Consiglio di Stato, sez. V, 14.12.2021 n. 8331

Elemento qualificante dei consorzi stabili è senz’altro la “comune struttura di impresa”, da intendersi quale “azienda consortile” utile ad eseguire in proprio, ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni affidate a mezzo del contratto (in questo senso si è espressa da ultimo anche l’Adunanza plenaria, 18 marzo 2021, n. 5, ma già in precedenza Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165; III, 16 aprile 2019, n. 2493, tutte rimarcando in questo modo la differenza con i consorzi ordinari).

A questo punto la questione della natura giuridica del consorzio partecipante alla procedura di gara è una questione di interpretazione degli atti negoziali, dell’atto istitutivo e dell’eventuale regolamento che ne disciplina il funzionamento: qualora dall’interpretazione delle clausole statutarie si giunga a dire il soggetto collettivo istituito dalle imprese conforme al tipo legale del consorzio stabile di cui al codice dei contratti pubblici, ne discenderanno tutti gli effetti che la legge prevede, ivi compreso quello di poter nominare una o più tra le proprie consorziate per l’esecuzione dell’appalto, quale che sia l’effettivo livello di attuazione in concreto delle previsioni statutarie

Dall’esame degli atti negoziali può evincersi, infatti, se le imprese abbiano voluto istituire un consorzio stabile, inteso come soggetto collettivo con causa mutualistica, e come abbiano realizzato la “comune struttura di impresa”, se dotando il consorzio di una azienda sua propria ovvero consentendogli di attingere alle (aziende) delle singole consorziate; se ciò è avvenuto, il consorzio esiste ed ha la natura di consorzio stabile, ciò di cui potrà dubitarsi è solamente della sua operatività e, ai fini che qui interessano, dell’idoneità a rendersi aggiudicatario dell’appalto, ma non certo a partecipare in tale forma alla procedura di gara.

Nel diritto amministrativo i numerosi istituti vengono spesso influenzati da norme comunitarie e da disposizioni previste dal codice civile.

Anche il settore degli appalti non sfugge a tale situazione che si può notare, peraltro, nella materia dei contratti pubblici.

La figura del consorzio stabile, prevista dall’articolo 45 del suddetto codice, rappresenta quel caratteristico operatore economico che, nel modus agendi, raccoglie in se stesso tutti gli aspetti sopra evidenziati

Elemento qualificante del richiamato istituto è la “comune struttura d’impresa”, espressamente disciplinata nel sopra indicato articolo 45.

La sentenza in argomento ha il merito di individuare in modo esauriente gli elementi che caratterizzano tale operatore economico. Infatti i giudici affermano, tra l’altro, che il consorzio stabile si può giovare dei requisiti e delle funzioni delle imprese consorziate, senza, peraltro, dover ricorrere alla procedura, spesso complessa, dell’avvalimento, di cui all’articolo 89 del d.lgs. 50/2016.

Pertanto l’istituto de quo è un soggetto giuridico autonomo che, staccato, come detto, dai vincoli sostanziali e procedurali concernenti il sopra indicato avvalimento, rappresenta una figura agile e snella. Infatti il consorzio stabile, in caso di difficoltà, può senza dubbio supplire alle carenze di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate tramite il ricorso al criterio, come è noto, del “cumulo alla rinfusa”.

A tal proposito si evidenzia come la Sezione compia un ulteriore importante passo. Infatti i giudici, proprio al fine di superare i dubbi in merito alla natura giuridica dei consorzi stabili, richiamano l’applicazione dei principi civilistici.

In particolare solo una rigorosa interpretazione degli atti negoziali, dell’atto istitutivo e dell’eventuale regolamento che disciplina il funzionamento dell’istituto in argomento consente allo stesso giudice di  individuare il regime giuridico che contraddistingue il consorzio stabile.

Dall’esame degli atti negoziali- precisa, a tal proposito, il supremo Consesso-  può evincersi, infatti, se le imprese abbiano voluto istituire un consorzio stabile, inteso come soggetto collettivo con causa mutualistica, e come abbiano realizzato la “comune struttura di impresa”, se dotando il consorzio di una azienda sua propria ovvero consentendogli di attingere alle (aziende) delle singole consorziate; se ciò è avvenuto, il consorzio esiste ed ha la natura di consorzio stabile, ciò di cui potrà dubitarsi è solamente della sua operatività e, ai fini che qui interessano, dell’idoneità a rendersi aggiudicatario dell’appalto, ma non certo a partecipare in tale forma alla procedura di gara.

In conclusione il Consiglio di Stato adotta, a favore della figura in esame, una ricostruzione prettamente sostanzialistica[1], cosi come disciplinata dal richiamato art.45, comma 2, lett. c) del codice degli appalti, che sia in grado, di conseguenza, di superare rigidi approcci formalistici come, ad es., l’assenza di indicazioni sulla natura dell’istituto nell’atto costituivo dello stesso o di formali manifestazioni di volontà delle imprese associate finalizzate alla costituzione del medesimo consorzio stabile.   

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 14/12/2021

N. 08331/2021REG.PROV.COLL.

N. 05823/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5823 del 2020, proposto da
Costruzioni Vevi s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Eugenio Carbone, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

Comune di Bonea, non costituito in giudizio;

nei confronti

A.I.C.O. - Aziende Innovative Costruzioni - Consorzio Stabile, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Diego Perifano, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 03003/2020, resa tra le parti;


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.I.C.O. - Aziende Innovative Costruzioni - Consorzio Stabile;

Visto il dispositivo di sentenza pubblicato il 5 novembre 2011, n. 7393;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Eugenio Carbone e Luigi Diego Perifano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. Con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 21 ottobre 2019 il Comune di Bonea indicava una procedura di gara, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dei “lavori di riammagliamento, miglioramento, adeguamento, riqualificazione e messa in sicurezza delle strade provinciali SP 129, SP 134 e SP 135 e delle relative strade di collegamento” per un importo a base d’asta di € 2.361.700,40 di cui € 12.567,28 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso.

1.1. Il disciplinare di gara prevedeva i seguenti criteri di valutazione dell’offerta tecnica: a) qualità e pregio tecnico; b) mitigazione ambientale; c) sicurezza e organizzazione del cantiere; d) elemento tempo; e) elemento prezzo.

Relativamente al criterio sub a) erano specificati tra gli altri i seguenti sub-criteri: a) sub-elemento A6: possesso di “certificazione di un sistema di gestione della qualità conforme alla norma UNI EN ISO 9001:2015, specifica per attività inerenti l’oggetto dell’appalto”, max 2 punti; b) sub-elemento B.2: possesso di “certificazione di un sistema di gestione ambientale conforme alla norma UNI EN ISO 14001/2015”, max punti 2; c) sub-elemento C.3: possesso di “certificazioni di un sistema di gestione per la salute e la sicurezza dei lavoratori conforme alla norma OHSAS 18001/2007 specifica per attività inerenti l’oggetto dell’appalto”, max 2 punti.

Era altresì precisato, al capo 4) punto b.5) del disciplinare: “sono ammesse offerte migliorative aggiuntive che, senza incidere sulla struttura e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o aspetti tecnici dell’opera, senza che le stesse modifichino il progetto da un punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, tali da richiedere ulteriori autorizzazioni o titoli abilitativi rispetto a quelli già presenti”, chiarendo alla lettera C che “non sono ammesse le offerte tecniche che, in relazione anche ad un solo elemento di valutazione: c1) esprimono o rappresentano soluzioni in relazione anche ad un solo elemento di valutazione: c1) esprimono o rappresentano soluzioni tra loro alternative, opzioni diverse, proposte condizionate o altre condizioni equivoche o caratterizzate da ambiguità che non ne consenta una valutazione univoca; C.2)prevedono soluzioni tecniche o prestazionali peggiorative rispetto a quanto previsto dalla documentazione a base di gara oppure incompatibili con quest'ultima; C.3)sono in contrasto con la normativa tecnica applicabile all'intervento oggetto della gara o a disposizioni legislative o regolamentari imperative o inderogabili; C.4) sono in contrasto con autorizzazioni, pareri o altri atti di assenso, comunque denominati, già espressi con atti pubblici o recepiti in questi, o con prescrizioni imposti negli stessi atti di assenso, oppure in contrasto con gli strumenti di pianificazione urbanistica, territoriale o paesaggistica o con altri vincoli inderogabili”.

1.2. All’esito delle operazioni di gara A.I.C.O. – Aziende innovative costruzioni – consorzio stabile (da questo momento, Consorzio AICO) risultava primo graduato con il punteggio di 66,317, seconda era Costruzioni Vevi s.r.l., con il punteggio di 62,505.

Con determina dirigenziale del 30 dicembre 2019, n. 162 l’appalto era aggiudicato definitivamente al Consorzio AICO.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania Costruzioni Vevi s.r.l. impugnava il provvedimento di aggiudicazione sulla base di cinque motivi.

Con il primo motivo sosteneva che la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere il Consorzio AICO per violazione dell’art. 45, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 e della lex specialis di gara, in quanto, ad onta di quel che aveva dichiarato nella domanda di partecipazione (e di quanto era dato leggere nell’atto costitutivo), non era un consorzio stabile mancando completamente il necessario requisito strutturale della “comune struttura di impresa”; a supporto la ricorrente evidenziava: la mancanza in dotazione di un proprio organico, l’esiguità del fondo consortile, la mancanza di una sede operativa e di uno stabilimento, la mancanza in dotazione di mezzi o attrezzature per lo svolgimento in via autonoma dell’attività di impresa.

Con il secondo motivo sosteneva che l’offerta della controinteressata sarebbe dovuta essere esclusa per contrasto con il disciplinare di gara nella parte in cui non consentiva la presentazione di offerte migliorative richiedenti ulteriori autorizzazioni o titoli abilitativi: il Consorzio AICO aveva offerto come opere aggiuntive la realizzazione di allacci alla fognatura esistente su via Fizzo per il convogliamento delle acque di ruscellamento delle piattaforme stradali delle vie Vignale e Fizzo, per la cui esecuzione, però, si sarebbe reso necessario il rilascio di apposita autorizzazione in base al regolamento approvato dalla Provincia di Benevento.

Con il quanto motivo – il terzo non viene riportato poiché rinunciato in appello – censurava l’omissione da parte della commissione di gara della “riparametrazione” dei punteggi delle offerte tecniche in violazione del disciplinare di gara che prevedeva l’attribuzione dei punteggi mediante il metodo aggregativo compensatore di cui all’allegato G del d.P.R. 207 del 2010 ossia attraverso la determinazione dei coefficienti, variabili tra zero ed uno, fissati dal disciplinare per ogni singolo elemento e/o sub-elemento, e successiva riparametrazione dell’offerta tecnica.

Con il quinto motivo lamentava che la commissione di gara aveva attribuito al Consorzio AICO il punteggio massimo per i sub-elementi A.6, B.2 e C.3 benché non fosse in possesso delle specifiche certificazioni di qualità rispetto all’attività oggetto dell’appalto.

2.1. Il giudice di primo grado, nella resistenza del solo Consorzio AICO, con sentenza della prima sezione, 10 luglio 2020, n. 3003, respingeva integralmente il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Il tribunale:

- respingeva il primo ricorso poiché riteneva che il Consorzio AICO fosse effettivamente un consorzio stabile ai sensi dell’art. 45, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, essendo presente la “comune struttura di impresa” come dimostrato dagli elementi indicati dalla controinteressata (presenza di sede legale a Roma e di sedi operative in altre due province; esistenza di rapporti di collaborazione con tecnici di diversa provenienza e competenza; capacità di operare su scala nazionale raggruppando 37 imprese; acquisita aggiudicazione di gare pubbliche complessivamente per oltre 11 milione di euro; titolarità di certificazioni di qualità), ma specialmente in considerazione delle disposizioni statutarie (sulla base delle quali va verificata in via preliminare l’effettiva natura giuridica di “stabilità”) dalle quali si poteva evincere la disponibilità giuridica dei mezzi e delle attrezzature necessarie allo svolgimento dell’attività produttiva, ovvero proprio l’esistenza di un’impresa, intesa come “complesso di rapporti giuridici che consentono all’imprenditore di attingere ai mezzi necessari e strumentali all’esercizio dell’impresa, nonché la capacità dell’imprenditore medesimo di organizzarli in modo da asservirli ad una nuova funzione produttiva, diversa da quella delle singole imprese consorziate, benché le stesse si offrano nel prestare effettivamente i mezzi”;

- riteneva infondato il secondo motivo in quanto dal controllo effettuato sugli elaborati grafici del progetto esecutivo e delle mappe catastali del Comune di Bonea era dato evincere che gli interventi migliorativi proposti dall’aggiudicatario rientravano esattamente all’interno dell’area di intervento delimitata dalla stazione appaltante e, comunque, per aver il bando stesso richiesto la previsione nell’offerta tecnica di un sistema preposto al corretto smaltimento delle acque piovane tramite utilizzo della condotta fognaria in essere; infine era proprio il Regolamento della Provincia di Benevento ad escludere che per la tipologia di opere da realizzare fosse necessaria apposita autorizzazione;

- quanto al quarto motivo, lo diceva infondato perché nel bando di gara non era stato espressamente previsto, come invece era necessario fosse (secondo le indicazioni del Consiglio di Stato nella sentenza 23 marzo 2018, n. 1845), il metodo di calcolo della riparametrazione e perché, in ogni caso, anche se si fosse proceduto alla riparametrazione l’esito della gara non sarebbe stato diverso, poiché il Consorzio AICO avrebbe comunque ottenuto l’aggiudicazione dell’appalto;

- infine, era detto corretto l’operato della commissione giudicatrice in punto di assegnazione del punteggio per il possesso delle certificazioni di qualità poiché queste ultime “attengono più propriamente al rispetto di una serie di norme, assurte a standard di riferimento internazionale, principalmente riferite alla componente gestionale dell’impresa ovvero ai suoi fattori organizzativi, a prescindere dalle dimensione e dallo specifico settore di attività”, onde rispetto ad esse non è conferente quella rigida corrispondenza tra tipologie di commesse, categorie e classifiche che è propria solo della SOA: il Consorzio AICO meritava, dunque, il punteggio assegnatogli poiché in possesso delle certificazioni idonee a comprovare i requisiti di valida organizzazione dell’attività di impresa non solo per la categoria indicata nei certificati, ma per l’insieme delle sue attività, comprese quelle in concreto oggetto dell’appalto.

3. Propone appello Costruzioni Vevi s.r.l.; si è costituito il Consorzio AICO; il Comune di Bonea è rimasto intimato.

3.1. Con ordinanza 26 aprile 2021, n. 3368 era dichiarata la nullità della notifica dell’atto di appello al Comune di Bonea e disposta la sua rinnovazione entro sessanta giorni dalla pubblicazione della stessa in quanto effettuata ad un indirizzo PEC presente nell’elenco IPA, ma non utilizzabile ai sensi dell’art. 16 – ter, comma 1 – ter d.l. n. 179 del 2012, aggiunto dall’art. 28, comma 1, lett. c) d.l. 16 giugno 2020, n. 76, tale essendo solo il primo dei diversi indirizzi indicati; con istanza del 27 aprile 2021, l’appellante ha chiesto la revoca della predetta ordinanza sostenendo di aver notificato l’atto di appello all’amministrazione comunale anche mediante servizio postale ai sensi della l. n. 53 del 1994; notifica andata a buon fine poiché l’atto risultava consegnato il 22 luglio 2020.

3.2. Alla camera di consiglio fissata per la decisione sull’istanza di revoca, la causa è stata rinviata per la decisione dell’istanza di revoca unitamente alla decisione sul merito della controversia.

All’udienza pubblica del 4 novembre 2021 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. E’ possibile prescindere dall’esame dell’istanza di revoca dell’ordinanza con la quale era ordinata la rinnovazione della notifica dell’appello al Comune di Bonea, e con essa dalla questione della rituale notifica dell’appello al Comune di Bonea, poiché i motivi di appello proposti sono infondati nel merito.

2. Con il primo motivo di appello Costruzioni Vevi s.r.l. lamenta “errore in iudicando: violazione art. 45 d.lgs. n. 50/2016. Violazione della lex specialis di gara. Travisamento delle risultanze processuali. Contraddittorietà. Carenza di motivazione”: a suo parere le circostanze allegate dal Consorzio controinteressato a comprova dell’esistenza dell’ “autonoma struttura di impresa” – requisito indispensabile per accedere alla qualificazione di consorzio stabile – sarebbero irrilevanti per dire il Consorzio astrattamente idoneo ad eseguire anche in proprio, e dunque senza l’ausilio delle strutture imprenditoriali delle ausiliarie, le prestazioni previste dal contratto, e, comunque, incapaci di contrastare i “gravi e superiori elementi di senso contrario”, già sottoposti al giudice di primo grado e che in questa sede puntualmente ripropone.

Alla luce di questi elementi, il Consorzio AICO parrebbe essere un soggetto che si limita alla mera assistenza amministrativa e tecnica alle imprese consorziate nella fase di acquisizione delle commesse, senza alcuna partecipazione alla fase di realizzazione dei lavori (come sarebbe dimostrato anche dalle attività pubblicizzate nel depliant descrittivo esibito dalla controinteressata alla costituzione in giudizio).

Da altro punto di vista, osserva che le disposizioni statutarie richiamate dal giudice di primo grado si limitano a descrivere l’attività consortile, senza contenere misure e/o strumenti giuridici idonei a costituire a vantaggio del Consorzio la dotazione di mezzi e attrezzature necessaria per l’esercizio dell’attività di impresa in via autonoma, e, per questo motivo, non si potrebbe, per loro tramite, affermare che il Consorzio abbia la disponibilità “in senso giuridico” dei mezzi e delle attrezzature necessarie allo svolgimento dell’attività produttiva.

La conclusione alla quale giunge l’appellante è che il Consorzio AICO costituisca una “scatola vuota”, priva di autonoma struttura di impresa e di propri requisiti, che si giova del “cumulo alla rinfusa” dei requisiti posseduti dalle consorziate per acquisire commesse relative a categorie e classifiche di gran lunga superiori a quelle cui potrebbe aspirare con i requisiti posseduti e senza far ricorso ai ben più gravosi istituti dell’avvalimento o del raggruppamento temporaneo di imprese.

2.1. Il motivo è infondato.

2.1.1. L'art. 45 (Operatori economici), comma 2, lett. c), D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 afferma: "Rientrano nella definizione di operatori economici i seguenti soggetti: ... c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell'art. 2615 ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro. I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa".

Per la giurisprudenza, il consorzio stabile è un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base a uno stabile rapporto organico con le imprese associate, il quale si può giovare, senza necessità di ricorrere all'avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del "cumulo alla rinfusa" (cfr. Cons. Stato, V, 2 febbraio 2021, n. 964; 11 dicembre 2020, n. 7943; VI, 13 ottobre 2020, n. 6165; III, 22 febbraio 2018, n. 1112; V, 22 gennaio 2015, n. 244; III, 4 marzo 2014, n. 1030).

Il consorzio è il solo soggetto che domanda di essere ammesso alla procedura e va a stipulare il contratto con l'amministrazione in nome proprio, anche se per conto delle consorziate cui affida i lavori; è il consorzio ad essere responsabile dell'esecuzione delle prestazioni anche quando per la loro esecuzione si avvale delle imprese consorziate (le quali comunque rispondono solidalmente al consorzio per l'esecuzione ai sensi dell'art. 94, comma 1, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e art. 48, comma 2, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50).

2.1.2. Elemento qualificante dei consorzi stabili è senz’altro la “comune struttura di impresa”, da intendersi quale “azienda consortile” utile ad eseguire in proprio, ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni affidate a mezzo del contratto (in questo senso si è espressa da ultimo anche l’Adunanza plenaria, 18 marzo 2021, n. 5, ma già in precedenza Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165; III, 16 aprile 2019, n. 2493, tutte rimarcando in questo modo la differenza con i consorzi ordinari).

L’azienda consortile consegue per duplice via: mediante la creazione ex novo di una struttura aziendale con l’assunzione in capo al consorzio di proprio personale unitamente all’acquisizione di propri macchinari, attrezzature e strumenti, con i quali, al pari delle imprese consorziate, dotarsi di capacità tecnico – professionali idonee ad eseguire commesse pubbliche, ma anche – rientrandovi nei limiti consentiti dalla nozione civilistica di “azienda” quale “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” – acquisendo la sola disponibilità giuridica di personale e mezzi che, al momento opportuno, il managment consortile possa organizzare per procedere all’esecuzione diretta del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. III, 16 aprile 2019, n. 2493 cui si deve l’ulteriore specificazione per cui la disponibilità giuridica consiste in “un complesso di rapporti giuridici che consentono all’imprenditore di disporre di mezzi necessari all’esercizio dell’impresa” e la costituzione dell’azienda dipende da “la capacità giuridica dell’imprenditore medesimo di asservirli ad una nuova funzione produttiva, diversa da quelle delle imprese da cui quei mezzi siano eventualmente “prestati””).

In quest’ultimo caso, in definitiva, il consorzio potrà attingere dalle singole consorziate il personale, i mezzi e le attrezzature, ma anche, eventualmente, le risorse finanziarie, che, organizzate in maniera originale, consentiranno l’esecuzione diretta del contratto (le ragioni che inducono a considerare valida anche questa seconda forma organizzativa sono esposte da Cons. Stato, sez. III, 13 ottobre 2020, n. 6165 secondo cui che l’alterità soggettiva che caratterizza il consorzio rispetto alle consorziate non può essere spinta fino al punto di imporre la nascita di un soggetto che sia integralmente slegato dalle imprese; se è vero, infatti, che la funzione del consorzio è quella di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese alle procedure di gara cui non avrebbero potuto partecipare con i soli propri requisiti, al tempo stesso beneficiando di un rapporto mediato tra l’amministrazione e la consorziata data dal consorzio e dalla struttura consortile, la creazione di un consorzio stabile non può condurre alla nascita di un’impresa che sia necessariamente portata all’esecuzione in proprio del contratto, poiché ciò rendere inutile la previsione dell’istituto stesso del consorzio stabile).

2.1.3. Si è così tracciato, alla luce delle indicazioni giurisprudenziali, il tipo legale del consorzio stabile.

A questo punto la questione della natura giuridica del consorzio partecipante alla procedura di gara è una questione di interpretazione degli atti negoziali, dell’atto istitutivo e dell’eventuale regolamento che ne disciplina il funzionamento: qualora dall’interpretazione delle clausole statutarie si giunga a dire il soggetto collettivo istituito dalle imprese conforme al tipo legale del consorzio stabile di cui al codice dei contratti pubblici, ne discenderanno tutti gli effetti che la legge prevede, ivi compreso quello di poter nominare una o più tra le proprie consorziate per l’esecuzione dell’appalto, quale che sia l’effettivo livello di attuazione in concreto delle previsioni statutarie

Dall’esame degli atti negoziali può evincersi, infatti, se le imprese abbiano voluto istituire un consorzio stabile, inteso come soggetto collettivo con causa mutualistica, e come abbiano realizzato la “comune struttura di impresa”, se dotando il consorzio di una azienda sua propria ovvero consentendogli di attingere alle (aziende) delle singole consorziate; se ciò è avvenuto, il consorzio esiste ed ha la natura di consorzio stabile, ciò di cui potrà dubitarsi è solamente della sua operatività e, ai fini che qui interessano, dell’idoneità a rendersi aggiudicatario dell’appalto, ma non certo a partecipare in tale forma alla procedura di gara.

2.1.4. Dall’esame delle clausole dell’atto costitutivo del Consorzio AICO risulta la volontà delle imprese di dar vita ad un consorzio stabile dotato di una propria azienda; in premessa (pag. 2) si afferma che: “…le società come sopra rappresentate, intendono costituire un consorzio stabile, regolato ai sensi del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50, art. 45, comma 2, lett. c) sotto forma di società consortile a responsabilità limitata ai sensi degli artt. 2615-ter e 2462 e ss. del codice civile ed a tal fine, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, hanno stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei lavori pubblici per un periodo non inferiore a quello previsto dal citato articolo 45, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.

Le ulteriori clausole dell’atto istitutivo citate dal giudice di primo grado dimostrano che le società contraenti hanno voluto consentire all’istituendo consorzio di dotarsi di una propria azienda (in particolare, lo si ricava dall’ art. 4 che al n. 5 prevede che la società provvede “alla predisposizione di mezzi e strutture organizzative per l’erogazione di servizi tecnico-economici, amministrativi, legali e di ingegneria alle imprese socie, siano essi rivolti all’esterno od agli stessi soci”, al n. 7) che essa si impegna a “costruire, acquistare, vendere, ampliare, sistemare e prendere in affitto immobili, affittarli a terzi o soci, comprare immobili, sia in proprio che per conto delle imprese socie” come pure (n. 9) “all’approvvigionamento, diretto od in convenzione, di macchine, macchinari, attrezzature, prodotti materiali per sé o per le imprese associate” nonché (n. 12) “a gestire in comune fasi organizzative e progettuali anche a carattere tecnico”, “a promuovere convenzioni o formule di acquisto, che consentano ai soci consorziati o alle imprese consociate, anche provvedendovi in modo diretto, il reperimento di tecnologie, attrezzature, prodotti, macchinari e quant’altro occorra a prezzi e condizioni vantaggiose” (n. 14), “ad istituire centri di elaborazione dati (..) al fine di consentire la gestione unitaria degli adempimenti amministrativi delle imprese socie e consociate” (n. 15).

2.1.5. Come anticipato, constatata la conformità del soggetto collettivo istituito Consorzio AICO al tipo legale del consorzio stabile, è consentito allo stesso di partecipare in tale forma alle procedure di gara indette dalle pubbliche amministrazioni ed ogni altra questione, ivi compresa quella della concreta esistenza dell’azienda consortile, attiene al possesso (o meno) dei requisiti tecnico – professionali di qualificazione richiesti per la specifica procedura di gara.

Nella vicenda de qua, in ogni caso, è stato accertato dal giudice di primo grado, con argomentazioni non adeguatamente contrastate dall’appellante, che il Consorzio AICO ha concretamente impiantato un complesso produttivo per l’esecuzione in proprio delle prestazioni affidate (oltre alla sede legale, è stata dimostrata la presenza di due sedi operative, nonché la collaborazione con diversi professionisti de settore delle opere pubbliche, di aver sopportato costi per il funzionamento della struttura, come pure il possesso di diverse certificazioni - UNI ISO 37001:2016 per la prevenzione della corruzione, UNI CEI EN ISO 5000:2001, le quali presuppongono l’esistenza di un’organizzazione aziendale che sia stata validata dagli enti certificatori).

È lo stessa appellante, inoltre, nel proprio appello (come già in primo grado) a precisare di non voler, con la censura proposta, contestare il possesso in capo alla controinteressata dei requisiti di qualificazione richiesti dalla disciplina di gara (né, invero, giunge a dire che il Consorzio non avrebbe potuto giovarsi del “cumulo alla rinfusa” per poter fornire la dimostrazione degli stessi), ma solo la sua natura giuridica; risolta, allora, nel senso in precedenza indicato la questione della natura giuridica non altro vale a contrastare la partecipazione del Consorzio AICO alla procedura di gara.

2.2. In conclusione, il motivo di appello va respinto e la sentenza confermata sia pure con la precisazione che si ricava dalle pregresse considerazioni per cui le clausole dell’atto costitutivo vanno interpretate non nel senso del riconoscimento all’istituendo consorzio della disponibilità giuridica del personale e dei mezzi delle consorziate, ma come capacità di predisporre la propria azienda; cosa che, in effetti, risulta concretamente avvenuto.

3. Con il secondo motivo di appello Costruzioni Vevi s.r.l. lamenta “Errore in iudicando: violazione art. 45 d.lgs. n. 50/2016. Violazione della lex specialis di gara. Travisamento delle risultanze processuali. Contraddittorietà. Carenza di motivazione”: ribadisce, anche in questa sede, che l’offerta tecnica della controinteressata andava esclusa per aver previsto opere migliorative (due collegamenti con relativi allacci alla fognatura esistente alla via Fizzo) la cui realizzazione avrebbe richiesto il rilascio di autorizzazioni da parte degli enti proprietari della rete fognaria di destinazione e, segnatamente, da parte del Comune di Rotondi; l’altrui proprietà, precisa nuovamente, era stata adeguatamente dimostrata con la nota del Responsabile UTC del Comune di Bonea che il giudice di primo grado aveva ingiustamente ritenuto non credibile per le modalità con le quali era stata confezionata (da soggetto estraneo alla commissione e a gara definitivamente aggiudicata), senza rendersi conto che il suo unico scopo era quello di certificare, con la fede privilegiata proveniente dal pubblico ufficiale, che la condotta fognaria era in capo ad ente diverso da quello che aveva approvato il progetto esecutivo e indetto la procedura di gara.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.1.1. A detta dell’appellante l’offerta del Consorzio andava esclusa dalla procedura di gara perché l’opera migliorativa proposta necessitava di un provvedimento autorizzativo per la sua realizzazione; la necessaria acquisizione di un provvedimento autorizzativo per la realizzazione dell’opera sarebbe conseguenza dell’appartenenza della rete fognaria di destinazione ad altro ente, il Comune di Rotondi.

Senonché, nel predetto ragionamento vi è un salto logico: nulla prova che l’altrui proprietà della rete fognaria comporti per necessità logica l’acquisizione del titolo abilitativo per l’esecuzione dell’opera; ed anzi il giudice di primo grado lo ha espressamente escluso affermando che sulla base del Regolamento della Provincia di Benevento non era richiesto il rilascio di specifica autorizzazione allo scarico per lo smaltimento delle acque pluviali nella condotta fognaria.

Il passaggio non è stato oggetto di specifica censura ed è, dunque, coperto dal giudicato con la conseguenza che, ammesso pure che la rete fognaria sia di proprietà di altro Comune, resta inoppugnabile che per poter convogliare in essa le acque che scorrono sulla superficie stradale non è richiesta alcuna autorizzazione.

Fatta acquiescenza a siffatta statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, l’appellante, infatti, avrebbe dovuto contestare il ragionamento di primo grado, allegando (e dimostrando) che oltre a quelle previste dal Regolamento provinciale (per lo scarico delle acque) l’intervento offerto avrebbe necessitato di altre autorizzazioni, ma ciò non è avvenuto, essendosi limitato ad affermare che era “intuibile” che per la cantierizzazione della miglioria non si sarebbe potuto prescindere dall’autorizzazione dell’Ente proprietario del recettore fognario.

L’argomentazione così svolta non sfugge, però, all’inammissibilità per genericità.

3.1.2. Ad ogni buon conto, il motivo di appello è anche infondato.

L’intervento migliorativo offerto dall’aggiudicatario non consiste nella creazione ex novo di un sistema fognario da innestare su altro sistema fognario esistente, per convogliare le acque su ricettori fognari collocati in altri Comuni, ma è solo diretto ad implementare o meglio organizzare il sistema fognario comunale, tra due strade, via Vignale e via Fizzo, che rientrano nel medesimo ambito di intervento considerato nel progetto esecutivo (tant’è che, come evidenziato dal giudice di primo grado, era lo stesso bando di gara a prevedere la possibilità di interventi migliorativi finalizzati al corretto smaltimento delle acque piovane mediante l’utilizzo dei ricettori esistenti, sub-criterio A3 ove “Soluzione tecnico migliorative volte ad incrementare lo smaltimento delle acque meteoriche provenienti dalla piattaforma stradale ed al loro convogliamento verso i ricettori esistenti”).

La conferma si ha dalla stessa nota dell’UTC del Comune di Bonea richiamata dall’appellante a supporto delle sue ragioni; il responsabile dell’area tecnica riconosce che le due reti fognarie, quelle del Comune di Bonea e quella del Comune di Rotondi sono già tra loro integrate (“la rete fognaria comunale attiva che segue la via Fizzo, si innesta nella rete fognaria di Rotondi (AV) sull’Appia e recapita al depuratore sito nel medesimo Comune”) e ravvisa un possibile elemento di criticità nell’appesantimento della rete fognaria con lo scarico di acque meteoriche; profilo, quest’ultimo, la cui valutazione era rimessa alla commissione giudicatrice e che, pertanto, esula dal perimetro della contestazione in esame.

In definitiva, allora, riconosciuta la struttura integrata dei sistemi fognari, tale per cui nessun intervento edilizio - urbanistico andava compiuto in altro ambito territoriale, ed esclusa la necessità di munirsi di autorizzazione allo scarico per quanto in precedenza esposto, la censura proposta dall’appellante è infondata poiché l’opera migliorativa proposta poteva realizzarsi senza la necessità di ottenere il rilascio di titoli abilitativi da altri enti.

4. Invertendo ora l’ordine dei motivi di appello, si procede all’esame dell’ultimo motivo di appello.

Costruzioni Vevi s.r.l. si duole che il giudice di primo grado abbia respinto il quinto motivo del ricorso e censura la sentenza per “Errore in iudicando: violazione della par condicio. Violazione della lex specialis di gara. Violazione del giusto procedimento. Eccesso di potere. Violazione dell’art. 97 Cost.”: ribadito che le certificazioni spese dall’aggiudicatario non erano state rilasciate per la “specifica attività oggetto dell’appalto” e, per questo motivo, non potevano essere premiate con il massimo punteggio, contesta al giudice di primo grado di non aver considerato che la norma di gara intendeva privilegiare la specificità degli aspetti gestionali del concorrente rispetto alla specifica natura delle opere da eseguire; il ragionamento svolto dal giudice di primo grado, invece, finisce con il neutralizzare la portata premiale della previsione del disciplinare di gara.

4.1. Il motivo è infondato.

4.1.1. Il disciplinare di gara prevedeva l’assegnazione di due punti per il possesso di una serie di certificazioni e, precisamente, al sub-criterio A.6 per il possesso di “Certificazioni di un sistema di gestione della Qualità conforme alla norma UNI EN ISO 9001:2015 specifica per attività inerenti l’oggetto dell’appalto”, al sub-criterio B.2 per il possesso di “Certificazioni di un sistema di gestione Ambientale conforme alla norma UNI EN ISO 14001/2015” e, infine, al sub-criterio C.3 “Certificazioni di un sistema di gestione per la Salute e la Sicurezza dei lavoratori conforme alla norma OHSAS 18001/2007 specifica per attività inerenti l’oggetto dell’appalto”.

Come in precedenza esposto, la critica dell’appellante è che l’aggiudicatario fosse sì in possesso di siffatte certificazioni, ma non riferite specificatamente ad “attività inerenti l’oggetto dell’appalto” e per questo non meritevoli del punteggio premiale, o comunque del massimo punteggio.

Al riguardo occorre subito precisare che la censura va ristretta a due delle tre certificazioni poiché quella relativa al “sistema di gestione ambientale” (sub criterio B.2) non richiedeva la specifica inerenza con l’oggetto dell’appalto.

4.1.2. Quanto alle altre due certificazioni possedute dal consorzio aggiudicatario, esse soddisfano la richiesta del disciplinare di gara poiché le attività per le quali risultano essere state rilasciate – “la progettazione e la manutenzione di edifici civili ed il restauro di beni immobili sottoposti a tutela da parte dei soci assegnatari” – presentano quell’ inerenza con l’oggetto della procedura di gara - “lavori di riammagliamento, miglioramento, adeguamento, riqualificazione e messa in sicurezza delle strade provinciali” – in presenza della quale era consentito alla commissione giudicatrice l’assegnazione del punteggio premiale.

Secondo il significato proprio del termine utilizzato l’ “inerenza” descrive una relazione di tra due elementi per cui l’uno si possa dire secondo qualche profilo collegato o connesso all’altro; ebbene, le due attività, quella per la quale le certificazioni risultano rilasciate e quella oggetto dell’appalto, sono in relazione poiché entrambe consistono nell’esecuzione di attività edilizia e differiscono, ma solo in parte, per il riferimento oggettivo della stessa, gli edifici civili, in un caso, le strade pubbliche nell’altro.

4.1.3. Nello spazio valutativo che le era rimesso, la commissione giudicatrice ha, dunque, correttamente esercitato la sua discrezionalità tecnica, ragionevolmente ritenendo esistente una correlazione evidente – e non una incomparabile differenziazione – tra le attività; accogliere la censura proposta vorrebbe dire indebitamente sostituirsi al giudizio della commissione andando oltre gli spazi consentiti al sindacato del giudice amministrativo in relazione all’assegnazione del punteggio premiale in sede di gara (secondo orientamento assolutamente consolidato in giurisprudenza, cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2021, n. 5325; V, 3 giugno 2021, n. 4224; V, 25 marzo 2021, n. 2524).

4.1.4. Il ragionamento del giudice di primo grado supporta la conclusione raggiunta poiché costituisce una condivisibile elaborazione degli orientamenti giurisprudenziali in materia di certificazioni di qualità: è indubitabile, infatti, che le certificazioni attestano la conformità a talune regole riconosciute a livello internazionale come standard di qualità dell’organizzazione dell’azienda nel suo insieme quale che sia l’attività esercitata; esse, per così dire, attestano il possesso di un certo status aziendale, e valgono, dunque, quale che sia il livello di difficoltà o il valore delle prestazioni compiute, in ciò differenziandosi dalle attestazioni SOA, necessariamente correlate alla tipologia di attività esercitata.

4.2. La reiezione dell’ultimo motivo di appello rende inammissibile il terzo motivo di appello, relativo all’omesso compimento della riparametrazione, avendo l’appellante stesso precisato che avrebbe potuto conseguire la prima posizione in graduatoria con la riparametrazione solo se all’aggiudicatario fosse stato sottratto il punteggio riconosciuto per il possesso delle certificazioni di qualità.

5. In conclusione, l’appello va respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata.

6. La complessità delle questioni poste giustifica la compensazione tra le parti in causa delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti in causa le spese del giudizio

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore

Alberto Urso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere