Cons. Stato, sez. III, 12 marzo 2021 n. 2102
L’art. 192, comma 2, del Codice degli appalti pubblici impone che l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione:
a) la prima condizione consiste nell’obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato, che rende legittimo l’in house soltanto in caso didimostrato ‘fallimento del mercato’ rilevante a causa di prevedibili mancanze in ordine a “gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, cui la società in house invece supplirebbe;
b) la seconda condizione consiste nell’obbligo di indicare, a quegli stessi propositi, gli specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house.
Risulta altresì legittima la motivazione “unitaria” della scelta di ricorrere all’affidamento in house, costituendo i “benefici per la collettività” e le “ragioni del mancato ricorso al mercato” le due facce di una medesima realtà, di cui colgono, rispettivamente, gli elementi “positivi” (inclinanti la valutazione dell’Amministrazione verso l’opzione gestionale di tipo inter-organico) e quelli “negativi” (sub specie di indisponibilità di quei “benefici” attraverso il ricorso al mercato).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10275 del 2020, proposto da S.C.T. Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
I.R.C.C.S. Ospedale Policlinico San Martino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Piciocchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, corso Torino n. 30/18;
nei confronti
Genova Parcheggi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Pafundi e Raffaella Rubino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14/A;
Comune di Genova, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00684/2020, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’I.R.C.C.S. Ospedale Policlinico San Martino e di Genova Parcheggi s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2021 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati Marco Napoli, Pietro Piciocchi e Raffaella Rubino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con la sentenza appellata, il T.A.R. per la Liguria, sgombrato il campo dalle eccezioni di inammissibilità formulate dall’Amministrazione intimata, ha respinto il ricorso proposto dalla odierna società appellante - S.C.T. Group s.r.l. - avverso la deliberazione n. 919 del 27 maggio 2020, con la quale l’Ospedale Policlinico San Martino, in esecuzione delle proprie precedenti deliberazioni n. 696 del 23 aprile 2019 e n. 134 del 22 gennaio 2020, ha disposto di affidare alla società in house Genova Parcheggi s.p.a. il nuovo servizio di gestione dell’accesso, sosta e viabilità interna dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova fino al 31 dicembre 2022, con opzione di rinnovo.
Con il ricorso suindicato, la società ricorrente, già concessionaria fino al 31 dicembre 2019 del servizio di gestione dell’accesso, sosta e viabilità interna dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, contestava appunto la scelta dell’Amministrazione di affidare il servizio de quo mediante il modello organizzativo dell’in house providing, ex art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, attuata mediante i provvedimenti impugnati in primo grado.
Il T.A.R., con la sentenza impugnata, riteneva invece che il modus agendi dell’Amministrazione intimata fosse rispettoso, sotto tutti i profili dedotti, dei pertinenti parametri normativi.
Mediante i motivi di appello – cui resistono, con articolare memorie difensive, l’I.R.C.C.S. Ospedale Policlinico San Martino e la società Genova Parcheggi s.p.a. – l’originaria ricorrente si prefigge di conseguire la riforma della sentenza appellata ed il conseguente accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
A fondamento del gravame, la parte appellante pone, in sintesi, i seguenti temi, di cui lamenta la mancata adeguata considerazione da parte del giudice di primo grado: 1) in primo luogo, la carenza istruttoria e motivazionale del provvedimento impugnato, quanto alle “ragioni del mancato ricorso al mercato” atte a giustificare, accanto alla (e indipendentemente dalla) accertata sussistenza di “benefici per la collettività”, l’applicazione del modulo gestionale di carattere internalizzato; 2) in secondo luogo, comunque, la non condivisibilità delle ragioni, sostenute dall’Amministrazione e recepite dalla sentenza appellata, inerenti al carattere “preferenziale” della gestione in house del servizio, alla luce dei vantaggi che esso garantirebbe per la collettività.
Iniziando dal primo profilo, deve premettersi che la fattispecie è governata dall’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, a mente del quale “ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
La norma, va precisato, ha carattere integrativo, quanto alle condizioni per il legittimo ricorso all’affidamento in house (in deroga al generale obbligo di indire una gara ispirata al confronto concorrenziale tra gli operatori economici interessati), rispetto all’art. 12 Dir. 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE, tanto che è stata sospettata di incostituzionalità (perché introdotta, tra l’altro, in asserita violazione del divieto di cd. gold plating, corrispondente ad uno dei criteri direttivi contenuti nella legge delega n. 11/2016, ovvero del divieto, in sede di recepimento di direttive comunitarie, di prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie) e di incompatibilità comunitaria (perché, tra l’altro, asseritamente contrastante con il principio euro-unitario per cui le autorità nazionali, regionali e locali sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici, avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli ad operatori economici esterni, sancito dall’art. 2 Dir. 26 febbraio 2014, n. 2014/23/UE): sospetti fugati, sul fronte costituzionale, dalla sentenza del giudice delle leggi n. 100 del 27 maggio 2020 e, sul versante europeo, da ultimo, dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, Sez. IX, 6 febbraio 2020 nelle cause riunite nn. C-89/19 e C-91/19.
Come accennato, sostiene la parte appellante, anche sulla scorta dell’esegesi giurisprudenziale della disposizione così come maturata, anche in forza delle sentenze citate, a livello comunitario, costituzionale e di merito, che essa, coerentemente con il carattere “residuale” ed “eccezionale” dell’istituto, configura una duplice condizione cui il ricorso al modello di gestione in house dei servizi reperibili sul mercato in regime di concorrenza è subordinato, rappresentate:
- da un lato, dalla dimostrazione del cd. “fallimento del mercato”, ovvero della incapacità del mercato di offrire il servizio de quo alle medesime condizioni – qualitative, economiche, di accessibilità, così come declinate dalla disposizione citata – garantite dal gestore oggetto del “controllo analogo”;
- dall’altro lato, dalla sussistenza di specifici “benefici per la collettività” derivanti dall’affidamento diretto del servizio in house.
Essa lamenta quindi che il provvedimento impugnato è motivato con esclusivo riferimento al secondo profilo giustificativo, rivelandosi carente di adeguata istruttoria e congrua motivazione in relazione al primo.
Il motivo, ad avviso della Sezione, non è meritevole di accoglimento.
Deve premettersi che, come recentemente statuito da questa Sezione (cfr. la sentenza n. 1564 del 3 marzo 2020, richiamata anche dalla sentenza appellata), “l’art. 192, comma 2, del Codice degli appalti pubblici (d. lgs. n. 50 del 2016) impone che l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione, che non è richiesta per le altre forme di affidamento dei medesimi servizi (con particolare riguardo alla messa a gara con appalti pubblici e alle forme di cooperazione orizzontale fra amministrazioni): a) la prima condizione consiste nell’obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato. Tale condizione muove dal ritenuto carattere secondario e residuale dell’affidamento in house, che appare poter essere legittimamente disposto soltanto in caso di, sostanzialmente, dimostrato ‘fallimento del mercato’ rilevante a causa di prevedibili mancanze in ordine a “gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, cui la società in house invece supplirebbe; b) la seconda condizione consiste nell’obbligo di indicare, a quegli stessi propositi, gli specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house (dimostrazione che non è invece necessario fornire in caso di altre forme di affidamento – con particolare riguardo all’affidamento tramite gare di appalto -). Anche qui la previsione dell’ordinamento italiano di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muove da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti in regìme di delegazione interorganica, relegandoli ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto alla previa ipotesi di competizione mediante gara tra imprese”.
Deve altresì osservarsi che il giudice di primo grado ha, sul punto, reso la seguente motivazione:
“La Corte costituzionale (con la sentenza n. 100/2020, n.d.e.) in sostanza non ha avvallato una interpretazione della norma che richieda un confronto concorrenziale preliminare tra i due modelli di gestione del servizio richiedendo semplicemente che l’amministrazione abbia ben presente la possibilità del ricorso al mercato e che dia una motivazione ragionevole e plausibile delle ragioni che, nel caso concreto, l’hanno indotta a scegliere il modello in house rispetto alla esternalizzazione. In conclusione, pertanto, appare sufficiente al fine dell’adozione del modello in house che l’amministrazione indichi le ragioni, che potranno essere successivamente vagliate dal giudice amministrativo, della preferenza del modello scelto rispetto al ricorso al mercato, nonché dei benefici conseguibili dalla collettività attraverso tale modello. Deve comunque rilevarsi come la motivazione in ordine ad un aspetto possa risolversi anche nella motivazione dell’altro aspetto tutte le volte che i benefici per la collettività siano di per sé tali da giustificare il mancato ricorso al mercato. La motivazione ben può essere unitaria ogni qual volta le ragioni addotte da un lato giustifichino il mancato ricorso al mercato e dall’altro integrino i richiesti benefici per la collettività”.
Deve quindi evidenziarsi che il giudice di primo grado, lungi dall’obliterare l’esigenza che l’Amministrazione motivi (anche) in ordine alle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini dell’affidamento in house del servizio, ha affermato che, da un lato, la corretta applicazione della citata disposizione non richieda “un confronto concorrenziale preliminare tra i due modelli di gestione del servizio”, dall’altro lato, che la motivazione sottesa all’opzione internalizzante può assumere carattere “unitario”, siccome idonea a dare conto, ad un tempo, delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici per la collettività attesi dal modello in house.
Del resto, tale formula motivazionale è conforme allo schema interpretativo fornito da questa Sezione con la sentenza citata, laddove evidenzia che, così come l’obbligo motivazionale inerente alla dimostrazione del “‘fallimento del mercato’ rilevante” deve essere assolto avendo riguardo alle “prevedibili mancanze in ordine agli “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, cui la società in house invece supplirebbe”, anche quello relativo agli “specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house” deve essere adempiuto con riferimento “a quegli stessi propositi” (ergo, in relazione ai suddetti “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”).
Deve peraltro osservarsi che la motivazione “unitaria” della scelta di ricorrere all’affidamento in house non stride con il carattere “preferenziale” del canale concorrenziale di acquisizione del servizio (quale trova paradigmatica espressione nello svolgimento di una gara), posto in risalto dalla pronuncia citata, costituendo i “benefici per la collettività” attesi dall’organizzazione in house dello stesso e le “ragioni del mancato ricorso al mercato” le due facce di una medesima realtà, di cui colgono, rispettivamente, gli elementi “positivi” (inclinanti la valutazione dell’Amministrazione verso l’opzione gestionale di tipo inter-organico) e quelli “negativi” (sub specie di indisponibilità di quei “benefici” attraverso il ricorso al mercato).
Né può omettersi di rilevare che, trattandosi di valutazione unitaria e complessa, siccome finalizzata a sintetizzare entro un quadro unificante (rappresentato dai vantaggi insiti nell’affidamento in house rispetto a quelli derivanti dal meccanismo concorrenziale) dati molteplici e variegati (secondo lo spettro valoriale dianzi richiamato), il sindacato del giudice amministrativo non potrà che svolgersi secondo le coordinate tipiche del potere discrezionale, rifuggendo quindi da una analisi di tipo atomistico e parcellizzato della decisione amministrativa portata alla sua cognizione, ma orientandolo verso una valutazione di complessiva logicità e ragionevolezza del provvedimento impugnato.
Occorre solo aggiungere che l’obbligo motivazionale facente carico all’Amministrazione, come innanzi delineato, si riverbera, sul piano istruttorio, nella attribuzione alla stessa della scelta, anch’essa eminentemente discrezionale, in ordine alle modalità più appropriate - salva la verifica del giudice amministrativo circa la loro idoneità a fornire un quadro attendibile ed esaustivo della realtà fattuale rilevante nei sensi illustrati – a cogliere, in relazione alla concreta fattispecie, i dati necessari al fine di compiere, in maniera oggettiva quanto completa, la suddetta valutazione di “preferenza”: metodo che impone coerentemente all’Amministrazione di prendere in considerazione sia la soluzione organizzativa e gestionale praticabile attraverso il soggetto in house (al fine, appunto, di enucleare i “benefici per la collettività” da essa attesi), sia la capacità del mercato di offrirne una equivalente, se non maggiormente apprezzabile, sotto i profili della “universalità e socialità, efficienza, economicità, qualità del servizio e ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
Al riguardo, deve altresì rilevarsi che la congruità dell’attività istruttoria posta in essere dall’Amministrazione deve essere valutata caso per caso, non potendo escludersi la possibilità (recte, legittimità) di un modus procedendi che non si traduca nell’effettuazione di specifiche indagini di mercato e/o di tipo comparativo, laddove sussistano plausibili, dimostrabili e motivate ragioni, insite nell’affidamento del servizio all’organismo in house, per ritenere che l’affidamento mediante gara non garantisca (non, quantomeno, nella stessa misura di quello diretto) il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Per concludere sul punto, resta solo da sottolineare che le ragioni evidenziate dal giudice di primo grado – quali ragionevoli supporti giustificativi della scelta censurata – si pongono in linea con la suindicata impostazione - “dualistica” nell’oggetto, ma unitaria nella forma - delle valutazioni rimesse all’Amministrazione dall’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, avendole esso rinvenute in profili – inerenti alla “integrazione tra la disciplina della sosta interna all’ospedale e quella cittadina limitrofa”, che avviene per il tramite della società in house del Comune di Genova (“di talché” – ad avviso del T.A.R. – “nessun operatore privato potrebbe realizzare la stessa integrazione tra i due sistemi di sosta”) ed alla “sensibilizzazione alle problematiche della sosta da parte del Comune” (che, sempre ad avviso del T.A.R., “non potrebbe mai avvenire ove la gestione della sosta fosse affidata ad un privato”) che, a prescindere dalla loro correttezza sostanziale (sulla quale si dirà infra, in occasione dell’esame del pertinente motivo di appello), afferiscono appunto ai due “fronti” in cui si articola l’impegno motivazionale dell’Amministrazione (quelli, cioè, della vantaggiosità dell’affidamento in house e della non rinvenibilità di una soluzione altrettanto soddisfacente attraverso l’esplorazione del mercato).
Chiarito quindi che, sul piano dell’impostazione generale, la sentenza appellata (così come, del resto, il provvedimento impugnato in primo grado) è conforme al dettato legislativo, così come interpretato anche dalla giurisprudenza della Sezione, il fuoco dell’analisi, sollecitata con il mezzo di gravame in esame, deve spostarsi sul diverso – ma decisivo – piano della verifica relativa alle modalità con le quali l’Amministrazione ha concretamente assolto ai suoi obblighi istruttori/motivazionali (e, quindi, della correttezza delle conclusioni raggiunte sul punto dal giudice di primo grado), in relazione allo standard di buona amministrazione innanzi sinteticamente prefigurato con riferimento alla fattispecie in esame.
Al fine di dare risposta a siffatto interrogativo, occorre prendere le mosse dalla motivazione che suffraga la scelta di ricorrere all’affidamento alla società in house Genova Parcheggi s.p.a. del servizio de quo, quali si evincono dalla delibera impugnata in primo grado ed i cui principali passaggi possono essere testualmente riportati, nei termini che seguono:
“Vista la proposta tecnico-economica di gestione dell’accesso, sosta e viabilità interna e relativi allegati, presentata da Genova Parcheggi s.p.a. con nota prot. n. 475/2020, trasmessa in data 21/05/2020 ed acquisita agli atti del Policlinico in pari data con prot. n. 21763;
Ritenuto che la stessa risponde pienamente alle aspettative del Policlinico ed appare idonea alla migliore gestione delle complesse problematiche inerenti l’accesso, la viabilità e la sosta all’interno dell’area ospedaliera che risultano sempre più complesse a fronte, sia del numero di afflussi veicolari giornalieri, sia delle differenti tipologie di soggetti (utenti, dipendenti, fornitori, servizi accessori) che vi afferiscono, vieppiù aggravate dalle costanti interferenze derivanti dal frequente passaggio dei mezzi sanitari operanti in emergenza/urgenza, nonché dalla frequentazione di un’utenza sovente anziana ed in condizione di difficoltà di deambulazione;
Considerato, in particolare, che le dimensioni e l’accennata complessità della struttura e le esigenze del servizio e dell’utenza pretendono necessariamente il ricorso ad un soggetto pienamente qualificato, avente particolari competenze nell’ambito della gestione della viabilità, della sosta e, più in generale, delle politiche di mobilità pubblica;
Evidenziato che l’eccezionale flusso di traffico avente come origine o destinazione l’area ospedaliera si inserisce in un contesto già di per sé assai critico, sia a livello cittadino, sia a livello di quartiere, essendo l’ospedale collocato lontano da importanti nodi infrastrutturali (caselli autostradali, stazioni ferroviarie) e quindi raggiungibile con difficoltà per l’utenza e oltretutto inserito in una zona fortemente urbanizzata, in cui il traffico di quartiere si pone frequentemente in conflitto con quello afferente all’area ospedaliera;
Rilevato che, alla luce di tale situazione, diventa di importanza notevole avere un unico soggetto di riferimento per la mobilità interna dell’ospedale e per la mobilità genovese, in modo da governare adeguatamente i flussi di traffico;
Considerato che Genova Parcheggi S.p.a., soggetto di lunga esperienza nel settore della mobilità e particolarmente solido sotto il profilo economico e patrimoniale, riveste un ruolo primario nel settore della sosta, viabilità e mobilità cittadina, sia per effetto dell’affidamento del relativo servizio da parte del Comune di Genova che delle alte competenze tecniche specifiche nel settore della sosta in ambito ospedaliero acquisite a seguito dell’affidamento del servizio stesso da parte dell’Istituto Gaslini;
Considerato che la gestione da parte di Genova Parcheggi può consentire di assicurare benefici alla collettività e in particolare alla generalità della cittadinanza genovese (permettendo un migliore governo sia sulle arterie di viabilità cittadina a grande scorrimento poste in adiacenza all’ospedale sia sulla viabilità di quartiere) e ai visitatori dell’ospedale (in quanto l’ottimizzazione della gestione tecnologica dei varchi di accesso e della mobilità interna potranno permettere un migliore accesso all’utenza e ai dipendenti, nonché una migliore fruibilità degli spazi dell’area);
Preso atto delle modalità tecniche di conduzione del servizio proposte da Genova Parcheggi e delle soluzioni per la particolare e delicata problematica della gestione della rimozione dei veicoli e degli impianti di accesso automatizzati;
Ritenuto che assoluto punto di forza della proposta di gestione, decisamente apprezzato da questo Policlinico, è costituito dal significativo impiego di personale in presenza, debitamente formato, che potrà prestare assistenza all’utenza, non di rado in condizione di difficoltà di orientamento e deambulazione per tutte le problematiche inerenti la sosta e la mobilità, assicurando il mantenimento dell’ordine all’interno del compendio, nonché la rapida risoluzione di situazioni caotiche, anche potenzialmente in grado di interferire sui passaggi dei mezzi in emergenza / urgenza;
Dato atto che in virtù di quanto sopra esposto, l’affidamento del servizio in house determina notevoli benefici per la collettività intesa, sia come utenza che come dipendenti della struttura ospedaliera, andando, altresì, a perseguire obiettivi di universalità e socialità per quanto attiene ai profili tariffari e alla fruibilità della struttura, essendo così giustificato il mancato ricorso al mercato;
Dato altresì atto che l’utilizzo di società in house per la gestione di tale servizio permette un più equo e valido impiego delle risorse pubbliche;
Preso atto che, al fine di promuovere la stabilità occupazionale, l’affidamento a Genova Parcheggi comporterà la conferma da parte della Società dell’assorbimento nel proprio organico del personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente, ferma restando la necessaria armonizzazione con l’organizzazione di Genova Parcheggi e con le esigenze tecnico-organizzative e di mano d’opera previste nel nuovo contratto;
Ritenuto, altresì, che la scelta della gestione in house a mezzo della società in questione comporterà semplicità e immediatezza del processo decisionale relativo al servizio interno all’Ospedale, a fronte del più complesso equilibrio che si deve realizzare con un soggetto terzo privato affidatario del servizio individuato tramite gara, e maggiore semplicità e immediatezza circa eventuali iniziative da condividere con il Comune di Genova in ordine a revisioni della viabilità della zona;
Considerato che, sotto il profilo economico, l’offerta risulta congrua, coerente con le motivazioni sottese alla precedente deliberazione n. 696 del 23/04/2019, e certamente informata al principio della convenienza economica;
Rilevato, infatti, che Genova Parcheggi propone – cessata l’emergenza Covid-19, che ha drasticamente ridotto l’afflusso veicolare verso l’ospedale e, comunque, a decorrere dall’1/01/2021 – un canone annuo fisso a favore del Policlinico pari ad euro 250.000,00, tenuto conto dell’andamento degli incassi ottenuti nei primi mesi di esercizio dell’attività, degli investimenti proposti, dei profili tariffari per l’accesso e la sosta, improntati ad un regime agevolato rispetto ai canoni di mercato in considerazione della particolare tipologia di utenza che usufruisce dell’area di sosta ospedaliera e della corretta allocazione dei costi da parte della società, anche in termini di idoneità e proporzionalità dei profili professionali utilizzati e di adeguatezza della quantificazione dell’impegno-lavoro (giorni/uomo) necessario per ciascun profilo professionale;
Rilevato, segnatamente, che l’offerta di Genova Parcheggi si basa su una presunzione di ricavo medio settimanale derivante dalla gestione della sosta e della rimozione pari ad euro 21.000,00, corroborata dal rilevamento degli andamenti degli incassi per il periodo dal 15/01/2020 al 23/02/2020 (euro 69.003,01 per sosta ed euro 1.488,01 per rimozione nel mese di gennaio; euro 103.389,50 per sosta ed euro 2.538,02 per rimozione nel mese di febbraio), allorquando sono entrate in vigore le drastiche misure anticontagio, con una netta caduta della frequentazione del Policlinico;
Considerato che la media presunta di ricavo settimanale, a parità di tariffa, in incremento significativo rispetto ai dati precedenti, costituisce ulteriore sintomatico elemento di una modalità di svolgimento del servizio effettuata da Genova Parcheggi evidentemente informata ai principi di rotazione, maggiore accessibilità dell’utenza, economicità di gestione, nonché rigorosa e puntuale rendicontazione;
Visto il prospetto recante il piano economico finanziario allegato all’offerta da cui risulta un costo annuo per il personale pari ad euro 438.000,00, ritenuto in effetti congruo perché sia assicurata una dotazione in presenza di almeno 11 addetti, debitamente formati, per la gestione del servizio;
Rilevato che le valutazioni da parte delle strutture interne avevano già dato esito positivo su tale tipologia di affidamento e in particolare la U.O. Attività Economali e di Approvvigionamento e l’U.O. Attività Tecniche con nota 07/02/2019 aveva redatto un’analisi tecnico-economica secondo la quale l’affidamento “in house” risulta economicamente congruo rispetto al mercato dal punto di vista gestionale per risolvere o attenuare delle criticità legate all’attuale modello concessorio;
Considerato che il contenuto favorevole di tale documento non può che risultare confermato alla luce della presentazione di un’offerta da parte di Genova Parcheggi che, sotto il profilo economico, risulta decisamente migliorativa rispetto alla precedente, fermo restando che l’obiettivo prioritario perseguito dal Policlinico risiede, segnatamente, non nell’utilità finanziaria che potrà essere ricavata in capo allo stesso dalla gestione della sosta bensì in una modalità che assicuri i superiori obiettivi di qualità, universalità, socialità, attenzione nei confronti dell’utenza, sottesi alla scelta della gestione diretta attraverso l’affidamento in house”.
Deve altresì rilevarsi che, come accennato, il T.A.R. ligure ha ritenuto che le ragioni esplicitate dall’Amministrazione, a favore della scelta organizzativa contestata dalla parte appellante, fossero atte a superare il vaglio di “effettività” e “ragionevolezza” delle stesse, istituzionalmente demandato al giudice amministrativo in subiecta materia.
A tal fine il giudice di primo grado:
- si è preliminarmente soffermato sulle peculiari caratteristiche dell’Ospedale San Martino di Genova, rilevando che esso “presenta dimensioni notevolissime per estensione e per numero di degenti ed è inserito nel contesto del popoloso quartiere di San Martino a pochi chilometri dal centro cittadino. Detto in altri termini, l’Ospedale è completamente incluso nello sviluppo urbano della città. Inoltre si pone sull’asse viario che collega la città al Levante cittadino e ligure. La zona dell’Ospedale costituisce, pertanto, un aspetto critico per la sosta e la mobilità cittadina”;
- ha quindi evidenziato, anche sulla scorta delle deduzioni difensive dell’Amministrazione, “la necessità di procedere alla gestione unitaria della sosta e della mobilità tra il Comune di Genova e l’ospedale che solo Genova Parcheggi è in grado di assicurare ed agevolare in quanto società in house anche del Comune”: sotto tale profilo, il T.A.R. ha aggiunto che “la integrazione tra la disciplina della sosta interna all’ospedale e quella cittadina limitrofa costituisca, data l’importanza che la struttura dell’Ospedale san Martino ha nel contesto genovese di cui si è dato conto, un elemento tale da giustificare il mancato ricorso al mercato”;
- ha altresì posto l’accento sulla “maggiore semplicità gestionale e l’immediatezza del processo decisionale relativo al servizio interno all’Ospedale rispetto al più complesso equilibrio che si configura con un affidatario di appalto”, sulla “maggiore semplicità ed immediatezza circa iniziative da condividere con il Comune di Genova in ordine a revisioni della viabilità dell’area interna ed esterna dell’Ospedale”, sui “controlli diretti e stringenti sulla gestione del servizio anche in termini di obblighi di continua rendicontazione”, sulla “convenienza economica rispetto alla pregressa gestione tramite appalto”, sulla “maggior efficienza, universalità ed accessibilità alla struttura, soprattutto per il significativo impiego di personale in presenza”, sul “perseguimento di obiettivi di universalità e socialità, per quanto attiene ai profili tariffari, e il più equo e valido impiego delle risorse pubbliche, tenuto conto della presunzione di ricavi medi in incremento significativo rispetto ai dati precedenti ed a parità di tariffa, presunzione corroborata dal rilevamento degli andamenti degli incassi per il periodo gestito da Genova Parcheggi dal 15 gennaio al 23 febbraio 2020”;
- ha ancora evidenziato che “la possibilità di partecipare in una società in house con il Comune di Genova consentirebbe la sensibilizzazione alle problematiche della sosta da parte del Comune che non potrebbe mai avvenire ove la gestione della sosta fosse affidata ad un privato”, atteso che “una cosa, infatti, è avere come socio il Comune nella stessa società in house che si occupa di mobilità e parcheggi, altra cosa è porsi in posizione di assoluta estraneità rispetto all’ente locale, essendo la sosta gestita da un soggetto privato”;
- infine, ha richiamato, sul piano finanziario, “la maggiore remuneratività per l’ente della proposta di Genova Parcheggi” e, su quello operativo, “la possibilità di operare rimozioni forzate dei veicoli in sosta abusiva all’interno dell’Ospedale”.
Ciò premesso, deve osservarsi, in via del tutto sintetica, che la delibera impugnata (cui deve aversi principale riguardo ai fini del sindacato di legittimità invocato dalla parte appellante, atteso il noto divieto di integrazione postuma del provvedimento oggetto di controversia) si fonda sul presupposto che gli standards di qualità, efficienza ed economicità normativamente delineati fossero raggiungibili “solo” attraverso la società in house.
Ribadito, per le ragioni innanzi illustrate, che tale modus operandi non denota, per sé solo, un profilo di illegittimità della scelta internalizzante, deve nondimeno osservarsi che, nella fattispecie in esame, esso sia affetto dai vizi di carenza istruttoria e motivazionale lamentati, sotto altri profili, dalla parte appellante.
Invero, e date per assodate la peculiare situazione caratterizzante l’Ospedale San Martino, per quanto concerne la sua posizione nel contesto urbano genovese, e le connesse problematiche in punto di mobilità veicolare (così come illustrate nella delibera e nella sentenza impugnate, e non contestate dalla parte appellante), iniziando dal profilo motivazionale inerente all’esigenza di avvalersi, in considerazione delle “dimensioni” e della “complessità della struttura”, nonché delle “esigenze di servizio e dell’utenza”, di “un soggetto pienamente qualificato, avente particolari competenze nell’ambito della gestione della viabilità, della sosta e, più in generale, delle politiche di mobilità pubblica”, deve rilevarsi che esso inerisce a considerazioni di carattere soggettivo concernenti il soggetto affidatario, insufficienti di per sé a veicolare in termini necessitati la scelta circa la soluzione organizzativa ottimale in direzione dell’affidamento in house, e quindi a dimostrare che nel mercato non siano reperibili soggetti ugualmente qualificati da un punto di vista professionale/esperenziale.
Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riguardo alla affermata “importanza notevole” di “avere un unico soggetto di riferimento per la mobilità interna dell’ospedale e per la mobilità genovese, in modo da governare adeguatamente i flussi di traffico”.
Trattasi, infatti, di esigenza oggetto di mera quanto generica asserzione, non essendo congruamente dimostrati i profili di interferenza tra la “mobilità interna dell’ospedale” e quella “genovese”, i quali renderebbero necessario interfacciarsi con un unico operatore al fine di “governare adeguatamente i flussi di traffico”: ciò tanto più considerando che la società in house Genova Parcheggi s.p.a. è istituzionalmente deputata alla gestione degli spazi di sosta e non alla disciplina/controllo del traffico veicolare urbano.
Peraltro, non può omettersi di rilevare che, anche qualora la società in house fosse effettivamente investita di compiti inerenti alla mobilità cittadina, non è chiaro, in assenza di evidenti quanto concreti profili di interconnessione con la gestione della sosta e della viabilità interna dell’Ospedale San Martino, costituente l’oggetto primario del servizio cui inerisce la controversia, quali specifici vantaggi l’Ente ospedaliero (e la collettività che ad esso fa capo) potrebbe conseguire dall’affidamento del servizio de quo alla suddetta società.
Per ciò che riguarda, invece, il “ruolo primario” della suddetta società in house “nel settore della sosta, viabilità e mobilità cittadina sia per effetto dell’affidamento del relativo servizio da parte del Comune di Genova che delle competenze tecniche specifiche nel settore della sosta in ambito ospedaliero acquisite a seguito dell’affidamento del servizio stesso da parte dell’Istituto Gaslini”, è sufficiente, al fine di escluderne ogni plausibile valenza giustificativa della delibera impugnata, richiamare quanto innanzi osservato in ordine, da un lato, alla assenza di convincenti elementi per escludere che nel mercato siano presenti operatori muniti di analoghe “competenze tecniche specifiche”, dall’altro lato, al fatto, allegato dalla parte appellante e già richiamato, che la specifica professionalità della società in house appare prevalentemente riferita al settore della sosta (più che a quello della mobilità urbana).
Né a diverse conclusioni può pervenirsi alla luce delle deduzioni difensive dell’Amministrazione, laddove richiamano i compiti svolti sul territorio comunale da Genova Parcheggi, quali l’emissione dei permessi disabili, l’emissione delle autorizzazioni al transito in ZTL, l’emissione dei contrassegni abilitativi alla sosta, il servizio di bike sharing, il rilascio dei permessi per il transito sulle corsie riservate ed il controllo dei varchi di accesso alle ZTL cittadine: non è dato infatti ravvisare la rilevanza decisiva di tali compiti al fine di garantire che il servizio di sosta all’interno dell’Ospedale San Martino arrechi specifici “benefici per la collettività” né, comunque, in che modo essi possano incidere sulla migliore gestione della sosta e della viabilità all’interno dell’ospedale.
Quanto invece alla possibilità di estendere all’area interna all’ospedale il medesimo sistema di regolamentazione della sosta già in vigore su quasi tutto il territorio comunale, i cui vantaggi sarebbero apprezzabili in termini di semplificazione a beneficio, innanzitutto, per l’utenza (la difesa dell’Ente appellato richiama, a titolo esemplificativo, i vantaggi conseguenti all’applicazione di tariffe uniformi nonché alla possibilità di far valere abbonamenti e condizioni agevolative in maniera indifferenziata su tutto il territorio comunale), deve ribadirsi che, a prescindere dalla loro estraneità al contenuto motivazionale della delibera impugnata, trattasi di profili vantaggiosi al cui ottenimento anche attraverso una gara, opportunamente modulata, nessun concreto ostacolo viene dedotto dalle parti appellate.
Per quanto concerne poi l’assunto inteso ad evidenziare che gli addetti di Genova Parcheggi s.p.a. sono abilitati, in forza di apposita ordinanza, all’esercizio dei poteri – anche sanzionatori – e delle funzioni proprie degli ausiliari del traffico, deve osservarsi che nella stessa relazione istruttoria richiamata dall’Amministrazione si precisa che “non risultano ancora pervenuti chiarimenti formali in merito alla possibilità che tale funzione sia rivestita anche all’interno del Policlinico” (né del resto si fa riferimento a tali mansioni all’interno del contratto di servizio successivamente stipulato), mentre non è dimostrato che “la possibilità di richiedere in luogo del canone l’esecuzione di servizi necessari per una corretta gestione della viabilità interna”, cui pure fa riferimento la suddetta relazione, costituisca una prerogativa esclusiva dell’affidamento in house.
I rilievi che precedono – attinenti all’indimostrato esclusivo possesso da parte della società in house della professionalità necessaria alla ottimale gestione del servizio in discorso ed alla altrettanto indimostrata correlazione tra gestione del servizio di sosta intra-ospedaliero e le problematiche attinenti alla più generale mobilità cittadina e di quartiere, quantomeno nella misura in cui queste ultime siano effettivamente di pertinenza della società in house – inducono ad escludere la attendibilità, ai fini giustificativi della delibera impugnata, del riferimento ai benefici per la collettività cittadina asseritamente rivenienti da “un migliore governo sia sulle arterie di viabilità cittadina a grande scorrimento poste in adiacenza all’ospedale sia sulla viabilità di quartiere” così come di quello fatto ai vantaggi per i visitatori dell’ospedale, sul rilievo che “l’ottimizzazione della gestione tecnologica dei varchi di accesso e della mobilità interna potranno permettere un migliore accesso all’utenza e ai dipendenti, nonché una migliore fruibilità degli spazi dell’area”: a tale ultimo riguardo, in particolare, deve osservarsi che trattasi di profili vantaggiosi che, oltre ad essere genericamente illustrati, non sono corredati da alcuna prova della loro non ottenibilità aliunde (ed in particolare attraverso l’ordinario ricorso al mercato).
Alla stessa conclusione deve pervenirsi in relazione al richiamo – peraltro di carattere meramente ricognitivo - alle “modalità tecniche di conduzione del servizio contenute nel piano di investimento (business plan) redatto da Genova Parcheggi” ed alle “soluzioni per la particolare problematica della gestione della rimozione dei veicoli e degli impianti di accesso automatizzati”, che ugualmente peccano sia di genericità sia, soprattutto, di qualsivoglia indicazione in ordine alla (im)possibilità di conseguire analoghe soluzioni migliorative mediante l’appello al contesto concorrenziale.
Analogamente, per quanto concerne l’affermazione secondo cui “assoluto punto di forza della proposta di gestione, decisamente apprezzato da questo Policlinico, è costituito dal significativo impiego di personale in presenza, debitamente formato, che potrà prestare assistenza all’utenza, non di rado in condizione di difficoltà di orientamento e deambulazione per tutte le problematiche inerenti la sosta e la mobilità, assicurando il mantenimento dell’ordine all’interno del compendio, nonché la rapida risoluzione di situazioni caotiche, anche potenzialmente in grado di interferire sui passaggi dei mezzi in emergenza / urgenza”, non è dimostrato che tali risultati siano una prerogativa del modello in house.
Per quanto concerne, invece, l’affermazione intesa ad evidenziare che “l’affidamento del servizio in house determina notevoli benefici per la collettività intesa, sia come utenza che come dipendenti della struttura ospedaliera, andando, altresì, a perseguire obiettivi di universalità e socialità per quanto attiene ai profili tariffari e alla fruibilità della struttura, essendo così giustificato il mancato ricorso al mercato” e quella secondo cui “l’utilizzo di società in house per la gestione di tale servizio permette un più equo e valido impiego delle risorse pubbliche”, le stesse non richiedono autonome considerazioni, avendo carattere meramente riassuntivo degli assunti motivazionali in precedenza analizzati.
Per quanto attiene poi al riferimento alla “stabilità occupazionale”, sul rilievo che “l’affidamento a Genova Parcheggi comporterà la conferma da parte della Società dell’assorbimento nel proprio organico del personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente, ferma restando la necessaria armonizzazione con l’organizzazione di Genova Parcheggi e con le esigenze tecnico-organizzative e di mano d’opera previste nel nuovo contratto”, deve ribadirsi che non è dimostrato che si tratta di elemento preferenziale proprio ed esclusivo della proposta della società in house e non reperibile nell’ambito del mercato.
Apposite considerazioni devono invece riservarsi al richiamo alla “semplicità e immediatezza del processo decisionale relativo al servizio interno all’Ospedale, a fronte del più complesso equilibrio che si deve realizzare con un soggetto terzo privato affidatario del servizio individuato tramite gara”, così come alla “maggiore semplicità ed immediatezza circa eventuali iniziative da condividere con il Comune di Genova in ordine a revisioni della viabilità della zona”, indicate dall’Amministrazione ad ulteriore fondamento della scelta contestata dalla parte appellante.
Deve premettersi – recte, ribadirsi – che la scelta di sottrarre l’affidamento di un servizio al fisiologico confronto di mercato, optando per la soluzione auto-produttiva, deve trovare fondamento in dati oggettivi ed attentamente valutati, che giustifichino il sacrificio che quella scelta arreca alla libertà di concorrenza: ciò perché, come affermato dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 100/2020 (che richiama sul punto i precedenti di cui alle sentenze n. 325/2010 e n. 46/2013), gli oneri motivazionali prescritti dall’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016 (ed altri analoghi previsti dalle previgenti disposizioni) “si risolvono in una restrizione delle ipotesi in cui è consentito il ricorso alla gestione in house del servizio e, quindi, della possibilità di derogare alla regola comunitaria concorrenziale dell’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica. Ciò comporta, evidentemente, un’applicazione più estesa di detta regola comunitaria, quale conseguenza di una precisa scelta del legislatore italiano. Tale scelta, proprio perché reca una disciplina pro concorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dal diritto comunitario, non è da questo imposta – e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del primo comma dell’art. 117 Cost., come sostenuto dallo Stato –, ma neppure si pone in contrasto […] con la citata normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l’assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri. È infatti innegabile l’esistenza di un “margine di apprezzamento” del legislatore nazionale rispetto a princìpi di tutela, minimi ed indefettibili, stabiliti dall’ordinamento comunitario con riguardo ad un valore ritenuto meritevole di specifica protezione, quale la tutela della concorrenza “nel” mercato e “per” il mercato”.
Immediato corollario applicativo della disposizione citata, e del valore pro-concorrenziale ad essa riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, è quindi l’impossibilità di fare leva su dati evanescenti, di carattere eventuale o meramente organizzativo, insuscettibili di manifestare un corrispondente significativo beneficio per la collettività, derivante dal ricorso al modello dell’in house providing, e di integrare una parallela valida ragione derogatrice del ricorso primario al mercato: l’esigenza normativa che l’in house sia produttivo di “benefici per la collettività”, sotto i profili menzionati dalla disposizione citata, sottende quindi la finalizzazione dell’istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell’Amministrazione e costituenti, nell’ottica legislativa, il “giusto prezzo” per compensare il vulnus che esso potenzialmente arreca al valore primario della concorrenza (e ciò a prescindere dal fatto che la massima giurisprudenziale che ammetterebbe, ai fini giustificativi del ricorso all’in house, la “possibilità di una partecipazione e di un controllo più penetranti rispetto ad altre soluzioni gestionali”, invocata dalle parti appellate in sede difensiva, non è rinvenibile, tantomeno nella sentenza – Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2168 del 10 aprile 2018 - da esse citata).
Il suddetto presupposto, ad avviso della Sezione, non è adeguatamente integrato dal richiamo alla “semplicità e immediatezza del processo decisionale relativo al servizio interno all’Ospedale, a fronte del più complesso equilibrio che si deve realizzare con un soggetto terzo privato affidatario del servizio individuato tramite gara”, trattandosi di profili che potrebbero eventualmente ammettersi come idonei ad individuare, su un piano latamente politico, motivi di “preferenza” per l’affidamento del servizio alla società in house, ma che, essendo intrinseci al “controllo analogo” che l’Ente ospedaliero esercita nei confronti della Genova Parcheggi s.p.a. (congiuntamente agli altri Enti partecipanti al suo capitale), e quindi connaturati, in via generale, al modulo organizzativo di carattere internalizzato, non possono essere validati come specificamente idonei a giustificare, secondo lo stringente paradigma posto dall’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, il ricorso alla soluzione organizzativa “residuale” de qua: ciò in quanto ritenere che il richiamo ai vantaggi insiti nel modello internalizzato di produzione di un determinato servizio sia sufficiente a giustificare il ricorso a tale modalità derogatoria della generale regola della gara equivarrebbe a devitalizzare la portata della norma, e la funzione pro-concorrenziale ad essa sottesa, consentendo l’applicazione generalizzata dell’istituto in contrasto con il suo evidenziato carattere di eccezionalità.
Altrettanto deve affermarsi in relazione al richiamo alla “maggiore semplicità ed immediatezza circa eventuali iniziative da condividere con il Comune di Genova in ordine a revisioni della viabilità della zona”, dovendo solo aggiungersi che tali profili, oltre a rivestire carattere del tutto eventuale ed ipotetico, sono privi di stringente attitudine giustificativa, essendo al riguardo sufficiente osservare che la principale garanzia della correttezza e della tempestività delle scelte comunali in subiecta materia riposa nei principi di buon andamento ed imparzialità che devono orientare l’azione dell’Amministrazione, alla cui elaborazione possono concorrere tutti gli attori del sistema della mobilità e della sosta cittadine, quali che siano i legami organizzativi tra essi sussistenti.
A questo riguardo, non può non osservarsi, quanto al ruolo progettuale – e non solo gestionale – della sosta di cui sarebbe titolare la società in house e che, secondo le deduzioni difensive dalla medesima articolate, sarebbe all’origine dell’opzione per il modello internalizzato, che se da un lato trattasi di profilo non adeguatamente valorizzato con il provvedimento di affidamento impugnato, dall’altro lato proprio la posizione in tal modo riconosciuta a Genova Parcheggi s.p.a. nell’ambito della mobilità e della sosta cittadina la legittima ad (recte, continuare ad) assolvere al suo compito propositivo pur nell’ipotesi di affidamento a terzi del servizio de quo, non essendo necessariamente subordinato alla attribuzione ad essa della gestione della sosta (anche) nel perimetro ospedaliero.
Non decisivi, a favore del modello organizzativo internalizzato, risultano altresì i riferimenti alla “congruità” ed “adeguatezza”, sotto il profilo economico, dell’offerta di Genova Parcheggi, sia perché attinenti ad un aspetto valutativo che riceve una separata attenzione da parte dell’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016 (rispetto a quello relativo alle “ragioni del mancato ricorso al mercato” ed ai “benefici per la collettività”, che deve costituire oggetto di autonoma dimostrazione), sia perché, ancora, inidonei a far emergere profili di convenienza (anche sotto il profilo tariffario) non ottenibili nell’ambito del mercato, attraverso una oculata formulazione del relativo interpello.
Le considerazioni che precedono valgono a fare giustizia anche del vantaggio riconosciuto dal T.A.R. alla scelta contestata dalla parte appellante, nei termini della integrazione che essa apparirebbe idonea a realizzare tra i sistemi gestionali della sosta e della mobilità ospedaliera e cittadina, con particolare riferimento alla aree di sosta limitrofe all’ospedale, e della “sensibilizzazione alle problematiche della sosta da parte del Comune che non potrebbe mai avvenire ove la gestione della sosta fosse affidata ad un privato”: dovendo solo ribadirsi che, in un contesto relazionale tra Amministrazioni (ed affidatari dei servizi di loro pertinenza) fisiologicamente ispirato ai canoni di buon governo dell’interesse pubblico, le esigenze di raccordo tra segmenti diversi del medesimo servizio (o tra servizi distinti ma correlati) possono ben essere realizzate attraverso la ricerca di soluzioni concordate e condivise, all’interno di un dialogo continuo tra i soggetti coinvolti ispirato ai principi di leale e proficua collaborazione, quali che siano i moduli organizzativi concretamente realizzati.
Quanto invece agli ulteriori profili giustificativi individuati dal T.A.R. (i “controlli diretti e stringenti sulla gestione del servizio anche in termini di obblighi di continua rendicontazione”, la “convenienza economica rispetto alla pregressa gestione tramite appalto”, la “maggior efficienza, universalità ed accessibilità alla struttura, soprattutto per il significativo impiego di personale in presenza”, il “perseguimento di obiettivi di universalità e socialità, per quanto attiene ai profili tariffari, e il più equo e valido impiego delle risorse pubbliche, tenuto conto della presunzione di ricavi medi in incremento significativo rispetto ai dati precedenti ed a parità di tariffa, presunzione corroborata dal rilevamento degli andamenti degli incassi per il periodo gestito da Genova Parcheggi dal 15 gennaio al 23 febbraio 2020”), deve osservarsi che essi attengono ad aspetti che, se possono apparire suscettibili di qualificare l’affidamento in house del servizio in discorso, in termini di “benefici per la collettività”, non si rivelano esaustivi quanto al profilo, che lo stesso T.A.R. ha riconosciuto essenziale ai fini della corretta applicazione dell’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, relativo alle “ragioni del mancato ricorso al mercato”: ciò in quanto essi, oltre ad essere condizionati da una rilevazione di carattere statico ancorata alla precedente gestione, non sono accompagnati da alcuna indicazione di carattere comparativo atta a corroborare la pretesa “indispensabilità” del ricorso all’in house al fine di raggiungere quegli obiettivi di qualità, accessibilità ed economicità, né da alcuna valutazione in ordine agli strumenti (come una opportuna declinazione degli obblighi di servizio ad opera del relativo contratto di concessione) alternativamente adoperabili ai fini del raggiungimento dei suddetti obiettivi nell’ipotesi di ricorso al mercato.
Peraltro, quanto al profilo strettamente economico dell’affidamento, non può non rilevarsi che la stessa società resistente ha evidenziato in sede difensiva che, a fronte del canone annuo da essa proposto, pari ad € 250.00,00 annui, la società appellante, con l’offerta resa nella gara svolta nel 2018 (ed oggetto di revoca, alla luce dell’opzione dell’Amministrazione ospedaliera per il modello in house), ha offerto il maggiore importo di € 450.000,00.
Né potrebbe farsi leva, come fa in sede difensiva la società resistente, sul fatto che la proposta da essa formulata contempla l’impiego di 11 dipendenti (e quindi un servizio più articolato), a fronte dei soli 4 dipendenti indicati nell’offerta formulata dalla società appellante nella gara revocata, atteso che la previsione di ricavi posta a base del provvedimento di affidamento in house non esclude lo svolgimento di una gara avente ad oggetto un servizio modulato, da un punto di vista qualitativo, conformemente alla proposta suindicata e tale da garantire all’Amministrazione concedente un analogo ritorno economico.
L’appello, in conclusione, deve essere accolto, potendo dichiararsi l’assorbimento delle censure non esaminate, mentre deve essere respinta la domanda della parte appellante di declaratoria della inefficacia del contratto di servizio stipulato tra l’Ospedale e l’odierna controinteressata, non essendo la prima titolare di alcuna attuale pretesa al subentro, tenuto conto dell’interesse strumentale (alla indizione di una gara ai fini dell’affidamento del servizio de quo) da essa azionato.
Infine, l’originalità e la complessità dell’oggetto della controversia giustificano la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed annulla i provvedimenti con esso impugnati.
Spese dei due gradi di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Con la pronuncia in commento, la III Sezione del Consiglio di Stato di sofferma sulla questione relativa alla corretta interpretazione dell’art. 192, co. 2 del Codice dei contratti pubblici, con specifico riguardo alla motivazione del provvedimento di affidamento in house e delle ragioni del mancato ricorso al mercato.
A tal proposito, il Collegio principia la ricostruzione esegetica dal dettato normativo, a mente del quale “ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
A tal proposito, l’orientamento giurisprudenziale nazionale ha più volte rilevato come la previsione dell’ordinamento italiano di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muova da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti in regime di delegazione interorganica, relegandoli ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto alla previa ipotesi di competizione mediante gara tra imprese.
Tuttavia, si registra altresì un contrapposto orientamento secondo il quale tale disposizione sia stata asseritamente introdotta nell’ordinamento in violazione del divieto di gold plating.
A tal proposito, occorre rilevare come tale orientamento sia da ritenersi ormai superato, avendo l’art. 192 resistito sia ai sospetti di incostituzionalità (Cfr. Corte Cost., sentenza 27 maggio 2020 n. 100) che ai possibili profili di incompatibilità comunitaria (Cfr. Corte di Giustizia UE, Sez. IX, 6 febbraio 2020 nelle cause riunite nn. C-89/19 e C-91/19).
Sulla motivazione legittimante il ricorso all’in house providing si è dunque imposto un recentissimo orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, sez III, sentenza 3 marzo 2020 n. 1564), secondo il quale l’art. 192, comma 2, del Codice degli appalti pubblici impone che l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione:
a) la prima condizione consiste nell’obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato, che rende legittimo l’in house soltanto in caso didimostrato ‘fallimento del mercato’ rilevante a causa di prevedibili mancanze in ordine a “gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, cui la società in house invece supplirebbe;
b) la seconda condizione consiste nell’obbligo di indicare, a quegli stessi propositi, gli specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house.
Tuttavia, dovrà altresì ritenersi legittima la motivazione “unitaria”, costituendo i “benefici per la collettività” e le “ragioni del mancato ricorso al mercato” le due facce di una medesima realtà, di cui colgono, rispettivamente, gli elementi “positivi” (inclinanti la valutazione dell’Amministrazione verso l’opzione gestionale di tipo inter-organico) e quelli “negativi” (sub specie di indisponibilità di quei “benefici” attraverso il ricorso al mercato), giacché trattasi di valutazione unitaria e complessa, finalizzata a sintetizzare entro un quadro unificante dati molteplici e variegati.