Consiglio di Stato, sez. V, 15 giugno 2021, n. 4641
Come emerge dall’esame degli atti l’impugnato provvedimento di diniego di autorizzazione al subappalto è stato giustificato dalla mera omissione dichiarativa delle condanne riportate da una figura professionale di spicco dell’organizzazione imprenditoriale dell’appellante, senza alcuna loro autonoma valutazione ai fini dell’affidabilità professionale, valutazione tanto più necessaria in ragione della loro natura e della loro tenuità, del fatto che non fossero attinenti alle specifiche funzioni di quella figura professionale e che comunque fossero state in parte depenalizzate, in parte condonate.
-È ancora appena il caso di aggiungere che un onere informativo può legittimamente considerarsi posto a carico del concorrente solo se circoscritto alle notizie astrattamente idonee a porne in dubbio l’integrità o l’affidabilità, da individuarsi sulla base di un criterio di “ragionevole esigibilità”, dovendosi in tal senso intendere solo quelle espressamente previste come tali dal Codice dei contratti e dalla lex specialis di gara.
L’Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 16 del 28 agosto 2020, ha ribadito che l’esclusione per omissioni dichiarative del concorrente in relazione a reati c.d. “non ostativi” non può mai essere automatica.
-Applicando tali principi alla fattispecie in esame non può negarsi che il provvedimento impugnato in primo grado è viziato proprio per l’effetto espulsivo immediato ed automatico fatto seguire all’omissione dichiarativa, senza alcuna valutazione della rilevanza dei fatti e/o elementi omessi e della loro incidenza sulla integrità ed affidabilità dell’operatore economico, tanto più che la violazione di quell’obbligo neppure risultava espressamente sanzionato con misura espulsiva dalla legge di gara.
Nelle procedure di gara non devono essere mai carenti i rapporti di leale collaborazione e correttezza tra stazione appaltante ed operatore economico.
Tuttavia può accadere che i richiamati principi siano elusi da entrambi i partecipanti alla gara, pubblica amministrazione e operatore economico. Tuttavia, anche in tale situazione, i criteri che regolano il diritto amministrativo tendono a far si che i soggetti coinvolti possano trovarsi nella situazione di poter superare gli ostacoli alla positiva conclusione della gara.
Un rallentamento o, nel caso limite, un blocco della selezione si può concretamente realizzare quando, proprio nell’ambito della procedura selettiva, il concorrente sia incorso in un comportamento errato relativamente alle dovute informazioni richieste dalla stazione appaltante.
Nella fattispecie in esame il competente TAR aveva giustificato il diniego di autorizzazione di un subappalto deciso da Consip ai danni di un operatore economico sulla base di una mera omissione dichiarativa; tale mancanza riguardava le condanne riportate, caratterizzate da elevata tenuità, senza che l’amministrazione aggiudicatrice compisse una valutazione delle stesse.
Il supremo Consesso censura totalmente l’interpretazione fornita dal giudice di prime cure, anche in considerazione dell’assenza di violazioni di obblighi dichiarativi prevista a pena di esclusione da una norma o dalla medesima legge speciale di gara.
Rinviando alla specifica giurisprudenza la Sezione ricorda come la violazione degli obblighi informativi possa comportare l’esclusione del concorrente solo nel caso in cui tale valutazione sia stata valutata discrezionalmente dalla stazione appaltante.
Di conseguenza, continuano i giudici, l’esclusione dalla gara può essere sancita dalla stazione appaltante solo nel caso in cui, in base alla suddetta valutazione, sia accertato che sussistano fondati dubbi sull’integrità o sull’affidabilità dell’operatore medesimo.
A tal proposito il Consiglio di Stato, richiamando quanto stabilito dall’Adunanza Plenaria n.16 del 28 agosto 2020, interviene in modo puntuale, soffermandosi sull’importanza che siano individuate con precisione le condizioni tali da considerare giuridicamente dovuta l’informazione. Sul punto la Sezione evidenzia due distinte fattispecie: a) l’omissione di informazioni b) la falsità delle dichiarazioni. Indubbiamente, prosegue il Collegio, sia con riferimento alla fattispecie di cui alla lettera a), sia in relazione alla più grave ipotesi di cui alla lettera b) dovrà sempre intervenire, con l’esclusione di qualsiasi automatismo escludente, l’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante in merito al giudizio di affidabilità o meno del concorrente.
In conclusione il supremo Consesso, nell’applicare i sopra riportati principi alla fattispecie in esame, afferma che il provvedimento impugnato in primo grado sia viziato proprio per l’effetto espulsivo immediato ed automatico fatto seguire all’omissione dichiarativa. Peraltro, come detto, la competente stazione appaltante non avrebbe compiuto alcuna valutazione della rilevanza dei fatti e/o elementi omessi e della loro incidenza sulla integrità ed affidabilità dell’operatore economico.
LEGGI LA SENTENZA
Pubblicato il 15/06/2021
N. 04641/2021REG.PROV.COLL.
N. 03950/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3950 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Latorraca e Mario Lavatelli, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Engie Servizi s.p.a., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, 3 febbraio 2020, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consip s.p.a.;
Visto il dispositivo di sentenza n. 8899 del 29 dicembre 2020;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2020, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall'art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, il consigliere Angela Rotondano e uditi, con le stesse modalità, l'avvocato Latorraca e l'avvocato dello Stato Jacoangeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo per la Lombardia la società -OMISSIS- (di seguito “-OMISSIS-”) impugnava il diniego di autorizzazione all’affidamento in subappalto, adottato nei suoi confronti da Consip s.p.a., giusta provvedimento della Divisione pianificazione e supporto operativo prot. 13602 dell’8 aprile 2019, in relazione a due richieste, concernenti il servizio di manutenzione dei quadri elettrici presso l’A.S.S.T. Fatebenefratelli Sacco e l’A.S.S.T. Gaetano Pini di Milano, formulate dall’appaltatrice Engie Servizi s.p.a., mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario della convenzione del “servizio integrato energia per le pubbliche amministrazioni, ed. II (lotto 3)”, relativa alla procedura indetta con bando di gara pubblicato sulla G.U.U.E il 20 maggio 2009, nonché ogni atto presupposto, connesso, consequenziale, con domanda di condanna della Consip al risarcimento del danno conseguente al provvedimento illegittimo.
Il diniego era stato giustificato dalla omessa dichiarazione da parte della ricorrente nell’apposito modello predisposto da Consip di una sentenza di condanna, risalente al 2009, alla pena di € 450 di multa per i reati di ingiurie e lesioni lievissime a carico del proprio direttore tecnico.
2. Il ricorso era affidato ai seguenti motivi di impugnazione: “1) violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006); eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto; violazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000; violazione del principio del buon andamento della p.a.; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici sotto diverso profilo; inesistenza della lex specialis (lettera d’invito); 3) in via gradata, ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 46 del Codice dei contratti pubblici e del principio del soccorso istruttorio; 4) eccesso di potere per omessa valutazione in ordine al requisito della moralità professionale; violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990; carenza di motivazione; 5) violazione dell’art. 1 della l. n. 241/1990; violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza rispetto all’obiettivo perseguito dalla p.a., anche in relazione a quanto previsto dal diritto europeo; 6) eccesso di potere per sviamento dalla sua causa tipica per il perseguimento di scopo diverso da quello previsto per legge”.
3. Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito Tribunale, nella resistenza di Consip, ha respinto il ricorso, compensando le spese di lite.
Il Tribunale in sintesi ha ritenuto che l’omissione dichiarativa contestata rivestisse portata escludente in quanto: a) sebbene il reato di ingiurie fosse stato depenalizzato, nondimeno la condanna era stata riportata anche per il reato di lesioni lievissime che, pur condonato con indulto, non era stato dichiarato estinto da una pronunzia del giudice dell’esecuzione penale; b) non era concedibile l’errore scusabile (in tesi indotto dal modulo della domanda di partecipazione e dalla sua formulazione); c) quanto poi all’assenza di indicazioni della predetta condanna nel certificato del casellario, sarebbe stato sufficiente una mera interlocuzione con il soggetto interessato dalla condanna per acquisire le informazioni omesse.
4. Avverso la sentenza la società -OMISSIS- ha proposto appello, deducendone l’erroneità e chiedendone la riforma per i seguenti motivi: “1) Erroneità della sentenza impugnata per illogicità manifesta, contraddittorietà, violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. c) del codice dei contratti pubblici, travisamento dei presupposti di fatto; 2) Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui dichiara non veritiera la dichiarazione del rappresentante legale della società appellante. Ancora violazione dell’art. 38 D.lgs. 163/2006 e travisamento dei presupposti di fatto. Assenza di una lex specialis; 3) Erroneità della sentenza nella parte in cui non considera l’eccepita assenza di una lex specialis. Ancora violazione dell’art. 38 D.Lgs. 163/2006. Ancora travisamento dei fatti; 4) Omessa pronuncia. Violazione dell’art. 112 c.p.c. e 39 c.p.a.”.
L’appellante ha anche riproposto i motivi di ricorso non esaminati dalla sentenza di primo grado.
4.1. Si è costituita in resistenza la Consip, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata. La stessa nella memoria depositata nell’imminenza della trattazione del merito ha eccepito l’inammissibilità ed improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse, in considerazione dell’integrale esecuzione dei due subappalti da parte dell’appellante.
4.2. All’udienza del 17 dicembre 2020, udita la discussione dei difensori delle parti in collegamento da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. L’appello è fondato.
5.1. Con il primo motivo di gravame l’appellante sostiene che la sentenza impugnata non avrebbe considerato la ratio legis dell’art. 38, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 2006, n. 163, richiamata nel modello per la valutazione della moralità professionale predisposto dalla stazione appaltante, giungendo a conclusioni formalistiche ed erronee sull’interpretazione della disciplina. La suddetta norma, a suo avviso, è chiara nel disporre l’esclusione dalla partecipazione dalle gare pubbliche per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità o di natura associativa che “incidono sulla moralità professionale”; tanto non sarebbe quanto ai risalenti reati di cui si controverte, in parte condonati e in parte depenalizzati, che non hanno alcuna attinenza con la moralità professionale (come peraltro già apprezzato in sede cautelare dallo stesso Consiglio di Stato con ordinanza n. 4188 del 30 agosto 2019). Pertanto l’amministrazione aggiudicatrice non avrebbe effettuato in concreto la necessaria valutazione di incidenza sulla moralità professionale né dei precedenti penali, né dell’omissione dichiarativa.
5.2. Con il secondo motivo l’appellante critica la statuizione della sentenza secondo cui la dichiarazione resa dalla società in sede di partecipazione alla gara non sarebbe stata veritiera e perciò avrebbe determinato il venir meno della moralità professionale, negando decisamente tale circostanza e sottolineando che al più si sarebbe potuta ravvisare un’omissione dichiarativa (id est: una dichiarazione incompleta, peraltro neppure effettivamente rinvenibile in concreto); la predetta sentenza avrebbe poi malamente apprezzato la doglianza con cui era stato evidenziato che i fatti della cui omessa dichiarazione si discuteva erano estranei alla sfera di conoscibilità della società esigibile secondo l’ordinaria diligenza, trattandosi di fatti e notizie non attinenti alla sfera professionale.
5.3. Con il terzo motivo l’appellante lamenta che la sentenza avrebbe inopinatamente trascurato l’eccepita assenza nella legge di gara di una norma che prevedesse l’esclusione per la mancata dichiarazione di condanne di scarso rilievo, quali quelle in concreto di cui si controverte.
5.4. Infine con un quarto, articolato, ordine di censure l’appellante si duole del vizio di omessa pronunzia in cui sarebbe incorsa la sentenza, riproponendo i motivi di ricorso da essa non esaminati, con i quali era stata contestata la violazione e falsa applicazione del principio del soccorso istruttorio, l’eccesso di potere per mancanza di una concreta valutazione sulla gravità del reato, la violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza della revoca rispetto all’obiettivo perseguito dall’Amministrazione, lo sviamento e l’eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà del provvedimento.
6. Le doglianze così riassunte, che possono essere oggetto di trattazione unitaria stante la loro connessione, sono fondate alla stregua delle seguenti osservazioni.
6.1. Occorre preliminarmente respingere l’eccezione di inammissibilità ed improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse sollevata in limine dalla difesa erariale per l’avvenuta effettiva esecuzione delle prestazioni oggetto di subappalto.
E’ pacifico che ciò è avvenuto infatti non già in virtù di una specifica volontà dell’amministrazione di segno contrario a quella manifestata con il provvedimento impugnato in prime cure, ma solo in doveroso adempimento del provvedimento cautelare del giudice di appello (ordinanza cautelare n. 4188 del 30 agosto), così che non può dubitarsi dell’interesse dell’appellante alla decisione dei motivi di censura sollevati contro l’impugnato divieto di subappalto.
6.2. Passando all’esame del merito dei motivi di gravame si osserva quanto segue.
6.2.1. Come emerge dall’esame degli atti l’impugnato provvedimento di diniego di autorizzazione al subappalto è stato giustificato dalla mera omissione dichiarativa delle condanne riportate da una figura professionale di spicco dell’organizzazione imprenditoriale dell’appellante, senza alcuna loro autonoma valutazione ai fini dell’affidabilità professionale, valutazione tanto più necessaria in ragione della loro natura e della loro tenuità, del fatto che non fossero attinenti alle specifiche funzioni di quella figura professionale e che comunque fossero state in parte depenalizzate, in parte condonate.
Secondo la sentenza impugnata tale omissione rendeva false le dichiarazioni rese dalla società in sede di partecipazione alla gara, giacché il legale rappresentante legale della società avrebbe potuto agevolmente acquisire le notizie omesse, sebbene estranee alla sfera di conoscibilità siccome non attinenti all’attività professionale svolta, attraverso una semplice interlocuzione con il soggetto interessato.
6.2.2. Ad avviso della Sezione le conclusioni cui è pervenuto il giudice di prime cure non meritano conferma in quanto deve escludersi che nella fattispecie in esame vengano in rilievo dichiarazioni false o fuorvianti, tanto più che non risulta neppure violato alcuno specifico obbligo dichiarativo previsto a pena di esclusione da una norma di legge o dalla lex specialis di gara.
Come chiarito dalla giurisprudenza, l’omissione in sé al più potrebbe rilevare rispetto ad un presupposto obbligo dichiarativo, in ciò esprimendosi il disvalore di tale causa di esclusione, ed in tanto può parlarsi di “omissione” in quanto l’obbligo dichiarativo sia stato previsto o a livello normativo o dalla stazione appaltante nella legge di gara (Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4316; Consiglio di Stato, 5 agosto 2020, n. 4937).
È ancora appena il caso di aggiungere che un onere informativo può legittimamente considerarsi posto a carico del concorrente solo se circoscritto alle notizie astrattamente idonee a porne in dubbio l’integrità o l’affidabilità, da individuarsi sulla base di un criterio di “ragionevole esigibilità”, dovendosi in tal senso intendere solo quelle espressamente previste come tali dal Codice dei contratti e dalla lex specialis di gara (in tal senso, ex plurimis, cfr. Cons. St., Sez. V, 3 settembre 2018, n. 5136; nonché anche da ultimo Sez. IV, 5 agosto 2020, n. 4937; Sez. V, 6 luglio 2020, n. 4316; sez. V, 28 dicembre 2020, n. 8406; sez. V, 18 marzo 2021, n. 2350)
Ciò risponde del resto ai noti principi di tassatività delle cause di esclusione e di favor partecipationis, anche in ossequio al fondamentale insegnamento della giurisprudenza eurounitaria secondo cui l’inadempimento ad eventuali oneri dichiarativi può essere legittimamente sanzionato con l’esclusione solo laddove detti oneri siano stati espressamente previsti “in maniera chiara, precisa e univoca” dalla legge ovvero dalla disciplina speciale della singola gara, senza potere viceversa essere desunti da una mera interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale (cfr., tra le tante, CGUE, sent. 02.06.2016 in C-27/15; sent. 06.11.2014 in C-42/13; sent. 09.02.2006 in C-226/04).
6..2.3. In definitiva alle omissioni dichiarative ascritte all’appellante non potevano e non possono invero ricollegarsi gli effetti automaticamente escludenti che conseguono al provvedimento impugnato in prime cure.
Invero, secondo un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, la violazione degli obblighi informativi che incombono sui partecipanti alle pubbliche gare intanto può comportare l’esclusione del concorrente reticente, in quanto essa sia stata effettivamente valutata dalla stazione appaltante in termini di incidenza sulla permanenza degli imprescindibili requisiti di integrità ed affidabilità del concorrente stesso sì che “l’esclusione non è automatica, ma è rimessa all’apprezzamento discrezionale della Stazione Appaltante, la quale potrà adottare la misura espulsiva una volta appurato, indipendentemente dalle modalità di acquisizione dei relativi elementi di fatto, che l’omissione dichiarativa abbia intaccato l’attendibilità professionale del singolo operatore economico, minando la relazione di fiducia venutasi a creare a seguito della partecipazione alla gara” (così Consiglio di Stato, Sez. V, 9 gennaio 2019, n. 196).
In sostanza, venuta a conoscenza della mancata informativa, la stazione appaltante può escludere dalla gara il concorrente reticente solo dopo aver accertato, mediante il discrezionale apprezzamento di tutte le circostanze del caso, che sussistano fondati dubbi sulla integrità o affidabilità dell’operatore stesso.
E’ stato chiarito che “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso» (v. Cons. Stato, sentenza n. 4316 del 2020)” (Cons. Stato, IV, 5 agosto 2020, n. 4937)
Va infatti conferita “determinatezza e concretezza” all’elemento normativo della fattispecie, ovvero al carattere “dovuto” dell’informazione, al fine di “individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione”, dovendosi tenere distinte le due fattispecie (che l’appellata sentenza ha invece sovrapposto): a) dell’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza della dichiarazione resa; b) della falsità delle dichiarazioni, per tale intendendosi la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero (c.d. immutatio veri; cfr. ordinanza Cons. Stato, V, 9 aprile 2020, n. 2332). Nelle omissioni dichiarative poi non può certamente essere insito alcun automatismo escludente, in quanto esse postulano sempre un “apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente” (Consiglio di Stato, ordinanza V, 9 aprile 2020, n. 2332; IV, n. 4937/2020 cit.).
L’Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 16 del 28 agosto 2020, ha ribadito che l’esclusione per omissioni dichiarative del concorrente in relazione a reati c.d. “non ostativi” non può mai essere automatica, affermando che «La falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lett. c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico».
Pertanto anche in caso di informazioni “false o fuorvianti” l’esclusione non può essere disposta se non previa valutazione della loro idoneità ad «influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione» della stazione appaltante. Alle informazioni “false o fuorvianti” sono equiparate quelle “omissioni” che riguardano «informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione», dovendo, a maggior ragione, anche per esse escludersi ogni automatismo espulsivo; secondo quanto precisato dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria «L’elemento comune alle fattispecie dell’omissione dichiarativa ora esaminata con quella relativa alle informazioni false o fuorvianti suscettibili di incidere sulle decisioni dell’amministrazione concernenti l’ammissione, la selezione o l’aggiudicazione, è dato dal fatto che in nessuna di queste fattispecie si ha l’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui alla lettera f-bis). Infatti, tanto “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”, quanto “l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” sono considerati dalla lettera c) quali “gravi illeciti professionali” in grado di incidere sulla “integrità o affidabilità” dell’operatore economico. È pertanto indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante, come per tutte le altre ipotesi previste dalla medesima lettera c……Nel contesto di questa valutazione l’amministrazione dovrà pertanto stabilire se l’informazione è effettivamente falsa o fuorviante; se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni; ed infine se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità. Qualora sia mancata, una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo».
6.2.4. Applicando tali principi alla fattispecie in esame non può negarsi che il provvedimento impugnato in primo grado è viziato proprio per l’effetto espulsivo immediato ed automatico fatto seguire all’omissione dichiarativa, senza alcuna valutazione della rilevanza dei fatti e/o elementi omessi e della loro incidenza sulla integrità ed affidabilità dell’operatore economico, tanto più che la violazione di quell’obbligo neppure risultava espressamente sanzionato con misura espulsiva dalla legge di gara.
Peraltro, per completezza si osserva che già prima della citata decisione dell’Adunanza Plenaria, l’orientamento maggioritario della giurisprudenza amministrativa era nel senso che “le omissioni assumono portata escludente non in sé, cioè come mero inadempimento al dovere di informazione, ma se e nella misura in cui siano anche state reputate rilevanti - sia nell’omissione in sé, che, necessariamente, rispetto al fatto omesso - da parte della stazione appaltante” (cfr. ex multis Cons. St., Sez. V, 30 dicembre 2019, n. 8906; tra le tante, cfr. anche Cons. St., Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; sez. V, 12 settembre 2019, n. 6157). Si deve infatti considerare che “non rileva, ai fini della relativa verifica che le informazioni dovute siano state omesse in sede di gara (cfr. Cons Stato, V, 4 dicembre 2019, n. 8294 ed altre), tanto è vero che si tratta di omissione suscettibile di soccorso istruttorio (cfr. Cons. Stato, V, n. 7922/19)” (Cons. St., Sez. V, 18 marzo 2021, n. 2350).
7. Alla fondatezza dei motivi di impugnazione segue l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento del diniego di autorizzazione al subappalto e degli atti impugnati, fatto salvo il riesercizio dell’azione amministrativa.
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado.
Condanna Consip s.p.a. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio a favore dell’appellante -OMISSIS- che liquida forfettariamente in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre oneri ed accessori se per legge dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il direttore tecnico della società appellante.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2020, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall'art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Raffaele Prosperi, Consigliere
Angela Rotondano, Consigliere, Estensore
Giovanni Grasso, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere