Consiglio di Stato, sez. III, 7 gennaio 2022, n. 65
Il principio secondo cui l’equivalenza del prodotto offerto a quello indicato nella legge di gara deve essere provata dall’interessato e non può essere demandata alla stazione appaltante – cui spetta, invece, di valutare l’effettiva sussistenza dell’equivalenza addotta dal concorrente – va letto e applicato considerando la tipologia di prodotto previsto in sede di gara ed offerto come equivalente, in ragione della sua complessità e, quindi, della possibilità per la Commissione di evincere con immediatezza tale equivalenza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7069 del 2021, proposto da Servizi Ospedalieri s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Enza Maria Accarino e Gaetano Di Giacomo, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,
contro
l’Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle di Cuneo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Piero Giuseppe Reinaudo, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,
nei confronti
della Lavanderia Industriale Cipelli s.r.l. in proprio e nella sua qualità di capogruppo mandataria del R.T.I. Cipelli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Cataldo Giuseppe Salerno e Gabriele Pafundi, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Tagliamento, n. 14,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. II, 21 giugno 2021, n. 631, concernente l’annullamento dell’aggiudicazione, in favore della Servizi Ospedalieri s.r.l., del servizio di lavaggio, noleggio, distribuzione e raccolta di biancheria piana e divise, coperte e materasseria per una durata di 36 mesi ed un valore complessivo di Euro 4.350.000,00.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dalla Lavanderia Industriale Cipelli s.r.l.;
Viste le memorie depositate dalla Lavanderia Industriale Cipelli s.r.l. in date 3 settembre 2021 e 3 dicembre 2021;
Viste le memorie depositate dall’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo in date 6 settembre 2021, 2 dicembre 2021 e 9 dicembre 2021;
Viste le memorie depositate dalla Servizi Ospedalieri s.r.l. in date 1 ottobre 2021, 3 dicembre 2021 e 10 dicembre 2021;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2021 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con determina 28 giugno 2019, n. 724, l’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo ha indetto una gara aperta per l’affidamento del servizio di lavaggio, noleggio, distribuzione e raccolta di biancheria piana e divise, coperte e materasseria per una durata di 36 mesi ed un valore complessivo di € 4.350.000,00.
La gara, alla quale hanno partecipato quattro operatori, è stata aggiudicata alla Servizi Ospedalieri s.r.l.; al secondo posto si è collocato il Raggruppamento Cipelli.
2. L’aggiudicazione è stata impugnata dal Raggruppamento dinanzi al Tar Piemonte che, al fine del decidere, ha ritenuto necessaria la nomina di un verificatore per valutare la conformità dell’offerta dell’aggiudicataria ai requisiti del Capitolato.
Il verificatore ha concluso nel senso che alcuni prodotti non erano conformi al Capitolato. Ha, in particolare, affermato che “per le dimensioni del guanciale; per quanto la scheda tecnica riporti che le dimensioni siano personalizzabili su richiesta, l’offerta di Servizi Ospedalieri non riporta la possibilità di fornitura su diversa dimensione; la non conformità è relativa all’altezza del guanciale, pari a 40 cm (il Capitolato richiede 45 cm, 5 cm in meno di altezza) e allo spessore, pari a 10 cm (il Capitolato richiede 12 cm, 2 cm in meno di spessore); - anche la densità del materiale dell’imbottitura non è conforme alla richiesta di 30 Kg/mc (±5%), essendo pari a 35 kg/mc; anche considerando la tolleranza del 5%, il prodotto risulta non conforme, poiché i valori di densità conformi al capitolato sono compresi tra 28.5 e 31.5 kg/mc, mentre il minimo di densità dell’imbottitura, considerando la tolleranza del 5%, è pari a 33.25 kg/mc (35 kg/mc diminuito del 5%); - quanto alla copertura per guanciale / cover, essa risulta non conforme per il peso del tessuto, pari a 120 g/mq (che sale a 150 g/mq nel caso della copertura Sycura), invece che 200 g/mq come richiesto dal capitolato; pur concedendo che il capitolato prevede 200 g/mc “circa”, senza specificare la tolleranza della variazione di peso, tale differenza di peso non è riconducibile nell’alea della tolleranza, ma dà luogo ad una differenza di peso significativa; - il guanciale non è dotato di interposto in poliestere 100%; l’assenza di interposto è dovuta alla diversa concezione costruttiva del prodotto offerto da Servizi Ospedalieri (memory foam) rispetto a quanto richiesto dal Capitolato.”
3. Con sentenza 21 giugno 2021, n. 631, la sez. I del Tar Piemonte ha accolto il ricorso sul rilievo che la Servizi Ospedalieri s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, in quanto la sua offerta, in base alla relazione del verificatore, non corrispondeva ai requisiti della lex specialis.
Il giudice di primo grado ha affermato che aggiudicare il servizio sulla base di un’offerta difforme da quanto richiesto dal bando di gara si sarebbe risolto in una violazione della concorrenza e della trasparenza, non potendo la stazione appaltante cambiare le regole della competizione in un momento successivo alla presentazione delle offerte. Ciò sarebbe stato possibile, infatti, solamente nel caso in cui la Commissione giudicatrice avesse posto in essere un giudizio di equivalenza ai sensi dell’art. 68 del Codice appalti (d.lgs. n. 50 del 2016). In base a questa norma, infatti, un prodotto o un servizio non conforme ai requisiti del bando può essere legittimamente offerto all’amministrazione qualora esso assolva alla stessa funzione del prodotto o servizio oggetto della gara.
Nel caso di specie non risulta che vi sia stata tale valutazione e non risulta nemmeno che l’aggiudicataria abbia presentato il proprio prodotto come equivalente.
4. La sentenza del Tar Piemonte 21 giugno 2021, n. 631 è stata impugnata con appello notificato in data 20 luglio 2021 e depositato in data 29 luglio.
Erroneamente il giudice di prime cure ha ritenuto che l’offerta della Servizi ospedalieri andasse esclusa, ciò in quanto dalla lettura complessiva della lex specialis di gara, emerge chiaramente l’intenzione della stazione appaltante di fare proprio il principio dell’equivalenza nella valutazione delle offerte.
5. Si è costituito in giudizio il Raggruppamento Lavanderia Industriale Cipelli s.r.l. – Servizi Italia s.p.a., che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, dell’appello.
6. Si è costituita in giudizio l’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo, che ha sostenuto la fondatezza, nel merito, dell’appello.
7. All’udienza pubblica del 21 dicembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, oggetto della controversia è l’aggiudicazione, in favore della Servizi Ospedalieri s.r.l. (d’ora in poi, Servizi), del servizio di lavaggio, noleggio, distribuzione e raccolta di biancheria piana e divise, coperte e materasseria per una durata di 36 mesi ed un valore complessivo di Euro 4.350.000,00.
Il Tar Piemonte, in accoglimento del ricorso di primo grado proposto dalla Lavanderia Industriale Cipelli s.r.l. (d’ora in poi, Lavanderia), ha annullato l’aggiudicazione della gara sul rilievo che alcuni dei prodotti offerti – e, in particolare, il guanciale con il cuscino e la cover – non avevano le caratteristiche chieste dal Capitolato, così come è emerso dalla relazione del verificatore, che era stato nominato dallo stesso Tar.
L’appello è fondato.
Il punto 7.3 del Disciplinare prevede che gli articoli relativi ai capi oggetto del noleggio avrebbe dovuto contenere “i requisiti minimi previsti dal Capitolato speciale d’appalto”. Il Capitolato, all’art. 13, ha indicato per ogni capo di biancheria i “requisiti minimi” e, con riferimento ai “guanciali antisoffoco” ha previsto: le dimensioni; il tipo di imbottitura e le caratteristiche della federa. In particolare, le dimensioni devono essere cm. 70x45x12h; quanto all’imbottitura, “i guanciali devono essere realizzati con anima centrale in poliuretano espanso, densità 30 kg. al m.3 (± 5%) circa, a cellule aperte, ignifugo permanente (classe 1M), indeformabile, traspirante, atossico, anallergico, antibatterico, inattaccabile da muffe ed insetti, rivestita da un interposto in poliestere 100%. L’imbottitura deve essere composta in materiale atto ad evitare la produzione di particelle di sfaldamento e/o polveri”. Per la fodera ha disposto che, “il rivestimento esterno del guanciale deve essere realizzato in materiale irrestringibile in trevira c.s. da gr. 200/mq circa intrinsecamente ignifuga, traspirante, antistatica, resistente ai liquidi, latex-free, confezionata con rimagliatura interna, patella su un lato corto, munita di etichetta con segni grafici di manutenzione, comunque lavabile ad alta temperatura”.
Per la “copertura per guanciale – cover” è stato previsto che deve essere “completamente avvolgente il guanciale e agevolmente asportabile grazie ad apertura/chiusura su un lato. Tessuto Anallergico, antistatico e atossico, traspirante su entrambi i lati, resistente a strappi e perforazioni. Impermeabile ai liquidi e permeabile al vapore acqueo. Latex free. In tessuto ignifugo (classe 1 D.M.). Caratteristiche attestate da conseguente etichetta. Dimensioni adeguate al guanciale: non troppo aderente, deve consentire l’agevole inserimento del guanciale e l’adattamento della superficie del guanciale alla conformazione e al peso della testa del paziente evitando l’effetto ‘buco’. Lavabile in lavatrice minimo a 60° C, sanificabile e disinfettabile con i comuni disinfettanti ospedalieri, autoclavabile. Munito di etichetta che riporta segni grafici per la corretta manutenzione del prodotto”.
Il Tar Piemonte, con ordinanza n. 265 del 2 maggio 2020, aveva conferito incarico ad un Verificatore (Il Rettore del Politecnico di Torino o un suo delegato) di accertare la “rispondenza alle richieste del Capitolato di ‘guanciali antisoffoco’ e della ’copertura per guanciale / cover’ dell’offerta tecnica Servizi Ospedalieri s.p.a., facendo riferimento alle specifiche tecniche dettate dall’art. 13 – lettere i) ed l) del capitolato speciale d’appalto”.
La perizia del Verificatore, depositata agli atti del giudizio di primo grado il 18 maggio 2021, dopo aver raccolto le controdeduzione dei Verificatori di parte e averle confutate, ha affermato che “il prodotto risulta pienamente conforme alle richieste del capitolato per alcune proprietà, non conforme per altre proprietà”. Ha chiarito che le proprietà del guanciale che lo rendono non conforme alle richieste del Capitolato sono: a) le “dimensioni” del guanciale, relativamente all'altezza, pari a 40 cm (il capitolato richiede 45 cm, con conseguente 5 cm in meno di altezza) e allo spessore, pari a 10 cm (il capitolato richiede 12 cm, con conseguente 2 cm in meno di spessore); b) la “densità del materiale dell'imbottitura” essendo pari a 35 kg/m3 (±5%), mentre il Capitolato prevede 30 kg/m3 (±5%). Sul punto il Verificatore ha dettagliatamente argomentato affermando che la differenza è quantitativamente minima, verosimilmente trascurabile dal punto di vista del confort ergonomico, come dimostrato dalla certificazione "Ergonomics certified"; inoltre la richiesta sul valore di densità non è stringente, essendo 35 kg/m3 “circa” la richiesta del capitolato, tenuto conto della variabilità del processo produttivo e delle incertezze di lavorazione; c) la “copertura” per guanciale/cover relativamente al peso del tessuto, pari a 120 g/m2 (che sale a 150 g/m2 nel caso della copertura Sycura), invece che 200 g/m2 come richiesto da Capitolato, con una differenza che il Verificatore qualifica “significativa”, perché un “tessuto più pesante (200 g/m2) ha migliori proprietà di resistenza meccanica e quindi durabilità (trazione, resistenza ai lavaggi,...) ma di converso determina una minore traspirabilità”.
Quanto alla carenza “di interposto in poliestere 100%”, ad avviso del Verificatore “il diverso schema costruttivo non ha effetti peggiorativi sulla prestazione del prodotto”.
Il Verificatore ha, quindi, concluso nel senso che il guanciale e la cover sono “conformi alle richieste di Capitolato per la maggior parte dei requisiti” e che “non risultano critiche in termini di prestazioni e qualità del prodotto” le non conformità relative “alla dimensione del guanciale, non significativamente differente rispetto alle richieste del Capitolato; alla densità dell'imbottitura, che tuttavia non è significativamente diversa e non impatta sul comfort ergonomico del prodotto; al peso del tessuto, offerto più leggero rispetto a quanto richiesto dal capitolato, con un effetto positivo in termini di traspirabilità; assenza di interposto, dovuta alla scelta dell'imbottitura in schiuma con effetto ‘memory’, che non si accompagna ad interposto”.
Nonostante tale chiara conclusione il Tar ha annullato l’aggiudicazione sul rilievo che il giudizio di equivalenza – non effettuato dalla Commissione di gara e in assenza della produzione di documentazione, da parte del concorrente, già in sede di gara – sarebbe stato illegittimamente rimesso al solo giudice amministrativo.
2. Come chiarito da una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo, (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2021, n. 6035; sez. III, 20 ottobre 2020, n. 6345), il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d'iniziativa economica e, dall'altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità”. Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).
Il principio di equivalenza è stato recepito del Codice dei contratti che, all’art. 68, prevede che la stazione appaltante non possa escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”, incontrando il concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto il solo limite della "difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis", configurante ipotesi di "aliud pro alio non rimediabile" (Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).
Il Codice dispone che le “caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare “direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza” (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.
Il Collegio ben conosce e condivide l’arresto del giudice di appello secondo cui l’equivalenza del prodotto offerto a quello indicato nella legge di gara deve essere provata dall’interessato e non può essere demandata alla stazione appaltante, cui spetta, invece, di valutare l’effettiva sussistenza dell’equivalenza addotta dal concorrente. Ritiene però che tale principio vada letto e applicato considerando la tipologia di prodotto previsto in sede di gara ed offerto come equivalente, in ragione della sua complessità e, quindi, della possibilità per la Commissione di evincere con immediatezza tale equivalenza.
In altri termini, è certo che, ad esempio, per un macchinario sanitario che abbia alcune caratteristiche tecniche diverse da quelle richieste dalla lex specialis di gara deve essere il concorrente a dimostrare, all’atto della presentazione dell’offerta tecnica, l’equivalenza; invece, a fronte di prodotti comunemente presenti sul mercato e di utilizzo comune, ove corredati da una scheda tecnica che ne espliciti in modo chiaro le caratteristiche e le qualità, la Commissione può autonomamente valutare se, nonostante la difformità rispetto a quanto richiesto dalla legge di gara, l’articolo offerto possa essere comunque considerato equivalente.
Nel caso all’esame del Collegio la Servizi Ospedalieri ha depositato le schede tecniche del guanciale e della cover, dalle quali la Commissione ha potuto evincere le dimensioni e il materiale dei due articoli, le “caratteristiche chimiche e fisio-meccaniche” e le “caratteristiche funzionali”, con la conseguenza che, alla luce della chiara e trasparente raffigurazione della tipologia del prodotto nonché della campionatura depositata, l’Organo valutativo è stato messo in condizione di giudicare l’equivalenza dell’offerta tecnica della concorrente, dando in tal modo doverosa applicazione all’art. 16 del Disciplinare.
L’art. 16 del Disciplinare, infatti, prevede espressamente l’applicabilità del principio di equivalenza e, quindi, la possibilità per il concorrente di offrire un prodotto con caratteristiche diverse, se “migliorative”. Nel caso in esame quindi, stante la previsione della lex specialis di gara e i limiti introdotti dalla stessa (id est, un prodotto con caratteristiche diverse purchè migliori), nonché la chiara scheda illustrativa presentata dalla Servizi Ospedalieri e la campionatura depositata, la Commissione, ove avesse avuto dubbi sull’equivalenza avrebbe dovuto chiedere alla concorrente chiarimenti. Tale conclusione è stata, come si è detto, di fatto confermata dalla relazione del Verificatore.
Il Collegio esclude che fosse onere della Commissione motivare sul perchè ammetteva l’offerta pur con articoli con caratteristiche non identiche a quelle descritte nel Capitolato, essendo tale possibilità contemplata dall’art. 16 del Disciplinare, con la conseguenza che la motivazione sarebbe stata necessaria solo in caso di esclusione.
Il motivo di appello, con il quale si contestano le conclusioni alle quali è pervenuto il Tar anche in ordine ad un obbligo del concorrente di esplicitare l’equivalenza, è (diversamente da quanto affermato dal controinteressato) ammissibile e fondato, e ciò consente al Collegio di non esaminare i profili in rito che l’appellante ha riproposto con il primo motivo perché eccepiti in primo grado e non esaminati dal Tar.
3. Con memoria depositata il 3 settembre 2021 (e con la successiva, pressoché identica, depositata il 3 dicembre 2021) la controinteressata Lavanderia ripropone i motivi del ricorso di primo grado assorbiti dal Tar Piemonte.
Tali motivi sono infondati, mentre sono inammissibili le questioni nuove, attinenti a specifici aspetti dell’offerta della Servizi Ospedalieri introdotte prendendo spunto dalla relazione del Verificatore, che avrebbero dovuto formare oggetto di atto di motivi aggiunti in primo grado.
Afferma la Lavanderia che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per aver presentato due articoli (guanciale e cover) diversi da quelli richiesti dalla lex specialis e aggiunge che sul punto la sentenza del Tar Piemonte, non essendo stata censurata, è passata in giudicato.
Così non è, atteso che, come chiarito sub 1, il Tar ha accolto il ricorso non per la produzione di “aliud pro alio” ma per non essere stata esplicitata l’equivalenza tra prodotti, che non avrebbe potuto essere rimessa al giudice. Va aggiunto che non è stato negato il deposito di un prodotto con caratteristiche non identiche a quelle richieste ma lo stesso Verificatore ha escluso che le non conformità risultavano critiche in termini di prestazioni e qualità del prodotto.
La conclusione del Verificatore è stata censurata da Lavanderia, secondo la quale discostarsi dai limiti imposti in gara dalla lex specialis vorrebbe dire violare la par condicio competitorum e le regole di trasparenza e di imparzialità amministrativa.
Il motivo è privo di pregio ove si consideri che è proprio il Disciplinare ad ammettere (art. 16) il principio di equipollenza. Peraltro, sebbene tale circostanza assume carattere assorbente, come chiarito da una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013), tale principio troverebbe applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica, essendo il precipitato del più generale principio del favor partecipationis (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2021, n. 6035; id. sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).
Inconferenti sono quindi i richiami ai criteri di interpretazione della lex specialis di gara, essendo evidente l’astratta applicabilità (art. 16 del Disciplinare e art. 68 del Codice dei contratti pubblici) del principio di equipollenza e la sua concreta applicazione da parte della Commissione, che non ha, dunque, inteso discostarsi dalla legge di gara.
Ciò premesso, la valutazione concreta che dell’offerta tecnica ha fatto la Commissione – sia con riferimento all’equipollenza che ai punti assegnati ad ognuna delle sue voci – rientra nella insindacabilità del giudizio alla stessa rimesso, alla quale questo giudice può sostituirsi solo in caso di manifesta illogicità, non denunciata nel caso in esame né ravvisabile ictu oculi (Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2018, n. 5744).
Il Collegio condivide poi quanto affermato da Lavanderia in ordine al carattere vincolante delle prescrizioni di gara (e, quindi, anche a quelle che attengono alle caratteristiche che deve avere il prodotto) sia per il concorrente che per la stessa stazione appaltante, ma nella specie detto principio – diversamente da quando denunciato dalla controinteressata – non è stato violato, atteso che le caratteristiche dei prodotti indicate all’art. 13 del Capitolato speciale devono essere lette in modo sistematico con il principio di equipollenza, con la conseguenza che è ritenuta espressamente ammissibile l’offerta di un articolo con caratteristiche diverse purchè il prodotto risulti equipollente.
4. A prescindere dalla sua inammissibilità per i profili nuovi in esso contenuti, non è suscettibile di positiva valutazione neanche il motivo rivolto contro la relazione del Verificatore perché sconta il vizio di fondo di non riconoscere la possibilità di presentare un articolo con caratteristiche non identiche, ma equipollenti a quelle richieste dal Capitolato.
Diversamente da quanto afferma Lavanderia, il prodotto offerto deve essere conforme al Capitolato alla luce, però, del giudizio di equipollenza.
Quanto alla valenza che assume la relazione del Verificatore, il Collegio ricorda che le valutazioni dallo stesso espresse non hanno efficacia vincolante per il giudice, che può legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata (Cons. St., sez. V, 11 ottobre 2018, n. 5867; id., sez. IV, 18 novembre 2013 n. 5454), dovendo l’organo giudicante indicare, in particolare, gli elementi di cui si è avvalso per ritenere non condivisibili gli argomenti sui quali il verificatore (o il consulente) si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del detto verificatore (Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 1999, n. 333; Cons. St., sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5454).
Ed invero, una volta che il Collegio ha ritenuto che le questioni sottese alla controversia hanno un carattere talmente tecnico da esulare dalla propria competenza e da richiedere l’intervento di un soggetto dotato di tali specifiche competenze, le conclusioni alle quali questi è pervenuto potranno dallo stesso Collegio essere superate solo a fronte di una manifesta erroneità, ictu oculi ravvisabile.
La presenza del Verificatore sta e cade, infatti, in relazione proprio ad un’esigenza di carattere tecnico di accertamento di fatti o di valutazioni tecniche, in questi limiti e in questo ambito giustificando l’assunto per cui le conclusioni cui l’organo perviene, nei confini del sindacato esterno del giudice amministrativo, si sottraggono alle censure di illogicità e di non corretto apprezzamento dei presupposti (Cons. St., sez. IV, 17 febbraio 2014, n. 742; id., sez. III, 18 marzo 2013, n. 1571).
Nel caso in esame il Collegio ritiene che le argomentazioni del Verificatore – che si fondano su una approfondita istruttoria – non siano superabili perché non manifestamente illogiche e di fatto confermative del giudizio di equipollenza al quale era già pervenuta la Commissione di gara.
5. La possibilità di presentare un prodotto con caratteristiche equipollenti porta a rigettare anche il motivo (peraltro in gran parte inammissibile perché deduce aspetti nuovi rispetto a quanto denunciato in primo grado) con il quale la Lavanderia censura tutte le caratteristiche del guanciale e della cover difformi da quelle richieste dall’art. 13 del Capitolato speciale d’appalto.
6. Quanto al (di fatto meramente richiamato) motivo sulla anomalia dell’offerta della aggiudicataria Servizi, per la sua reiezione è sufficiente ribadire il principio secondo cui la verifica di anomalia è esclusivamente volta ad accertare la complessiva attendibilità e sostenibilità dell’offerta migliore presentata in gara alla stregua dei principi di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 Cost.; l’unico fine della corrispondente valutazione della congruità dei prezzi offerti e dei costi proposti è, quindi, quello di evitare, da un lato, affidamenti ad offerte che nel loro complesso non appaiono suscettibili di buon esito riguardo agli interessi pubblici perseguiti e, dall’altro, comportamenti di dumping contrari al principio di libera concorrenza in un mercato regolato, senza in alcun modo pregiudicare il confronto concorrenziale fra le diverse possibili tecnologie e strategie imprenditoriali e senza, evidentemente, sovrapporsi alla necessità di un costante monitoraggio amministrativo e di un efficace presidio giurisdizionale della successiva fase attuativa, posto che la bontà dell’esecuzione del rapporto contrattuale – e, quindi, la realizzazione dell’interesse pubblico perseguito – non sono necessariamente rapportate al maggiore costo dell’offerta prescelta (Cons. St., sez. III, 2 marzo 2020, n. 1470).
Aggiungasi che, come insegna una ormai costante giurisprudenza (tra le tante, Cons. St., sez. V, 27 gennaio 2020, n. 680; id. 12 febbraio 2020, n. 1062; id. 12 marzo 2020, n. 1772; id., sez. III, 12 ottobre 2018, n. 5880; id. 11 ottobre 2018, n. 5857; id., sez. V, 29 dicembre 2017, n. 6158), nelle gare pubbliche il giudizio circa l'anomalia o l'incongruità dell'offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci (Cons. St., sez. V, 17 novembre 2016, n. 4755; id., sez. III, 6 febbraio 2017, n. 514). Al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (Cons. St., sez. V, 13 febbraio 2017, n. 607 e 25 gennaio 2016, n. 242; id., sez. III, 22 gennaio 2016, n. 211 e 10 novembre 2015, n. 5128). Vale altresì ricordare che la verifica di congruità di un'offerta sospetta di anomalia non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell'offerta analizzata ed alla capacità dell'impresa - tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne - di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018, n. 5798).
Infine, va ancora rammentato che il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma, piuttosto, ad accertare in concreto se la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto e se i prezzi offerti trovino rispondenza nella realtà, sia di mercato che aziendale, cioè se gli stessi siano verosimili in relazione alle modalità con cui si svolge il lavoro, alle dimensioni dell'azienda, alla capacità di effettuare acquisti convenienti o di realizzare particolari economie, anche di scala (Cons. St., sez. V, 3 aprile 2018, n. 2053).
7. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e/o inammissibili e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
8. Conclusivamente, per quanto precede, l’appello – previa reiezione dei motivi riproposti dalla Lavanderia Industriale Cipelli s.r.l. ove non inammissibili – deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullata la sentenza del Tar Piemonte, sez. II, 21 giugno 2021, n. 631.
La particolarità delle questioni sottese all’appello giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del doppio grado di giudizio.
Le spese di verificazione disposta in primo grado sono poste a carico della Lavanderia Industriale Cipelli s.r.l.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, respingendo il ricorso di primo grado, e, per l’effetto, annulla la sentenza del Tar Piemonte, sez. II, 21 giugno 2021, n. 631.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio.
Le spese di verificazione disposta in primo grado sono poste a carico della Lavanderia Industriale Cipelli s.r.l..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ha evidenziato come – sulla scorta di una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo (ex plurimis, Cons. Stato, n. 6035/2021 e n. 6345/2020) – il c.d. “principio di equivalenza” permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d'iniziativa economica e, dall’altro, al principio eurounitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità. In buona sostanza, il principio di equivalenza è finalizzato «ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta» (Cons. Stato, n. 4353/2021).
Come chiarito dai giudici di Palazzo Spada, il principio de quo è stato recepito dal d.lgs. n. 50/2016 che, all’art. 68, prevede che la stazione appaltante non possa escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”, incontrando il concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto il solo limite della difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis, configurante ipotesi di aliud pro alio non rimediabile (ex aliis, Cons. Stato n. 5258/2019). Il Codice dei Contratti Pubblici dispone, nello specifico, che le caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione senza comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.
Ciò brevemente detto, i giudici amministrativi – pur condividendo l’assunto «secondo cui l’equivalenza del prodotto offerto a quello indicato nella legge di gara deve essere provata dall’interessato e non può essere demandata alla stazione appaltante, cui spetta, invece, di valutare l’effettiva sussistenza dell’equivalenza addotta dal concorrente» – hanno, però, ritenuto che il principio in commento «vada letto e applicato considerando la tipologia di prodotto previsto in sede di gara ed offerto come equivalente, in ragione della sua complessità e, quindi, della possibilità per la Commissione di evincere con immediatezza tale equivalenza».
Con riferimento alla fattispecie specifica, i giudici di seconde cure hanno, in particolare, evidenziato come «è certo che, ad esempio, per un macchinario sanitario che abbia alcune caratteristiche tecniche diverse da quelle richieste dalla lex specialis di gara deve essere il concorrente a dimostrare, all’atto della presentazione dell’offerta tecnica, l’equivalenza; invece, a fronte di prodotti comunemente presenti sul mercato e di utilizzo comune, ove corredati da una scheda tecnica che ne espliciti in modo chiaro le caratteristiche e le qualità, la Commissione può autonomamente valutare se, nonostante la difformità rispetto a quanto richiesto dalla legge di gara, l’articolo offerto possa essere comunque considerato equivalente».
Infine, con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato si è pure soffermato sui limiti alla vincolatività delle valutazioni espresse dal verificatore incaricato dal giudice.
Più nel dettaglio, i giudici amministrativi hanno sottolineato come le valutazioni espresse dal verificatore non hanno efficacia vincolante per il giudice, che può legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata (ex plurimis, Cons. Stato n. 5867/2018), dovendo l’organo giudicante indicare, in particolare, «gli elementi di cui si è avvalso per ritenere non condivisibili gli argomenti sui quali il verificatore (o il consulente) si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del detto verificatore» (cfr. Cons. Stato n. 5454/2013). Secondo i giudici di Palazzo Spada, in sintesi, «una volta che il Collegio ha ritenuto che le questioni sottese alla controversia hanno un carattere talmente tecnico da esulare dalla propria competenza», da richiedere l’intervento di un soggetto dotato di tali specifiche competenze, «le conclusioni alle quali questi è pervenuto potranno dallo stesso Collegio essere superate solo a fronte di una manifesta erroneità, ictu oculi ravvisabile». La presenza del verificatore, in buona sostanza, “sta e cade” in relazione proprio ad un’esigenza di carattere tecnicodi accertamento di fatti o di valutazioni tecniche, in questi limiti e in questo ambito giustificando l’assunto per cui le conclusioni cui l’organo perviene, nei confini del sindacato esterno del giudice amministrativo, si sottraggono alle censure di illogicità e di non corretto apprezzamento dei presupposti (Cons. Stato n. 742/2014 e n. 1571/2013).