Consiglio di Stato, sez. IV, 4 gennaio 2022, n. 26

1. L’art. 93, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 prescinde da un addebito di colpevolezza in capo all’interessato e pertanto, da un lato, si applica automaticamente al verificarsi di qualunque “fatto” riconducibile alla sfera giuridica dell’affidatario che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto, locuzione volutamente ampia nel cui ambito ben può ricondursi il difetto, originario o sopravvenuto in corso di procedura, dei necessari requisiti di partecipazione stabiliti dalla legge e, dall’altro, è priva di carattere sanzionatorio con conseguente irrilevanza dei principi di diritto di provenienza sovranazionale sui caratteri del “diritto punitivo”(1). 

2. E’ rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione se l’escussione della garanzia, prevista dall’art. 93, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016, possa – rectius, debba – trovare applicazione nei confronti non solo del soggetto cui la gara sia già stata definitivamente aggiudicata ma anche di quello proposto per l’aggiudicazione dalla commissione giudicatrice in seguito alle valutazioni di spettanza.

(1) In senso contrario, ad esempio, Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2012, n. 4778; id., sez. IV, 9 giugno 2015, n. 2829; id., sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5280; id., sez. V, 19 aprile 2017, n. 1818; id., sez. V, 27 giugno 2017, n. 3701; id., sez. V, 10 aprile 2018, n. 2181; id., sez. IV, 22 aprile 2021, n. 3255; id., sez. V, 26 aprile 2021, n. 3299. In senso parzialmente contrario, Cons. Stato, A.P., 10 dicembre 2014, n. 34; id., A.P., 29 febbraio 2016, n. 5; id., sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5501; id., sez. V, 27 luglio 2017, n. 3701.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 8410 del 2021, proposto dalla società De Vizia Transfer s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia, Gennaro Macri, Mario Pagliarulo e Fiorita Iasevoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

il Comune di Monza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Bragante e Giancosimo Maludrottu, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

della società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Invernizzi ed Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;
dell’ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12
delle società Acsm-Agam Ambiente s.r.l., in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.I. con Amsa s.p.a., ed Amsa s.p.a., in proprio e quale mandante del costituendo R.T.I. con Acsm-Agam Ambiente s.r.l., in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, n. 1581 del 28 giugno 2021, resa tra le parti, concernente una procedura di gara per l’affidamento di un appalto di servizi in materia di rifiuti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monza, della società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l. e dell’ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione;

Visto l’appello incidentale della società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 36, comma 2, c.p.a.;

Visto l’art. 99 c.p.a.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2021 il consigliere Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia, Gennaro Macri, Mario Pagliarulo, Annalisa Bragante, Giancosimo Maludrottu, Roberto Invernizzi ed Andrea Manzi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I FATTI DI CAUSA

1. Con bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 5 ottobre 2018, il Comune di Monza ha indetto una procedura aperta per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e spazzamento dei rifiuti urbani.

1.1. L’appalto non è suddiviso in lotti ed il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con attribuzione di 70 punti massimi all’offerta tecnica e di 30 punti massimi a quella economica.

1.2. La lex specialis, inoltre, da un lato prevede una soglia minima di sbarramento pari a 40 punti per il punteggio tecnico complessivo, con conseguente esclusione del concorrente che non raggiunga tale soglia, dall’altro richiama il “protocollo di vigilanza e collaborazione” in precedenza sottoscritto dal Comune con ANAC.

2. In esito alla seduta del 18 luglio 2019, la commissione di gara ha dato atto che:

- la società De Vizia Transfer s.p.a. è stata ammessa alla procedura con determinazione dirigenziale prot. n. 722 del 18 aprile 2019;

- dei cinque concorrenti ammessi, soltanto la società De Vizia Transfer s.p.a. e la società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l. (gestore uscente del servizio) superano l’esposta soglia di sbarramento;

- nessuna delle due offerte de quibus “si trova nella condizione di cui all’art. 97, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016”, sì che “non si procederà alla verifica di anomalia”.

2.1. La commissione, quindi, ha proceduto all’apertura delle buste delle due società contenenti la rispettiva offerta economica, ha redatto la relativa “graduatoria finale” ed ha “formulato la proposta di aggiudicazione nei confronti della De Vizia”, risultata prima classificata.

3. In data 22 luglio 2019 il Comune ha avviato i controlli finalizzati a verificare il rispetto, da parte di De Vizia, dei requisiti di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 e, con determinazione dirigenziale prot. n. 21874 del 29 gennaio 2020, ha escluso De Vizia dalla gara, alla luce di tre distinti e concorrenti profili.

3.1. Il Comune, in particolare, ha rilevato che De Vizia non ha comunicato:

a) il rinvio a giudizio disposto all’esito dell’udienza preliminare del 22 novembre 2019 dal G.i.p. di Salerno, su richiesta del locale Pubblico Ministero formulata in data 1 febbraio 2019, nei confronti del Presidente del Consiglio di amministrazione, nonché socio di maggioranza, e nei confronti del di lui coniuge, socio di minoranza, per fatti connessi all’affidamento di appalti pubblici e ritenuti integrare le fattispecie di reato di cui agli articoli 110, 353, 353-bis, 356 e 314 c.p.;

b) la sussistenza di una pronuncia del Consiglio di Stato (sez. V, 12 aprile 2019 n. 2407) da cui si evince “l’esistenza di un’ulteriore vicenda penale in capo ad un rappresentante della De Vizia”, nell’ambito della quale è stata emessa la “sentenza di condanna n. 243/2013, che avrebbe dovuto essere resa nota al Comune di Monza”;

c) la pendenza di un procedimento, allibrato al n.r.g. 185 del 2019, avanti il T.a.r. per il Piemonte per l’ottemperanza alla sentenza del medesimo T.a.r. n. 119 del 2018 (confermata in appello da questo Consiglio), da ultimo definito con sentenza n. 959 del 23 agosto 2019, che ha dichiarato nulla l’aggiudicazione alla De Vizia della gara indetta da un Consorzio di Comuni piemontesi; il T.a.r., in particolare, ha fondato la dichiarazione di nullità sulla rilevanza escludente di talune omissioni dichiarative della De Vizia, inerenti a “condotte penalmente rilevanti” di esponenti sociali che, “sebbene non ancora sanzionate da una pronuncia di condanna, avrebbero dovuto essere dichiarate in gara”, giacché “la loro omessa menzione costituisce di per sé un grave errore professionale”.

3.2. Il Comune - dato atto di avere “avviato i contraddittori su tali rilievi” e di avere segnalato tali circostanze ad ANAC – ha formulato in proposito le seguenti considerazioni:

a) il provvedimento di rinvio a giudizio - peraltro inerente a reati correlati proprio allo svolgimento di pubbliche gare - consegue alla richiesta della Procura del 1 febbraio 2019, nota alla De Vizia “prima che il Seggio di gara comunicasse, in seduta pubblica, ai concorrenti l’esito dell’esame della documentazione amministrativa circa il possesso dei requisiti di ammissione (verbale del 18 aprile 2019)”; la De Vizia, dunque, non ha comunicato né il procedimento penale, già pendente all’atto della delibazione circa l’ammissione alla gara, né il successivo rinvio a giudizio, in violazione della “disciplina più rigorosa di quella ordinaria in relazione al possesso dei requisiti morali” conseguente alla sottoposizione della procedura al “protocollo di vigilanza collaborativa da parte di ANAC”, espressamente accettata da De Vizia, come da tutti gli altri concorrenti, al momento della formulazione di domanda di partecipazione; De Vizia, dunque, non può che essere esclusa, alla luce della causa ostativa alla prospettica stipulazione del contratto rappresentata dal rinvio a giudizio di suoi esponenti apicali, giacché il rinvio a giudizio per uno dei reati de quibus costituisce, per disposizione della lex specialis, causa di risoluzione di diritto del contratto;

b) il precedente non dichiarato, riveniente dalla sentenza di condanna n. 243 del 2013, “poteva avere una rilevanza ai fini della valutazione circa la concreta incidenza … sulla moralità professionale dell’impresa, anche in virtù del fatto che si trattava di materia analoga a quella della presente gara”; la dichiarazione, peraltro, era doverosa benché il procuratore fosse, medio tempore, cessato, posto che “alla data di pubblicazione del bando non era ancora decorso il termine dell’anno antecedente”; di converso, non sono “emerse delle misure di dissociazione” dalla condotta del prevenuto da parte di De Vizia;

c) nella fase antecedente alla decisione sulle ammissioni alla gara, De Vizia ha dichiarato la conferma dell’aggiudicazione da parte del Consorzio di Comuni piemontesi, facendo espresso riferimento ai provvedimenti poi dichiarati nulli dalla sentenza del T.a.r. per il Piemonte n. 959 del 23 agosto 2019, cui viceversa De Vizia non ha fatto alcun cenno.

3.3. Il Comune, pertanto, ha disposto l’esclusione di De Vizia, alla luce di tre distinte, autonome e concorrenti ragioni, ossia “l’esistenza del motivo ostativo alla sottoscrizione del contratto per intervenuto rinvio a giudizio” di esponenti apicali, nonché “la violazione degli obblighi dichiarativi” relativi tanto alla sentenza di condanna n. 243 del 2013, quanto alla sentenza del T.a.r. per il Piemonte n. 959 del 2019.

3.4. In proposito, l’Ente ha specificato che:

- da un lato, “il comportamento dell’operatore economico deve essere improntato a principi di lealtà ed integrità”, sì che “l’eventuale omissione dichiarativa di situazioni potenzialmente rilevanti integra un grave errore professionale”;

- dall’altro, “i requisiti di ammissione devono essere posseduti non solo al tempo della presentazione dell’offerta, ma anche al momento dell’aggiudicazione e stipulazione del contratto”.

3.5. Con successiva determinazione del responsabile del settore n. 131 del 29 gennaio 2020, il Comune ha deliberato di “non approvare” la proposta di aggiudicazione formulata dalla commissione giudicatrice con il cennato verbale del 18 luglio 2019, dichiarata contestualmente “inefficace”.

3.6. La richiesta di annullamento in autotutela svolta da De Vizia è stata respinta con determinazione dirigenziale prot. n. 28232 del 7 febbraio 2020.

3.7. Quindi, con successiva determinazione dirigenziale prot. n. 35387 del 18 febbraio 2020, il Comune ha disposto l’escussione della garanzia a suo tempo presentata da De Vizia a corredo dell’offerta, ai sensi dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016.

IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO

4. De Vizia ha impugnato tutti i richiamati atti avanti il T.a.r. per la Lombardia e, con successivo ricorso per motivi aggiunti, ha contestato l’intervenuta aggiudicazione della gara a favore di Sangalli, disposta dal Comune con determinazione dirigenziale prot. n. 113282 del 22 luglio 2020.

4.1. Sangalli, costituitasi in resistenza, ha formulato a sua volta ricorso incidentale, integrato da tre successivi ricorsi per motivi aggiunti, avverso l’atto di esclusione di De Vizia, nella parte in cui non ha escluso la medesima anche per ragioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle ivi valorizzate.

4.2. Sono intervenuti ad opponendum le società Acsm-Agam Ambiente s.r.l. ed Amsa s.p.a., nella qualità rispettivamente di mandataria e mandante del costituendo R.T.I., il cui punteggio per l’offerta tecnica era il più alto tra quelli attribuiti ai tre concorrenti esclusi per non aver raggiunto la soglia di sbarramento.

4.3. Con la sentenza indicata in epigrafe, il T.a.r. per la Lombardia:

- ha respinto tutti i mezzi articolati da De Vizia tanto nel ricorso introduttivo, quanto nel ricorso per motivi aggiunti;

- ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale di Sangalli;

- ha dichiarato parimenti improcedibile l’intervento ad opponendum, come da richiesta degli stessi intervenienti;

- ha compensato fra le parti le spese di lite.

IL GIUDIZIO DI APPELLO

5. Con ricorso notificato in data 1 ottobre 2021 De Vizia ha interposto appello, articolando 10 motivi (da pagina 4 a pagina 47), con cui ha reiterato, nella sostanza, le doglianze di primo grado.

5.1. Si sono costituiti in resistenza il Comune di Monza, ANAC e Sangalli che, da ultimo, con ricorso notificato in data 29 ottobre 2021, ha proposto altresì appello incidentale avverso la declaratoria di improcedibilità del ricorso incidentale svolto in prime cure.

5.2. Il giudizio è stato trattato alla pubblica udienza del 25 novembre 2021, in vista della quale le parti hanno versato in atti difese scritte.

5.3. L’istanza di superamento dei limiti dimensionali, svolta in proposito dal Comune di Monza, è stata respinta con decreto n. 1940 del 5 novembre 2021.

6. Il Collegio, preliminarmente, rileva che:

- il Comune ha accettato il contraddittorio sul ricorso incidentale, rinunciando espressamente ai termini a difesa con atto del 15 novembre 2021;

- De Vizia non ha sollevato alcuna obiezione in merito nel corso della discussione orale, in tal modo implicitamente accettando anch’essa il contraddittorio;

- ANAC non ha partecipato alla discussione, né ha sollevato per iscritto obiezioni, ciò che dimostra per facta concludentia la sostanziale accettazione del contraddittorio.

6.1. Pertanto, la materia del contendere del presente grado di giudizio comprende anche il ricorso incidentale svolto da Sangalli.

7. Ciò posto, il Collegio osserva che, a seguito della proposizione dell’appello e dell’appello incidentale, è nella sostanza riemerso interamente il thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicché, per ragioni di economia dei mezzi processuali e di semplicità espositiva, secondo la logica sottesa alla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il Collegio prende direttamente ed esclusivamente in esame gli originari motivi articolati in prime cure (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020).

LA DECISIONE PARZIALE DELL’APPELLO PRINCIPALE DI DE VIZIA:

- L’ESTROMISSIONE DI DE VIZIA DALLA GARA

8. Con le censure svolte avanti il T.a.r. avverso la prima ragione di esclusione, De Vizia sostiene che:

- il rinvio a giudizio de quo è stato disposto soltanto dopo la presentazione delle offerte e, oltretutto, afferisce ad una vicenda del 2011;

- l’esclusione, disposta in via automatica in asserita applicazione degli articoli 25 del capitolato speciale d’appalto e dell’art. 37 dello schema di contratto, sarebbe fondata sull’applicazione di clausole mai sottoscritte dalle parti, per di più comunque soggette a doppia sottoscrizione ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c., oltre che, in ogni caso, nulle per inosservanza dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016;

- per di più, le clausole di cui sopra atterrebbero alla fase di esecuzione del contratto e non alla fase prodromica di scelta del contraente, oltre ad essere in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, in tesi ostativo a normative nazionali che impongano l’esclusione automatica di un operatore dalle procedure di gara;

- ancora, “le disposizioni del bando prevalgono sul c.s.a. e non possono essere modificate da quest’ultimo”, giacché “bando di gara e capitolato speciale d’appalto assolvono a differenti funzioni, in quanto il primo regola il procedimento di gara ed il secondo le condizioni del futuro rapporto contrattuale”;

- “la corretta interpretazione della clausola (art. 25 c.s.a.) induce comunque a riferirne l’operatività alle situazioni in cui il rinvio a giudizio afferisce ad ipotesi di reato inerenti alla stessa gara/appalto indetta dal Comune di Monza”, pervenendosi altrimenti ad “un risultato abnorme, palesemente confliggente con i principi di proporzionalità, ragionevolezza e con tutti i principi dell’ordinamento”, poiché “un’impresa potrebbe subire la risoluzione automatica ed <<a catena>> di tutti i contratti da essa sottoscritti con le più svariate amministrazioni, solo perché in relazione ad una vicenda è risultata destinataria di misure non definitive”;

- infine, “il provvedimento di esclusione avrebbe pertanto comunque dovuto essere adeguatamente motivato, essendo onere della stazione appaltante <<dimostrare>> che l’operatore economico si è effettivamente reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

9. In relazione a tali prospettazioni, il Collegio evidenzia quanto segue.

9.1. Per consolidata giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2021, n. 7533, § 39.4 e ss.), i requisiti di partecipazione devono sì essere posseduti al momento della formulazione della domanda, ma debbono altresì essere mantenuti per tutto il corso della procedura amministrativa di selezione del contraente (cfr., in proposito, l’art. 80, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016).

9.2. Argomentare diversamente, del resto, condurrebbe a diverse aporie logiche:

- il concorrente, una volta ammesso, potrebbe in seguito perdere i requisiti di partecipazione senza alcuna conseguenza negativa, beneficiando in tal modo, per tutto il seguito del procedimento, di una sorta di “zona franca” sostanziale, prima facie collidente con gli scopi e le ragioni dell’evidenza pubblica;

- sotto altro aspetto, l’ammissione di un concorrente ne cristallizzerebbe una volta per tutte la facoltà di partecipare alla gara, rendendo de jure irrilevanti tutte le eventuali vicende successive pur occorse durante lo svolgimento del procedimento, in spregio del principio di continuità dell’azione amministrativa e di immanenza del pubblico interesse perseguito dall’Amministrazione mediante la procedura di selezione del contraente;

- i requisiti di partecipazione, posti dalla legge a tutela dell’integrità della selezione pubblica, sarebbero posti in non cale proprio durante il corso della medesima, generandosi un palese corto circuito logico-giuridico.

9.3. Sotto altro profilo, il dovere di lealtà e trasparenza, insito nella partecipazione stessa dell’operatore economico ad un procedimento di selezione del contraente (che genera un conseguente e sotteso rapporto amministrativo specificamente normato), impone la pronta comunicazione all’Amministrazione delle vicende penali che abbiano interessato gli esponenti apicali del concorrente costituito in forma societaria.

9.4. Oltretutto, nella specie la richiesta di rinvio a giudizio era anteriore alla stessa ammissione di De Vizia alla gara, sì che, a fortiori, il dovere di sollecita comunicazione (quanto meno) del successivo rinvio a giudizio assume una valenza ancor più pregnante, in quanto costituente lo sviluppo di una vicenda procedimentale (penale) iniziata già prima della stessa ammissione alla gara.

9.5. E’, infine, del tutto irrilevante che la vicenda in tesi delittuosa risalga al 2011, posto che ciò che conta è esclusivamente l’attualità dell’omissione dichiarativa.

10. L’art. 25 del capitolato speciale d’appalto (integralmente ripreso dall’art. 37 dello schema di contratto), come rettificato ed integrato dal Comune in data 31 ottobre 2018, stabilisce che “il Sindaco del Comune di Monza si avvale della clausola risolutiva espressa di cui all'art. 1456 c.cogni qualvolta nei confronti dell’imprenditore o dei componenti la compagine sociale, o dei dirigenti dell'impresa con funzioni specifiche relative all'affidamento alla stipula e all'esecuzione del contratto sia stata disposta misura cautelare o sia intervenuto rinvio a giudizio per taluno dei delitti di cui agli artt. 317 cp 318 cp 319 cp 319 bis cp 319 ter cp 319 quater 320 cp 322 cp 322 bis cp 346 bis cp 353 cp 353 bis cp”.

10.1. La clausola de qua è stata inserita nella lex specialis in virtù del “Protocollo di vigilanza collaborativa” sottoscritto da Comune ed ANAC in data 21 febbraio 2018 (cfr. documento 6 prodotto in prime cure dal Comune): la sottoscrizione del Protocollo era stata richiesta dallo stesso Ente locale ai sensi dell’art. 4 del Regolamento ANAC in subiecta materia, giacché il precedente contratto novennale stipulato con Sangalli nel 2009 era stato oggetto delle misure di cui all’art. 32, comma 1, d.l. n. 90 del 2014.

10.2. Ai sensi di tale Protocollo, il Sindaco si impegnava, tra l’altro, “ad inserire nella documentazione di gara e/o contrattuale” l’esposta clausola.

10.3. Di converso, tutti i concorrenti, ivi inclusa De Vizia, compilando il format della domanda di partecipazione predisposto dalla stazione appaltante, hanno accettato “incondizionatamente, espressamente e senza riserva alcuna” la cennata clausola.

10.4. Ora, è evidente che, se il rinvio a giudizio di esponenti apicali dell’operatore economico cui la commissione giudicatrice aveva proposto di aggiudicare la gara precede temporalmente la conclusione del contratto, del tutto legittimamente il Comune omette di stipularlo ed esclude l’operatore economico dalla gara.

10.5. Invero, ciò che, a valle della stipulazione negoziale, costituisce, per disposizione della lex specialis specificamente ed incondizionatamente accettata dai concorrenti, causa di risoluzione di diritto del contratto, a monte della stessa non può che valere quale causa ostativa alla conclusione del medesimo: altrimenti, si verificherebbe l’ossimoro giuridico di una stipulazione contrattuale operata dalla stazione appaltante nella consapevole prospettiva dell’immediato e doveroso scioglimento unilaterale del vincolo.

10.6. Altrimenti detto, l’intervento, nel corso della procedura di evidenza pubblica, di una causa (sostanziale) ostativa alla prospettica stipulazione del contratto non può che riflettersi, in chiave procedimentale, nell’immediata estromissione del concorrente dalla gara (conforme la posizione di ANAC – cfr. la nota prot. n. 223697 del 20 dicembre 2019).

10.7. Del resto, giacché la gara è teleologicamente volta alla stipulazione del contratto, un concorrente giuridicamente incapace di stipulare tale contratto - per il sopraggiungere di una causa a ciò ostativa - non ha più ragione di (continuare a) prendere parte alla procedura, che, peraltro, impone alla stazione appaltante la spendita di energie amministrative per loro natura scarse e, dunque, necessariamente da ottimizzare.

11. Non si apprezza, in proposito, una violazione dell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, in considerazione dell’art. 1, comma 17, l. n. 190 del 2012, ai sensi del quale “le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”.

11.1. A sua volta, la previsione dell’art. 1, comma 17, l. n. 190 del 2012, mirando alla prevenzione del fenomeno corruttivo (interesse generale d’ordine pubblico secondo il diritto nazionale ed euro-unitario) ed essendo subordinata alla preventiva predisposizione, da parte della stazione appaltante, di “protocolli di legalità o patti di integrità” ed alla relativa accettazione da parte del concorrente, si palesa rispettosa del principio di proporzionalità e, più in generale, in armonia con i lineamenti fondamentali del diritto euro-unitario (spunti in tal senso in Corte di giustizia dell’Unione europea, causa C-425/14, Edilux s.r.l.).

12. Né vale l’osservazione della ricorrente, secondo cui la clausola non è stata specificamente sottoscritta.

12.1. In proposito, rileva il fatto che la clausola non costituisce né una “condizione generale di contratto” (art. 1341 c.c.), né, comunque, una previsione negoziale: al contrario, si è in presenza di una condizione di partecipazione ad un procedimento amministrativo indetto, nell’esercizio di un potere istituzionalmente riservato, dall’Amministrazione comunale.

12.2. Peraltro, in termini più generali, l’applicazione della normativa civilistica nelle materie oggetto di potere amministrativo non è immediato e, per così dire, fisiologico, ma è viceversa eccezionale (arg. a contrario dall’art. 1, comma 1-bis, l. n. 241 del 1990), posto che la fattispecie, proprio in quanto frutto della spendita di potere, è interamente regolata secondo il meccanismo norma – potere – effetto.

12.3. Per di più, nella specie l’estromissione dalla gara:

- non è stata automatica, ma è per tabulas stata preceduta da apposito contraddittorio con l’interessata;

- è stata specificamente motivata dalla stazione appaltante (cfr. pagine da 3 a 5 dell’atto impugnato con ricorso introduttivo), cui è ex lege riservata la valutazione discrezionale in ordine alla gravità della condotta del concorrente (tanto dichiarativa quanto, soprattutto, sostanziale) ed alla relativa sussumibilità nel genus “grave errore professionale”; tale valutazione, come noto, è sindacabile in giudizio solo ab externo (cfr., da ultimo, Cons. Stato, ad. plen., n. 16 del 28 agosto 2020; Cons. Stato, sez. IV, 30 dicembre 2020, n. 8532, § 43 e ss.; Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2021, n. 7533, § 41).

13. Sotto altro aspetto, è inconferente la considerazione di De Vizia, secondo cui “l’esclusione risulterebbe comunque illegittima per violazione dell’art. 25 del c.s.a. in base al quale spetta in ogni caso all’Anac … la valutazione in merito all’eventuale prosecuzione del rapporto contrattuale, al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 32 del D.L. 90/2014 convertito in legge 114 del 2014”.

13.1. I poteri conferiti ad ANAC dall’art. 32, comma 1, d.l. n. 90 del 2014 presuppongono la previa stipulazione del contratto e si situano, dunque, interamente nell’ambito della fase esecutiva: il principio di tipicità del potere impedisce che se ne possa assumere, nel silenzio della legge, l’estensione anche alla propedeutica fase di selezione del contraente.

13.2. Oltretutto, non ve ne sarebbe motivo né in chiave logico-sistematica, né in chiave teleologica: la ratio della disposizione, infatti, risiede nel contemperamento dell’interesse pubblico alla riconduzione a legalità della gestione imprenditoriale dell’aggiudicatario con l’interesse, anch’esso pubblico, alla prosecuzione della prestazione contrattuale: laddove l’esecuzione della prestazione non sia ancora iniziata non vi è, pertanto, alcuna ragione di attivare siffatto potere di ANAC, potendo l’Amministrazione indicente, molto più semplicemente, affidare l’appalto ad altro concorrente.

14. Non ha pregio neppure l’ulteriore argomentazione di De Vizia, secondo cui “la clausola risulta riferirsi solo alle situazioni in cui il rinvio a giudizio afferisce ad ipotesi di reato inerenti alla stessa gara/appalto indetta dal soggetto con il quale è stato stipulato il Protocollo di Vigilanza e cioè nella specie dal Comune di Monza”.

14.1. Questa esegesi è, di fatto, un’interpretazione abrogans della previsione, la cui ratio di presidio avanzato di legalità ne impone, viceversa, il riferimento a tutte le gare cui abbia preso parte il concorrente, pena la frustrazione dello scopo cui la stessa, conformemente del resto all’intrinseca finalità del Protocollo di vigilanza, è preordinata.

15. Infine, il c.s.a. costituisce “parte integrante e sostanziale” dei “documenti di gara” (cfr. disciplinare di gara, art. 2.1), sì che è inconferente l’argomentazione secondo cui “le disposizioni del bando prevalgono sul c.s.a. e non possono essere modificate da quest’ultimo”.

16. Il Collegio può arrestare qui l’esame delle censure svolte dall’odierna appellante avverso l’atto comunale recante l’esclusione dalla gara.

16.1. Invero, tale atto costituisce un esempio di provvedimento pluri-motivato, ossia di atto fondato su distinte ragioni, ciascuna autonomamente in grado di sorreggerne il decisum.

16.2. Il tenore motivazionale dell’atto rende, infatti, evidente che ciascuno dei tre profili ivi enucleati costituisce una ragione di per sé idonea a giustificare la deliberazione di esclusione dalla gara.

16.3. In termini generali, il Collegio osserva che:

- in presenza di provvedimenti motivati con distinte ragioni, ciascuna delle quali di per sé astrattamente sufficiente a sorreggere la volizione amministrativa, la parte che agisce per l’annullamento ha l’onere di aggredire tutti i pilastri motivazionali che reggono l’avversata decisione, pena l’inammissibilità dell’azione, strutturalmente inidonea, quand’anche in toto accolta, a determinare l’annullamento dell’atto, che, al contrario, resterebbe in piedi in virtù delle ragioni non fatte oggetto di censura;

- specularmente, pur ove il ricorrente abbia aggredito tutti i pilastri motivazionali, ove uno dei motivi indicati dall’Amministrazione a fondamento del provvedimento superi il vaglio giurisdizionale (regga, cioè, alle doglianze formulate dall’interessato), il giudice può arrestarsi, posto che, quand’anche gli altri motivi enucleati dall’Amministrazione venissero ritenuti illegittimi, comunque l’atto non sarebbe caducato, stante la piena idoneità del primo motivo a sorreggerne da solo il deliberato.

16.4. Si può operare, in proposito, integrale richiamo alla pronuncia dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio n. 5 del 27 aprile 2015, in particolare al § 9.3.4.3, in ordine all’istituto pretorio dell’assorbimento per ragioni di economia processuale (v. anche, in proposito, Cass. civ., sez. un., nn. 26242 e 26243 del 12 dicembre 2014).

17. Le censure svolte da De Vizia avverso l’atto di escussione della cauzione saranno trattate infra, al termine della presente sentenza.

- L’AGGIUDICAZIONE DELLA GARA A SANGALLI

18. Può dunque passarsi alle censure svolte da De Vizia, con ricorso per motivi aggiunti, avverso l’aggiudicazione della gara a Sangalli.

18.1. Tali censure sono inammissibili per carenza sia di legittimazione, sia di interesse, profili costituenti condizioni dell’azione e, come tali, rilevabili d’ufficio anche in appello (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9, § 8.1; arg. anche da Cons. Stato, ad. plen., 9 dicembre 2021, n. 22).

18.2. In termini generali, la contestazione dell’esito di una procedura di selezione del contraente può essere formulata soltanto dall’operatore economico che a quella procedura abbia preso parte.

18.3. Tuttavia, non rileva, in proposito, la mera partecipazione di fatto, poiché solo la legittima partecipazione ascrive in capo all’operatore una situazione differenziata e qualificata (ossia l’interesse legittimo alla regolare conduzione delle operazioni di selezione da parte della stazione appaltante) che lo facoltizza a lamentare, in sede processuale, l’esito della procedura, proprio in quanto vi ha partecipato secundum jus.

18.4. In termini tecnico-giuridici, la partecipazione alla gara, quale fattore legittimante la formulazione di un ricorso avverso l’esito della stessa, rileva quale elemento (recte, presupposto) normativo, non semplicemente fattuale, dell’istanza di giustizia veicolata in giudizio.

18.5. La formulazione di un ricorso e la sua decidibilità nel merito richiedono infatti, alla sua base, una situazione sostanziale giuridicamente qualificata, posto che il processo è, nella sua essenza, la forma pubblicistica di tutela di situazioni giuridiche soggettive.

18.6. L’assenza, originaria o sopravvenuta, di tale fondamento sostanziale dell’istanza di giustizia priva ab imis la dinamica processuale del suo stesso oggetto.

18.7. In una prospettiva concreta e modulata in base a quanto qui di interesse, non ha titolo ad impugnare l’aggiudicazione non solo il partecipante che sia stato in precedenza escluso dalla gara, eventualmente anche in sede di autotutela officiosa, con provvedimento inoppugnato, ma anche il partecipante che abbia visto respinto in sede giurisdizionale, con pronuncia definitiva, il proprio ricorso avverso l’estromissione dalla gara.

18.8. In questo ultimo caso, sussistente nella specie, la pronuncia giurisdizionale, nel respingere il ricorso, accerta che il concorrente non ha ab origine partecipato secundum jus alla gara.

18.9. Le pronunce di rigetto del Giudice amministrativo, infatti, si limitano a dichiarare l’infondatezza dei motivi di censura svolti dall’interessato avverso una manifestazione provvedimentale di volontà, che, dunque, resta ab origine l’unica fonte di regolazione della fattispecie.

18.10. L’estromissione non è in tali casi disposta hic et nunc dal giudice con la sentenza, ma in precedenza dall’Amministrazione con un proprio provvedimento, in ordine al quale il giudice si è limitato ad escludere la sussistenza dei profili di illegittimità lamentati dall’operatore interessato.

18.11. In siffatta ipotesi, pertanto, in termini giuridici il concorrente è da intendersi ab imis estraneo alla procedura, posto che la sua partecipazione di fatto non ha riposato su un sostrato normativo legittimante: altrimenti detto, non ha ex tunc avuto rilievo giuridico.

19. Tali considerazioni di massima valgono anche nel caso in cui il ricorso avverso l’aggiudicazione sia stato formulato in pendenza del giudizio avverso l’atto di esclusione.

19.1. La reiezione di quest’ultimo determina in chiave processuale la perdita ex tunc, in capo al ricorrente, della posizione legittimante il successivo ricorso avverso l’aggiudicazione, quale riflesso necessario ed ineludibile della carenza sostanziale di un interesse legittimo al regolare svolgimento della gara, strutturalmente insuscettibile di cristallizzarsi in capo ad un soggetto che non vi abbia tout court preso parte o - ciò che ai fini de quibus è lo stesso - ne sia stato escluso con provvedimento legittimo.

19.2. Nella specie, il rigetto del gravame di De Vizia comporta la piena esecutività della decisione della stazione appaltante del 29 gennaio 2020 di estromissione dalla gara, con conseguente carenza di legittimazione (processuale) ed interesse (sostanziale) a contestarne l’esito poi stabilito in data 22 luglio 2020, trattandosi oramai, a tutti gli effetti, di procedura inter alios acta.

19.3. Una tale conclusione è pienamente conforme all’indirizzo esegetico nazionale (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9, cui si fa espresso ed integrale richiamo; arg. anche da Cons. Stato, ad. plen., 9 dicembre 2021, n. 22).

20. A ben vedere, inoltre, la conclusione in esame è coerente con il quadro regolatorio euro-unitario (cfr., in particolare, la sentenza della Corte di giustizia UE 11 maggio 2017, C-131/16, Archus, § 57-59 e la sentenza 21 dicembre 2016, C-355/15, B.T.G., § 24 e ss.).

20.1. Il Collegio premette che il regolatore euro-unitario non conosce una disciplina generale del processo, rimessa ai legislatori nazionali con l’unico limite dei principi di equivalenza (del trattamento delle situazioni giuridiche nazionali ed euro-unitarie) ed effettività (della tutela giurisdizionale in concreto erogabile).

20.2. Il diritto processuale nazionale impone, con l’art. 120, comma 7, c.p.a., che tutti gli atti emessi nell’ambito di una procedura di gara già oggetto di un ricorso debbano essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti.

20.3. La disposizione ha un carattere processuale e tende a perseguire il fine della concentrazione processuale, quale fattore di razionalizzazione e velocizzazione del contenzioso.

20.4. La disposizione, tuttavia, non impinge nella natura sostanziale degli atti impugnati, non ne muta il regime giuridico, non incide sulla relativa efficacia, non ne elide l’autonomia strutturale e funzionale.

20.5. Nella specie, De Vizia ha impugnato:

- dapprima, con ricorso introduttivo, il provvedimento del 29 gennaio 2020 che la estrometteva dalla gara;

- quindi, con ricorso per motivi aggiunti, il provvedimento del 22 luglio 2020 di aggiudicazione della gara a Sangalli.

20.6. Si tratta, con ogni evidenza, di iniziative giurisdizionali distinte sul piano non solo temporale, ma prima ancora sostanziale, e confluite nel medesimo giudizio in virtù della disposizione di cui all’art. 120, comma 7, c.p.a., avente mera portata processuale.

20.7. Ora, è evidente che il giudice investito di tale complessa controversia (processualmente) unitaria debba prendere le mosse dal ricorso avverso l’atto di esclusione, non solo perché temporalmente anteriore, ma soprattutto perché funzionalmente propedeutico alla stessa possibilità di cognizione del secondo: la verifica della ritualità dell’esclusione del concorrente è, infatti, oggettivamente prioritaria rispetto allo scrutinio delle censure da questi mosse avverso il successivo esito della gara.

20.8. Del resto, il diritto euro-unitario conosce, anche nella materia degli appalti, il valore della risorsa giustizia, la cui ontologica scarsità osta a che sia dispersa nello scrutinio di ricorsi avverso atti di aggiudicazione formulati da concorrenti che, al momento della delibazione da parte del giudice, risultino oramai estranei alla gara stessa.

21. Non può che interpretarsi così il passaggio operato dalla Corte di giustizia nella sentenza C-355/15 (al § 34), secondo cui “[il diritto euro-unitario] consente ad ogni partecipante escluso di contestare non solo la decisione di esclusione, ma anche, fintantoché detta contestazione è pendente, le successive decisioni che gli arrecherebbero pregiudizio ove la propria esclusione fosse annullata”.

21.1. Del resto, le condizioni dell’azione debbono sussistere al momento del radicamento della lite e persistere per tutta la relativa durata, per cui, se al momento della delibazione giudiziale del ricorso avverso l’aggiudicazione il concorrente risulti definitivamente escluso dalla procedura a seguito del rigetto dell’impugnazione dell’atto di estromissione a suo tempo emanato dalla stazione appaltante, ne viene meno ex tunc la legittimazione e lo stesso interesse a ricorrere.

21.2. La correttezza dell’esegesi in parola, comunque, è lumeggiata dalla successiva decisione della Corte di giustizia emessa a definizione della causa C-131/16.

21.3. In tale controversia, la parte ricorrente aveva impugnato due decisioni contestuali dell’Amministrazione, una di “rigetto” della propria offerta, l’altra di aggiudicazione a terzi dell’appalto.

21.4. In questo contesto, la pronuncia in commento osserva (al § 57) che “la Corte ha giudicato che, nel caso che ha portato alla sentenza del 21 dicembre 2016, Bietergemeinschaft Technische Gebäudebetreuung und Caverion Österreich (C‑355/15, EU:C:2016:988, punti da 13 a 16, 31 e 36), a un offerente la cui offerta era stata esclusa dall’amministrazione aggiudicatrice da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico poteva essere negato l’accesso a un ricorso avverso la decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico. Tuttavia, la decisione di esclusione di tale offerente è stata confermata da una decisione che ha acquisito autorità di cosa giudicata prima che il giudice investito del ricorso avverso la decisione di aggiudicazione dell’appalto statuisse, in modo tale che detto offerente doveva essere considerato definitivamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico in questione”.

21.5. Ciò rappresenta, secondo la Corte, il profilo differenziale rispetto alla situazione sottesa al giudizio in trattazione, in cui, invece, “l’Archus e la Gama hanno proposto ricorso avverso la decisione che esclude la loro offerta e avverso la decisione che aggiudica l’appalto, adottate contemporaneamente, e non possono quindi essere ritenute definitivamente escluse dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico”.

21.6. Orbene, la presente controversia si presenta affine a quella decisa dalla Corte con la sentenza 21 dicembre 2016, giacché:

- l’esclusione di De Vizia è stata disposta sei mesi prima dell’aggiudicazione dell’appalto a Sangalli;

- l’impugnazione dell’esclusione è stata formulata da De Vizia sei mesi prima dell’impugnazione dell’aggiudicazione a Sangalli;

- i due ricorsi sono stati trattati unitariamente in ragione di una disposizione nazionale di carattere meramente processuale, ferma la rispettiva distinzione sul piano sostanziale;

- il ricorso avverso l’esclusione è stato affrontato e delibato per primo, per ragioni di priorità temporale e di precedenza funzionale;

- tale ricorso è stato in toto definito nel merito (è noto che il ricorso per Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato afferisce al solo profilo della giurisdizione) prima di passare allo scrutinio di quello relativo all’aggiudicazione a Sangalli.

22. Né questo Collegio incorre in una violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a., giacché in prime cure Sangalli ha esplicitamente affermato che “l’inammissibilità e infondatezza del ricorso introduttivo contro l’esclusione avversa esimerebbe a rigore dal venire al ricorso per motivi aggiunti contro l’aggiudicazione della gara” (cfr. memoria del 9 novembre 2020, pag. 20), con ciò ventilando, sia pure in nuce, profili di inammissibilità del ricorso per aggiunzione, in relazione ai quali può, dunque, sostenersi che:

- sono entrati nel thema decidendum del presente giudizio;

- non sono stati in alcun modo affrontati dal T.a.r., sì che non può dirsi integrato, in proposito, alcun giudicato implicito (interno), essendosi viceversa in presenza di una mera omissione di pronuncia;

- per consolidata giurisprudenza, non necessitavano di espressa riproposizione in appello, non trattandosi di eccezioni in senso stretto (arg., ex multis, da Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 2021, n. 2965).

L’APPELLO INCIDENTALE DI SANGALLI

23. Il Collegio passa, ora, ad affrontare l’appello incidentale svolto da Sangalli, con cui quest’ultima:

- censura la declaratoria del T.a.r. di improcedibilità del ricorso incidentale svolto in prime cure “per sopravvenuta carenza di interesse”;

- ripropone le doglianze formulate in tale atto.

23.1. L’appello incidentale è infondato.

24. Il Collegio – in ossequio all’obbligo di sintesi imposto dall’art. 3, comma 2, c.p.a., vieppiù rafforzato dall’art. 120, comma 10, c.p.a. – accenna anzitutto alla distinzione fra ricorso incidentale (di primo grado) proprio e ricorso incidentale (di primo grado) improprio.

24.1. Premessa la natura occasionale, accessoria e, per così dire, non “originaria” dell’interesse sotteso alla proposizione dell’impugnazione incidentale (che non consegue all’atto, ma all’altrui impugnazione di tale atto), il Collegio osserva che il ricorso incidentale proprio non introduce una domanda demolitoria autonoma nell’oggetto, ma costituisce una contro-impugnazione rivolta avverso il medesimo atto già impugnato ex adverso, che viene censurato nella parte in cui è lesivo per il ricorrente incidentale (qualifica processuale che, sul piano sostanziale, corrisponde a quella di contro-interessato).

24.1.1. Da un punto di vista processuale, il ricorso incidentale proprio non estende l’oggetto provvedimentale del giudizio stricto sensu inteso, che resta incentrato sull’atto già aggredito con l’impugnazione principale, ma ne arricchisce la cognizione, estesa anche alle censure incidentali.

24.1.2. Peraltro, a ben vedere il ricorso incidentale non tende teleologicamente a rimuovere l’atto gravato, ma a mantenerlo: per far ciò, stigmatizza profili di illegittimità dell’atto, distinti da quelli lamentati ex adverso, tali da neutralizzare l’impugnazione principale, preservando l’assetto degli interessi delineato dal provvedimento.

24.1.3. Si ponga mente all’impugnazione di una graduatoria, aggredita in via principale da soggetto non utilmente classificato ed impugnata in via incidentale da uno dei vincitori, lamentando la mancata considerazione, a suo favore, di punteggi ulteriori che renderebbero inutile l’avversa impugnazione.

24.2. Viceversa, il ricorso incidentale improprio attinge un diverso atto, il cui prospettico annullamento priverebbe di efficacia l’avversa impugnazione principale (ad esempio, l’impugnazione incidentale dell’ammissione alla gara del soggetto che ha impugnato, in via principale, l’aggiudicazione della stessa).

24.2.1. Siffatta impugnazione, dunque, arricchisce l’oggetto del giudizio e mira a sterilizzare ab externo l’iniziativa giurisdizionale principale, elidendone ab imis i presupposti (in primis di ammissibilità o procedibilità).

24.2.2. Anche il ricorso incidentale improprio, pur connotato da un portato demolitorio, mira comunque, in definitiva, a preservare l’assetto degli interessi fissato dall’Amministrazione.

25. La natura finalisticamente difensiva e strutturalmente conservativa del ricorso incidentale (proprio od improprio che sia), nonostante la forma impugnatoria, ne condiziona intrinsecamente l’ammissibilità e la procedibilità.

25.1. Invero, il ricorso incidentale:

- è ammissibile solo se effettivamente in grado, ove accolto, di neutralizzare l’avversa impugnazione;

- è procedibile solo in caso di ritenuta fondatezza dell’impugnazione principale, posto che, in caso contrario, l’assetto degli interessi fissato in via amministrativa resterebbe comunque intonso.

25.2. Quanto a quest’ultimo punto, è d’uopo evidenziare che a sostegno dell’impugnazione incidentale non vi è una lesione attuale (che richiede l’esperimento di una impugnazione autonoma), ma una mera lesione virtuale conseguente all’ipotetico accoglimento dell’impugnazione principale.

25.3. Ove venga meno questo pericolo, la finalità difensiva cui è preordinato il ricorso incidentale è pienamente soddisfatta, sì che l’impugnazione incidentale perde naturaliter di interesse.

26. Orbene, nella specie, l’integrale reiezione, da parte del T.a.r., delle censure formulate da De Vizia avverso l’atto di esclusione soddisfa in pieno l’interesse di Sangalli di tener fermo l’assetto di interessi fissato dall’Amministrazione.

26.1. Ne consegue che il ricorso incidentale (proprio) formulato da Sangalli non aveva alcuna ragione oggettiva per essere scrutinato dal T.a.r., posto che la lesione virtuale che ne sottendeva la proposizione non si era attualizzata.

26.2. E’, pertanto, corretta la statuizione di improcedibilità disposta in prime cure.

26.3. Peraltro, la reiezione dell’appello di De Vizia in punto di esclusione dalla gara priva Sangalli di concreto interesse all’esame delle assunte ragioni ulteriori, riproposte con l’appello incidentale, che avrebbero dovuto motivare siffatta esclusione.

IL DEFERIMENTO ALL’ADUNANZA PLENARIA

27. Il Collegio affronta, a questo punto, la questione di diritto che ritiene necessario portare all’esame dell’Adunanza plenaria.

28. Con la determinazione dirigenziale prot. n. 35387 del 18 febbraio 2020, indirizzata alla Reale Mutua Assicurazioni e, per conoscenza, all’odierna appellante, il Comune ha disposto l’escussione della garanzia a suo tempo presentata da De Vizia a corredo dell’offerta, ai sensi dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016.

28.1. Il Comune, nella determinazione in parola, si è limitato a richiamare tale articolo e ad osservare che De Vizia era “risultata destinataria di proposta di aggiudicazione”.

29. De Vizia, in proposito, ha lamentato (cfr. ricorso avanti il T.a.r., pagine 43 e 44) che tale determinazione:

- sia in primo luogo inficiata “in via derivata” dai motivi svolti avverso l’estromissione dalla gara (profilo superato dalle argomentazioni svolte nei paragrafi precedenti e su cui, dunque, non si tornerà);

- sia, comunque, “affetta da vizi autonomi”, in quanto disposta a carico non di un aggiudicatario, ma di un soggetto destinatario di una mera proposta di aggiudicazione.

29.1. L’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, infatti, secondo l’odierna appellante “non si applica alle ipotesi, quale quella in esame, in cui non è ancora intervenuta l’aggiudicazione ovvero in quelle ipotesi in cui la stazione appaltante procede discrezionalmente, nel corso della gara, alla verifica dei requisiti di uno o più concorrenti”.

29.2. Oltretutto, prosegue l’appellante, l’escussione della cauzione non sarebbe “fondata su fatti riconducibili all’aggiudicatario, ma su circostanze (segnatamente il rinvio a giudizio) sopravvenute rispetto alla presentazione dell’offerta, all’aggiudicazione ed alla comprova dei requisiti”.

30. Il T.a.r., viceversa, ha ritenuto che:

- “la cauzione assolve una funzione essenziale di garanzia della serietà e dell’attendibilità dell’offerta, sicché copre ogni ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto addebitabile all’offerente, anche nel caso in cui l’aggiudicatario non superi le verifiche conseguenti alla redazione della graduatoria finale”;

- nella specie, “la mancata conclusione del procedimento di gara e la conseguente omessa stipulazione del contratto sono certamente riferibili a Devizia, per cui la decisione dell’Appaltante di avviare l’escussione della cauzione non pare erronea”.

31. De Vizia, in appello, ripropone le argomentazioni di prime cure, sostenendo, in particolare, che la disposizione in parola differisce dal previgente art. 48, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 proprio in quanto limita al solo aggiudicatario la facoltà della stazione appaltante di escussione della cauzione, in precedenza, invece, esercitabile nei confronti di ogni “concorrente”.

31.1. Tale fondamentale tratto distintivo fra le due norme sarebbe stato colto da questo Consiglio che, con ordinanza della V sezione n. 3299 del 26 aprile 2021, avrebbe sollevato questione di legittimità costituzionale in ordine alla mancata previsione, da parte dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 (in combinato disposto con il successivo art. 216), della retroattività della regula juris ivi stabilita, avente carattere più favorevole rispetto al pregresso.

32. Il Comune contesta tali argomentazioni anche sulla scorta della sentenza di questa sezione n. 3255 del 22 aprile 2021, nonché della sentenza della III sezione n. 5517 del 22 luglio 2021.

32.1. Il Comune, in sostanza, ritiene che:

- il d.lgs. n. 50 del 2016 abbia ridotto gli adempimenti della stazione appaltante, de jure condito tenuta a verificare i requisiti del solo aggiudicatario, non anche, sia pure a campione, degli altri concorrenti, come in precedenza;

- tale verifica sia funzionale al perfezionamento del contratto e debba, pertanto, essere applicata in considerazione di tale precipua finalizzazione;

- una siffatta ratio ricorrerebbe pienamente nella presente fattispecie, in cui “l’aggiudicazione si avviava al suo perfezionamento e, tuttavia, prima della sua formalizzazione definitiva, emergevano le circostanze che, dopo la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e 8 della L. 241/90 del 20.9.2020 e la relativa istruttoria, comportavano l’esclusione” della De Vizia, “la quale poteva ben definirsi aggiudicataria lato sensu”, almeno ai fini de quibus.

33. Sangalli si limita a riproporre l’eccezione di carenza di giurisdizione già formulata in prime cure “(nella memoria 9.11.2020, p. 20, § 115) poiché la doglianza avversa riguarda soli diritti soggettivi”.

34. Il Collegio premette che la questione di giurisdizione – in disparte ogni altra considerazione – è infondata: è sufficiente richiamare, al fine di motivare la sussistenza della giurisdizione di questo plesso giurisdizionale, la recente pronuncia delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 9005 del 31 marzo 2021.

35. Quanto al merito della questione, il Collegio premette che il vigente testo dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017, ha il seguente tenore: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”.

35.1. In precedenza, l’articolo recitava come segue: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, per fatto dell’affidatario riconducibile ad una condotta connotata da dolo o colpa grave, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”.

36. Risalta subito l’espunzione, nel vigente testo, di ogni riferimento all’elemento soggettivo dell’affidatario, viceversa contemplato nella precedente versione.

36.1. L’attuale formulazione dell’articolo, infatti, si limita ad individuare, quale presupposto dell’escussione, la sussistenza di un “fatto riconducibile all’affidatario”, ovvero “l’adozione di informazione antimafia interdittiva”.

36.2. La prima locuzione (“fatto riconducibile all’affidatario”) esprime un collegamento meramente eziologico fra un “fatto” dell’aggiudicatario e la “mancata sottoscrizione del contratto”, richiamando dunque una concezione meramente oggettiva dei presupposti per l’applicazione dell’escussione, cui è estranea ogni valutazione circa la colpevolezza di tale “fatto”.

36.3. Peraltro, la scelta dell’espressione “fatto”, anziché dell’espressione “atto”, rafforza vieppiù questa conclusione, posto che, nel linguaggio tecnico-giuridico, il “fatto” rimanda ad un mero accadimento materiale (dunque anche ad un’azione umana, ma vista esclusivamente nel suo portato materiale e nella sua natura oggettiva), senza alcuna rilevanza circa il sotteso assetto volontaristico del soggetto, proprio, invece, dello “atto” in senso stretto.

36.4. Tale esegesi trova ulteriore, indiretta conferma nell’individuazione, come ulteriore fattispecie che attiva l’escussione, dell’adozione di informativa antimafia interdittiva.

36.5. Tale provvedimento compete alla Pubblica Autorità (cui è, dunque, estraneo qualsiasi intervento dell’interessato) a seguito della discrezionale valutazione di elementi sintomatici di permeabilità mafiosa, ed è emesso senza che sia necessario alcuno scrutinio circa la colpevolezza del soggetto in ordine a tale situazione permeabilità, che ben può essere anche semplicemente subita o tollerata.

36.6. L’assoluta irrilevanza dell’elemento soggettivo in tale seconda ipotesi depone, quindi, per un’analoga conclusione circa l’altra fattispecie, in omaggio anche ad un criterio di necessaria coerenza interna della disposizione di legge, che deve sempre guidare l’interprete nel trarne la corrispondente norma.

37. In definitiva, ad avviso del Collegio la disposizione in parola prescinde da un addebito di colpevolezza in capo all’interessato e pertanto:

- si applica automaticamente al verificarsi, per quanto qui di interesse, di qualunque “fatto” riconducibile alla sfera giuridica dell’affidatario che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto, locuzione volutamente ampia al cui interno ben può sussumersi il difetto, originario o sopravvenuto in corso di procedura, dei necessari requisiti di partecipazione stabiliti dalla legge;

- è priva di carattere sanzionatorio, con ogni relativa conseguenza in ordine all’irrilevanza dei principi di diritto di provenienza sovra-statuale - in primis della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla relativa Corte - circa i caratteri del “diritto punitivo”, locuzione che, come noto, in sede sovra-nazionale si protende oltre i confini ascritti in sede nazionale al diritto penale.

38. Il Collegio rileva, per completezza, che alcune recenti decisioni sono di segno opposto.

38.1. Si fa riferimento, in particolare, all’ordinanza della V sezione n. 3299 del 26 aprile 2021, ove si ritiene “di dover confermare la natura anche sanzionatoria dell’istituto dell’escussione della garanzia provvisoria, per come disciplinato dal d.lgs. n. 163 del 2006”, anche in coerenza con “la decisione dell’Adunanza plenaria 4 ottobre 2005, n. 8” e “la successiva decisione 10 dicembre 2014, n. 34 dell’Adunanza plenaria”, nonché secondo altri arresti (“Cons. Stato, V, 27 giugno 2017, n. 3701; V, 19 aprile 2017, n. 1818; IV, 19 novembre 2015, n. 5280; IV, 9 giugno 2015, n. 2829; V, 10 settembre 2012, n. 4778”, “Cons. Stato, V, 10 aprile 2018, n. 2181”, “ ).

38.2. In tale ordinanza si sostiene, in sostanza, che “l’escussione della cauzione provvisoria assumerebbe anche la funzione di una sanzione amministrativa, seppure non in senso proprio”, posto che “non può essere considerata una misura meramente ripristinatoria dello status quo ante, né ha natura risarcitoria (o anche solo indennitaria), né mira semplicemente alla prevenzione di nuove irregolarità da parte dell’operatore economico”.

38.3. Analoghe conclusioni sono, inoltre, raggiunte dalla sentenza di questa sezione n. 3255 del 22 aprile 2021, § 9.1, sia pure senza una specifica motivazione.

39. Il Collegio osserva, tuttavia, che la natura sanzionatoria del provvedimento di escussione della cauzione non è unanimemente sostenuta nella giurisprudenza amministrativa.

39.1. In senso (almeno) parzialmente contrario si richiama la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 34 del 2014, riferita al previgente d.lgs. n. 163 del 2006, in cui, con riferimento alla questione della “legittimità della clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici”, si legge che:

- “la cauzione provvisoria assolve la funzione di garanzia del mantenimento dell’offerta in un duplice senso, giacché, per un verso, essa presidia la serietà dell’offerta e il mantenimento di questa da parte di tutti partecipanti alla gara fino al momento dell’aggiudicazione; per altro verso, essa garantisce la stipula del contratto da parte della offerente che risulti, all’esito della procedura, aggiudicataria”;

- pertanto, “in questo senso l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione n. 8 del 2005, ha affermato che la cauzione provvisoria, oltre ad indennizzare la stazione appaltante dall'eventuale mancata sottoscrizione del contratto da parte dell'aggiudicatario (funzione indennitaria), svolge (può svolgere) altresì una funzione sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei concorrenti”;

- l’istituto della cauzione provvisoria, tuttavia, “si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica”, ne presidia “l’obbligo di diligenza” e, “ferma restando la generale distinzione fra l’istituto della clausola penale (1383 c.c.) avente funzione di liquidazione anticipata del danno da inadempimento e della caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) avente la funzione di dimostrare la serietà dell’intento di stipulare il contratto sin dal momento delle trattative o del perfezionamento dello stesso”, va ricondotto alla caparra confirmatoria, “sia perché è finalizzata a confermare la serietà di un impegno da assumere in futuro, sia perché tale qualificazione risulta la più coerente con l’esigenza, rilevante contabilmente, di non vulnerare l’amministrazione costringendola a pretendere il maggior danno”;

- l’istituto in esame consiste, dunque, in “una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di regole e doveri contrattuali espressamente accettati”;

- non assumono rilievo, pertanto, né il principio di tassatività né quello di legalità, giacché quest’ultimo riguarda le “sanzioni in senso proprio” e non già “le misure di indole patrimoniale liberamente contenute negli atti di indizione, accettate dai concorrenti, non irragionevoli né illogiche, rispondenti all’autonomia patrimoniale delle parti, non contrarie a norme imperative e anzi agganciate alla ratio rinvenibile nelle disposizioni del codice”, mentre il primo è “riferibile alle sole cause di esclusione dalla gara e non già ad altre misure di tipo patrimoniale contenute in clausole degli atti di indizione e riferibili a doveri di correttezza contrattuale”.

39.2. Si vedano, in proposito, anche:

- Cons. Stato, sez. V, del 27 luglio 2017, n. 3701, secondo cui “l’incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale [...]. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara”;

- Cons. Stato, sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5501, secondo cui “l’escussione della cauzione provvisoria ai sensi dell'art. 48 del decreto legislativo n. 163 del 2006 rappresenta una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che costituisce l'automatica conseguenza della violazione di doveri o regole contrattuali espressamente accertate”; come tale, essa è “applicabile a prescindere dalla scusabilità dell’errore, sicché il detto incameramento della cauzione provvisoria previsto dall'art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all'esclusione”;

- Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5, secondo cui “l’incameramento della cauzione provvisoria previsto dall’art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all’esclusione”.

39.3. Del resto, aggiunge il Collegio, anche in dottrina si dubita della natura sanzionatoria dell’istituto (che, peraltro, imporrebbe di riconoscerne la prescrittibilità quinquennale - cfr. art. 28 l. n. 689 del 1981).

39.4. Non può non evidenziarsi, inoltre, che:

- è revocabile in dubbio che la funzione sanzionatoria di una misura, tanto più se indiretta, ne attesti ex se la natura giuridica propriamente sanzionatoria;

- un istituto o ha natura sanzionatoria o non la ha, non contemplandosi casi di istituti con natura sanzionatoria “seppure non in senso proprio”, alla luce del principio di tassatività e legalità espressamente posto a fondamento del diritto amministrativo sanzionatorio (cfr. art. 1 l. n. 689 del 1981; art. 3 d.lgs. n. 472 del 1997).

40. In conclusione sul punto, ad avviso del Collegio l’escussione della garanzia è legittimamente disposta dalla stazione appaltante in ogni caso in cui la stipulazione del contratto non sia possibile a motivo di un “fatto” afferente alla sfera giuridica dell’aggiudicatario, quale ben può essere la mancanza o la perdita sopravvenuta dei requisiti cui la legge subordina la partecipazione ad una gara, senza che sia necessaria alcuna ulteriore indagine.

41. Resta, a questo punto, il distinto profilo della possibilità di equiparare, ai fini de quibus, l’aggiudicatario propriamente detto ed il soggetto a cui favore è stata semplicemente proposta l’aggiudicazione.

42. Il profilo, su cui non constano precedenti di questo Consiglio, può dar luogo a contrasti giurisprudenziali e, pertanto, il Collegio, pur conscio dell’importanza del principio della sollecita definizione dei giudizi, tanto più se in tema di procedure di selezione del contraente, ritiene prudenzialmente di deferirlo all’Adunanza plenaria, in ossequio alla funzione nomofilattica che questo Consiglio è tenuto a svolgere, nell’interesse non solo degli operatori del settore, ma del diritto oggettivo nel suo complesso.

43. In proposito, effettivamente, come sostiene l’appellante, la disposizione vigente fa riferimento esclusivamente all’aggiudicatario, laddove stabilisce che “la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione”.

43.1. Ove ci si limitasse alla mera lettera della legge, la censura svolta da De Vizia sarebbe, pertanto, da accogliere.

44. Il Collegio ritiene, tuttavia, che non possa omettersi un’esegesi di carattere logico-sistematico e teleologico della disposizione, invero necessaria al fine di collocarne ed inquadrarne armonicamente il portato normativo entro il più ampio ambito regolatorio recato dal d.lgs. n. 50 del 2016, costituente un corpus unitario (tanto da recare, in rubrica, la definizione di “codice”) volto a disciplinare l’intera materia dell’affidamento dei contratti pubblici (cfr. l’art. 1 d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui “il presente codice disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione”).

44.1. In siffatta prospettiva, doverosamente attenta al dato sistematico ed alla proiezione finalistica, emerge plasticamente l’assoluta identità, ai fini de quibus, tra la situazione dell’aggiudicatario e quella in cui versa il soggetto “proposto per l’aggiudicazione” che, tuttavia, si sia visto rifiutare la formale aggiudicazione, con contestuale esclusione dalla procedura, poiché, all’esito dei controlli operati dalla stazione appaltante proprio in vista della stipulazione del contratto, sia emersa l’assenza, non importa se originaria o sopravvenuta, dei necessari requisiti di legge.

44.2. In un caso siffatto, invero, la mancata stipulazione del contratto consegue in via diretta, immediata ed esclusiva ad un “fatto” del soggetto già proposto per l’aggiudicazione (dunque già individuato come vincitore della selezione), risultato privo di uno dei requisiti necessari per la stessa partecipazione alla gara.

44.3. Del resto, nella specie la stazione appaltante non ha contestato la proposta di aggiudicazione formulata dal seggio di gara per profili afferenti all’attribuzione dei punteggi, ma, al contrario, implicitamente ammettendone la correttezza, ha proceduto alla verifica della posizione del proposto, escludendolo per profili afferenti (non, appunto, alla ritualità della valutazione operata dalla commissione giudicatrice, ma) al possesso dei necessari requisiti.

44.4. Un’interpretazione siffatta, lungi dal violare la disposizione, ne trae di contro – ad avviso del Collegio – la norma più consona alla sottesa ratio, tesa a concentrare, a differenza che nel passato (cfr. art. 48, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006), i controlli amministrativi sul solo soggetto risultato vincitore della selezione, al fine di alleviare l’onere gravante sulla stazione appaltante e concentrarne le energie sul controllo del solo operatore con cui, all’esito della gara, deve essere stipulato il contratto, di converso limitando a carico di quest’ultimo il rischio dell’eventuale escussione della garanzia.

44.5. La disposizione in parola, del resto, ove menziona “la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione”, richiama quella fase situata dopo l’esito della procedura e prima della sottoscrizione negoziale, ossia proprio la fase in cui si svolgono i controlli sul soggetto proposto per l’aggiudicazione, una volta operato, da parte della commissione giudicatrice, il confronto concorrenziale in cui si sostanzia il senso ed il proprium della gara pubblica.

44.6. L’esegesi proposta, dunque, non determina alcuna violazione della disposizione - la cui natura non sanzionatoria, peraltro, non impone alcun rigido perimetro all’interprete - ma, al contrario, ne trae, ad avviso del Collegio, la norma più coerente con la più ampia cornice regolatoria recata dal corpus codicistico in cui la disposizione è contenuta: risulterebbe, invero, contraddittorio e diseconomico obbligare la stazione appaltante a procedere all’aggiudicazione nei confronti del “proposto” e, subito dopo, ad esercitare l’annullamento in autotutela di tale provvedimento per carenza, in capo all’affidatario, di un imprescindibile requisito soggettivo.

45. In conclusione, il Collegio rimette all’Adunanza plenaria il seguente quesito di diritto: “se l’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 possa (recte, debba) trovare applicazione non solo nei confronti del soggetto cui sia già stata definitivamente aggiudicata la gara, ma anche nei confronti del soggetto che la commissione giudicatrice, dopo le valutazioni di spettanza, abbia proposto per l’aggiudicazione”.

46. Posto che la presente sentenza non definitiva ha risolto tutte le altre questioni in contestazione, l’Adunanza plenaria, ove ritenga opportuno non limitarsi all’enunciazione del punto di diritto, può altresì definire il giudizio, provvedendo in tal caso al conseguente regolamento delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dispone come segue:

- rigetta in parte l’appello principale, con esclusione della sola questione deferita all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, di cui in parte motiva, sub § 45;

- rigetta integralmente l’appello incidentale;

- dispone il deferimento all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato della questione indicata in parte motiva, sub § 45.

Spese al definitivo.

Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all’Adunanza plenaria.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Il Consiglio di Stato torna nuovamente a indagare la questione dell’ambito soggettivo di operatività dell’art. 93, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016.

Prima di affrontare il thema decidendum giova esaminare taluni elementi in fatto che hanno portato alla sentenza in commento.

La vicenda all’origine della pronuncia ha preso le mosse dall’indizione, da parte di un Comune, di una procedura aperta per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e spazzamento di rifiuti urbani. 

La lex specialis della gara non ha previsto la suddivisione in lotti dell’appalto; ha identificato il criterio di aggiudicazione in quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con attribuzione di 70 punti massimi all’offerta tecnica e di 30 punti massimi a quella economica; ha stabilito una soglia minima di sbarramento pari a 40 punti per il punteggio tecnico complessivo, con conseguente esclusione del concorrente non in grado di raggiungerla; infine, ha richiamato il “protocollo di vigilanza e collaborazione” prececentemente sottoscritto dall’Amministrazione comunale con l’ANAC.

Alla gara pubblica hanno partecipato cinque concorrenti, due soli dei quali sono riusciti a superare la suddetta soglia di sbarramento.

Svolte le formalità di apertura delle buste recanti le offerte economiche dei partecipanti alla selezione, la commissione di gara ha redatto la graduatoria finale e ha formulato la proposta di aggiudicazione in favore della società qualificatasi, al termine della gara, prima classificata. 

La procedura di gara ha tuttavia subito un’improvvisa battuta di arresto. 

Invero la concorrente vincitrice, all’esito dei controlli amministrativi operati dal Comune sulla propria posizione in vista della stipulazione del contratto, si è vista rifiutare la formale aggiudicazione dell’appalto con contestuale esclusione dalla procedura per profili afferenti al possesso dei requisiti richiesti dall’art. 80, d.lgs. n. 50/2016. A sostegno della decisione di estromissione della stessa sono state addotte tre distinte, autonome e concorrenti ragioni: “l’esistenza del motivo ostativo alla sottoscrizione del contratto per intervenuto rinvio a giudizio di esponenti apicali” nonché “la violazione degli obblighi dichiarativi” relativi a una sentenza di condanna e a una pregressa sentenza del Tar che aveva annullato l’aggiudicazione di un’altra gara in favore della società medesima. In particolare, il Comune ha specificato, in primo luogo, che “il comportamento dell’operatore economico deve essere improntato a principi di lealtà e integrità”, di tal che “l’eventuale omissione dichiarativa di situazioni potenzialmente rilevanti integra un grave errore professionale”, e, in secondo luogo che “i requisiti di ammissione devono essere posseduti non solo al tempo della presentazione dell’offerta, ma anche al momento dell’aggiudicazione e stipulazione del contratto”.

Infine, la prima classificata si è vista respingere l’istanza di annullamento in autotutela e, in ultimo, disporre l’incameramento della cauzione provvisoria presentata a corredo dell’offerta ai sensi dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, siccome “risultata destinataria di proposta di aggiudicazione” dell’appalto e non ancora aggiudicataria definitiva. 

Nel frattempo, la gara è stata aggiudicata alla seconda e unica società che aveva superato la soglia minima di sbarramento richiesta dalla lex specialis. La concorrente estromessa ha così proposto ricorso giurisdizionale avanti il Tribunale amministrativo regionale Lombardia avverso la determinazione recante l’escussione della garanzia lamentando, in specie, che essa fosse inficiata in via derivata dai motivi svolti contro l’estromissione dalla gara nonché affetta da vizi autonomi, perché disposta a carico non di un aggiudicatario bensì di un soggetto destinatario di una mera proposta di aggiudicazione. Invero, a suo avviso, l’art. 93, comma 6 del Codice dei contratti pubblici “non si applica alle ipotesi, quali quella in esame, in cui non è ancora intervenuta l’aggiudicazione ovvero in quelle ipotesi in cui la stazione appaltante procede discrezionalmente, nel corso della gara, alla verifica dei requisiti di uno o più concorrenti” e, inoltre, l’escussione della cauzione non sarebbe “fondata su fatti riconducibili all’aggiudicatario, ma su circostanze (segnatamente il rinvio a giudizio) sopravvenute rispetto alla presentazione dell’offerta, all’aggiudicazione ed alla comprova dei requisiti”. 

Con successivo ricorso per motivi aggiunti la società esclusa ha contestato l’intervenuta definitiva aggiudicazione in favore della seconda società che aveva raggiunto la soglia minima di sbarraramento, a sua volta promotrice di ricorso incidentale avverso l’atto di esclusione della prima.

Sono intervenuti ad opponendum la società mandataria e quella mandante del costituendo R.T.I., il cui punteggio attribuito all’offerta tecnica era più alto rispetto a quello dei tre concorrenti esclusi per non aver raggiunto la soglia di sbarramento.

Con sentenza 28 giugno 2021, n. 1581 il Tar Lombardia ha respinto il ricorso principale atteso che, per quanto di interesse, “la cauzione assolve una funzione essenziale di garanzia della serietà e dell’attendibilità dell’offerta, sicchè copre ogni ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto addebitabile all’offerente, anche nel caso in cui l’aggiudicatario non superi le verifiche conseguenti alla redazione della graduatoria finale”. Inoltre, nella specie, la mancata conclusione del procedimento di gara e la conseguente omessa stipulazione del contratto sono certamente riferibili alla società esclusa, di tal che la decisione della stazione appaltante di avviare l’escussione della garanzia non appare erronea.

Il Tar ha inoltre dichiarato improcedibile sia il ricorso incidentale promosso dall’aggiudicataria sia l’intervento ad opponendum, compensando le spese fra le parti. 

La società esclusa dalla procedura ha interposto appello avvero la sentenza del giudice di prime cure sostanzialmente riproponendo le medesime doglianze fatte valere in primo grado. In quella sede ha precipuamente sostenuto come l’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 differisca dal previgente art. 48, comma 1, d.lgs. n. 163/2006 nel circoscrivere al solo aggiudicatario la facoltà della stazione appaltante di richiedere l’escussione della cauzione provvisoria, in passato esercitabile nei confronti di qualsivoglia concorrente, come peraltro evidenziato dal Consiglio di Stato che, con ordinanza 26 aprile 2021 n. 3299, ha sollevato questione di legittimità costituzionale proprio in punto di mancata previsione da parte della norma vigente della retroattività della regula juris ivi stabilita, di favore rispetto alla pregressa. 

Si sono costituiti in giudizio il Comune, ANAC e la società aggiudicataria, la quale ha proposto appello incidentale avverso la declaratoria di improcedibilità del ricorso incidentale promosso in primo grado.

Con la pronuncia in esame la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha disposto il deferimento all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del quesito “se l’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 possa (recte, debba) trovare applicazione non solo nei confronti del soggetto cui sia già stata definitivamente aggiudicata la gara, ma anche nei confronti del soggetto che la commissione giudicatrice dopo le valutazioni di spettanza, abbia proposto per l’aggiudicazione”, risolvendo tutte le altre questioni in contestazione.

 

 

 

Brevemente narrati i fatti oggetto della pronuncia che ci occupa, ben si può comprendere come sia pregiudiziale interrogarsi in merito ai presupposti necessari per l’escussione della cauzione provvisoria, presentata dal partecipante a una gara pubblica a corredo della propria offerta, da parte della stazione appaltante. Presupposti che sembrano potersi distinguere in oggettivi e soggettivi, quantomeno nella formulazione della disposizione previgente di cui all’art. 48, comma 1 del d.lgs. n. 163/2006.

Muovendo da quelli oggettivi, è dato rilevare come il Consiglio di Stato abbia ritenuto opportuno procedere a una preliminare comparazione fra il vigente testo dell’art. 93, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 e quello precedente dell’art. 48, comma 1, d.lgs. n. 163/2006.

L’attuale disposizione prevede che “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”.

La previsione pregressa stabiliva invece che “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, per fatto dell’affidatario riconducibile ad una condotta connotata da dolo o colpa grave, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”.

Il testo in vigore individua quali presupposti dell’escussione la sussistenza di un “fatto riconducibile all’affidatario” ovvero “l’adozione di informazione antimafia interdittiva” così espungendo – almeno apparentemente –  ogni riferimento all’elemento psicologico dell’affidatario.

Soffermandosi sulla prima locuzione – “fatto riconducibile all’affidatario” –, il Collegio ha evidenziato che essa esprime un collegamento meramente eziologico fra un “fatto” dell’aggiudicatario e la “mancata sottoscrizione del contratto”, rinviando a una concezione oggettiva delle condizioni necessarie per l’applicazione dell’escussione, che in quanto tale prescinde da ogni valutazione sulla attribuzione colpevole di tale “fatto” al soggetto interessato.

La suddetta conclusione sarebbe peraltro avvalorata, secondo la Sezione, dalla chiara opzione del legislatore per l’espressione “fatto” anziché per l’espressione “atto”, atteso che nel linguaggio giuridico il “fatto” rimanda a un mero accadimento materiale senza che rilevi la volontà del soggetto, propria invece dell’“atto” in senso stretto.

Non solo. Vi è di più. Ulteriore e indiretta conferma della richiamata interpretazione risiederebbe nell’individuazione nell’adozione di informativa antimafia interdittiva di un’altra fattispecie idonea ad attivare l’escussione della garanzia provvisoria presentata dal partecipante alla gara a corredo della propria offerta. Invero, tale provvedimento è emesso dalla Pubblica Autorità in seguito a una propria valutazione discrezionale degli elementi sintomatici di permeabilità mafiosa senza che sia necessaria alcuna verifica sulla colpevolezza del soggetto circa la situazione di permeabilità, che ben può essere semplicemente subita o tollerata.

L’assoluta irrilevanza dell’elemento soggettivo in tale seconda ipotesi depone, quindi, per una conclusione del tutto analoga con riguardo alla prima, in omaggio altresì al criterio di necessaria coerenza interna della disposizione di legge da cui l’interprete deve sempre lasciarsi guidare.

In definitiva, ad avviso della Quarta Sezione, la previsione normativa di cui trattasi sembrerebbe prescindere da un addebito di colpevolezza in capo all’interessato e pertanto, da un lato, si applicherebbe automaticamente al verificarsi, per quanto qui di interesse, di qualunque “fatto riconducibile alla sfera giuridica dell’affidatario che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto, espressione scientemente ampia nel cui ambito ben può ricondursi il difetto, originario o sopravvenuto in corso di procedura, dei necessari requisiti di partecipazione stabiliti dalla legge e, dall’altro, non avrebbe carattere sanzionatorio, con conseguente irrilevanza dei principi di diritto di provenienza sovranazionale – anzitutto quelli recati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla relativa Corte – sui caratteri del “diritto punitivo”. 

Peraltro, in tema di natura giuridica della garanzia de qua, non mancano recenti pronunce della giurisprudenza amministrativa di segno contrario, che il Consiglio di Stato ha cura di riportare, nei punti salienti per la vicenda che ci occupa, all’interno del corpo della sentenza in commento. In particolare, in senso parzialmente contrario si sostiene che la cauzione provvisoria assolverebbe una funzione di garanzia del mantenimento di questa da parte di tutti i concorrenti in sede di gara fino al momento dell’aggiudicazione; per altro verso, essa garantirebbe la stipula del contratto in favore dell’offerente che risulti, all’esito della procedura, aggiudicatario.

 

 

 

Sciolti i preliminari dubbi intorno all’individuazione dei presupposti oggettivi e soggettivi di operatività dell’art. 93, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 nonchè alla natura giuridica della garanzia provvisoria ivi prevista, si può dunque proseguire con l’illustrazione della quaestio iuris posta all’attenzione della Quarta Sezione, che ruota intorno all’enucleazione dei soggetti ai quali può essere escussa la garanzia medesima. Più precisamente, essa attiene alla possibilità di disporre l’incameramento della cauzione provvisoria a suo tempo presentata a corredo dell’offerta dall’operatore economico destinatario di una mera proposta di aggiudicazione. E, in definitiva, all’equiparabilità fra l’aggiudicatario propriamente detto, cui la norma fa espresso riferimento, e il soggetto in cui favore è stata semplicemente proposta l’aggiudicazione, pretermesso dalla lettera della vigente disposizione

Nell’esaminare tale aspetto problematico il Consiglio di Stato si è preoccupato fin da subito di dare l’avvertimento che esso può dare luogo a futuri contrasti di opinioni giurisprudenziali non essendo riscontrabili precedenti in argomento. 

A tale conclusione è pervenuto muovendo dalla preliminare considerazione che, in effetti, proprio come sostenuto dalla società appellante, la disposizione vigente, sotto il profilo soggettivo, reca un riferimento espresso solo all’aggiudicatario, laddove stabilisce che “la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione”.

Guardando alla vicenda che ha dato origine alla pronuncia, il Consiglio di Stato ha rilevato che, ove ci si limitasse a prestare attenzione alla mera littera legis, la censura articolata dal concorrente estromesso dalla gara sarebbe suscettibile di accoglimento. Tuttavia, non potendo arrestare il ragionamento a un’interpretazione letterale, si impone un’esegesi attenta al dato sistematico e alla proiezione finalistica della disposizione. E ciò al fine di inquadrarne armonicamente il portato normativo entro l’ambito regolatorio recato dal d.lgs. n. 50 del 2016, costituente un corpus unitario diretto a disciplinare l’intera materia dell’affidamento dei contratti pubblici, come dichiarato dall’art. 1: “il presente codice disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione”.

Ebbene, in una tale prospettiva di natura logico-sistematico, emerge icto oculi la perfetta identità, ai fini di cui trattasi, tra la situazione in cui versa l’aggiudicatario e quella del soggetto “proposto per l’aggiudicazione che, nondimeno, si sia visto rifiutare la formale aggiudicazione con contestuale esclusione dalla procedura, essendo emersa, all’esito dei controlli operati dalla stazione appaltante proprio in vista della stipulazione del contratto, l’assenza, non importa se originaria o sopravvenuta, dei necessari requisiti prescritti dalla legge.

Invero, in una fattispecie siffatta, la mancata stipulazione del contratto consegue in via diretta, immediata ed esclusiva a un “fatto” del soggetto già proposto per l’aggiudicazione  dunque già individuato quale vincitore della selezione –, risultato privo di uno dei requisiti indispensabili per la stessa partecipazione alla gara.

Del resto, la stazione appaltante non ha contestato la proposta di aggiudicazione formulata dal seggio di gara per profili afferenti l’attribuzione dei punteggi, ma, al contrario – tacitamente ammettendone la correttezza –, ha proceduto alla verifica della posizione del proposto, escludendolo per profili afferenti non, appunto, la ritualità della valutazione della commissione giudicatrice, ma al possesso dei necessari requisiti.

Il Collegio ha rammentato, a sostegno di tale interpretazione, la ratio sottesa alla disposizione de qua, vale a dire l’intento di concentrare, diversamente dal passato, i controlli amministrativi sul solo soggetto risultato vincitore della selezione, al fine di alleviare l’onere gravante sulla stazione appaltante e concentrarne le energie sul controllo del solo operatore con cui, all’esito della gara, deve essere stipulato il contratto, di converso limitando a carico di quest’ultimo il rischio dell’eventuale escussione della garanzia

In conclusione, ad avviso del Collegio, l’esegesi proposta non determina alcuna violazione della disposizione – la cui natura non sanzionatoria, peraltro, non impone alcun rigido perimetro all’interprete – ma, al contrario, consente di trarne la norma più consona alla predetta ratio e più coerente con la più ampia cornice regolatoria recata dal corpus codicistico in cui la disposizione è contenuta. Invero, da un lato, la disposizione laddove cita “la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione” richiama quella fase collocata dopo l’esito della procedura e prima della sottoscrizione negoziale in cui hanno luogo i controlli sul soggetto proposto per l’aggiudicazione, una volta operato, da parte della commissione giudicatrice, il confronto concorrenziale, in cui si sostanzia il proprium della gara pubblica; dall’altro, risulterebbe contraddittorio nonchè antieconomico obbligare la stazione appaltante a procedere all’aggiudicazione nei confronti del “proposto” e, immediatamente dopo, a esercitare l’annullamento in autotutela di tale provvedimento per carenza, in capo all’affidatario, di un requisito soggettivo imprescindibile.

La Sezione Quarta ha dunque sottoposto, al vaglio dell’Adunanza Plenaria, la descritta soluzione interpretativa proposta per la quaestio juris sollevata dalla disposizione di cui trattasi.