Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2021, n. 3197
“È illegittimo attivare il soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione dei costi della manodopera anche nel caso in cui il bando di gara richiami genericamente l’applicazione delle leggi e regolamenti in vigore, senza indicare espressamente la normativa relativa all’obbligo di indicazione di tale voce di costo”.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7099 del 2020, proposto da
Consorzio Parts & Services, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Luigi Machiavelli, Mauro Tronci e Giulio Steri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca De Paoli e Maria Paola Pessagno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Sogea di Ambra Francesco & C. S.n.c., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 405 del 2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Genova;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza del giorno 30 marzo 2021, tenuta con le modalità di cui agli artt. 25 d.l. n. 137 del 2020, 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 e 4, comma 1, d.l. n. 28 del 2020 come da verbale, il Cons. Elena Quadri e preso atto del deposito delle note, formulate ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137/2020, convertito in l. 176/2020, e del d.l. 183/2020, dagli avvocati De Paoli e Pessagno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Consorzio Parts & Services ha proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria per l'annullamento della determinazione dirigenziale n. 2019-152.4.0.-169 del 25 giugno 2019, di aggiudicazione in favore di Sogea di Ambra Francesco & C. S.n.c. della procedura di gara indetta ai sensi dell’art. 36, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 50 del 2016, e pubblicata sul Mepa di Consip, avente ad oggetto “servizio di riparazioni meccaniche urgenti su mezzi di civica proprietà o comunque in uso al comune di Genova”.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha respinto il ricorso con sentenza n. 405 del 2020, appellata dal Consorzio per i seguenti motivi di diritto:
I) erroneità della sentenza per non avere accolto la censura relativa all’illegittimità della mancata esclusione della controinteressata per l’omessa indicazione nell’offerta degli oneri di manodopera;
II) e III) erroneità della sentenza per non avere accolto la censura relativa all’illegittimità del soccorso istruttorio attivato dall’amministrazione;
IV) erroneità della sentenza per non avere accolto la censura relativa all’illegittimità della valutazione di congruità operata dall'amministrazione sul costo orario (tardivamente ed illegittimamente) indicato dall'aggiudicataria in sede di soccorso istruttorio;
V) erroneità della sentenza per non avere accolto la censura relativa alla contraddittorietà tra analoghi provvedimenti della stessa amministrazione che, in occasione di una precedente gara, aveva escluso Sogea proprio per non aver indicato un congruo costo del lavoro.
L’appellante ha, altresì, insistito per la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno per equivalente.
Si è costituito per resistere all’appello il comune di Genova.
Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza del 30 marzo 2021, tenuta con le modalità di cui agli artt. 25 d.l. n. 137 del 2020, 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 e 4, comma 1, d.l. n. 28 del 2020 come da verbale, l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Giunge in decisione l’appello proposto dal Consorzio Parts & Services contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, n. 405 del 2020, che ha respinto il suo ricorso per l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione in favore di Sogea di Ambra Francesco & C. S.n.c. della procedura di gara indetta ai sensi dell’art. 36, comma 2, lettera b) del d.lgs. n. 50 del 2016, e pubblicata sul Mepa di Consip, avente ad oggetto “servizio di riparazioni meccaniche urgenti su mezzi di civica proprietà o comunque in uso al comune di Genova”.
Con i primi tre motivi di diritto l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per non avere accolto le censure relative all’illegittimità della mancata esclusione della controinteressata per l’omessa indicazione nell’offerta degli oneri di manodopera, nonché di quella relativa all’illegittimità del soccorso istruttorio attivato dall’amministrazione per consentire alla stessa di sanare questa omissione mediante la successiva acquisizione del dato, in violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
La sentenza avrebbe, invero, ritenuto che la sanzione dell'espulsione immediata dell'offerta, avallata, come è noto, dalla decisione della Corte di giustizia del 2 maggio 2019, non poteva essere legittimamente disposta.
Per la sentenza appellata, premesso, che, secondo la Corte di giustizia, l'esclusione immediata dell'offerta per la mancata indicazione dei costi della manodopera, senza il previo soccorso istruttorio, può essere disposta solo se l'obbligo di indicarli sia espressamente previsto "dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione", nel caso di specie la documentazione di gara rinviava genericamente, per quanto non esplicitamente previsto, alle leggi e regolamenti in vigore e non conteneva una espressa norma di rinvio al d.lgs. n. 50 del 2016, che sarebbe, quindi, applicabile alla fattispecie soltanto mediante il meccanismo di cosiddetta eterointegrazione; per questa ragione, l'amministrazione avrebbe agito legittimamente nel consentire alla controinteressata di colmare la lacuna della sua offerta ricorrendo al soccorso istruttorio.
Per l’appellante la sentenza sarebbe errata e meriterebbe di essere riformata, atteso che, contrariamente a quanto nella stessa statuito, gli atti di gara richiamavano in molti passaggi il d.lgs. n. 50 del 2016.
Essendo la sanzione espulsiva espressamente sancita dalla normativa nazionale, il concorrente avrebbe avuto sicuramente la possibilità di conoscerne il contenuto, nonché l'applicabilità della stessa alla procedura concorsuale di specie.
Inoltre, la sentenza ha ritenuto che il soccorso istruttorio sia stato legittimamente avviato dalla stazione appaltante, considerando che: "il modulo predisposto che gli offerenti della gara d'appalto di cui al procedimento principale dovevano obbligatoriamente utilizzare non lasciava loro alcuno spazio fisico per l'indicazione separata dei costi della manodopera".
Anche sul punto, la sentenza appellata sarebbe errata, atteso che il soccorso istruttorio può essere –eccezionalmente - attivato solo ed esclusivamente se i concorrenti siano stati posti nell'impossibilità materiale di esporre separatamente i costi della manodopera e della sicurezza. Ma questo non sarebbe avvenuto nel caso di specie, dove il bando non imponeva affatto l'utilizzo del modulo predisposto dall'amministrazione e, in ogni caso, il predetto modulo era facilmente editabile e consentiva, dunque, la specificazione dei costi di manodopera. Tanto è vero che l’appellante ha potuto specificare tali costi nella sua offerta senza incorrere in alcuna esclusione.
Inoltre, per la sentenza la mancata indicazione del costo della manodopera era anche giustificata dalla particolare tipologia di contratto messo a gara, che impediva di stimarlo.
L'argomento è smentito dai fatti, in quanto la controinteressata, usufruendo illegittimamente del soccorso istruttorio, ha potuto quantificare il costo della manodopera compreso nella sua offerta. Inoltre, l'odierno appellante ha potuto quantificare ed indicare fin da subito nella sua offerta il suo costo della manodopera, dimostrando che ciò era ben possibile. Infine, il costo del lavoro era comunque ben quantificabile, su base oraria o in misura percentuale del costo orario medio indicato dai concorrenti.
L’appello è fondato.
Deve, innanzitutto, richiamarsi la recente decisione di questo Consiglio resa in Adunanza Plenaria, che, facendo riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia del 2 maggio 2019, ha statuito che: «I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/Ce, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell'ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempre che tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall'amministrazione aggiudicatrice» (Cons. Stato, Ad. Plen, 2 aprile 2020, n. 7).
Come risulta dall’esame della documentazione versata in atti, nella fattispecie in questione non vi era affatto l’impossibilità di indicare i costi della manodopera, come invece sostenuto dalla sentenza appellata, in quanto il modulo lo permetteva e non vi erano preclusioni.
Ciò risulta dimostrato dal fatto che l’appellante ha indicato gli oneri di manodopera, nonostante non fossero contemplati dal modulo, ed avrebbe potuto farlo anche Sogea.
Inoltre, la lex specialis di gara richiamava più volte il codice degli appalti (cfr. la determinazione dirigenziale di indizione della procedura n. 2019-152.4.0.-149 del 22 maggio 2019, unitamente agli allegati, ove il d.lgs. n. 50 del 2016, ed in particolare l’art. 95 del medesimo, è citato molte volte), come nella fattispecie esaminata dalla Corte di giustizia, e non obbligava ad utilizzare il modello specifico allegato dalla stazione appaltante alla documentazione di gara. In ogni caso, il predetto modulo era facilmente editabile e consentiva, dunque, la specificazione dei costi di manodopera.
Non sussistevano, dunque, i presupposti enucleati dalla Corte di giustizia per ritenere che l’amministrazione aggiudicatrice dovesse accordare all’offerente la possibilità di sanare la sua situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla legislazione nazionale in materia entro un termine stabilito dalla stessa amministrazione aggiudicatrice, e, cioè, la “confusione” ingenerata nell’offerente dalla documentazione di gara.
In proposito, può richiamarsi un recente precedente della Sezione, per il quale: “deve considerarsi definitivamente chiarito (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2020, n. 604) che l’automatismo espulsivo correlato al mancato scorporo nell’offerta economica dei costi inerenti alla manodopera ed alla sicurezza interna derivante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del Codice dei contratti pubblici è conforme al diritto europeo.
Né rileva che, nel caso di specie, il bando non prevedesse espressamente l’obbligo di sperata evidenziazione dei costi in questione, essendo a tal fine sufficiente, in virtù del principio di eterointegrazione della lex specialis ad opera della lex generalis, che nella documentazione di gara fosse riportata una dicitura per cui per quanto non espressamente previsto nel bando, nel capitolato e nel disciplinare di gara dovesse farsi applicazione delle norme del Codice dei contratti pubblici (e quindi anche dell'art. 95, comma 10).… Sotto distinto profilo, nella fattispecie in esame non è dato ravvisare alcuna oggettiva impossibilità d’includere i predetti costi in offerta, dal momento che la modulistica di gara consentiva certamente una loro puntuale indicazione (come, del resto, è dimostrato dalla circostanza che l’appellante – che si duole della omissione del proprio competitore – ha puntualmente adempiuto all’obbligo nella predisposizione della propria offerta). Deve, per tal via, escludersi, in conformità ai principi richiamati, la possibilità di recuperare l’omissione attraverso l’attivazione del soccorso istruttorio” (Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2020, n. 1008; 28 aprile 2020, n. 2720; 22 febbraio 2021, n. 1526).
Con riferimento alla domanda di risarcimento del danno avanzata dall’appellante nel ricorso introduttivo, essendo stato il contratto già integralmente eseguito, non può che accordarsi la tutela per equivalente.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, nelle gare pubbliche, ai sensi dell'art. 124 cod. proc. amm., il risarcimento del cosiddetto lucro cessante è subordinato alla prova, a carico dell'impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, prova desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara; inoltre, il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell'aggiudicazione impugnata e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa mentre, in difetto di tale dimostrazione, si presume che l'impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori a titolo di "aliunde perceptum"; il che è coerente con quanto previsto in via generale dall'art. 1227 c.c., in base al quale il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno; in effetti, nell'ambito delle gare d'appalto, non risulta ragionevole la condotta dell'impresa che immobilizza le proprie risorse in attesa dell'aggiudicazione di una commessa, o nell'attesa dell'esito del ricorso giurisdizionale volto ad ottenere l'aggiudicazione, atteso che possono essere molteplici le evenienze per cui potrebbe risultare non aggiudicataria della commessa stessa; pertanto, in mancanza di prova contraria, deve ritenersi che l'impresa abbia comunque impiegato proprie risorse e mezzi in altre attività, dovendosi quindi sottrarre al danno subito per la mancata aggiudicazione l'aliunde perceptum, calcolato in genere forfettariamente nella misura del 50%.
Nella fattispecie in questione, in considerazione delle peculiarità dell’appalto, il comune di Genova va, quindi, condannato al risarcimento del danno nei confronti dell’appellante nella somma che il Collegio ritiene debba corrispondere ai ricavi attesi meno i costi (entrambi risultanti dall’offerta del Consorzio ed equivalenti all’utile atteso), con abbattimento della percentuale del 50% per l’aliunde perceptum, non avendo il Consorzio appellante fornito la prova di non avere utilizzato le proprie risorse e mezzi per l’esecuzione di altre commesse.
Va respinta la richiesta di risarcimento del danno curriculare, non avendo l’appellante dimostrato che la mancata aggiudicazione ed esecuzione del servizio oggetto del giudizio gli ha precluso di acquisire ulteriori commesse pubbliche o quali sarebbero le negative ricadute, in termini di minore redditività, sulla propria immagine commerciale.
Va respinta, altresì, la richiesta di danno all’immagine, in quanto genericamente prospettata.
Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, unitamente all’istanza di risarcimento del danno, come in motivazione.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, unitamente all’istanza di risarcimento del danno, come in motivazione.
Guida alla lettura
All’esito di una procedura per l’affidamento di servizi, il provvedimento di aggiudicazione e altri atti di gara vengono impugnati con ricorso principale dalla società collocatosi al secondo posto in graduatoria dopo l’aggiudicatario. Il ricorrente lamenta la mancata esclusione dalla gara dell’aggiudicatario, nonostante non avesse indicato nell’offerta il costo relativo agli oneri di manodopera.
In primo grado, il TAR ha respinto le doglianze del ricorrente, ritenendo legittima l’attivazione del soccorso istruttorio nei confronti dall’aggiudicatario.
Viene proposto appello e il Consiglio di Stato, riconosciuta la fondatezza delle ragioni addotte dal ricorrente, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso presentato.
La questione di diritto dirimente nella controversia in esame si riferisce alla mancata indicazione dei costi della manodopera nell’offerta e possibilità di attivare il soccorso istruttorio.
Secondo il TAR non si poteva disporre l'esclusione immediata dell'offerta per la mancata indicazione dei costi della manodopera poiché nella documentazione di gara non vi era un espresso richiamo alla normativa contenente l’obbligo di indicarli ma solo un generico rinvio alle leggi e regolamenti in vigore.
In realtà, osserva poi il Consiglio di Stato, la sanzione espulsiva è espressamente sancita dalla normativa nazionale e, quindi, il concorrente avrebbe avuto sicuramente la possibilità di conoscerne il contenuto, nonché l'applicabilità della stessa alla procedura concorsuale di specie.
La questione relativa alla legittimità dell’esclusione immediata dalla gara in ragione dell’omessa indicazione nell’offerta degli oneri di manodopera è stata già oggetto di copiosa giurisprudenza, tanto nazionale quanto europea. Da ultimo, il Cons. Stato, Ad. Plen, 2 aprile 2020, n. 7, ha espressamente ricordato che, in conformità alla normativa sovranazionale di riferimento, la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, “anche nell'ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempre che tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione”.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che i plurimi richiami al codice degli appalti contenuti nella lex specialis fossero sufficienti a garantire che la “normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici” contenente l’obbligo di indicazione separata degli oneri della manodopera, fosse stata “espressamente richiamata”, secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia e come ricordato dall’Adunanza Plenaria.
L’unica ipotesi derogataria per la quale è possibile attivare il soccorso istruttorio, concedendo all’offerente la possibilità di sanare la sua situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla legislazione nazionale, si ha nel caso in cui le disposizioni della gara d’appalto siano così “confuse” da non consentire agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche.
Attenzione, però, perché nel caso di specie non è stata ritenuta sufficiente per l’attivazione del soccorso istruttorio la circostanza che nel modulo predisposto dalla stazione appaltante non vi fosse “alcuno spazio fisico per l'indicazione separata dei costi della manodopera”. Ciò per due distinte motivazioni: il bando di gara non imponeva l'utilizzo del modulo predisposto dalla stazione appaltante e, in ogni caso, il predetto modulo era facilmente editabile e consentiva la specificazione dei costi di manodopera.