Consiglio di Stato, Sez. IV, 22.10. 2021, n.7093
L’affidamento diretto ad una società in house è consentito, in particolare, a condizione che la società non sia terza rispetto all’ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio pubblico controllante e società vi è, infatti, una relazione interorganica e non intersoggettiva. E’ necessario che tale relazione intercorra tra soci affidanti e società, non anche tra la società e altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai quali la società sarebbe effettivamente terza (Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19).
La Sezione non ignora che Consiglio di Stato ha sottolineato come una partecipazione “pulviscolare” sia in principio inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi potenzialmente contrastanti.
Tuttavia, lo stesso Consiglio ha, al contempo, chiarito che i soci pubblici ben possono sopperire a detta debolezza stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro, in modo da assicurare il “loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della società partecipata” (cfr Cons. St., sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578).
Sempre più frequentemente gli appalti pubblici sono caratterizzati dal fatto che gli stessi possano essere affidati con l’applicazione della legge del mercato, nel rispetto del principio della tutela della concorrenza, o tramite l’assegnazione degli adempimenti ad organismi interni dell’amministrazione.
Nel corso degli anni giurisprudenza e dottrina si sono concentrate sulle suddette questioni; alcune volte legittimando il ricorso, da parte delle amministrazioni, alla selezione concorsuale; in altre occasioni servendosi, le medesime p.a., delle sopra indicate articolazioni interne. Tale utilizzo dei propri uffici è sempre motivato dalla p.a. in un’ottica di risparmio economico, sia dal punto di vista dei tempi di affidamento della prestazione, sia alla luce della facile individuazione dei requisiti necessari per il medesimo affidamento.
La sentenza in argomento merita particolare menzione in quanto la stessa esamina i rapporti intercorrenti, nella materia del servizio di gestione ambientale, tra l’ente locale interessato e la società in house affidataria del medesimo servizio.
Nello specifico il supremo Consesso evidenza il fievole legame esistente tra i due soggetti in quanto la presenza del comune nell’articolazione interna è definita dai giudici come partecipazione pulviscolare.
Per comprendere esattamente tale termine si fa ricorso alla definizione che l’enciclopedia Treccani fornisce relativamente al concetto di pulviscolo inteso come “l’insieme di sottilissime particelle che si trovano stabilmente in sospensione nell’atmosfera o che vengono a formarsi occasionalmente in determinati luoghi”.
L’attenzione dei magistrati si concentra proprio sulla definizione delle sottilissime particelle. In particolare, a parere del Collegio, il comune è presente nella società in modo estremamente infinitesimale, quasi impercettibile, come se tale ente possa in qualsiasi momento staccare il proprio cordone ombelicale con l’istituzione locale.
Peraltro, nel caso in questione, i componenti della società, proprio in quanto legati all’amministrazione madre da un sottilissimo filo, potrebbero non rispettare quanto stabilito. Gli stessi, infatti, sarebbero in grado di realizzare risultati estremamente lontani dal soddisfacimento del primario interesse pubblico.
Per far fronte a tale potenziale inconveniente la Sezione individua la funzione svolta dall’istituto civilistico dei patti parasociali[1] . Tale strumento è in grado di permettere ai soci pubblici il compimento del controllo analogo congiunto sulle decisioni più importanti che la stessa società deve assumere.
In definitiva il ricordato carattere pulviscolare che contraddistingue la partecipazione dell’ente locale nell’organismo in house non è in grado di incidere in modo negativo sulla stessa configurazione di tale articolazione.
Naturalmente-conclude in tal senso il giudice di appello -l’investitura dell’ufficio interno potrà essere considerata legittima solo nel caso in cui tale ente sia legato all’amministrazione da una relazione interorganica e non intersoggettiva escludendo, in sostanza, la terzietà della stessa società.
[1] Sulla funzione dei patti parasociali in relazione al controllo sull’attività della società in house cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15 dicembre 2020, n. 8028.
LEGGI LA SENTENZA
Pubblicato il 22/10/2021
N. 07093/2021REG.PROV.COLL.
N. 03969/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3969 del 2021, proposto da
Servizi Comunali S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Aldo Coppetti, Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;
contro
Aprica S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Vivani, Elisabetta Sordini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Coccaglio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Bezzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) n. 00280/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Aprica S.p.A., Comune di Coccaglio e Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2021 il Consigliere Giuseppe Rotondo, uditi per le parti gli avvocati Aldo Coppetti e Claudio Vivani, vista l'istanza di passaggio in decisione depositata dall'avvocato Domenico Bezzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.La società “Servizi Comunali S.p.A.” - società ad intero capitale pubblico avente per oggetto la gestione di servizi pubblici degli enti locali soci, con particolare riguardo a quelli di raccolta dei rifiuti e di igiene urbana - chiede “l’annullamento e riforma” della sentenza, 23 marzo 2021, n. 280, con la quale il TAR Lombardia, Brescia, sez. I, ha accolto il ricorso proposto da “Aprica S.p.A.” avverso gli atti di “Affidamento del servizio di igiene ambientale” alla medesima società appellante (Servizi Comunali S.p.A. con sede in Sarnico) e, per l’effetto, annullato la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Coccaglio n. 40/2020, nella sola parte in cui dispone l’affidamento alla società Servizi Comunali S.p.A. del servizio di gestione ambientale, nonché dichiarata l’inefficacia della convenzione sottoscritta dal Comune di Coccaglio con la società Servizi Comunali S.p.A. in esecuzione degli atti annullati.
2. Il Comune di Coccaglie, con deliberazione della Giunta Comunale n. 132, del 22 ottobre 2020, ha approvato l’ “atto di indirizzo politico-amministrativo in ordine all’eventuale affidamento in house del servizio di igiene ambientale”; con deliberazione della Giunta Comunale n. 153, del 24 novembre 2020, ha approvato la relazione illustrativa delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti per la forma di affidamento prescelta (ex art. 34, comma 20, del d.l. 179/2012); con deliberazione del Consiglio Comunale n. 39, del 20 dicembre 2019, ha provveduto alla revisione straordinaria delle società partecipate; deliberazione del Consiglio Comunale di Coccaglio n. 40 dell’11 dicembre 2020, ha aderito alla società “Servizi Comunali S.p.A.”, con sede in Sarnico (BG), mediante sottoscrizione di azioni, approvato lo Statuto e affidato alla società medesima il servizio di igiene ambientale dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2030.
3. Tutti gli atti venivano impugnati dalla società APRICA s.p.a., unitamente, “per quanto occorrere possa”, della “delibera ANAC di iscrizione nell’elenco ex articolo 192 D.Lgs. n. 50/2016 dell’affidamento in house a Servizi Comunali S.p.A. e relativa domanda (n. 548 prot. n. 0020540 del 5 marzo 2018)”, nonché delle “eventuali domanda e conseguente delibera relative all’iscrizione del Comune di Coccaglio e alla variazione della relativa iscrizione all’Elenco ex articolo 192 D.lgs. n. 50/2016, a seguito dell’acquisizione della partecipazione da parte del Comune medesimo.
4. La ricorrente deduceva tre motivi di gravame, così compendiati.
4.1. Assenza del controllo analogo congiunto da parte del Comune di Coccaglio nei confronti di servizi comunali:
4.1.1. Violazione dell’art. 2, comma 1, lett. c) e d), del d. lgs. 175/2016 e dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. 50/2016; violazione degli artt. 5, 7, 8, 9 e 16 del d. lgs. 175/2016; violazione dell’art. 3 della l. 241/1990; eccesso di potere per erroneità ed assenza dei presupposti di diritto; carenza di istruttoria. erroneità e carenza di motivazione, violazione dell’art. 192 del d. lgs. 50/2016.
4.1.2. Censure.
a) Il controllo analogo congiunto, secondo l’Amministrazione comunale, sarebbe garantito dall’esistenza e dalla partecipazione della stessa al Comitato previsto dall’art. 9 dello Statuto, il cui funzionamento sarebbe disciplinato da un Regolamento che risulta allegato alla deliberazione di affidamento. Sennonché, detto Comitato non sarebbe un organo tipico del Libro V del codice civile, svolgerebbe una efficacia solo convenzionale sull’operatività della società, sarebbe in contrasto con la giurisprudenza comunitaria che ha da tempo ammesso che “il controllo analogo possa essere esercitato in forma congiunta (sentenza 13 novembre 2008 nella causa C-324/07 Coditel Brabant SA) solo attraverso appositi strumenti con cui i soci possono realizzare un’interferenza in maniera penetrante nella gestione della società”.
b) Difetterebbe l’esercizio “congiunto” dell’“influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata”, anche e soprattutto con riguardo al concreto svolgimento del servizio.
c) Il Comune di Coccaglio sarebbe titolare di una partecipazione infinitesimale, senza alcuna possibilità di interferire sulle modalità organizzative e gestionali del servizio decise dagli amministratori della società, né attraverso i poteri del Comitato né attraverso l’Organo amministrativo, nel quale non potrà avere un proprio rappresentante, e neppure attraverso i poteri dell’Assemblea, e non potrebbe incidere effettivamente neanche sulla nomina dell’organo amministrativo, in quanto la rosa dei candidati fra cui viene scelto detto organo viene votata a maggioranza numerica, senza alcun “correttivo” per la tutela delle minoranze.
d) Lo statuto di Servizi Comunali non prevedrebbe:
- in capo al Comitato, alcun potere realmente incisivo sulla gestione dei servizi e non contempla alcun rimedio né riconosce alcun potere di intervento al Comitato che non condivida gli atti assunti dal CdA; - in capo ai singoli soci, alcuna facoltà di impartire al Consiglio di Amministrazione, anche mediante i Comitati, direttive ed indirizzi relativamente alle decisioni sulla organizzazione e gestione del servizio affidato e che, in ogni caso, abbiano attinenza al proprio territorio di riferimento; - in capo ai singoli soci, alcuna facoltà di impedire con il proprio dissenso l’adozione dei predetti atti; - alcun quorum costitutivo o deliberativo rafforzato, ovverosia determinato in una percentuale del capitale sociale che sia sufficientemente elevata da permettere ai singoli piccoli azionisti di essere incisivi, almeno in forma associata ad un novero ragionevole di altri enti che ne condividano gli interessi; - alcuna modalità di esercizio del voto di nomina dell’organo amministrativo tale da garantire un’adeguata rappresentanza, anche a mezzo di candidati condivisi, a tutti i soci; ad esempio, mediante un meccanismo di voto di lista, simile a quello utilizzato nelle società quotate, o altra modalità, del tutto assenti.
e) Le esigue prerogative attribuite al Comitato dallo statuto di Servizi Comunali e la totale assenza di poteri riconosciuti ai soci (ed in particolare a quelli di minoranza) renderebbero, pertanto, inesistente il controllo analogo sulla società e sul proprio servizio da parte del Comune di Coccaglio.
Tutto ciò, in contrasto con quanto espressamente prescritto dall’art. 5, comma 5, lettera a), del D.Lgs. 50/2016.
4.2. Assenza dei presupposti per l’affidamento in house a servizi comunali.
4.2.1. Violazione ed errata applicazione dell’art. 34, comma 20, del d.l. 179/2012, convertito in l. 221/2012, dell’art. 192, comma 2, del d. lgs. 50/2016 nonché dell’art. 5 del d.lgs. 175/2016, eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione. carenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta e contraddittorietà.
4.2.2. Violazione ed errata applicazione dell’art. 34, comma 20, del d.l. 179/2012 convertito in l. 221/2012, nonché dell’art. 192, comma 2, del d. lgs. 50/2016, eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione. carenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà sotto altro profilo.
4.2.3. Censure.
a) l’affidamento in parola si fonderebbe su una istruttoria gravemente carente, in quanto non solo non sarebbero state vagliate con attenzione le condizioni del servizio ed economiche proposte dalla controinteressata, bensì non sarebbe stata neanche effettuata un’indagine di mercato né una comparazione con riferimenti realmente alternativi ed attuali, né sarebbe stato avviato un percorso istruttorio per dimostrato il “fallimento” del mercato; b) le condizioni economiche e gestionali proposte da Servizi Comunali sarebbero, in realtà, peggiorative rispetto a quelle finora praticate dal precedente gestore “La Bi.Co due” e, più in generale, a quelle che si potrebbero ottenere dal mercato, non solo sotto il profilo economico ma anche contrattuale; c) non sarebbe stata valutata la sostenibilità economica e finanziaria del modello in house, anche tenuto conto della necessità manifestata dal Comune di “prevedere: nuovi investimenti per l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale; la realizzazione di impianti innovativi finalizzati alla differenziazione spinta dei rifiuti riducendo le quantità destinate alla termovalorizzazione a favore del recupero delle materie prime seconde”.
4.3. Violazione dell’art. 5 del d. lgs. 175/2016 e dell’art. 3-bis
d.l. 138/2011, eccesso di potere per carenza di istruttoria e di
motivazione, carenza dei presupposti di fatto e di diritto.
4.3.1. l’Amministrazione, al fine di acquisire una partecipazione in una società pubblica, deve preventivamente valutare la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria di tale scelta. Nel caso di specie, l’evoluzione e la sostenibilità economico-finanziarie del servizio risulterebbero assolutamente incerte in quanto gli investimenti, non risultano “puntualmente previsti e valutati né nel Disciplinare, né in un piano economico-finanziario, che mancherebbe totalmente.
4.4. Sotto il profilo qualitativo, l’offerta di Servizi Comunali presenterebbe profili di inadeguatezza rispetto alle condizioni che si possono ottenere mediante gara, in quanto:
- “non sono previsti obiettivi di miglioramento continuo del servizio con impegni vincolanti per il gestore, come avviene solitamente negli appalti”;
- “non è previsto che Servizi Comunali utilizzi mezzi ed attrezzature efficienti sotto il profilo ambientale: al riguardo, si evidenzia che la deliberazione n. 40/2020 valorizza la necessità di effettuare nuovi investimenti per l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale e di realizzare impianti innovativi finalizzati alla differenziazione spinta dei rifiuti: tuttavia, tali obiettivi non trovano alcun riscontro nel Disciplinare”;
- “non è previsto che Servizi Comunali rispetti i CAM del settore, che invece sarebbero obbligatori per gli operatori economici, inclusi gli in house provider, come “reso evidente dal disposto dell’art. 34 del D. Lgs. 50/2016”; a “ritenere diversamente, si prospetterebbe una disparità di trattamento del tutto ingiustificata fra affidamenti ad operatori privati e pubblici di mercato e invece operatori in house con un grave travisamento delle finalità ambientali e di sviluppo sostenibile di cui i CAM costituiscono indefettibile strumento, con conseguente grave dubbio di illegittimità costituzionale dell’art. 34 medesimo, in relazione al quale si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale, e di violazione del diritto euro-unitario”;
- non è prevista l’applicazione di clausole sociali a carico di Servizi Comunali: anche in questo caso, se si dovesse interpretare la normativa vigente nel senso di non ritenere gli in house provider tenuti al rispetto di tali clausole, si prospetterebbe una disparità di trattamento del tutto ingiustificata fra affidamenti ad operatori, con conseguente grave dubbio di illegittimità costituzionale dell’art. 50 D.Lgs. 50/16 (ove fosse limitabile la sua efficacia) e dell’art. 19 comma 2 D.Lgs. 175/16 (ove dovesse impedire l’applicazione dell’art. 50), in relazione ai quali si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale”.
4.5. L’offerta di Servizi Comunali sarebbe, pertanto, caratterizzata da una forte aleatorietà ed incertezza a danno dell’Amministrazione e tutte le asserite ragioni di convenienza, sia economica che sotto il profilo della flessibilità e del controllo dell’attività gestionale del servizio da parte del Comune, non troverebbero riscontro nella realtà.
5.Si costituivano in giudizio il Comune di Coccaglio, l’ANAC e la società Servizi Comunali S.p.A. chiedendo la reiezione del ricorso.
6. L’ANAC eccepiva, altresì, l’inammissibilità del ricorso proposto avverso la propria deliberazione di iscrizione del Comune di Coccaglio all’elenco di cui all’articolo 192 D.Lgs. n. 50/2016, stante la sua (asserita) natura non provvedimentale.
7. La controinteressata eccepiva altrettanta inammissibilità del ricorso, in relazione sia alla deliberazione di “mero indirizzo” della Giunta comunale di Coccaglio n. 132/2020, sia al terzo motivo di ricorso per ritenuta genericità.
8. Il T.a.r., con l’impugnata sentenza n. 280 del 23 marzo 2021, riteneva:
- infondata l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione della deliberazione giuntale n. 132/2020 e della deliberazione ANAC n. 884/2019, qualificando tali atti endoprocedimentali (o autonomi nel caso della delibera ANAC);
- infondata l’eccezione di inammissibilità per genericità del terzo motivo di ricorso, dichiarandolo comunque inammissibile per carenza di interesse;
- fondato il primo motivo, limitatamente alla ravvisata insussistenza del potere di influire in maniera determinante sugli obiettivi strategici della società in house, esclusa la fondatezza della doglianza riguardo alla nomina degli organi decisionali della società in house;
- fondato il secondo motivo, rilevando che il Comune avrebbe fallito l’onere motivazionale imposto ex art. 192, c. 2, d. lgs. n. 50/2016, non avendo dimostrato né il fallimento del mercato rilevante, né l’esistenza di benefici per la collettività derivanti dall’affidamento in house, sia per non essere stata svolta “una indagine di mercato sugli operatori condotta facendo riferimento a contesti paragonabili”, sia perché non sarebbero state dimostrate condizioni economiche migliori rispetto a quelle ritraibili dal mercato;
- infondata la domanda di declaratoria di inefficacia dell’atto di acquisto delle azioni, ex articolo 8, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016, non essendo stata annullata la deliberazione consiliare n. 40/2020 nella parte in cui autorizza detto acquisto;
per l’effetto,
-annullava la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Coccaglio n. 40/2020, nella sola parte in cui dispone l’affidamento alla società Servizi Comunali S.p.A. del servizio di gestione ambientale, e gli atti presupposti in epigrafe indicati;
-dichiarava l’inefficacia della convenzione sottoscritta dal Comune di Coccaglio con la società Servizi Comunali S.p.A. in esecuzione degli atti annullati.
9. Appella la società Servizi Comunali, che articola 3 autonomi, complessi mezzi con cui contesta tutti i capi sfavorevoli della sentenza.
9.1. Come seguono i motivi di doglianza.
a). Erroneità della sentenza impugnata quanto alla reiezione dell’eccezione di irricevibilità ed inammissibilità del ricorso avverso la deliberazione della Giunta comunale n. 132/2020 e la deliberazione ANAC n. 884 del 25 settembre 2019. Error in judicando e contraddittorietà.
aa) Erroneamente il Tar non ha accolto l’eccezione di inammissibilità e irricevibilità: quanto alla deliberazione della Giunta n. 132/2020, l’impugnazione sarebbe tardiva e, comunque, inammissibile per carenza di interesse ad agire nei confronti di entrambi gli atti indicati in rubrica: delle due l’una: o si tratta di atto lesivo e allora essa doveva essere gravata nel termine ex art. 120 c.p.a. con conseguente irricevibilità del ricorso, oppure si tratta di atto ex se privo di lesività ed allora il ricorso è, in parte qua, inammissibile per carenza di interesse; quanto alla delibera ANAC, n. 884 del 25 settembre 2019, si tratterebbe di atto del tutto avulso dall’affidamento impugnato, posto che, al momento dell’adozione di tale atto, il Comune di Coccaglio non era nemmeno socio di Servizi Comunali.
b) Error in procedendo ed error in iudicando quanto all’accoglimento del primo motivo di ricorso avversario (“Assenza del controllo analogo congiunto da parte del Comune di Coccaglio nei confronti di Servizi Comunali.
bb) Erroneamente il TAR Brescia ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso sul presupposto che il Comune non avrebbe il potere “di influire in maniera determinante sugli obiettivi strategici della società partecipata”, con ciò incorrendo nel mal governo delle norme indicate in rubrica e dei principi enucleati dalla giurisprudenza amministrativa e comunitaria.
c) Error in procedendo ed error in iudicando quanto all’accoglimento del secondo motivo di ricorso avversario (assenza dei presupposti per l’affidamento in house a Servizi Comunali).
cc) Erroneamente il Tar ha ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso, sul presupposto che il Comune avrebbe fallito l’onere motivazionale imposto ex art. 192, c. 2, d.lgs. n. 50/2016, per non aver dimostrato né il “fallimento del mercato”, né l’esistenza di benefici per la collettività derivanti dall’affidamento in house. Il giudice di primo grado non avrebbe fatto buon governo dei principi inerenti l’assolvimento dell’onere motivazionale ex art. 192, c. 2, d.lgs. n. 50/2016, sia perché, incorrendo “in palesi errori di fatto e vizi logici” avrebbe trascurato l’approfondita disamina comparativa sulla congruità economica ed economicità dell’offerta di Servizi Comunali esposta in dettaglio nella relazione, eccedendo i limiti propri del sindacato giurisdizionale sulle decisioni discrezionali della p.a., quale è la scelta del modulo organizzativo dei servizi pubblici.
10. Si sono costituiti ANAC, Aprica s.p.a., Comune di Coccaglio.
11. La controinteressata Aprica s.p.a. (ricorrente in primo grado) ripropone le domande non esaminate dal giudice in primo grado ai sensi dell’art. 101, comma 2, cpa., segnatamente quelle inerenti la “mancata previsione dei CAM”, la “mancata previsione della clausola sociale” e relative questioni di costituzionalità ed eurounitarie.
12. Le parti hanno depositato memorie difensive, conclusive e di replica.
13. All’udienza del 23 settembre 2021, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
14. Il contenzioso verte sull’affidamento “in house” alla società Servizi Comunali S.p.A. del servizio di gestione ambientale del Comune di Coccogno.
15. Il Tar ha ritenuto illegittimo l’affidamento (rectius, la scelta del sistema “in house”) perché risulterebbe impedito all’Ente locale di avere rappresentanti nel C.d.A. della società, di incidere in maniera penetrante sull’attività dello stesso C.d.A., di incidere, sia in senso positivo che attraverso poteri inibitori, sulla gestione e organizzazione del proprio servizio; nonché, perché il Comune non avrebbe dimostrato né il fallimento del ricorso al mercato rilevante, né l’esistenza di benefici per la collettività derivanti dalla scelta effettuata.
16. L’appello, proposto dalla Servizi Comunale s.p.a. (affidataria “in house”), è fondato.
17. La fondatezza consente di prescindere dalle eccezioni di inammissibilità e irricevibilità proposte nel ricorso di primo grado, riprese in appello sub primo motivo di gravame (sopra punto 9.1.aa).
18. Il Collegio ritiene che, nei limiti in cui è consentito il sindacato esogeno sulla discrezionalità tecnica esercitata dall’Amministrazione. con gli avversati atti (segnatamente, la deliberazione n. 40/2020 e la Relazione) sia stata sufficientemente motivata, alla stregua della ampia istruttoria e motivazione posta a corredo della scelta di ricorrere all’in house ed alle soluzioni societarie per garantire il controllo analogo, la scelta di fare ricorso a tale forma di gestione avuto riguardo alla congruità dell’offerta ricevuta, sostenibilità finanziaria, convenienza economica, qualità ed efficienza del servizio nonché delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici alla collettività.
19. Il Tar ha ritenuto fondata la censura relativa alla insussistenza del potere del Comune di influire in maniera determinante sugli obiettivi strategici della società partecipata.
19.1. Il giudice di primo grado, dopo avere ricordato che il “controllo analogo consiste «in una forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma al socio pubblico controllante che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni» (così C.d.S., Sez. V, sentenza n. 6460/2020)”, muovendo dall’esame dell’articolo 9, comma 4, dello Statuto della società Servizi Comunali S.p.A., ha ravvisato “sia l’assenza nel caso in esame di un potere del Comitato Unitario per il controllo analogo di vincolare l’organo amministrativo alle proprie decisioni inerenti le scelte strategiche principali, sia l’assenza di un potere del singolo Comune affidante di opporsi alle decisioni del Consiglio d’Amministrazione che abbiano immediate ricadute sul proprio territorio”.
19.2. L’appellante ha censurato la sentenza sotto un primo ordine di profili censori sopra indicati al punto 9.1.bb. (Assenza dei presupposti per l’affidamento “in house” a Servizi Comunali).
19.3. La Sezione ritiene che il Tar non abbia fatto buon governo delle fonti amministrative che regolano e disciplinano il controllo analogo sull’attività dii “Servizi Comunali s.p.a.”.
19.4. Giova premettere che, il controllo analogo consiste in una “influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata” (art. 2 (Definizioni), comma 1, lett. c) d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica).
L’affidamento diretto ad una società in house è consentito, in particolare, a condizione che la società non sia terza rispetto all’ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio pubblico controllante e società v’è, infatti, una relazione interorganica e non intersoggettiva. E’ necessario che tale relazione intercorra tra soci affidanti e società, non anche tra la società e altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai quali la società sarebbe effettivamente terza (Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19).
La Corte di Giustizia (sin da Corte di Giustizia delle Comunità europee 18 novembre 1999 nella causa C-107/98 Teckal) ammette che, in caso di società partecipata da più enti pubblici, il controllo analogo possa essere esercitato in forma congiunta (sentenza 13 novembre 2008 nella causa C-324/07 Coditel Brabant SA) e che, inadeguati a tal fine i poteri a disposizione dei soci secondo il diritto comune, sia necessario dotare i soci di appositi strumenti che ne consentano l’interferenza in maniera penetrante nella gestione della società.
Sennonché, l’art. 11, comma 9, lett. d) d.lgs. n. 175 del 2016 ha introdotto il divieto per gli statuti delle società a controllo pubblico di “istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società”. Ciò potrebbe lasciar supporre che sia precluso ai soci pubblici di istituire organi speciali per esercitare il controllo congiunto sulla società in house.
Alla questione ha dato risposta questo Consiglio che, con le sentenze sentenza 30 aprile 2018, n. 2599 e 16 luglio 2020, n. 8028., ha escluso che vi sia divieto di istituire organi speciali; in sintesi, e rinviando alle ampie motivazioni sottese alle citate decisioni, queste le ragioni: (i) il divieto è previsto in relazione alle “società a controllo pubblico” disciplinate appunto dall’art. 11, e non è ripetuto nell’art. 16 dedicato proprio alle società in house, la cui disciplina appare, pertanto, speciale e derogatoria; (ii) rispetto alle società a controllo pubblico, per le quali, l’art. 2, comma 1, lett. m) d.lgs. n. 175 del 2016 richiede che il controllo si esplichi nelle forme dell’art. 2359 cod. civ., le società in house sono sottoposte a quella forma particolare di controllo pubblico che è costituita dal controllo analogo (come chiaramente precisato dall’art. 2, comma 1, lett. o) d.lgs. n. 175 del 2016).
19.5. Nel caso di specie, il controllo analogo è, appunto, affidato ad un Comitato Unitario, la cui previsione è legittima per quanto sopra argomentato.
19.6. Vengono, pertanto, all’evidenza l’art. 9 dello Statuo di “Servizi Comunali s.p.a.” nonché il “Regolamento di funzionamento del Comitato Unitario per l’esercizio del controllo analogo”, approvato dal Comitato Unitario per il Controllo Analogo nella sua seduta del 6 dicembre 2017.
19.7. Nell’ordine dei presupposti inveranti, nella fattispecie, il legittimo esercizio dei poteri di controllo, rilevano i seguenti elementi fattuali e sintomatici:
- i Comuni affidanti devono essere in grado di esercitare un controllo analogo a quello sui propri servizi, in ragione delle prerogative loro riconosciute dallo statuto, sia con riguardo al potere interdittivo sull’assemblea dei soci, sia in relazione all’obbligo di anteporre alle decisioni più importanti la richiesta di un parere conforme, espresso da un comitato formato dagli stessi Comuni soci affidanti (art. 1, comma 1, Regolamento);
- il "controllo analogo", inteso nei sensi della "dottrina Teckal", richiede che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e si eserciti deliberando a maggioranza da parte dei singoli enti pubblici affidanti (art. 1, comma 2, regolamento);
- l’esistenza di strumenti giuridici (di diritto pubblico o di diritto privato) idonei a garantire che ciascun ente, insieme a tutti gli altri azionisti affidanti della società in house, sia effettivamente in grado di controllare ed orientare l’attività della società controllata (art. 1, comma 3, regolamento);
- il Comitato è formato da un rappresentante per ogni socio direttamente o indirettamente affidante (art. 3, comma 1, Regolamento);
- ogni membro del Comitato dispone di uguale diritto di voto, indipendentemente dalla quota di capitale rappresentata (art. 4, comma2, regolamento);
- il Comitato svolge le funzioni che gli sono attribuite dall’art.9, commi 4a, 4b,4c dello Statuto;
inoltre, il Comitato (art. 5, Regolamento):
- propone all’Assemblea la composizione numerica dell’organo amministrativo;
- propone all’Assemblea, nel rispetto delle norme sulla inconferibilità e sulle incompatibilità, una rosa di candidati a formare l’organo amministrativo stesso, fino a due in caso di Amministratore Unico; fino a sei in caso di C.d.A. composto da tre Consiglieri; fino a dieci in caso di C.d.A. composto da cinque Consiglieri;
- esprime parere sulla proposta che il Collegio Sindacale, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgsl. 39/2010, presenta all’Assemblea per il conferimento dell’incarico di revisione legale;
- propone all’Assemblea, nel rispetto delle norme su ineleggibilità e incompatibilità, una rosa di candidati alla nomina dei componenti del Collegio Sindacale;
- approva preliminarmente i regolamenti da adottarsi da parte dell’organo Amministrativo;
- a ciascun membro sono riconosciuti poteri inibitori, volti a disinnescare iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio, nonché, la possibilità di recedere dal contratto di affidamento in house per l’ipotesi in cui vengano assunte dal Comitato stesso decisioni incidenti sul servizio svolto in favore del singolo socio e sulle quali questi abbia manifestato al Comitato il proprio dissenso motivato da reiterati disservizi segnalati alla Società senza adeguata risposta.
20. Il Collegio ritiene tali organi validi strumenti di esercizio del controllo analogo congiunto sulla società in house da parte dei soci pubblici.
20.1. E invero:
-le disposizioni statutarie e regolamentari sulla composizione, il funzionamento e i poteri degli organi societari, ed in particolare del Comitato unitario per il controllo analogo, del Comitato tecnico di controllo e dell’Assemblea sociale, consentono l’effettivo esercizio del controllo analogo congiunto ai Comuni affidanti;
-il Regolamento, già approvato dagli organi societari, ne completa la disciplina;
- i poteri deliberativi dell’assemblea dei soci sono fortemente limitati dalle prerogative del Comitato, mediante i quali è esercitato il controllo analogo;
- risulta coerente con tale assetto la scelta di tener fermo l’ordinario principio della deliberazione a maggioranza azionaria in sede assembleare;
- la previsione che attribuisce al Comitato, cui partecipano tutti i Comuni affidanti con proprio rappresentate, di proporre (id est, designare) i membri dell’assemblea, del consiglio di amministrazione, del collegio sindacale nonché l’amministratore unico (oltre che il revisore contabile) dà piena attuazione alla prescrizione di cui all’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, che pone quale prima condizione per l’esercizio del controllo analogo congiunto, la presenza di rappresentanti delle amministrazioni aggiudicatrici all’interno degli organi decisionali della società.
- i poteri inibitori (id est, di veto) e la possibilità di recedere dal contratto di affidamento in house, per il caso in cui venissero assunte iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio, consentono, di fatto, al Comitato di deliberare in senso contrario all’atto del Consiglio di amministrazione e di attivare, eventualmente, le regole di responsabilità degli amministratori (art. 14-bis dello Statuto);
- la previsione di un Comitato tecnico, individuato dal Comitato per il controllo analogo, cui delegare alcune delle funzioni spettanti al Comitato, completa in maniera adeguata il novero dei poteri di ingerenza riconosciuti al socio pubblico.
Le prefate considerazioni non possono essere superate dalla circostanza che la partecipazione azionaria del Comune sarebbe minimale.
La Sezione non ignora che Consiglio di Stato ha sottolineato come una partecipazione “pulviscolare” sia in principio inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi potenzialmente contrastanti.
Tuttavia, lo stesso Consiglio ha. al contempo, chiarito che i soci pubblici ben possono sopperire a detta debolezza stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro, in modo da assicurare il “loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della società partecipata” (cfr Cons. St., sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578).
Nel caso di specie la possibilità di esercizio, in modo coordinato e concordato del controllo analogo congiunto sulla società deriva dalla disciplina applicativa del controllo analogo che intercorre tra gli enti partecipanti e che rinviene dal “Regolamento di funzionamento del controllo analogo”.
Per cui, in difetto di una prova contraria, la mera prospettazione del carattere “pulviscolare” della partecipazione non è in grado di incidere sulla tenuta e validità del modello in house concretamente adoperato.
22. Va, pertanto, accolto, il secondo motivo di appello (sopra, punto 9.1.b/bb).
23. Il Tar ha ritenuto fondato anche il secondo motivo, rilevando che il Comune avrebbe fallito l’onere motivazionale imposto ex art. 192, c. 2, d. lgs. n. 50/2016, non avendo dimostrato né il fallimento del mercato rilevante, né l’esistenza di benefici per la collettività derivanti dall’affidamento in house, sia per non essere stata svolta “una indagine di mercato sugli operatori condotta facendo riferimento a contesti paragonabili”, sia perché non sarebbero state dimostrate condizioni economiche migliori rispetto a quelle ritraibili dal mercato.
24. L’appellante censura la decisione articolando i motivi di cui al punto 9.1.c/cc.
24.1. In primo luogo, il Collegio deve rilevare che le censure articolate dalla società Aprica s.p.a. nel ricorso introduttivo del giudizio, supportate da una relazione di parte, in realtà e per una parte (laddove contestano l’esercizio della funzione sotto il profilo sintomatico dell’eccesso di potere), oltre a palesarsi generiche, si sostanziano in una indebita sovrapposizione della propria, soggettiva valutazione a quella di merito svolta dal Comune (di ciò verrà dato più avanti conto).
Di contro, il Comune ha sottoposto la divisata scelta a una approfondita istruttoria e congruente motivazione che, nei limiti del sindacato (esogeno alla funzione) consentito al giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica, s’appalesa immune dai rubricati vizi.
24.2. L’art. 192, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prescrive che: “Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuato preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
A sua volta l’art. 34, comma 20, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 conv. in l. 17 dicembre 2012, n. 221 prevede che: “Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste”.
24.3. La Corte di Giustizia, nella sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19, precisato che la direttiva 2014/14 riconosce il principio della libera organizzazione della prestazione dei servizi, per il quale le autorità nazionali possono decidere liberamente quale sia il modo migliore per gestire la prestazione dei servizi al fine di garantire un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, così come la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici (par. 36 che richiama la sentenza 3 ottobre 2019 causa C-285/18 Irgita), aggiunge che tale libertà non è, però, illimitata, in quanto va esercitata nel rispetto delle regole fondamentali del TFUE - Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e, in particolare, della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (oltre che dei principi che ne derivano come la parità di trattamento, il divieto di discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, par. 37).
La conclusione cui giunge la Corte è, dunque, che gli Stati membri sono autorizzati a subordinare la conclusione di una “operazione interna” per la prestazione di un servizio (tra cui, appunto, l’affidamento in house) “… in ogni caso, alla dimostrazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificatamente connessi al ricorso all’operazione interna”.
24.4. I vantaggi dell’operazione interna e la congruità economica dell’offerta di Servizi Comunali risultano, in atti, avvalorati:
- da una attività di “confronto puntuale” sull’incremento del costo del lavoro;
- dal confronto comparativo tra il costo complessivo offerto da Servizi Comunali e quello del gestore uscente;
- dalla verifica circa il costo unitario, riscontrato più conveniente di quello registrato nei plurimi “benchmark” presi a riferimento (la relazione descrive e comprova, sul piano statistico, che il ricorso al mercato imporrebbe un incremento rispetto ai corrispettivi attualmente in corso);
- “benchmark” che possono ragionevolmente ritenersi attendibili in ragione dei riferimenti operati e della comparazione effettuata con altri Enti con caratteristiche di omogeneità territoriale e geografica;
- dai plurimi “benchmark” presi a riferimento, che danno conto di una indagine di mercato rivolta a comparare la proposta della società in house con (appunto) un benchmark di riferimento, risultante dalle condizioni praticate da altre società in house operanti nel territorio limitrofo (Cons. Stato, sez. III, 3 marzo 2020, n. 1564);
-dalla relazione ex art. 34, da cui si evince che il costo medio per abitante è in linea con quello praticato nelle altre realtà territoriali da Servizi Comunali;
- dalla evidenziazione dei vantaggi economici derivanti dalla possibilità di adattare in ogni momento le condizioni di erogazione del servizio alle mutate esigenze del Comune (id est, attivazione di nuove forme di raccolta puntuale dei rifiuti o nuovi servizi di igiene ambientale senza la necessità di una nuova procedura concorsuale, possibilità di attivare tutti i servizi complementari al servizio principale che la società offre gratuitamente o con costi predefiniti; eliminazione dei costi, diretti ed indiretti);
- dalla previsione di elementi innovativi indicati nel corpo della Relazione, quali: attività di consulenza tecnica; servizi informatici; organizzazione di eventi formativi; attività di studio e progettazione della tariffa puntuale; attività di ricerca di mercato per la cessione dei rifiuti recuperabili; tutti rilevanti sotto il profilo della dimostrata convenienza economico-qualitativa del servizio affidato “in house”;
24.5. Dalla Relazione ex art. 34, D.L. 179/2012, si evincono, dunque, le ragioni della scelta dell’”in house”, che il Comune ha basato su un fattore non soltanto quantitativo (prezzo inferiore) bensì anche, e nello specifico, qualitativo (di economicità e di vantaggi per la collettività), in linea con quanto previsto dagli artt. 5 e 34, comma 20, D.Lgs n. 175 del 2016 (T.U. delle società pubbliche) nonché dall’art.192, co.2, D.lgs n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici).
25. Risulta per questa via dimostrata la convenienza economica dell’affidamento in house del servizio.
26. Va soggiunto, al riguardo, che la relazione prodotta in primo grado dalla odierna controinteressata s’appalesa vieppiù inammissibile laddove tende di sostituire proprie metodologie di calcolo a quelle seguite dall’amministrazione, per dimostrare la convenienza economica dell’operazione e i vantaggi per la collettività; laddove il metodo utilizzato dal Comune appare, invece, non irragionevole né affetto da travisamento dei fatti (in buona sostanza, mentre il Comune ha utilizzato plurimi “benchmark” presi a riferimento, la controinteressata indica come modello alternativo il costo del servizio per come precedentemente gestito dalla stessa).
27. E’, altresì, destituita di giuridico fondamento la censura di Aprica (dedotta nel ricorso di primo grado) relativa alla mancata adozione del piano economico-finanziario asseverato, di cui all’art. 3-bis, comma 1- bis, d.l. 13 agosto 2011, n. 138.
27.1. Questo Consiglio ha già avuto modo di chiarire che la sua adozione è imposta ai soli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali per lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete. Essa, pertanto, non è condizioni per l’affidamento in house del servizio che un Comune debba rispettare e dal cui mancato rispetto possa derivare l’illegittimità dell’affidamento diretto (cfr Cons.St., sez. V, sent. n. 6469/2020).
28. L’odierna controinteressata Aprica ha, poi riproposto, con memoria di costituzione, le censure relative alla “mancata previsione dei CAM” e della clausola sociale”, ravvisando in ciò profili di illegittimità derivata dalla incostituzionalità dell’art. 34, D.Lgs n. 50/2016 e di contrasto con i principi eurounitari, a cagione della asseirta disparità di trattamento tra operatori del mercato che ne rinverrebbe dalla sua applicazione all’ “in house”.
28.1. Le censure sono manifestamente infondate, da qui, l’assenza di profili di non manifesta infondatezza per la sottoposizione al vaglio di costituzionalità dell’art. 34, D. Lgs n. 50 del 2016.
28.2. Il Collegio osserva che i criteri ambientali minimi (CAM) afferiscono a livelli di regolazione minimi che, tuttavia, non rispondono a un principio di diritto comunitario, il quale, come è noto, vincola gli Stati membri all’attuazione delle direttive, lasciandoli liberi di scegliere la forma e i mezzi ritenuti più opportuni per raggiungere i risultati prefissati.
L’obbligo dei CAM intende, infatti, garantire che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili.
L’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi risponde, dunque, alla valorizzazione della qualità ambientale e al rispetto dei criteri sociali nonché alla all’esigenza della Pubblica amministrazione di razionalizzare i propri consumi, riducendone ove possibile la spesa, ciò tenendo conto delle indicazioni della Commissione Europea.
Nel nostro ordinamento, i CAM sono stati introdotti con l’art. 18 della Legge 28 dicembre 2015 n. 221 e, successivamente, con l’art. 34, D.Lgs n. 50 del 2016, recante “Criteri di sostenibilità energetica e ambientale”.
Le suddette norme – espressione della libertà dell’ordinamento nazionale di scegliere la forma e i mezzi ritenuti più opportuni per raggiungere i risultati prefissati - hanno stabilito che le stazioni appaltanti. nell’acquisto di beni, lavori e servizi rientranti nelle categorie individuate dal PAN GPP, sono obbligate ad inserire nei bandi - a prescindere dal valore dell’importo - le specifiche tecniche e le clausole contrattuali individuate dai CAM.
Sotto questo profilo, il Collegio non ravvede profili di manifesta irragionevolezza della norma contenuta nell’art. 34 del D.Lgs n. 50/2016, laddove essa prevede l’obbligo di inserire i CAM (soltanto) nelle procedure di evidenza pubblica, ciò in quanto dette clausole contrattuali rappresentano un costo per l’operatore di mercato che, al momento della progettazione di una procedura ad evidenza pubblica, è giusto venga debitamente considerato dalla stazione appaltante nella determinazione dell’importo a base di gara (v. Cons. St., sentenza n. 8088 del 27 novembre 2019).
Situazione, questa, ontologicamente non comprabile con l’affidamento in house, la cui procedura sconta il diverso e peculiare criterio applicativo contenuto nell’art. 192, comma 2, del Codice dei contratti, sotto il profilo specifico e caratterizzante della “motivazione rafforzata” – non richiesta nell’ipotesi di scelta al mercato concorrenziale - e sulla cui legittimità si è già pronunciata la Corte costituzionale con sentenza n. 100 del 2020 riscontrandola conforme allo Statuto
29. La norma in esame neppure viola il diritto eurounitario.
29.1. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha ribadito che dal principio di libera autorganizzazione delle autorità pubbliche (di cui al quinto considerando della direttiva 2014/24/UE e all’art. 2, paragrafo 1, della direttiva 2014/23 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione) discende la «libertà degli Stati membri di scegliere il modo di prestazione di servizi mediante il quale le amministrazioni aggiudicatrici provvederanno alle proprie esigenze» e, conseguentemente, quel principio «li autorizza a subordinare la conclusione di un’operazione interna all’impossibilità di indire una gara d’appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all’operazione interna» (Corte di giustizia, nona sezione, ordinanza 6 febbraio 2020, in cause da C-89/19 a C-91/19, Rieco spa, resa su rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato, sezione quinta, con ordinanze 7 gennaio 2019, n. 138 e 14 gennaio 2019, n. 293 e n. 296; nello stesso senso, Corte di giustizia, quarta sezione, sentenza 3 ottobre 2019, in causa C-285/18, Irgita); con ciò, mostrando di valorizzare soprattutto l’aspetto connesso ai “vantaggi per la collettività” nel fare ricorso all’affidamento in house, mercè l’evidenziazione delle ragioni e finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato (v. anche Corte cost. n. 100/2020).
29.2. Nello stesso senso, anche C.G.U.E., con la decisione 6 febbraio 2020 Direttiva 2014/24/UE, ha chiarito che la libertà di autorganizzazione salvaguardata dalla Direttiva 2014/24/UE non osta ad una normativa interna che subordini l’affidamento in house alla “dimostrazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all’operazione interna”.
29.3. Ad ogni modo e comunque, va annotato che, dalla documentazione versata in atti, è possibile evincere come il Comune – ai fini della qualità del servizio (riconducibile al più ampio criterio ambientale – abbia tenuto conto: (i) della adattabilità del servizio, anche in corso d’opera, alle esigenze del territorio con costi verificabili e sotto controllo; (ii) della “massima trasparenza nell’attività di smaltimento dei rifiuti soggetti a puntuale evidenza di costi e ricavi della cessione delle frazioni commercializzabili”; (iii) delle attività innovative assicurate da Servizi Comunali, tra cui la “consulenza tecnica ed amministrativa in materia ambientale, la fornitura di servizi online, la disponibilità di un sito internet dedicato interattivo, la messa a disposizione di un sistema informativo per il cittadino tramite “App”, l’accesso on-line al controllo satellitare degli automezzi, l’organizzazione di eventi di informazione e sensibilizzazione ambientale nelle scuole, lo studio e la progettazione della tariffa puntuale, la ricerca di mercato per la più conveniente cessione dei rifiuti recuperabili, la redazione di calendario annuale delle raccolte domiciliari, la completa gestione amministrativa delle pratiche ambientali, la possibilità di attivare servizi complementari a prezzi prestabiliti”.
La questione pregiudiziale difetta, altresì, di interesse poiché l’obbligo dei CAM e clausole sociali d’impone, a tutto concedere, ai soci pubblici delle società controllate al fine di fissare i relativi obiettivi specifici e controllarne il raggiungimento, anche nell’ottica dell’osservanza degli oneri contrattuali.
29.4. Nessun profilo lesivo della concorrenza, pertanto, si coglie nella fattispecie, tenuto conto della scelta operata dal Legislatore nazionale con l’art. 34 citato.
30. Dalle argomentazioni sin qui esposte ne discende la fondatezza dell’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto del ricorso di primo grado.
31. La complessità della causa è giusto motivo per disporre la compensazione delle spese relative al doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie; per l’effetto, in riforma della sentenza 23 marzo 2021, n. 280, resa dal TAR Lombardia, Brescia, respinge il ricorso proposto da APRICA s.p.a., n.r.g. 36/2021.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2021 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli, Presidente
Daniela Di Carlo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Consigliere