Consiglio di Stato, Sez. V, 1 marzo 2021, n. 1761

Spetterà all’amministrazione stabilire se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità; come dettato dalla Plenaria una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo. Osta a ciò, nel caso in cui tale valutazione sia mancata, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo (secondo cui il giudice non può pronunciare «con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati»).

Con la pronuncia in oggetto il Consiglio di Stato affronta una pluralità di questioni giuridiche, da un lato processuali e dall’altro sostanziali.

Il profilo processuale della vicenda attiene all’improcedibilità di un ricorso innanzi al Consiglio di Stato, per intervenuta pronuncia in primo grado, a seguito di ricorso successivo, collegato al ricorso originario.

Il profilo sostanziale attiene al sindacato del giudice in tema di discrezionalità tecnica della P.A., e ai profili di integrabilità ed affidabilità dell’operatore economico per il caso di omessa od inadeguata dichiarazione ex art. 80, comma 5, lett. c bis), D. Lgs. 50/2016.

La vicenda in esame origina da un ricorso, proposto da una ditta partecipante ad una gara per il servizio di pulizie, avente ad oggetto l’aggiudicazione ed i provvedimenti ad essa presupposti, in particolare la verifica dell’anomalia, nonché il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 80, D. Lgs. 50/2016.

In primo grado il giudice respinge le censure relative all’affidabilità professionale dell’aggiudicatario, ma accoglie il motivo di ricorso relativo alla presunta anomalia dell’offerta.

La P.A., procedendo al riesame dell’offerta, in esecuzione della pronuncia, dispone l’aggiudicazione a favore del medesimo operatore economico, anche questa impugnata da parte vittoriosa nel primo giudizio, con motivi analoghi al primo ricorso.

Il giudice di prime cure accoglie parzialmente il secondo ricorso, facendo salvo il potere di riedizione del sub procedimento di verifica, anche questa oggetto di successiva impugnazione al Consiglio di Stato per improcedibilità.

Interviene il Consiglio di Stato, su ricorso proposto dall’amministrazione soccombente nel primo ricorso, il quale affronta, quale prius logico, il profilo di rito della vicenda attinente alla improcedibilità per “sopravvenuta carenza di interesse”.

Sulla questione di rito il Consiglio di Stato precisa che, ai fini dell’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, non è sufficiente un provvedimento meramente confermativo di un provvedimento precedente, già oggetto di impugnazione giurisdizionale, “poiché solo la riedizione della funzione amministrativa esprime il superamento della precedente conformazione di una determinata situazione giuridica”.

I giudici di Palazzo Spada passano poi ad esaminare le questioni di merito.

Quanto al profilo relativo alla verifica di anomalia, la pronuncia, allineandosi ad una giurisprudenza pacifica sul punto, ribadisce che il giudizio sull’anomalia dell’offerta non può essere parcellizzato sulle singole voci di costo, rappresentando piuttosto “un giudizio sintetico e globale dell’offerta anomala”.[1]

Da ciò, secondo il giudice di appello, ne deriva la correttezza del rilievo del RUP in ordine al calcolo dell’utile, per quanto modesto, sulla base di un orientamento consolidato che ammette la rilevanza anche dell’“utile esiguo”.

Quanto al diverso profilo attinente all’omissione dichiarativa di cui all’art. 80, comma 5, lett. c bis), il Consiglio di Stato richiama la recente pronuncia dell’Adunanza Plenaria, 28 agosto 2020 n. 16 in cui si afferma che “l’elemento comune alla fattispecie dell’omissione dichiarativa con quella relativa alle informazioni false o fuorvianti suscettibili di incidere sulle decisioni dell’amministrazione concernenti l’ammissione, la selezione o aggiudicazione, è dato dal fatto che in nessuna di queste fattispecie si ha l’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui alla lettera f bis)”.

La normativa citata, infatti, considera entrambe le condotte quali “gravi illeciti professionali” in grado di incidere sull’”integrità ed affidabilità” dell’operatore economico, quale canone alla cui stregua la stazione appaltante deve esprimere il proprio motivato giudizio sull’ammissione del concorrente.

Una tale valutazione, infatti, non può essere rimessa al giudice amministrativo: osta a ciò, nel caso in cui tale valutazione sia mancata, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34 comma 2, del codice del processo amministrativo.”

Il Consiglio di Stato ricorda che anche il fatto non adeguatamente dichiarato, avente in questo caso ad oggetto giudizi pendenti e richieste di rinvio a giudizio, rientra nell’oggetto dell’apprezzamento di competenza della pubblica amministrazione.[2]

Secondo i giudici di Palazzo Spada è necessaria una concreta e soddisfacente motivazione, da parte dell’amministrazione, che dia conto dell’affidabilità professionale della società aggiudicataria a seguito di una doppia valutazione: l’incidenza ex se del comportamento omissivo e il rilievo delle informazioni omesse.

Si tratta di un rapporto di consequenzialità logica in una relazione tra “contenitore e contenuto” per cui la rilevanza dell’omissione si lega inevitabilmente ai fatti omessi.

Solo a seguito di una valutazione complessiva in concreto del comportamento omissivo e dei fatti omessi, o non adeguatamente dichiarati, l’amministrazione può dare un proprio consapevole e motivato giudizio sull’ “integrità o affidabilità” del concorrente ai fini dell’ammissione, avendo cura, allo stesso modo, di precisare le ragioni in ordine all’efficacia o meno delle misure di self cleaning adottate dall’operatore economico.

Al giudice amministrativo è dato, nei limiti del sindacato di legittimità, valutare la correttezza dell’esercizio del potere informato ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e all’attendibilità della scelta effettuata dall’amministrazione.

In tal senso il Consiglio di Stato accoglie il ricorso principale e, parzialmente, quello incidentale, ed in tal senso riforma la sentenza impugnata.


[1] Sul divieto del sindacato sostitutivo, nell’esercizio della discrezionalità tecnica, cfr.,: Cons. St., sez. III, 28 dicembre 2020, n. 8359; id. 17/06/2019, n. 4025; id. 22 gennaio 2016, n. 211; id. 10 novembre 2015, n. 5128; id. sez. V, 29 dicembre 2017, n. 6158; id. 13 febbraio 2017, n. 607; id. 25 gennaio 2016, n. 242;

[2] Cfr., Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2021 n. 1542.