Cons. Stato, Sez. V, 11 gennaio 2022, n. 202

(...) costituisce un’evidente forzatura il procedere con l’aggiudicazione di un contratto nella consapevolezza che lo stesso si dimostri già inizialmente inadeguato al punto di dover immediatamente azionare (prima ancora della stipulazione) istituti di legge che sono invece destinati ad assolvere necessità impreviste e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del contratto.

(…) la natura giuridica di atto generale del bando e di atto endoprocedimentale della proposta di aggiudicazione non consentono di applicare integralmente la disciplina degli artt. 21quinquies e 21nonies (…) con particolare riferimento all’esigenza del raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario della mera proposta di aggiudicazione.

Invero, la proposta di aggiudicazione non è l’atto conclusivo del procedimento, rientrando nel potere discrezionale dell’amministrazione la sua revoca, il cui esercizio prescinde dall’applicazione dell’art. 21quinquies della legge n. 241/1990, pur richiedendosi la sussistenza di concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione delle operazioni di gara. 

(…) la revoca dell’aggiudicazione provvisoria è legittima pur se non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2836 del 2021, proposto da Euro&Promos Fm s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Damiano Lipani in Roma, via Vittoria Colonna, 40; 

contro 

Provincia Autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuliana Fozzer, Marialuisa Cattoni e Sabrina Azzolini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

nei confronti 

Agenzia provinciale per gli appalti e contratti della Provincia di Trento - Apac, Università degli Studi di Trento, non costituiti in giudizio; 

per la riforma 

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento n. 214 del 2020, resa tra le parti. 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Trento; Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2021 il Cons. Elena Quadri e preso atto delle richieste di passaggio in decisione, senza preventiva discussione, depositate dagli avvocati Lipani e Fozzer;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 

FATTO

Con delibera n. 1262 del 28 agosto 2020 la Giunta della Provincia Autonoma di Trento ha disposto la revoca della procedura di gara, precedentemente indetta e non ancora aggiudicata, finalizzata alla stipula di una convenzione avente ad oggetto l’erogazione di servizi di pulizia a ridotto impatto ambientale in favore dei soggetti e degli enti individuati dall’art. 39-bis, comma 3, della legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3, e dall’art. 5 della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2, suddivisa in 19 lotti, per un importo totale stimato di € 95.351.425,84, IVA esclusa, per una durata di 48 mesi.

Euro&Promos Fm s.p.a., prima in graduatoria con riferimento ai lotti nn. 1, 14 e 16, concernenti, rispettivamente, la Provincia Autonoma di Trento, i Comuni dell’Area orientale e i Comuni dell’Area centrale e occidentale, ha impugnato la suddetta delibera di revoca innanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento che ha respinto il ricorso con sentenza n. 214 del 2020, appellata da Euro&Promos Fm s.p.a. per i seguenti motivi di diritto: 

I) error in iudicando con riferimento alla contestata violazione, falsa applicazione: degli articoli 3 e 21- quinquies della l. 241/1990; degli articoli 32 e 97 cost.; dei punti 4.3, 4.4, 6.2, 7, 7.2, 7.3, 7.4 del capitolato tecnico di gara; dei principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa; nonché con riferimento al contestato eccesso di potere sotto i profili di difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, carenza e/o incongruità della motivazione, illogicità e irragionevolezza, contraddittorietà, travisamento, difetto di proporzionalità, sviamento. 

II) riproposizione ex art. 101, comma 2, c.p.a. del secondo motivo del ricorso introduttivo concernente la contestata violazione, falsa applicazione dell’art. 21 - quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241; violazione, falsa applicazione dell’art. 70 della direttiva 2014/24/UE; violazione, falsa applicazione dell’art. 151, comma 2, del Tfue; violazione, falsa applicazione dell’art 41 della Costituzione; violazione del principio di proporzionalità, illogicità e irragionevolezza, contraddittorietà, travisamento. 

III) error in iudicando con riferimento all’istanza risarcitoria. 

IV) error in iudicando con riferimento all’istanza istruttoria.

Si è costituita per resistere all’appello la Provincia Autonoma di Trento. 

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 16 dicembre 2021 l’appello è stato trattenuto in decisione. 

DIRITTO

L’appello è infondato.
Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza, atteso che il provvedimento di revoca sarebbe affetto da una grave lacuna dell’istruttoria svolta e dal travisamento dei fatti, in quanto le singole Amministrazioni e i singoli Enti aderenti, in sede di stipula dei contratti attuativi della Convenzione, ben avrebbero potuto concordare con l’impresa aggiudicataria - e dunque con l’appellante - le concrete modalità di erogazione dei servizi di pulizia, prevedendo ad esempio “prestazioni integrative”, “prestazioni aggiuntive” e/o “prestazioni a richiesta”, come previsto dalla Convenzione, predisposta in maniera sufficientemente elastica, per far fronte alle proprie specifiche esigenze. 

Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza in relazione al preteso annullamento d’ufficio ex art. 21 - nonies, l. n. 241/1990 per effetto della “normativa provinciale sopravvenuta in tema di clausole sociali” (art. 32, comma 4 e successivi, della L.P. n. 2/2016 introdotto con L.P. 30 ottobre 2019 n. 11) e alla riproposizione ex art. 101 c.p.a. della connessa questione di legittimità costituzionale ed eurounitaria per falsa applicazione dell’art. 70 della direttiva 2014/24/UE, per la violazione dell’art. 151, comma 2, TFUE, dell’art. 41 della Costituzione e dei principi di proporzionalità, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e travisamento). 

Con il terzo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza in relazione alle istanze risarcitorie e a quella subordinata di indennizzo.

Con il quarto motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza in relazione alle istanze istruttorie formulate in primo grado (verificazione tecnica per presunta coerenza delle prescrizioni di gara con le esigenze derivanti dall’emergenza sanitaria in corso e con il procedimento di affidamento bandito dal comune di Trento). 

L’appello è infondato sotto tutti i profili dedotti, che è opportuno trattare congiuntamente in relazione alla stretta connessione degli stessi. Invero, come ben evidenziato nella motivazione del provvedimento di revoca oggetto di impugnazione, le ragioni di preminente tutela della salute hanno reso inidoneo lo schema standardizzato dell’aggregazione. 

Può ritenersi che la decisione di revocare la procedura concorsuale sia giustificata dalle gravi ragioni di necessità espressamente richiamate nella motivazione dell’atto impugnato, cioè, innanzitutto, dalla reputata sopravvenuta inadeguatezza dell’istituto della convenzione, cui dar seguito attraverso meri contratti attuativi, a far fronte alle diverse necessità di ciascuna amministrazione venutesi a creare in seguito all’insorgere dell’emergenza pandemica. 

In relazione a tale profilo, la Giunta provinciale ha esercitato il potere alla stessa spettante di riprogrammazione ed indirizzo, potere rispetto al quale la revoca della procedura di gara era necessitata per l’esigenza di rapida definizione della situazione, in considerazione dell’incalzante contesto emergenziale. 

In relazione all’assunta tardività nell’adozione del provvedimento di autotutela, l’impugnata delibera si configura non quale provvedimento di annullamento d’ufficio, bensì come atto di revoca ai sensi dell’art. 21- quinquies della legge n. 241/1990, attesa la sussistenza di “un preciso interesse pubblico alla rimozione degli atti di gara perché non più idonei ... e non corrispondenti alle mutate e sopravvenute esigenze organizzative dell’Amministrazione correlate all’emergenza sanitaria di contrasto e contenimento della diffusione del virus COVID-19”. L’esercizio della facoltà di revoca in autotutela risulta, quindi, del tutto legittimo, spettando all’amministrazione, al cospetto di un mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, la potestà di valutazione discrezionale dei sopravvenuti motivi di pubblico interesse che hanno reso opportuno l’esercizio dello ius poenitendi nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa mediante la comparazione fra i contrapposti interessi. 

Riguardo alla censura relativa alla assunta violazione del principio di irretroattività della legge, è pacifico che le norme provinciali sull’esclusione della possibilità di ricorrere alle convenzioni quadro nei casi di contratti ad alta intensità di manodopera (modifica dell’art. 36 -ter, comma 5, l.p. n. 23/1990 a cura della l.p. n. 12/2019) e in tema di clausole sociali (modifica dell’art. 32, comma 4, l.p. n. 2/2016 ad opera della l.p. n. 11/2019) siano sopravvenute rispetto all’indizione della gara, ma tale sopravvenienza non costituisce il motivo sostanziale della revoca, che consiste, invece, nella sopravvenuta situazione emergenziale e nell’inidoneità dell’istituto della convenzione quadro a far fronte alle diverse necessità di ciascuna amministrazione. 

Con riferimento alla censura relativa all’assunta illogicità della revoca di un appalto di così rilevanti dimensioni per un’emergenza a cui si poteva sopperire a mezzo della modulabilità della convenzione, la Provincia eccepisce la parziale inammissibilità della censura con cui l’appellante si limiterebbe ad assumere genericamente di ritenere eccessiva la stima dei nuovi fabbisogni, senza dimostrare eventuali profili di manifesta, macroscopica erroneità/irragionevolezza dell'operato della provincia medesima, oltre che l’infondatezza della stessa in relazione alla tabella di simulazione dell’aumento delle frequenze degli interventi di pulizia indotto dalla pandemia, posta a base della Relazione del Servizio di merito richiamata nella revoca: alle colonne O e P righe 362, 364, 366 e 368 si può osservare il riepilogo (O nuove frequenze; P convenzione APAC) sia in termini economici, che di ore di lavoro, della situazione “fotografata” dalla convenzione e della nuova situazione venutasi a creare causa Covid 19, risultando manifesto che un tale incremento di esigenze del servizio di pulizia stravolga le iniziali pur corrette previsioni, e che le modifiche al contratto divenute necessarie non possano essere assicurate da alcuno strumento normativo attualmente vigente, posto che le stesse supererebbero qualunque limite prestabilito dall’art. 106 d.lgs. n. 50/2016, e, in ambito provinciale, dall’art. 27 della l.p. 2/2016, astrattamente applicabile alla fattispecie. Si tratterebbe, quindi, di modifiche sostanziali. 

Il Collegio condivide, innanzitutto, la tesi difensiva della Provincia, per la quale costituisce un’evidente forzatura il procedere con l’aggiudicazione di un contratto nella consapevolezza che lo stesso si dimostri già inizialmente inadeguato al punto di dover immediatamente azionare (prima ancora della stipulazione) istituti di legge che sono invece destinati ad assolvere necessità impreviste e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del contratto. La revoca è fondata sull’emergenza epidemiologica che ha costretto la Provincia al cambio di impostazione, che l’ha portata ad abbandonare lo strumento della convenzione, dopo aver verificato, a seguito di un’attenta ed approfondita istruttoria tecnica, l’inadeguatezza della tipologia e della frequenza di prestazioni di pulizia e sanificazione previste nella medesima al fine di dare applicazione ai nuovi protocolli provinciali anti Covid-19. E ciò risulta ampiamente dalla specifica motivazione del provvedimento di revoca, i cui presupposti, peraltro, sono quanto mai ampi, in cui si precisa come la documentazione di gara a suo tempo formulata sia stata elaborata «in una fase storica specificatamente orientata ad ottenere servizi adeguati, standardizzati e con costi il più possibile contenuti, per razionalizzare la spesa pubblica». Alla luce dell’insorgenza dell’epidemia da Covid-19 tale impostazione risulta inadeguata e non più funzionale rispetto alla necessità di avere un servizio di effettiva sanificazione, efficacemente modulato secondo le specifiche esigenze dei diversi ambienti di lavoro. 

La Convenzione elaborata al momento dell’indizione della gara non è più idonea e sufficiente ad affrontare la gravità dell’attuale situazione, in considerazione dell’esigenza di rilevanti modifiche del servizio, sia quantitative che qualitative, come comprovato dalla Relazione del Servizio Gestioni patrimoniali e Logistica del 17 agosto 2020. 

Risulta, dunque, pienamente legittima la scelta discrezionale dell’amministrazione di accantonare gli obiettivi di risparmio economico e razionalizzazione della spesa pubblica perseguiti mediante la convenzione, al fine di soddisfare le sopravvenute imprevedibili esigenze di preminente tutela della salute pubblica quale fondamentale diritto riconosciuto all’individuo ed interesse dell’intera collettività dall’art. 32 della Costituzione, rispetto al quale risultano strettamente strumentali le operazioni di pulizia e di sanificazione degli ambienti di vita e di lavoro, di fondamentale rilievo per combattere la diffusione del virus. Risulta, dunque, adeguatamente fondata la riconsiderazione delle originarie finalità poste alla base della convenzione-quadro, rispetto alle quali il risparmio economico e la razionalizzazione della spesa assumono un carattere recessivo e del tutto complementare all’attivazione di un servizio di pulizia che consenta di garantire pienamente la tutela della salute. 

Il grave modificarsi della situazione di contesto, correlata all’emergenza sanitaria come sopra delineata, è idoneo, quindi, ad incidere in misura assai significativa sulla definizione delle prestazioni relative al servizio di pulizia oggetto di scrutinio, come originariamente descritte negli atti di gara. 

Riguardo alla censura relativa all’assunto difetto di istruttoria e di motivazione, deve darsi atto di come l’Università degli Studi di Trento, nelle premesse della Determinazione della Direzione Generale 72/2021 – DG-09/04/2021, ha rilevato come si sia trovata: “nell’impossibilità oggettiva di esperire in tempo utile una nuova ed autonoma procedura di gara in grado di evitare un’ulteriore proroga dei contratti di pulizie in essere”, e che, pertanto, nelle more, l’Ateneo abbia individuato tra i servizi offerti dalla Convenzione Consip alcuni servizi di interesse “ampliati rispetto all’attuale configurazione dei servizi esistenti con l’inserimento di presidi fissi e sistemi di governo”; - “l’aumento dei costi in misura pari al 27% sia ampiamente giustificato dalle differenze prestazionali e dalle migliorie introdotte nei servizi convenzionati, quali a titolo esemplificativo e non esaustivo, la presenza di presidi fissi tecnologici e di pulizia, l’aumento delle frequenze di intervento nell’ambito delle attività ordinarie e il considerevole aumento delle franchigie di intervento nell’ambito della manutenzione straordinaria”. Risulta, quindi, confermato il notevole incremento di prestazioni e di costi rispetto a quanto previsto nell’accordo quadro. 

Del resto, il Servizio Gestioni patrimoniali e Logistica della Provincia, nella nota del 12 giugno 2020, aveva evidenziato che l’emergenza sanitaria ha determinato “una notevole trasformazione delle necessità con riferimento sia alle caratteristiche delle prestazioni richieste (disinfezione/sanificazione) sia alle relative frequenze di intervento” e che - considerando “solo le prestazioni ordinarie e mantenendo invariati i parametri già individuati nel bando di gara, ma intensificando le frequenze relative ad alcune prestazioni e introducendo alcune prestazioni prima non previste come appunto la disinfezione che era individuata solo per i servizi igienici e i relativi pavimenti” - si rende necessario “un aumento evidente delle ore di lavoro necessarie per lo svolgimento del servizio pari a circa il 70% in più rispetto a quanto previsto dalla documentazione della convenzione APAC a base d’asta per il lotto 1 Provincia Autonoma di Trento”. 

E ciò era ribadito dal documento dell’agosto successivo, da cui si evince che nella prestazione ordinaria di pulizia quale risultante dalla documentazione di gara “la disinfezione non è prevista rispetto ad alcun tipo di prestazione (fatta eccezione per i servizi igienici e relativi pavimenti) e anche la semplice detersione (senza disinfezione) delle attrezzature e delle superfici piane ad alta frequenza di contatto risulta prevista come prestazione occasionale (a titolo esemplificativo, per l’area omogenea la detersione delle superfici piane ad alta frequenza di contatto è prevista con cadenza quindicinale)” (cfr. la relazione tecnica del DOPAG - Dipartimento Organizzazione, personale e affari generali – della Provincia del 17 agosto 2020). 

Nessun difetto di istruttoria e di motivazione, quindi. Al contrario, in conseguenza dell’accertata insorgenza della situazione emergenziale, che rendeva non più attuale la convenzione quadro al soddisfacimento delle mutate esigenze delle amministrazioni dell’intero territorio provinciale, la Provincia si è attivata ponendo in essere un discrezionale e legittimo atto di revoca della gara.
Con riferimento alle censure relative alla assunta violazione degli artt. 21 - quinquies e 21 - nonies di cui alla legge n. 241 del 1990 con particolare riferimento alla dedotta tardività del provvedimento di revoca, deve ribadirsi che la stessa è stata posta in essere anteriormente all’aggiudicazione della gara. 

Per consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, la natura giuridica di atto generale del bando e di atto endoprocedimentale della proposta di aggiudicazione non consentono di applicare integralmente la disciplina degli artt. 21 - quinquies e 21 - nonies di cui alla legge n. 241 del 1990 in tema di revoca e annullamento d'ufficio, con particolare riferimento all’esigenza del raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario della mera proposta di aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, III, 31 marzo 2021, n. 2707). 

Invero, la proposta di aggiudicazione non è l’atto conclusivo del procedimento, rientrando nel potere discrezionale dell’amministrazione la sua revoca, il cui esercizio prescinde dall’applicazione dell’art. 21 - quinquies della legge n. 241 del 1990, pur richiedendosi la sussistenza di concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione delle operazioni di gara (cfr. Cons. Stato, V, 11 marzo 2020, n. 1744; 9 novembre 2018, n. 6323). 

Considerata la detta natura giuridica di atto provvisorio ad effetti non stabilizzati, e perciò inidoneo a determinare un affidamento qualificato in capo all’aggiudicatario provvisorio, è consolidata la giurisprudenza per la quale la revoca dell’aggiudicazione provvisoria è legittima pur se non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento (Cons. Stato, V, 11 marzo 2020, n. 1744). 

Riguardo alla assunta erroneità della sentenza per non avere accolto la censura con cui era stata dedotta l’illegittimità della revoca e, dunque, la spettanza alla società di tutti i danni derivanti dalla sottrazione dell’appalto per cui è causa e, in subordine, la spettanza del risarcimento per responsabilità precontrattuale, o, ancora in subordine, nell’ipotesi in cui la revoca fosse comunque ritenuta legittima, la spettanza dell’indennizzo di cui all’art. 21 - quinquies legge n. 241/1990, il motivo è infondato sotto i primi due profili in considerazione della legittimità della revoca, alla luce delle suddette statuizioni. Riguardo al secondo profilo dedotto, la giurisprudenza, “nel precisare che l'indennizzo ex art. 21-quinquies deve essere limitato alle spese inutilmente sopportate per partecipare alla gara, ne ha sempre escluso l'applicabilità in caso di revoca di atti ad effetti instabili ed interinali, quali l'aggiudicazione provvisoria, ovvero, nel vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, una mera proposta di aggiudicazione (approvata, nella fattispecie controversa, con la determina dirigenziale n. 466 del 17 agosto 2018), che non è provvedimento definitivo (in termini, tra le tante, Cons. Stato, III, 21 gennaio 2013, n. 339)” (Cons. Stato, V, 11 giugno 2020, n. 3733). 

Riguardo alle censure concernenti le clausole sociali, in considerazione della piena legittimità della revoca per le suddette statuizioni, deve applicarsi il consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale, in presenza di atto plurimotivato, la legittimità (o la mancata contestazione) di una delle motivazioni è da sola idonea a sorreggere il provvedimento, con la conseguenza che non assumono alcun rilievo le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali del provvedimento. 

Alla luce delle suesposte considerazioni e della conseguente accertata piena legittimità della revoca si può prescindere dal dar corso alle istanze istruttorie dell’appellante.

L’appello va, quindi, respinto. 

Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento affronta un caso peculiare ma offre notevoli spunti giuridici di riflessione. La Provincia Autonoma di Trento dispone la revoca di una gara – nella fase che intercorre tra la proposta di aggiudicazione e l’aggiudicazione – ad oggetto i servizi di pulizia e sanificazione di locali di propria competenza, lamentandone l’inidoneità alla luce della sopravvenuta pandemia da Covid-19. Respinto il ricorso dal TAR Trento, l’operatore economico risultato primo in graduatoria propone appello sulla base di alcuni motivi che il Consiglio di Stato, dichiarandone l’infondatezza, tratta congiuntamente.

La questione principale ruota attorno all’opportunità della revoca di una procedura di affidamento intervenuta in una fase così avanzata e ormai prossima all’aggiudicazione quando si sarebbe potuto invece, in ossequio al principio di economicità, far fronte ad eventuali sopravvenienze con opportune modifiche del contratto in fase di stipula. Ciò anche alla luce di quanto dispone l’art. 106 D. Lgs. 50/2016 in tal senso.

Viene altresì censurata la tardività di un provvedimento di revoca che non avrebbe rispettato i termini disposti dagli artt. 21quinquies e 21nonies l. 241/1990, in spregio al legittimo affidamento nel mentre formatosi nella sfera giuridica del primo in graduatoria.

Il Consiglio di Stato respinge i motivi di appello confermando l’impianto della sentenza di primo grado sulla base di alcuni passaggi logici che è utile ripercorrere.

Anzitutto il Collegio contesta il richiamo alla disciplina di governo delle sopravvenienze in fase di esecuzione del contratto. 

Si tratta infatti di una normativa inapplicabile alla fase antecedente alla conclusione dello stesso e a maggior ragione quando a mancare è il provvedimento di aggiudicazione. Com’è noto da tale ultimo atto della fase pubblicistica di gara va distinta la proposta di aggiudicazione che ai sensi degli artt. 32.5 e 33.1 D. Lgs. 50/2016 formula l’organo competente della stazione appaltante.

Deve quindi considerarsi del tutto improprio il richiamo alla disciplina che il Codice dei Contratti Pubblici detta in fase di esecuzione del contratto, ove invece gode di maggior considerazione l’esigenza di conservazione del rapporto tra contraenti in ossequio al brocardo “pacta sunt servanda”.

Chiosa inoltre sul punto il Consiglio di Stato che l’applicazione dell’art. 106 sarebbe in concreto impossibile visto che le modifiche necessarie in termini di adeguamento degli interventi di sanificazione «supererebbero qualunque limite prestabilito» dalla suddetta norma.

Invero la sopravvenienza di cui trattasi – la pandemia da Covid-19 – è di tale portata da giustificare una riflessione più approfondita sui termini contrattuali divisati nel bando di gara. Nel caso di specie si era infatti scelta la strada della convenzione quadro finalizzata a garantire, tramite una radicale standardizzazione dei servizi di pulizia, un adeguato risparmio di spesa. Risparmio, quest’ultimo, che si dimostra recessivo rispetto alle «sopravvenute imprevedibili esigenze di preminente tutela della salute pubblica quale fondamentale diritto riconosciuto all’individuo ed interesse dell’intera collettività dall’art. 32 della Costituzione».

Anche la censura di tardività della revoca non coglie nel segno perché erra nella qualificazione giuridica del provvedimento ablatorio adottato dall’Amministrazione provinciale. Non di revoca né di annullamento deve parlarsi, difatti, giacché manca il provvedimento sulla base del quale vantare un legittimo affidamento che vincolerebbe la PA ad un termine e ad un bilanciamento di interessi. Tale non può essere il bando di gara né la proposta di aggiudicazione, il primo perché atto generale, il secondo perché endoprocedimentale.

In assenza di aggiudicazione, quindi, non vi è base giuridica per vantare un bene della vita definitivo, stabile, “affidante”. Al contrario, la revoca della proposta di aggiudicazione «rientrando nel potere discrezionaledell’amministrazione (…) prescinde dall’applicazione dell’art. 21quinquies della legge n. 241/1990, pur richiedendosi la sussistenza di concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione delle operazioni di gara». Sicché non rileva né il rispetto di un termine procedimentale né quanto la norma dispone in materia di indennizzo.

Ciò al punto da ritenere legittima una scelta di revoca che non dispone l’avviso di avvio del relativo procedimento.

È possibile svolgere due brevi considerazioni su quanto esposto dalla Quinta Sezione.

In merito alla prima questione trattata è solo apparente l’approccio restrittivo adottato dal Consiglio di Stato nel negare l’applicabilità dell’art. 106 CCP alla fase precedente la conclusione del contratto. Invero, è opportuno tenere distinte le due fasi dell’affidamento pubblico, quella pubblica e quella privata, in quanto governate da principi e regole in parte differenti. Non può quindi muoversi alcun rimprovero in punto di violazione di quell’effetto utile che deve muovere l’interprete della normativa di derivazione europea. Fintanto che il contratto non sia concluso – o quantomeno l’aggiudicazione non sia adottata – l’Amministrazione affronta le sopravvenienze secondo logiche di opportunità e per mezzo degli strumenti autoritativi in dotazione.

Quanto al mancato sorgere di un affidamento legittimo, ancora di recente l’Adunanza Plenaria ha precisato che «nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa» (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 21/2021). In disparte eventuali profili di colpa, difficilmente contestabili di fronte alla imprevedibile sopravvenienza pandemica, tale ragionamento conferma però che di regola «l’aggiudicazione è il punto di emersione di un affidamento legittimo e incolpevole». Sicché, a maggior ragione, in mancanza di quest’ultima non può lamentarsi alcun danno risarcibile a fronte di una revoca della gara, salvo prova contraria.

La sentenza in commento si pone quindi nel solco tracciato dalla giurisprudenza nomofilattica e conferma la legittimità dell’operato della Pubblica Amministrazione, ancora una volta alle prese con la gestione di una sopravvenienza così pervasiva come la pandemia da Covid-19. Anche in questo caso, infatti, l’ordinamento regge all’urto dell’epidemia con l’utilizzo degli strumenti ordinari senza sacrificare interessi di rango primario.