Consiglio di Stato, Sezione V, 20 settembre 2021, n. 6402

-       L’art. 51, comma 1, del codice è norma giuridica costruita nella forma linguistica della proposizione prescrittiva: il legislatore altro non vuole che l’adeguamento ad essa dei suoi destinatari. La stazione appaltante, che indice una procedura di gara, è tenuta a suddividere in lotti l’appalto incorrendo altrimenti in un provvedimento illegittimo e dunque annullabile. Per principio (di teoria) generale (del diritto) a chi si adegua ad un precetto non si può richiedere (né è lecito attendersi) alcuna giustificazione perché la condotta conforme al precetto è la forma con la quale il destinatario manifesta la sua adesione ad esso. Al contrario, è colui che non si adegua che deve giustificarsi per evitare la sanzione. E la giustificazione può consistere nella prova di trovarsi in uno dei casi in cui la regola fa eccezione. In coerenza, il legislatore onera la stazione appaltante di motivare la scelta di non suddividere la procedura di gara in lotti, ossia di non adeguarsi al precetto. (…) Va qui aggiunta una spiegazione utile a meglio comprendere il rapporto tra la disposizione qui in esame e quella del terzo comma dello stesso art. 51 ove è previsto il vincolo di aggiudicazione: la suddivisione in lotti di una procedura di gara favorisce l’apertura del mercato alle PMI poiché consente alla stazione appaltante di richiedere requisiti di partecipazione che, in quanto parametrati su singoli lotti, sono inevitabilmente meno gravosi di quelli che, in termini di capacità economica e prestazionali, sarebbero richiesti per la partecipazione all’intera procedura di gara; requisiti questi ultimi dei quali sono in possesso solo imprese di grandi dimensioni. In definitiva, l’apertura alla concorrenza è realizzata per via indiretta rendendo possibile la formulazione di un’offerta che, invece, per una procedura unitaria, non sarebbe neppure proponibile. 

-       Il vincolo di aggiudicazione “…consente anche alle imprese di minor peso di superare la concorrenza di quelle dominanti nel settore che possono offrire condizioni più vantaggiose per tutti i lotti della stessa procedura di gara (…). La finalità pro-concorrenziale è assicurata consentendo la distribuzione dei lotti tra il maggior numero possibile di concorrenti onde incentivare la concorrenza sul mercato e ridurre l'eventualità di situazioni di monopolio od oligopolio. Essa si realizza, non al momento della partecipazione alla gara (che può essere consentita a tutti i concorrenti anche per tutti i lotti: arg. ex art. 51, comma 3), ma quando le operazioni di gara si siano concluse con le proposte di aggiudicazione per i singoli lotti” (così Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2021, n. 2350, ma analoghe considerazioni in Cons. Stato, V, 15 marzo 2021, n. 2184; III, 18 gennaio 2021, n. 505).(…) Il vincolo di aggiudicazione è misura complementare alla suddivisione in lotti della procedura la cui applicazione è scelta in via preferenziale come essenziale completamento della disposta suddivisione in lotti e di regola prevista dalla stazione appaltante per la più sicura realizzazione della finalità enunciata dal legislatore in apertura dell’art. 51 (“…favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese”). 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2504 del 2021, proposto da

Autogrill Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Clarich, Giuliano Fonderico e Mario Libertini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marcello Clarich in Roma, viale Liegi, 32;

contro

Milano Serravalle – Milano Tangenziali s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Giuseppe Fabrizio Maiellaro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Damiano Lipani in Roma, via Vittoria Colonna, 40;

nei confronti

My Chef Ristorazione Commerciale s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Lazzaretti e Carmelo Mendolia, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

Chef Express s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Frontoni, Gianluca Luzi e Giuliano Sollima, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Massimo Frontoni in Roma, via Guido D'Arezzo, 2;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione Prima, n. 00511/2021, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Milano Serravalle – Milano Tangenziali s.p.a., di My Chef Ristorazione Commerciale s.p.a. e di Chef Express s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Marcello Clarich, Giuliano Fonderico, Mario Libertini, Damiano Lipani, Francesca Sbrana, Giuseppe Fabrizio Maiellaro, Massimo Frontoni, Gianluca Luzi e Carmelo Mendolia in collegamento da remoto.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 23 aprile 2018 Milano Serravalle – Milano Tangenziali s.p.a. (da questo momento anche solo Milano Serravalle), concessionaria dell’autostrada A7 Milano Serravalle e delle Tangenziali Ovest, est e Nord di Milano, indiceva una procedura ristretta ai sensi dell’art. 61 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per l’affidamento in (sub)concessione della gestione del servizio di distribuzione di prodotti carbolubrificanti e attività accessorie (denominati “Servizi Oil”) e del servizio di ristoro e attività commerciali connesse (“Servizi Non Oil”), nelle aree di servizio ubicate lungo le tratte autostradali in concessione.

1.1. La procedura di gara, del valore complessivo di € 967.244.000,00, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, era suddivisa in 32 lotti, corrispondenti a ciascuna area di servizio e, per esse, ai Servizi Oil e Non Oil.

La lex specialis di gara consentiva agli operatori concorrenti di presentare offerta per tutti i lotti, ma limitava l’aggiudicazione ad un numero massimo di cinque lotti per ciascuna delle tipologie merceologiche dei servizi, con l’eccezione dei Servizi Oli Driven e Food Driven (questa la clausola: “(Informazioni relative ai lotti): a uno stesso operatore economico potranno essere aggiudicati fino a un massimo di n. 5 Lotti per ciascuna tipologia merceologica (Lotti Oil e Non Oil)…Qualora lo stesso operatore economico risulti primo in graduatoria per un numero di Lotti superiore a 5 per ciascuna tipologia merceologica (Lotti Oil e Non Oil), al medesimo operatore saranno aggiudicati, in ordine decrescente di valore, i 5 Lotti di valore stimato più elevato tra quelli per i quali l’operatore è risultato primo in graduatoria, senza che a tal fine rilevino gli esiti della procedura quanto ai Lotti Oil Driven e Food Driven”).

1.2. Autogrill Italia s.p.a. (da ora anche solo Autogrill) presentava domanda di partecipazione per dodici lotti, risultava prima graduata in 10 di essi, ma, per il predetto vincolo, aggiudicataria di 5; i lotti non aggiudicati erano affidati ad altri operatori: Chef Express s.p.a., My Chef s.p.a. e Maglione.

Con istanza di accesso ai documenti di gara Autogrill domandava alla stazione appaltante di metterle a disposizione “i documenti ed elaborazioni predisposte da Codesta Spett.le Società e/o da terzi dalla stessa incaricati, anche prodromiche all’avvio della procedura, atte a illustrare il razionale che sottende alla individuazione del criterio del tetto massimo di aggiudicazione sopra richiamato…”; Milano Serravalle rispondeva con nota del 10 giugno 2020 che: “la suddivisione della procedura di affidamento in Lotti nonché la fissazione di un tetto massimo nell’aggiudicazione degli stessi e i criteri all’uopo stabiliti rispondono agli obiettivi strategici e alle esigenze tecniche ed economiche della stazione appaltante, e risultano del tutto conformi ai fondamentali principi e alle precipue finalità di concorrenza e apertura al mercato sottese all’attuazione del Codice dei Contratti Pubblici”.

2. Con distinti ricorsi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia Autogrill impugnava i provvedimenti di aggiudicazione agli altri operatori economici dei cinque lotti nei quali era risultata prima graduata (comunicato il 19 maggio 2020), il bando di gara nella parte in cui prevedeva il vincolo di aggiudicazione, il documento descrittivo della procedura, la lettera di invito e, in uno alle risposte n. 33 e n. 36 del 22 maggio 2018 sulla clausola del bando impugnata, anche la nota del 10 giugno 2020 il cui contenuto è stato precedentemente riportato.

2.1. I ricorsi erano articolati in tre motivi:

a) con il primo motivo la ricorrente contestava l’applicabilità agli affidamenti in concessione del vincolo di aggiudicazione previsto dall’art. 51, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016 per le procedure di affidamento di contratti di appalto;

b) con il secondo, l’applicabilità del vincolo di aggiudicazione di cui al citato art. 51, comma 3, per essere la gara solo apparentemente qualificabile come unica procedura suddivisa in più lotti trattandosi, piuttosto, di autonomi contratti, ciascuno dei quali assegnati all’esito di una distinta procedura di scelta del contraente;

c) con il terzo lamentava che l’inserimento del vincolo di aggiudicazione non era stato proceduto da alcuna istruttoria o valutazione consapevole degli effetti anticompetitivi ed anticoncorrenziali che ne sarebbero potuti derivare; la stessa motivazione fornita in seguito a sua richiesta di chiarimenti era meramente apparente e del tutto generica, essendosi limitata la stazione appaltante ad affermare che la suddivisione in lotti rispondeva ad “obiettivi strategici” e “esigenze tecniche ed economiche”.

2.2. Si costituivano in giudizio Milano Serravalle s.p.a. e Chef Express s.p.a.; la prima sollevava eccezione di giurisdizione a favore del giudice ordinario ed eccezione di irricevibilità del ricorso in quanto tardivamente proposto.

Il giudice di primo grado, con la sentenza della sezione prima, 25 febbraio 2021, n. 511, riuniti i ricorsi, respinte le eccezioni pregiudiziali di rito, li rigettava disponendo compensazione delle spese del giudizio.

2.3. In particolare, quanto alla questione di giurisdizione sollevata, il giudice riteneva la controversia rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) cod. proc. amm., giusta la previsione di cui all’art. 177 del codice dei contratti pubblici per il quale i titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture, sono tenuti al rispetto della procedura di evidenza pubblica nell’affidamento dei propri servizi; né rilevante poteva ritenersi che oggetto di affidamento a terzi fossero servizi “non pertienti e strumentali all’oggetto della concessione e che ineriscono a rapporti del tutto privatistici”, in quanto, come ritenuto anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza 1 luglio 2019, n. 18674, per definire l’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo occorre che il soggetto aggiudicatore sia tenuto al rispetto dei procedimento di evidenza pubblica, indipendentemente dall’oggetto dell’affidamento.

3. Propone appello Autogrill Italia s.p.a.; si sono costituiti Milano Serravalle s.p.a., Chef Express s.p.a. che hanno anche proposto appello incidentale e My Chef Ristorazione Commerciale s.p.a., anche quest’ultima con appello incidentale.

Le parti hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., cui sono seguite rituali repliche.

All’udienza del 17 giugno 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1. Preliminarmente vanno esaminati gli appelli incidentali di Chef Express s.p.a., Milano Serravalle e My Chef ristorazione commerciale s.p.a. ove sono (ri)proposte le questioni pregiudiziali di rito idonee, se accolte, a definire il giudizio senza l’esame del merito.

1.1. Gli appellanti incidentali si dolgono che il giudice di primo grado abbia respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario: l’obbligo per il titolare di concessione (anche autostradale, per l’art. 1, comma 568, l. 205 del 2017) di scegliere il proprio contraente mediante procedura di evidenza pubblica varrebbe solo per il caso in cui questi intenda acquisire da terzi prestazioni necessarie per l’esecuzione della concessione (“contratti relativi” alla concessione secondo l’indicazione del legislatore), e non quando la prestazione richiesta, per quanto accessoria e complementare, non consista in servizi pertinenti e strumentali all’oggetto della concessione; tali sarebbero, appunto, le prestazioni comprese nei Servizi Non Oil, “servizio di ristoro e di attività commerciali”, le quali in alcun modo rientrerebbero nell’ambito dei servizi propri della concessione autostradale.

In tal senso si sarebbero espresse anche le Sezioni Unite dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 30 aprile 2019, n. 11508, pronunciata in controversia riguardante la contestazione della legittimità degli esiti della procedura di gara volta ad individuare l’aggiudicatario della gestione del “servizio di ristoro ed attività commerciali connesse” (cd. Non oil) di un’area di servizio di tratto autostradale.

1.2. Il motivo è infondato; la sentenza di primo grado merita conferma sia pur con diverso percorso motivazionale.

1.2.1. Diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, non appare pertinente la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 1 luglio 2019, n. 18674: era ivi contestata, infatti, la scelta da parte di un concessionario autostradale del terzo contraente di un contratto di appalto di servizi (sgombero neve) e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ben poteva essere affermata in base all’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 cod. proc. amm. per l’obbligo posto a carico dei concessionari autostradali dall’art. 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici di affidare – sia pur per la quota del sessanta per cento – (lavori) servizi (e forniture) “relativi alle concessioni” mediante procedure di evidenza pubblica (seguendo il medesimo ragionamento Cass. civ., Sez. Unite, 11 marzo 2020, n. 7005 ha escluso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto il concessionario di costruzione e gestione non era tenuto a scegliere il terzo appaltatore seguendo le disposizioni in materia di evidenza pubblica).

1.2.2. Oggetto dell’odierno giudizio non è la scelta del terzo appaltatore di un servizio “relativo alla concessione” – contratto mediante il quale il concessionario ottiene che il terzo svolga a suo favore una prestazione indispensabile all’espletamento della (sua) concessione (id est. del servizio cui è tenuto per la sua veste) – ma del terzo cui (il concessionario autostradale intenda) affidare una (sub)concessione di servizi.

Valgono al riguardo due considerazioni.

Tra gli obblighi del concessionario autostradale la Convenzione Unica di concessione (sottoscritta il 7 novembre 2007 con l’A.n.a.s. in qualità di concedente) prevedeva all’art. 3.2. lett. d) il “miglioramento del servizio, attraverso la promozione di attività strumentali o ausiliarie al servizio autostradale, fornite esclusivamente o prevalentemente da terzi agli utenti delle tratte autostradali assentite in concessione”; non possono aversi dubbi che i servizi “Oil” e “Non Oil” resi nelle aree di servizio delle tratte autostradali rientrino tra le attività strumentali e ausiliarie al servizio autostradale che ne consentono la migliore fruizione.

E’ noto, poi, che detti servizi sono resi a favore di coloro che percorrono il tratto autostradale e, dunque, all’utenza, e non certo a favore dello stesso concessionario autostradale; utenza dalla quale l’affidatario ricava la sua remunerazione (con assunzione del rischio, e ciò vale senza meno ad escludere la configurabilità dell’appalto).

La procedura de qua va, dunque, correttamente qualificata – come del resto fatto dallo stesso concessionario in tutti gli atti della procedura, ivi compreso lo schema di convenzione allegato al bando – come affidamento a terzi di sub-concessione di servizi secondo la dinamica propria della sub-contrattazione intesa quale contratto derivato con il quale il concedente trasferisce al terzo subcontraente facoltà e poteri – nel caso di specie di organizzare i servizi strumentali alla fruizione dell’autostrada da parte dell’utenza – che egli ha acquisito per aver concluso il contratto principale, con le particolarità proprie però della connotazione pubblicistica della vicenda di cui subito si dirà.

Ne segue in via immediata che siffatta procedura di affidamento al terzo non è disciplinata dall’art. 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici, il cui richiamo da parte del giudice di primo grado appare dunque improprio, avendo tale disposizione riguardo alle procedure di affidamento di contratti di appalto, come risulta palese dalla lettera della norma (e in particolare dal riferimento all’affidamento di “contratti di lavori, servizi e forniture”) e non invece all’affidamento di sub-concessioni di servizi da parte del concessionario.

1.2.3. Le esposte considerazioni conducono altresì a ritenere non pertinente per la soluzione della questione del riparto di giurisdizione anche la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 30 aprile 2019, n. 11508 (pronunciata su ricorso per cassazione in materia di giurisdizione avverso la sentenza di questa Sezione del Consiglio di Stato 13 luglio 2017, n. 3446, ex art. 110 cod. proc. amm., e) più volte richiamata dalle appellanti incidentali.

Era ivi in contestazione, infatti, la scelta del terzo affidatario del solo servizio “Non Oil” che la Corte di Cassazione mostra di considerare a differenza dei servizi “Oil” – in ciò invero confermando il ragionamento di questa Sezione ma sul quale possono aversi dubbi per quanto già precedentemente esposto e quanto ancora si dirà a breve – non quale servizio “pubblico” ma quale attività “svolta, in via meramente eventuale, su richiesta ed autonoma remunerazione da parte del cliente” ossia “vicenda in tutto privatistica e di natura prettamente commerciale, indubbiamente accessoria rispetto all’attività di erogazione del servizio autostradale, ma altrettanto certamente estranea allo specifico oggetto pubblicistico della concessione che di esso costituiva mero presupposto”.

1.2.4. A parere del Collegio la questione del riparto di giurisdizione va risolta in conformità alle indicazioni della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 2 dicembre 2008, n. 28549 pronunciatasi proprio in controversia avente ad oggetto la procedura di affidamento a terzi da parte di concessionario autostradale di servizi di ristorazione e rifornimento.

Era ivi affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per la regola generale – desunta dall’art. 5, comma 1, l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (l. Tar) al tempo vigente – per la quale spetta al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva conoscere delle controversie relative a concessioni amministrative.

Occorre, infatti, distinguere tra il caso in cui l’amministrazione resti completamente estranea al rapporto derivato tra concessionario e terzo per cui esso possa essere qualificato come vicenda interamente privatistica priva di alcun collegamento con l’atto autoritativo concessorio (è il caso dell’assegnazione della gestione degli spazi pubblicitari lungo l’autostrada) e quello in cui, invece, l’amministrazione sia in qualche modo partecipe del rapporto di subconcessione per averlo espressamente previsto ed autorizzato nello schema del rapporto concessorio.

Tale è, continua la Corte, il caso dei servizi di ristoro e rifornimento nelle aree di servizio autostradali in ragione del dato normativo che li disciplina: l’art. 2 del codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285) che prescrive che l’autostrada sia attrezzata “con apposite aree di servizio ed aree di parcheggio”, l’art. 24 del medesimo codice che le qualifica come “pertinenze di servizio” con i relativi manufatti “per il rifornimento ed il ristoro degli utenti” e dunque quali parti del bene pubblico concesso in gestione alla società autostradale ed anche per l’art. 61, comma 1, del regolamento di esecuzione del codice della strada (d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495) a mente del quale “Le aree di servizio relative alle strade di tipo A e B di cui all'articolo 2 del codice, destinate al rifornimento ed al ristoro degli utenti sono dotate di tutti i servizi necessari per il raggiungimento delle finalità suddette, con i distributori di carburante, le officine meccaniche ed eventualmente di lavaggio, i locali di ristoro ed eventualmente di alloggio, i posti telefonici, di pronto soccorso e di polizia stradale, gli adeguati servizi igienici collettivi ed i contenitori per la raccolta anche differenziata dei rifiuti”.

Le norme richiamate valgono a dimostrare che “quella che si svolge sulle aree di servizio, con riferimento all’attività di rifornimento delle auto, di ristoro degli utenti e di predisposizione di servizi igienici, è nel suo complesso attività strumentale e pertinente alla concessione della rete autostradale, destinata ad una specifica categoria di utenti. Trattasi di attività strettamente connessa e funzionalizzata all’utilizzazione della strada, …, e quindi di attività qualificabile, ai fini che qui rilevano, come di servizio pubblico, non diversamente dall’autostrada cui accede” ovvero anche “momento del pubblico servizio reso, in quanto necessario e funzionale rispetto alle esigenze pubblicistiche connesse alla gestione della rete autostradale, soggetto agli obblighi di continuità, tipici di un pubblico servizio”.

Conclude, infine, la Corte che “…poiché la concessionaria Anas con la convenzione principale fa espressa previsione di tale affidamento a terzi, disponendo che ciò avvenga sulla base di una procedura ad evidenza pubblica, la giurisdizione sulla controversia in questione si appartiene al Giudice Amministrativo”.

1.2.5. Il ragionamento resta valido: il dato normativo citato nei passaggi della sentenza riportati è tuttora vigente in quella stessa formulazione richiamata dalla Corte ed anche la Convenzione Unica conclusa da Milano Serravalle con l’A.n.a.s. prevede all’art. 28 (Facoltà del concessionario) punto 1 lett. b) “di accordare, a titolo oneroso sulla base di procedure di evidenza pubblica, le concessioni relative alle occupazioni ed alle utilizzazioni della sede autostradale e loro pertinenze, con riferimento alle aree previste nel piano economico finanziario e di introitare i proventi, salva la corresponsione a favore del Concedente del canone di cui all’art. 13.2. della presente Convenzione”.

Occorre solamente precisare che il riparto di giurisdizione in relazione a procedure di affidamento come quelle di cui si discute nel presente giudizio – in seguito all’abrogazione della legge Tar – trova ora base normativa nell’art. 133, comma 1, lett. c) per il quale spettano al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva le controversie “in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero quelle relative adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore…”; per tutte quante le considerazioni già svolte, l’affidamento da parte del concessionario autostradale a terzi della gestione dei servizi di ristoro e rifornimento nelle aree di servizio (ovvero, con altra terminologia ma che non muta la sostanza, dei servizi “Oil” e “Non Oil”), costituisce “affidamento di un pubblico servizio” in quanto consustanziale al potere (e ai relativi oneri) di gestione del bene pubblico e dei connessi servizi a favore dell’utenza derivanti al concessionario autostradale dal provvedimento concessorio e dalla conseguente convenzione di concessione.

1.2.6. Resta da aggiungere, a completamento del discorso fatto, un’ultima considerazione: come emerge dalla formulazione dell’art. 133, comma 1, lett. c) in precedenza riportato, per dire la controversia appartenete alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è irrilevante la natura giuridica del concessionario, se sia soggetto interamente privato ovvero, come nel caso in esame, soggetto pubblico (Milano Serravalle si qualifica organismo di diritto pubblico), come pure le modalità con le quali è affidato il servizio che qui sono di evidenza pubblica per la prescrizione in tal senso contenuta nella Convenzione Unica di concessione (come in precedenza riportato).

1.3. Con un secondo motivo, comune a due delle tre appellanti incidentali, è contestata la sentenza per aver respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado per tardività argomentata sul carattere immediatamente lesivo della clausola del bando contenente il vincolo di aggiudicazione, da impugnare, pertanto, nel termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione del bando di gara.

1.3.1. Il motivo è infondato: come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, incontestata la natura non escludente della clausola del bando perché non impeditiva della partecipazione del concorrente, l’interesse di Autogrill Italia ad impugnare la clausola del bando è divenuto attuale solo a seguito dell’approvazione della graduatoria dei singoli lotti e della conseguente loro aggiudicazione.

Alla pubblicazione del bando l’interesse ad impugnare era solo potenziale – e in quanto tale inidoneo a sorreggere l’azione di annullamento (ex multis, cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2021, n. 1513; VI, 26 ottobre 2020, n. 6489) – non avendo l’impugnante subito alcuna lesione della propria posizione soggettiva e, correlativamente, nessun vantaggio potendo immediatamente conseguire dall’accoglimento dell’eventuale domanda di annullamento della clausola del bando: se è vero che Autogrill Italia mirava all’aggiudicazione di tutti i lotti per i quali aveva presentato domanda di partecipazione, e dunque a più di cinque lotti, era ancora incerta la concreta applicazione a suo danno del c.d. vincolo di aggiudicazione: ben poteva risultare prima graduata in non più dei cinque lotti aggiudicabili e così sottrarsi in concreto agli effetti del vincolo di aggiudicazione.

Detto altrimenti: l’interesse al bene della vita ad ottenere l’aggiudicazione dei 10 lotti s’è concretizzato solo quando s’è prodotto l’effetto del vincolo di aggiudicazione, ossia all’approvazione delle graduatorie dei singoli lotti, giustificando a quel momento la proposizione dell’azione giurisdizionale.

2. Ora l’appello di Autogrill Italia s.p.a.; articolato in tre motivi rivolti a contestare i (tre) passaggi argomentativi principali della sentenza di primo grado.

Di seguito le argomentazioni della sentenza e le critiche dell’appellante.

a. il giudice di primo grado dice applicabile anche alle procedure di affidamento di concessioni la regola della suddivisione in lotti degli appalti come declinata nei tre commi dell’art. 51 del codice dei contratti pubblici, in assenza di indicazioni contrarie nel testo della norma ed in quanto espressione del principio della concorrenza e, dunque dell’esigenza, comune a tutte procedure di affidamento di contratti pubblici, di garanzia della massima partecipazione e della par condicio tra gli operatori economici;

Autogrill critica (nel primo motivo) in quanto il giudice di primo grado non avrebbe considerato– e per questo avrebbe dato risposta solo parziale alle censure contenute nel primo motivo di ricorso incorrendo nell’omessa pronuncia – che la procedura de qua non era disciplinata direttamente dal codice dei contratti pubblici; il concessionario, invece, giusta la previsione dell’art. 177, comma 1, del codice e dell’art. 11, comma 5 – ter della l. n. 498 del 1992, era tenuto al solo rispetto dei “principi di selezione concorrenziale” tra i quali non v’è rinvio specifico all’art. 51, comma 3, del codice.

Aggiunge, poi, riprendendo considerazioni già svolte nel ricorso di primo grado, che la regola della suddivisione in lotti e, correlativamente il vincolo di aggiudicazione, sarebbe inapplicabile agli affidamenti di concessioni per:

i) la struttura trilaterale dei rapporti, ed in particolare per la necessità di tener conto delle esigenze degli utenti finali – oltre che dell’apertura alla concorrenza a favore degli operatori economici – considerato che la regola della suddivisione in lotti potrebbe comportare conseguenze “in termini di minore qualità dei servizi rispetto a quanto altrimenti ottenibile”;

ii) l’esistenza di una disciplina specifica in atti normativi primari incompatibile con il vincolo di aggiudicazione perché in potenza produttivo di affidamenti subottimali: il principio generale per il quale non sono ammesse limitazioni quantitative all’accesso al mercato se non per esigenze imperative ben motivate, il già citato art. 11, comma 5 – ter della l. n. 498 del 1992 che sull’affidamento dei servizi fissa principi rivolti a vantaggio dell’utenza in termini di “adeguato livello e regolarità del servizio”, di “efficienza, qualità e varietà dei servizi” e di “qualità, disponibilità e prezzi dei servizi”, gli atti di indirizzo contenuti nel decreto del Ministero per l’industria e lo sviluppo economico del 7 agosto 2015, in cui nessuna delle misure di apertura concorrenziale indicate prefigura un limite alle aggiudicazione e che, invece, fissano un “punto di equilibrio” tra le esigenze di sviluppo dei servizi (con i correlativi investimenti delle imprese), l’apertura concorrenziale delle procedere e le esigenze dei consumatori stabilendo mediante la prescrizione di criteri di gara espressamente diretti a “garantire contemporaneamente il più alto standard di servizio e il migliore livello di concorrenzialità”;

b. in sentenza è detta ragionevole la scelta del concessionario Milano Serravalle di suddividere in lotti l’appalto considerando ciascuna area di servizio presente nella rete autostradale quale “lotto” e per ciascuna area la diversa tipologia di servizi, oil/non oil, offerti all’utenza, poiché tiene conto dei diversi oggetti prestazionali richiesti (dall’utenza) nelle stazioni appaltanti e della diversa collocazione delle stesse nelle tratte autostradali;

l’appellante la contesta (nel secondo motivo) riproponendo il ragionamento già svolto in primo grado: oggetto della procedura non sarebbe un unico “appalto” o un unico “contratto” di tutti i servizi oil e non oil della rete autostradale, ma in realtà “32 distinti titoli di accesso al mercato, ciascuno autonomo quanto a oggetto e a offerte presentabili, che sono stati accorpati temporalmente, ma che potrebbero essere aggiudicati ciascuno di essi in momenti distinti”, ossia, secondo altra prospettazione “una pluralità di contratti affidati parallelamente con la stessa procedura”; così correttamente inteso l’oggetto della procedura, non potrebbe trovare applicazione l’art. 51, comma 3, che muove dal presupposto, non ricorrente nella vicenda in esame, che un determinato “appalto” possa essere suddiviso in “lotti”.

Ribadisce, infine, come il concessionario avrebbe dovuto al più separare in lotti il contratto avente ad oggetto la singola area di servizio, distinguendo tra lotto “oil” e lotto “non oil”, ed invece s’era scelto di applicare il vincolo di aggiudicazione solo a parità di categoria merceologica, così consentendo ad uno stesso operatore di aggiudicarsi contemporaneamente la parte oil e non oil della stessa area e cumulare cinque aggiudicazioni per ciascuna delle due attività avvantaggiando gli operatori di maggiori dimensioni in spregio all’esigenza di concorrenza avuta di mira;

c. conclude il giudice nel senso che la scelta di suddividere in lotti la gara consegue ad una valutazione discrezionale dell’amministrazione che, se assunta, non necessita di specifica motivazione poiché l’art. 51, comma 1, del codice dei contratti pubblici va interpretato nel senso che la suddivisione in lotti costituisce la regola cui la stazione appaltante può derogare per giustificati motivi che vanno puntualmente espressi nel bando o nella lettera di inviti; la motivazione, pertanto, è richiesta per il caso opposto a quello verificatosi nella procedura in esame, ovvero qualora la stazione appaltante decida di non procedere alla suddivisione in lotti dell’appalto;

Autogrill dice errata la conclusione e per dimostrarlo ripropone il ragionamento già svolto nel ricorso di primo grado ed articolato in sintesi nei seguenti passaggi:

i) tra gli scopi del diritto euro – unitario v’è la promozione all’ingresso nel mercato delle PMI – piccole e medie imprese e a tal fine la direttiva – appalti (dir. 2014/24/UE) – sebbene non la direttiva – concessioni – prevede la normale suddivisione in lotti degli appalti e la possibilità per le stazioni appaltanti di inserire all’interno dei bandi limiti di partecipazione o limiti di aggiudicazione, con l’invito, però, ad introdurre correttivi che evitino l’eventualità che la stazione appaltante sia “costretta ad accettare soluzioni sostanzialmente meno vantaggiose rispetto a quella di un’aggiudicazione che raggruppi più lotti o tutti i lotti”;

ii) il legislatore italiano ha recepito le indicazioni della direttiva all’art. 51 del codice dei contratti pubblici fissando la regola, salvo deroga motivata, della suddivisione in lotti con espressa possibilità di vincoli di aggiudicazione; l’art. 164 estende alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione, per quanto compatibili, le disposizioni relative alle procedure di affidamento dei contratti di appalto;

iii) le norme sulla suddivisione in lotti, sui limiti di partecipazione e sui limiti di aggiudicazione sono norme correttive del normale processo concorrenziale – ovvero, altrimenti detto, di “regolazione asimmetrica di alcuni mercati” – che derogano al principio della concorrenza in quanto rivolte a frenare quel processo dinamico che porta alla crescita delle imprese più efficienti per garantire che PMI possano entrare nel mercato, e, dunque, al costo del sacrificio di una o più offerte giudicate migliori ma eccedenti i tetti di aggiudicazione e così di una rinuncia a vantaggi economici per la stazione appaltante e per l’utenza che potrebbe giovarsi di un’offerta qualitativamente superiore;

iv) ne segue che una stazione appaltante può legittimamente adottare una clausola che pone vincoli di aggiudicazione solo se, a seguito di adeguata istruttoria (ovvero di corretta analisi del mercato rilevante), giunga alla conclusione che si possa in questo modo realizzare in concreto un effetto di promozione della presenza di PMI nel mercato de quo e, correlativamente, il giudice può sindacare la scelta dell’amministrazione per eccesso di potere che sia incoerente con la finalità di promozione della presenza nel mercato delle PMI;

v) da altro punto di vista, la stazione appaltante è tenuta a dimostrare che la previsione di un tetto alle aggiudicazioni non costituisca una condizione che agevoli la formazione di accordi o pratiche concordate spartitorie tra le imprese che fanno parte del mercato, criticità ampiamente evidenziata dalla dottrina economica quale rischio comune alla suddivisione in lotti e all’adozione di vincoli di aggiudicazione;

vi) nel caso di specie Milano Serravalle avrebbe disposto la suddivisione in lotti e previsto il vincolo di aggiudicazione senza procedere nei sensi indicati e così in difetto di adeguata istruttoria; se lo avesse fatto, avrebbe potuto accertare che il mercato della ristorazione industriale in genere e, nello specifico, il segmento della ristorazione autostradale, costituisce un “oligopolio naturale” per le sue caratteristiche strutturali cui possono accedere solo imprese di dimensioni superiori alla media, onde la concorrenza potenziale (non è con PMI ma) riguarda altri grandi operatori della ristorazione industriale;

vii) la conclusione è che la previsione di un vincolo di aggiudicazione risulta, nel caso di specie, viziata per eccesso di potere in relazione al principio di ragionevolezza poiché esso non poteva, in un mercato avente tale struttura oligopolistica, svolgere la sua funzione primaria di favorire l’ingresso delle PMI.

3. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la connessione logica delle questioni che sono poste, sono infondati.

3.1. I primi due motivi per le ragioni che seguono.

3.1.1. In premessa va meglio precisato rispetto a quanto già precedentemente esposto che (al pari della scelta del terzo appaltatore per via dell’art. 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici anche) la scelta dei subconcessionari era qui da farsi a mezzo procedura di evidenza pubblica in virtù della già ricordata prescrizione contenuta nella clausola della Convenzione Unica (art. 28.1.b) nonché in conseguenza degli oneri a carico del concessionario autostradale di cui all’art. 11, comma 5-ter, l. 23 dicembre 1992 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica).

In quest’ultima disposizione, infatti, alle “società concessionarie autostradali” è fatto obbligo di: “(L') affidamento dei servizi di distribuzione carbolubrificanti e delle attività commerciali e ristorative nelle aree di servizio delle reti autostradali, in deroga rispetto a quanto previsto nelle lettere c) ed f) del comma 5, (avviene) secondo i seguenti princìpi:

a) verifica preventiva della sussistenza delle capacità tecnico-organizzative ed economiche dei concorrenti allo scopo di garantire un adeguato livello e la regolarità del servizio, secondo quanto disciplinato dalla normativa di settore;

b) valutazione delle offerte dei concorrenti che valorizzino l'efficienza, la qualità e la varietà dei servizi, gli investimenti in coerenza con la durata degli affidamenti e la pluralità dei marchi. I processi di selezione devono assicurare una prevalente importanza al progetto tecnico-commerciale rispetto alle condizioni economiche proposte;

c) modelli contrattuali idonei ad assicurare la competitività dell'offerta in termini di qualità e disponibilità dei servizi nonché dei prezzi dei prodotti oil e non oil “.

In sostanza, il concessionario autostradale era vincolato dalle citate disposizioni normative e convenzionali a scegliere i terzi subconcessionari a mezzo procedura evidenziale ossia secondo le regole proprie della contrattazione pubblica contenute nel codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), non rinvenendosi altrove la completa disciplina delle procedure di affidamento a terzi per via concorsuale di contratti di concessione di servizi.

3.1.2. Vero quanto sopra, non v’è ragione per disattendere il consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale la regola della suddivisione in lotti degli appalti prevista dall’art. 51 del codice trova applicazione anche alle procedure di affidamento di contratti di concessione di servizi, perché, come evidenziato dal giudice di primo grado, è comune ad entrambe le procedure – di affidamento di contratti di appalto e di contratti di concessione – l’esigenza di massima apertura del mercato che tale regola è diretta a garantire (cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 novembre 2018, n. 6611; V, 21 marzo 2018, n. 1811, ove più diffuse considerazioni su tale problematica).

3.1.3. Nessuna di quelle (ragioni) proposte dall’appellante, infatti, inducono ad un ripensamento: non la natura trilaterale del rapporto concessorio poichè attinente alla fase dell’esecuzione del contratto e, dunque, inconferente riguardo alla scelta del contraente, ma neppure l’eventualità evocata dall’appellante mediante riferimento alle disposizioni primarie e agli atti di indirizzo ministeriali che, per la suddivisione in lotti e l’operare del vincolo di aggiudicazione di un numero limitato di essi, possa darsi luogo ad affidamenti subottimali con perdita di vantaggi per l’utenza (e maggior costi per la stazione appaltante).

Anticipando qui quanto meglio si dirà nell’esame del terzo motivo di appello, può dirsi che entrambe le regole rispondono all’esigenza di apertura del mercato ed opposizione alla creazione di posizioni monopolistiche o, comunque, di predominio, obiettivo ritenuto meritevole dal legislatore per la convinzione che v’è sottesa che per questa via possa migliorare l’efficienza del servizio all’utenza e, dunque, in ragione delle stesse preoccupazioni che l’appellante assume a fondamento della sua critica alla regola della suddivisione in lotti, che, cioè, trovano tutela per altra via, come si avrà modo di chiarire, più immediata e diretta.

3.1.4. S’è detto che secondo l’appellante (nel secondo motivo di appello) non potrebbe qui applicarsi l’art. 51 del codice perché la stazione appaltante solo apparentemente avrebbe avviato un’unica procedura per l’affidamento di unico contratto di tutti i servizi, trattandosi invece di tanti (per quanti sono i lotti) “titoli di accesso al mercato” ovvero di “contratti” affidati parallelamente.

Ribadito, quanto all’oggetto dell’affidamento, che si trattava di contratti di subconcessione di servizi, per quanto permangano dubbi in giurisprudenza sulla natura, unitaria o frazionata, della procedura di affidamento suddivisa in lotti, è certo che essa si conclude in ogni caso con la stipulazione di distinti contratti aventi ad oggetto ciascuno dei lotti (non foss’altro per il fatto che diversi sono gli aggiudicatari).

Che ciò fosse previsto quale esito della procedura indetta da Milano Serravalle è, dunque, del tutto fisiologico e conferma, e non nega, che si tratti proprio della procedura prevista dall’art. 51 del codice dei contratti pubblici.

Per il resto, detto che il comune significato di “lotto” è nella lingua italiana propriamente “ciascuna delle parti in cui viene suddiviso un tutto” (da assegnare in vario modo anche mediante “sorteggio” o “asta” e in cui, dunque, v’è il riferimento al primigenio significato che rinvia al “gioco”), vale quanto già esposto dal giudice di primo grado in punto di agevole indentificabilità in rerum natura, per la differente collocazione geografica delle aree di servizio, e dal punto di vista tecnico-organizzativo, per la differenza dei servizi, di ristoro e supporto all’utenza, delle differenti “parti” dell’unitario servizio pubblico in affidamento.

Ricorreva, dunque, nella procedura in esame il presupposto fattuale che consentiva di far applicazione della regola di cui all’art. 51 del codice dei contratti pubblici.

3.2. Anche il terzo motivo di appello è infondato.

3.2.1. L’appellante ribadisce che Milano Serravalle non avrebbe potuto disporre la suddivisione in lotti della procedura di gara, né prevedere il vincolo di aggiudicazione di cinque di essi, se non a conclusione di una attenta analisi di mercato e dandone, comunque, adeguata giustificazione negli atti di gara. Ciò in quanto – lo si ripete in estrema sintesi – l’applicazione non adeguatamente ponderata delle due regole porterebbe ad affidamenti di contratti pubblici non ottimali, non realizzando, al contempo, lo sperato effetto di apertura del mercato alle PMI.

3.2.2. Così non è.

Prima d’ogni altra considerazione, la lettura dell’art. 51 del codice dei contratti pubblici proposta dall’appellante non trova riscontro – ed anzi è smentita – dalla struttura logico – linguistica della disposizione.

Nel primo periodo del primo comma è stabilito che “Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui altri articoli 99 e 139.”.

L’art. 51, comma 1, del codice è norma giuridica costruita nella forma linguistica della proposizione prescrittiva: il legislatore altro non vuole che l’adeguamento ad essa dei suoi destinatari.

La stazione appaltante, che indice una procedura di gara, è tenuta a suddividere in lotti l’appalto incorrendo altrimenti in un provvedimento illegittimo e dunque annullabile.

Per principio (di teoria) generale (del diritto) a chi si adegua ad un precetto non si può richiedere (né è lecito attendersi) alcuna giustificazione perché la condotta conforme al precetto è la forma con la quale il destinatario manifesta la sua adesione ad esso. Al contrario, è colui che non si adegua che deve giustificarsi per evitare la sanzione. E la giustificazione può consistere nella prova di trovarsi in uno dei casi in cui la regola fa eccezione.

In coerenza, il legislatore onera la stazione appaltante di motivare la scelta di non suddividere la procedura di gara in lotti, ossia di non adeguarsi al precetto.

3.2.3. La giurisprudenza è assolutamente concorde nel dare la esposta lettura della disposizione in esame: “Si deve da subito rilevare che la giurisprudenza di questa Sezione ha rimarcato più volte non solo la legittimità, ma anche il rispetto del principio del buon andamento nella divisione di un pubblico appalto in lotti, con il rammentare che in materia di appalti pubblici è senz'altro principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all'art. 51 D.Lgs. n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza. (Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020 n. 973). Della quale vi è violazione in caso di previsione di lotti di importo spropositato (Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038) e riferiti ad ambiti territorialmente incongrui.” (così Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2020, n. 7455 ma di identico tenore: sez. III, 21 gennaio 2021, n. 4762; III, 12 febbraio 2020, n. 1076; V, 11 gennaio 2018, n. 123).

Va qui aggiunta una spiegazione utile a meglio comprendere il rapporto tra la disposizione qui in esame e quella del terzo comma dello stesso art. 51 ove è previsto il vincolo di aggiudicazione: la suddivisione in lotti di una procedura di gara favorisce l’apertura del mercato alle PMI poiché consente alla stazione appaltante di richiedere requisiti di partecipazione che, in quanto parametrati su singoli lotti, sono inevitabilmente meno gravosi di quelli che, in termini di capacità economica e prestazionali, sarebbero richiesti per la partecipazione all’intera procedura di gara; requisiti questi ultimi dei quali sono in possesso solo imprese di grandi dimensioni.

In definitiva, l’apertura alla concorrenza è realizzata per via indiretta rendendo possibile la formulazione di un’offerta che, invece, per una procedura unitaria, non sarebbe neppure proponibile.

3.2.4. Discorso solo parzialmente diverso va fatto per il vincolo di aggiudicazione.

Il comma 3 dell’art. 51 prevede che “Le stazioni appaltanti possono, anche ove esista la facoltà di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”. Così costruito l’articolo citato non contiene una norma in forma precettiva ma (in forma) ipotetica: la sua applicazione non è necessitata, ma dipende dall’adesione del destinatario. Adesione comunque orientata dallo (possibilità di conseguire) scopo del precetto e richiesta sul presupposto del ricorrere di situazioni in cui imporre il rispetto del precetto avrebbe effetto contrario allo scopo.

3.2.5. La giurisprudenza concordemente assegna al vincolo di aggiudicazione lo scopo di favorire l’accesso al mercato delle PMI; precisamente, il vincolo di aggiudicazione “…consente anche alle imprese di minor peso di superare la concorrenza di quelle dominanti nel settore che possono offrire condizioni più vantaggiose per tutti i lotti della stessa procedura di gara (…). La finalità pro-concorrenziale è assicurata consentendo la distribuzione dei lotti tra il maggior numero possibile di concorrenti onde incentivare la concorrenza sul mercato e ridurre l'eventualità di situazioni di monopolio od oligopolio. Essa si realizza, non al momento della partecipazione alla gara (che può essere consentita a tutti i concorrenti anche per tutti i lotti: arg. ex art. 51, comma 3), ma quando le operazioni di gara si siano concluse con le proposte di aggiudicazione per i singoli lotti” (così Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2021, n. 2350, ma analoghe considerazioni in Cons. Stato, V, 15 marzo 2021, n. 2184; III, 18 gennaio 2021, n. 505).

In sostanza, e riprendendo il discorso appena svolto sulle modalità con le quali le due regole favoriscono l’apertura del mercato alla concorrenza, si può dire che il vincolo di aggiudicazione traduce in atto quel che la suddivisione in lotti esprime in potenza; se, infatti, mediante la suddivisione in lotti si rende possibile la presentazione dell’offerta anche da parte di PMI, non per ciò solo si realizza un’effettiva apertura del mercato, potendo le imprese di grandi dimensioni accaparrarsi tutti i lotti per la capacità di offrire condizioni più vantaggiose e così mantenere, anche al termine della procedura, il medesimo assetto iniziale del mercato.

Diversamente, con il vincolo dell’aggiudicazione, il cui effetto naturale è proprio quello di aumentare il numero degli aggiudicatari, è impedito che si realizzino o si consolidino situazioni di concentrazione e tendenze in senso oligopolistico o monopolistico del mercato.

In sostanza, con il vincolo di aggiudicazione si incide sull’assetto del mercato in senso concorrenziale, con effetti destinati a travalicare anche la singola procedura di gara ed a riflettersi invece sulla futura sistemazione del segmento interessato.

In questo senso, il vincolo di aggiudicazione è misura complementare alla suddivisione in lotti della procedura la cui applicazione è scelta in via preferenziale come essenziale completamento della disposta suddivisione in lotti e di regola prevista dalla stazione appaltante per la più sicura realizzazione della finalità enunciata dal legislatore in apertura dell’art. 51 (“…favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese”).

Solo se sia certa dell’impossibilità di conseguire l’apertura del mercato per la via del vincolo di aggiudicazione la stazione appaltante potrà decidere di compiere una scelta differente, pena il sovvertimento della gerarchia assiologica che il legislatore ha precisamente enunciato.

3.2.6. La giurisprudenza afferma che:

a) il vincolo di aggiudicazione e la decisione di limitare l’aggiudicazione di tutti i lotti allo stesso concorrente costituisce una facoltà discrezionale dell’amministrazione che se non è previsto non dà luogo ad illegittimità del bando (Cons. Stato, sez. III, 9 febbraio 2021, n. 1193; III, 14 dicembre 2020, n. 7962; III, 9 giugno 2020, n. 3683);

b) il concorrente che intende contestare il vincolo di aggiudicazione è tenuto a dimostrare la sua inadeguatezza nel caso concreto rispetto alla finalità proconcorreziale per la quale il legislatore lo prevede (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 gennaio 2021, n. 627).

Le censure dell’appellante vanno, allora, esaminate anche da quest’ultimo punto di vista, considerando, cioè, se, effettivamente per la procedura in esame, v’è ragione di ritenere che disporre il vincolo di aggiudicazione non fosse scelta ragionevole alla luce della particolare conformazione del mercato, di stampo oligopolistico, con possibilità di dar luogo ad affidamenti subottimali.

3.2.7. Il ragionamento di Autogrill Italia, per quanto suggestivo, non può essere condiviso.

3.2.7.1. Ammesso che, come prospettato dall’appellante, il (segmento) di mercato della ristorazione autostradale sia conformato in senso oligopolistico, con poche imprese di grandi dimensioni che si confrontano, a maggior ragione ricorre qui la necessità di ampliare la concorrenza favorendo l’ingresso di altre imprese, anche se di medie o piccole dimensioni.

L’oligopolio, infatti, più si rafforza, meno risulta efficiente. È noto dagli studi economici che in questa tipologia di mercato le scelte delle imprese dipendono dalle scelte delle imprese rivali per cui, nel lungo periodo, l’incertezza sulle scelte di rivali inducono l’imprenditore ad investire le proprie risorse in maniera predominante nell’obiettivo di conservare la propria condizione oligopolistica e di consolidarla.

La massimizzazione del profitto sarà, cioè, conseguita non mediante il miglioramento del servizio (o l’innovazione dei contenuti offerti), ma cercando di impedire l’ingresso alle altre imprese concorrenti. Tale elaborazione teorica trova la sua sintesi in economia nell’affermazione per la quale il mercato oligopolistico è ispirato al canone quieta non movere.

3.2.7.2. Non è un caso, pertanto, che il mercato oligopolistico è il tipo di mercato che dà più frequentemente luogo a fenomeni di c.d. collusione tacita tra le imprese, come ben noto al settore dell’antitrust nell’ambito del quale sono state analizzate le modalità con le quali la collusione si può realizzare, considerato che spesso la stessa neppure si traduce in un accordo tra le imprese formalmente approvato (cfr. Comunicazione della Commissione europea in tema di “Orientamenti per l’analisi di mercato e la valutazione del significativo potere di mercato ai sensi del quadro normativo dell’UE per le reti e i servizi di comunicazione elettronica” pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 7 maggio 2018 in cui è svolto un discorso di carattere generale sul mercato oligopolistico).

3.2.7.3. Le precedenti considerazioni portano a dire non condivisibile anche la riflessione dell’appellante sulla possibilità che il vincolo di aggiudicazione applicato nel contesto di siffatta tipologia di mercato dia luogo ad affidamenti subottimali; è vero il contrario: non utilizzare misure di apertura all’ingresso di PMI sul mercato – quale è indubbio sia il vincolo di aggiudicazione nelle procedure di gara suddivise in lotti – significa favorire quella concentrazione che paralizza la virtuosa dinamica concorrenziale poiché la grande impresa o le poche grandi imprese, sicure della loro posizione verso gli estranei, possono essere indotte a spostare la competizione esclusivamente sul piano della riduzione dei costi, anche a discapito della qualità del servizio, al contrario dell’impresa che cerca di accedere al mercato la quale, per condivisa opinione degli studiosi e comune esperienza, concorre sul piano della migliore offerta al consumatore, più innovativa e maggiormente attrattiva. Che è poi l’obiettivo cui è ispirato l’intero ordito normativa euro-unitaria e interno con finalità proconcorrenziale e, dunque, in primo luogo, proprio le disposizioni del codice dei contratti pubblici.

3.2.7.4. Nel caso di specie, poi, l’eventualità che si verificassero affidamenti subottimali dal punto di vista della qualità dei servizi offerti all’utenza era escluso dallo stesso criterio di scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa con prevalenza di criteri qualitativi di valutazione su quelli quantitativi, tale per cui non avrebbe ben potuto collocarsi in graduatoria quell’impresa che non avesse offerto validamente il servizio richiesto.

3.2.8. In conclusione: Milano Serravalle non era tenuta a motivare la decisione di suddividere in lotti la procedura, poteva prevedere il vincolo all’aggiudicazione senz’altra indagine né nulla spiegare perché misura naturalmente complementare alla suddivisione in lotti al fine di garantire l’apertura alla concorrenza del settore di mercato interessato dalla procedura; nel caso concreto, poi, le ragioni indicate dall’appellante non valgono a dire la previsione del vincolo irragionevole o, comunque, illogica.

3.2.9. Le ragioni esposte tolgono rilievo agli altri argomenti con i quali Autogrill critica la condotta della stazione appaltante:

- la circostanza che Milano Serravalle abbia trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una prima versione del bando priva della clausola contenente il vincolo di aggiudicazione dimostra proprio quel che l’appellante intende negare, vale a dire che la questione della convenienza del vincolo è stata oggetto di riflessione e approfondimento tra la fase della trasmissione del bando al Ministero e la sua pubblicazione con conseguente conclusione nel senso di aderire alla preferenza che la norma accorda allo stesso quale modalità di apertura alla concorrenza;

- la nota di risposta del 10 giugno 2020 alla richiesta di precisazioni da parte di Autogrill (il cui contenuto appare utile riportare: “la suddivisione della procedura di affidamento in Lotti nonché la fissazione di un tetto massimo nell’aggiudicazione degli stessi e i criteri all’uopo stabiliti rispondono agli obiettivi strategici e alle esigenze tecniche ed economiche della stazione appaltante, e risultano del tutto conformi ai fondamentali principi e alle precipue finalità di concorrenza e apertura al mercato sottese all’attuazione del Codice dei Contratti Pubblici”), non certo qualificabile come motivazione postuma, poiché di una motivazione in senso adesivo alle indicazioni normative non v’era necessità, dà conto in maniera esatta delle finalità di apertura alla concorrenza cui è diretto il vincolo di aggiudicazione, e non va travisata, come fa l’appellante, nel senso che l’obiettivo strategico perseguito fosse quello di ridimensionare la sua posizione sul mercato poiché non v’è alcun elemento che possa condurre a supportare simile conclusione;

- l’analisi degli effetti concretamente prodotti dal vincolo di aggiudicazione al termine della procedura de quo – che comunque non ha rilievo alcuno per giudicare della legittimità degli atti – è poco condivisibile: gli operatori aggiudicatari sono aumentati per effetto del vincolo e ciò è sufficiente a dire che s’è evitato quella maggiore concentrazione nel mercato che, come si è detto, è foriera di inefficienze; che ciò si avvenuto mediante scorrimento di graduatoria – ovvero con quello che l’appellante definisce perdita di punteggio tecnico – è evenienza fisiologica ed anzi è la modalità di attuazione in concreto del vincolo di aggiudicazione, che, dunque, non potrebbe evitarsi senza disapplicare la norma in contrasto – lo si è già detto – con la scelta valoriale compiuta dal legislatore; che, infine, il vincolo di aggiudicazione abbia consentito ad alcuni operatori di ottenere aggiudicazioni “stando a guardare” è smentito dai punteggi tecnici ottenuti che hanno consentito l’utile collocazione in graduatoria; che, infine, reiterando in successive procedure la decisione di prevedere il vincolo di aggiudicazione possa stimolare comportamenti strategici o intese restrittive è, a questo momento, una mera congettura priva di qualsivoglia riscontro nei fatti.

3.2.10. Il Collegio non ravvisa profili di contrasto dell’art. 51 del codice dei contratti pubblici con le disposizioni costituzionali (e, segnatamente, con l’art. 41 Cost. perché, ammesso pure che si possa dire il vincolo di aggiudicazione misura limitativa dell’iniziativa economica privata, la finalità proconcorrenziale rientra in ragioni di utilità sociale che tali limiti consentono), né dubita che l’interpretazione del vincolo di aggiudicazione – e la sua conseguente applicazione al caso concreto – possa contrastare con le disposizioni di diritto euro-unitaria dalle quali deriva (e, segnatamente, con il principio di proporzionalità richiamato dall’art. 18, par. 1, della direttiva 2014/24/UE in relazione al fine di favorire l’ingresso e la presenza delle PMI poiché, come ampiamente spiegato, la norma che prevede il vincolo di aggiudicazione esprime una preferenza del legislatore in quanto misura complementare alla suddivisione in lotti per realizzare la finalità di apertura alla concorrenza, ma adattabile alle circostanze concrete nell’ambito degli spazi di discrezionalità rimessi all’amministrazione).

3.3. In conclusione, l’appello va integralmente respinto e la sentenza di primo grado confermata.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Autogrill Italia s.p.a. al pagamento delle spese del presente grado del giudizio, che liquida in € 5.000,00 oltre accessori e spese di legge per ciascuna parte, a favore di Milano Serravalle – Milano Tangenziali s.p.a., My Chef Ristorazione Commerciale s.p.a. e Chef Express s.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato si sofferma sul rapporto tra la suddivisione in lotti ed il vincolo di aggiudicazione, quali istituti previsti all’interno dell’art. 51 del D.Lgs. n. 50 del 2016 che, seppur distinti e funzionalmente autonomi, condividono la finalità di garanzia del massimo confronto concorrenziale in gara.

L’art. 51 cit., che riprende il dettato della direttiva appalti n. 2014/24/UE, contiene infatti due disposizioni: una prescrittiva e l’altra facoltativa.

La prima, relativa ai lotti, prevede che le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali o prestazionali in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture ed in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese (comma 1).

La seconda, invece, permette alle stazioni appaltanti di limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offerente in presenza di circostanze che rendano opportuna e necessaria tale limitazione ed a condizione che la legge di gara prescriva il numero massimo di lotti aggiudicabili al medesimo concorrente (comma 3).

Nel caso di specie gli istituiti contemplati nella disposizione citata venivano in rilievo con riferimento ad un affidamento in (sub)concessione della gestione del servizio di distribuzione di prodotti carbolubrificanti e del servizio di ristoro nelle aree ubicate lungo le tratte autostradali in concessione a Milano Serravalle, chiamata a rivestire - in questa sede - la qualifica di stazione appaltante.

La procedura di gara, in particolare, era suddivisa in 32 lotti, corrispondenti a ciascuna area di servizio, ed era previsto, da apposita clausola, che al medesimo concorrente non potessero essere aggiudicati più di cinque lotti. Invero, nel caso in cui l’operatore economico fosse risultato aggiudicatario di un numero superiore, la stazione appaltante avrebbe provveduto ad affidargli unicamente i cinque lotti aventi maggior valore economico.

Avverso la legge di gara insorgeva la ricorrente che, da un lato, riteneva inapplicabile alle concessioni di servizi della disciplina prevista dall’art. 51 del codice dei contratti pubblici, a suo dire, valevole unicamente per i contratti di appalto; dall’altro, contestava – breviter - una non corretta lettura dell’art. 51 cit. da parte della Concessionaria, stazione appaltante, posto che la suddivisione in lotti, nel caso di specie, si sarebbe rivelata incompatibile con il settore di riferimento e di fatto avrebbe portato ad un risultato addirittura anticoncorrenziale, in distonia con la finalità precipua dell’istituto.

Nel pronunciarsi sull’appello, il Supremo Consesso si è, preliminarmente, soffermato sulla natura dell’affidamento, inquadrandolo nell’alveo della sub-concessione di servizi. Trattandosi infatti di una sub-contrattazione, intesa quale contratto derivato con il quale il concedente trasferisce al terzo subcontraente facoltà e poteri che egli ha acquisito per aver concluso il contratto principale, si sarebbe dovuto far applicazione del precetto contenuto all’art. 164 del medesimo D.Lgs. 50/2016. La disposizione citata, invero, estende alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione, per quanto compatibili, le disposizioni relative alle procedure di affidamento dei contratti di appalto.

Una volta acclarata l’operatività delle disposizioni del D. Lgs. 50/2016 ed accertata l’inequivocabile connotazione pubblicistica del subaffidamento, il Giudice di secondo grado ha ritenuto l’applicazione della disposizione di cui all’art. 51 non solo corretta ma ancor prima doverosa (stante la sua finalità posta a presidio ed a garanzia di tutela della massima apertura del mercato).

Sulla scia di tali premesse, il Consiglio di Stato ha poi condotto un puntuale esame dell’art. 51 cit., ricostruendo ed illustrando la logica, le finalità e gli obiettivi che hanno portato il legislatore europeo, e poi nazionale, ad introdurre la regola generale della suddivisione in lotti delle procedure di gara.

In merito alla finalità a cui è ancorata la suddivisione in lotti, è doveroso ricordare come l’istituto soddisfi in pieno l’esigenza di estendere il confronto concorrenziale, in conformità col principio del favor partecipationis. Infatti, il frazionamento delle commesse porta alla parcellizzazione dei singoli requisiti qualitativi, tecnici ed economici, i quali vengono modulati in riferimento alla porzione di commessa riferibile a quel singolo lotto e, perciò, resi meno gravosi di quelli che, in termini prestazionali, sarebbero richiesti per la partecipazione all’intera procedura di gara.

Allo stesso tempo, oltre all’interesse delle piccole/medie imprese, la norma massimizza anche l’interesse pubblico poiché, nel permettere una maggiore partecipazione di imprese in gara, aumenta altresì la probabilità per la stazione appaltante di conseguire il miglior prodotto esistente sul mercato al prezzo più conveniente, il tutto a vantaggio dell’efficienza del servizio reso all’utenza.

L’importante funzione attribuita all’istituto permette di comprendere altresì la ragione per cui l’art. 51 presenta una portata fortemente precettiva, tale da vincolare la pubblica amministrazione al rispetto del comando, con possibilità di derogarvi unicamente laddove sussistano delle comprovate ragioni che rendano inopportuna la suddivisione. 

La norma, dunque, nel ripropone lo schema “regola-eccezione”, accorda una chiara preferenza per la suddivisione in lotti, senza che tuttavia il principio si riveli come una regola inderogabile. Al contrario, come anticipato, “ la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza” (es. Cons. St., sez. V, 7 febbraio 2020, n. 973; 26 giugno 2017, n. 3110; sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857).

È dunque posto a carico della stazione appaltante l’onere di motivare la propria scelta di discostarsi dal precetto normativo, sulla base di valutazioni che debbono resistere al vaglio della logicità e plausibilità alla luce dell’interesse pubblico perseguito in concreto. 

Tale onere motivazionale non sussiste nel caso opposto in cui l’amministrazione provveda alla suddivisione in lotti posto che, su tale scelta, insiste una sorta di presunzione implicita di legittimità, che dovrà al più essere superata dal concorrente che si dolga della non correttezza dell’agere amministrativo, con onere probatorio a suo carico. Peraltro “la suddivisione in lotti è espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione sindacabile in sede giurisdizionale sotto l’aspetto della ragionevolezza e proporzionalità e dell’adeguatezza dell’istruttoria (ex multis, cfr. Cons. St., sez. III n., 21 marzo 2019, n. 1857; Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044;); in ogni caso l’ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito non è suscettibile di essere censurato in base a meri criteri di opportunità” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1138). 

L’istituto della suddivisione in lotti si compensa, poi, con il diverso e autonomo istituto, previsto al comma terzo del medesimo art. 51, ossia il c.d. vincolo di aggiudicazione. Esso consiste nell’imposizione da parte della stazione appaltante di un limite massimo di lotti che possono essere aggiudicati al medesimo concorrente.

Esattamente come la suddivisione in lotti, lo scopo di tale istituto è senz’altro quello di favorire l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese, dal momento che consente la distribuzione dei lotti tra il maggior numero possibile di concorrenti, incentivando la concorrenza sul mercato e riducendo l'eventualità di situazioni di monopolio od oligopolio.

Tuttavia, a differenza del primo, l’istituto realizza la propria funzione, non già “al momento della partecipazione alla gara (che può essere consentita a tutti i concorrenti anche per tutti i lotti: arg. ex art. 51, comma 3), ma quando le operazioni di gara si siano concluse con le proposte di aggiudicazione per i singoli lotti” (così Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2021, n. 2350, Cons. Stato, V, 15 marzo 2021, n. 2184; III, 18 gennaio 2021, n. 505).

Pertanto, i due istituti finora esaminati si collocano in momenti temporali diversi: il primo nella fase della definizione della procedura, permettendo la partecipazione a più imprese di diverse dimensioni, il secondo nella fase successiva dell’aggiudicazione, limitando le ipotesi di accaparramento dei lotti tutte in capo alle medesime imprese che, per dimensioni più elevate, sarebbero in grado di offrire condizioni economiche potenzialmente più vantaggiose.

Detto altrimenti, il vincolo di aggiudicazione evita che sia vanificato l’intento pro-concorrenziale sotteso alla suddivisione in lotti e perciò tutela in concreto la possibilità per le imprese di piccole e medie dimensioni di poter conseguire quell’utilità a cui ambiscono dalla partecipazione in gara, ossia l’aggiudicazione della commessa e la conseguente conclusione di contratti con la P.A. Come perfettamente espresso dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento: “il vincolo di aggiudicazione traduce in atto quel che la suddivisione in lotti esprime in potenza”. 

In definitiva, se la separazione della procedura in lotti esplica i suoi effetti limitatamente alla procedura di gara, permettendone la massima partecipazione dei concorrenti, il vincolo di aggiudicazione incide sull’assetto del mercato in senso concorrenziale, con effetti potenzialmente destinati a travalicare la singola procedura di gara.