Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sez. giurisdizionale, 12.01.2022 n. 32

Le previsioni contenute nei protocolli di legalità o di integrità, stipulati ai sensi dell’art. 1 comma 17 della legge n. 190 del 2012, laddove configurano specifiche cause di esclusione dalla procedura di gara, sono idonee (data la base giuridica fondata sulla norma di rango legislativo) a integrare il catalogo tassativo delle cause di esclusione contemplate dal d. lgs. n. 50 del 2016 (Cons. St., sez. V, 13 gennaio 2021, n. 425) e contemporaneamente si fondano sulla base legislativa richiesta dall’art. 23 Cost..

Nei patti di integrità, agli obblighi comportamentali che, pur trovando la propria fonte nella clausola di leale collaborazione e nel principio di buona fede, oltre che nella normativa antimafia e dei contratti pubblici, sono circostanziati in modo tale da rendere agevole il relativo accertamento, si ricollegano conseguenze sfavorevoli in caso di violazione degli impegni assunti.

L’assunzione volontaria non solo degli specifici doveri comportamentali ivi previsti ma anche della sottoposizione alle conseguenze sfavorevoli ivi indicate consente all’Amministrazione di esercitare con agilità i poteri di accertamento (facilitati dalla tipizzazione degli impegni assunti) e i poteri di irrogazione delle conseguenze sfavorevoli (anche queste specificamente indicate).

In tal senso, i protocolli di legalità sono strumenti utili per contrastare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle attività volte a sviluppare la concorrenza per il mercato (quali le procedure a evidenza pubblica), attraverso l’introduzione di clausole “sanzionatorie” (così lo stesso patto di integrità) in caso di violazione degli impegni assunti.

Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, l’Amministrazione dispone di una discrezionalità quanto mai ampia in ordine alla scelta se procedere a verifica facoltativa della congruità dell’offerta, il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto (Cons. St., sez. V, 25 maggio 2017, n. 2460). Ciò anche in ragione del relativo presupposto di legge, da individuare “in base ad elementi specifici”, a sua volta correlato ad una situazione indeterminata di sospetto di anomalia dell’offerta (che “appaia” anormalmente bassa).

Il comportamento degli operatori economici nelle gare di appalto deve essere sempre improntato al rispetto dei principi di legalità e delle specifiche regole.

Peraltro la crescente rilevanza del ricorso agli appalti, sia in ambito nazionale che locale, ha indotto il legislatore ad individuare disposizioni che garantissero l’assenza di potenziali infiltrazioni da parte delle associazioni malavitose.

Come è noto l’articolo 80 (Motivi di esclusione) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) prevede espressamente tutte le situazioni in cui un operatore economico debba essere escluso dalla partecipazione alla medesima competizione in presenza di determinati motivi.

Tuttavia tale articolo non contempla quell’istituto che ha trovato collocazione nella precedente normativa in materia di appalti ed in altre leggi, in grado di far si che il concorrente, per poter essere ammesso alla competizione, debba rispettare ulteriori condizioni.

L’importanza della sentenza in commento consiste nell’aver sottolineato come in tale contesto rivestano un ruolo fondamentale i patti di legalità/integrità.  

A tal proposito si rammenta che già l’articolo 176, comma 3, lett. e) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), vigente fino all’entrata in vigore del suddetto d.lgs.50/2016, prevedeva la funzione dei suddetti patti. Quest’ultimi consistono in atti che pongono in capo alle imprese partecipanti alle gare l’obbligo di mantenere, durante l’esecuzione del contratto, condotte che siano in grado di evitare potenziali infiltrazioni malavitose.

Come sopra detto tali patti non sono contemplati nel successivo d.lgs. 50 /2016; tuttavia la disciplina specialistica si ritrova nell’articolo 1, comma 17, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. Legge Anticorruzione).

Sul punto è intervenuto anche il Consiglio di Stato, il quale ha precisato che i patti in argomento rappresentano, come ricordato, un plus che si aggiunge ed anzi potenzia il precetto normativo, rafforzando in tal senso le richieste già particolarmente penetranti della legge. Tale rinforzo si manifesta tramite l’inflizione di sanzioni di carattere patrimoniale e la contestuale esclusione dalla gara del concorrente inadempiente.

Merito della sentenza redatta dal Collegio è quello di aver individuato in modo scrupoloso la natura dei protocolli in questione, in relazione ai quali l’Amministrazione detiene un’ampia discrezionalità.

In particolare i giudici affermano come i protocolli de quibus riescano ad integrare il tassativo catalogo delle esclusioni previsto dal sopra indicato art.80 del d.lgs. 50/2016.

In tal senso. proseguono i giudici, gli obblighi comportamentali sanciti da tali patti, sempre nel rispetto della clausola di leale collaborazione e del principio di buona fede ed alla luce della richiamata normativa dei contratti pubblici e di quella in materia di antimafia, rendono agevole per l’amministrazione il successivo adempimento: accertare l’errato modus agendi del concorrente da cui scaturiranno conseguenze inevitabilmente sfavorevoli, in caso di violazione degli impegni assunti.

In tale contesto risulta utile menzionare anche quanto sostenuto dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) la quale, con propria delibera n.1120 del 20 dicembre 2020, ha dichiarato legittima l’esclusione dell’operatore che abbia violato i protocolli in oggetto.  

In particolare l’Autorità ha affermato che estromettere un’impresa dalla competizione, avendo la stessa violato gli obblighi sottoscritti con i protocolli, sia compatibile, in base a quanto stabilito dall’articolo 83, comma 8 del suddetto Codice dei contratti pubblici, con il principio di tassatività delle clausole di esclusione previste da tale norma.

Contemporaneamente la medesima Autorità ha evidenziato come quanto stabilito nei predetti protocolli non debba assolutamente creare illecite interferenze nelle procedure di gara, nel rispetto del principio comunitario di proporzionalità.                     

A tal fine si richiama l’articolo 83-bis (Protocolli di legalità)[1]  del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia), a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136, il quale, al comma 3, afferma che “Le stazioni appaltanti prevedono negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto dei protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalla gara o di risoluzione del contratti”.

Infine si rammenta che l’articolo 3[2] del decreto-legge 16 luglio 2020, n.76 (Verifiche antimafia e protocolli di legalità) ha previsto, fino al 30 giugno 2023, procedure più semplificate anche per i controlli antimafia. Tale norma generalizza il presupposto dell’urgenza ai fini dell’acquisizione della documentazione antimafia ed il ricorso, anche per i soggetti non censiti, all’informativa liberatoria provvisoria.    

LEGGI LA SENTENZA

 

 Pubblicato il 12/01/2022

N. 00032/2022REG.PROV.COLL.

N. 00599/2021 REG.RIC.

N. 00591/2021 REG.RIC.

N. 00628/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 599 del 2021, proposto da
Pfe s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Umberto Ilardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Dussmann Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lucia Di Salvo, Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Sicilia - Assessorato economia Dipartimento bilancio e tesoro - Ragioneria generale - centrale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;

nei confronti

Euro & Promos Fm s.p.a., Ge.Di.S. s.c. a r.l., Lancar s.r.l., Plurima s.r.l., Azienda sanitaria provinciale di Catania, Azienda sanitaria provinciale di Siracusa, Azienda sanitaria provinciale di Trapani, Azienda ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, Azienda ospedaliero universitaria Policlinico Vittorio Emanuele di Catania, Azienda ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione Garibaldi di Catania, non costituiti in giudizio;

Ferco s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco De Marini e Barbara Savorelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Vincenzo Terrano in Palermo, via Ausonia, n. 21;

Presidenza della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;

e con l'intervento di

ad opponendum:

Markas s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Adami, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Rekeep s.p.a., rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Baccolini, Francesco Rizzo, Andrea Zoppini e Giorgio Vercillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



 

sul ricorso numero di registro generale 591 del 2021, proposto da
Euro&Promos Fm s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alfredo Antonini, Damiano Lipani, Giovanni Mandolfo, Francesca Sbrana, Andrea Scuderi, Sergio Grillo e Fabio Baglivo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Dussmann Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lucia Di Salvo, Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Regione Siciliana Assessorato dell'economia, Regione Siciliana-Ufficio speciale C.U.C. per l’acquisizione di beni e servizi, Regione Siciliana, Ge.Di.S. s.c.r.l., Lancar s.r.l., Pfe s.p.a., Plurima s.r.l., Azienda sanitaria provinciale di Catania, Azienda sanitaria provinciale di Siracusa, Azienda sanitaria provinciale di Trapani, Azienda ospedaliera “Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello” di Palermo, Azienda ospedaliera universitaria “Policlinico Vittorio Emanuele” di Catania, Azienda ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione Garibaldi di Catania, non costituiti in giudizio;
Presidenza della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;

Ferco s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco De Marini e Barbara Savorelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Vincenzo Terrano in Palermo, via Ausonia n.21;

Pfe s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Umberto Ilardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad opponendum:

Markas s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Adami, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

ad opponendum:

Rekeep s.p.a., rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Baccolini, Francesco Rizzo, Andrea Zoppini e Giorgio Vercillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

sul ricorso numero di registro generale 628 del 2021, proposto da
Ferco s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco De Marini e Barbara Savorelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Vincenzo Terrano in Palermo, via Ausonia n.21;

contro

Dussmann Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lucia Di Salvo, Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Siciliana - Dipartimento regionale bilancio e tesoro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;

Assessorato regionale dell'economia - Dipartimento bilancio e tesoro - Ragioneria generale della Regione Siciliana, Centrale Unica di Committenza (Cuc) Regione Sicilia, Azienda sanitaria provinciale di Catania, Azienda sanitaria provinciale di Siracusa, Azienda sanitaria provinciale di Trapani, Azienda ospedaliera “Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello” di Palermo, Azienda ospedaliera universitaria “Policlinico – Vittorio Emanuele” di Catania, Azienda ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione Garibaldi di Catania, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Pfe s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Umberto Ilardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Euro & Promos Fm s.p.a., non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:

Markas s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Adami, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

ad opponendum:

Rekeep s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Baccolini, Francesco Rizzo, Andrea Zoppini e Giorgio Vercillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti,


 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Dussmann Service s.r.l., di Regione Sicilia - Assessorato Economia Dip.to bilancio e tesoro - Ragioneria generale – centrale, di Ferco s.r.l., di Presidenza della Regione Siciliana, di Pfe s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2021 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. La controversia riguarda la procedura ad evidenza pubblica, suddivisa in n. 10 lotti, per l’affidamento dei servizi di pulizia, servizi integrati e servizi accessori in ambito sanitario per gli enti del Servizio Sanitario, indetta a seguito del decreto 30 ottobre 2017 n. 2117 dalla centrale unica di committenza della Regione Siciliana (numero gara 6887860).

2. La Dussmann Service s.r.l. (di seguito: “Dussmann”), partecipante alla gara, ha impugnato davanti al Tar Sicilia - Palermo, con ricorso n. -OMISSIS-, i seguenti atti, con specifico riferimento al lotto n. 3:

- il decreto di aggiudicazione D.A.S. n. 2393 del 9 ottobre 2019, comunicato in data 10 ottobre 2019;

- il decreto D.A.S. n. 2408 del 11 ottobre 2019 con cui la C.U.C. Regione Siciliana ha parzialmente rettificato il D.A.S. n. 2393/2019;

- il decreto D.A.S. n. 12 del 10 gennaio 2018 di nomina della Commissione di gara;

- la nota prot. 61696 del 12 dicembre 2017 con cui è stato indicato l’Avv. -OMISSIS- come Presidente della costituenda Commissione di gara;

- il verbale n. 2 del 29 gennaio 2018 nella parte in cui la Commissione di gara ha ammesso alla procedura il raggruppamento Ferco;

- i verbali nn. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 della Commissione di gara, relativi alla fase di ammissione delle concorrenti alla procedura; il verbale n. 12 del 21 settembre 2018 di conclusione della fase di ammissione delle concorrenti e dell'apertura delle offerte tecniche;

- il verbale n. 13 del 3 ottobre 2019 di conclusione delle operazioni di apertura delle offerte tecniche;

- i verbali da 1 a 17 della Commissione di gara relativi alle operazioni di valutazione delle offerte tecniche; del verbale n. 14 del 30 luglio 2019, il verbale n. 15 del 7 agosto 2019 di approvazione delle graduatorie dei singoli lotti; dei tutti i verbali di gara; della nota prot. 47141 del 11 settembre 2019 a firma del RUP;

- il verbale della Commissione di gara di verifica dell’anomalia delle offerte dell’8 ottobre 2019; il decreto D.A.S. n. 2117 del 30 ottobre 2017 di approvazione degli atti di gara e di indizione della procedura; l’art. 12.2 del disciplinare di gara ove interpretato nel senso di non richiedere il possesso del requisito di idoneità professionale corrispondente alla quota parte di prestazioni svolta dall'operatore;

- il chiarimento n. 3 reso in gara nella parte in cui, in merito alla partecipazione dei consorzi stabili, non viene chiarito che il consorziato indicato come esecutore deve comunque essere in possesso dei requisiti di qualificazione corrispondenti alla quota di esecuzione del servizio a lui assegnata;

- l’art. 18.2 del disciplinare di gara nella parte in cui limita la causa di incompatibilità connessa all’aver svolto attività o incarichi amministrativi relativi al contratto ai soli membri della Commissione, escludendone l’applicazione per il Presidente della Commissione;

- le note prot. n. 57596, n. 57605, n. 57597 in data 29 ottobre 2019, prot. 58002 del 30 ottobre 2019 e prot. 59415 del 6 novembre 2019 per la violazione del termine per l’evasione dell’accesso agli atti di cui all’art. 76 del codice dei contratti pubblici;

- ogni altro atto presupposto, antecedente e conseguente.

3. Con primi motivi aggiunti presentati rispetto ai suddetti ricorsi introduttivi sono stati impugnati ulteriori atti:

- la nota prot. 62841 in data 21 novembre 2019 a firma del dirigente responsabile del Servizio “Centrale Unica di Committenza” dell’Assessorato dell'economia della Regione Siciliana;

- la nota prot. 63874 del 26 novembre 2019 a firma del Responsabile Unico del Procedimento.

4. Con ulteriori motivi aggiunti la Dussmann ha gravato:

- i medesimi atti già impugnati, chiedendo la declaratoria dell’illegittimità dell’operato della C.U.C. laddove ha omesso di escludere dalla gara oggetto di causa le concorrenti P.F.E., R.T.I. Ferco/Lancar/Gedis e Euro&Promos, per violazione dell’impegno assunto con il patto di integrità, sussistenza delle circostanze escludenti previste dagli artt. 26 e 35 dir. 24/2014 e dagli artt. 56 e 59 d. lgs. 50/2016, dichiarazioni inveritiere rese dalle concorrenti in ordine al possesso dei requisiti di cui all’art. 80 CCP e sussistenza delle condizioni di cui all’art. 80 CCP;

- in via subordinata, ha chiesto la declaratoria dell’illegittimità dell’operato della C.U.C. nella parte in cui ha omesso di valutare l’incidenza delle condotte di turbativa d’asta commesse dalle concorrenti P.F.E., R.T.I. Ferco/Lancar/Gedis, Euro&Promos quali violazioni del patto di integrità, quali cause di esclusione ai sensi degli artt. 26 e 35 dir. 24/2014 e artt. 56 e 59 d. lgs. 50/2016, nonché quali circostanze incidenti sul possesso dei requisiti di cui all’art. 80 CCP;

- in via di ulteriore subordine, ha chiesto la declaratoria dell’illegittimità dell’operato della C.U.C. nella parte in cui ha omesso di annullare l’intera procedura di gara vista la sussistenza di una dimostrata violazione dei principi di buon andamento e per eccesso e per sviamento di potere, nonché per l’accertamento dell’avvenuta violazione da parte dei concorrenti P.F.E., R.T.I. Ferco/Lancar/Gedis, Euro&Promos del patto di integrità stipulato con la C.U.C. Sicilia;

La Dussmann ha altresì chiesto la condanna delle Amministrazioni resistenti:

- in via principale: a) previo espletamento, occorrendo, di una verificazione o di una consulenza tecnica ai sensi degli artt. 63 c. 4, 66 e 67 c.p.a., a dichiarare che l’offerta di PFE S.p.a. è incongrua e non adeguata a garantire la remunerazione dell’appalto, con conseguente esclusione; b) a escludere dalla gara il R.T.I. Ferco/Lancar/Gedis per: carenza dei requisiti di partecipazione e della documentazione richiesta dalla lex specialis a pena di esclusione, presenza di informazioni non veritiere e fuorvianti nell’offerta tecnica della concorrente; incongruità dell'offerta, previo espletamento, occorrendo, di una verificazione o di una consulenza tecnica ai sensi degli artt. 63 c. 4, 66 e 67 c.p.a.; c) in accoglimento dei motivi aggiunti: escludere P.F.E., R.T.I. Ferco/Lancar/Gedis, Euro&Promos dalla gara per: violazione degli impegni assunti con il patto di integrità, irregolarità ed inammissibilità delle offerte ai sensi degli artt. 26 e 35 dir. UE 24/2014 e degli artt. 56 e 59 d. lgs. n. 50 del 2016, omessa dichiarazione delle circostanze rilevanti ai fini della verifica sul possesso dei requisiti di cui all'art. 80 d. lgs. n. 50 del 2016; sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 80 c. 5 lett. c) e m) d. lgs. n. 50 del 2016; d) a dichiarare l’aggiudicazione in favore di Dussmann Service S.r.l. dei quattro lotti di gara aventi importo maggiore o comunque del lotto 3;

- in via subordinata: in accoglimento dei motivi aggiunti, condannare le P.A. resistenti ad effettuare la necessaria istruttoria e valutazione delle circostanze indicate nel ricorso ai fini della: - verifica sulla violazione del patto di integrità da parte delle controinteressate, - sussistenza delle condizioni per l’applicazione della causa di esclusione prevista dagli artt. 26 e 35 dir. UE 24/2014 e dagli artt. 56 e 59 d. lgs. n. 50 del 2016, - sussistenza della causa di esclusione ex art. 80 c. 5 lett. c) e lett. m) d. lgs. n. 50 del 2016 con riferimento alle concorrenti P.F.E., R.T.I. Ferco/Lancar/Gedis, Euro&Promos;

- in via di ulteriore subordine, condannare le P.A. resistenti alla riedizione totale della gara per l’annullamento di tutti gli atti per sviamento di potere;

- in via di ulteriore subordine, condannare le Amministrazioni resistenti alla riedizione totale della procedura per l’affidamento del lotto 3 in ragione dell’illegittima composizione della Commissione e/o dell’illegittimità del procedimento di anomalia delle offerte;

- in via di subordine rispetto alle condanne indicate ai punti precedenti, annullati tutti i provvedimenti impugnati, condannare le Amministrazioni resistenti a: a) rinnovare il procedimento di verifica sulla congruità delle offerte di PFE S.p.a. e del R.T.I. Ferco/Lancar/Gedis; b) rinnovare il procedimento di verifica sul possesso dei requisiti da parte del R.T.I. Ferco/Lancar/Gedis, c) rinnovare in ogni caso il procedimento di verifica di anomalia, con valutazione ed istruttoria svolta ad opera dell’organismo competente;

- in via di estremo subordine: condannare le Amministrazioni resistenti al risarcimento dei danni nella misura equivalente che sarà indicata in corso di causa o con un separato e successivo giudizio.

5. Con ricorsi nn. -OMISSIS- (cui sono seguiti motivi aggiunti analoghi a quelli proposti nel giudizio incardinato con ricorso n. -OMISSIS-), la Dussmann ha impugnato i medesimi atti già richiamati in precedenza con riferimento però a lotti diversi della medesima gara (con ricorso n.-OMISSIS- al lotto 5 – Siracusa, aggiudicato alla PFE, con ricorso n.-OMISSIS- al lotto 6 – Trapani, aggiudicato al raggruppamento Ferco, con ricorso n. -OMISSIS- relativo al lotto 7 – Palermo due, aggiudicato al raggruppamento Ferco, con ricorso n. -OMISSIS- relativo al lotto 8 – Catania due, aggiudicato alla PFE e con ricorso n. -OMISSIS- relativo al lotto 10 – Catania tre, aggiudicato alla Euro&Promos).

6. A sostegno dei ricorsi appena sopra richiamati, la ricorrente ha proposto censure analoghe a quelle sintetizzate con riferimento al ricorso n. -OMISSIS-.

Con riferimento ai soli ricorsi relativi ai lotti 6, 7 e 10 la ricorrente ha aggiunto motivi di doglianza diretti avverso la mancata esclusione del raggruppamento Ferco e della Euro&Promos FM s.p.a. (di seguito: “Euro & Promos”).

7. Quest’ultima ha proposto ricorso incidentale condizionato in relazione al ricorso n. -OMISSIS- assistito da un motivo di censura volto a contestare il giudizio di non anomalia espresso dalla stazione appaltante con riferimento all’offerta della medesima Dussmann.

8. Il Tar, con sentenza -OMISSIS-, ha riunito i ricorsi, respinto il ricorso introduttivo e i primi motivi aggiunti, dichiarato improcedibile il ricorso incidentale avanzato dalla Euro & Promos avverso l’aggiudicazione del lotto 10 per sopravvenuta carenza di interesse e accolto il secondo ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei limiti d’interesse.

9. Euro & Promos ha proposto appello davanti a questo CGARS con ricorso n. 591 del 2021.

10. Sono intervenuti ad opponendum Markas s.r.l. e Rekeep s.p.a.

11. PFE s.p.a. ha presentato appello con ricorso n. 599 del 2021.

12. Sono intervenuti ad opponendum Markas s.r.l. e Rekeep s.p.a.

13. Dussmann ha presentato appello incidentale rispetto ai riuniti (con ordinanza n. 429 del 2021, di cui infra) appelli nn. 591 e 599 del 2021.

14. Ferco s.r.l. (di seguito: “Ferco”) ha proposto appello con ricorso n. 628 del 2021.

15. Dussmann ha presentato appello incidentale.

16. Sono intervenuti ad opponendum Markas s.r.l. e Rekeep s.p.a.

17. Nel giudizio di appello si sono costituiti gli appellanti e gli intervenienti, oltre che la Presidenza della Regione Siciliana e l’Assessorato regionale all’economia – Ragioneria generale e Centrale unica di committenza.

18. Con ordinanza 18 giugno 2021 n. 429 sono stati riuniti i ricorsi in appello nn. 591 e 599 del 2021 ai sensi dell’art. 96 c.p.a. e sono stati disposti incombenti istruttori.

19. All’udienza del 16 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

20. Gli appelli principali, già riuniti, sono meritevoli di accoglimento nei limiti che saranno esposti, con accoglimento parziale dei motivi riproposti.

21. Gli appelli incidentali sono improcedibili e comunque infondati.

22. In via pregiudiziale è stata eccepita l’inammissibilità dei ricorsi in appello in ragione dell’adozione del decreto 10 maggio 2021 n. 62, con il quale la CUC ha escluso PFE, il raggruppamento Ferco ed Euro & Promos dalla gara controversa in esecuzione della qui impugnata sentenza e in esito a un’apposita istruttoria. Ciò in quanto la CUC non solo avrebbe svolto un nuovo procedimento ma si sarebbe determinata a produrre effetti che eccedono il contenuto della sentenza appellata.

Oltre a fondarsi su un accertamento procedimentale autonomo, la determinazione presenterebbe un contenuto ed effetti che, pur essendo coerenti con il decisum della sentenza appellata, andrebbero ben oltre, giungendo a disporre l’aggiudicazione in favore degli operatori in coda in graduatoria e ordinando a tutti gli Enti coinvolti di adottare le misure atte a risolvere le convenzioni in corso con l’appellante e con gli altri operatori coinvolti nelle vicende criminose.

22.1. L’eccezione va respinta.

Con il decreto n. 62 del 2021 l’Amministrazione ha deciso in sintesi, per quanto di interesse in questa sede, di:

- dare esecuzione alla sentenza del Tar -OMISSIS-, prendendo atto dell’annullamento delle aggiudicazioni dei lotti nn. 3, 5, 6, 7, 8 e 10;

- disporre l’esclusione di PFE, Ferco ed Euro & Promos relativamente a tutti i lotti di gara;

- disporre l’aggiudicazione dei lotti nn. 3, 5 e 8 in favore della Dussmann;

- dare atto che la convenzione sottoscritta tra l’Ufficio Speciale – C.U.C. e PFE relativamente al lotto n.1, non gravato da contenziosi, “è, ai sensi dell’art.1456 c.c., risolta”, giusta comunicazione con nota 26 aprile 2021 n. 1852;

- “per il conseguente effetto caducatorio”, intendersi risolto anche il relativo contratto attuativo stipulato dall’ASP di Palermo;

- disporre, per l’effetto e ai sensi dell’art. 3 della lex specialis di gara, l’aggiudicazione del lotto n.1 in favore della Dussmann;

- disporre, per effetto dell’esclusione dalla graduatoria relativa a tutti i lotti di gara, di PFE, Ferco ed Euro & Promos, l’aggiudicazione dei lotti nn. 7, 9, 2, 6 e 10 in favore delle ditte che seguono in graduatoria;

- dare atto che “tutti gli enti del SSR recepiranno, in urgenza, le determinazioni di cui al presente provvedimento ai sensi dell’art.32, co.8, del d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii. in ragione delle evidenze, rappresentate dal g.a., circa il ripristino della legalità ed al fine di scongiurare la permanenza di contratti in regime di proroga in favore delle ditte oggi interessate dalle fattispecie criminose”.

La motivazione del provvedimento è alquanto articolata, facendo riferimento a:

- la diffusione, a mezzo stampa, dei fatti per i quali è stato avviato il procedimento penale n. R.G. 16541/2017;

- l’interlocuzione avvenuta con l’Avvocatura dello Stato in merito alla necessità di valutare l’opportunità di adottare provvedimenti in autotutela;

- la comunicazione all’ANAC di segnalazione dell’accaduto (nota 14 giugno 2020 n. 26 e nota ANAC 30 luglio 2020);

- la nota 25 giugno 2020 n. 44, con la quale è stato chiesto a enti del SSR, che risultavano aver stipulato contratti attuativi con gli operatori economici attenzionati, di notiziare in ordine alle iniziative assunte (risoluzione del contratto, escussione cauzione definitiva, etc.), “atteso che risultava violato l’art.1, co.17, della L.n.190/2012”;

- la giurisprudenza a parere della quale: - “quanto ai fatti oggetto di un procedimento penale, deve riconoscersi alla stazione appaltante la facoltà di escludere un concorrente per ritenuti “gravi illeciti professionali”, a prescindere dalla definitività degli accertamenti compiuti in sede penale” (ex plurimis Tar Lombardia - Milano, sez. I, 10 agosto 2020, n. 1538); - “le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 – che indicano i motivi di esclusione” (Tar Lazio, sez. II, 30 aprile 2020 n. 4529); - “non è necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento volto all’adozione del provvedimento di esclusione da una pubblica gara adottato in applicazione dell’art. 80, comma 1, lett. c ed fbis, d.lgs. n. 50/16” in quanto l’esclusione dalla gara non costituisce atto di autotutela, ma atto vincolato; - “a sostegno di tale conclusione milita anche il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’esclusione da una gara, disposta in esito al riscontro negativo circa il possesso di un requisito di partecipazione, non postula la previa comunicazione di avvio del procedimento, attenendo ad un segmento necessario di un procedimento della cui pendenza l’interessato è già necessariamente a conoscenza” (Tar Campania - Napoli, sez. I, 15 gennaio 2019 n. 215);

- la comunicazione della CUC di risoluzione, ai sensi dell’art. 1456 c.c., di risolvere la convenzione sottoscritta con PFE, “con conseguente effetto caducatorio per il contratto sottoscritto dall’A.S.P. di Palermo”;

- la comunicazione di esclusione a PFE, al raggruppamento Ferco e a Euro & Promos dalle graduatorie della procedura per tutti i lotti e nello specifico dai lotti n.1, 2, 4 e 9, assegnando il termine di dieci giorni per la formulazione di controdeduzioni, “pur condividendo l’assunto secondo il quale – come affermato dal G.A.- questa causa di esclusione è di applicazione automatica non essendo necessaria alcuna valutazione discrezionale in capo alla S.A.” (nota 26 aprile 2021 n. 1853);

- la presa d’”atto dell’annullamento delle aggiudicazioni dei lotti nn. 3, 5, 6, 7, 8 e 10 disposto nella sentenza n. -OMISSIS-”;

- la presa d’atto che l’Amministrazione, raccolte, alla scadenza (il 7 maggio 2021), e “valutate le controdeduzioni, si è determinata nell’esclusione dalla gara delle predette società”.

Con successivo decreto n. 66 del 2021 la CUC ha disposto, per quanto di interesse in questa sede, di:

- prendere atto, “per le motivazioni espresse in premessa, dell’avvenuta risoluzione, ai sensi dell’art.1456 c.c., delle Convenzioni sottoscritte tra l’Ufficio Speciale – C.U.C. e la ditta Euro & Promos relativamente ai lotti n.2 e 3 della procedura de qua e, per l’effetto caducatorio, della risoluzione dei contratti attuativi stipulati in esecuzione delle predette Convenzioni”;

- disporre, ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, “per le motivazioni espresse in premessa, nel rispetto delle previsioni di cui all’art.1, co.17, della l. n. 190/2012 e ss.mm.ii., dell’art.80, co.5 e 6, del d. lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii. e delle Linee Guida ANAC n.6/2016, la revoca delle aggiudicazioni per tutti i lotti della procedura de qua, precedentemente disposta in favore delle ditte PFE ed Euro & Promos”;

- disporre l’aggiudicazione dei lotti nn. 2 e 3 rispettivamente al raggruppamento Coopservice S. Coop P.A. e Coopservice F.M e alla società Rekeep (prima Manutencoop);

- dare atto che “tutti gli Uffici Regionali recepiranno, in urgenza, le determinazioni di cui al presente provvedimento ai sensi dell’art.32, co.8, del d. lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii. in ragione delle evidenze, rappresentate dal g.a., circa il ripristino della legalità ed al fine di scongiurare la permanenza di contratti in favore della ditta oggi interessata dalle fattispecie criminose”.

Al riguardo si rileva innanzitutto che i provvedimenti sopra descritti presuppongono, costituendone l’esecuzione (almeno in parte), gli effetti della sentenza impugnata con riferimento ai lotti nn. 3, 5, 6, 7, 8 e 10, di talché essi, ponendosi a valle di quanto deciso dal Tar, non fanno venir meno l’interesse delle parti soccombenti in quel giudizio a chiedere la riforma della sentenza.

In secondo luogo, i provvedimenti sopra descritti danno vita a una nuova istruttoria laddove si afferma che “con nota prot.n. 1853 del 26.4.2021, ai sensi degli artt.7 e ss. della L.n.241/90 e ss.mm.ii., alle ditte PFE, Ferco ed Euro & Promos è stato comunicato l’avvio del procedimento ai fini dell’esclusione della graduatoria di gara relativamente a tutti i lotti, con particolare riguardo a quelli non oggetto di gravame, assegnando il termine di 10 gg. per la formulazione di controdeduzioni”, assicurando così il contraddittorio, senza peraltro specificare se viene assicurato un più completo accertamento dei fatti presupposti (anche in relazione al procedimento penale) e in quali esatti termini viene rinnovata l’istruttoria con riferimento ai lotti oggetto della pronuncia gravata, atteso anche che non sono depositati in giudizio gli atti endoprocedimentali ivi citati.

Si aggiunge che il contenuto del provvedimento sopra descritto non reca riferimenti a tutte e tre le violazioni accertate con la sentenza qui impugnata, cioè la violazione del patto di integrità, la violazione dell’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016 e la violazione degli artt. 30, 56 e 59 del d. lgs. n. 50 del 2016.

Piuttosto, esso appare principalmente motivato con riferimento alla violazione del patto di integrità (così dal dispositivo e dall’ampia argomentazione ad essa riferita), pur recando nel preambolo richiami alla giurisprudenza relativa alla fattispecie escludente dei gravi illeciti professionali.

Dal preambolo del decreto n. 62 del 2021 emerge altresì come, pur essendo stata svolta una nuova istruttoria, sia mancata, proprio in ragione del fatto che detto provvedimento è stato adottato in funzione dell’esecuzione della sentenza qui gravata, la valutazione della stazione appaltante in ordine all’esclusione delle società dalla procedura per violazione del patto di integrità (mentre gli altri motivi accolti dal Tar per altrettanti violazioni considerate dal giudice di primo grado automaticamente escludenti non risultano, sulla base degli atti depositati in giudizio, specificamente scrutinati dalla stazione appaltante) e ciò è avvenuto, per espressa indicazione del decreto n. 62 del 2021, in quanto il Tar ha ravvisato, con la sentenza gravata, nella previsione di cui all’art. 2 del patto di integrità una fattispecie di esclusione automatica, come tale non necessitante di essere valutata dall’Amministrazione.

Ne deriva che il decreto n. 62 del 2021 risulta mancante proprio nell’aspetto che, come si vedrà nel prosieguo, determina l’accoglimento degli appelli in esame e la condanna dell’Amministrazione a valutare le condotte tenute dalle società appellanti, così potendosi rinvenire, anche a seguito dell’adozione di tale nuovo atto e della nuova istruttoria, l’interesse delle medesime parti a vedere scrutinati gli appelli (almeno quanto ai motivi che saranno accolti).

A fronte di ciò non depone in senso contrario la circostanza che la determinazione n. 62 del 2021 presenti un contenuto ed effetti che coinvolgono anche i lotti non oggetto del presente giudizio, giungendo a ordinare a tutti gli enti coinvolti di adottare le misure atte a risolvere le convenzioni in corso.

Laddove le decisioni amministrative adottate vanno oltre il decisum della pronuncia del Tar, esse esorbitano dal portato della sentenza n. -OMISSIS- e pertanto non solo fuoriescono dal perimetro del giudizio, essendo piuttosto oggetto del diverso giudizio avente ad oggetto si suddetti atti sopravvenuti, ma neppure incidono sulla permanenza dell’interesse alla decisione.

Del resto, le eventuali convenzioni stipulate in seguito all’adozione dei decreti nn. 62 e 66 del 2021 possono essere oggetto del potere del g.a. di cui all’art. 122 c.p.a., solo previo annullamento della presupposta aggiudicazione.

Nel caso di specie dette convenzioni non sono il portato dell’aggiudicazione impugnata nel presente giudizio e annullata dal Tar ma dei successivi decreti nn. 62 e 66, gravati in altro giudizio, che interrompono la linea di continuità con la sentenza n. -OMISSIS- laddove dispongono, in mancanza di una pronuncia ex art. 122 c.p.a., di intervenire sui precedenti rapporti pattizi per stipularne di nuovi, che tengano conto delle determinazioni ivi assunte.

Ne deriva che permane l’interesse degli appellanti a vedere riformata la sentenza nelle parti in cui, essendo risultati soccombenti, sono stati annullati gli atti di gara ai medesimi favorevoli, e, in particolare, l’aggiudicazione, oltre che l’interesse a vedere riformata la sentenza nella parte in cui considera automaticamente escludenti le fattispecie espulsive ivi scrutinate, nei termini in cui le argomentazioni sono state riprese dall’Amministrazione.

23. L’appellante Euro & Promos, con ricorso n. 591 del 2021, ha impugnato la sentenza n. -OMISSIS- nelle parti con le quali il Tar ha disposto l’accoglimento delle censure contenute nel secondo atto di motivi aggiunti promosso in primo grado da Dussmann, ha sancito l’esclusione della medesima dai lotti 3, 5, 6, 7, 8 e 10 e ha annullato l’aggiudicazione del lotto 10 conseguita dalla società appellante.

23.1. Con il primo motivo l’appellante Euro & Promos ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha disatteso l’eccezione di inammissibilità relativa al fatto che le valutazioni sulla violazione del patto di integrità richiedessero la previa determinazione dell’Amministrazione. La conseguenza è che, alla luce dell’art. 34 comma 2 c.p.a. e dell’art. 2 del patto di integrità, non può essere direttamente il giudice amministrativo ad operare tali valutazioni discrezionali in sostituzione dell’Amministrazione.

23.2. Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erronea valutazione dei rapporti fra il signor -OMISSIS- (d’ora innanzi signor T.) e la Euro & Promos e l’estraneità di detta società ai fatti di rilievo penale, anche in ragione dell’asserita mancata contestazione alla medesima di ipotesi di responsabilità ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2001.

23.3. Con il terzo motivo l’appellante ha dedotto che non solo fra il signor T. e la Euro & Promos non vi era un rapporto di intermediazione, ma che la società neppure intrattenne un rapporto di fatto con il medesimo, con la conseguente estraneità di questa ai fatti oggetto di indagine penale.

23.4. Con ulteriore motivo è impugnato anche il capo della sentenza con il quale il Tar ha accolto il secondo motivo del secondo atto di motivi aggiunti, con il quale Dussmann ha dedotto la violazione degli artt. 30, 56 e 59 del d. lgs. n. 50 del 2016. Non vi sarebbe infatti alcuna risultanza che consenta di considerare provata la responsabilità di Euro & Promos e, tantomeno, che consenta di affermare che quest’ultima abbia partecipato alla turbativa d’asta.

Venuto meno l’unico presupposto su cui si fonderebbe il capo della sentenza, non potrebbe che venire meno anche la relativa statuizione finale, fondata sulla violazione dell’art. 56 comma 8 del d. lgs. n. 50 del 2016.

23.5. Con ulteriore motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto violato l’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50, accogliendo la terza censura contenuta nei secondi motivi aggiunti, con la quale la ricorrente in primo grado, qui appellata, ha dedotto che “i provvedimenti impugnati sono illegittimi in quanto la C.U.C. avrebbe dovuto escludere le offerte delle controinteressate anche per la sopravvenuta carenza dei requisiti di cui all’art. 80 CCP nonché per omessa dichiarazione di tutte le circostanze utili per la valutazione della moralità professionale dei concorrenti”.

In particolare Euro & Promos ha dedotto che “la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) sia una causa di esclusione facoltativa, rientrante nel potere discrezionale riservato della stazione appaltante” e che “l’esclusione per grave illecito professionale presuppone una duplice valutazione discrezionale dell’Amministrazione, di rilevanza delle condotte (prima) e di incidenza di tali condotte sull’affidabilità professionale del concorrente (poi)”. Da ciò sarebbe derivato che “la sentenza di primo grado non soltanto ha apertamente travalicato i margini di valutazione riservati alla stazione appaltante, ma lo ha addirittura fatto sul presupposto che ogni valutazione della stazione appaltante diversa da quella formulata dal Giudice avrebbe dovuto già a priori considerarsi illegittima”.

24. PFE ha impugnato la sentenza n. -OMISSIS- con ricorso n. 599 del 2021.

24.1. Con il primo motivo PFE ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha accolto la terza censura contenuta nei secondi motivi aggiunti, accertando, in capo alla società appellante, la sopravvenuta carenza dei requisiti di cui all’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 e l’omessa dichiarazione delle circostanze utili per la valutazione della moralità professionale dei concorrenti. Ciò in quanto la valutazione dei fatti, e delle comunicazioni rese da PFE all’Amministrazione, avrebbe dovuto di per sé comportare la reiezione del motivo di ricorso.

24.2. Con il secondo motivo PFE ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ricostruito le vicende penali che hanno interessato il procedimento amministrativo controverso e, in particolare, la posizione e le dichiarazioni rese dal signor -OMISSIS- (d’ora innanzi signor N.).

24.3. Con il terzo motivo l’appellante PFE ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto di poter esso stesso valutare la violazione del patto di integrità, configurando un’ipotesi di esclusione automatica, ritenendolo quindi violato.

24.4. Con il quarto motivo l’appellante PFE ha altresì dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar, accogliendo la seconda censura contenuta nei secondi motivi aggiunti (relativa alla violazione degli artt. 30, 56 e 59 del d. lgs. n. 50 del 2016), ha ritenuto che PFE abbia “posto in essere condotte di corruzione, turbativa d’asta” e “avrebbe stipulato accordi anticoncorrenziali” e che ciò “avrebbe dovuto determinare l’esclusione”.

L’appellante ha invece ritenuto che “la pendenza di indagini, l’adozione di misure cautelari etc., diversamente da quanto ritenuto dal TAR, non è ex se sola idonea a determinare l’esclusione dalla gara, non essendo ravvisabile affatto un’ipotesi di esclusione automatica”.

24.5. Con il quinto motivo l’appellante PFE ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha accolto il terzo mezzo contenuto nei secondi motivi aggiunti, con il quale Dussmann, ricorrente in primo grado e qui appellata, ha sollevato il vizio consistente nella mancata esclusione per sopravvenuta carenza dei requisiti di cui all’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016, nonché per omessa dichiarazione di tutte le circostanze utili per la valutazione della moralità professionale dei concorrenti.

In tale contesto ha richiamato il primo motivo di appello, con il quale ha confutato il mancato invio delle comunicazioni informative da parte di PFE (riguardanti il rinvio a giudizio dell’ex Presidente della società e l’asserito procedimento coinvolgente PFE per illeciti amministrativi ex d. lgs. n. 231 del 2001 e le misure di self-cleaning), oltre alla presunta confessione desunta da un’ordinanza di riesame relativa all’adozione delle misure cautelari.

PFE ha dedotto altresì, nell’ambito del suddetto motivo, che la valutazione delle misure di self-cleaning, su cui il giudice di primo grado ha basato la motivazione dell’accoglimento della censura con riferimento a PFE, spetta all’Amministrazione, in esito a un procedimento in contraddittorio con l’impresa.

La società appellante ha aggiunto che, “in presenza di fattispecie che non comportano un’esclusione automatica ma che potrebbero assumere rilievo ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), d. lgs. n. 50/2016, la normativa rimette ciò al prudente e discrezionale apprezzamento della stazione appaltante in ordine alla gravità e alla rilevanza dei fatti nonché (in capo positivo) in ordine alla idoneità o meno delle misure self cleaning: e tale apprezzamento non può essere affatto sostituito né dalle valutazioni di parte ricorrente né da quelle del Giudice.

Ed invero, poiché una tale valutazione spetta solo e soltanto all’Amministrazione, il Giudice amministrativo non può “anticipare, in modo chiaramente indebito (cfr. art. 34, comma 2, del c.p.a.), l’esercizio di un potere pubblico non ancora adempiuto”.

25. Ferco ha impugnato la sentenza n. -OMISSIS- con ricorso n. 628 del 2021.

25.1. Con il primo motivo Ferco ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto l’eccezione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse rivolta dall’esponente contro il primo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti di Dussmann (riguardante la violazione del patto di integrità). Ciò in quanto l’Amministrazione non ha concluso il subprocedimento di valutazione degli episodi controversi, avviato interpellando l’Avvocatura dello Stato ed effettuando una segnalazione ad ANAC, come emerso da due note emesse dalla CUC (nota 15 giugno 2020 n. 32219 e nota 24 giugno 2020, prodotta dalla CUC nei paralleli giudizi 2709/19; 2710/19; 2711/19; 2712/19; 2715/19 e 2732/19).

25.2. Con il secondo motivo l’appellante Ferco ha dedotto l’erroneità della sentenza per non avere giudicato inammissibile il primo mezzo contenuto nei secondi motivi aggiunti (violazione del patto di integrità): trattasi, ad avviso dell’appellante, di valutazione discrezionale riservata all’Amministrazione, con conseguente preclusione per il giudice amministrativo a sostituirsi ad essa.

25.3. Con il terzo motivo l’appellante Ferco ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto che “dalla lettura delle parti surriportate degli atti depositati in giudizio relativi all’indagine penale emerge un’evidente e innegabile violazione degli obblighi assunti con la sottoscrizione del patto di integrità”, sottolineando come il Tar abbia fatto “acriticamente” proprie le valutazioni espresse in sede penale e che non sia stato adeguatamente valutato il rapporto fra il signor -OMISSIS- e Ferco.

25.4. Con ulteriore motivo l’appellante Ferco ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha accolto il secondo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti (relativo alla violazione degli artt. 30, 56 e 59 del d. lgs. n. 50 del 2016), con il quale Dussmann ha contestato che in ragione delle condotte illecite asseritamente poste in essere da Ferco, la stessa avrebbe dovuto essere automaticamente esclusa, oltre al fatto che le condotte in via astratta penalmente rilevanti siano imputabili alla società. Ciò in quanto la previsione non configurerebbe un’ipotesi di esclusione automatica.

25.5. Con ulteriore motivo Ferco ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha accolto il terzo motivo contenuto nei secondi motivi aggiunti, con il quale la ricorrente aveva censurato la mancata esclusione delle controinteressate, tra cui Ferco, per presunta sopravvenuta perdita dei requisiti di cui all’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 a causa dell’asserita omessa dichiarazione di circostanze utili per la valutazione della moralità. Ciò in quanto non si tratta, ad avviso dell’appellante, di un’ipotesi di esclusione automatica e non si sarebbero verificate le circostanze volte a attualizzare l’obbligo di comunicazione di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del d. lgs. n. 50 del 2016.

26. Riassunte, in sintesi, le doglianze contenute negli appelli, il Collegio osserva quanto segue.

26.1. Si premette che all’esito della gara controversa sono risultati aggiudicatari:

- PFE per i lotti nn. 1, 3, 5 e 8;

- il raggruppamento Ferco per i lotti nn. 2, 6, 7 e 9;

- Euro & Promos per il lotto 10;

- Dussmann per il lotto 4.

Con sei ricorsi Dussmann è insorta avverso l’aggiudicazione dei lotti n. 3 (ricorso n. -OMISSIS-), n. 5 (ricorso n. -OMISSIS-), n. 6 (ricorso n. -OMISSIS-), n. 7 (ricorso n. -OMISSIS-), n. 8 (ricorso n. -OMISSIS-), n. 10 (ricorso n. -OMISSIS-).

Il provvedimento di aggiudicazione è stato censurato da Dussmann, dapprima (con il ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti), sulla base di censure relative alla congruità e al contenuto delle offerte che precedevano quella di Dussmann nelle diverse graduatorie dei lotti, e, successivamente, con i secondi motivi aggiunti, sulla base di censure relative alla presunta violazione, da parte di Ferco, PFE e Euro & Promos, del patto di integrità e degli artt. 30, 56, 59 e 80 del d. lgs. n. 50 del 2016, con riferimento alle notizie di stampa riguardanti il procedimento penale n. 16541/2017 pendente dinanzi al Tribunale di Palermo.

Solo in via subordinata è stato dedotto un motivo (il quarto dei secondi motivi aggiunti) con il quale è stata dedotta una censura il cui accoglimento determinerebbe la rinnovazione dell’intera gara.

Dopo avere riunito i diversi ricorsi promossi da Dussmann, il Tar, con sentenza n. -OMISSIS-, ha accolto le prime tre censure contenute nei secondi motivi aggiunti.

26.2. Il capo della sentenza con il quale il Tar ha accolto la prima censura, relativa alla violazione del patto di integrità, dedotta dalla Dussmann con i secondi motivi aggiunti, è articolato in due parti.

In una prima parte il Tar ha motivato il respingimento dell’eccezione di inammissibilità della censura per mancanza di previa valutazione da parte dell’Amministrazione della circostanza escludente: l’argomentazione spesa dal giudice di primo grado è volta esclusivamente a motivare le ragioni che hanno consentito al medesimo di prescindere dall’attendere la conclusione del procedimento amministrativo riguardante la sussistenza o meno della contestata violazione del patto di integrità, così come emergerebbe dalla nota 24 giugno 2020 inviata dalla CUC all’ANAC. In detta parte della sentenza non si trova alcun riferimento argomentativo ai motivi per i quali la violazione del patto di integrità è da considerare una circostanza escludente.

Nella seconda parte del capo della sentenza relativo alla violazione del patto di integrità, riguardante la fondatezza nel merito della censura, si trova invece non solo l’argomentata qualificazione del patto di integrità quale auto-vincolo pattizio, la cui violazione comporta l’esclusione, ma anche la considerazione in base alla quale all’”evidente e innegabile violazione degli obblighi assunti con la sottoscrizione del patto d’integrità” consegue “l’esclusione senza che possa riconoscersi alcun margine di discrezionalità in capo alla Stazione appaltante”, illustrando le ragioni della qualificazione dell’attività come vincolata e dei correlati poteri di valutazione della fondatezza della pretesa riconosciuti al giudice dall’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990.

26.3. Detto capo della sentenza è stato impugnato da tutti e tre le società appellanti.

Al riguardo si rileva innanzitutto che non è meritevole di accoglimento l’eccezione di inammissibilità, sollevata da Dussmann, del motivo di appello dedotto da Euro & Promos, fondata sulla mancata impugnazione della parte della sentenza con la quale il Tar ha respinto la prospettazione di inammissibilità del ricorso in quanto l’Amministrazione non avrebbe concluso il procedimento avviato con nota 24 giugno 2020.

Invero il primo motivo dedotto con l’appello di Euro & Promos è volto proprio a contestare la sentenza “nella parte in cui il Tar ha disatteso l’eccezione di inammissibilità delle censure (contenute nel secondo atto di motivi aggiunti di Dussmann) relative all’asserita rilevanza del procedimento penale n. 16541/2017 nell’ottica della presunta violazione del Patto di Integrità da parte di Euro&Promos”: si è già visto che la reiezione dell’eccezione è stata motivata dal giudice di primo grado proprio (rectius, solo) con riferimento alla mancata conclusione del subprocedimento avviato con nota 24 giugno 2020. La contestazione dell’appellante non ha pertanto che potuto coinvolgere detta statuizione, in quanto riguardante la parte di sentenza con la quale essa è stata disattesa.

Né detto primo motivo di appello è inammissibile, per le stesse considerazioni già svolte in termini generali con riferimento all’eccezione di inammissibilità dei ricorsi in appello qui in esame, in ragione dell’adozione del sopra richiamato decreto n. 62 del 2021, che non fa venir meno l’interesse degli appellanti.

26.4. Per i motivi sopra esposti ai paragrafi 22 e 22.1 neppure può essere accolta l’eccezione di inammissibilità, sollevata da Dussmann, di detto motivo di appello in ragione dell’intervenuta adozione del decreto n. 62 del 2021.

26.5. Sempre in via pregiudiziale deve essere delibata l’eccezione di inammissibilità, sollevata da Dussmann, del rilievo di nullità “dedotto irritualmente e tardivamente da PFE, per la prima volta, con la Memoria del 14/06/2021, in vista della Camera di Consiglio del 18/06/2021”, e basato sul fatto che le clausole del patto sarebbero state approvate tutte e indistintamente con doppia sottoscrizione, con ciò violando l’art. 1341 c.c. in tema di clausole vessatorie.

L’infondatezza dell’eccezione esime il Collegio dal valutarne l’ammissibilità.

Invero, il patto di integrità si iscrive nell’ambito pubblicistico della disciplina di gestione delle gare pubbliche.

L’art. 1 comma 17 della legge n. 190 del 2012 (“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”) dispone infatti che le stazioni appaltanti “possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”.

Pertanto, le previsioni contenute nei protocolli di legalità o di integrità, stipulati ai sensi dell’art. 1 comma 17 della legge n. 190 del 2012, laddove configurano specifiche cause di esclusione dalla procedura di gara, sono idonee (data la base giuridica fondata sulla norma di rango legislativo) a integrare il catalogo tassativo delle cause di esclusione contemplate dal d. lgs. n. 50 del 2016 (Cons. St., sez. V, 13 gennaio 2021, n. 425) e contemporaneamente si fondano sulla base legislativa richiesta dall’art. 23 Cost.

Nei patti di integrità, agli obblighi comportamentali che, pur trovando la propria fonte nella clausola di leale collaborazione e nel principio di buona fede, oltre che nella normativa antimafia e dei contratti pubblici, sono circostanziati in modo tale da rendere agevole il relativo accertamento, si ricollegano conseguenze sfavorevoli in caso di violazione degli impegni assunti.

L’assunzione volontaria non solo degli specifici doveri comportamentali ivi previsti ma anche della sottoposizione alle conseguenze sfavorevoli ivi indicate consente all’Amministrazione di esercitare con agilità i poteri di accertamento (facilitati dalla tipizzazione degli impegni assunti) e i poteri di irrogazione delle conseguenze sfavorevoli (anche queste specificamente indicate).

In tal senso, i protocolli di legalità sono strumenti utili per contrastare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle attività volte a sviluppare la concorrenza per il mercato (quali le procedure a evidenza pubblica), attraverso l’introduzione di clausole “sanzionatorie” (così lo stesso patto di integrità) in caso di violazione degli impegni assunti.

L’art. 1341 c.c. prevede, in caso di stipulazione di un contratto a prestazioni corrispettive, una particolare tutela della parte contrattuale che non ha predisposto unilateralmente le clausole.

In particolare si richiede, in presenza di clausole vessatorie (favorevoli al predisponente e sfavorevoli per l’altro contraente), l’inefficacia delle medesime in caso di mancanza di specifica sottoscrizione.

Nel caso di specie la sottoscrizione specifica ha riguardato indistintamente tutte le clausole del patto di integrità.

Nondimeno esse non rientrano nel novero delle clausole vessatorie indicate nell’art. 1341 c.c.

In particolare l’art. 1341 comma 2 c.c. dispone che “in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria”.

Le clausole vessatorie intervengono infatti in un rapporto pattizio, rispetto al quale la previsione di facoltà o poteri a favore di una delle parti non si accompagna a prerogative procedimentali (che invece connotano il potere amministrativo di esclusione dalla gara) atte a tutelare la posizione di controparte.

Sicché esse richiedono quella particolare sottoscrizione prevista dall’art. 1341 c.c.

A fronte di ciò, invece, i patti di integrità si inseriscono nel rapporto di diritto pubblico che si crea fra la stazione appaltante e il partecipante alla gara, individuando specifiche fattispecie “sanzionatorie” nell’ambito di un procedimento che si sviluppa con le garanzie tipiche del procedimento amministrativo, sicché viene meno la tutela della parte debole (del rapporto contrattuale), atteso che tutta la disciplina del procedimento amministrativo è volta ad assicurare la valorizzazione dei partecipanti al procedimento, così sostituendo la tutela preventiva (e formale) della specifica sottoscrizione con una più pregnante forma di apprezzamento della posizione privata.

Ciò è sufficiente a dimostrare l’inapplicabilità al caso de quo della disciplina di cui all’art. 1341 c.c. e l’infondatezza dell’avversa censura, esimendo il Collegio dallo scrutinio in rito dell’ammissibilità dell’eccezione di nullità del patto di integrità.

26.6. Nel merito, il motivo, contenuto in tutti e tre i ricorsi in appello, riguardante la violazione del patto di integrità, è meritevole di accoglimento.

In particolare è fondata la doglianza con la quale è stata dedotta l’erroneità della sentenza per non avere giudicato inammissibile il primo mezzo contenuto nei secondi motivi aggiunti (violazione del patto di integrità), per la sussistenza di attività riservata all’Amministrazione, con conseguente preclusione per il giudice amministrativo a sostituirsi ad essa.

La fattispecie della violazione del patto di integrità presuppone infatti la titolarità in capo alla stazione appaltante del potere di valutazione della riferibilità di determinate condotte al perimetro espulsivo ivi previsto.

26.7. Al riguardo si impone di svolgere due premesse, funzionali allo scrutinio non solo della presente censura sulla violazione del patto di integrità, ma anche dei due motivi, riguardanti la violazione dell’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016 e la violazione degli artt. 30, 56 e 59 del d. lgs. n. 50 del 2016, contenuti in tutti e tre i ricorsi in appello, esaminati di seguito.

26.8. Si evidenzia che gli atti impugnati sono gli atti della procedura di gara conclusa con decreto di aggiudicazione 9 ottobre 2019 n. 2393, oltre che due atti adottati dall’Amministrazione sempre nel corso del 2019 (nota 21 novembre 2019 n. 62841 e nota 26 novembre 2019 n. 63874).

Dussmann, ricorrente in primo grado e qui appellata, ha dato conto del fatto che le censure accolte dal giudice di primo grado con pronuncia qui impugnata e oggetto dei tre appelli presentati sono state mosse (con i secondi motivi aggiunti presentati al Tar) in seguito alle notizie di stampa pubblicate in data 21 maggio 2020, riguardanti l’adozione di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari per reati di corruzione e turbativa d’asta in relazione alla gara de quo.

Ne deriva che, attesa anche la tempistica degli avvenimenti, gli atti impugnati non possono avere tenuto in considerazione le violazioni, dedotte appunto con i secondi motivi aggiunti (la violazione del patto di integrità, la violazione dell’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016 e la violazione degli artt. 30, 56 e 59 del d. lgs. n. 50 del 2016) in seguito a dette notizie di stampa, che hanno determinato l’esclusione in base alla sentenza del Tar.

26.9. In merito all’inquadramento giuridico, in termini generali si premette, in relazione alla violazione del patto di integrità (di cui al presente motivo di appello) che essa si configura come una fattispecie escludente che anticipa la soglia di tutela dell’interesse pubblico all’imparzialità e al buon andamento delle gare pubbliche.

A differenza dei presupposti escludenti recati dal quinto comma, lett. c) e seguenti, dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016, oggetto del terzo motivo di appello scrutinato infra, che richiede alla stazione appaltante di valutare l’effettiva incidenza delle condotte (di omissione, di falsità o di non veridicità ivi indicate) sullo svolgimento della gara, sì da rendere irrilevanti comportamenti non idonei ad alterare la procedura, nel caso della presente fattispecie la tutela dell’integrità e dell’imparzialità della gestione delle commesse pubbliche non richiede una siffatta valutazione, salva ovviamente l’afferenza delle condotte ascritte alla gara de quo.

Ciò si rivela conforme a una tendenza generale di presidio anticorruttivo che caratterizza l’ordinamento pubblicistico, prevedendo che la validità degli atti posti in essere dall’Amministrazione possa essere inficiata da comportamenti poco trasparenti, posti in essere in conflitto di interessi (anche in conseguenza dell’eventuale commissione di un reato contro la pubblica amministrazione), dai quali emerga un potenziale sviamento della funzione in ragione delle condotte tenute dai funzionari pubblici, senza richiedere che detta potenzialità abbia effettivamente influenzato l’esercizio della funzione.

Detta impostazione si rinviene innanzitutto nella nozione di conflitto di interessi disciplinata in termini generali dall’art. 6-bis l. n. 241 del 1990. Con l'art. 1, comma 41, l. n. 190 del 2012, l’azione preventiva della corruzione è divenuta un principio generale di diritto amministrativo, in quanto è stato introdotto l'art. 6-bis alla l. n. 241/1990, secondo il quale il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale (in qualsiasi procedura anche diversa dalla materia che ci occupa) devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

L’istituto discende dal principio generale, vigente già in ambito civilistico, per cui il titolare di un potere conferito nell’interesse altrui deve usarlo in conformità con l’interesse per il quale il potere è stato conferito. In particolare, nella fattispecie di cui all’art. 1394 c.c. assume rilevanza il mero pericolo di lesione di quell’interesse, pericolo correlato all’esercizio del potere per uno scopo confliggente con quello per il quale quel potere è stato attribuito.

Nell’ambito dell’agire pubblico esso assume connotati anche più marcati, come evidenziato dallo stesso codice civile che sanziona con la nullità l’acquisto, da parte del pubblico ufficiale, di beni venduti in ragione del proprio ministero (art. 1471 comma 1 nn. 1 e 2 c.c.) a fronte della previsione di annullabilità delle altre ipotesi di compravendita in conflitto di interessi.

L’Amministrazione, infatti, come ogni soggettività artificiale, non può che agire per mezzo dei propri organi, inoltre è portatrice di interessi molteplici e non agevolmente coordinabili, di cui sono titolari collettività di persone non organizzate al fine di esercitare un controllo diretto.

In un tale contesto la ricorrenza di un interesse personale, in capo alla persona fisica che adotta l’atto, potenzialmente confliggente con quello che il provvedimento è teso a perseguire (cioè con l’interesse funzionalizzato) rileva di per sé, anticipando la soglia di tutela e rendendo così illegittimo l’atto in presenza anche solo del pericolo di lesione, senza subordinare l’annullamento all’avvenuta concretizzazione di quel conflitto di interessi.

La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, affermato che esso è un “principio di carattere generale, immediatamente cogente per tutti i conflitti di interessi anche solo meramente potenziali. Come tale si impone non solo ai soggetti legati da un rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione, ma anche a tutti coloro che, a titolo onorario o professionale, si trovino ad espletare le funzioni consultive di carattere pubblicistico e quindi anche ai privati che siano componenti di commissioni od altri organi consultivi” (Cons. St., sez. III, 6 agosto 2018, n. 4828).

Il principio generale dell'imparzialità dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost. impone, infatti, che l’organo compia le scelte amministrative in una posizione di equidistanza da tutti coloro che vengano a contatto con il potere pubblico. Ne consegue che nessun organo amministrativo può compiere – in nome e per conto della persona giuridica di appartenenza - atti da cui possano derivare benefici propri o di terzi. Altrimenti, risulterebbe violato il principio di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa.

L’anticipazione della soglia di tutela è una peculiarità dell’istituto in esame, che determina l’annullamento dell’atto pur in assenza di una reale lesione dell’interesse intestato all’Amministrazione. “Il conflitto di interessi non consiste quindi in comportamenti dannosi per l'interesse funzionalizzato, ma in una condizione giuridica o di fatto dalla quale scaturisce un rischio di siffatti comportamenti, un rischio di danno”, sicché “l'essere in conflitto e abusare effettivamente della propria posizione sono due aspetti distinti” (Cons. St., sez. atti norm., 5 marzo 2019, n. 667).

Anche la violazione del patto di integrità si caratterizza per l’anticipazione della soglia di tutela, non richiedendo una specifica alterazione del risultato della gara.

Nondimeno l’accertamento di detta violazione, che presuppone comunque l’afferenza delle medesime alla gara de quo, è informato ai generali canoni dell’agire pubblico e alla disciplina dei contratti pubblici.

In termini generali, quando all’Amministrazione è affidata una funzione, comprensiva del relativo potere e della preordinazione di questo a una determinata finalità, il giudice può intervenire solo dopo che detta funzione è stata esercitata, così come disposto dall’art. 34 comma 2 c.p.a. che introduce, seppur a livello di fonte primaria e nei rapporti fra potere esecutivo e potere giudiziario (e non anche nei rapporti con il potere legislativo, con le dovute conseguenze in punto di leggi- provvedimento), una riserva di amministrazione.

Il potere di valutare l’ammissione alla gara dei candidati rientra nel potere amministrativo di gestire le gare pubbliche, potere che si inquadra nell’attività di concorrenza per il mercato e che trova nel diritto UE un importante fonte di disciplina.

L’art. 63 della direttiva 2014/24/UE dispone che “l’amministrazione aggiudicatrice verifica, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, se i soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 57. L’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione”.

L’obiettivo dell’art. 57 della soprarichiamata direttiva è “quello di consentire all’amministrazione aggiudicatrice di garantire l’integrità e l’affidabilità di ciascuno degli offerenti” (Corte giust., sez. IX, 3 giugno 2021, C-210/20).

A tal fine sono previste, al paragrafo 1, ipotesi di esclusione obbligatoria (da ricondurre alla presenza di sentenze penali definitive di condanna) e, al paragrafo 4, fattispecie di esclusione facoltative, “[l]e amministrazioni aggiudicatrici possono escludere […] oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura di appalto un operatore economico in una delle [...] situazioni [previste da tale disposizione]”.

L’ipotesi escludente di cui alla violazione del patto di integrità non può che essere ascritta alle ipotesi di esclusione facoltativa laddove non vi sia una sentenza penale definitiva di condanna.

La Corte di Giustizia ha affermato in termini generali che, come risulta tra l’altro al considerando 28, alla luce della regola comunitaria “il compito di valutare se un operatore economico debba essere escluso da una procedura d’appalto è stato affidato alle amministrazioni aggiudicatrici e non a un giudice nazionale” (sez. IV, 19 giugno 2019, in C-41/18).

Laddove infatti si consentisse agli organi giurisdizionali di valutare le violazioni delle norme di gara aventi portata espulsiva escludendo direttamente, in assenza dei relativi provvedimenti amministrativi, l’operatore economico, questi rimarrebbe privato della possibilità, correlata al rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione, di usufruire, anche nell’interesse della stazione appaltante, di quelle misure riparatorie o di self-cleaning, di cui al paragrafo sesto del medesimo art. 57 della direttiva.

Poiché l’obiettivo dell’art. 57 della soprarichiamata direttiva è “quello di consentire all’amministrazione aggiudicatrice di garantire l’integrità e l’affidabilità di ciascuno degli offerenti”, va assicurato “il diritto per qualsiasi operatore economico di fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti al fine di dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione” (Corte giust., sez. IX, 3 giugno 2021, C-210/20).

L’Ad. plen. n. 16 del 2020 si è pronunciata, seppur con riferimento alla fattispecie escludente di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) d. lgs. n. 50 del 2016, nel senso che “è pertanto indispensabile una valutazione della stazione appaltante” e che, “qualora sia mancata, una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo”.

A quanto sopra si aggiunge che la riserva di amministrazione in punto di ammissione dei concorrenti alle procedure di gara non delimita soltanto il profilo soggettivo dell’organo al quale è demandato il relativo potere ma anche la tipologia di attività che il medesimo compie.

Invero, l’istruttoria demandata all’Amministrazione è connotata da profili di officiosità che non trovano corrispondenza, se non in minima parte, nel metodo acquisitivo, nel processo amministrativo, che invece, essendo un processo di parti fondato sul principio dispositivo, ha a disposizione anche il criterio probatorio della mancata contestazione e della mancata allegazione della prova o almeno del principio di prova. Di talché le due istruttorie non sono intercambiabili e la spedita istruttoria processuale si spiega e si giustifica anche in ragione del previo espletamento del procedimento amministrativo, che onera la parte pubblica di onerose attività di accertamento.

Ne deriva, in termini generali (e prima di scrutinare specificamente le prime due doglianze), che il giudice amministrativo non può decidere direttamente sulla ricorrenza di un caso di esclusione facoltativa, disponendo direttamente per sentenza l’esclusione, se questo non è stato prima valutato dall’Amministrazione ma può solo rimettere la relativa valutazione all’Amministrazione medesima.

Quanto affermato sopra trova una ricaduta specifica nella disciplina del patto di integrità.

La relativa riserva di amministrazione è stabilita espressamente dal medesimo, nel senso che “il sottoscrittore, sin d’ora, accetta che nel caso di mancato rispetto degli impegni anticorruzione assunti con la sottoscrizione del presente patto di integrità, comunque accertato dall’Amministrazione, potranno essere applicate le seguenti sanzioni”, fra le quali l’esclusione dalla gara.

La prospettiva è quella, da un lato, di tutela della parte pubblica e, dall’altro lato, di attribuzione di prerogative di tutela del diritto di difesa da parte del partecipante alla gara, da assicurarsi nell’ambito del procedimento amministrativo finalizzato all’eventuale irrogazione della “sanzione”.

Il patto di integrità rilevante nella presente controversia pertanto fa riferimento al potere accertativo dell’Amministrazione e al potere di questa di applicare sanzioni, così evidenziando le competenze della parte pubblica, descritte in termini non vincolanti delle relative prerogative.

In particolare, l’applicazione di sanzioni è oggetto di un potere (“potranno”) dal contenuto mutevole, atteso che le conseguenze sfavorevoli che l’Amministrazione può decidere di applicare possono essere varie, essendo indicate in termini di esclusione dalla gara, escussione della cauzione provvisoria o definitiva, risoluzione del contratto, esclusione triennale dalla partecipazione a gare e risarcimento dei danni: l’ampia portata oggettiva degli obblighi discendenti dalla sottoscrizione del patto di integrità ha indotto ad attribuire un correlato potere valutativo all’Amministrazione, in modo che possano essere calibrate le conseguenze delle relative violazioni.

Ne deriva che il potere dell’Amministrazione comprende non solo l’accertamento dei presupposti di applicazione della sanzione ma anche la scelta in ordine alla stessa sanzione da irrogare, quanto, in particolare, alla tipologia di sanzione applicabile.

Né depone in senso contrario quanto statuito da questo CGARS con sentenza 13 luglio 2021 n. 697, che riguarda un patto di integrità nel quale la previsione del potere di revoca dell’Amministrazione (quindi di un potere diverso da quello qui in esame) è ancorato unicamente alla violazione degli obblighi comportamentali imposti dal medesimo.

Nel caso di specie, invece, il potere di accertamento riconosciuto espressamente all’Amministrazione dal patto di integrità e il potere di scelta in ordine alla “sanzione” applicabile devono poter essere dalla medesima esercitati attraverso una valutazione in concreto, prima che intervenga il giudice amministrativo.

Nel caso in cui tale valutazione sia mancata, come nel caso di specie, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34 comma 2 c.p.a. (secondo cui il giudice non può pronunciare “con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”), impedisce al giudice di pronunciarsi se non attraverso l’istituto processuale di cui all’art. 31 comma 3 c.p.a. e l’art. 34 comma 1 lett. c) c.p.a., quando cioè, esercitata l’azione avverso il silenzio o l’azione di adempimento, si tratti di attività vincolata o comunque non residuino margini di esercizio della discrezionalità e non siano necessari adempimenti istruttori.

Nel caso qui controverso non solo residuano margini di apprezzamento del fatto e di discrezionalità in ordine alle conseguenze sfavorevoli irrogabili, ma si ravvisano anche esigenze di completamento dell’istruttoria, considerata anche la necessità di approfondire i presupposti di fatto dell’esercizio del potere escludente.

La causa di esclusione derivante dall’asserita violazione del patto di integrità avrebbe quindi dovuto essere scrutinata dall’Amministrazione.

Del resto, l’ANAC ha evidenziato, nella delibera n. 1120 del 22 dicembre 2020, che nemmeno nell’ipotesi in cui sia normativamente previsto un obbligo per le stazioni appaltanti di prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto dei protocolli di legalità sia causa di esclusione dalla gara o di risoluzione del contratto (obbligo introdotto dall’art. 3 comma 7 del d.l. n. 76 del 2020 che ha aggiunto l’art. 83 bis al d. lgs. n. 159 del 2011, comunque non applicabile ratione temporis al caso di specie), l’esclusione opera in maniera automatica, dovendo comunque le stazioni appaltanti, nel rispetto del principio di proporzionalità, “valutare l’idoneità della condotta a giustificare l’esclusione dalla gara” e adottare la sanzione espulsiva “in ottemperanza ai canoni del procedimento amministrativo che richiedono la garanzia del contraddittorio e l’obbligo di idonea motivazione delle scelte adottate”.

A ciò si aggiunge che, nel merito, l’Avvocatura dello Stato ha ritenuto, seppure in un’ottica endoprocedimentale, che, “sulla base degli atti trasmessi […] nell'attuale fase (del tutto embrionale) del procedimento penale […] non emergono elementi (e tanto meno responsabilità penali delineate) che possano giustificare, allo stato, l'adozione di provvedimenti in autotutela con riferimento alle procedure di scelta in questione” (nota 21 luglio 2020), evidenziando quindi la mancanza, sulla base delle informazioni allora in possesso dell’Amministrazione, dei presupposti di esercizio del potere di autotutela.

26.10. La censura è quindi meritevole di accoglimento, con conseguente riforma sul punto della sentenza impugnata.

27. Il capo della sentenza con il quale il Tar ha accolto la seconda censura, relativa alla violazione degli artt. 30, 56 e 59 del d. lgs. n. 50 del 2016, dedotta dalla Dussmann con i secondi motivi aggiunti, è stato impugnato da tutte e tre le società appellanti.

In particolare, in tutti e tre gli appelli si rinviene l’affermazione, tesa a censurare il capo della sentenza qui in esame, volta a sostenere che non sia stata provata la responsabilità della società appellante in base alla quale escludere la medesima ai sensi dei suddetti articoli e, con specifico riferimento ai ricorsi in appello n. 599 e 628 del 2021, è espressamente censurata altresì la qualificazione della fattispecie come automaticamente escludente. In particolare, quanto al ricorso in appello n. 599 del 2021, si rileva, contrariamente a quanto sostenuto da controparte, che PFE ha sostenuto che la pendenza di indagini e l’adozione di misure cautelari, diversamente da quanto ritenuto dal Tar, non è ex se sola idonea a determinare l’esclusione dalla gara, “non essendo ravvisabile affatto un’ipotesi di esclusione automatica”.

27.1. La censura è meritevole di accoglimento, con conseguente riforma della sentenza sul punto.

Con il capo della sentenza qui in esame il Tar ha ritenuto che siano state violate le disposizioni richiamate dalla ricorrente in primo grado nel secondo mezzo contenuto nei secondi motivi aggiunti, il quale reca i seguenti riferimenti normativi:

- l’art. 18 direttiva 24/2014, che sancisce i principi di parità tra i concorrenti, di non discriminazione e di libera concorrenza;

- l’art. 30 del d. lgs. n. 50 del 2016, che sancisce i principi di correttezza, libera concorrenza, non discriminazione e trasparenza;

- l’art. 35 direttiva 24/2014/UE, che un’offerta è considerata ammissibile se è “conforme alle specifiche tecniche senza essere irregolare o inaccettabile” e che è considerata irregolare (e quindi non ammissibile) se “vi sono prove di corruzione o collusione” (paragrafo 5);

- l’art. 26 direttiva 24/2014/UE, in base al quale “sono considerate irregolari le offerte che non rispettano i documenti di gara, che sono state ricevute in ritardo, in relazione alle quali vi sono prove di corruzione o collusione o che l’amministrazione ha giudicato anormalmente basse”;

- l’art. 56 comma 6 del d. lgs. n. 50 del 2016, in base al quale un'offerta è considerata ammissibile se, fra l’altro, è conforme alle specifiche tecniche senza essere irregolare o inaccettabile ovvero inadeguata, sul presupposto che sono considerate irregolari le offerte in relazione alle quali, fra l’altro, “vi sono prove di corruzione, concussione o abuso di ufficio” (art. 56 comma 8 d. lgs. n. 50 del 2016).

- l’art. 59 del d. lgs. n. 50 del 2016, ai sensi del quale “sono considerate inammissibili le offerte in relazione alle quali la commissione giudicatrice ritenga sussistenti gli estremi per informativa alla Procura della Repubblica per reati di corruzione o fenomeni collusivi” (comma 4).

Al riguardo si rileva innanzitutto che già la lettera della legge depone nel senso di ritenere che sia la stazione appaltante a dover accertare l’eventuale perfezionamento della fattispecie escludente: così il riferimento alla “commissione giudicatrice”, cui è demandato il compito di valutare la sussistenza degli estremi per l’informativa alla Procura della Repubblica per reati di corruzione o fenomeni collusivi, così il riferimento all’ammissione delle offerte, attività afferente alla procedura ad evidenza pubblica.

Si è già detto, in termini generali, che la valutazione dell’ammissibilità delle offerte costituisce attività tipicamente amministrativa, afferente alla fase iniziale delle gare pubbliche, demandata alla stazione appaltante, sulla quale il giudice amministrativo decide, per regola generale prevista dal già richiamato art. 34 comma 2 c.p.a. solo dopo che si è pronunciata l’Amministrazione.

Invero, l’abrogato art. 120 comma 2-bis c.p.a. aveva imposto l’impugnazione immediata, da parte del controinteressato, delle decisioni di ammissione ed esclusione prese dall’amministrazione, così rendendo palese il dipanarsi temporale della determinazione amministrativa, cui segue la decisione giurisdizionale, che ha appunto ad oggetto il previo provvedimento.

Pertanto l’accertamento del concretizzarsi della fattispecie escludente deve essere compiuto dalla stessa Amministrazione, non configurandosi, così come dedotto dalle parti appellanti, un’ipotesi di esclusione automatica.

Nel caso di specie l’Amministrazione non ha compiuto alcun accertamento in ordine alla ricorrenza del presupposto, cioè della condotta corruttiva, concussiva, di abuso o comunque collusiva dei partecipanti alla gara, essendo stato il Tar a determinarsi in tal senso.

Né l’Amministrazione ha accertato in modo compiuto il collegamento delle condotte penalmente rilevanti con le offerte presentate e in genere con la gara. E ciò nonostante, detto collegamento vada esaminato tenendo conto, ai sensi dell’art. 56 comma 8 d. lgs. n. 50 del 2016, delle offerte in relazione alle quali, fra l’altro, “vi sono prove di corruzione, concussione o abuso di ufficio” e, ai sensi dell’art. 59 comma 4 del d. lgs. n. 50 del 2016, delle offerte in relazione alle quali “la commissione giudicatrice ritenga sussistenti gli estremi per informativa alla Procura della Repubblica per reati di corruzione o fenomeni collusivi”.

Né, per i motivi esposti sopra, depone in senso contrario la sopravvenienza di cui al già richiamato decreto n. 62 del 2021 e ciò in ragione del fatto che in detto decreto non si richiama la fattispecie escludente qui in esame, oltre che a causa della tipologia di istruttoria che emerge dagli atti.

27.2. Tanto basta per accogliere la censura di cui a tutti e tre i ricorsi in appello. E ciò considerando, con specifico riferimento alla doglianza di cui al ricorso n. 591, che la statuizione del giudice amministrativo circa la violazione in esame, non potendo tener luogo della determinazione pubblica, non contiene un accertamento idoneo a spiegare efficacia espulsiva, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado.

27.3. Nondimeno, anche sottolineando che il ricorso n. 591 del 2021 contenga sul punto solo una critica all’accertamento della sussistenza dei presupposti (di fatto) della responsabilità della società appellante in base alla quale escludere la medesima ai sensi dei suddetti articoli (e non venga invece censurata la qualificazione della fattispecie come automaticamente escludente), e ritenendo che ciò impedisca a questo Giudice di stabilire che l’accertamento compiuto dal Tar non sia idoneo a giustificare l’espulsione dalla gara, il motivo contenuto nel ricorso n. 591 del 2021, è comunque fondato.

Ciò in quanto la valutazione compiuta dal giudice di primo grado non può essere considerata di per sé completa e idonea ad accertare la commissione di quelle condotte corruttive, concussive, di abuso o comunque collusive idonee a spiegare un effetto escludente sulla base delle norme richiamate.

Invero, nel caso di specie ciò che conta è la condotta di Euro & Promos e la qualificazione della medesima nell’ambito degli anzidetti titoli di reato, in funzione dell’accertamento della violazione delle norme richiamate.

A fronte di ciò, atteso che Euro & Promos ha affermato di non essere stata raggiunta da atti della Procura funzionali all’accertamento della responsabilità della società ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2001, necessita di essere indagato il comportamento della medesima nell’ambito della gara, eventualmente per il tramite di altri soggetti.

Orbene, il giudice di primo grado ha effettuato detta valutazione e ha affermato che “il signor T., indagato dalla Procura per il reato di turbativa d’asta e delegato della Euro & Promos alla partecipazione ad una seduta di gara, avrebbe agito come intermediario della Euro&Promos (circostanza resa nota e confessata da alcuni dei soggetti coinvolti nell’indagine e cioè -OMISSIS-, -OMISSIS- (d’ora innanzi signor M.), signor N.)”.

Senonché detta valutazione è stata compiuta senza motivare in ordine alla posizione del signor T. rispetto alla società (atteso che non si tratta di dipendente ma di procacciatore di affari e che quindi la relazione intercorrente fra le due soggettività necessita di adeguato approfondimento) e all’ascrivibilità delle condotte in astratto penalmente rilevanti a Euro & Promos, nonché in mancanza di documentazione completa (e ciò anche nella prospettiva del diritto di difesa degli interessati), non motivando in ordine a circostanze incidenti sull’attendibilità della ricostruzione (quale l’interrogatorio 4 luglio 2020 del signor M., laddove afferma di non poter fare nulla per Euro & Promos, pag. 73) e senza che sia stata analizzata la rilevanza di dette condotte sulle offerte o comunque sulla gara (rilevando, come sopra illustrato, ai sensi dell’art. 56 comma 8 d. lgs. n. 50 del 2016, le offerte in relazione alle quali, fra l’altro, “vi sono prove di corruzione, concussione o abuso di ufficio” e, ai sensi dell’art. 59 comma 4 del d. lgs. n. 50 del 2016, le offerte in relazione alle quali “la commissione giudicatrice ritenga sussistenti gli estremi per informativa alla Procura della Repubblica per reati di corruzione o fenomeni collusivi”).

Sicché, anche a ritenere che il ricorso in appello non contenga la censura di violazione dei poteri di accertamento devoluti all’Amministrazione, nondimeno il giudice di primo grado ha compiuto detto scrutinio in modo non adeguato, e ciò tanto più considerando le conseguenze negative recate alla sfera giuridica dell’appellante, che avrebbero richiesto, proprio in ragione della portata sfavorevole dell’accertamento, di essere presenziate da particolari guarentigie.

28. Il capo della sentenza con il quale il Tar ha accolto la terza censura, relativa alla violazione dell’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016, dedotta dalla Dussmann con i secondi motivi aggiunti, è stato impugnato da tutti e tre le società appellanti.

In particolare, tutti e tre gli appelli recano il richiamo al fatto che l’eventuale violazione dell’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016 non configura un’ipotesi di esclusione automatica, con la conseguenza che il giudice amministrativo non può esercitare il potere valutativo in mancanza di una previa determinazione amministrativa sul punto.

28.1. Il motivo è fondato.

La comunicazione delle sole indagini penali non è compresa nell’ambito oggettivo dell’art. 80 comma 1 del d. lgs. n. 50 del 2016, dal momento che la sottoposizione ad indagini penali non costituisce automaticamente causa di esclusione dalle gare pubbliche.

In ogni caso il partecipante alla gara è tenuto a fornire le informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità (Ad. plen. 28 agosto 2020 n. 16). E ciò al fine di fornire le informazioni necessarie perché la stazione appaltante possa svolgere il proprio giudizio di affidabilità, anche ai fini dell’art. 80 comma 5 lett. c) e ss. del d. lgs. n. 50 del 2016, sulla base di un quadro informativo completo.

Se i partecipanti alla gara sono tenuti a dichiarare gli episodi in cui sono stati coinvolti potenzialmente idonei a incidere sul giudizio di affidabilità della stazione appaltante, a questa è riconosciuto uno spazio di valutazione e apprezzamento dell’omissione o della falsità compiuta dal partecipante alla gara ai sensi dell’art. 80 comma 5 lettere c-bis), c-ter) e c-quater) del d. lgs. n. 50 del 2016. L’Adunanza plenaria si è infatti espressa nel senso che “l’amministrazione dovrà pertanto stabilire se l’informazione è effettivamente falsa o fuorviante; se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni; ed infine se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità” (Ad. plen. n. 16 del 2020).

La lett. c) dell’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016 individua una fattispecie espulsiva più ampia, fondata sull’imputabilità all’operatore di gravi illeciti professionali, che rendano dubbia l’integrità o l’affidabilità del medesimo, con un’espressione potenzialmente in grado di ricomprendere non solo carenze o deficienze dichiarative, come nelle successive lettere c-bis), c-ter) e c-quater), ma anche comportamenti positivi, non tipizzati, compiuti dal concorrente.

Nondimeno la valutazione della ricorrenza dell’ipotesi prevista dalla lett. c) è lasciata alla stazione appaltante, con una formulazione della situazione escludente che si impernia sulla dimostrazione, di cui è onerata la parte pubblica, del compimento di gravi illeciti professionali da parte del concorrente.

Per come formulata la disposizione, quindi, è la ricorrenza in positivo di elementi che facciano venir meno il giudizio positivo di affidabilità e serietà del concorrente a richiedere adeguata istruttoria e motivazione.

La valutazione della presenza di circostanze idonee a ingenerare il dubbio che, al di là delle cause tipiche di esclusione, il concorrente si sia reso responsabile di un grave illecito professionale è rimessa alla valutazione dell’Amministrazione e la ricorrenza di indagini penali non necessariamente comporta la necessità di dover dare rilievo alla vicenda nei termini di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del d. lgs. n. 50 del 2016 (CGARS, sez. giurisdizionale, 1 febbraio 2021 n. 69).

In sintesi, la statuizione del giudice amministrativo, non potendo tener luogo della determinazione pubblica, non contiene un accertamento idoneo a spiegare efficacia espulsiva, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado.

29. In conclusione, la fondatezza delle censure sopra esaminate determina (assorbite le rimanenti doglianze) l’accoglimento dei ricorsi in appello e la riforma della sentenza nelle parti in cui il Tar ha accolto le prime tre censure contenute nei secondi motivi aggiunti.

29.1. Detta conclusione comporta le conseguenze di seguito esposte.

29.2. Dussmann, ricorrente in primo grado e odierna appellata, ha riproposto, con memoria depositata il 7 giugno 2021, quindi nei termini di cui al combinato disposto degli artt. 46, 101 e 119 comma 2 c.p.a., la domanda subordinata volta a condannare l’Amministrazione alla verifica delle violazioni del patto di integrità, dell’art. 56 comma 8 del d. lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 da parte delle concorrenti PFE, Ferco e Euro & Promos.

Il Collegio rileva innanzitutto che il Tar ha accennato solo con riferimento al primo mezzo contenuto nei secondi motivi aggiunti, relativo alla violazione del patto di integrità, la tematica dell’inammissibilità della doglianza (in quanto la valutazione escludente compete all’Amministrazione).

Nondimeno detta tematica, così come sopra illustrato, non è stata affrontata dal Tar, se non con riferimento alla mancata conclusione del subprocedimento riguardante la sussistenza o meno della contestata violazione del patto di integrità, avviato con nota 24 giugno 2020 inviata dalla CUC all’ANAC, ed è stata quindi correttamente riproposta con semplice memoria dall’appellata, così come con riferimento agli altri due mezzi contenuti nei secondi motivi aggiunti.

Invero il Tar, come già sopra specificato, ha argomentato esclusivamente rispetto all’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse allo scrutinio delle censure della Dussmann, formulata da Ferco in ragione della pendenza del procedimento amministrativo della sussistenza o meno della contestata violazione del patto di integrità (il riferimento è alla nota 24 giugno 2020 della CUC inviata all’ANAC, depositata nel fascicolo processuale di altro ricorso).

La domanda subordinata volta a condannare l’Amministrazione alla verifica delle violazioni del patto di integrità, dell’art. 56 comma 8 del d. lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 da parte delle concorrenti PFE, Ferco e Euro & Promos, contenuta all’interno di tutte e tre le prime censure contenute nei secondi motivi aggiunti (riguardanti rispettivamente la violazione del patto di integrità, la violazione dell’art. 56 comma 8 del d. lgs. n. 50 del 2016 e la violazione dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016), è stata posta appunto in via subordinata rispetto alla domanda di condanna dell’Amministrazione alla verifica della violazione del patto di integrità da parte delle concorrenti PFE, Ferco ed Euro & Promos, mentre non è stata subordinata all’accoglimento di altri motivi. Del resto, l’interesse all’aggiudicazione della ricorrente in primo grado, che la medesima ha evidenziato essere prevalente (mentre la soddisfazione del mero interesse strumentale alla ripetizione dell’intera gara è stato posto solo in via subordinata), risulta comunque perseguito in caso di accoglimento di detta declinazione dei primi tre mezzi contenuti nei secondi motivi aggiunti, seppur attraverso un passaggio intermedio, che consiste nell’apprezzamento dell’Amministrazione.

29.3. Al riguardo si rileva che sussistono i presupposti per detta condanna in quanto il procedimento penale r.g. n. 16541/2017 pendente presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale penale di Palermo reca riferimenti alle società PFE, Ferco ed Euro & Promos, sì da giustificare l’apertura di un subprocedimento che accerti le violazioni anzidette sulla base di tutta la documentazione reperibile da parte dell’Amministrazione.

Del resto si è già argomentato in ordine al fatto che il provvedimento sopravvenuto, fondandosi sulle argomentazioni del Tar, è stato assunto in esecuzione della sentenza gravata, lasciando permanere l’interesse alla presente.

29.4. L’accoglimento delle prime tre censure contenute nei secondi motivi aggiunti nei termini anzidetti rende improcedibili gli appelli incidentali per il venir meno dell’interesse a coltivare le censure ivi dedotte, attesa la soddisfazione dell’interesse fatto valere dalla Dussmann nel presente giudizio, esplicitato nei termini anzidetti, e comunque posto che il vizio fatto valere con i motivi accolti è di natura più radicale rispetto alle altre censure dedotte riguardando la sussistenza dei requisiti di ammissione di ordine generale o comunque attinenti all’affidabilità e onorabilità delle società partecipanti.

30. Nondimeno i motivi contenuti negli appelli incidentali sono comunque infondati.

31. Il primo motivo dell’appello incidentale sarà scrutinato con i motivi riproposti.

32. Con il secondo motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto il primo motivo del ricorso introduttivo, riguardante la mancata esclusione dalla gara della prima classificata in tutti i lotti, la PFE s.p.a., per vizi che attengono principalmente alla fase di verifica dell’anomalia dell’offerta.

L’appellante incidentale ha sottolineato, in particolare, il grave difetto di istruttoria e la conseguente carenza motivazionale del giudizio di congruità, argomentando in ordine all’esiguità del tempo dedicato dalla Commissione all’esame delle giustificazioni (quattro ore a fronte della necessità di verificare venti giustificazioni riferite ad altrettanti progetti tecnici, composti da duecento pagine ciascuno) e al difetto motivazionale, articolato esclusivamente in relazione al contenuto delle giustificazioni di PFE.

32.1. Il motivo è infondato.

Quanto al difetto di motivazione, non può che ribadirsi quanto già affermato dal giudice di primo grado in ordine al fatto che la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che “il giudizio favorevole di non anomalia dell'offerta in una gara d'appalto non richiede una motivazione puntuale ed analitica, essendo sufficiente anche una motivazione espressa per relationem alle giustificazioni rese dall'impresa offerente, sempre che queste ultime siano a loro volta congrue ed adeguate” (Cons. St., sez. V, 9 marzo 2020, n. 1655).

In termini più generali i vizi procedurali, di istruttoria e di motivazione, rilevano in sede di scrutinio di eventuali vizi della verifica di anomalia (“in caso positivo non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un’articolata esternazione delle ragioni a supporto, essendo sufficiente anche una motivazione espressa per relationem alle giustificazioni rese dall’impresa vincitrice sempre che queste, a loro volta, siano state congrue ed adeguate”, così Cons. St., sez. V, 4 novembre 2019, n. 7506) solo in quanto emergano dai medesimi irregolarità nell’offerta tali da determinarne l’inaffidabilità.

Nel caso di specie Dussmann ha dedotto, nel merito, la sottostima e genericità dei costi delle attrezzature/macchinari indicati nell’offerta tecnica, per i quali non sarebbe stata allegata alcuna documentazione, la sottostima, l’omesso computo e la genericità dei costi della manodopera e l’omessa stima dei costi per servizi informativi e call center.

Per consolidata giurisprudenza, il giudizio della stazione appaltante sull’anomalia delle offerte presentate in una gara è ampiamente discrezionale ed espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza (Cons. St., sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6023), di talché tale sindacato rimane limitato ai casi di “macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti, oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto” (Cons. St., sez. V, 24 agosto 2018, n. 5047): lo stesso dicasi per l’esame delle giustificazioni, anch’esso espressione di discrezionalità tecnica di esclusiva pertinenza dell’amministrazione (Cons. St., sez. V, 29 marzo 2021, n. 2594).

Il procedimento di verifica dell’anomalia non ha peraltro ad oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, con la conseguenza che la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (Cons. St., sez. V, 24 settembre 2019, n. 6419)

Detto ciò in termini generali lo scrutinio della censura impone di verificare se le criticità rilevate dall’appellante incidentale sono sussistenti e idonee a influire sul giudizio di congruità dell’offerta.

Con riferimento ai costi delle attrezzature e dei macchinari si rileva che la mancata allegazione di documentazione non è di per sé sintomatica dell’inattendibilità dei costi esposti, atteso che la stazione appaltante può essere nelle condizioni di verificare essa stessa l’affidabilità dell’onere di spesa previsto.

La circostanza che PFE abbia “numerosi mezzi di trasporto, quali autocarri e autovetture”, “strumenti di dotazione ai referenti operativi come tablet, smartphone, pc,fax, ecc.”, “strumenti di supporto per i sopralluoghi come tablet, livelli ottici automatici, strumentazione gps, utilizzo di “place vlew”, ecc.”, “lettore QRcode/NFC per ogni operatore”, “come strumenti di lavoro, macchinari (perossido di idrogeno), sistemi di dosaggio, sensori/telecamere termiche, lavatrici passanti, essiccatori, ecc.”, “attrezzatura per il servizio di ausiliariato, come fornitura di kit e tablet”, “fornitura di compattatori per la gestione e la raccolta dei rifiuti” e “divise e DPI in dotazione dei lavoratori, mai quotati” non sono di per sé indicative di una sottostima dei costi tale da incidere sull’affidabilità dell’offerta.

Invero i costi dei singoli macchinari e attrezzature non sono imputabili totalmente ai costi dell’appalto, rilevando la data di acquisizione e i criteri di ammortamento.

Non avrebbero pertanto dovuto essere computati gli interi costi di acquisto di dette attrezzature.

Peraltro, non risulta implausibile che alcuni macchinari indicati in sede di offerta costituiscano mezzi di cui la società dispone già sul territorio (ad esempio i 23 autocarri e le 21 autovetture a pag. 12 dell’offerta tecnica), con conseguente possibilità per la società di usufruire di economie di scala.

A fronte di dette considerazioni le argomentazioni spese dall’appellante incidentale risultano generiche, atteso anche che il costo complessivo dei macchinari, esposto da PFE nell’offerta economica, ammonta a € 96.229,00 annui, per un numero di macchinari calcolati da PFE in circa 856, mentre la Dussmann ha esposto un costo di un costo di € 27.000 per un numero nettamente inferiore di attrezzature.

In ordine alla pretesa sottostima, omesso computo e genericità dei costi della

manodopera e dei costi per i servizi informativi e call center da parte di PFE, la Dussmann ha censurato il fatto che PFE, in sede di giustificativi, non avrebbe computato alcune voci, quali la figura aziendale dello space planner, il premio di incentivazione per contrastare l’assenteismo del personale, la quotazione economica delle figure indicate come “business”, “governance” e “operation” per la commessa, la manodopera per i servizi aggiuntivi di “esecuzione gratuita” di pulizie straordinarie e tinteggiatura pareti sino a 5.000 mq e i costi per operazioni di controllo svolte da soggetti terzi.

Al riguardo, a fronte delle argomentazioni dell’appellante incidentale, che fanno riferimento generico a detti costi senza indicare la specifica (potenziale) incidenza dei medesimi sulla congruità dell’offerta, non può negarsi a priori che PFE abbia potuto, così come dalla medesima affermato, computare i relativi oneri di spesa, di consistenza ridotta, fra i costi generali, atteso poi che l’incidenza dei medesimi sul singolo appalto dipende dalle economie di scala di cui è beneficiaria la società.

In ordine alla presunta omessa giustifica e sottostima dei costi di formazione.si rileva che il costo calcolato dalla Dussmann. pari a € 2.056.320,00 e, quindi, superiore a quello indicato da PFE, non trova adeguato riscontro nelle argomentazioni spese: “Per il lavoro supplementare occorre quantificare una retribuzione minima di 12 €/ora. Moltiplicando tale importo per le ore stimate sull’appalto, (510 ore x 12 €/ora), si ottiene un costo per la formazione pari a € 2.056.320,00” (così a pag. 14 dell’appello incidentale).

Compiendo l’operazione indicata da Dussmann (510 x 12), si ottiene un prodotto di € 6.120.

Infine si rileva che dal verbale 9 ottobre 2019 risulta che la Commissione abbia considerato, al fine di rendere il proprio giudizio, non solo la realtà aziendale dei candidati ma anche la realtà del mercato, così evidenziando di avere potuto utilizzare la propria competenza tecnica nel settore, in base alla quale valutare, fra l’altro, l’attendibilità delle giustificazioni rese.

La stessa Commissione ha altresì evidenziato di avere considerato, ritenendole quindi sussistenti, le economie di scala, richiamate da controparte, le soluzioni tecniche offerte, le “condizioni eccezionalmente favorevoli”, l’originalità del servizio.

32.2. A fronte di tali considerazioni, considerando che PFE ha esposto un utile, per il lotto 3, pari € 318.384,00 (€ 79.596,00 annui) e rilevato l’orientamento della giurisprudenza consolidata in ordine al giudizio di anomalia, la censura va respinta. E ciò anche considerando le peculiarità del metodo acquisitivo, di cui è stato sollecitato l’utilizzo chiedendo di disporre una verificazione.

L'istruzione probatoria nel processo amministrativo è infatti governata dal c.d. principio dispositivo temperato dal metodo acquisitivo, sicché sul ricorrente non grava l'onere della prova, ma l'onere del principio di prova, nel senso che egli è tenuto a prospettare al giudice una ricostruzione attendibile sotto il profilo di fatto e giuridico delle circostanze addotte, potendo il giudice acquisire d'ufficio gli elementi probatori indicati dalle parti ovvero ritenuti comunque necessari.

Nondimeno, laddove la parte abbia la disponibilità di elementi di prova o di conoscenza, occorre che supporti adeguatamente le proprie domande o eccezioni: “E’ infatti innegabile che gravi sull'interessato non solo l'onere del c.d. principio della prova ma anche l'onere di addurre tutti gli elementi di cui ha disponibilità o, comunque, possibilità di reperimento, non potendo ammettersi che, attraverso il potere acquisitivo del giudice, la parte possa sottrarsi all'onere probatorio in senso stretto” (Cons. St., sez. IV, 26 aprile 2019, n. 2672).

Nel caso di specie le argomentazioni spese non sono state supportate da specifici e attendibili dati e indicatori economici da parte di Dussmann nonostante l’esperienza della medesima nel settore di mercato cui è inserito l’appalto controverso.

33. Con il terzo motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo in cui il Tar ha respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo nella parte riguardante la mancata esclusione del raggruppamento Ferco dalla gara per l’inadempimento alle disposizioni della lex specialis relative al sopralluogo obbligatorio.

Secondo le prospettazioni del ricorso di primo grado, la lex specialis impone, a pena di esclusione, l’esecuzione del sopralluogo, da svolgersi, in caso di raggruppamento, da parte di un soggetto incaricato formalmente da tutti i componenti del raggruppamento, e, comunque, dipendente di uno degli operatori economici.

33.1. Il motivo è infondato.

Ferco ha prodotto in giudizio la delega sottoscritta da tutti i componenti del raggruppamento, datata 20 luglio 2017, quindi rilasciata all’epoca di effettuazione del sopralluogo, mentre non è comprovato quanto affermato dall’appellante principale in ordine al fatto che la stessa sia stata prodotta per la prima volta nel corso del giudizio di primo grado.

Sul punto, infatti, la Regione si è limitata ad affermare che “documentato è il possesso da parte del sig. Costa di apposita delega per l’effettuazione dei sopralluoghi” (memoria al Tar 12 marzo 2020, pag. 3) e che “in sede di accesso agli atti non sia stata rilasciata alla ricorrente la relativa delega” (memoria al Tar 6 dicembre 2019, pag. 3).

Piuttosto, in detta delega si legge il riferimento al “delegato dipendente della struttura”, circostanza contestata da controparte, che ha altresì dedotto il mancato inserimento della delega nell’ambito della documentazione di gara.

Nondimeno, tali due circostanze non sono idonee a determinare l’esclusione di Ferco dalla gara.

Ai sensi dell’art. 9 del disciplinare infatti il mancato sopralluogo è causa di esclusione dalla procedura, di talché è richiesto l’inserimento dell’attestazione di avvenuto sopralluogo nella documentazione allegata alla domanda di partecipazione, che nel caso di specie non è contestato.

Le prescrizioni riguardanti le modalità di rilascio della delega, e la documentazione comprovante la medesima, sono funzionali a mettere la stazione appaltante nelle condizioni di verificare l’idoneità del delegato a svolgere l’accertamento sul luogo. Sicché, da un lato, non è necessario allegare la relativa documentazione nella documentazione di gara e, dall’altro lato, la disciplina della delega non è prevista a pena di esclusione, avendo quale destinataria l’Amministrazione, che, in mancanza dei requisiti prescritti, può rifiutarsi di consentire il sopralluogo o richiedere la regolarizzazione della delega.

Del resto, mentre l’art. 9 richiede, a pena di esclusione, l’effettuazione del sopralluogo, non evidenzia altrettanto laddove prevede che la delega sia sottoscritta da tutti i partecipanti al raggruppamento e sia rilasciata a un dipendente.

Pertanto, a tacere della tematica della tassatività delle cause di esclusione, rileva il principio del favor partecipationis, che impone, nel dubbio, di interpretare le clausole del bando nel senso di agevolare la partecipazione alla gara, piuttosto che in direzione escludente (“A fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis di gara (una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e l’altra tale da consentire la permanenza del concorrente), non può legittimamente aderirsi all’opzione che, ove condivisa, comporterebbe l’esclusione dalla gara, dovendo essere favorita l’ammissione del più alto numero di concorrenti, in nome del principio del favor partecipationis e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale”, così Cons. St., sez. V, 24 gennaio 2020, n. 607).

34. Con il quarto motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo in cui il Tar ha respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo, nella parte riguardante l’iscrizione dei concorrenti nel registro della Camera di commercio ai sensi della legge n. 82 del 1994 e del d.m. n. 274 del 1997 per le imprese che svolgono attività di pulizia, disinfezione e sanificazione per la fascia di classificazione “L” (superiore a € 8.263.310,00). Ciò in quanto il raggruppamento Ferco ha dichiarato di svolgere l’attività oggetto di appalto con la seguente ripartizione: Ferco 55%, mandante Lancar 20% e Consorzio GEDIS, che ha indicato quale unica esecutrice del servizio la consorziata Plurima s.r.l., il 25%.

Pertanto la quota del 25% dei servizi sarebbe eseguita da Plurima s.r.l., iscritta come impresa di pulizia nella CCIAA per la sola fascia di classificazione “F” del D.M. 274/1997 per attività con valore sino a € 2.065.828,00, come indicato nel DGUE presentato in sede di gara (vd. pag. 13 doc. 16) e come risulta ancora oggi dalla visura CCIAA dell’impresa (doc. 42, pag. 8). 22

Ne deriverebbe la mancata idoneità del raggruppamento Ferco a svolgere l’attività oggetto del lotto 3 poiché, considerato il valore del lotto (pari a € 38.301.181,54), la quota parte del servizio che Plurima s.r.l. dovrebbe svolgere (25%) ammonta ad € 9.575.297,88, superiore alla fascia di classificazione per cui l’impresa è autorizzata ad operare.

34.1. Il motivo è infondato.

Il Collegio osserva quanto segue.

Lo scrutinio della censura in esame richiede di valutare la titolarità, da parte del raggruppamento Ferco, del requisito di iscrizione camerale, specificamente in relazione al Consorzio GEDIS, mandante del raggruppamento partecipante alla gara.

In ordine all’iscrizione camerale come impresa di pulizia dispone l’art. 12 del disciplinare di gara che “la totalità delle imprese raggruppate/raggruppande, consorziate/consorziande o aderenti al contratto di rete deve essere in possesso in iscrizioni in fasce di classificazione tali che la somma dei singoli importi di classificazione risulti pari o superiore all’importo della fascia di classificazione “L” di cui all’art. 3 del D.M. n. 274 del 7 luglio 1997”.

La lex specialis, pertanto, dispone esplicitamente in ordine alle modalità con le quali i partecipanti alla gara in forma collettiva, siano essi raggruppamenti o consorzi, debbono attestare il possesso dei requisiti.

Va rilevato innanzitutto che non si pone necessariamente una questione di contrasto fra la disciplina dell’iscrizione camerale come impresa di pulizie, dettata con riferimento alla singola soggettività partecipante alla gara, e la disciplina sui contratti pubblici che, sulla scorta degli istituti proconcorrenziali di derivazione UE, introduce regole volte a regolare i casi in cui i requisiti di idoneità e qualificazione debbano (rectius, possano) essere attestati da raggruppamenti, consorzi o comunque attraverso modalità che facciano riferimento anche a soggettività terze rispetto al concorrente. Che, altrimenti, tale tema dovrebbe porsi tutte le volte in cui la normativa di settore fa riferimento a requisiti dell’impresa e il d. lgs. n. 50 del 2016 consente l’attestazione dei medesimi avvalendosi di istituti proconcorrenziali.

Del resto è lo stesso art. 5 della legge n. 82 del 1994 a prevedere che negli appalti di servizi relativi alle attività di pulizia le pubbliche amministrazioni si conformano alle disposizioni delle direttive appalti.

Nel caso di specie, peraltro, la disciplina ratione temporis vigente ai sensi dell’art. 1 comma 1 del d.l. 18 aprile 2019 n. 32 in tema di consorzi stabili, consente ai medesimi di avvalersi (appunto tramite il vincolo consortile) dei requisiti di partecipazione di cui sono titolari le società consorziate.

Ai sensi dell’art. 31 comma 1 del d. lgs. 19 aprile 2017 n. 56, vigente appunto all’epoca dei fatti di causa, i consorzi di cui agli articoli 45 comma 2 lett. c) e 46 comma 1 lett. f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, “sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni”, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto: ne deriva che è previsto espressamente che i consorzi possano qualificarsi attraverso i requisiti posseduti dalle consorziate.

La disposizione ha avuto vigore sino al 2019: l’art. 1 comma 20 lett. l) n. 1) del d.l. 18 aprile 2019 n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019 n. 55, ha eliminato tale regola, ripristinando l’originaria e limitata perimetrazione del cd. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.

Siffatto peculiare meccanismo (appunto esteso all’epoca dei fatti di causa anche ai requisiti di qualificazione, ma oggi limitato ad attrezzature, mezzi d'opera e organico medio annuo) ha radici nella natura del consorzio stabile e si giustifica in ragione del patto consortile, comunque caratterizzato dalla causa mutualistica, e del rapporto duraturo ed improntato a stretta collaborazione tra le consorziate avente come fine “una comune struttura di impresa” (Ad. plen. 18 marzo 2021 n. 5).

A differenza del consorzio ordinario infatti, che prende parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il lavoro, i consorzi stabili sono costituiti “tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro” che “abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa” (art. 45 comma 2 lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016).

Si pone in linea con la suddetta impostazione il chiarimento n. 3 fornito dalla stazione appaltante nella vigenza della precedente gara di cui al decreto n. 1256 del 2017, poi annullata, in base al quale “i requisiti di idoneità professionale, di capacità economico-finanziaria e di capacità tecnico-professionale, secondo il disposto di cui all’art. 47, comma 2, del d.lgs. 50/16 e s.m.i. correttamente citato dalla S.V. possono essere indifferentemente maturati in proprio dal Consorzio Stabile, oppure posseduti da ciascuna delle singole imprese designate esecutrici, oppure goduti mediante avvalimento concesso dalle imprese consorziate non designate esecutrici”.

La disciplina del consorzio stabile interviene su due piani, connotandoli in modo peculiare, quello relativo all’individuazione del soggetto per conto del quale viene presentata l’offerta e che si impegna ad eseguire la prestazione, e quello riguardante i riflessi dell’istituto in punto di requisiti di partecipazione.

In tale seconda prospettiva, il consorzio stabile costituisce un istituto che amplia, in funzione proconcorrenziale, le possibilità delle imprese di partecipare alle gare individuando un soggetto, appunto il consorzio stabile, che è qualificato anche sulla base dei requisiti posseduti dalle singole consorziate.

La Quinta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 marzo 2021 n. 2588, si è pronunciata in punto di requisiti di capacità tecnico professionale ritenendo, anche in ragione proconcorrenziale, che, a fronte della titolarità del requisito in capo al consorzio, non possa pretendersi il possesso del medesimo anche da parte della consorziata esecutrice. Sul punto la giurisprudenza aveva già affermato che “la eventuale mancanza dei requisiti in testa alla consorziata designata per l’esecuzione, non incide sull’utile accesso alla procedura, sempreché gli stessi sussistano, in proprio, per il consorzio, al quale è, in effetti, imputata giuridicamente la prestazione, anche laddove intenda provvedervi indirettamente per il tramite di una impresa consorziata (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2015, n. 4703)” (Cons. St., sez. V, 22 luglio 2019, n. 5124).

Rileva infatti la necessità di evitare duplicazioni di requisiti che potrebbero ostacolare il più ampio confronto concorrenziale.

Né, quanto all’iscrizione camerale come impresa di pulizia, può, allo stato, sostenersi il contrario valorizzando la qualificazione di detto requisito come requisito di idoneità professionale (art. 83 comma 1 lett. a) del d. lgs. n. 50 del 2016).

Sullo sfondo di tale tematica si rileva che la Corte di giustizia ha affermato che, “in forza del combinato disposto degli artt. 1 della legge n. 82/94 e 8 della legge n. 580/93, tutte le imprese di pulizia, indipendentemente dalla loro forma, hanno l'obbligo di iscriversi nel nuovo registro delle imprese” e che “l'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese e le gravi sanzioni previste in caso di inadempimento di tale obbligo costituiscono una patente violazione dell'art. 59 del Trattato. Infatti, infliggendo sanzioni quali pene detentive e ammende che possono raggiungere ITL 50 milioni in caso d'inosservanza dell'art. 1 della legge n. 82/94, l'art. 6 di tale legge comporta come conseguenza che l'iscrizione nel registro delle imprese rappresenta una condizione essenziale per lo svolgimento delle attività di pulizia sul territorio dello Stato italiano. Nella misura in cui tale obbligo d'iscrizione si applica anche alle imprese stabilite in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana, esso impedisce o perlomeno ostacola la libera prestazione di servizi” (sez. IV, 9 marzo 2000, in C-358/98). La pronuncia, seppur riferita alle imprese stabilite in altro Stato membro, è indicativa della considerazione della predetta condizione come tesa a “dissuadere tali imprese dall'esercitare in Italia le attività di pulizia contemplate da detta legge” e necessita di essere interpretata in modo da evitare discriminazioni a rovescio.

In disparte la qualificazione di detto requisito come requisito di idoneità professionale, che necessita di essere approfondita considerando anche i presupposti richiesti per la relativa iscrizione, di cui al d.m. 7 luglio 1997 n. 274 (requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale di cui all’art. 2 del d. m., rispetto ai quali rileva la relazione sussistente con i requisiti di cui alle lett. b) e c) dell’art. 83 del d. lgs. n. 50 del 2016), la differenza fra requisiti di qualificazione e requisiti di idoneità è stata valorizzata dalla giurisprudenza con riferimento all’obbligo di iscrizione all’ANGA, che trova una speciale disciplina nel divieto di avvalimento di cui all’art. 89 comma 9 del d. lgs. n. 50 del 2016 (a fronte di una previsione generale di avvalimento circa i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all'articolo 83, comma 1, lettere b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara, e, “in ogni caso, con esclusione dei requisiti di cui all'articolo 80, avvalendosi delle capacità di altri soggetti”), non applicabile invece all’iscrizione camerale qui controversa.

34.2. Pertanto, anche in ragione del sopra richiamato principio del favor partecipationis, la censura non è meritevole di accoglimento.

35. Con il quinto motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo con il quale il Tar ha respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo, nella parte riguardante la mancata esclusione dalla gara del raggruppamento Ferco per vizi che attengono alla fase di verifica dell’anomalia dell’offerta.

L’appellante incidentale ha sottolineato, così come già illustrato con riferimento alla posizione di PFE, il grave difetto di istruttoria e la conseguente carenza motivazionale del giudizio di congruità.

Nelle giustificazioni il raggruppamento Ferco non avrebbe fornito alcun elemento di spiegazione per quasi tutte le voci di costo in cui si compone l’offerta.

In particolare, dal confronto tra l’offerta tecnica e le giustificazioni, emerge come non sia stata fornita alcuna giustifica e non siano stati considerati i costi per attrezzature e macchinari relativi a:

- gli strumenti in dotazione del personale come tablet, smartphone, pc, stampanti, scanner e, strumenti di misura (bioluminometro, bassuometro, glossmetro, scala di bacharach e torcia UV);

- i mezzi di trasporto indicati tra cui auto, furgoni elettrici, monocicli e furgone con gru;

- le attrezzature elencate nel progetto tecnico;

- le attrezzature per i servizi di disinfestazione, facchinaggio, manutenzione del verde;

- le divise di lavoro, DPI, servizio di fornitura e lavaggio;

- il sistema robotico di pulizia con macchinario Taski Swingobot 1650;

- i compattatori, raccoglitori e dispositivi vari per la gestione e raccolta dei rifiuti.

Allo stesso modo non sarebbe stato valorizzato né stimato il costo per l’anagrafe planimetrica e il sistema informativo, né quello per il servizio di Call Center e per la gestione delle presenze tramite sistema di rilievo delle impronte digitali.

Infine, nel costo della manodopera, il raggruppamento non avrebbe in alcun modo valorizzato né computato il costo per la composizione della centrale direttiva, preposta alla direzione, governo e supervisione della Convenzione, e composta da decine di figure di governo, supporto, management dedicate alla commessa.

L’insufficienza e lacunosità delle giustificazioni avrebbe trovato conferma nelle difese di primo grado del raggruppamento Ferco, nelle quali quest’ultimo avrebbe fornito per la prima volta le giustificazioni necessarie a supportare il giudizio di affidabilità dell’offerta.

35.1. Il motivo è infondato.

Si richiama quanto sopra argomentato in ordine al difetto di motivazione, e, più in generale, ai vizi procedurali, di istruttoria e di motivazione, che rilevano in sede di scrutinio di eventuali vizi della verifica di anomalia solo in quanto emergano dai medesimi irregolarità nell’offerta tali da determinarne l’inaffidabilità.

Per quanto riguarda gli “strumenti in dotazione del personale come tablet, smartphone, pc, stampanti, scanner, strumenti di misura (bioluminometro, bassuometro, glossmetro, scala di bacharach e torcia UV, nelle giustificazioni rese da Ferco alla voce “DOTAZIONI INFORMATICHE” risulta stanziato un importo contrattuale annuo di euro 20.000,00, pari a complessivi euro 80.000,00, che la società ha poi suddiviso in euro 65.000,00 per il sistema di gestione ed anagrafica immobiliare e rilevazione presenze, in euro 10.000,00 per le dotazioni informatiche e in euro 2.500,00 per le dotazioni degli strumenti di misura ad uso non esclusivo ed euro 2.500,00 per varie ed eventuali.

Peraltro, nelle giustificazioni si legge che il personale dispone già di dotazioni informatiche, che quindi non necessitano di essere specificamente acquisite, oltre al riferimento alle economie di scala con riferimento alla parte software.

Quanto ai “mezzi di trasporto indicati tra cui auto, furgoni elettrici, monocicli, furgone con gru”, il RTI Ferco nel capitolo “SPESE GENERALI VARIE” delle giustificazioni ha compreso gli oneri derivanti dall’eventuale utilizzo di mezzi di trasporto, anche non esclusivi, per lo sviluppo delle attività di commessa.

Quanto alle “attrezzature elencate nel progetto tecnico” il raggruppamento ha stanziato euro 105.000,00 annui (così dalle giustificazioni), per un totale di 420.000,00 euro.

Dalle giustificazioni risulta altresì che “sono stati stipulati accordi quadro con società fornitrici di macchinari ed attrezzature che, in funzione delle tipologie contrattuali possono fornire tutte le dotazioni previste sia con formula di vendita che di noleggio periodico, il tutto in aggiunta ai macchinari ed attrezzature presenti nel patrimonio aziendale già ammortizzati”.

In linea con quanto dichiarato risulta depositato agli atti un preventivo, datato 29 agosto 2019, dal quale risulta una spesa di euro 360.000,00, importo inferiore (e quindi compatibile) con il costo esposto di 420.000,00.

In tale contesto non vi sono elementi che comprovino in modo adeguato che non siano stati conteggiati i costi (e le economie di scala) dei “compattatori, raccoglitori e dispositivi vari per la gestione e raccolta dei rifiuti”.

Quanto alle “attrezzature per i servizi di disinfestazione, facchinaggio, manutenzione del verde” non si rinviene lo specifico motivo per il quale le attrezzature utilizzate per detti servizi non siano ricomprese nella relativa voce generale (riferita appunto alle attrezzature).

Quanto alle “divise di lavoro, DPI, servizio di fornitura e lavaggio”, escludendo i DPI già previsti nella quota di costi della sicurezza, Ferco ha dichiarato che i costi per la gestione delle divise sono stati stimati in € 20.000,00 e compresi nel capitolo “COSTI PER PRODOTTI CHIMICI VARIE ED EVENTUALI”.

Il “sistema robotico di pulizia con macchinario Taski Swingobot 1650” viene descritto nell’offerta tecnica come un’innovazione sperimentale nel campo dei servizi di pulizia delle pavimentazioni, senza indicare la tipologia di impegno anche orario e il numero di detti macchinari, con una previsione che non pare particolarmente incisiva nell’ambito del servizio offerto. Ferco ha affermato che il preventivo del Gruppo Essepi è comprensivo anche di detto sistema robotizzato.

In merito al “costo per l’anagrafe planimetrica e il sistema informativo”, il raggruppamento Ferco ha previsto un capitolo di spesa per le dotazioni informatiche (così dalle giustificazioni).

Il costo del “servizio di Call Center e per la gestione delle presenze tramite sistema di rilievo delle impronte digitali” risulta rientrare nella voce, presente nelle giustificazioni, relativa a “SPESE DI GESTIONE VARIE”, riferita, fra l’altro, all’assistenza telefonica e al controllo della qualità dei servizi.

Quanto al presunto mancato computo nel costo della manodopera del “costo per la composizione della centrale direttiva, preposta alla direzione, governo e supervisione della Convenzione” Ferco ha dichiarato di essere già munito, in ragione dell’attività che già svolge, una struttura di gestione e controllo capace di gestire eventuali incrementi di attività sul territorio.

La spesa, pertanto, consisterebbe in un eventuale incremento di attività per la gestione della commessa, di cui sarebbe possibile avere copertura nelle quote relative agli “ONERI AMMINISTRATIVI” e alle “SPESE DI GESTIONE VARIE”, peraltro riguardanti anche le attività di controllo.

In tale contesto, la circostanza che siano ravvisabili discrasie e incompletezze nelle giustificazioni rese in sede di gara non è sufficiente a superare il giudizio (positivo) reso dalla stazione appaltante in sede di verifica di anomalia dell’offerta presentata dal raggruppamento Ferco.

A fronte delle argomentazioni dell’appellante incidentale, che fanno riferimento generico a detti costi senza indicare la specifica (potenziale) incidenza dei medesimi sulla complessiva congruità dell’offerta, non può negarsi a priori che il raggruppamento Ferco abbia potuto, così come dalla medesima affermato, computare i relativi oneri di spesa.

Invero, dal verbale 9 ottobre 2019 risulta che la Commissione abbia considerato, al fine di rendere il proprio giudizio, non solo la realtà aziendale dei candidati ma anche la realtà del mercato, così evidenziando di avere potuto utilizzare la propria competenza tecnica nel settore, in base alla quale valutare, fra l’altro, l’attendibilità delle giustificazioni rese.

La stessa Commissione ha altresì evidenziato di avere considerato, ritenendole quindi sussistenti, le economie di scala, richiamate da controparte, le soluzioni tecniche offerte, le “condizioni eccezionalmente favorevoli”, l’originalità del servizio.

In ogni caso, per consolidata giurisprudenza, il giudizio di congruità (definito dall’art. 97 del d. lgs. n. 50 del 2016 come giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta”) non è diretto ad evidenziare singole inesattezze dell’offerta (la c.d. “caccia all’errore”), ma mira ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile, in maniera da evitare che l’appalto sia aggiudicato a prezzi eccessivamente bassi, tali da non garantire la qualità e la regolarità dell’esecuzione del contratto oggetto di affidamento. Esso ha quindi natura globale e sintetica (Cons. St., sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69).

La decisione di anomalia, pertanto, è fondata sull’inattendibilità dei costi esposti nell’offerta che, per la loro importanza e incidenza, rendono l’intera operazione economica implausibile e, per l’effetto, insuscettibile di accettazione da parte dell’Amministrazione, in quanto insidiata da indici strutturali di carente affidabilità.

Peraltro, il sindacato di competenza del giudice amministrativo in materia è limitato alle ipotesi in cui le valutazioni compiute dalla stazione appaltante siano palesemente illogiche, irrazionali o fondate su errori di fatto tali da inficiare il complessivo giudizio di congruità.

35.2. In tale prospettiva le censure mosse dall’appellante incidentale non sono idonee, in assenza di circostanziati parametri economici, a evidenziare una manifesta incongruità dell’offerta nel suo complesso, considerato anche che il raggruppamento Ferco ha esposto un utile annuo di €. 72.305,60, pari a complessivi 289.222 euro. E ciò anche considerando che è stato sollecitato, non potendo però accogliersi detta sollecitazione per i motivi già illustrati sopra, l’utilizzo dei poteri ufficiosi di accertamento istruttorio di questo Giudice.

36. Con il sesto motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo con il quale il Tar ha respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo, nella parte relativa all’asserita mancata dimostrazione, da parte delle consociate Lancar e Consorzio Gedis (raggruppamento Ferco), dell’assenza di cause di esclusione ex art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016.

36.1. Per un primo profilo Dussmann ha lamentato che la mandante Lancar del raggruppamento Ferco avrebbe dovuto dimostrare l’assenza di cause di esclusione anche con riguardo al signor Enzo Costa, socio proprietario al 50%, mentre dalla documentazione di gara risulterebbe soltanto la dichiarazione resa dall’altra socia proprietaria al 50% (Bruna Pedrotti).

Da ciò deriverebbe la mancata dimostrazione dei requisiti di ordine generale.

36.2. Il motivo è infondato.

Il Collegio osserva quanto segue.

Lancar ha reso la dichiarazione ex art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 nell’apposita sezione del DGUE prodotto alla CUC, dove, in conformità a tale modello preimpostato, ha dichiarato l’assenza di cause di esclusione con riguardo a tutti i soggetti ex art. 80 comma 3 del d. lgs. n. 50 del 2016, compreso dunque il socio proprietario al 50% Enzo Costa.

Il Documento di gara unico europeo (DGUE), che la P.A. è tenuta ad accettare ex art. 85 comma 1 del d. lgs. n. 50 del 2016 e che nel caso in esame era espressamente richiesto dal disciplinare, è un'autodichiarazione predisposta per ragioni di semplificazione, che consente agli offerenti di presentare su un unico modulo le varie dichiarazioni precedentemente rese.

Nell’art. 14 del disciplinare viene elencata la documentazione da allegare alla domanda, nella quale è ricompreso il DGUE, mentre non sono citate altre dichiarazioni relative ai requisiti di ordine generale.

Nella modulistica di gara la domanda di partecipazione reca le dichiarazioni da rendere ex art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 e contiene un riferimento al fatto che i soci di maggioranza debbano “esprimere” dette dichiarazione ma all’interno di un modello intestato all’impresa partecipante, rendendo quindi non chiaro il soggetto tenuto a sottoscriverle.

Il modello di dichiarazione sottoscritta da Lancar contiene un riquadro, nella parte III, sez. A, dedicato appositamente all’art. 80 comma 3 del d. lgs. n. 50 del 2016, cioè la disposizione che prevede gli obblighi comunicativi del socio di maggioranza.

Il DGUE viene compilato, in base a quanto previsto dalla lex specialis, ai sensi dell’art. 85 del d. lgs. n. 50 del 2016.

L’art. 85 stabilisce che il DGUE è da intendersi “come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l'operatore economico soddisfa le seguenti condizioni”, tra le quali che “a) non si trova in una delle situazioni di cui all'articolo 80”.

Del resto, anche la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “quanto dichiarato dagli operatori economici concorrenti nella domanda di partecipazione alla gara e nel DGUE costituisce prova documentale sufficiente del possesso dei requisiti dichiarati, dovendo essere basata su tali dichiarazioni la relativa valutazione ai fini dell'ammissione e della partecipazione alla gara (cfr. Cons. Stato, V, 5 giugno 2017, n. 2675)” (Cons. St., sez. V, 18 marzo 2019, n. 1730).

È in sede di verifica dei requisiti che l’Amministrazione è tenuta a verificare le dichiarazioni rese.

Peraltro il signor Costa è solamente nudo proprietario della quota.

Secondo quanto affermato dalle parti, la signora Pedrotti, oltre che socia al 50% di Lancar, è anche usufruttuaria della quota dell’altro socio e ha reso la dichiarazione ex art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 anche in qualità di usufruttuaria.

L'Adunanza plenaria, con la decisione 6 novembre 2013 n. 24, ha acclarato che, nel caso di società composta da due soci titolari del 50%(percento) del capitale sociale, entrambi sono obbligati a rendere la dichiarazione di cui all'art. 38 del codice dei contratti pubblici.

In detta pronuncia, peraltro, l'Adunanza Plenaria ha precisato che l'espressione socio di maggioranza di cui alle lett. b), c) e m-ter) dell'art. 38, comma 1, d. lgs. n. 163 del 2006 si intende riferita, oltre che al socio titolare di più del 50% del capitale sociale, anche ai due soci titolari ciascuno del 50% del capitale sociale, muovendo dal presupposto che, “attraverso l'obbligo delle dichiarazioni per il socio di maggioranza, la norma vuole garantire che non partecipino alla gara concorrenti in forma societaria i cui soci idonei ad influenzare, in termini decisivi e ineludibili, le decisioni societarie, non posseggano i requisiti morali minimi previsti dalla legge”.

Nondimeno il nudo proprietario non ha diritto di voto nell’assemblea a responsabilità limitata, in quanto esso compete soltanto all’usufruttuario, il quale peraltro esercita un diritto di voto suo proprio e non vota in nome e per conto del nudo proprietario (Cass. civ., sez. I, ordinanza 19 febbraio 2018 n. 3951).

Poiché la ratio dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 è quella di evitare che l’Amministrazione contratti con persone giuridiche gestite da soggetti sprovvisti dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, ne consegue che la dichiarazione deve provenire da quei soggetti che hanno poteri di incidere nella gestione dell’impresa, poteri che non ha il nudo proprietario, il quale non può quindi ritenersi tenuto a prestare la predetta dichiarazione (Cons. St., sez. V, 23 novembre 2016, n. 4920).

A ciò si aggiunge che se uno dei due soci al 50% è anche usufruttuario della rimanente quota ne deriva che la relativa posizione sostanziale all’interno della compagine sociale comporta l’acquisizione di una influenza determinante sulle scelte della società, così da configurarlo quale socio di maggioranza tenuto a rendere la dichiarazione di cui all’art. 80 comma 3 del d. lgs. n. 50 del 2016.

Nel caso di specie la dichiarazione è stata sottoscritta dal socio avente tali connotazioni.

La censura non è quindi meritevole di accoglimento.

36.3. Per un secondo profilo, l’appellante incidentale ha dedotto che la mandante GEDIS s.c. a r.l. del raggruppamento Ferco non avrebbe reso tutte le dichiarazioni ex art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016, non avendo dichiarato l’assenza di cause di esclusione in capo ai soggetti riferibili ad un’azienda affittata, La Ginestra s.p.a.

36.4. Anche tale profilo va respinto.

A tale riguardo si evidenzia innanzitutto che anche GEDIS ha reso le dichiarazioni concernenti l’assenza delle cause di esclusione avvalendosi del DGUE, il quale come detto consente di rendere una dichiarazione omnicomprensiva per tutti i soggetti ex art. 80 comma 3 del d. lgs. n. 50 del 2016, compresi quindi gli amministratori e direttori tecnici cessati dalla carica nell’anno precedente, cui sono equiparati gli amministratori e i direttori tecnici delle aziende acquisite mediante cessione di azienda nell’anno precedente.

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 4 maggio 2012 n. 10 ha interpretato l’art. 38 comma 2 d. lgs. n. 163 del 2006 (ora art. 80 comma 3 del d. lgs. n. 50 del 2016) nel senso che ai “soggetti cessati dalla carica [di amministratore e direttore tecnico, n.d.s.] nell’anno antecedente alla data di pubblicazione del bando” vanno equiparati anche gli amministratori e i direttori tecnici delle aziende che il concorrente abbia acquisito mediante cessione di azienda nell’anno precedente, dei quali il “concorrente” è tenuto ad attestare il possesso dei requisiti generali di partecipazione (Cons. St., sez. V, 18 giugno 2018, n. 3632).

L’operatore economico che partecipa alla gara è tenuto, pertanto, ad attestare i requisiti di moralità anche degli amministratori e dei direttori tecnici della società che gestiva l’azienda nell’anno precedente alla pubblicazione del bando.

La giurisprudenza successiva ha equiparato alla cessione d’azienda il contratto di affitto di azienda (Cons. St., sez. V, 11 giugno 2018, n. 3607, sez. V, 21 agosto 2017, n. 4045 e sez. V, 3 febbraio 2016, n. 412, in cui si afferma che “La fattispecie di "cessione di azienda", cui si riferiscono le citate pronunce (in particolare, la sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 10), è sicuramente rappresentata dal trasferimento dell'azienda, riferibile ad una vicenda traslativa, ma è estensibile, per identità di ratio, anche all'affitto d'azienda”.

Ciò in ragione di una presunzione di continuità tra la vecchia e nuova gestione imprenditoriale – tale che le vicende circolatorie sottendono, in realtà, l’unicità dell’imprenditore – che, pure, può essere superata dando la prova della cesura tra l’una e l’altra (cfr. Adunanza plenaria n. 12 del 2010: “Ad ogni modo, proprio nella logica del cennato fenomeno della dissociazione, al cessionario va riconosciuta la possibilità di comprovare che la cessione si è svolta secondo una linea di discontinuità rispetto alla precedente gestione, tale da escludere alcuna influenza dei comportamenti degli amministratori e direttori tecnici della cedente”).

Come si è visto quindi è il concorrente a dover attestare il possesso dei requisiti in capo ai vertici dell’azienda affittata, conformemente quindi al modello di DGUE sottoscritto.

Del resto, la possibilità di provare la discontinuità aziendale si addice maggiormente alla fase di controllo dei requisiti dichiarati, piuttosto che alle dichiarazioni rese in sede di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, presupponendo un esame sostanziale della situazione, difficilmente compatibile con il dato formale proprio della fase di ammissione alla procedura competitiva.

37. Con il settimo motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo con il quale il Tar ha respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo, nella parte relativa all’asserita inidoneità delle referenze bancarie presentate dal raggruppamento Ferco in gara. Ciò in quanto i partecipanti al raggruppamento non avrebbero presentato referenze bancarie idonee siccome: “- nessuna delle referenze bancarie riferite alla mandataria FERCO e alla mandante Lancar contiene alcun riferimento/indicazione del valore del contratto d’appalto cui si riferiscono; - una delle referenze riferite alla mandante GEDIS non contiene l’indicazione del valore dell’appalto”.

37.1. Il motivo è infondato.

L’art. 12.3 del disciplinare richiede, tra i requisiti di capacità economica e finanziaria da dimostrare per la partecipazione alla gara, la presentazione di almeno due idonee referenze bancarie, a dimostrazione della capacità del concorrente di far fronte agli impegni economici assunti rispetto all’esecuzione del contratto.

In caso di partecipazione in raggruppamento è specificato che le due referenze debbono essere presentate da ogni componente.

La questione sottesa all’esame della presente censura riguarda la necessità che le referenze bancarie indichino l’importo dell’appalto.

La giurisprudenza amministrativa ha affermato che le “idonee referenze bancarie” debbano essere intese nel senso che gli istituti creditizi “devono riferire sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, quali la correttezza e la puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto, l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, sempre che tali situazioni siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso” (Cons. St., sez. V, 8 maggio 2020, n. 2910).

Tali referenze possono essere richieste dalle stazioni appaltanti agli operatori in considerazione della circostanza che “hanno una sicura efficacia probatoria dei requisiti economico-finanziari necessari per l’aggiudicazione di contratti pubblici: e ciò in base al fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tali profili” (Cons. St., sez. III, 2 marzo 2017, n. 976).

Da ciò consegue che, da un lato, tali dichiarazioni non possono che riferire elementi a diretta conoscenza della banca, correlati al rapporto intrattenuto con l’impresa, non anche informazioni “sulla effettiva consistenza economica e finanziaria dei concorrenti, trattandosi di elementi che, di fatto, potrebbero non essere da loro conosciuti e che, comunque, anche se fossero disponibili, non potrebbero rendere noto a terzi, stante l’obbligo di riservatezza gravante sugli istituti bancari” (Cons. St., sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078), e, dall’altro lato, esse non possono intendersi “quale requisito rigido, dovendo contemperarsi l’esigenza di dimostrazione dei requisiti partecipativi con il principio di massima partecipazione, con conseguente necessità di prevedere temperamenti rispetto alle imprese che non siano in grado per giustificati motivi di presentare le dette referenze, consentendo perciò alle stesse, anche a prescindere da ogni espresso richiamo nella disciplina di gara, di presentare documentazione alternativa idonea a comprovare il possesso dei prescritti requisiti di capacità economica e finanziaria” (Cons. St., sez. V, 16 dicembre 2019, n. 8517).

In considerazione di ciò, si comprende il significato e il valore della richiesta di siffatte referenze da parte delle stazioni appaltanti, da ricondurre alla conferma della capacità economico-finanziaria degli operatori attraverso un indice indiretto espresso dal loro rapporto con il sistema creditizio: di qui la concezione sostanzialistica ed elastica del requisito, da non intendere in termini rigidi o formalistici, ma piuttosto quale elemento utile a confortare il giudizio sulla capacità economico-finanziaria attraverso l’attestazione d’un soggetto terzo che si trovi in qualificati rapporti con l’impresa.

Il requisito delle referenze bancarie è stato quindi interpretato in modo non restrittivo, in accordo con il richiamato principio del favor partecipationis.

Del resto, l’art. 86 comma 4 del d. lgs. n. 50 del 2016 prevede che “di norma” la solidità finanziaria vada dimostrata mediante alcuni mezzi di prova e, in particolare, con: “a) idonee dichiarazioni bancarie o, se del caso, comprovata copertura assicurativa contro i rischi professionali; b) presentazione dei bilanci o di estratti di bilancio, qualora la pubblicazione del bilancio sia obbligatoria in base alla legislazione del paese di stabilimento dell’operatore economico; c) una dichiarazione concernente il fatturato globale e, se del caso, il fatturato del settore di attività oggetto dell’appalto, al massimo per gli ultimi tre esercizi disponibili in base alla data di costituzione o all’avvio delle attività dell’operatore economico, nella misura in cui le informazioni su tali fatturati siano disponibili”.

La disposizione è stata intesa nel senso che “di norma” debba essere impiegato solo uno dei mezzi di prova richiesti e nel senso di ritenere dimostrata la solidità finanziaria sulla scorta dei bilanci anche in mancanza delle due referenze bancarie richieste (Cons. St., sez. III, 13 luglio 2021, n. 5294).

In particolare, le “idonee referenze bancarie” vanno “intese nel senso che gli istituti creditizi devono riferire sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, quali la correttezza e la puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto, l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, sempre che tali situazioni siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso; tali referenze possono essere richieste dalle stazioni appaltanti agli operatori in considerazione della circostanza che hanno una sicura efficacia probatoria dei requisiti economico-finanziari necessari per l’aggiudicazione di contratti pubblici: e ciò in base al fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tali profili” (Cons. St., sez. V, 8 maggio 2020, n. 2910).

Nel caso di specie gli istituti abilitati hanno attestato che le società del gruppo conducono regolarmente i rapporti con la banca: a fronte di detta dichiarazione risulta recessiva la mancata indicazione dell’importo dell’appalto, in quanto, come sopra illustrato, la referenza bancaria è funzionale a rappresentare l’esistenza di buoni rapporti del concorrente con il sistema creditizio, intendendosi per tali i rapporti già in essere con gli istituti di finanziamento, non quelli eventualmente da accendere in futuro.

38. Con l’ottavo motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto la prima censura contenuta nei primi motivi aggiunti, avente ad oggetto la posizione del raggruppamento Ferco in relazione all’asserita presenza di dichiarazioni non veritiere e informazioni false e fuorvianti circa il possesso di sedi secondarie o unità locali sul territorio siciliano (che avrebbe dichiarato di possedere in sede di offerta, non trovando conferma nella visura camerale), causa di esclusione per violazione dell’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016.

38.1. La censura va respinta.

L’Allegato E al capitolato, denominato “criteri di valutazione delle offerte tecniche” contiene i criteri ed elementi di valutazione dell’offerta tecnica.

Il criterio A è stato descritto come “struttura organizzativa e logistica dedicata all’appalto, modalità organizzative e di gestione del servizio”.

Il sub-criterio A.1 prevede la valutazione e valorizzazione della struttura logistica dedicata all’appalto, quali le “infrastrutture logistiche”, la “presenza territoriale” e la “contestualizzazione della struttura proposta”.

Detto allegato, per la terminologia utilizzata e la finalità intrinseca del criterio (volto a valorizzare la presenza sul territorio indipendentemente dalla natura giuridica delle strutture decentrate), contiene indicazioni generiche circa la modalità di dimostrazione della presenza sul territorio, dunque non prescrive di indicare sedi secondarie.

In tale contesto non rileva, quale indice di falsità in relazione a quanto emerge dalla visura camerale circa la mancanza di sedi secondarie dei componenti del raggruppamento Ferco, la circostanza che in sede di offerta tecnica il raggruppamento Ferco abbia dichiarato, al fine di valorizzare la propria presenza sul territorio, di:

- avere già a disposizione un’infrastruttura logistica costituita dalle Sedi Operative (SO) dislocate sul territorio interessato dal lotto, ove insistono gli uffici periferici del R.T.I.;

- avere una “rete logistica (sedi direzionali; sedi operative; magazzini/depositi) del R.T.I. già presente ed operativa sul territorio, attualmente dedicata alla gestione di altri contratti di fornitura: in tal senso, è opportuno sottolineare come il R.T.I. possa disporre, già in questa fase, di una presenza diffusa e capillare sull’area geografica interessata dalla Convenzione”;

e che:

- “la rete logistica già presente sul territorio sarà sollecitata prevalentemente durante la fase di start up della Convezione e in quella di acquisizione dei primi ODF. In tal senso, la diffusa presenza del R.T.I. sul territorio, consentirà di garantire tempi di risposta certi e rapidi nelle fasi iniziali della Convenzione”;

- “l’attuale dislocazione delle strutture del R.T.I. nel territorio interessato dalla Convenzione, dalla quale si può chiaramente evincere come già in questa fase lo stesso R.T.I. sia in grado di assicurare una valida copertura territoriale, che si rivelerà di importanza strategica per lo start up e la gestione dei primi ODF emessi dall’AC”.

Conclusivamente il raggruppamento ha dichiarato che “dall’analisi emerge che la presenza del R.T.I. sia già consistente su tutto il territorio regionale” ed ha inserito tra i punti di forza della propria offerta la “presenza attuale” delle sedi operativa sul territorio e la “presenza attuale di Magazzini/Depositi limitrofi”.

La terminologia utilizzata dal raggruppamento, così come le indicazioni fornite dalla lex specialis, non fanno riferimento alla nozione specifica di sede secondaria, alla quale invece è da ricondurre l’indicazione contenuta nella visura camerale.

Le dichiarazioni rese in sede di offerta, pertanto, non si pongono in contrasto con quanto emerge da detta visura, atteso che fanno riferimento a presidi territoriali della società, senza che sia necessario (al fine di integrare il requisito richiesto dalla lex specialis) che assurgano a sedi secondarie dell’impresa ai sensi degli artt. 2197 e 2299 c.c.

Né la falsità può essere accertata nel senso di rilevare che, in concreto, i punti di appoggio offerti in gara non sarebbero esistiti, così come sarebbe stato confermato nell’interrogatorio del 4 luglio 2020, laddove il signor M. avrebbe affermato che Ferco gli aveva proposto il subappalto del servizio di pulizie in quanto “loro (Ferco n.d.r.) non avevano neanche un magazzino in Sicilia, c’era tutto da fare”.

Tale dichiarazione, così come la mancata produzione di documentazione di prova, non è sufficiente per dire che l’intero raggruppamento non possedesse punti di appoggio sul territorio.

39. Con il nono motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo con il quale il Tar ha respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo n.-OMISSIS-, nella parte riguardante l’asserita mancata produzione, da parte del raggruppamento Ferco, della documentazione comprovante il possesso dei requisiti nel termine di dieci giorni decorrente dall’aggiudicazione definitiva.

39.1. Il motivo è infondato.

La censura proposta non determina l’illegittimità dell’aggiudicazione, atteso che, come ammesso dalla stessa appellante incidentale, l’irregolarità commessa (in tesi) dal raggruppamento Ferco si è verificata dopo l’intervenuta aggiudicazione (cioè l’approvazione della proposta di aggiudicazione), non potendo quindi riverberarsi sulla validità della medesima, e rilevando piuttosto sull’efficacia di detta aggiudicazione quale presupposto per la stipulazione del contratto (art. 32 comma 7 del d. lgs. n. 50 del 2016).

Del resto, che l’eventuale mancata attestazione del possesso dei requisiti non riverberi sulla validità dell’aggiudicazione è attestato anche dall’art. 23 del disciplinare, laddove prevede che “i concorrenti sono tenuti a comprovare il possesso dei requisiti dichiarati in sede di gara entro 10 giorni dalla comunicazione di aggiudicazione “definitiva” e, “in caso di mancata produzione dei documenti di comprova, il R.U.P. deve dichiarare decaduto il concorrente dall’aggiudicazione”.

Peraltro, da tale previsione si evince anche come la decadenza dall’aggiudicazione non si produca automaticamente in ragione del decorso dei dieci giorni, necessitando di un provvedimento del rup (che non risulta adottato dal medesimo).

Quanto sopra impedisce di accertare l’illegittimità dell’aggiudicazione in ragione del decorso del termine di dieci giorni, e ciò indipendentemente dalla fondatezza dell’assunto in punto di fatto.

40. Con il decimo motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo con il quale il Tar ha respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo n.-OMISSIS-, nella parte all’asserita mancata evidenziazione, da parte del raggruppamento Ferco, del costo orario offerto per il servizio di ausiliariato con riferimento al lotto 6, contestando altresì l’attribuzione, a tutti i concorrenti, del punteggio massimo di tre punti per tale voce di costo.

40.1. Il motivo è infondato.

L’art. 14.C del disciplinare, relativo al contenuto dell’offerta economica, stabilisce che:

- i concorrenti devono formulare l’offerta in ossequio a quanto riportato nel Modello di Offerta appositamente predisposto;

- i concorrenti devono compilare l’allegato C1 predisposto dalla P.A. o “una dichiarazione di equivalente contenuto che contenga tutti gli elementi essenziali di cui alle schede predisposte”;

- sono escluse le offerte che indicano i ribassi solo per alcuni e non per tutti i servizi.

Per il Lotto 6, la S.A. ha provveduto a predisporre e pubblicare sul portale di gara il modulo C.1 per la presentazione dell’offerta economica.

Detto modulo contiene nella prima parte lo spazio relativo al ribasso relativo al sevizio di ausiliariato, definendolo come “ribasso equivalente sull’importo annuale a base d’asta dei servizi di ausiliariato”.

Nel successivo riquadro relativo al servizio di ausiliariato non viene però indicato, diversamente che nei moduli riferiti agli altri lotti, indicato il minimo annuale richiesto, sicché risulta mancante il parametro dell’importo annuale rispetto al quale si chiede di indicare il ribasso (dato dal prodotto fra costo orario base e minimo impegno richiesto).

La circostanza è rilevante in quanto denota un contrasto interno al modulo predisposto che non può, in ragione del richiamato principio del favor partecipationis, essere interpretato a sfavore del partecipante.

Pertanto, laddove l’art. 14 del disciplinare di gara prescrive che i concorrenti devono formulare l’offerta in ossequio a quanto riportato nel modello di offerta appositamente predisposto, bisogna tenere conto che il modello relativo al lotto 6 non contiene un’intellegibile indicazione circa la compilazione della riga relativa al servizio di ausiliariato.

Né, a fronte di tale circostanza, il chiarimento reso sul punto è idoneo a giustificare l’esclusione del raggruppamento.

Con il chiarimento n. 13 è stato infatti specificato che “l’offerta relativa al servizio di ausiliariato deve essere formulata anche per il Lotto 6 tenendo a riferimento il parametro euro/ora appositamente indicato”, così integrando il modulo del dato mancante per la compilazione del medesimo.

Con il chiarimento n. 15 (pag. 44/45 doc. 8); alla richiesta “avendo constatato l’insussistenza di un monte ore minimo dei servizi di ausiliariato per il lotto 6, si chiede conferma che, limitatamente a tale lotto, non occorra indicare monte ore offerto e relativo costo orario nell’allegato C1”, è stato specificato che “la prospettazione è parzialmente errata. In particolare, per il lotto considerato, non occorre indicare alcun monte ore offerto mentre, per converso, è necessario indicare il costo orario nel relativo allegato C1”: mentre la risposta conferma quanto già esplicitato nel chiarimento n. 13, dal tenore della domanda si evince l’oscurità del modulo sul punto controverso.

Per orientamento consolidato i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante in ordine al contenuto del bando e degli atti allegati sono sì ammissibili, ma nei limiti in cui non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis, avendo i medesimi una mera funzione di illustrare le regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara, senza poter invece incidevi, modificando o integrando le condizioni di gara (Cos. St., sez. V, 17 gennaio 2018 n. 279).

L'ammissibilità dei chiarimenti va invece esclusa allorquando, mediante l'attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione del bando un significato ed un portata maggiore rispetto a quella che risulta dal testo, in quanto in tema di gare d'appalto le uniche fonti della procedura sono costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati: ne consegue che i chiarimenti auto-interpretativi della stazione appaltante non possono né modificarle, né integrarle, non assumendo dunque alcun carattere vincolante per la Commissione giudicatrice (Cons. St., sez. V, 23 settembre 2015, n. 4441). Dette fonti devono pertanto essere interpretate ed applicate per quello che oggettivamente prescrivono, senza che possano acquisire rilevanza atti interpretativi postumi della stazione appaltante (Cons. St., sez. V, 16 marzo 2021, n. 2260).

A ciò consegue che, “proprio in ragione della loro natura, deve escludersi che i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante - in quanto privi di contenuto innovativo e, dunque, insuscettibili di autonoma portata lesiva - siano direttamente ed autonomamente impugnabili in sede giurisdizionale” (Cons. St., sez. V, 16 marzo 2021, n. 2260).

Nel caso di specie la dedotta esclusione del raggruppamento Ferco troverebbe giustificazione proprio nei chiarimenti resi, tanto è vero che parte appellante incidentale ha sottolineato come detti chiarimenti non siano stati gravati, così rendendo evidente la rilevanza di quanto nei medesimi contenuto al fine di giustificare l’esclusione.

40.2. La censura non è quindi meritevole di accoglimento, laddove è volta all’esclusione del raggruppamento Ferco, mentre dal tenore della medesima non risulta riproposta la censura relativa all’attribuzione dei tre punti in merito al servizio di ausiliariato, atteso che il Tar ha affermato che la parte non avesse dimostrato adeguatamente la sussistenza del proprio interesse alla censura e nell’appello incidentale si evidenzia come detta dimostrazione non sia necessaria in ragione della finalità escludente della doglianza medesima.

41. Con l’undicesimo motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo con il quale il Tar ha in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto anche il secondo mezzo contenuto nei primi motivi aggiunti, con i quali Dussmann ha impugnato la nota 21 novembre 2019 n. 62841 e la nota 26 novembre 2019 n. 63874.

La censura dedotta in primo grado viene riproposta sottolineando l’illegittimità della nota n. 62841 del 2019 nella parte in cui qualifica gli aggiudicatari come “provvisori” (mentre non viene riproposto il profilo dell’illegittimità della nota n. 63874 del 2019, avente ad oggetto la stipulazione delle convenzioni per i lotti nn. 1, 2, 4 e 9, comunque infondato in ragione della scindibilità degli atti impugnati in relazione ai singoli lotti).

41.1. Il motivo è infondato.

E’ vero che la terminologia adottata dall’Amministrazione non è conforme alla disciplina recata dall’art. 32 del d. lgs. n. 50 del 2016, in quanto, da un lato, non è più utilizzata dal legislatore l’espressione “aggiudicazione provvisoria” (propria invece della disciplina previgente, di cui al d. lgs. n. 163 del 2006), sostituita dalla locuzione “proposta di aggiudicazione”, e, dall’altro lato, risulta già intervenuta l’aggiudicazione ai sensi dell’art. 32 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016, con decreto 9 ottobre 2019 n. 2393.

Nondimeno la nota impugnata non presenta profili di lesività in ragione dell’adozione del termine “aggiudicatari provvisori”, in quanto rappresenta come siano in corso le verifiche di cui all’art. 32 comma 7 del d. lgs. n. 50 del 2016, comunque da compiersi dopo l’intervenuta aggiudicazione (e risultando quindi indifferente, a tal fine, che detta aggiudicazione sia qualificata come provvisoria o definitiva).

Quanto invece all’intervenuta (in tesi) conclusione del procedimento di verifica dei requisiti per decorso del termine di 10 giorni si richiama quanto sopra illustrato sul punto.

42. Con il dodicesimo motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo con il quale il Tar ha respinto il terzo motivo dei ricorsi n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-, relativi ai lotti 7 e 10, con il quale Dussmann ha censurato l’illegittimità del verbale di gara n. 15 del 7 agosto 2019 nella parte in cui non ha sottoposto a verifica di congruità l’offerta di Euro & Promos, presentata senza prospettiva di conseguire alcun utile ed addirittura in perdita.

Parte appellante incidentale ha illustrato, in particolare, le ragioni che avrebbero dovuto indurre la stazione appaltante a sottoporre la candidata a verifica facoltativa di anomalia (sottostima dei costi di macchinari, attrezzature e sistemi di rilevante entità economica, dei costi della formazione dei dipendenti e di specifiche attrezzature).

42.1. Il motivo è infondato.

Ai sensi dell’art. 97 comma 6 del d. lgs. n. 50 del 2016 “la stazione appaltante può in ogni caso valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.

Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, l’Amministrazione dispone di una discrezionalità quanto mai ampia in ordine alla scelta se procedere a verifica facoltativa della congruità dell’offerta, il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto (Cons. St., sez. V, 25 maggio 2017, n. 2460). Ciò anche in ragione del relativo presupposto di legge, da individuare “in base ad elementi specifici”, a sua volta correlato ad una situazione indeterminata di sospetto di anomalia dell’offerta (che “appaia” anormalmente bassa).

La determinazione dell'amministrazione di procedere alla verifica di anomalia dell'offerta nei casi in cui ciò non sia espressamente previsto dalla norma è del tutto facoltativa e di natura spiccatamente discrezionale, non soggetta alla sindacabilità del giudice amministrativo se non per le ipotesi di manifesta illogicità ed irragionevolezza” (Cons. St., sez. V, 19 aprile 2021, n. 3172).

La discrezionalità amministrativa è in tal senso alquanto ampia, sia in ordine all’accertamento dei presupposti di attivazione del potere, sia in ordine all’esercizio del medesimo, da intendersi quale facoltà di sottoposizione dell’offerta a verifica di anomalia (oltre i casi di obbligatoria sottoposizione delle offerte a verifica di anomalia secondo le prescrizioni contenute nello stesso art. 97 del d. lgs. n. 50 del 2016). È a dire che, anche in presenza di elementi specifici, l’Amministrazione non è tenuta ad attivare detta facoltà, né di converso a motivare circa il mancato esercizio della medesima.

Sicché sono molto angusti i margini di sindacabilità della relativa decisione, in quanto, anche a ritenere sussistenti gli “elementi specifici”, rimane un margine di discrezionalità in ordine all’attivazione del relativo potere.

A fronte di ciò parte appellante incidentale ha ravvisato tre indicatori di incongruenza nell’offerta, riguardanti i costi dei macchinari, peraltro non supportati da specifici e circostanziati elementi peritali di supporto (non potendosi ravvisare tali connotati nella tabella dei costi depositata in giudizio), i costi di formazione del personale e lo specifico costo di un macchinario, senza peraltro che vi siano sufficienti elementi per ritenere che sia stata raggiunto quel principio di prova atto a attualizzare l’esercizio dei poteri istruttori officiosi da parte di questo Giudice, mancando una valutazione globale dell’offerta che, con il dovuto grado di perizia tecnica di cui è portatore un competitor operante nello stesso settore di mercato, sia idoneo a rappresentare la complessiva anomalia della medesima.

Invero, la natura non sanzionatoria della verifica di anomalia e la constatazione che essa non possa essere il veicolo di una caccia all’errore generalizzata diviene ancora più rilevante in sede di valutazione della legittimità della decisione (implicita, in quanto non formalizzata in atti) di non sottoporre l’offerta presentata da Euro & Promos a verifica facoltativa di anomalia.

Peraltro, anche a ritenere che siano ravvisabili nel caso di specie gli specifici elementi che supportano la decisione dell’amministrazione di sottoporre l’offerta a verifica di anomalia, residua alla stazione appaltante comunque la facoltà di scegliere se sottoporla o meno al giudizio di congruità.

La facoltà infatti si estrinseca nell’attualizzare il potere di sottoporre a verifica facoltativa in presenza dei presupposti di legge, ma nel non rendere doverosa l’attivazione del relativo potere. Sicché, se per esercitarlo è necessario che sussistano gli specifici elementi indicati nel comma 6 dell’art. 97 del d. lgs-. n. 50 del 2016, non è dato il contrario, nel senso che la presenza di quei presupposti non rende doverosa l’attività di controllo.

Invero la giurisprudenza relativa alla possibilità di vagliare le ipotesi di manifesta illogicità ed irragionevolezza si è formata con riferimento all’esercizio di detta facoltà (non al non esercizio, come nel caso di specie).

43. Con il tredicesimo motivo dell’appello incidentale viene dedotta l’erroneità della sentenza nel capo con il quale il Tar ha respinto ha respinto il motivo 3.II del ricorso n. -OMISSIS-, relativo al lotto 10, con il quale Dussmann ha censurato l’omessa verifica, da parte della stazione appaltante, del costo della manodopera indicato da Euro & Promos, in asserita violazione degli artt. 95 comma 10 e 97 comma 5 lett. d) del d. lgs. n. 50 del 2016.

In particolare, parte appellante incidentale ha sottolineato come l’art. 95 comma 1 del d. lgs. n. 50 del 2016 stabilisca che “le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’art. 97 c. 5 lett. d)”, “ossia che il costo del personale stimato non sia inferiore a quanto indicato nelle tabelle ministeriali redatte dal Ministero del Lavoro”.

Nel caso di specie non sarebbe stato verificato dalla stazione appaltante il rispetto di dette tabelle da parte di Euro & Promos.

43.1. Il motivo è infondato.

A fronte del (positivo) giudizio sull’attendibilità del costo della manodopera esposto da Euro & Promos, rinvenibile nell’intervenuta aggiudicazione a favore di detta società, incombe in capo a chi lo contesta l’onere di dimostrare l’irragionevolezza o erroneità del giudizio positivo, non essendo sufficiente allegare la mancata evidenza di tale valutazione, in quanto essa è implicita nel provvedimento conclusivo della procedura a evidenza pubblica, non essendo previsto uno specifico procedimento di verifica del rispetto di tali tabelle (se non nel subprocedimento di verifica dell’anomalia).

Tale onere è peraltro validamente assolto quando il ricorrente evidenzi vistose lacune giustificative da parte dell’aggiudicataria non adeguatamente considerate dalla stazione appaltante nell’esercizio del proprio potere tecnico-discrezionale (Cons. St., sez. V, 30 novembre 2020, n. 7554).

A fronte di ciò l’appellante incidentale si è limitata ad addurre un vizio procedurale, cioè la mancata verifica del rispetto delle tabelle ministeriali, che risulta irrilevante innanzitutto quanto all’oggetto dell’asserito vizio procedurale.

Invero, per giurisprudenza consolidata, “i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, sì che l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità e occorre, perché possa dubitarsi della congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale e sintetica, di suo espressione di un potere tecnico-discrezionale insindacabile, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità od irragionevolezza non renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 30 novembre 2020, n. 7554; V, 29 luglio 2019, n. 5353)” (Cons. St., sez. V, 21 giugno 2021, 4753).

44. In conclusione, gli appelli incidentali sono infondati (oltre che improcedibili).

45. Dussmann ha altresì riproposto i motivi non esaminati in primo grado. Fra di essi sono ricompresi i motivi (parzialmente subordinati) accolti a seguito dell’accoglimento dell’appello principale (aventi ad aggetto la condanna dell’Amministrazione ad accertare la sussistenza delle condizioni escludenti relative alla violazione del patto di integrità, e degli artt. 30, 56, 59 e 80 del d. lgs. n. 50 del 2016).

46. In primo luogo è stato riproposto il quarto motivo dei ricorsi introduttivi nn. -OMISSIS-e del corrispondente quinto motivo dei ricorsi introduttivi nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-, con cui è stato censurato il procedimento di verifica dell’anomalia per vizio di incompetenza: non sarebbe stato svolto dal rup.

46.1. Al riguardo si rileva innanzitutto che, in accoglimento del primo motivo dell’appello incidentale, Dussmann non risulta aver rinunciato al medesimo, nonostante quanto affermato dal Tar nella sentenza gravata.

Invero Dussmann ha piuttosto insistito per il suo accoglimento con memoria difensiva datata 23 marzo 2021.

Nella sentenza impugnata si legge che “la ricorrente, in tutti i ricorsi proposti, con memoria notificata in data 23 marzo 2021, ha rinunciato ai motivi 3.I e 3.II del ricorso principale introduttivo volti essenzialmente alla rinnovazione della gara in ragione dell’illegittima composizione della Commissione di gara” e “dell’illegittimità del procedimento di anomalia delle offerte per incompetenza della stessa commissione di gara”.

La pronuncia si rivela erronea nella parte in cui ricomprende nei motivi (rinunciati) 3.I e 3.II del ricorso introduttivo anche la tematica dell’incompetenza della stessa in punto di verifica di anomalia, dedotta invece con successivi motivi dei ricorsi introduttivi.

Ne deriva che il primo motivo dell’appello incidentale merita di essere accolto nei termini anzidetti, procedendo quindi allo scrutinio del motivo riproposto relativo all’incompetenza della commissione circa la verifica di anomalia.

46.2. Nel merito il mezzo è tuttavia infondato e va respinto.

Ai sensi dell'art. 121, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, al procedimento di verifica dell'anomalia è istituzionalmente preposto il rup, il quale, nelle procedure selettive da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ha la facoltà di scegliere, a seconda delle specifiche esigenze di approfondimento richieste dalla verifica, se procedere personalmente ovvero affidare le relative valutazioni alla Commissione giudicatrice (Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36).

Il sub-procedimento di anomalia è di competenza del Rup e non della commissione di gara, le cui incombenze si esauriscono con la "valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico" ex art. 77, d. lgs. n. 50 del 2016 (Cons. St., sez. V, 13 novembre 2019, n. 7805; id. 24 luglio 2017, n. 3646). Deve infatti confermarsi il principio (Cons. St., Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36; id., sez. V, 24 luglio 2017, n. 3646) secondo cui anche nella vigenza del d. lgs. n. 50 del 2016 il legislatore ha rimesso proprio al Rup ogni valutazione innanzitutto in ordine al soggetto cui affidare la verifica, non escludendo che, a seconda dei casi, possa ritenere sufficienti e adeguate le competenze degli uffici e organismi della stazione appaltante, o invece concludere nel senso della necessità di un nuovo coinvolgimento della commissione aggiudicatrice anche per la fase de qua” (Cons. St., sez. III, 5 giugno 2020, n. 3602)

Nel caso di specie la verifica di congruità delle offerte è stata compiuta, come da verbale 8 ottobre 2019, dalla commissione aggiudicatrice.

Non pone particolari problemi la circostanza che la verifica di congruità non sia stata compiuta dal solo rup.

Ai sensi dell’art. 31, comma 9 del d. lgs. n. 50 del 2016, infatti, la stazione appaltante può istituire una commissione a supporto del rup. Il par. 5.3 delle Linee Guida ANAC n. 3 prevedono, infatti, che, in caso di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo, la verifica di congruità delle offerte è rimessa direttamente al rup e se questi, in ragione della particolare complessità delle valutazioni o della specificità delle competenze richieste, debba o possa avvalersi della struttura di supporto istituita ai sensi dell’art. 31, comma 9, del Codice, o di commissione nominata ad hoc.

Non può sostenersi che il fatto che il rup non abbia proceduto direttamente alla verifica di anomalia (Cons. St., sez. V, 13 novembre 2019, n. 7805) e che ne abbia delegato la verifica in relazione ad una voce costituisca ex se un vizio di legittimità della procedura.

L'affidamento dell'incarico di verifica dell'anomalia non spoglia, infatti, il rup della relativa competenza atteso che questi deve fare proprie le conclusioni alle quali è pervenuto il delegato, ove le condivida (Cons. St., sez. III, 5 giungo 2020, n. 3602).

Nel caso all'esame del Collegio il procedimento di verifica è stato, infatti, gestito dal Rup, che ha richiesto l’intervento della commissione, e le valutazioni tecniche svolte da questa, sono state dal medesimo fatte proprie con l’approvazione della proposta di aggiudicazione di cui al decreto n. 2393 del 2019, dal medesimo sottoscritto.

Possono sul punto richiamarsi i principi più volte espressi dalla giurisprudenza secondo cui una cosa è il giudizio finale (valutazione) sull'anomalia dell'offerta, che spetta(va) effettivamente alla stazione appaltante e, per essa, al responsabile del procedimento, com'è effettivamente avvenuto, ed altra cosa è il procedimento di verifica dell'anomalia (che può snodarsi attraverso una serie articolata di fasi, comprensive anche di apprezzamenti e valutazioni tecniche in senso stretto, in relazione alle quali il responsabile del procedimento può procedere alla nomina di una commissione tecnica ovvero può avvalersi degli uffici tecnici dell'amministrazione), dando vita ad una fase istruttoria finalizzata alla formulazione del giudizio finale, con la conseguenza che può ritenersi sufficiente, ai fini della legittimità della valutazione di anomalia dell'offerta, che la stessa sia adottata dal responsabile del procedimento (Cons. St., sez. III, 30 agosto 2018, n. 5088).

47. L’accoglimento delle domande riproposte (in via subordinata), nei termini illustrati sopra, esime il Collegio dallo scrutinio delle domande, riproposte in via ulteriormente subordinata, rispetto al conseguimento dell’aggiudicazione, di annullamento integrale delle procedure di gara e di risarcimento per equivalente.

48. In conclusione, gli appelli principali devono essere accolti nei termini sopra indicati e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, debbono essere accolti, nei limiti di cui sopra, i motivi riproposti in sede di appello dalla ricorrente in primo grado.

Gli appelli incidentali sono improcedibili e comunque infondati.

49. La complessità e la particolarità giustificano la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

Un discorso a parte merita la questione delle sorti del contributo unificato.

L’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002 stabilisce che l'importo del contributo unificato nel processo amministrativo non può rimanere a carico della parte vittoriosa, ma è dovuto “in ogni caso dalla parte soccombente”.

Nel relativo processo, pertanto, la compensazione delle spese di giudizio non può riguardare anche il contributo unificato, costituendo quest’ultimo l’oggetto di un’obbligazione ex lege, che è sottratta alla potestà del Giudice con riferimento sia alla possibilità di disporne la compensazione, sia alla determinazione quantitativa del suo ammontare (Cons. St., sez. V, 25 maggio 2017 n. 2465).

Considerata la complessità del presente contenzioso occorre declinare specificamente quale sia il soggetto soccombente rispetto ad ogni atto soggetto al pagamento del contributo:

- il contributo per il ricorso introduttivo e i primi motivi aggiunti proposti al Tar è posto a carico di Dussmann in quanto soccombente;

- il contributo per i secondi motivi aggiunti proposti al Tar è posto a carico, per metà, della stazione appaltante e, per l’altra metà, di Euro & Promos, Ferco e PFE, in quanto, in seguito all’accoglimento degli appelli proposti da dette tre società, la domanda spiegata in primo grado da Dussmann è stata comunque accolta in parte, nei termini in cui è stata riproposta in appello;

- il contributo per gli appelli principali è posto a carico, per metà, della stazione appaltante e, per l’altra metà, di Dussmann in quanto soccombenti;

- il contributo per gli appelli incidentali è posto a carico di Dussmann in quanto soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, già riuniti:

- li accoglie nei termini di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, i motivi riproposti in sede di appello dalla ricorrente in primo grado mentre per la restante parte li respinge;

- dichiara improcedibili e comunque respinge gli appelli incidentali.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Il contributo unificato dei due gradi di giudizio è ripartito tra le parti come da motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dei signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore

Maria Immordino, Consigliere

Giovanni Ardizzone, Consigliere


[1] Inserito dall'art. 3, comma 7, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge  11 settembre 2020, n. 120.

[2] Cosi come modificato dal D.L. 31/05/2021, n. 77  (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 29 luglio 2021, n. 108.