Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2021, n. 1783

Data la relazione intercorrente tra esclusione ed aggiudicazione, anche quest’ultima deve essere necessariamente impugnata, poiché il difetto di impugnazione dell’aggiudicazione avrebbe come conseguenza l’inutilità di un’eventuale decisione di annullamento dell’esclusione, la quale non varrebbe a rimuovere anche l’aggiudicazione, che sarebbe affetta da un’invalidità ad effetto solo viziante, e non caducante e perciò non permetterebbe un reinserimento dell’escluso nella procedura, ormai esaurita ed inoppugnabile.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6544 del 2020, proposto da

Petrà s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Clarizia, Mario Pagliarulo ed Andrea Bonanni, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Paolo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Agenzia del Demanio, Agenzia del Demanio Toscana e Umbria, Agenzia del Demanio - Direzione Regionale Toscana, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Di.Gi.All. di Di Girolamo Giovanni, Euroelektra s.r.l., non costituite in giudizio;

Ditta individuale Raucci Mario, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Vincenzo Capuano, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 898/2020, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio-Agenzia del Demanio Toscana e Umbria - Direzione Regionale Toscana e della ditta Individuale Raucci Mario;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2021 il Cons. Stefano Fantini e preso atto del deposito delle note d'udienza formulate ai sensi dell'art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, convertito nella legge n. 176 del 2020, e dell'art. 4 del d.l. n. 28 del 2020 da parte dell'avvocato dello Stato Palatiello e dell'avvocato Capuano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.-La Petrà s.r.l. ha interposto appello nei confronti della sentenza 9 luglio 2020, n. 898 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. II, che ha respinto il suo ricorso avverso il provvedimento comunicato in data 27 febbraio 2020 recante l’esclusione dalla procedura aperta per l’affidamento dei “lavori di riqualificazione attinenti l’ex Caserma Quarleri, sita in via Madonna del Piano in Sesto Fiorentino (FI), mediante la rifunzionalizzazione delle strutture esistenti per realizzare un nuovo polo archivistico”, indetta dall’Agenzia del demanio, Direzione regionale Toscane e Umbria, con bando pubblicato il 16 dicembre 2019.

Il disciplinare di gara distingueva l’esecuzione dei lavori in quattro categorie di opere : OG1, classe III bis, corrispondente al 63,27 per cento del valore complessivo, OS3, classe II, categoria scorporabile corrispondente al 19,27 per cento, OS28, categoria scorporabile corrispondente all’8,34 per cento e OS30, categoria scorporabile corrispondente al 9,12 per cento del valore complessivo, subappaltabile nei limiti del trenta per cento dell’importo complessivo delle opere.

Ai fini della partecipazione alla gara la Petrà s.r.l. dichiarava il possesso della SOA in categoria principale OG1, classifica IV, e che avrebbe fatto ricorso al subappalto “nei limiti massimi consentiti” con riguardo alle categorie scorporabili OS3, OS28 e OS30, corrispondenti al 36,82 per cento dell’importo totale dei lavori oggetto dell’appalto, specificando altresì che per la categoria SIOS OS30 si sarebbe trattato di subappalto qualificatorio, essendo la stessa di importo inferiore al 10 per cento del totale dell’appalto.

All’esito dell’apertura delle offerte economiche in virtù della c.d. inversione procedimentale, la Petrà risultava prima graduata con il ribasso del 28,02 per cento; con il verbale di gara n. 2 del 25 febbraio 2020 veniva però esclusa, in quanto ritenuta priva dei requisiti di partecipazione previsti al punto 10.2 del disciplinare, ed in particolare del possesso della qualificazione nella categoria scorporabile OS30, classe I, unito al limite quantitativo del subappalto previsto dall’art. 105, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, e dunque nel sostanziale assunto dell’impossibilità di subappaltare integralmente le lavorazioni di cui alla categoria scorporabile OS30, in quanto categoria superspecialistica individuata dall’art. 89, comma 11, dello stesso corpus legislativo.

2. - Con il ricorso in primo grado la Petrà s.r.l. ha impugnato la sua esclusione dalla procedura di gara, deducendo che il subappalto delle categorie scorporabili era inferiore al limite di legge del 40 per cento ed in particolare il subappalto della categoria OS30 era pari al 9,12 per cento dell’importo totale dei lavori, pertanto ammissibile; ha altresì dedotto che l’indicazione, quale beneficiaria della garanzia fideiussoria, dell’Agenzia del Demanio, sede di Roma, anziché di Firenze, costituiva mera irregolarità, suscettibile di soccorso istruttorio.

3. - La sentenza appellata ha respinto il ricorso aderendo all’interpretazione secondo cui «pur nella scarsa chiarezza del testo normativo è quindi preferibile la tesi secondo la quale il richiamo alle opere di cui all’art. 89, comma 11, d.lgs. n. 50/2016 ha lo scopo di definire l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione di cui all’art. 105, comma 5, del medesimo d.lgs. n. 50/16 e costituisce un parametro normativo volto a determinare la soglia oltre la quale è vietato ricorrere all’avvalimento». Ne consegue che il limite del 30 per cento del subappalto si applica alle opere per le quali siano necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, senza che assuma rilievo alcuna percentuale che le stesse rivestono nell’economia generale del contratto da affidare.

4.- Con il ricorso in appello la società Petrà ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado, nella considerazione che doveva ritenersi ammissibile, alla stregua del combinato disposto dell’art. 105, comma 5, e 89, comma 11, del d.lgs. n. 50 del 2016, il subappalto integrale della categoria scorporabile OS30, la quale, pacificamente, ha un valore pari al 9,12 per cento dell’importo complessivo dei lavori. Dal sistema normativo si evince infatti, per l’appellante, che il divieto di subappalto delle SIOS scatta solamente in presenza del medesimo presupposto applicativo previsto dall’art. 89, comma 11, in tema di divieto di avvalimento (delle SIOS), ovvero se il valore dell’opera superi il dieci per cento dell’importo totale dei lavori. Ne consegue che la clausola della lex specialis che ha stabilito il divieto di subappaltare oltre il trenta per cento delle opere di cui alla categoria OS30, sebbene la quota delle opere sia inferiore alla soglia del dieci per cento dell’importo totale dei lavori, va qualificata quale causa di esclusione affetta da nullità ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto non contemplata dallo stesso codice dei contratti pubblici. Aggiunge l’appellante come, in ogni caso, l’esclusione dell’appellante risulti illegittima in quanto in contrasto con il diritto europeo, come si evincerebbe dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e dalla procedura di infrazione n. 2018/2273 del 24 gennaio 2019; rilevano in tale prospettiva le sentenze 26 settembre 2019, in causa C-63/18, e 27 novembre 2019, in causa C-402/18, alla cui stregua la direttiva 2014/24/UE osta ad una normativa nazionale che limita al 30 per cento la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi. Ha dunque riproposto i motivi di primo grado assorbiti (in conseguenza del difetto di legittimazione a formulare censure per effetto della ritenuta legittimità dell’esclusione dalla gara) in tema di ricalcolo della soglia di anomalia in caso di esclusioni successive alla formulazione della graduatoria.

5. - Si sono costituite in resistenza l’Agenzia del Demanio e la ditta individuale Raucci Mario eccependo, sotto plurimi profili, l’inammissibilità, nonché l’improcedibilità e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso.

6. - All’udienza pubblica del 4 febbraio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Ragioni di ordine processuale impongono di esaminare in via preliminare l’eccezione di inammissibilità/improcedibilità dell’appello svolta dalle parti appellate in ragione dell’intervenuta aggiudicazione, in data 11 novembre 2020, della gara, all’esito di ulteriore ricalcolo della soglia di anomalia delle offerte, all’operatore Di Cataldo Sabino (in luogo della ditta individuale Raucci Mario), ed alla conseguente stipulazione del contratto di appalto il 29 dicembre 2020, rimaste inoppugnate.

Allegano le resistenti che la determina di aggiudicazione è stata pubblicata in data 11 novembre 2020 sul profilo committente, in conformità di quanto previsto dall’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016, e che la comunicazione dell’avvenuta stipula è stata trasmessa anche alla Petrà con pec del 29 dicembre. Eccepiscono come per effetto della mancata impugnazione dell’aggiudicazione da parte della Petrà s.r.l. sia divenuto improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il presente ricorso in appello avente ad oggetto l’esclusione dalla gara, atteso che anche l’ipotetico annullamento del provvedimento in questione non arrecherebbe alcuna concreta utilità all’appellante, il cui interesse al conseguimento del bene della vita (costituito dall’affidamento della commessa) risulta ormai definitivamente precluso.

L’eccezione di improcedibilità è fondata e va accolta.

E’ incontestato che l’appellante non abbia impugnato la sopravvenuta aggiudicazione in favore della ditta Di Cataldo Sabino.

Obietta però l’appellante di non avere avuto alcuna comunicazione dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 76, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016, benchè ne avesse titolo in quanto candidato che ha presentato un’offerta che è stata esclusa e avendo contestato detta esclusione in sede giurisdizionale, con la conseguenza che non può ritenersi decorso il termine (di trenta giorni) per l’impugnazione a mente dell’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., individuato proprio nella detta comunicazione; aggiunge che la comunicazione via pec dell’intervenuta stipula del contratto è irrilevante, in quanto inidonea a surrogare la mancata comunicazione dell’aggiudicazione definitiva, unico adempimento al quale è correlata la decorrenza del termine di impugnativa. In ogni caso, ad avviso dell’appellante, l’annullamento dell’esclusione in questa sede gravata porterebbe alla caducazione dell’aggiudicazione, in quanto, a fronte dell’inversione della valutazione delle offerte, l’esclusione dell’appellante è avvenuta quando la stessa era già risultata al primo posto della graduatoria, con il corollario che l’attività posta in essere in esecuzione dell’esclusione ha natura meramente conseguenziale ed è affetta da invalidità caducante.

La tesi esposta dall’appellante in tema di dies a quo decorre il termine per impugnare l’aggiudicazione non è, ad avviso del Collegio, condivisibile alla stregua dell’insegnamento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato.

L’Ad. plen., con la sentenza 2 luglio 2020, n. 12, ha infatti stabilito che il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara e le operazioni di valutazione, in coerenza con quanto previsto dall’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016. La disposizione in questione detta le regole sulla pubblicazione degli atti “sul profilo del committente”, il cui rispetto comporta la conoscenza legale di tali atti, in quanto l’impresa deve avere un comportamento diligente nel proprio interesse.

Le informazioni previste, d’ufficio od a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale, ove gli atti presenti nel “profilo committente” non siano idonei o completi.

Nella fattispecie controversa, come già esposto, l’appellante non allega l’inadeguatezza degli atti di gara pubblicati a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione, ma semplicemente sostiene la necessità della comunicazione individuale ai sensi del combinato disposto dell’art. 76, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., allegando come, diversamente opinando, si avrebbe una interpretazione abrogans della richiamata disposizione dell’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Osserva il Collegio come tale assunto defensionale non sia conforme al dictum dell’Adunanza plenaria, che, come noto, a mente dell’art. 99 Cod. proc. amm., è vincolante per le Sezioni semplici del Consiglio di Stato, e dunque non sia positivamente valutabile.

Occorre peraltro sottolineare la specificità della fattispecie, in cui l’appellante, benchè abbia pacificamente avuto conoscenza dell’aggiudicazione in favore della ditta Di Cataldo Sabino, non solo in ambito processuale, ma anche dalla comunicazione della stipulazione del contratto, nonché dalla ricezione della notificazione del ricorso esperito dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana dalla ditta Raucci Mario avverso la determina di aggiudicazione, non ha comunque inteso gravare l’aggiudicazione ed instaurare il contraddittorio con l’aggiudicatario.

Né appare condivisibile l’assunto dell’efficacia caducante dell’annullamento dell’esclusione rispetto alla sopravvenuta aggiudicazione.

E’ infatti consolidata la giurisprudenza nel ritenere che l’interesse che un soggetto escluso da una gara pubblica fa valere è quello di conseguire l’aggiudicazione della gara, mentre rispetto ad esso la rimozione dell’esclusione costituisce un passaggio solo strumentale; conseguentemente, data la relazione intercorrente tra esclusione ed aggiudicazione, anche quest’ultima deve essere necessariamente impugnata, poiché il difetto di impugnazione dell’aggiudicazione avrebbe come conseguenza l’inutilità di un’eventuale decisione di annullamento dell’esclusione, la quale non varrebbe a rimuovere anche l’aggiudicazione, che sarebbe affetta da un’invalidità ad effetto solo viziante, e non caducante e perciò non permetterebbe un reinserimento dell’escluso nella procedura, ormai esaurita ed inoppugnabile (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 28 luglio 2015, n. 3708; ; V, 4 giugno 2015, n. 2759).

Il descritto rapporto di presupposizione intercorrente tra esclusione ed aggiudicazione, tale da non enucleare un’ipotesi di caducazione, non è destinato a mutare nella specificità della fattispecie in esame, in cui l’offerta esclusa era già stata individuata come aggiudicataria in ragione dell’inversione procedimentale. Infatti la scansione procedimentale va vista nella prospettiva diacronica caratterizzante l’ordo productionis, per cui l’iniziale aggiudicazione è stata superata dall’esclusione, ed anzi si sono susseguite più aggiudicazioni, prima della “definitiva”, all’esito anche del ricalcolo dell’anomalia dell’offerta, non potendosi dunque parlare di un mero scorrimento della graduatoria (peraltro di per sé non necessariamente significativo di uno stretto rapporto di presupposizione tra atti).

2. - In definitiva, alla stregua di quanto esposto, l’appello va dichiarato improcedibile, con conseguente preclusione alla disamina del merito della controversia.

La peculiarità della fattispecie integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

Al fine di meglio perimetrare il thema tractandum del pronunciamento in commento, giova compendiare sinteticamente le circostanze fattuali della dedotta vicenda.

Nella peculiare fattispecie portata al vaglio della Sezione Quinta del Consiglio di Stato, la società ricorrente è insorta nanti al giudice amministrativo, contestando il provvedimento di esclusione dalla gara adottato in suo danno dalla stazione appaltante.

La sentenza di primo grado ha respinto il ricorso, confermando la carenza dei requisiti di partecipazione in capo alla concorrente.

L’operatore economico ha quindi interposto appello.

Per ciò che in questa sede più rileva, le parti appellate si sono costituite in giudizio, eccependo l’inammissibilità e improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza d’interesse attesa la mancata estensione dell’impugnativa agli atti della gara medio tempore adottati.

Specificamente, a dire delle resistenti, sarebbe rimasta inoppugnata la determina di aggiudicazione in favore di altro concorrente, malgrado l’avvenuta pubblicazione sul “profilo del committente” ai sensi dell’art. 29, D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

L’appellante ha replicato all’eccezione sostenendo l’irrilevanza di tale adempimento ai fini della decorrenza del termine d’impugnativa, a suo dire ancorato alla forma di comunicazione individuale di cui all’art. 76, comma 5, lett. a), D. Lgs. n. 50/2016.

Ebbene, il Consiglio di Stato ha ritenuto non positivamente valutabili i suddetti rilievi defensionali, alla luce dei principi ermeneutici sanciti dall’Adunanza Plenaria, sentenza 2 luglio 2020, n. 12.

Com’è noto, mediante il suddetto pronunciamento, il supremo organo nomofilattico della giustizia amministrativa ha enunciato i seguenti principi di diritto:

a. la pubblicazione degli atti di gara e dei relativi allegati sul profilo del committente ne comporta la conoscenza legale anche ai fini impugnatori, in coerenza con la previsione di cui all’art. 29 del D. Lgs. n. 50/2016;

b. le informazioni rese d’ufficio o a richiesta scritta dell’interessato ex art. 76, D. Lgs. n. 50/2016 consentono la proposizione del ricorso o dei motivi aggiunti qualora gli atti pubblicati non siano completi o idonei;

c. la proposizione dell’istanza di accesso può incidere sulla decorrenza dei termini d’impugnativa;

d. le forme di comunicazione e di pubblicità, individuate nel bando e accettate dai partecipanti alla gara, sono idonee a far decorrere i termini processuali, a condizione che gli atti vengano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.

Applicando le sovraesposte coordinate ermeneutiche al caso di specie, il Consiglio di Stato ha dichiarato improcedibile il ricorso avente a oggetto il provvedimento di esclusione per mancata estensione del gravame alla determina di aggiudicazione, con conseguente preclusione alla disamina del merito della controversia.

Difatti, secondo il dictum dell’Adunanza Plenaria, la pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione sul profilo del committente rileva quale dies a quo di decorrenza dei termini d’impugnazione, anche in caso di mancata comunicazione individuale, poiché la ricorrente avrebbe potuto avere conoscenza dell’atto con una condotta ispirata all’ordinaria diligenza.

L’omessa contestazione di tale atto determina la sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione, posto che un’eventuale pronuncia favorevole non arrecherebbe alcuna utilità concreta al ricorrente, non permettendo il reinserimento nella procedura, ormai esaurita e inoppugnabile (cfr., tra le numerose, Cons. Stato, sez. V, 28 luglio 2015, n. 3708; 4 giugno 2015, n. 2759).

In tal senso è orientata la granitica giurisprudenza amministrativa, secondo cui: “fermo restando, quindi, l'onere di impugnazione immediata dell'esclusione - quale atto endoprocedimentale di carattere direttamente ed autonomamente lesivo - rimane altresì fermo l'onere del concorrente escluso di estendere il gravame anche al provvedimento conclusivo del procedimento avviato con l’indizione della gara, ovverosia l'atto di approvazione della graduatoria finale” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 aprile 2019, n. 2534).