Cons. Stato, Sez. V, 15 febbraio 2022, n. 1079
“In ordine alla questione della competenza ad adottare il provvedimento di esclusione da una gara di appalto, deve ribadirsi la competenza della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016; è pertanto legittima la esclusione che sia stata disposta dal dirigente del Comune, su rilievo del RUP.”
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5765 del 2021, proposto da
Consorzio fra Cooperative Sociali Elpendù – Società Cooperativa, in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con la mandante Associazione Abusuan e l’Associazione Gruppo Lavoro Rifugiati Onlus, nonché con l’impresa consorziata esecutrice C.A.P.S. Società Cooperativa Sociale a r.l. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Giustiniani e Carlo Cipriani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marco Giustiniani in Roma, via Bocca di Leone, 78;
contro
Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Rosa Cioffi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fabio Caiaffa in Roma, via Nizza, 53;
nei confronti
Medtraining Società Cooperativa Sociale, in proprio e quale mandataria della costituenda Ati con la mandante San Giovanni di Dio - Società Cooperativa Sociale per azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro Rocco Notarnicola e Carlo Tangari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Indaco Service Società Cooperativa Sociale, Formazione e Comunione Società Cooperativa Sociale-Onlus, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 776 del 2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Medtraining Società Cooperativa Sociale, dell’Agenzia delle Entrate e del Comune di Bari;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2022 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Giustiniani, Cipriani, Caiaffa su delega di Cioffi, e l’avvocato dello Stato Adamo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Consorzio fra Cooperative Sociali Elpendù – Società Cooperativa, in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con le mandanti Associazione Abusuan e Associazione Gruppo Lavoro Rifugiati Onlus, nonché con l’impresa consorziata esecutrice C.A.P.S. Società Cooperativa Sociale a r.l. Onlus, ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia i provvedimenti concernenti l’esclusione del Rti di cui è mandataria dalla gara indetta dal comune di Bari per l’aggiudicazione della procedura aperta per la sottoscrizione dell’“Accordo quadro per la gestione del Centro Polifunzionale denominato “Casa delle Culture”, comprensivo del servizio di accoglienza, dello sportello per l'integrazione socio–sanitaria e culturale degli immigrati e del servizio sperimentale di “mensa etnica” per persone immigrate – CIG 8284173BD0”, nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto nelle more eventualmente stipulato e per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno subito per l'illegittimo esercizio del potere amministrativo, nella forma specifica del subentro nell'esecuzione del contratto di appalto o, in subordine, per equivalente.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha respinto il ricorso con sentenza n. 776 del 2021, appellata dal Consorzio Elpendù per i seguenti motivi di gravame:
I) error in iudicando e omessa pronuncia con conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. 50 del 2016, degli artt. 1, 3, 9 e 10 della l. n. 241 del 1990, dell’art. 68, d.l. n. 18 del 2020; dell’art. 153, comma 1, primo periodo, d.l. n. 34 del 2020; dell’art. 48-bis del d.P.R. n. 602 del 1973; violazione dell’art. 7 CEDU - eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta;
II) error in iudicando e omessa pronuncia con conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. 50 del 016, dell’art. 68, comma 1, d.l. n. 18 del 2020, dell’art. 153, comma 1, primo periodo, d.l. n. 34 del 2020; dell’art. 48-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 - violazione e falsa applicazione del paragrafo 9, lett. a.1) del bando di gara - eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto, ingiustizia manifesta;
III) error in iudicando con conseguente violazione dell’art. 57 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 e istanza di rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di giustizia UE ex art. 267 TFUE e, in generale, della normativa UE in materia di gare pubbliche.
L’appellante ha, altresì, riproposto la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto di appalto nelle more eventualmente sottoscritto e per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno subìto per l'illegittimo esercizio del potere amministrativo, nella forma specifica del subentro nell’esecuzione del contratto di appalto o, in subordine, per equivalente.
Si sono costituiti per resistere all’appello Medtraining Società Cooperativa Sociale, l’Agenzia delle Entrate e il Comune di Bari.
Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 3 febbraio 2022 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Giunge in decisione l’appello proposto dal Consorzio fra Cooperative Sociali Elpendù – Società Cooperativa contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia n. 776 del 2021, che ha respinto il suo ricorso per l’annullamento dell’esclusione del Rti di cui è mandataria l’appellante dalla gara indetta dal comune di Bari per l’aggiudicazione dell’Accordo quadro per la gestione del centro polifunzionale "casa delle culture", comprensivo del servizio di accoglienza residenziale temporanea, dello sportello per l'integrazione sociosanitaria e culturale degli immigrati e del servizio sperimentale di “mensa etnica”, servizio di durata quadriennale per un importo a base d’asta di complessivi euro 5.200.000,32, oltre IVA.
L’esclusione è stata disposta per un’irregolarità fiscale definitivamente accertata sussistente in capo alla mandante del Rti Associazione Abusuan, ai sensi dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016.
Più specificamente, il riscontro dell’irregolarità fiscale dell’Agenzia delle Entrate deriva dalla decadenza dal beneficio della rateizzazione relativo alla cartella esattoriale n. 01420160028549586, anno di imposta 2013, notificata al contribuente il 13 ottobre 2016 e derivante da modello di liquidazione 770 semplificato per un debito di euro 12.105,06, per omesso versamento della rata scaduta il 30 novembre 2019 e risulta, dunque, maturata al primo dicembre 2019.
Con il primo motivo di gravame l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe erroneamente affermato la natura vincolata del potere della stazione appaltante che, una volta accertata l’irregolarità fiscale, nulla avrebbe potuto fare se non escludere l’aggiudicataria; ritenendo - senza curarsi delle quantomeno riscontrabili difficoltà interpretative della normativa emergenziale da poco approvata dal legislatore - che la richiesta di contraddittorio di Elpendù si sarebbe sostanziata in “un soccorso ben più pregnante di quello istruttorio contemplato dalla normativa di settore che pacificamente lo esclude per superare il difetto di requisiti essenziali della domanda di partecipazione”.
La sentenza avrebbe, altresì, avallato la violazione dei principi di tempestività e di efficienza dell’azione amministrativa, oltre che di buona fede e correttezza negoziale, posti in essere dal Comune, il quale ha omesso di segnalare tempestivamente al concorrente l’irregolarità fiscale di una delle mandanti, così impedendogli di sanarla prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Inoltre, per l’appellante il principio di continuità del possesso dei requisiti dovrebbe essere interpretato e applicato anche alla luce del principio di proporzionalità, rivelandosi l’irrogazione della sanzione dell’esclusione dalla gara sproporzionata e ingiusta, nonché contraria alla ratio degli interventi legislativi emergenziali, che, sospendendo gli obblighi di pagamento e della soglia di rilevanza della gravità delle violazioni tributarie nel corso dell’emergenza sanitaria, hanno come scopo il sostegno all’attività imprenditoriale.
Infine, la sentenza avrebbe omesso di valorizzare il profilo di censura concernente l’incompetenza del dirigente nell’adozione del provvedimento di esclusione, che, ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, doveva essere emesso dal RUP.
La censura è infondata.
Il Consorzio appellante lamenta che il Comune, pur avendo avuto notizia della causa di esclusione sin dal 20 maggio 2020, l’avrebbe contestata con il provvedimento di esclusione solo il 21 luglio 2020, successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, così ledendo la possibilità del concorrente di porre rimedio tempestivamente alla riscontrata irregolarità.
Al contrario, per il principio di autoresponsabilità, era la concorrente che, prima di partecipare alla gara, avrebbe dovuto accertare il possesso in capo a tutti i componenti del raggruppamento di tutti i requisiti di partecipazione, compresa la regolarità fiscale, e che, in ogni caso, risponde del comportamento degli stessi (cfr. Cons. Stato, V, 12 marzo 2020, n. 1780).
Invero, l’Associazione Abusuan, all’atto della presentazione dell’offerta, era da tempo a conoscenza della sua posizione di irregolarità fiscale, avendo avuto accesso al beneficio della rateizzazione per la cartella esattoriale notificata, ed essendo poi risultata inadempiente rispetto al pagamento rateale; dunque, è proprio alla concorrente che deve attribuirsi la responsabilità di un comportamento negligente.
Invece, la stazione appaltante ha legittimamente adottato il provvedimento di esclusione, al cospetto di un’irregolarità fiscale rilevante ancora sussistente al momento della presentazione dell’offerta, nell’esercizio di un potere vincolato. A fronte di un’attestazione negativa di regolarità fiscale nei confronti di un concorrente, la stazione appaltante è vincolata a disporne l’espulsione, non potendo sindacare l’accertamento degli Enti preposti a tali controlli (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8).
Quanto alla assunta violazione del principio del contraddittorio, al contrario, come risulta dalla documentazione versata in atti, il provvedimento di esclusione è stato assunto all’esito di ampia interlocuzione con l’appellante, e previo inoltro delle controdeduzioni della stessa all’Agenzia delle Entrate, che ha confermato l’accertata irregolarità fiscale della mandante del raggruppamento con la nota del 9 dicembre 2020, ribadendo che: “trattandosi di cartella di pagamento già scaduta alla data dell’8 marzo, la stessa ha beneficiato non della sospensione dei termini di pagamento, bensì della sola sospensione dell’attività di recupero coattivo. Di qui la definitività della violazione accertata dall’ufficio al momento della partecipazione alla gara in questione”.
Riguardo all’assunta incompetenza dirigenziale nell’adozione del provvedimento di esclusione, deve ribadirsi la competenza della stazione appaltante nell’adozione di tale provvedimento, ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 e, nel caso di specie, l’esclusione è stata emessa dal dirigente del comune proprio su rilievo del RUP, come risulta evidente dall’esame dell’impugnata determinazione del 14 ottobre 2020.
Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il provvedimento di esclusione non fosse illegittimo per difetto dei presupposti della “esigibilità” e della “gravità” del debito erariale di Abusuan, in violazione, in primo luogo, dell’art. 68 del d.l. n. 18 del 2020, che, prevedendo la sospensione dall’8 marzo 2020 al 30 aprile 2021 di tutte le entrate (tributarie e non) derivanti da cartelle di pagamento emesse dall’Agente di Riscossione, ancorché scadute antecedentemente all’8 marzo 2020, nonché dei relativi versamenti, avrebbe determinato nel predetto arco temporale la sospensione dell’obbligo di adempiere, così escludendo l’irregolarità riscontrata, poi definitivamente superata dalla successiva rateizzazione; in secondo luogo, in violazione dell’art. 153, comma 1, primo periodo, del d.l. n. 34 del 2020, che ha sospeso l’applicazione della soglia di ‘rilevanza’ delle irregolarità fiscali, con la conseguenza che il comune di Bari avrebbe dovuto effettuare una sua prognosi di ‘gravità’ delle vicende fiscali di Abusuan ai fini dell’affidamento.
Inoltre, in ragione della predetta sospensione di cui al succitato art. 68 del d.l. n. 18 del 2020, non sussisteva neppure, a parere dell’appellante, il requisito dell’ “esigibilità” del credito tributario, risultando artificiosa la distinzione operata dall’Agenzia delle Entrate e ribadita dalla sentenza appellata tra “sospensione dei versamenti” e “sospensione della riscossione”, perché – concettualmente – entrambi gli strumenti sarebbero rivolti in concreto a consentire che il contribuente possa (momentaneamente) esimersi dalla corresponsione delle somme dovute senza subire conseguenze nefaste.
Per l’appellante, sostanzialmente, la sospensione degli obblighi di pagamento e della soglia di rilevanza della gravità delle violazioni tributarie nel corso dell’emergenza sanitaria riguarderebbe anche debiti tributari scaduti prima del periodo di sospensione e il complessivo quadro normativo obbligherebbe le stazioni appaltanti ad accertare caso per caso la gravità delle violazioni tributarie prima di poter applicare la sanzione espulsiva dalle gare. Non sarebbe, quindi, insorta una irregolarità fiscale in capo ad Abusuan, perché l’art. 68 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, prevedendo la sospensione generalizzata dei termini di riscossione dall’8 marzo 2020 fino al 31 maggio 2020 (termine poi prorogato ad agosto 2021 e, di volta in volta, fino al 30 aprile 2021 a seguito dei vari interventi legislativi) di tutte le entrate (tributarie e non) derivanti, da cartelle di pagamento emesse dall’Agente di Riscossione, ancorché scadute antecedentemente all’8 marzo 2020, nonché dei relativi versamenti, avrebbe determinato nel periodo di interesse (dall’8 marzo 2020 al 31 aprile 2021) la sospensione anche dell’adempimento in questione, così escludendo l’irregolarità riscontrata. Peraltro, l’art. 153 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 aveva sospeso altresì le soglie di riferimento per stabilire la gravità dell’inadempimento fiscale. Inoltre, il 5 agosto 2020 Abusuan ha nuovamente richiesto di rateizzare il proprio debito ai sensi dell’art. 68, comma 3-bis, d.l. n. 18 del 2020 e l’istanza è stata accolta dall’Agenzia delle Entrate il 13 agosto 2020.
La censura non coglie nel segno.
L’Agenzia delle Entrate ha riscontrato un’irregolarità fiscale definitivamente accertata nei confronti della mandataria Abusuan in relazione alla cartella di pagamento n. 01420160028549586, anno di imposta 2013, notificata il 13 ottobre 2016 per un debito di euro 12.105,06, e la rata non pagata per la quale la mandante è decaduta dalla rateizzazione era scaduta in data antecedente all’entrata in vigore della disciplina dell’emergenza (il 30 novembre 2019). Ne consegue l’indubbia natura certa, liquida ed esigibile del debito fiscale della mandante del Rti appellante sin da tale data; né potrebbe trovare applicazione nel caso di specie l’art. 153 del d.l. n. 34 del 2020, invocata dall’appellante al fine di escludere la gravità dell’irregolarità fiscale, atteso che la disposizione normativa è successiva al verificarsi della più volte citata irregolarità.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (cfr. note del 19 maggio 2020 e del 9 dicembre 2020) e ribadito nella sentenza appellata, la mandante Abusuan dell’ati appellante è decaduta dal beneficio del pagamento rateale e, pertanto, risulta carente del requisito in parola sin da tale data, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1-quater, comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2017, secondo cui “la regolarità fiscale viene meno dalla data di esclusione dalla procedura di definizione agevolata di cui all’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, anche a seguito del mancato, insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme dovute ai fini della predetta definizione”.
Ai sensi dell’art. 68 d.l. n. 18 del 2020, infatti, per i carichi già scaduti quale quello in esame, risulta sospesa esclusivamente l’attività di recupero coattivo, ferma restando la sussistenza della violazione grave degli obblighi tributari già definitivamente accertata, che preclude la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.
Come è stato già più volte affermato da questo Consiglio, “La sospensione invocata da parte appellante ed introdotta dalle norme per fronteggiare l'emergenza sanitaria nel Paese non può che essere riferita ai nuovi avvisi e non ai pregressi già scaduti, in coerenza con le finalità di evitare un aggravio per chi si trovi in difficoltà a causa delle restrizioni e delle misure per evitare i contagi. Assegnare ad essa altro significato comporterebbe un ingiustificato effetto di generale 'sanatoria' (sospensione) non voluto dal legislatore e non in linea con le finalità della disciplina” (Cons. Stato, III, 10 novembre 2020, n. 6912; 8 luglio 2021, n. 5202).
Solo il 13 agosto 2020, e quindi successivamente alla scadenza del termine di partecipazione alla gara, come evidenziato anche dall’Agenzia delle Entrate, la mandante dell’ati appellante ha ottenuto la concessione della successiva dilazione ai sensi dell’art. 68, comma 3-bis, d.l. n. 18 del 2020, richiesta, peraltro, solo il 5 agosto 2020. Tale concessione non può, quindi, rilevare in alcun modo al fine di escludere la sussistenza della pregressa irregolarità fiscale.
Con il terzo motivo l’appellante, in subordine al mancato accoglimento delle precedenti censure:
posto che la direttiva consente di mitigare le cause di esclusione nei casi in cui ciò appaia sproporzionato e a fronte di esigenze imperative connesse a un interesse generale e prevede la possibilità di derogare alle esclusioni obbligatorie quando l’operatore sia stato informato dell’importo preciso dovuto a seguito della sua violazione degli obblighi relativi al pagamento di imposte in un momento in cui non aveva la possibilità di prendere provvedimenti in merito per evitare l’esclusione;
considerato che l’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, nel recepire la direttiva, sanziona con l’esclusione la violazione degli “gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana”;
che a sua volta la legislazione italiana prevede ratione temporis una sospensione delle entrate tributarie e contempla i principi generali dell'attività amministrativa e dell’ordinamento europeo (tra cui proporzionalità, favor partecipationis e tutela del legittimo affidamento);
ritiene conforme al diritto europeo una interpretazione della disciplina che impedisce una automatica esclusione del concorrente in contesti fattuali e giuridici simili a quello oggetto del presente giudizio.
Pertanto, l’appellante ha chiesto che, nell’ipotesi in cui il Collegio non ritenga di disapplicare la norma interna, voglia disporre, ai sensi dell'art. 267 TFUE, il rinvio alla Corte di giustizia UE, con conseguente sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art. 79 c.p.a. e 295 c.p.c., ponendo alla Corte il seguente quesito: “se la norma di cui all’art. 57, par. 2 e 3, comma 2 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, osta ad una prassi nazionale che escluda immediatamente da una procedura di gara il concorrente che abbia momentaneamente perduto il requisito della regolarità fiscale, nonostante la vigenza di norme emergenziali derogatorie all’obbligo di pagamento di imposte e tasse, nonché in applicazione dei principi generali dell'attività amministrativa e dell’ordinamento europeo (tra cui proporzionalità, favor partecipationis e tutela del legittimo affidamento)”.
L’istanza di rimessione della questione pregiudiziale non può essere accolta, non essendovi alcun dubbio circa la rispondenza della normativa italiana (art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016) alla disciplina eurounitaria invocata (art. 57, par. 3, commi 1 e 2 della direttiva 2014/24/UE) sotto i profili prospettati dall’appellante.
Invero, con la più volte citata disciplina emergenziale il legislatore italiano, nell’esercizio del suo potere discrezionale e insindacabile e del tutto ragionevolmente, ha introdotto la temporanea sospensione dei termini con chiaro ed univoco riferimento alla fase di riscossione degli adempimenti fiscali, al fine di consentire ai soggetti da essi gravati una misura di sostegno nel periodo di tempo interessato della pandemia.
Tale misura non può essere estesa anche a situazioni di gravi irregolarità fiscali già accertate al momento dell’entrata in vigore di tale normativa e per le quali erano già scaduti i termini di pagamento, come nel caso di specie, in cui, nonostante l’ammissione alla rateizzazione, la mandante del Rti appellante non aveva provveduto al pagamento rateale ben prima dell’insorgere della pandemia.
Se si ammettesse l’interpretazione estensiva della norma invocata dall’appellante, si introdurrebbe del tutto irragionevolmente una sanatoria e un’“immunità” dall’applicazione della rigorosa disciplina normativa vigente in tema di evidenza pubblica non giustificata per violazioni gravi di obblighi fiscali risalenti ad epoca antecedente rispetto a quella del periodo emergenziale.
Nel caso di specie non può, dunque, ravvisarsi alcun legittimo affidamento in capo al concorrente che, al contrario, per quanto già detto con riferimento al primo motivo di appello, aveva il dovere di comportarsi in conformità ai propri obblighi di diligenza e secondo il principio di autoresponsabilità, rispondendo del proprio comportamento negligente nella partecipazione alla procedura ad evidenza pubblica.
Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado.
Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Veniva proposto ricorso avverso il provvedimento di esclusione adottato dal dirigente comunale nei confronti di un raggruppamento di imprese a causa di un’irregolarità fiscale definitivamente accertata sussistente in capo alla mandante.
Avverso tale esclusione venivano proposte censure di merito relative alla presunta violazione dei principi di tempestività e di efficienza dell’azione amministrativa, oltre che di buona fede e correttezza negoziale, posta in essere dalla stazione appaltante per aver omesso di segnalare tempestivamente al concorrente l’irregolarità fiscale di una delle mandanti, così impedendogli di sanarla prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Tali censure sono state giudicate infondate sulla scorta dell’applicazione del principio di autoresponsabilità, per effetto del quale era la concorrente che, prima di partecipare alla gara, avrebbe dovuto accertare il possesso in capo a tutti i componenti del raggruppamento di tutti i requisiti di partecipazione, compresa la regolarità fiscale, e che, in ogni caso, risponde del comportamento degli stessi.
Di maggiore interesse pare, invece, la censura, parimenti giudicata infondata, relativa all’assunta incompetenza dirigenziale nell’adozione del provvedimento di esclusione.
La questione, tutt’altro che marginale, è stata, ed è ancora, oggetto di contrasti giurisprudenziali e non si registra ancora un orientamento prevalente, sebbene la sentenza in commento rappresenti un importante ed autorevole precedente.
A tal riguardo, nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha confermato la competenza della stazione appaltante all’adozione dei provvedimenti di esclusione, circostanza che non viene meno nel caso in cui l’esclusione sia emessa dal dirigente comunale su rilievo del RUP.
Diversamente, invece, altre pronunce hanno ritenuto illegittima l’esclusione disposta dal Dirigente del settore comunale di interesse anziché dal RUP (tra queste si segnalano, in particolare, TAR Venezia, n. 698/2018 e TAR Lecce, 1373/2021).
Procedendo con ordine, osserviamo che l’art. 80 d.lgs. n. 50/2016, infatti, nel disciplinare le cause di esclusione dalle procedure di gara prevede esclusivamente che siano “le stazioni appaltanti” a provvedere in tal senso.
Tale disposizione, tuttavia, deve essere coordinata con le competenze del R.U.P. ex art. 31, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 secondo cui si riconosce la competenza generale del R.U.P. ad adottare tutti gli atti della procedura, evidenziando, dunque, la possibilità che questi non compia soltanto operazioni di carattere materiale, ma svolga anche attività giuridica esternata in veri e propri atti, sino a ritenere anche la competenza del R.U.P. all'adozione del provvedimento di esclusione dalla procedura di gara degli operatori economici.
Tali competenze, invero piuttosto ampie, si estendono a tutte quelle attività, anche non definite dal Codice, che non implicano l'esercizio di poteri valutativi, essendo l'attività valutativa riservata alla competenza esclusiva della commissione giudicatrice (Cons. Stato Sez. V, 01/06/2021, n. 4203).
In conclusione, non si registrano precedenti del Consiglio di Stato che legittimano l’esclusione disposta dal Dirigente del settore comunale di interesse anziché dal RUP. I precedenti di segno opposto, come visto, sono stati espressi dai plessi giurisdizionali di primo grado. La questione dei poteri attribuiti al RUP è, tuttavia, ben più complessa di questa breve guida alla lettura e coinvolge il potere di adottare atti a valenza esterna attribuito anche al RUP non dirigente e non responsabile del servizio (e ciò secondo quanto previsto dall’art. 6, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990), anche se, sul tema del riconoscimento in capo al RUP di poteri a valenza esterna, a prescindere dalla circostanza che sia o meno un responsabile di servizio e/o dirigente, si è espresso favorevolmente il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 1104/2020.