del regolamento approvato con il d.P.R. n. 184 del 2006.

25.1. Queste sono divenute applicabili per gli atti delle procedure di gara in questione a seguito della abrogazione delle disposizioni speciali, previste dall’art. 79, comma 5 quater, del ‘primo codice’.

25.2. L’Amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti, sicché - in presenza di eventuali suoi comportamenti dilatori (che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti) - va ribadito quanto già affermato dalla giurisprudenza sopra richiamata al § 19, per la quale, qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara (e dei relativi allegati), il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti.

26. Ritiene inoltre l’Adunanza Plenaria che, per la individuazione della decorrenza del termine per l’impugnazione, rileva anche l’art. 29, comma 1, ultima parte, del ‘secondo codice’, per il quale “i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”.

L’impresa interessata – che intenda proporre un ricorso - ha l’onere di consultare il ‘profilo del committente’, dovendosi desumere la conoscenza legale degli atti dalla data nella quale ha luogo la loro pubblicazione con i relativi allegati (data che deve costantemente risultare dal sito).

27. In considerazione dell’immutato testo dell’art. 120, comma 5, del c.p.c., degli articoli 29, comma 1, e 76 del ‘secondo codice’, nonché dell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006, ritiene l’Adunanza Plenaria che per determinare il dies a quo per l’impugnazione va riaffermata la perdurante rilevanza della ‘data oggettivamente riscontrabile’, cui ancora si riferisce il citato comma 5.

La sua individuazione, dunque, continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla ‘informazione’ e alla ‘pubblicazione’ degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una ‘richiesta scritta’, per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’, applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale.

28. Le considerazioni che precedono sono corroborate dall’esame dell’art. 2 quater della direttiva n. 665 del 1989 e della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

28.1. L’art. 2 quater della direttiva n. 665 del 1989 ha disposto che il termine ‘per la proposizione del ricorso’ – fissato dal legislatore nazionale – comincia ‘a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dell’Amministrazione aggiudicatrice è stata inviata’ al partecipante alla gara, ‘accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti’.

Da tale disposizione, si desume che la direttiva ha fissato proprio il principio posto a base dapprima dell’art. 245 del ‘primo codice’ e poi dell’art. 120, comma 5, del c.p.a., e cioè che la decorrenza del termine di impugnazione dipenda dall’accertamento di una ‘data oggettivamente riscontrabile’, riconducibile al rispetto delle disposizioni sulle informazioni dettagliate, spettanti ai partecipanti alla gara.

28.2. Inoltre, come ha evidenziato l’ordinanza di rimessione, in sede di interpretazione dell’art. 1, § 1, della direttiva n. 665 del 1989, la Corte di Giustizia ha evidenziato che:

- i termini imposti per proporre i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento cominciano a decorrere solo quando ‘il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione” (Corte di Giustizia, Sez. IV, 14 febbraio 2019, in C-54/18, punto 21 e anche punti 32 e 45, che ha deciso una questione pregiudiziale riguardante il comma 2 bis dell’art. 120 del c.p.a., poi abrogato dalla legge n. 55 del 2019; Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, punto 37, che ha deciso una questione pregiudiziale riguardante proprio l’art. 79 del ‘primo codice’ e l’art. 120, comma 5, del c.p.a.);

- “una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del decreto legislativo n. 104/2010, di sollevare «motivi aggiunti» nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso” (Corte di Giustizia, Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, cit., punto 40).

28.3. Anche l’art. 2 quater della direttiva n 665 del 1989 e tale giurisprudenza inducono a ritenere che la sopra riportata normativa nazionale vada interpretata nel senso che il termine di impugnazione degli atti di una procedura di una gara d’appalto non può che decorrere da una data ancorata all’effettuazione delle specifiche formalità informative di competenza della Amministrazione aggiudicatrice, dovendosi comunque tenere conto anche di quando l’impresa avrebbe potuto avere conoscenza degli atti, con una condotta ispirata alla ordinaria diligenza.

29. In altri termini e in sintesi, l’Adunanza Plenaria ritiene che – ai fini della decorrenza del termine di impugnazione - malgrado l’improprio richiamo all’art. 79 del ‘primo codice’, ancora contenuto nell’art. 120, comma 5, del c.p.a. – rilevano:

a) le regole che le Amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare in tema di ‘Informazione dei candidati e degli offerenti’ (ora contenute nell’art. 76 del ‘secondo codice’);

b) le regole sull’accesso informale (contenute in termini generali nell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006), esercitabile – anche quando si tratti di documenti per i quali la legge non prevede espressamente la pubblicazione - non oltre il termine previsto dall’art. 76, prima parte del comma 2, del ‘secondo codice’;

c) le regole (contenute nell’art. 29, comma 1, ultima parte, del ‘secondo codice’) sulla pubblicazione degli atti, completi dei relativi allegati, ‘sul profilo del committente’, il cui rispetto comporta la conoscenza legale di tali atti, poiché l’impresa deve avere un comportamento diligente nel proprio interesse.

30. I principi che precedono risultano conformi alle ‘esigenze di celerità dei procedimenti di aggiudicazione di affidamenti di appalti pubblici’, sottolineate dall’ordinanza di rimessione.

Tali esigenze:

- sono state specificamente valutate dal legislatore in sede di redazione dapprima dell’art. 245 del ‘primo codice’ (come modificato dal d.lg. n. 53 del 2010) e poi dell’art. 120, commi 1 e 5, del c.p.a. (con le connesse regole sopra richiamate della esclusione della proponibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e della fissazione del termine di trenta giorni, ancorata per quanto possibile ad una ‘data oggettivamente riscontrabile’);

- sono concretamente soddisfatte – anche nell’ottica della applicazione dell’art. 32, comma 9, del ‘secondo codice’ sullo stand still - in un sistema nel quale le Amministrazioni aggiudicatrici rispettino i loro doveri sulla trasparenza e sulla pubblicità, previsti dagli articoli 29 e 76 del ‘secondo codice’, fermi restando gli obblighi di diligenza ricadenti sulle imprese, di consultare il ‘profilo del committente’ ai sensi dell’art. 29, comma 1, ultima parte, dello stesso codice e di attivarsi per l’accesso informale, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006, da considerare quale ‘normativa di chiusura’ anche quando si tratti di documenti per i quali l’art. 29 citato non prevede la pubblicazione (offerte dei concorrenti, giustificazioni delle offerte).

31. L’ordinanza di rimessione ha posto anche una ulteriore specifica questione (concretamente rilevante per la definizione del caso di specie), sul se il ‘principio della piena conoscenza o conoscibilità’ (per il quale in materia il ricorso è proponibile da quando si sia avuta conoscenza del contenuto concreto degli atti lesivi o da quando questi siano stati pubblicati sul ‘profilo del committente’) si applichi anche quando l’esigenza di proporre il ricorso emerga dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta.

Ritiene l’Adunanza Plenaria che il ‘principio della piena conoscenza o conoscibilità’ si applichi anche in tale caso, rilevando il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicataria, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’ (come sopra rilevato ai punti 19 e 27).

Poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso non è necessaria la previa proposizione di un ricorso ‘al buio’ [‘in abstracto’, nella terminologia della Corte di Giustizia, e di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell’art. 40, comma 1, lettera d), del c.p.a.], cui dovrebbe seguire la proposizione di motivi aggiunti.

32. Sulla base delle considerazioni che precedono, l’Adunanza Plenaria ritiene di affermare i seguenti principi di diritto:

“a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;

b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;

c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;

d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;

e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati’.

 

[2] “…Si ricava infatti dall’articolato ragionamento svolto sul punto dall’Adunanza plenaria (e, segnatamente, al par. 31 secondo periodo, in cui si legge che: “Ritiene l’Adunanza plenaria che “il principio della piena conoscenza o conoscibilità” si applichi anche in tal caso, rilevando il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicataria, ai sensi dell’art. 76, 2°comma, del “secondo codice”) che la dilazione temporale della quale il concorrente può giovarsi per proporre ricorso, qualora abbia proposto istanza di accesso, è fissata in quindici giorni, in applicazione della regola posta dall’art. 76, comma 2 del codice dei contratti pubblici, e dipende dal tempo che la stazione impiega a consentire l’accesso solamente nel caso in cui l’amministrazione rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara, poiché, in tal caso, il termine per l’impugnazione comincia a decorrere solo da quando l’interessato abbia conosciuti gli atti

Ne segue che, una volta avuta conoscenza del provvedimento di aggiudicazione, in una delle diverse modalità possibili – ed anche attraverso le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara (non solo per aver avuto comunicazione ai sensi dell’art. 76, comma 5, del codice) – il concorrente pregiudicato è tenuto nel termine di quarantacinque giorni a presentare istanza di accesso ai documenti e a proporre impugnazione, salvo l’ipotesi eccezionale di comportamento ostruzionistico tenuto dall’amministrazione.

È chiaro, poi, che più tempestiva è l’istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale; quel che non può consentirsi è che il concorrente possa, rinviando nel tempo l’istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l’impugnazione dell’aggiudicazione…”