Cons. Stato sez. V ordinanza 8 gennaio 2021 n. 309

Il Collegio ha rimesso all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:

a) Se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, legge fallimentare (r.d. n. 267/1942) debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale;

b) se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione;

c) in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara;

d) se le disposizioni normative di cui all’art. 48, commi 17, 18, 19 ter del d.lgs. n. 50/2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex art. 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del r.t.i. dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2074 del 2020, proposto da


 

Rialto Costruzioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Magliocca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


 

contro

Consorzio Stabile Rennova e La Torre Costruzioni S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianluigi Pellegrino, Pierluigi Piselli, Alessandro Bonanni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Bonanni in Roma, via G. Mercalli, 13;
R.T.I. La Torre Costruzioni S.r.l., non costituito in giudizio;

nei confronti

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Impresa Devi Impianti S.r.l., non costituiti in giudizio;



 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2150 del 2020, proposto da
Impresa Devi Impianti S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Sansone, Eugenio Bruti Liberati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Consorzio Stabile Rennova e La Torre Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianluigi Pellegrino, Pierluigi Piselli, Alessandro Bonanni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Bonanni in Roma, via G. Mercalli, 13;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Lombardia-Emilia Romagna, non costituito in giudizio;

nei confronti

Rialto Costruzioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Magliocca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

entrambi per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna- Sezione Prima, 28 gennaio 2020, n. 76, resa tra le parti;


 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile Rennova, di La Torre Costruzioni S.r.l., del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Rialto Costruzioni S.p.A.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l'istanza dell’appellante Rialto Costruzioni s.p.a., di deferimento del ricorso all'Adunanza plenaria;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, con le modalità di cui al comma 6 dello stesso art. 84 come da verbale, il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Magliocca, Pellegrino, Piselli e Bonanni, Sansone e Bruti Liberati, ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, decreto-legge n. 28/2020;


 

1. Con bando pubblicato in G.U. il 19 ottobre 2018, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti- Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Lombardia ed Emilia Romagna (di seguito “Stazione appaltante”) indiceva una gara a procedura aperta per l’affidamento dei “lavori di realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Forlì- 1 stralcio”, per un importo totale stimato pari ad € 34.615.295,64, da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Alla gara partecipavano sei operatori economici, tra cui il raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalla società Rialto Costruzioni S.p.A., mandante, e l’impresa Devi Impianti S.r.l., in qualità di mandataria, odierne appellanti (di seguito “r.t.i. Devi Rialto” o “r.t.i. appellante”), e il raggruppamento temporaneo di imprese tra il Consorzio Stabile Rennova e La Torre Costruzioni S.r.l. (di seguito “r.t.i. Rennova”).

1.1. Con sentenza del 18 gennaio 2019, n. 58, confermata in appello da questo Consiglio di Stato (con decisione della V Sezione 6 giugno 2019, n. 3750), il Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna- Bologna, accogliendo il ricorso del r.t.i. Devi Rialto, secondo classificato, annullava, per vizi nella composizione della Commissione di gara, l’aggiudicazione originariamente disposta (giusta decreto provvedimentale n. 2966 del 19 novembre 2018) a favore del r.t.i. Costruzioni Generali Giraldi S.p.A. ed EuroImpianti S.p.A.

1.2. Nelle more del giudizio di annullamento, la mandante Rialto Costruzioni S.p.A. (di seguito “Rialto”) depositava, in data 4 febbraio 2019, dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ricorso per l’amissione alla procedura di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 6, del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare) e il Tribunale, con decreto del 13 febbraio successivo, assegnava il termine di 120 giorni per la presentazione della proposta concordataria e nominava il Commissario giudiziale.

1.3. All’esito delle rinnovate operazioni di gara (in esecuzione del giudicato di cui alla citata sentenza del Consiglio di Stato n. 3750/2019), risultava primo classificato il r.t.i. Devi Rialto a favore del quale la Stazione appaltante, effettuata la verifica di congruità, aggiudicava l’appalto.

1.4. Il r.t.i. Rennova, secondo graduato, impugnava detta aggiudicazione della gara, formulando avverso la medesima plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere, lamentando “violazione degli artt. 48, 80, 83 e 84 del D.Lgs. n. 50 del 2016, violazione degli artt. 161 e 186 bis della L. n. 267 del 1942, violazione art. 80, c. 5. Lett. c) e c- bis) D.Lgs. n. 50 del 2016; violazione dei principi di leale collaborazione, trasparenza e autoresponsabilità; violazione dei punti 3, 6, 7, 9 e 10 del Disciplinare di gara, violazione Linee Guida Anac n. 6, eccesso di potere per incompletezza dell’istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità e irragionevolezza”.

1.5. La ricorrente assumeva l’illegittimità dell’aggiudicazione impugnata in quanto disposta in favore di impresa in procedura concordataria ex art. 161, comma sesto, della Legge fallimentare (c.d. concordato “in bianco” o “con riserva”), non ammessa alla continuità aziendale, non avendo presentato (nemmeno al momento dell’aggiudicazione) il relativo piano.

Inoltre, la ricorrente lamentava che il raggruppamento aggiudicatario aveva anche omesso di comunicare tale circostanza, rilevante ai fini della partecipazione alla procedura selettiva, alla Stazione appaltante.

1.6. Si costituivano in giudizio sia la mandante Rialto Costruzioni sia l’impresa mandataria Devi Impianti (di seguito “Devi”), resistendo al ricorso, di cui chiedevano entrambe il rigetto.

1.7. La mandataria proponeva altresì ricorso incidentale con cui impugnava in via condizionata la proposta di aggiudicazione in favore del proprio raggruppamento di imprese, chiedendo di poter essere ammessa (come già aveva prospettato in corso di procedura) alla modifica della mandante ex art. 48, commi 18 e 19- ter, d.lgs. n. 50 del 2016, avendone peraltro già designato un’altra in sostituzione di quella originaria.

2. Con sentenza del 28 gennaio 2020, n. 76, il Tribunale amministrativo adito, esaminato prioritariamente il ricorso incidentale condizionato proposto dall’impresa Devi, lo respingeva, ed accoglieva invece il ricorso principale del r.t.i. Rennova, annullando l’aggiudicazione della gara al r.t.i. Devi Rialto.

2.1. In particolare, il Tribunale amministrativo riteneva infondata la pretesa della ricorrente incidentale di procedere alla sostituzione della mandante, incorsa in una causa di esclusione derivante dalla sopravvenuta mancanza di uno dei requisiti ordinari di partecipazione alle gare pubbliche, a seguito di presentazione di istanza di concordato preventivo c.d. “in bianco” (id est: senza allegazione di alcun piano concordatario), affermando che la modifica della compagine di un R.T.I. concorrente sarebbe comunque ammessa solo nella fase esecutiva dell’appalto e non anche in pendenza della procedura di gara “stante quanto previsto in subiecta materia dalle disposizioni di cui all’art. 48, commi 9 e 18, del D.Lgs. n. 50 del 2016”, nel testo modificato dall’art. 32, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), ratione temporis applicabile.

2.2. Secondo la sentenza in epigrafe, la modifica normativa del 2017 avrebbe, infatti, ulteriormente ristretto l’ambito delle ipotesi derogatorie contemplate dalle norme su indicate e, quindi, anche della possibilità di modifica della compagine di un R.T.I. partecipante ad una gara pubblica, limitata perciò alla sola fase esecutiva, sì da evitarne l’uso strumentale ed elusivo finalizzato ad impedire l’esclusione per l’accertata perdita dei requisiti di partecipazione, al fine di tutelare l’interesse pubblico alla leale e trasparente concorrenza tra i partecipanti alle pubbliche gare.

2.3. La sentenza ha in particolare richiamato, a sostegno del suo ragionamento, l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, nell’interpretare l’art. 48, comma 19, del D.Lgs. n. 50 del 2016, ha chiarito che sono ammissibili soltanto le modifiche in senso riduttivo della compagine del r.t.i. concorrente, purché avvengano per esigenze organizzative proprie del raggruppamento e non per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al soggetto che recede, non potendo il recesso essere artatamente utilizzato per sanare ex post una situazione di preclusione alla permanenza nella procedura di gara.

2.4. Anche il comma 19 ter dell’art. 48 citato consentirebbe le modifiche alla composizione soggettiva del R.T.I., estendendo siffatta possibilità anche alla fase di gara, ma sempre e soltanto a fini organizzativi e non per sopperire a carenze dei requisiti di partecipazione.

2.5. La sentenza riteneva invece fondati entrambi i motivi del ricorso principale del r.t.i. Rennova, rilevando, per un verso, che la Stazione appaltante avrebbe dovuto escludere dalla gara il r.t.i. controinteressato ai sensi dell’art. 110 del D.Lgs. n. 50 del 2016 a fronte dell’ammissione in concordato della mandante, per avere quest’ultima depositato un’istanza di concordato preventivo in bianco e non diretta alla continuazione dell’attività aziendale; e che, per altro verso, rileverebbe ai fini dell’estromissione dalla gara anche l’ingiustificato ritardo con cui il raggruppamento aggiudicatario aveva comunicato (il 29 luglio 2019) la presentazione della domanda di concordato della mandante (risalente al 5 febbraio 2019), rilevante ai fini della selezione delle imprese partecipanti alla gara, con conseguente omessa informazione ex art. 80, comma 5, lett. c-bis d.lgs. 50/2016 (a mente del quale le stazioni appaltanti escludono dalle procedure di appalto l’operatore economico che “abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false e fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di gara”).

2.6. A tali conclusioni doveva pervenirsi poi, secondo la sentenza in epigrafe, anche considerando che l’art. 161, comma 7, della legge fallimentare prevede, in pendenza del termine per la presentazione dei piani e della documentazione necessaria ai fini dell’ammissione alla su indicata procedura concorsuale, che il debitore possa compiere esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione e, previa autorizzazione del Tribunale, anche gli atti di straordinaria amministrazione, ma solo se urgenti: dal che un’ulteriore ragione di preclusione alla partecipazione alle gare pubbliche.

2.7. Irrilevante risultava, infine, sempre secondo il Tribunale amministrativo, l’avvenuta presentazione, in data 11 settembre 2019, da parte della società Rialto di un’istanza di ammissione al concordato con continuità aziendale, corredata dai piani prescritti ex lege: in applicazione del generale principio di continuità del possesso dei requisiti generali e speciali da parte dei candidati nelle gare per l’aggiudicazione di contratti pubblici affermato dalla consolidata giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen,. 27 luglio 2015, n. 8), la circostanza evidenziata dalla predetta società, lungi dal poter comprovare il possesso, ab inizio e per tutta la durata della procedura di appalto, del requisito di cui all’art. 80 del D.Lgs. n. 50 del 2016, dimostrava che, inizialmente, era stata presentata istanza di concordato preventivo senza continuità aziendale e, di conseguenza, la concorrente mancava, almeno fino a tale momento, del requisito in parola.

3. Con i distinti ed autonomi ricorsi indicati in epigrafe, la società Rialto e l’impresa Devi hanno proposto appello avverso la sentenza di prime cure, deducendone la complessiva erroneità ed ingiustizia e invocandone l’integrale riforma.

3.1. Si sono costituiti in giudizio il Consorzio Stabile Rennova e La Torre Costruzioni S.r.l., insistendo entrambi per il rigetto degli appelli, di cui hanno argomentato l’infondatezza.

3.2. Con articolate memorie le parti hanno illustrato le rispettive tesi difensive.

3.3. Accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza, incidentalmente formulata dalle parti appellanti, all’udienza pubblica del 18 giugno 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Va anzitutto disposta in limine la riunione degli appelli in trattazione, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a., in quanto rivolti avverso la stessa sentenza (Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1763).

5. Il Collegio, preliminarmente, richiama le disposizioni normative rilevanti in materia.

5.1. Ai sensi dell’art. 80, comma 5, del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei Contratti pubblici), nel testo ratione temporis applicabile alla fattispecie, “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6 qualora:… b) l’operatore economico si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’articolo 110”.

5.2. L’art. 110 del D.lgs. n. 50/2016 (Procedure di affidamento in caso di fallimento dell'esecutore o di risoluzione del contratto e misure straordinarie di gestione), nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge 14 giugno 2019, n. 55stabiliva che: “1. Le stazioni appaltanti, in caso di fallimento, di liquidazione coatta e concordato preventivo, ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione dell’appaltatore, o di risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 108 ovvero di recesso dal contratto ai sensi dell’articolo 88, comma 4-ter, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ovvero in caso di dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto, interpellano progressivamente i soggetti che hanno partecipato all’originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l’affidamento dell’esecuzione o del completamento dei lavori, servizi o forniture. 2. L’affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede di offerta. 3. Il curatore del fallimento, autorizzato all’esercizio provvisorio, ovvero l’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, su autorizzazione del giudice delegato, possono: a) partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizio ovvero essere affidatario di subappalto; b) eseguire i contratti già stipulati o ammessa al concordato con continuità aziendale. 4. L’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto. L’impresa ammessa al concordato con cessione di beni o che ha presentato domanda di concordato a norma dell’articolo 161, comma 6, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, può eseguire i contratti già stipulati, su autorizzazione del giudice delegato”.

5.3. L’art. 110 del Codice dei contratti pubblici, come sostituito dall'art. 2, comma 1, della legge n. 55 del 14 giugno 2019 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante: «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici»), dispone testualmente che: “1. Fatto salvo quanto previsto ai commi 3 e seguenti, le stazioni appaltanti, in caso di fallimento, di liquidazione coatta e concordato preventivo, ovvero di risoluzione del contratto ai sensi dell'articolo 108 del presente Codice ovvero di recesso dal contratto ai sensi dell'articolo 88, comma 4-ter, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ovvero in caso di dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto, interpellano progressivamente i soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento dell'esecuzione o del completamento dei lavori, servizi o forniture. 2. L'affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall'originario aggiudicatario in sede in offerta. 3. Il curatore della procedura di fallimento, autorizzato all'esercizio provvisorio dell’impresa, può eseguire i contratti già stipulati dall'impresa fallita con l’autorizzazione del giudice delegato. 4. Alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all’articolo 161, anche ai sensi del sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, si applica l’articolo 186-bis del predetto regio decreto. Per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici tra il momento del deposito della domanda di cui al primo periodo ed il momento del deposito del decreto previsto dall’articolo 163 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto. 5. L'impresa ammessa al concordato preventivo non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto. 6. L'ANAC può subordinare la partecipazione, l'affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti alla necessità che l'impresa in concordato si avvalga di un altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, che si impegni nei confronti dell'impresa concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto o alla concessione quando l'impresa non è in possesso dei requisiti aggiuntivi che l'ANAC individua con apposite linee guida”.

5.4. Il comma 2 dell’art. 2 della legge n. 55 del 2019 prevede che “Le disposizioni di cui all’art. 110 del decreto legislativo n. 50 del 2016, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, si applicano alle procedure in cui il bando o l’avviso con cui si indice la gara è pubblicato nel periodo temporale compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto e la data di entrata in vigore del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, nonché, per i contratti non preceduti dalla pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui gli inviti a presentare le offerte sono stati inviati nel corso del medesimo periodo temporale”.

5.5. L’art. 161 del r.d. n. 267 del 1942 Legge fallimentare (rubricato “Domanda di concordato”) dispone che: “I. La domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale; il trasferimento della stessa intervenuto nell'anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza. II. Il debitore deve presentare con il ricorso: a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili; e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta; in ogni caso, la proposta deve indicare l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore. III. Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lett. d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano. IV. Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell'articolo 152. V. La domanda di concordato è comunicata al pubblico ministero ed è pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. Al pubblico ministero è trasmessa altresì copia degli atti e documenti depositati a norma del secondo e del terzo comma, nonché copia della relazione del commissario giudiziale prevista dall'articolo 172. VI. L'imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Con decreto motivato che fissa il termine di cui al primo periodo, il tribunale può nominare il commissario giudiziale di cui all’articolo 163, secondo comma, n. 3; si applica l’articolo 170, secondo comma. Il commissario giudiziale, quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dall’articolo 173, deve riferirne immediatamente al tribunale che, nelle forme del procedimento di cui all’articolo 15 e verificata la sussistenza delle condotte stesse, può, con decreto, dichiarare improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza reclamabile a norma dell’articolo 18. VII. Dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all'articolo 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111. VIII. Con il decreto che fissa il termine di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Il debitore, con periodicità mensile, deposita una situazione finanziaria dell’impresa che, entro il giorno successivo, è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Quando risulta che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale può in ogni momento sentire i creditori. IX. La domanda di cui al sesto comma è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. X. Fermo quanto disposto dall'articolo 22, comma 1, quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento il termine di cui al sesto comma è di sessanta giorni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.”

5.6. L’art. 186 bis, aggiunto ad opera del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134, dà ingresso nell'ordinamento a una disciplina del concordato con continuità aziendale, che prevede la permanenza in vita dell'attività imprenditoriale, in modo che le entrate così prodotte vadano a coprire parzialmente o interamente i crediti del debitore.

5.7. In particolare, tale disposizione normativa (nella versione novellata del d.l. n. 32 del 2019, convertito dalla legge n. 55 del 2019) prevede: “Quando il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa.

Nei casi previsti dal presente articolo:

a) il piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;

b) la relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori;

c) il piano può prevedere, fermo quanto disposto dall'articolo 160, secondo comma, una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto.

Fermo quanto previsto nell'articolo 169 bis, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all'articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d'azienda o di rami d'azienda cui i contratti siano trasferiti. Il giudice delegato, all'atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nell'ipotesi in cui l'impresa è stata ammessa a concordato che non prevede la continuità aziendale se il predetto professionista attesta che la continuazione è necessaria per la migliore liquidazione dell'azienda in esercizio.

Successivamente al deposito della domanda di cui all'articolo 161, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato.

Successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale

L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara:

a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;

[b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto. Si applica l'articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.]

Fermo quanto previsto dal comma precedente, l'impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. In tal caso la dichiarazione di cui al quarto comma, lettera b), può provenire anche da un operatore facente parte del raggruppamento. Se nel corso di una procedura iniziata ai sensi del presente articolo l'esercizio dell'attività d'impresa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale provvede ai sensi dell'articolo 173. Resta salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato.

5.8. Assumono rilievo, ai fini della decisione del presente giudizio, anche le previsioni recate dall’art. 48 (rubricato Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici), che al comma 9 stabilisce che “salvo quanto disposto ai commi 17 e 18, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall'impegno presentato in sede di offerta”, prescrivendo (al successivo comma 10) che “l’inosservanza dei divieti di cui al comma 9 comporta l'annullamento dell'aggiudicazione o la nullità del contratto, nonché l'esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, concomitanti o successivi alle procedure di affidamento relative al medesimo appalto”.

5.9. Per quanto di interesse, va anche richiamata la disciplina derogatoria recata dai commi 17, 18 e 19 dell’art. 48 cit., in base ai quali testualmente: “17. Salvo quanto previsto dall’articolo 110, comma 5, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all'articolo 80, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante deve recedere dal contratto. 18. Salvo quanto previsto dall’articolo 110, comma 5, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all'articolo 80, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire. 19. E’ ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire. In ogni caso la modifica soggettiva di cui al primo periodo non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara.

Rileva infine quanto previsto dal comma 19-ter dell’art. 48 del Codice dei contratti pubblici (aggiunto dall’art. 32 del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56), a mente del quale “Le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19 trovano applicazione anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara”.

6. Tanto premesso, i motivi di appello possono essere così in sintesi illustrati.

6.1. Le appellanti hanno anzitutto lamentato che la sentenza di prime cure non avrebbe adeguatamente considerato le seguenti circostanze di fatto, rilevanti ai fini della decisione.

In primo luogo, la mandante Rialto aveva comunicato alla Stazione appaltante, già in data 6 febbraio 2019, di aver fatto ricorso di ammissione al concordato preventivo ex art. 161, comma 6, legge fallimentare, precisando che il piano concordatario avrebbe previsto la prosecuzione diretta delle attività di impresa.

Successivamente, all’esito della rinnovazione degli atti di gara, il r.t.i. aggiudicatario aveva anche, su richiesta di chiarimenti da parte dell’Amministrazione, relazionato puntualmente sullo stato della procedura, trasmettendo tutta la documentazione comprovante la continuità aziendale e evidenziando che avrebbe potuto richiedere al Tribunale una specifica autorizzazione a partecipare alla gara, se ritenuta necessaria. Con la medesima relazione si chiariva che l’A.T.I. alternativa proposta in luogo di quella in essere con la Rialto era condizionata all’esito negativo della procedura concordataria, non comportando perciò, allo stato, alcuna modifica soggettiva dell’a.t.i. concorrente.

In secondo luogo, nelle more interveniva, in data 17 dicembre 2019, l’autorizzazione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sia alla costituzione del R.T.I. sia alla stipula del contratto di appalto.

6.2. Orbene, nell’accogliere il primo motivo del ricorso principale del r.t.i. Rennova, il primo giudice avrebbe omesso ogni istruttoria in relazione agli elementi di fatto e di diritto e non avrebbe compiutamente esaminato le risultanze documentali versate in atti.

La sentenza appellata non avrebbe infatti considerato né che la Rialto già in data 9 settembre 2019 aveva presentato il piano concordatario in continuità aziendale, né che il Tribunale ordinario aveva rilasciato la su indicata autorizzazione, sebbene questa fosse stata depositata agli atti del giudizio.

6.3. La carenza di istruttoria e di motivazione vizierebbe pertanto integralmente la sentenza appellata per error in iudicando.

In particolare, il mancato riferimento all’autorizzazione giudiziale concreterebbe un implicito giudizio di irrilevanza della stessa ai fini della decisione del ricorso, privo di adeguata motivazione.

Secondo le appellanti, inoltre, il mero ricorso al concordato in bianco non produrrebbe alcun effetto preclusivo immediato e diretto ai fini della partecipazione della concorrente alla gara, che risulterebbe invece soltanto condizionata, in termini di efficacia retroattiva, all’autorizzazione da parte del competente tribunale fallimentare. L’interesse sostanziale delle altre imprese concorrenti che seguono in graduatoria a conseguire il bene dell’aggiudicazione è infatti tutelato dall’ordinamento che preclude ogni impegno contrattuale se non previamente autorizzato, così preservando anche gli interessi dei creditori (ivi incluso quello dell’amministrazione appaltante alla corretta esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto).

La sentenza avrebbe, inoltre, errato nel riconoscere effetti automaticamente escludenti alla mera presentazione della domanda di concordato in bianco, anche se recante un’esplicita prenotazione del concordato in continuità.

Sarebbero altresì censurabili ed erronee le statuizioni della sentenza che hanno ritenuto pure irrilevante ai fini della comprova della continuità del possesso dei requisiti la successiva istanza di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale. Non è qui in discussione che si tratta nella fattispecie di un procedimento ex art. 161, comma 6, legge fallimentare, ma neppure è revocabile in dubbio la conseguente presentazione del piano concordatario da parte della società interessata: non potrebbe, dunque, sostenersi che la mandante del raggruppamento concorrente avrebbe perso ogni capacità, per poi riacquistarla solo all’atto dell’istanza di ammissione alla continuità aziendale, con conseguente soluzione del possesso dei requisiti; dal che l’intrinseca illogicità delle statuizioni impugnate.

6.4. La sentenza sarebbe poi difforme da altri precedenti giurisprudenziali che hanno, in senso opposto, ritenuto che, da un lato, non occorre alcuna specifica autorizzazione quando la domanda di partecipazione alla gara e la relativa offerta sono anteriori al ricorso per concordato con riserva, dall’altro che la semplice presentazione di una domanda di concordato “in bianco”, con riserva di istanza di concordato con continuità aziendale, non impedisce di per sé la partecipazione ad una procedura di gara, non determinando la perdita dei requisiti in capo all’operatore economico.

La giurisprudenza amministrativa, cui la sentenza appellata non si sarebbe conformata, ha altresì statuito che le autorizzazioni del Tribunale Civile, adottate finanche dopo il provvedimento di aggiudicazione, costituiscono mere condizioni integrative dell’efficacia dell’aggiudicazione stessa, giungendo finanche ad escludere che la partecipazione ad una gara pubblica in pendenza di domanda per l’ammissione al concordato sia atto di straordinaria amministrazione necessitante dell’autorizzazione del Tribunale.

6.5. Con il d.l. 8 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge n. 55 del 2019 è stato stabilito all’art. 110, comma quarto, del Codice dei Contratti Pubblici che “alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all’art. 161, anche ai sensi del sesto comma del Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267, si applica l’art. 186 bis del predetto Regio Decreto”.

Secondo le appellanti con tale ultima disposizione è stata risolta in via normativa la questione dell’assimilabilità, sotto il profilo degli effetti, di una domanda di concordato in bianco ad una domanda di concordato con continuità aziendale.

In particolare, il legislatore avrebbe, sempre secondo le appellanti, recepito l’orientamento estensivo, smentendo definitivamente ogni diversa interpretazione della previgente normativa.

L’opzione ermeneutica che distingue, sul piano degli effetti, le due ipotesi di concordato determinerebbe una violazione del principio di uguaglianza ai sensi dell’art. 3 della Costituzione che ha finalità di assicurare pari trattamento a fronte di situazioni omogenee.

6.6. L’appellante Rialto ha chiesto, in subordine, il deferimento del ricorso all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 99 Cod. proc. amm.

6.7. Le appellanti hanno anche contestato le statuizioni della sentenza che, accogliendo il secondo mezzo di impugnazione (con il quale si era, in tesi, contestata solo l’omessa comunicazione dell’avvenuta presentazione della domanda di concordato in bianco), hanno ritenuto illegittima l’aggiudicazione sul rilievo, ontologicamente differente, dell’“ingiustificabile ritardo” nel comunicare che la mandante del R.T.I. controinteressato aveva presentato detta istanza, con conseguente violazione dell’art. 80, comma 5 bis, del D.Lgs. 50 del 2016.

Evidenziano, in particolare, che l’asserito ritardo nel rendere tale informazioni (oltre a costituire doglianza inammissibile in quanto non ritualmente introdotta con il ricorso né con motivi aggiunti, ma solo con memoria non notificata) è circostanza smentita dalla piena conoscenza dell’avvenuto deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, l.f., acquisita già in data 6 febbraio 2019 dall’Amministrazione, la quale ha avviato e concluso un autonomo procedimento di accertamento di tutti i presupposti per confermare l’aggiudicazione a favore del raggruppamento odierno appellante.

La comunicazione aveva, dunque, pienamente raggiunto lo scopo di rendere edotta la Stazione appaltante della presentazione della domanda di concordato, che le imprese del raggruppamento avevano rappresentato per tempo all’Amministrazione, sì che questa potesse adeguatamente valutarla e pronunziarsi in merito prima dell’aggiudicazione definitiva.

In ogni caso, l’asserito ritardo nel rendere la comunicazione non poteva di suo dar luogo ad automatica esclusione dalla gara, ai sensi dell’art. 80, comma 5, del Codice dei contratti pubblici, posto che la norma non fissa un termine puntuale e perentorio per l’invio da parte dei concorrenti di comunicazioni relative a vicende che sopraggiungano in corso di gara, successive alla presentazione dell’offerta (né del resto un siffatto termine era prestabilito dalla lex specialis di gara).

6.8. Con il proprio ricorso in appello, l’impresa Devi ha, con due articolati motivi, lamentato: “I. Erroneità della sentenza appellata per violazione e falsa applicazione del combinato disposto dei commi 9, 18 e 19 ter dell’art. 48 del d.lgs. 50/2016; II. Erroneità della sentenza appellata ove accoglie il secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. A) Error in procedendo per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (artt. 99 e 112 c.p.c. - art. 34 c.p.a) e dell’art. 43 del c.p.a. B) Error in iudicando per travisamento dei fatti, quanto alle comunicazioni inviate dall’Ati Devi Impianti ed alla loro adeguatezza a raggiungere il relativo scopo C) Error in iudicando attesa l’assenza di termini stabiliti a pena di esclusione dalla lex specialis di gara, violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 80, comma 5, lett. c) e/o lett. c) bis del codice dei contratti”).

In particolare, con tali mezzi si è ulteriormente evidenziato che il comma 18 dell’art. 48 del Codice dei contratti pubblici ammette espressamente che, nel caso in cui uno dei mandanti sia soggetto ad una sopravvenuta procedura concorsuale, il mandatario indichi un altro operatore economico subentrante (specificando che, in alternativa, il primo sarà “tenuto all’esecuzione direttamente o a mezzo degli altri mandanti”).

La stessa disposizione fugherebbe, dunque, qualunque dubbio in ordine al possibile ingresso di una figura nuova rispetto alla compagine originaria, che si sostituisca in termini additivi al mandante colpito dalla fattispecie patologica, contrapponendo alla mandante e alla mandataria, già facenti parte del raggruppamento di imprese, un soggetto ad esso estraneo indicato come “altro operatore economico subentrante”.

Avrebbe, dunque, errato la sentenza appellata nel respingere il ricorso incidentale di primo grado, sull’assunto che la normativa vigente del Codice dei contratti pubblici (di cui al combinato disposto dei commi 18 e 19 ter dell’art. 48) giammai consentirebbe, nella fase di gara, di sostituire l’impresa mandante che ha presentato una domanda di concordato e che anzi le modifiche introdotte dal correttivo di cui al d.lgs. n. 56 del 2017 avrebbero ulteriormente ristretto l’ambito della possibilità di modifica della compagine del RTI partecipante, consentendole nella sola fase esecutiva.

Al contrario, come si evince dalla lettera del comma 19 ter, la norma avrebbe esteso la possibilità di modificare nel senso indicato dalle appellanti la compagine del RTI anche allorquando la modifica soggettiva legata al concordato preventivo si realizza in fase di gara.

6.9. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante Devi ha lamentato che la sentenza avrebbe errato anche nell’affermare che la comunicazione della presentazione della domanda in bianco da parte della mandante e la conseguente intenzione di procedere alla sua sostituzione sarebbe avvenuta con grave ritardo. La Stazione appaltante non ha mai avviato formalmente né concluso il subprocedimento di sostituzione della mandante: pertanto, trattandosi di poteri discrezionali non ancora esercitati, il primo giudice non avrebbe potuto pronunziarsi in merito.

7. Il r.t.i. Rennova contesta la correttezza degli assunti delle appellanti.

7.1. Secondo le appellate, correttamente la sentenza di prime cure ha annullato l’aggiudicazione impugnata, in quanto disposta in favore di un’impresa che ha formulato istanza di concordato in bianco senza richiesta di ammissione alla continuità aziendale, non avendo neppure al momento dell’aggiudicazione presentato il relativo piano.

7.2. La procedura attivata da Rialto non era volta, infatti, a manifestare la volontà di continuare l’esercizio dell’attività imprenditoriale, ma aveva il solo scopo di liquidare il patrimonio e distribuire il ricavato dei crediti.

7.3. Ciò emergerebbe dalle seguenti pacifiche ed incontestate circostanze.

In primo luogo, al ricorso esperito dalla società non risultavano allegati quei documenti che l’art. 186 bis, L. n. 267/42 indica come presupposti essenziali per richiedere la continuazione dell’attività d’impresa (e cioè : a) “il piano di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e)”, che “deve contenere anche un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura”“b) la relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma”, che “deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori”).

Inoltre, il decreto emesso dal Tribunale competente in data 13 febbraio 2019 si limitava ad assegnare alla richiedente i termini per la presentazione di un piano di risanamento (piano, che, nella peculiare ipotesi in esame, è sopraggiunto solo con la domanda inoltrata al Tribunale competente in data 11 settembre 2019).

Infine, entrambi i decreti del Tribunale competente emessi in data 19 e 20 luglio 2019, quindi successivamente alla domanda di ammissione al concordato preventivo, sono finalizzati alla liquidazione del patrimonio ed al pagamento dei creditori, anziché al perseguimento ed all’esecuzione di un piano volto al risanamento aziendale.

Pertanto, correttamente il Tribunale, alla stregua delle finalità meramente liquidatorie dell’originaria domanda di ammissione al concordato preventivo, ha escluso che la società potesse accedere ai benefici eccezionali dettati dal combinato disposto degli artt. 186 bis r.d. n. 267/1942 e 110 d.lgs. n. 50 del 2016.

7.4. La presentazione di un ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo in bianco ex art. 161, comma 6, della legge fallimentare integra, difatti, la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 5, lett. b), D.Lgs. n. 50/2016 che, nella formulazione ratione temporis applicabile alla fattispecie, prevede che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico (...) qualora: (...) b) l’operatore economico si trovi in stato … di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’articolo 110”.

Alla luce di tale previsione, l’impresa che si trovi in stato di concordato preventivo o che abbia fatto domanda per l’ammissione a tale procedura concorsuale dovrebbe essere esclusa dalle gare pubbliche. La ratio della disposizione è quella di garantire alle stazioni appaltanti che il contraente sia soggetto integro e finanziariamente solido, in grado cioè di portare a termine la commessa pubblica.

La mandante Rialto, in quanto incorsa in una situazione di concordato c.d. in bianco o con riserva, doveva pertanto essere necessariamente esclusa dalla gara.

7.5. Sotto altro concorrente profilo, sarebbe parimenti infondata la pretesa dell’appellante Devi di sostituire la mandante con impresa esterna al raggruppamento.

Anche a voler ammettere l’applicabilità alla fase di gara della disciplina di cui all’art. 48, commi 17, 18 e 19 ter del Codice Appalti, nondimeno il subentro nelle quote e nelle lavorazioni assegnate al soggetto, sottoposto a procedura concorsuale, potrebbe essere operato esclusivamente con impresa già facente parte del raggruppamento.

Invero, trattandosi di norme inizialmente applicabili alla sola fase di esecuzione del contratto (ove le esigenze di par condicio dei competitori trovano parziale mitigazione nel contemperamento con quelle connesse allo stato di avanzamento della commessa), la loro estensione alla fase di gara richiederebbe un’interpretazione coerente con i principi comunitari e nazionali in tema di evidenza pubblica.

In particolare, un’interpretazione delle norme nel senso proposto dalla società Devi contrasterebbe, ad avviso delle appellate, con il considerando 110 della Direttiva appalti 2014/24/UE, che ammette l’ipotesi della sostituzione di un operatore economico raggruppato solo nella fase esecutiva, prevedendo espressamente che: “In linea con i principi di parità di trattamento e di trasparenza, l’aggiudicatario non dovrebbe essere sostituito da un altro operatore economico, ad esempio in caso di cessazione dell’appalto a motivo di carenze nell’esecuzione, senza riaprire l’appalto alla concorrenza. Tuttavia, in corso d’esecuzione del contratto, in particolare qualora sia stato aggiudicato a più di un’impresa, l’aggiudicatario dell’appalto dovrebbe poter subire talune modifiche strutturali dovute, ad esempio, a riorganizzazioni puramente interne, incorporazioni, fusioni e acquisizioni oppure insolvenza”.

In definitiva, la disciplina recata dal combinato disposto di cui ai commi 18 e 19 ter dell’art. 48 del Codice dei contratti pubblici dovrebbe essere interpretata restrittivamente, nel senso che sarebbero ammesse le modificazioni soggettive del R.T.I. in fase di gara esclusivamente tra le imprese già raggruppate.

Risulterebbe, peraltro, irragionevole una differente disciplina in punto di sostituibilità di mandante e mandataria, nel senso che solo per la prima si potrebbe attingere dall’esterno, sì da consentire l’aggiudicazione in favore di soggetti che non hanno partecipato alla gara, come prospettato dalle appellanti: ciò in quanto anche la mandante potrebbe rivestire un ruolo fondamentale nell’esecuzione dell’appalto ed avere rilevanti quote di partecipazione e lavorazioni, sicché non sussisterebbero ragioni di differenziazione con la mandataria.

7.6. In sintesi, un’interpretazione delle disposizioni in questione nel senso indicato dalle appellanti contrasterebbe con la Direttiva 2014/24/UE, con il divieto di gold plating sancito dall’art. 1 lett. a) delle Legge Delega n.11/2016, con le disposizioni di cui agli artt. 3, 41, 76, 97 e 117 della Costituzione.

7.7. L’aggiudicazione disposta a favore del r.t.i. Devi Rialto sarebbe, dunque, illegittima, come riconosciuto dalla sentenza di primo grado, in quanto tale soggetto risulterebbe privo dei requisiti necessari per essere affidatario della commessa.

La presentazione di una domanda di concordato con riserva rappresenterebbe, infatti, per il soggetto che l’ha presentata e per la compagine a cui appartiene una causa automatica di esclusione dalla gara, specie laddove, come nel caso oggetto di giudizio, la mandante è stata decisiva ai fini della qualificazione, non possedendo autonomamente la mandataria i requisiti prescritti dal disciplinare in misura sufficiente ad assumere la commessa.

La sentenza sarebbe, dunque, corretta e meritevole di conferma anche nella parte in cui ha circoscritto le possibilità di modifica del R.T.I. alle ipotesi giustificate da particolari esigenze organizzative, ed ha precluso ogni possibilità di modificazione della compagine diretta ad eludere il mancato possesso dei requisiti richiesti.

7.8. La presentazione solo in un momento successivo di un ricorso per l’ammissione al concordato con continuità aziendale non sanerebbe poi l’accertata soluzione di continuità nel possesso dei requisiti di ordine generale in cui è incorsa la mandante, requisiti che, secondo pacifico indirizzo giurisprudenziale, devono essere posseduti “per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità ”(cfr. Ad. Pl. Cons. St., 20 luglio 15, n. 8).

Anche la sopravvenuta autorizzazione giudiziale costituirebbe atto irrilevante e inidoneo a rimediare alla soluzione di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della procedura di gara.

Sotto un ulteriore aspetto, le appellate sottolineano che qualsivoglia ipotesi di modifica del raggruppamento non potrebbe certo realizzarsi nei termini unilateralmente voluti dalla mandataria Devi.

L’estromissione della mandante dal raggruppamento comporterebbe l’ulteriore riduzione delle garanzie patrimoniali sulla cui base la mandante ha avviato la procedura di concordato attualmente sub iudice : trattandosi di atto di straordinaria amministrazione, in grado di comportare un decremento patrimoniale e un conseguente pregiudizio alle ragioni dei creditori, certamente la fuoriuscita della mandante dal raggruppamento non potrebbe avvenire in via unilaterale, cioè in virtù della mera decisione della mandataria Devi, ma avrebbe dovuto coinvolgere la mandante e le autorità della procedura concorsuale.

Anche i precedenti giurisprudenziali (di cui a Cons. di Stato, III, 2 aprile 2020, n. 2245; Cons. Giust. Amm. Regione Siciliana 22 maggio 2020, n. 298), richiamati dalle appellanti, non sarebbero pertinenti con riferimento al caso oggetto di giudizio.

Sotto altro aspetto, i consideranda contenuti negli atti normativi eurounitari, a prescindere dalla loro natura vincolante, oltre a chiarire la ratio e l’interpretazione da dare alle norme, sono anche ricognitivi di principi generali ed immanenti all’ordinamento.

Pertanto, la preclusione sancita dal considerando 110 ad aggiudicare una commessa ad un soggetto che non vi ha partecipato è espressione non solo di un canone ermeneutico, ma del principio generale che è alla base di tutte le procedure concorrenziali ad evidenza pubblica.

Il che, peraltro, spiegherebbe il motivo per cui nessuna norma della Direttiva 2014/24/UE contempla la possibilità di effettuare modifiche soggettive, come quella pretesa dalla Devi.

Insomma, la sentenza appellata avrebbe correttamente respinto il ricorso incidentale di primo grado.

7.9. Sotto altro profilo, la sentenza appellata risulterebbe corretta anche laddove ha accolto il secondo motivo del ricorso principale di primo grado.

Osservano le appellate che spetta alla Stazione appaltante il compito di valutare discrezionalmente ogni situazione “concretamente” idonea a rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico, vigendo in capo a quest’ultimo un vero e proprio obbligo di onnicomprensività della dichiarazione.

Pertanto, l’omessa o comunque intempestiva dichiarazione, da parte dell’operatore economico, di fatti rilevanti ai fini dell’appalto, determina una causa di esclusione dalla procedura di gara per violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016.

La domanda di concordato in bianco da parte della Rialto costituiva informazione che avrebbe dovuto essere portata a conoscenza della Stazione appaltante prima della redazione della graduatoria definitiva, in modo da non alterare il procedimento di selezione del contraente.

Il r.t.i. Devi Rialto, ledendo l’interesse alla lealtà concorrenziale, non avrebbe adempiuto correttamente all’obbligo informativo previsto dalla normativa e, comunque, vi avrebbe provveduto solo con grave ritardo, soltanto dopo essere stata individuata come prima classificata, in violazione del canone di buona fede e trasparenza procedimentale.

Gli assunti delle appellanti non smentirebbero la correttezza del ragionamento del primo giudice.

8. Ricostruite così le opposte tesi, osserva il Collegio che il presente giudizio è incentrato sulle conseguenze, stabilite nel vigente ordinamento, per il caso di presentazione, in fase di gara, della c.d. domanda di concordato in bianco da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo.

8.1. Secondo le tesi del raggruppamento ricorrente principale di primo grado a tanto doveva conseguire l’esclusione dell’a.t.i. aggiudicataria, senza alcuna possibilità di sostituzione della mandante con un’impresa esterna rispetto alla compagine originaria; viceversa, secondo le appellanti, ciò non costituirebbe automatica causa di esclusione e, in ogni caso, come sostenuto nel ricorso incidentale proposto, era ammessa la sostituzione con altra impresa designata, del resto già prospettata in fase di gara, della sola mandante.

8.2. Come in precedenza esposto, la sentenza ha ritenuto che solo la presentazione di una domanda di concordato c.d. in continuità sarebbe stata compatibile con la prosecuzione della partecipazione alla gara e che non sono ammesse modifiche soggettive all’originaria compagine del raggruppamento in fase di gara con altro operatore economico, diverso dalle imprese raggruppate.

9. È opportuno premettere una breve disamina delle caratteristiche proprie dei due istituti disciplinati dalla legge fallimentare: il concordato in bianco e il concordato con continuità aziendale.

9.1. Il “pre-concordato” (o “concordato con riserva” o “concordato in bianco”, com’è stato finora variabilmente definito nella pratica e dai primi commentatori) e il “concordato con continuità aziendale” sono le due figure particolari di concordato preventivo disciplinate ex novo dal d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.

La prima figura è, in effetti, del tutto originale per il nostro ordinamento (anche se non lo è in altri, come quello statunitense, dal quale è stata sostanzialmente importata per realizzare le utilità dell'automatic stay previsto dal chapter 11 del codice fallimentare USA) e si traduce - come si evince dall'art. 161, comma 6, l.fall. - nella possibilità di depositare una domanda di concordato preventivo priva, di fatto, di contenuto, essendo finalizzata solo a chiedere al Tribunale la concessione di un termine (variabile da 60 a 120 giorni e prorogabile per non più di altri 60 giorni) proprio al fine di poter predisporre e poi presentare la vera e propria proposta di concordato, da corredare con quel piano e con quell'altra documentazione (compresa la relazione attestativa dell'esperto) che l'art. 161, comma 2, nel testo originario, esigeva invece che fosse presentata già al momento di deposito del ricorso (è stato peraltro previsto che il ricorrente possa presentare poi entro il termine, al posto della proposta definitiva di concordato, una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l.fall.).

L’art. 161, comma 6, della legge fallimentare prevede, in particolare, la possibilità per l’imprenditore di presentare un ricorso contenente la domanda di concordato allegando soltanto “i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi” e “l’elenco nominativo dei creditori”, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione richiesta dai commi 2 e 3 dell’art. 161 entro il termine (prorogabile) fissato dal giudice.

L'utilità che con tale domanda si mira a realizzare è soprattutto quella di poter fruire, per tutto l'arco temporale fino alla scadenza del termine concesso dal Tribunale (e con effetto a partire dalla data di iscrizione nel Registro delle imprese), di un “ombrello protettivo” contro le aggressioni esecutive dei creditori, le azioni cautelari e l'iscrizione unilaterale di diritti di prelazione (art. 168 l.fall.) pur in assenza di una proposta di concordato vera e propria, solo in presenza della quale potevano prima scattare comparabili (anche se non identiche) misure protettive.

Con tale previsione, dunque, lo spatium deliberandi concesso al debitore può essere utilizzato sia per predisporre il piano e consentire all’esperto di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano stesso, sia per raggiungere accordi con i creditori diretti a facilitarne il buon esito (ad esempio la rinuncia al privilegio da parte di alcuni creditori).

In definitiva, con tale istituto si paralizza temporaneamente quel potere-dovere del Tribunale di dichiarare inammissibile la proposta che esso sarebbe chiamato ad esercitare ai sensi dell'art. 162, comma 2, in ragione del difetto, appunto, dei presupposti previsti dai commi primo e secondo dell'art. 160, e dai primi quattro commi dell'art. 161, ossia, in sintesi, in ragione della mancanza degli elementi minimi di riconoscibilità di una proposta concordataria valida ed ammissibile, secondo la conformazione tipologica ed i requisiti formali e sostanziali previsti dalle predette norme.

Che si tratti di una paralisi temporanea di questo potere-dovere è dimostrato dal fatto che, a norma dell'art. 161, comma 6, ultimo periodo, se nel termine fissato dal Tribunale il debitore-ricorrente non deposita né una proposta definitiva di concordato (con il corredo documentale di cui si è detto), né, alternativamente (come pure la norma gli concede di poter fare), un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.fall., “si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo”, ossia il Tribunale procede a convocare il debitore per contestargli l'inammissibilità della domanda e procedere poi a dichiararla, dichiarando eventualmente anche il fallimento se sia stata presentata un'istanza o richiesta in tal senso e, ovviamente, se ne sussistano i relativi presupposti.

Il Tribunale può dunque dichiarare inammissibile la domanda per difetto di proposta o per difetti della proposta o della prescritta documentazione, di norma, solo dopo il decorso del termine da esso stesso concesso, essendo rimasto sospeso tale potere-dovere durante il suddetto intervallo temporale.

Si è poi in generale rilevato come la previsione di cui al comma 6 in realtà contempli una forma minimale di presentazione di domanda con riserva, ma non vieti di integrare la stessa con ulteriori indicazioni.

Quindi, la circostanza che il ricorso possa essere predisposto in forme assolutamente semplificate non escluderebbe affatto che la domanda, per quanto da catalogare come "prenotativa", possa essere arricchita da ulteriori elementi, e che quindi più che di domanda “in bianco”, si possa parlare di domanda “con riserva di presentare ulteriore documentazione”, graduando cioè la semplificazione dalla forma minimale prevista dall’art. 161, comma 6, l. fall. a contenuti documentali più ricchi, in funzione delle caratteristiche dell’impresa e degli obiettivi che si intendono perseguire, compreso quello della continuità aziendale.

9.2. Il concordato con continuità aziendale, invece, è disciplinato dal più volte richiamato art.186 bis della Legge Fallimentare e si ha quando “il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione”.

Come chiarito da ultimo dalla Corte Costituzionale (nella recente sentenza 7 maggio 2020, n. 85) la disciplina del concordato preventivo con continuità aziendale – rispondente, come noto, alla finalità di favorire il superamento dello stato di crisi dell’azienda – “si caratterizza per la previsione di stabilità dei contratti in essere con le pubbliche amministrazioni, ex art. 186-bis, terzo comma, della legge fallimentare, e, al contempo, per la possibilità che l’impresa partecipi alle procedure di affidamento dei contratti pubblici.

Sia la giurisprudenza che l’ANAC hanno, tuttavia, riconosciuto la possibilità di presentare una domanda di concordato “in bianco” che abbia gli effetti (c.d.) “prenotativi” della presentazione del concordato in continuità aziendale.

In sintesi, con tale strumento l’operatore economico usufruisce dei benefici del concordato in bianco – come la protezione dalle aggressioni esecutive dei creditori, o dalla dichiarazione di inammissibilità del Tribunale per mancanza di piano e proposta concordatari, la possibilità di usufruire di un maggior lasso di tempo per decidere se procedere ad un concordato liquidatorio, fallimentare o in continuità - e, allo stesso tempo, si riserva la possibilità di presentare ulteriore documentazione finalizzata alla richiesta di un concordato in continuità aziendale.

Sarebbe, infatti, ben possibile, secondo alcuni, ipotizzare una fattispecie in cui conviva sia l’esigenza economico-aziendale di attivare una procedura concorsuale per la liquidazione dei debiti e il riassetto della società, senza però impegnarsi a specificare immediatamente il progetto, usufruendo di un arco temporale più lungo per la sua definizione, accompagnato dai benefici suesposti caratteristici delle procedure concorsuali, sia la volontà, e la possibilità, alla luce delle risorse della singola società, di pianificare, una volta superato il momento di crisi, la continuazione dell’attività aziendale.

Anzi, si tende a distinguere la domanda c.d. in bianco (cioè con il contenuto minimale indicato dal comma 6) dalla domanda con riserva arricchita da ulteriori elementi, sottolineandosi come la prima sia compatibile soltanto con una situazione nella quale all'impresa non servono tutte le potenzialità che oggi la legge riconosce.

9.3. Gli aspetti ora evidenziati sono strettamente correlati al “se” la c.d. domanda in bianco sia compatibile con una proposta di concordato preventivo in continuità aziendale ai sensi dell’art. 186-bis, l. fall., e se possa già configurarsi la tipologia del c.d. “concordato con continuità aziendale” come delineata dall’art. 186 bis della legge fallimentare quando sia proposta una semplice domanda di preconcordato.

Al riguardo, nonostante la disposizione del comma 1 dell’art. 182-quinquies, l. fall. sembrerebbe legittimare la presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161, comma 6, possono porsi seri dubbi sulla compatibilità fra le due previsioni, sino ad evidenziare la sussistenza di una vera e propria aporia normativa. Ciò in quanto un concordato con continuità aziendale sub specie di preconcordato sembrerebbe non possibile alla stregua di quanto disposto dall’art. 186-bis, comma 1, che definisce in generale la fattispecie del concordato con continuità aziendale, fissandone tre specifiche condizioni: 1) il piano di concordato deve prevedere la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione; 2) il piano deve contenere anche un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; 3) la relazione del professionista di cui all’articolo 161, comma 3, deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

Poiché tuttavia non esiste un concordato che possa definirsi con continuità aziendale che manchi di una o più di tali condizioni, e poiché queste mancano tutte in caso di pre-concordato, non sembrerebbe possibile, secondo altra tesi, presentare un pre-concordato con continuità aziendale.

10. Tanto evidenziato, la Sezione preliminarmente rileva l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in relazione alle su delineate questioni di diritto, rilevanti ai fini della decisione (ed analogo contrasto si rinviene, come si dirà, anche nell’ambito della giurisprudenza dei Tribunali amministrativi regionali).

10.1. La questione dell’ammissibilità della partecipazione alle gare per l’affidamento dei pubblici contratti all’operatore che abbia presentato istanza di concordato preventivo c.d. in bianco ai sensi dell’art. 161, comma 6, legge fallimentare e l’applicabilità a detta procedura della deroga di cui all’art. 186 bis della legge fallimentare, introdotto dalla legge n. 134 del 2012, è stata oggetto di statuizioni giurisprudenziali (sia nella giurisprudenza amministrativa di primo grado sia in quella di ultima istanza), che hanno, infatti, determinato due opposti orientamenti interpretativi.

11. Il primo, estensivo, propende per l’applicabilità anche alla fattispecie in esame della deroga prevista dall’art. 186 bis della legge fallimentare con il deposito dell’istanza di ammissione al concordato, secondo cui, nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, l’impresa conserva la facoltà di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti: ciò varrebbe, quindi, anche nell’ipotesi in cui l’impresa abbia inizialmente proposto una domanda di ammissione “in bianco” con riserva di presentare, nel termine massimo fissato dal giudice, la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 186 bis Legge Fallimentare (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328; Consiglio di Stato, Sez. III, 20 marzo 2018, n. 1772 e la giurisprudenza ivi richiamata; Cons. St., Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519; nella giurisprudenza dei Tribunali amministrativi sono espressione di tale orientamento: Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Bolzano, 25 luglio 2018, n. 253; Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione IV, 5 novembre 2019, n. 2305; Tribunale ammnistrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza quater, 19 settembre 2019, n. 11143, con la giurisprudenza ivi richiamata; T.A.R. Lombardia Milano, Sezione IV, 30 dicembre 2015, n. 2877; si veda anche determinazione ANAC, 8 aprile 2015, n. 5).

In base a questo indirizzo giurisprudenziale la presentazione di una domanda di concordato “in bianco”, con riserva di istanza per il concordato con continuità aziendale, non impedisce di per sé la partecipazione ad una procedura di gara e non determina la perdita dei requisiti di partecipazione in capo all’operatore economico.

Nelle predette decisioni, si afferma che la presentazione di una domanda di concordato in bianco non sarebbe, dunque, causa di automatica esclusione dalle procedure di affidamento dei pubblici contratti, specie allorquando la domanda abbia contenuti “prenotativi” della presentazione della proposta in continuità, anticipando espressamente tale volontà (non potendo in tal caso ritenersi pendente un procedimento per l’ammissione al concordato liquidatorio tout court: cfr. Determina ANAC 8 aprile 2015).

Sotto altro concorrente profilo, si è rilevato altresì che l’art. 161, comma 7, della legge fallimentare stabilisce che, dopo la presentazione dell’istanza di ammissione e prima della decisione del Tribunale di cui al successivo art. 163, il debitore possa compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione, se autorizzato dal Tribunale, o anche atti di ordinaria amministrazione.

Si evidenzia, inoltre, che la giurisprudenza, in talune pronunzie (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 8 maggio 2019, n. 2963), ha escluso che la partecipazione ad una pubblica gara in pendenza di domanda per l’ammissione al concordato costituisca un atto di straordinaria amministrazione, necessitante, pertanto, dell’autorizzazione del Tribunale.

Tale orientamento ritiene, infatti, opinabile che la partecipazione alla gara possa, in generale, considerarsi un atto di straordinaria amministrazione, poiché per la giurisprudenza civile di legittimità vanno considerati tali solo gli atti che possono oggettivamente incidere in senso negativo sul patrimonio destinato al soddisfacimento dei creditori, mentre sono di ordinaria amministrazione gli atti di comune gestione dell'impresa strettamente aderenti alle finalità e dimensioni del suo patrimonio e quelli che - ancorché comportanti una spesa - lo migliorino o anche solo lo conservino (in tal senso Cassazione civile sez. I, 29 maggio 2019, n.14713); e, comunque, la relativa valutazione deve essere frutto di un riscontro caso per caso, nel quale occorre tener conto, in particolare, della specifica finalità che l'atto risulta oggettivamente perseguire (Cass., Sez. I, 22 ottobre 2018, n. 26646).

Secondo alcune delle sentenze sopra richiamate, la circostanza che le autorizzazioni del Tribunale civile siano state adottate in corso di gara e finanche dopo il provvedimento di aggiudicazione risulterebbe poi irrilevante, trattandosi di condizioni integrative dell’efficacia dell’aggiudicazione, che possono, quindi, intervenire anche in pendenza del procedimento di appalto (cfr. per una compiuta disamina sulle condizioni di ammissione alle gare pubbliche delle imprese che hanno presentato istanza di concordato preventivo in bianco e con continuità aziendale e sul relativo regime autorizzatorio Cons. di Stato, Sezione V, 3 gennaio 2019, n. 69).

12. Il secondo orientamento, restrittivo, cui ha aderito anche la sentenza appellata, esclude a priori ogni possibilità di partecipare alle pubbliche gare per l’impresa che abbia presentato la domanda di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 6, legge fallimentare, quand’anche ci sia la relativa autorizzazione da parte del Tribunale, se detta partecipazione non è straordinaria e urgente (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 13 giugno 2019, n. 3984; nella giurisprudenza di primo grado hanno aderito a tale tesi: T.a.r Piemonte, Torino, sez. II, 7 marzo 2019, n. 260; T.a.r. Lazio Roma, sez. II ter, 22 luglio 2019, n. 9782; Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, 10 febbraio 2020, n. 42).

L’istanza del debitore di ammissione al concordato preventivo “in bianco” costituirebbe, per un parte della giurisprudenza, finanche una condizione impeditiva alla partecipazione alle procedure per l'aggiudicazione delle commesse pubbliche (Cons. St., Sez. III, 18 ottobre 2018, n. 5966).

In base a tale indirizzo interpretativo, “gli artt. 80 e 110 del codice dei contratti (…) si limitano a salvaguardare le ragioni del concorrente già ammesso al concordato con continuità aziendale e in nessun caso contemplano la salvaguardia di una situazione incerta quale la fase di ammissione al concordato. Nessuna norma, poi, prevede la possibilità di pronunciare l’aggiudicazione nei confronti di una società non ancora definitivamente ammessa al concordato con continuità aziendale, per l’evidente incompatibilità della “definitività” degli impegni che una aggiudicazione implica rispetto alla “incertezza” e fluidità che la fase di ammissione al concordato necessariamente comporta” (T.A.R. Piemonte, sede di Torino, II, 7 marzo 2019, n. 260).

L’orientamento in questione afferma, infatti, che non solo le imprese che hanno presentato istanza di concordato in bianco non possono partecipare alle gare pubbliche, ciò comportando automatica causa di esclusione dalla gara, ma anche che le uniche attività possibili per le imprese che si trovano in tale stato sarebbero quelle straordinarie ed urgenti, quale “contrappeso riequilibratore” ai benefici accordati dalla normativa che disciplina tale istituto (come la prolungata ed anticipata protezione offerta al debitore contro le aggressioni esecutive e cautelari dei suoi creditori insoddisfatti): la limitazione dei poteri gestori del debitore a partire dal deposito della domanda e il correlato potere di controllo del Tribunale sul loro esercizio sono, infatti, volti ad evitare condotte abusive e pregiudizievoli per i creditori.

Si legge in tali decisioni che la partecipazione alle gare pubbliche è, di per sé, attività di straordinaria amministrazione, come tale autorizzabile solo se urgente: poiché la parola chiave dell'intera previsione di cui all’art. 161, comma 7, della legge fallimentare sta nell’aggettivo “urgenti” riferito agli atti di straordinaria amministrazione, non tutti gli atti aventi carattere “straordinario”, infatti, sono autorizzabili durante il pre-concordato, ma solo quelli urgenti.

Prima dell’ammissione al concordato solo l'urgenza può fungere, pertanto, da causa giustificatrice in una fase in cui nessuno è ancora in grado di sapere quale proposta concordataria verrà presentata e sulla base di quale piano. Ove l’atto non fosse urgente, il suo compimento potrebbe trovare giustificazione solo in relazione ad una programmazione futura, in ragione cioè del suo inserimento nel piano concordatario, ovvero nella sua utilità (o non dannosità) alla stregua di una valutazione positiva compiuta dal Giudice Delegato dopo l'ammissione al concordato, in sede di autorizzazione rilasciata ex art. 167 l.fall..

La limitazione del novero degli atti di straordinaria amministrazione che possono essere compiuti in questa fase sarebbe coerente con la peculiarità e la precarietà della fase stessa in cui nessuno è ancora in grado di conoscere il contenuto della proposta concordataria e del piano che saranno presentati e addirittura se sarà formulata una proposta di concordato definitiva.

È stato, in particolare, statuito che: “la partecipazione ad una procedura selettiva per l’affidamento di un contratto di appalto pubblico – così come la permanenza all’interno della procedura stessa, laddove al momento dell’avvio non era stata presentata, da parte dell’operatore economico, alcuna domanda di “concordato in bianco” – non possono inserirsi nell’ambito degli eventi occasionati dallo svolgimento di una attività ordinaria, ma rientrano nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione, anche solo per la circostanza che già solo la partecipazione alla procedura potrebbe ridurre ancor di più le opportunità di salvaguardia dei creditori. È dunque evidente che l'istanza del debitore di ammissione al concordato preventivo costituisce una condizione impeditiva alla partecipazione alle procedure per l'aggiudicazione delle commesse pubbliche, ma tale situazione ostativa può essere superata solo mediante l'adempimento degli obblighi documentali contemplati da tale disposizione” (cfr. Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 2019, n. 3984, con richiami a Cons. St., Srz. V, 29 maggio 2018, n. 3225).

Secondo questo indirizzo, la partecipazione alle gare pubbliche, come l’acquisizione delle relative commesse, non possono, dunque, annoverarsi tra le attività di ordinaria amministrazione, necessitando comunque di provvedimenti autorizzativi giurisdizionali che accertino l’effettiva possibilità di contrarre con la Stazione appaltante e di eseguire le obbligazioni oggetto di appalto.

È stato al riguardo osservato che, se pure l’impresa non si trovava in stato di crisi quando ha presentato la propria offerta, certamente lo era al momento della presentazione dell’istanza di concordato con la conseguenza che il mantenimento della sua partecipazione alle gara ed alle fasi successive necessiterebbe “del controllo costituito dalla specifica autorizzazione del Tribunale e del previo assolvimento degli obblighi documentali a ciò finalizzati”.

Anche le previsioni recate dall’art. 186 bis della legge fallimentare confermerebbero la correttezza di tale ricostruzione.

L’art. 186 bis L.F., nel consentire, a determinate condizioni, la possibilità per l’impresa di partecipare alle procedure di gara, riguarda le sole ipotesi in cui “il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione” e in cui il piano abbia i contenuti di cui al comma secondo lettere a) e c) della disposizione e sia accompagnato dalla relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma L.F., la quale “ deve attestare che la prosecuzione dell’attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori” (art. 186 bis comma 2 lettera b L.F.).

L’art. 186 bis L.F., pertanto, presuppone l’avvenuta presentazione, anche prima dell’ammissione, di un piano di concordato e della relazione del professionista che, invece, mancano nelle fattispecie di c.d. “concordato in bianco”.

A ciò si aggiunga che:

- l’art. 186 bis, comma 4, L.F., laddove prevede che “successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale” presuppone, comunque, la preventiva presentazione di un piano di concordato e della relazione del professionista e, comunque, si applica alle ipotesi di partecipazione alle gare iniziate dopo la presentazione della domanda di concordato;

- l’art. 186 bis, comma 5, L.F., nello stabilire che “l'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara: a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto; b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto”, riguarda espressamente le imprese già ammesse al concordato. Peraltro, tale disposizione richiede anche l’autorizzazione del Tribunale e la presentazione di specifica documentazione (in questo senso Cons. Stato, sez. III, 18 ottobre 2018, n. 5966; Cons. Stato n. Cons. Stato, IV, 3 luglio 2014, n. 3344);

Si è, inoltre, ritenuto che, nel caso in cui un componente del RTI sia assoggettato al c.d. concordato preventivo in bianco, “la permanenza del RTI quale aggiudicatario rappresenterebbe un ingiusto vantaggio a detrimento degli altri partecipanti che restano in possesso dei requisiti per tutta la procedura” (Tribunale regionale di giustizia amministrativa- Sezione autonoma di Bolzano, 10 febbraio 2020, n. 42).

Va, peraltro, rilevato che, in tutte le ipotesi in cui le disposizioni citate prevedono la possibilità di partecipare alla gara, il presupposto necessario è comunque costituito dall’autorizzazione del Tribunale (che, come evidenziato, dovrà, nel rilasciarla, valutare in concreto, oltre alla non dannosità, l’urgenza dell’atto da autorizzare).

L’istanza di concordato c.d. “in bianco” ex art. 161, comma 6, legge fallimentare, determinerebbe, così, in base a tale orientamento interpretativo, una soluzione di continuità del possesso dei requisiti di ordine generale richiesti dall’art. 80, comma 5, lett. b) del d.lgs. n. 50/2016, che neppure la successiva ammissione al concordato “con continuità aziendale” potrebbe retroattivamente sanare.

Il tenore letterale della disposizione in esame riferisce esplicitamente l’eccezione, rispetto alla regola dell’esclusione di cui alla lettera b) dell’art. 80 d.lgs. n. 50/16, al solo caso in cui l’operatore “si trovi” in continuità aziendale e, quindi, sia stato già ammesso al concordato e non anche ai casi di “procedimenti in corso” e, quindi, in cui sia stata presentata la sola domanda di concordato “in bianco”.

Si è osservato poi, nelle sentenze che hanno aderito all’orientamento restrittivo (cfr. in termini T.A.R. Lazio, sez. II ter, 22 luglio 2019, n. 9783), che l’art. 110, comma 4, d.lgs. n. 50/16, oggi vigente, introdotto solo con il d. l. n. 32/2019, prevede che “alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all’articolo 161, anche ai sensi del sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, si applica l’articolo 186-bis del predetto regio decreto. Per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici tra il momento del deposito della domanda di cui al primo periodo ed il momento del deposito del decreto previsto dall’articolo 163 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto”.

In ogni caso, la norma richiede, per la partecipazione alle procedure di gara, l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto.

Peraltro, quand’anche si volesse attribuire valenza interpretativa alla modifica normativa (il che sembrerebbe smentito dal fatto che la novità normativa richiede per la partecipazione un requisito nuovo, quale è l’avvalimento), come prospettano le appellanti, ciò non toglie che il nuovo testo dell’art. 110, comma 4, d. lgs. n. 50/16, al pari del già richiamato art. 186 bis, comma 4, L.F., debba essere interpretato nel senso che la “partecipazione alle procedure di affidamento”, ivi disciplinata, sarebbe solo quella che inizia ex novo dopo la presentazione della domanda di concordato “in bianco”, e non anche quella in corso al momento del deposito della domanda stessa.

Sembrerebbe deporre in questo senso il disposto dell’art. 80, comma 6, d. lgs. n. 50/16, secondo cui i requisiti di partecipazione debbono essere posseduti al momento della presentazione della domanda e dell’offerta e devono essere mantenuti fino alla stipula del contratto; la norma ha una valenza generale in quanto preordinata a tutelare il principio, di matrice comunitaria, della par condicio dei partecipanti alla gara, di talché la perdita del requisito, conseguente alla presentazione della domanda di concordato “in bianco”, non potrebbe essere successivamente sanata con l’autorizzazione del Tribunale.

13. Da ultimo, l’opzione ermeneutica c.d. restrittiva, seguita nel ritenere ostativa alla partecipazione alla gara la presentazione di un’istanza di concordato “in bianco”, risulterebbe coerente con la normativa comunitaria.

Va, infatti, rammentato che pure il Giudice europeo si è pronunciato, a fronte di un rinvio pregiudiziale operato da questo Consiglio di Stato (con ordinanza della V Sezione, 2 febbraio 2018, n. 686, nella quale si richiamava la giurisprudenza nazionale, di cui, in particolare, a Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 15 aprile 2010 n. 2155, secondo la quale l'apertura di un concordato con riserva ex art. 161, comma 6, legge fallimentare sarebbe di per sé una condotta "che ben può ritenersi confessoria della consapevolezza del proprio stato di dissesto" ), ritenendo compatibile con la normativa europea la causa di esclusione derivante dalla presentazione di istanza di concordato “in bianco” da parte di un operatore economico (Corte di Giustizia UE, Sez. X, sentenza 28 marzo 2019, C-101/18).

In particolare, con quest’ultima decisione, la Corte di Giustizia ha stabilito che:

- è conforme al diritto dell'Unione e soprattutto al principio di uguaglianza nella procedura di aggiudicazione di appalti pubblici per la legislazione nazionale escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico un operatore economico che ha presentato una domanda di «concordato in bianco», piuttosto che non escluderlo (paragrafo 48);

- inoltre, la situazione in cui detto operatore non s'impegna già, alla data in cui la decisione di esclusione è adottata, a procedere al concordato preventivo al fine di proseguire la sua attività non è paragonabile, con riguardo alla sua affidabilità economica, alla situazione di un operatore economico che s'impegna a tale data a proseguire la propria attività economica (paragrafo 49)

- l'articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera b), della direttiva 2004/18/CE deve essere interpretato nel senso che “esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che consente di escludere da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico un operatore economico che, alla data della decisione di esclusione, ha presentato un ricorso al fine di essere ammesso al concordato preventivo, riservandosi di presentare un piano che prevede la prosecuzione dell'attività” (paragrafo 50).

La Corte di Giustizia, nel rispondere ai quesiti formulati dal giudice del rinvio, ha chiarito, dunque, che il diverso trattamento che la legislazione italiana prevede (tra gli operatori economici che hanno presentato un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, in merito alla loro capacità di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, a seconda che tali operatori economici abbiano o meno incluso nel loro ricorso di concordato un piano che prevede la prosecuzione della loro attività) non è in contrasto con la giurisprudenza comunitaria: ciò in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto le cause di esclusione previste dalla direttiva citata o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale, potendo essi attenuare o rendere più flessibili i criteri stabiliti da tali disposizione e finanche determinare le condizioni in cui la causa di esclusione facoltativa non si applica, autorizzando l’ operatore economico a carico del quale “sia in corso un procedimento di concordato preventivo” a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, secondo le condizioni definite da tale legislazione.

13.1. Pertanto, al lume dei principi di diritto affermati dalla Corte di Giustizia, i fautori della tesi restrittiva (e tra questi il raggruppamento odierno appellato) osservano che, se è vero che il diritto eurounitario lascia agli Stati membri la possibilità di prevedere l’esclusione di un operatore economico da una gara pubblica per la sua sottoposizione ad una domanda di concordato preventivo, è altresì vero che tale scelta legislativa sarebbe stata compiuta dal legislatore nazionale con la formulazione dell’art. 80, co. 5, lett. b), D.Lgs. n. 50/16 e che tale scelta risulterebbe legittimata anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la pronuncia del 28 marzo 2019, causa C-101/18 innanzi richiamata.

14. In conclusione, secondo l’orientamento restrittivo, le norme pubblicistiche in tema di procedure di aggiudicazione consentono la partecipazione alla gara solo all’impresa:

- già ammessa al concordato con continuità aziendale, con relativo piano approvato;

- munita della specifica autorizzazione per la singola gara.

15. Altra problematica, strettamente correlata a quelle sopra evidenziate, attiene al momento in cui debba intervenire, per evitare l’esclusione dalla gara, l’autorizzazione contemplata dall’art. 186 bis della legge fallimentare necessaria per l’ammissione al concordato con continuità aziendale.

15.1. Si tratta di questioni che sono state di recente affrontate da questo Consiglio di Stato con la sentenza della V Sezione, 21 febbraio 2020, n. 1328, che ha confermato la legittimità dell’esclusione sancita nei confronti di una mandante cooptata (ai sensi dell’art. 92, comma 5, del regolamento di esecuzione di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) la quale, essendo interessata da una procedura di concordato “in bianco” con riserva ai sensi dell’art. 161, comma 6, della legge fallimentare, aveva ottenuto, solo successivamente all’intervenuta aggiudicazione definitiva, l’autorizzazione contemplata dall’art. 186-bis della legge fallimentare, necessaria per l’ammissione al concordato con continuità aziendale.

15.2. In particolare, la Sezione ha, in tale pronunzia, evidenziato come nel caso oggetto di giudizio l’autorizzazione fosse giunta quando la gara si era già conclusa e successivamente all’aggiudicazione definitiva. A tale proposito, la sentenza richiamata ha ritenuto che “con l’aggiudicazione definitiva e la successiva verifica dei requisiti di partecipazione del concorrente aggiudicatario, necessaria a rendere efficace il provvedimento conclusivo della fase ad evidenza pubblica, come previsto dall’art. 32, comma 7, Codice dei contratti pubblici, si realizzano le condizioni di legge per la conclusione del contratto con l’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del successivo comma 8 del medesimo art. 32 d.lgs. n. 50 del 2016. L’aggiudicazione definitiva segna pertanto la conclusione della fase di selezione del contraente privato e, fatta salva l’ulteriore verifica dei requisiti ai fini della relativa efficacia, il momento in cui l’operatore economico partecipante alla procedura di gara deve essere in possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.”.

Pertanto, l’eccezione al principio di continuità dei requisiti – affermato, in generale, dalla costante giurisprudenza amministrativa (per tutti: Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8) - di cui beneficiano le imprese in concordato con continuità aziendale in base al sopra citato art. 80, comma 5, lett. b), del Codice dei contratti pubblici, in tanto può operare, in deroga al divieto per le altre procedure concorsuali, “in quanto l’autorizzazione del tribunale fallimentare ai sensi dell’art. 186-bis, comma 4, l. fall. intervenga, dunque, prima della conclusione della fase ad evidenza pubblica”. Una volta definita quest’ultima, restano, invece, irrilevanti per l’Amministrazione le vicende intervenute nella sfera soggettiva dell’operatore economico.

15.3. La citata sentenza n. 1328/2020, pur affermando che “nessun impedimento alla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici può essere posto ad imprese sottoposte a concordato “in bianco” ex art. 161, comma 6, l. fall. (…) in linea con… quanto in effetti si ricava dall’art. 57, par. 4, secondo periodo, della direttiva 2014/24/UE”, ha, poi, concluso che la partecipazione dell’impresa in concordato con riserva di presentazione della proposta e del piano è consentita solo se “l’autorizzazione del Tribunale fallimentare che accerti la capacità economica della stessa di eseguire l’appalto intervenga nel corso della procedura di gara”, poiché solo nella gara è concepibile che sia fatta quella «valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa», e non quando la procedura si è ormai conclusa.

15.4. Con riguardo, poi, all’esigenza di non fare gravare sull’impresa sottoposta a procedura di concordato i tempi di quest’ultima, ed in particolare quelli del procedimento di autorizzazione ex art. 186-bis, comma 4, l. fall., considerato che la procedura concorsuale «non è di istantanea definizione», la Sezione ha sottolineato, in senso contrario, che “tanto meno eventuali dilazioni possono essere riversate sull’amministrazione”: l’equo bilanciamento dei contrapposti interessi, in relazione al quale il dato fondamentale da tenere in considerazione è che si discute di un’impresa in stato di crisi che, nondimeno, aspira ad eseguire un appalto pubblico, in deroga alle regole generali sui requisiti di partecipazione alle relative gare, induce a ritenere che debbano essere posti a carico di quest’ultima i rischi connessi ai ritardi con cui sia rilasciata l’autorizzazione del tribunale fallimentare rispetto alla definizione del procedimento di gara e non già sull’Amministrazione, estranea alla procedura concorsuale ed interessata a contrarre con un soggetto di cui sia certa la capacità economica e finanziaria per aggiudicarsi una commessa pubblica.

15.5. A ciò si aggiunga che anche l’ANAC, con la Delibera n. 362/2020, ha affermato come “il fatto che l’autorizzazione giunga a gara ormai conclusa fa sì che l’accertamento dell’esistenza di tale causa ostativa alla partecipazione sia divenuto definitivo”.

16. Infine, la decisione dei presenti appelli presuppone la soluzione di altra questione che ha dato e può dar luogo a contrasti giurisprudenziali, in merito agli effetti della presentazione di un’istanza di concordato in bianco da parte di una delle imprese raggruppate (nel caso di specie, la mandante) sulla partecipazione alla gara dell’intero raggruppamento.

16.1. La Sezione si domanda, infatti, se a seguito della presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, l.f. da parte della mandante, a ciò debba conseguire soltanto la mera estromissione di quest’ultima, con possibilità di operarne la sostituzione anche con altra impresa, nuova e diversa da quelle facenti parte dell’originaria compagine, ovvero se, nel caso in cui la mandataria o le imprese residue non soddisfano autonomamente i requisiti di partecipazione, da ciò debba irrimediabilmente discendere l’esclusione dell’intero raggruppamento e l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta a suo favore.

16.2. Si osserva, anzitutto, che, anteriormente all’introduzione nel corpo dell’art. 48 cit. del comma 19-ter (aggiunto dall’art. 32 del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56), era impedita l’applicazione alla fase di gara delle ipotesi di modifica della composizione del raggruppamento previste dalla legge per la (sola) fase di esecuzione del contratto (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, sentenza 31 luglio 2019, n. 5431; Cons. Stato, Sezione V, 28 agosto 2017, n. 4086 e 20 gennaio 2015, n. 169).

16.3. Al riguardo, va, sempre in linea generale, premesso che la cogenza del principio di immutabilità della compagine dei raggruppamenti temporanei è stata ribadita dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8 del 4 maggio 2012, che ne ha anche precisato la portata.

Nell’ambito di tale pronuncia si è chiarito che la funzione del principio in esame è costituita dalla necessità di consentire all’Amministrazione la verifica preliminare della sussistenza dei requisiti di partecipazione alla gara, e di impedire condotte elusive delle verifiche stesse concretizzantesi nella sostituzione degli attori economici in epoca successiva al relativo espletamento.

In tal modo ricostruita la ratio, si è anche evidenziato come al principio non debba essere attribuita valenza assoluta, tale da impedire, sempre e comunque, il mutamento dei soggetti economici, in quanto detta ricostruzione risulterebbe eccessivamente penalizzante per gli operatori del mercato e, nel contempo, sarebbe ultronea rispetto allo scopo stesso da esso perseguito, che è quello di evitare elusioni del controllo (in tal senso, Cons. di Stato, Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519).

Deve, pertanto, ritenersi ammessa la sostituzione dell’operatore economico in tutte quelle fattispecie nelle quali il mutamento delle imprese non è idoneo ad alterare la par condicio competitorum, in quanto non si pone come elusivo della previa verifica dei requisiti da parte della stazione appaltante. Tali sono, come precisato dall’Adunanza Plenaria, le modifiche che vanno nel senso di una diminuzione dei soggetti partecipanti, che devono, quindi, ritenersi sempre ammissibili.

16.4. Al riguardo la giurisprudenza amministrativa ha, in più occasioni, affermato che in materia di gare pubbliche il divieto di modificazione della compagine delle associazioni temporanee di imprese o dei consorzi nella fase procedurale, corrente tra la presentazione delle offerte e la definizione della procedura di aggiudicazione, è finalizzato a impedire l'aggiunta o la sostituzione di imprese partecipanti al r.t.i. o al consorzio, e non anche a precludere il recesso di una o più di esse, a condizione che quelle che restano a farne parte risultino titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione e che ciò non avvenga al fine di eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell'a.t.i. venuto meno per effetto dell'operazione riduttiva (ex multis – Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2015, n. 169).

Si è ritenuto che, in detta ipotesi, non si verifica una violazione della par condicio dei concorrenti, perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti, al contempo tutelando l’interesse, che è anche delle Amministrazioni, di non escludere dalle procedure, solo a causa dell’intervenuto recesso di un partecipante, raggruppamenti che potrebbero essere aggiudicatari di una gara e in grado di eseguire, comunque, l’appalto (Cons. di Stato, Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519; Cons. St., sez. III, 21.11.2014, n. 5752).

In definitiva, alla luce dello scopo complessivo insito nel richiamato principio di immodificabilità soggettiva, la giurisprudenza ha ritenuto che non è preclusa la modificazione soggettiva del raggruppamento: a) laddove tale modificazione operi ‘in riduzione’ (e non ‘in aggiunta’ o ‘in sostituzione’ di alcuno dei componenti il raggruppamento); b) laddove la modificazione soggettiva non risulti finalizzata ad impedire la verifica dei controlli in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione; c) laddove, comunque, i residui membri del raggruppamento siano di per sé in possesso – anche in assenza dell’operatore escluso – della totalità dei requisiti di partecipazione, senza la possibilità di ammettere a tal fine integrazioni di sorta.

Si è affermato così che dall’esclusione di una delle imprese raggruppate, determinata dalla sottoposizione alla procedura concorsuale, non dovesse necessariamente derivare l’esclusione dalla gara dell’intero raggruppamento, allorquando il venir meno della singola impresa determinasse una mera sottrazione, senza che la stessa fosse sostituita da altro operatore, di modo che l’operazione non fosse finalizzata ad eludere le verifiche in ordine al possesso dei requisiti e sempre che i residui membri del raggruppamento risultassero ex se in possesso della totalità dei requisiti di qualificazione richiesti per l’esecuzione dell’appalto (Cons. di Stato, Sez. V, 24 febbraio 2020, n. 1379).

16.5. Alla luce di tale quadro giurisprudenziale, come in sintesi ricostruito, è dubbio, invece, se debbano ritenersi precluse, in quanto produttive dell’effetto elusivo sopra descritto, le variazioni soggettive “in aumento”, ovvero volte a introdurre nel R.T.I. soggetti che esso inizialmente non contemplava, e che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti.

16.6. A tale riguardo, la giurisprudenza ha affermato che i mutamenti di tipo additivo dovranno essere ritenuti ammissibili nelle soli ipotesi in cui essi siano espressamente previsti dal legislatore e che detti casi, peraltro, ponendosi come derogatori rispetto a un principio fondamentale e strumentale alla tutela della concorrenza, vanno considerati tassativi e di stretta interpretazione.

16.7. In riferimento allo specifico caso oggetto di giudizio, il Collegio osserva che l’interpretazione favorevole alla sostituzione ab extrinseco della mandante assoggettata a procedura concorsuale (come nella fattispecie concreta in esame, a concordato preventivo) e colpita dalla causa di esclusione sembrerebbe essere confermata dal fatto che previsione analoga a quella contenuta nel comma 18 dell’art. 48 (che expressis verbis si riferisce ad “altro operatore economico subentrante”) non è, invece, contenuta nel comma 17 dell’art. 48, che si riferisce all’ipotesi in cui la causa di esclusione in questione interessi l’impresa mandataria del raggruppamento: qui la norma stabilisce, infatti, che “la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice”.

Dal raffronto tra le due disposizioni parrebbe potersi evincere che il legislatore ha inteso disciplinare in modo differente il caso in cui la procedura concorsuale interessi un’impresa mandante (comma 18) da quello in cui l’evento colpisca l’impresa mandataria (comma 17), ammettendo l’ingresso di un operatore economico subentrante dall’esterno solo nella prima ipotesi (in tal senso, per la completezza delle argomentazioni a sostegno di siffatta interpretazione, si veda T.a.r. Puglia Lecce, Sez. II, 12 agosto 2019, n. 1424).

Ed infatti, se è vero che i mutamenti di tipo additivo dovranno essere ritenuti ammissibili nei soli casi in cui essi siano espressamente previsti dal legislatore, sarebbe altrettanto evidente che, dalla comparazione tra l’art. 48, comma 17, d.lgs. n. 50/2016, e il successivo comma 18, che disciplina l’ipotesi di vicende patologiche che colpiscano l’impresa mandante del R.T.I, emerge chiaramente che soltanto al comma 18 si prevede espressamente l’ipotesi dell’operatore economico “subentrante”, ovvero di una figura nuova rispetto alla compagine originaria, che si sostituisca in termini additivi al mandante colpito dalla fattispecie patologica.

Pertanto, solo con riferimento alla posizione della ditta mandante, sarebbe espressamente prevista una modificazione con esiti aggiuntivi dei soggetti facenti parte del raggruppamento, ferma restando la ditta mandataria (la quale, in caso di impossibilità di sostituzione del mandante estromesso, sarà, invece, interamente tenuta alla diretta esecuzione delle prestazioni contrattuali).

Peraltro, si aggiunge, il differente regime applicabile all’esclusione della mandante e della mandataria trae, a sua volta, fondamento logico dal sistema normativo in materia di contratti pubblici.

Invero, la ditta mandante e quella mandataria di un raggruppamento rivestono ruoli distinti nel rapporto con l’Amministrazione appaltante (come di recente evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 85/2020 cit.). Se la prima si pone come un soggetto esecutore di prestazioni col quale la p.a. non ha contatti diretti, la mandataria costituisce invece (e nonostante la responsabilità solidale di tutte le imprese nei confronti della stazione appaltante), l’interlocutore pressoché esclusivo dell’Amministrazione. Ai sensi dell’art. 48, comma 15, d.lgs. 50/2016, infatti: “Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto. […]”.

Si pone, dunque, in piena consonanza con il sistema ordinamentale il differente approccio del legislatore di fronte all’ipotesi di sostituzione dei due soggetti: se il mutamento del mandante, interlocutore “di secondo grado” dell’Amministrazione, costituisce una delle ipotesi nelle quali, eccezionalmente, l’ordinamento consentirebbe, persino, la modifica additiva con ingresso di nuovi operatori economici (comma 18), l’estromissione del mandatario, interlocutore primario della p.a., consente invece la sostituzione solo con un soggetto già incluso ab origine nel raggruppamento.

Ne deriva che il mutamento della mandante, interlocutore “di secondo grado” dell’Amministrazione, dovrebbe costituire una delle ipotesi nelle quali, eccezionalmente, l’ordinamento consente la modifica additiva con ingresso di nuovi operatori economici (comma 18).

Inoltre, applicando tali principi alla fattispecie concreta oggetto di giudizio, si osserva, ad ulteriore conferma della tesi affermativa, che il concordato è una delle modifiche soggettive considerate nella prima parte dei commi 17 e 18 dell’art. 48: non sarebbe, pertanto, dubitabile che il comma 19 ter abbia esteso l’applicabilità in fase di gara di queste modifiche soggettive (ossia di quelle singolarmente indicate nella prima parte dei commi su indicati).

Giova, poi, evidenziare a tale riguardo che la recente giurisprudenza (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 2 aprile 2020, n. 2245) ha chiarito che “il comma 19 ter dell’art. 48, comma aggiunto dall'articolo 32, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 19 aprile 2017 n. 56, estende espressamente la possibilità di modifica soggettiva per le ragioni indicate dai commi 17, 18 e 19, anche in corso di gara”.

16.8. Al contrario, ove si aderisse all’orientamento restrittivo sostenuto dalle appellate e recepito dalla sentenza di primo grado (sulla base della consolidata giurisprudenza sopra richiamata: cfr. paragrafi 16.2., 16.3., 16.4), le disposizioni su indicate non consentirebbero, già sotto il piano dell’interpretazione letterale, alcuna modificazione della compagine del r.t.i. aggiudicatario nel caso di specie.

Infatti, l’art. 48, comma 19- ter, d.lgs. n. 50/2016 fa riferimento alla possibilità di applicare le ipotesi di cui ai commi 17, 18 e 19 “anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara”: nel caso di specie, però, non si sarebbe verificata alcuna “modifica soggettiva”, venendo in rilievo soltanto una causa di esclusione automatica in cui è incorsa la mandante.

In termini generali, del resto, deve rammentarsi che l’art. 48, co. 9, d.lgs. n. 50/16 reca un divieto di qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta.

Le ipotesi derogatorie contemplate dai commi 18 e 19 ter dell’art. 48 del d.lgs. n. 50/2016 dovrebbero dunque, secondo i fautori di tale tesi, essere interpretate in maniera restrittiva ed in modo tale da non pregiudicare la leale e trasparente concorrenza tra gli operatori economici partecipanti alle gare pubbliche.

Inoltre, l’art. 48, comma 19, d.lgs. n. 50/2016 vieta la modifica soggettiva del raggruppamento ove “finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara”.

A ciò si aggiunga che il consolidato orientamento giurisprudenziale ha precluso qualunque ipotesi di modifica soggettiva finalizzata ad eludere la sanzione dell’estromissione dalla gara per la mancanza e/o perdita dei requisiti generali e/o speciali da parte di una delle imprese raggruppate (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8; si veda anche, in senso conforme, Cons. St., Sez. V, 28 agosto 2017, n. 4086; Cons. St., Sez. V, 20 gennaio 2015, n. 169; Cons. St., Sez.VI, 12 giugno 2012, n. 3428).

L’opposta interpretazione sostenuta dalle appellanti potrebbe comportare un vulnus sia del principio della par condicio sia delle regole dell’evidenza pubblica, perseguendo l’effetto di affidare la commessa ad un soggetto estraneo alla gara, pure in presenza di altri concorrenti collocati in posizione utile in graduatoria.

Le previsioni dell’art. 48, commi 18 e 19 ter, d.lgs. n. 50/2016 andrebbero coordinate, quindi, con il disposto di cui al comma 19 della stessa norma, che, nel vietare espressamente che si possa utilizzare il recesso per eludere il profilo della mancanza dei requisiti in capo a una o più delle imprese raggruppate, sembrerebbe essere applicazione di un principio di carattere generale che non può non incidere sulla portata applicativa del comma 19 ter.

È, infatti, proprio il disposto di cui al comma 19 dell’art. 48 cit. a vietare che le modifiche soggettive del r.t.i. possano essere utilizzate per eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara: per la stessa ragione non si potrebbe, infatti, eludere il problema della mancanza dei requisiti sostituendo un'impresa idonea a un’altra deficitaria.

Se, infatti, la ratio della normativa in esame è quella di consentire, anche in fase di gara, in ragione dei princìpi di proporzionalità e massima partecipazione, la modifica dell'assetto del raggruppamento, non potrebbe, tuttavia, ritenersi corretta un’applicazione troppo estensiva o dilatata della stessa, essendovi in gioco altri principi (par condicio, celerità, stabilità della platea dei partecipanti), anch'essi meritevoli di tutela (cfr. in tal senso, sull’interpretazione delle norme richiamate, del combinato disposto di cui all’art. 48, commi 17, 18 e 19 ter, delibera ANAC n. 555/2019); sicché non potrebbero applicarsi, anche in casi come quello di specie, ipotesi modificative o sostitutive in quanto, eludendo i criteri di ammissione alla gara, si tradurrebbero in una modifica sostanziale dell’offerta e dell’identità stessa del raggruppamento (laddove, in base ad un principio generale, una gara non può concludersi in favore di un soggetto che non vi ha partecipato).

Una siffatta interpretazione, in violazione della par condicio, finirebbe per mettere sullo stesso piano i concorrenti che hanno mantenuto integri ed inalterati i propri requisiti oggettivi e soggettivi per tutta la durata della procedura, i concorrenti che sono, invece, incorsi in situazioni ostative alla partecipazione.

A sostegno di tali affermazioni, si è poi evidenziato che anche la Corte Costituzionale, nella recente sentenza n. 85/2020 cit., ha chiarito che sono ontologicamente distinte le esigenze ordinamentali che si perseguono in fase di gara ed in sede di esecuzione contrattuale: in quest’ultima il legislatore, allo scopo di non interrompere l’esecuzione dell’appalto, può consentire in casi eccezionali anche il subentro di altro operatore, per il caso di impossibilità di prosecuzione del rapporto contrattuale con il r.t.i. originario; viceversa, in corso di gara è prioritario assicurare il principio cui è preordinata l’evidenza pubblica, ovvero che la procedura selettiva non sia aggiudicata a soggetto che non vi è partecipato, il che escluderebbe in radice che l’avvicendamento possa comportare l’ingresso di soggetti estranei alla gara.

In definitiva, la par condicio tra i concorrenti e la salvaguardia del principio dell’immodificabilità del raggruppamento non sembrerebbero poter ammettere – nel contesto dell’evidenza pubblica - l’inserimento nel r.t.i. di nuovi operatori estranei alla procedura e che non hanno formulato l’offerta, con l'inammissibile finalità di sanare una causa di esclusione (nella specie, la presenza di un soggetto posto sotto procedura di insolvenza concorsuale “in bianco”) intervenuta prima dell'aggiudicazione.

16.9. È stato poi anche chiarito dalla giurisprudenza (cfr. Cons. di Giustizia amministrativa della Regione Siciliana, Sezione giurisdizionale, 22 maggio 2020, n. 298) che l’art. 48, commi 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, rappresentando ipotesi derogatorie alla regola generale di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alla gara, intervengono proprio a consentire ad un soggetto collettivo di sopperire alla sopravvenuta lacuna dei requisiti di ordine generale di un’impresa componente del raggruppamento, al fine di non perdere la pretesa di partecipare alla gara (o di eseguire il contratto).

Esse non configurano, invece, una dispensa dalla regola per la quale i partecipanti alla gara devono possedere i requisiti (anche di ordine generale) già al momento di presentazione delle offerte (e devono in quell’occasione dichiarare di averli).

La concreta applicazione delle due disposizioni citate presuppone, pertanto, che la causa di esclusione relativa a uno dei componenti del raggruppamento sopravvenga rispetto al tempo di presentazione dell’offerta, allorquando, invece, il raggruppamento era, in origine, in possesso dei requisiti prescritti.

In tal senso, è anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, nell’ammettere che l’ente aggiudicatore possa autorizzare un operatore economico che faceva parte di un raggruppamento di imprese a subentrare a tale raggruppamento in seguito allo scioglimento del medesimo e a partecipare, in nome proprio, a una procedura negoziata di aggiudicazione di un appalto pubblico, presuppone che al momento di presentazione della prima offerta il raggruppamento fosse in possesso dei requisiti prescritti, pena la violazione del principio di parità di trattamento (Corte di Giustizia 24 maggio 2016 C 396/14 - MT Højgaard e Züblin).

Una diversa interpretazione dell’art. 48, commi 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016 determinerebbe, a vantaggio del raggruppamento privo dei requisiti al momento della presentazione dell’offerta, in relazione ai quali ha presentato una dichiarazione non veritiera, un vantaggio ingiustificato rispetto agli altri concorrenti.

17. Stante l’esposto contrasto giurisprudenziale sulle tematiche in oggetto ed in considerazione, ad ogni buon conto, della particolare rilevanza (attuale e prospettica) delle questioni, il Collegio ritiene opportuno, ai sensi dell’art. 99, comma 1, Cod. proc. amm., deferire l’affare all’Adunanza plenaria, precisando di ritenere preferibile il primo orientamento.

17.1. Alle ragioni già supra sintetizzate il Collegio aggiunge anche le seguenti, ulteriori considerazioni, che, ove condivise, consentirebbero la partecipazione alle procedure evidenziali per l’affidamento di pubblici contratti anche alle imprese che hanno presentato domanda di concordato in bianco o con riserva.

17.2. Osserva la Sezione che concordato preventivo con continuità e concordato in bianco condividono la stessa finalità di consentire ad imprese in crisi di concorrere all’affidamento di contratti pubblici, in deroga al divieto di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016, con l’unica variante che nel secondo questa deroga è operante anche se al momento della presentazione del ricorso non è stato ancora presentato il piano dimostrativo della capacità dell’impresa di continuare la propria attività, in virtù dell’effetto prenotativo del ricorso ex art. 161 della legge fallimentare. In entrambe le ipotesi, le esigenze dell’Amministrazione di contrarre con un soggetto affidabile sul piano economico e finanziario sono, comunque, tutelate dall’autorizzazione prevista dall’art. 186-bis, comma 4, della medesima legge fallimentare.

Della funzione così descritta sembra partecipare anche la versione del concordato con riserva o “in bianco”, la quale si caratterizza per il fatto di prendere avvio da una domanda al tribunale incompleta (art. 161, comma 6, l. fall.), priva in particolare del piano di concordato prevedente la prosecuzione dell’attività di impresa e della proposta di pagamento dei creditori, ma che consente, nondimeno, all’imprenditore sin da quel momento di beneficiare degli effetti di carattere concorsuale derivanti dall’apertura della procedura. Essi consistono essenzialmente nell’interruzione delle azioni esecutive in corso, ai sensi dell’art. 168 l. fall., cui però si contrappone la soggezione dell’imprenditore, dallo stesso momento, al controllo giudiziale.

Nell’ambito di tale funzione di controllo spetta pertanto agli organi della procedura l’autorizzazione al compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, precisamente ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall., per la tutela degli interessi dei creditori concordatari.

17.3. Nella medesima funzione si iscrive il potere autorizzativo previsto dall’art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare (nella versione applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal sopra citato decreto-legge n. 32 del 2019) per partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici in caso di concordato con continuità aziendale.

Quest’ultima autorizzazione contiene l’accertamento che tale partecipazione, in vista della successiva acquisizione della commessa pubblica, è conforme agli interessi dei creditori, perché tale da non pregiudicare la solvibilità dell’impresa in concordato, ma eventualmente in grado di produrre per il ceto creditorio un beneficio riveniente dall’acquisto di una nuova fonte di ricavi. Coerente con la natura di atto di accertamento è, dunque, la sua retroazione al momento in cui la valutazione si riferisce, e non già a quella in cui essa è stata formalizzata nell’atto autorizzativo.

Quanto ora osservato implica che l’accertamento della capacità dell’impresa di assumere l’appalto pubblico e di portarlo ad esecuzione, anche se intervenuto in corso della procedura di gara, risale comunque al momento in cui quest’ultima ha presentato la domanda di concordato. Sotto il profilo ora evidenziato non si ravvisano, dunque, ostacoli ad ammettere che l’autorizzazione ex art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare intervenga nel corso della procedura di gara, anche nel caso del concordato in bianco finalizzato alla continuità aziendale. Ed infatti, quanto meno in quest’ultima variante la procedura mantiene il suo carattere unitario, risalente all’epoca in cui è stato proposto il ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall. (in questo senso Cass. civ. I, 29 maggio 2019, n. 14713). Ciò consente di fare risalire a tale momento, secondo lo schema dell’atto prenotativo, la deroga al divieto di partecipazione a procedure di affidamento per imprese sottoposte a procedure concorsuali ex art. 80, comma 5, lett. b), del Codice dei contratti pubblici prevista per il caso di concordato con continuità aziendale.

17.4. Il Collegio ritiene che la contraria opzione ermeneutica determinerebbe, altresì, problemi di compatibilità dell’art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs n. 50 del 2016 con il diritto euro-unitario sugli appalti pubblici, ed in particolare con l’art. 57, par. 4, secondo periodo, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 (che abroga la direttiva 2004/18/CE), il quale «pone la necessità di una valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa», laddove prevede che gli Stati membri possono imporre o consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di non disporne l’esclusione qualora si accerti che l’operatore economico «sarà in grado di eseguire il contratto, tenendo conto delle norme e misure nazionali applicabili in relazione alla prosecuzione delle attività nelle situazioni di cui alla lettera b)».

17.5. Non è, inoltre, al riguardo dirimente, in senso opposto a quello prospettato, il riferimento alla richiamata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 28 marzo 2019 C-101/18, poiché tale pronuncia, nello stabilire che è compatibile con il diritto sovranazionale prevedere l’esclusione di un’impresa che ha chiesto il concordato preventivo con continuità aziendale, con riserva di presentare il piano per la prosecuzione dell’attività, è stata resa con riferimento all’abrogata direttiva 2004/18/CE.

17.6. Il medesimo art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs n. 50 del 2016, qualora interpretato nel senso prospettato dalle appellate, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 41 e 117 della Costituzione, per l’ «irragionevole disparità di trattamento di due situazioni e procedure sostanzialmente identiche, ossia quella dell’accesso immediato ovvero differito al concordato con continuità aziendale», e per le restrizioni conseguenti alla libertà di iniziativa economica e alla concorrenza nelle procedure di affidamento di contratti pubblici.

17.7. Occorre, dunque, stabilire se anche la presentazione del ricorso per concordato in bianco, anche qualora espressamente preannunci la presentazione della documentazione finalizzata al concordato c.d. in continuità, costituisca causa di esclusione automatica ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. b).

17.8. Ad avviso della Sezione, l’interpretazione qui prospettata che equipara il concordato “in bianco” (quanto meno di quello c.d. prenotativo della continuità) al ricorso per concordato in continuità si rivelerebbe corretta e più rispondente agli scopi e alla ratio della disciplina in subiecta materia: in particolare, è stato affermato che “alla luce delle finalità della legge di riforma che ha quale obiettivo quello di guidare l'impresa oltre la crisi e ciò nell'interesse anche del mercato e degli stessi creditori (….) inibire all'impresa di partecipare alle gare per affidamento dei pubblici contratti nelle more tra il deposito della domanda e l'ammissione al concordato (periodo che potrebbe protrarsi anche per un semestre) palesemente confligge con la finalità della norma volta a preservare la capacità dell'impresa a soddisfare al meglio i creditori.” (Cons. di Stato, Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6272).

Deve poi considerarsi che, ai sensi della vigente normativa in materia, è sempre ammessa la rinuncia alla domanda di concordato presentata (art. 161, comma 9, l.fall.), il che determina quale effetto giuridico la sola improcedibilità della domanda e l’inammissibilità della sua riproposizione nei due anni successivi, nulla comportando ciò sul piano sostanziale e in ordine al possesso dei requisiti aziendali.

Il ricorso al concordato in bianco è, dunque, un’azione di tutela preventiva che, essendo sempre e comunque rinunciabile, non sembrerebbe influire sui requisiti di partecipazione alle pubbliche gare.

Se, infatti, la rinuncia al concordato non produce alcuna conseguenza sul piano sostanziale, non si vede come il relativo ricorso possa produrre effetti per quel che concerne il possesso dei requisiti di partecipazione.

L’orientamento restrittivo cui aderisce la sentenza appellata determinerebbe così una cesura tra il legittimo ricorso al concordato e la perdita dei requisiti di partecipazione alle gare, finendo in tal modo per frustrare le stesse finalità cui l’istituto è preordinato.

Le autorizzazioni preventive alla partecipazione e alla stipula dei contratti afferiscono al merito dell’attività aziendale, in relazione alla tutela dei terzi creditori, senza incidere sulla permanenza dei requisiti in capo all’impresa.

Sia per l’ipotesi di concordato in bianco sia per quella di concordato con continuità aziendale, il merito delle singole attività può essere rimesso alla valutazione del terzo- Commissario e Tribunale per il concordato con riserva e Giudice Delegato per il concordato in continuità- ai quali viene attribuito il potere autorizzatorio con finalità di tutela dei terzi creditori (ivi compresa l’Amministrazione aggiudicatrice, interessata all’esecuzione dell’opera dedotta in contratto).

17.9. Il Collegio domanda, inoltre, se questo quadro possa essere comunque mutato in virtù dell’efficacia retroattiva sanante dell’autorizzazione giudiziale e in quale momento detto provvedimento autorizzativo debba intervenire a tal fine.

Si è già al riguardo osservato che, secondo l’orientamento restrittivo, il regime delle autorizzazioni riguarderebbe esclusivamente le imprese già ammesse al concordato in continuità aziendale, e non quelle che, avendo presentato domanda di concordato “in bianco”, abbiano in tal modo, da un lato, riconosciuto il proprio stato di crisi, ottenendo con la domanda di concordato la paralisi delle azioni dei creditori e contraenti, e, dall’altro, solo prospettato la possibile presentazione di un piano di continuità aziendale (continuità tutta da verificare e validare).

Di talché, secondo i sostenitori dell’indirizzo c.d. restrittivo, solo all’esito dell’ammissione al concordato con continuità aziendale potrebbe operare la eccezionale normativa che, in deroga al generale criterio di esclusione, consente la partecipazione dell’impresa in concordato che, non solo sia stata ammessa alla continuità aziendale, ma abbia anche ricevuto le richieste autorizzazioni, postulanti una valutazione di congruità tra piano di continuità e partecipazione alla gara con i relativi oneri.

Ne deriva che, ai fini pubblicistici di partecipazione alla gara, resterebbe del tutto priva di effetto un’autorizzazione che, non solo sia del tutto tardiva rispetto alla conclusione della gara, ma pretenda di riferirsi ad un’impresa che non ha avuto alcuna approvazione del piano di continuità, avendo solo presentato domanda di concordato e che, pertanto, dovrebbe incorrere pienamente nella generale causa di esclusione (impresa per cui sia in corso una procedura concordataria), senza che possa operare l’eccezionale deroga di cui si è detto.

18. Non sembra, comunque, possano trarsi argomenti risolutivi a favore dell’una o dell’altra tesi dalle statuizioni di cui alla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 85 del 7 maggio 2020: tale pronuncia ha, infatti, affrontato la diversa questione (rimessa da questo Consiglio con ordinanza della V Sezione, 12 giugno 2019, n. 3938, nonché dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio) della costituzionalità delle norme di cui all’art. 186 bis, comma 6, legge fallimentare (in riferimento ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza, nonché agli artt. 41 e 97 Cost.) che non ammettono la partecipazione alle gare delle imprese che si trovino in stato di concordato preventivo in continuità aziendale qualora esse rivestano, nell’ambito del raggruppamento, il ruolo di capogruppo mandataria (art. 186-bis L.F. e art. 80, co. 5, lett. b), D.Lgs. n. 50/2016), laddove la partecipazione è invece ammessa nel caso in cui l’impresa partecipi singolarmente o in r.t.i. nel ruolo di mandante.

Semmai, la menzionata sentenza della Corte Costituzionale avvalorerebbe la tesi delle odierne appellanti, secondo cui il legislatore avrebbe inteso distinguere l’ipotesi in cui la procedura concorsuale coinvolga l’impresa mandataria (comma 17) da quella in cui la medesima colpisca l’impresa mandante (comma 18), prevedendo solo in quest’ultimo caso la possibilità che un soggetto esterno al r.t.i. subentri alla mandante colpita dalla causa di esclusione.

La Corte, nel ritenere infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, premesso che la ratio delle esclusioni dalle gare pubbliche, in generale, “è individuabile nella finalità di tutelare l’interesse pubblico al corretto e puntuale adempimento delle prestazioni oggetto del contratto” e che, in particolare, qualora il divieto sia collegato alla pendenza di una procedura concorsuale, esso “tende a scongiurare il rischio che la parte pubblica, all’esito della procedura di affidamento, si trovi in una relazione contrattuale con imprenditori non affidabili sotto il profilo economico e finanziario”, ha, infatti, chiarito come il differente trattamento riservato dal legislatore all'impresa mandataria di un r.t.i. in concordato con continuità, rispetto alla mandante, trovi una giustificazione proprio nel diverso ruolo che la mandataria assume, sia nel corso della gara, che durante la fase di esecuzione del contratto.

L'impresa mandataria, specifica la Consulta, “rappresenta il punto di riferimento della stazione appaltante per tutta la durata del rapporto contrattuale” e “costituisce (…) il diretto interlocutore per conto di tutte le imprese riunite, quale loro rappresentante esclusiva e quale garante, anche per conto delle mandanti, della corretta esecuzione dell'appalto”.

19. All’applicazione dei principi affermati dai due orientamenti sopra indicati conseguono opposte soluzioni per la controversia oggetto di giudizio.

19.1. In particolare, aderendo al primo orientamento c.d. estensivo, gli appelli dovranno essere accolti.

In tal caso, dovrà ritenersi legittima l’aggiudicazione in favore del r.t.i. Devi Rialto, ove si ravvisi, sulla base delle risultanze in atti, che nel ricorso per ammissione alla procedura di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 6, della legge fallimentare era contenuta una domanda prenotativa e si esprimeva la volontà, o comunque l’intendimento, di proporre un concordato in continuità c.d. diretta, ossia incentrata sulla prosecuzione dell’attività di impresa, salvaguardando i valori aziendali e i connessi livelli occupazionali.

In subordine, l’eventuale esclusione dalla gara della mandante Rialto imporrebbe la riapertura del procedimento, con conseguente obbligo per la Stazione appaltante di valutare l’istanza di sostituzione della mandante presentata dalla mandataria ai sensi dell’art. 48, comma 18, del d.lgs. n. 50 del 2016.

19.2. Qualora, invece, si ritenga condivisibile il secondo indirizzo giurisprudenziale c.d. restrittivo, gli appelli dovranno essere respinti.

In tal caso, infatti, dovranno essere recepiti gli assunti del r.t.i. appellato, secondo cui le cause di esclusione sopravvenute a carico della mandante Rialto nel corso della gara non potevano essere sanate ex post, né mediante la sostituzione della mandante medesima, né tramite la presentazione postuma di un piano concordatario con continuità aziendale, o ancora con l’acquisizione successiva di un’autorizzazione giudiziale alla costituzione del r.t.i. e alla stipula del contratto di appalto; sicché

la proposta modificativa dell’appellante Devi non potrebbe trovare legittimo ingresso, in quanto volta a porre rimedio ad una situazione patologica in cui è incorsa l’impresa mandante durante la gara, per aver perso i requisiti di ordine generale.

La Stazione appaltante non avrebbe, pertanto, dovuto adottare il provvedimento di aggiudicazione in favore di una compagine in cui l’impresa mandante- essenziale ai fini della qualificazione del r.t.i., in quanto portatrice di requisiti indefettibili- era già incorsa in una situazione di concordato “in bianco”, incompatibile con la permanenza in gara.

20. Appare, dunque, opportuno deferire le illustrate questioni all’Adunanza Plenaria, per la decisione in ordine ai punti di diritto de quibus, al fine di dirimere i contrasti attuali e potenziali in proposito, sia in primo sia in secondo grado, sottoponendo, ai sensi dell’art. 99, comma 1, Cod. proc. amm., le seguenti questioni:

a) Se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, legge fallimentare (r.d. n. 267/1942) debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale;

b) se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione;

c) in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara;

d) se le disposizioni normative di cui all’art. 48, commi 17, 18, 19 ter del d.lgs. n. 50/2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex art. 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del r.t.i. dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione”.

21. Stante il contrasto giurisprudenziale in atto sulle questioni esposte, il presente ricorso viene deferito all'esame dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, co. 1, Cod. proc. amm.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sulle questioni di diritto indicate in motivazione ai sensi dell’art. 99 Cod. proc. amm.

Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'Adunanza plenaria.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020, tenuta con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020.

 

 

Guida alla lettura

 

    Con ordinanza n. 309 del 2021, la V Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione relativa alla legittimità o meno dell’esclusione dalla gara per l’impresa che abbia presentato istanza di concordato in bianco.

    Al fine di comprendere la problematica oggetto di rimessione è opportuno perimetrare la distinzione tra l’istanza di concordato in bianco e quella con continuità aziendale, entrambe disciplinate dal. D.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. Dalla l. 134/2012.

    La prima figura consiste nella possibilità per l’impresa di depositare una domanda in concordato preventivo, priva di contenuto, essendo finalizzata a chiedere al Tribunale la concessione di un termine per poter predisporre e poi presentare la vera e propria proposta di concordato. La finalità dell’istituto è rappresentata dalla possibilità di paralizzare per l’arco temporale considerato, le aggressioni esecutive dei creditori, le azioni cautelari e l’iscrizione unilaterale di diritti di prelazione. Lo spazio temporale concesso al debitore consente allo stesso di predisporre il piano e la fattibilità dello stesso, precludendo al Tribunale di dichiarare inammissibile la proposta. In sostanza, quindi, si tratta di una domanda prenotativa con riserva di presentare ulteriore documentazione ai fini della presentazione del piano di continuità aziendale.

    Viceversa, il concordato con continuità aziendale prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione. Tale ultima tipologia risponde alla finalità di favorire il superamento dello stato di crisi dell’azienda, mediante la previsione di stabilità dei contratti in essere con le pubbliche amministrazioni e consentendo la partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti.

    La distinzione sopra delineata rileva ai fini della compatibilità del concordato in bianco con il concordato con continuità aziendale in relazione alla possibilità di partecipare alle procedure di gara. Sul punto, il dato normativo costituito dall’art. 186 – bis, comma 1 della l. fallimentare sembrerebbe deporre in senso negativo. Ciò in considerazione del fatto che l’articolo richiamato fissa tre condizioni ai fini dell’ammissibilità del concordato con continuità aziendale. Infatti, è richiesta in primo luogo la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società. In secondo luogo, il piano deve contenere anche un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa delle risorse finanziarie e delle relative modalità di copertura. Infine, la relazione del professionista deve attestare che la prosecuzione dell’attività di impresa prevista dal piano è funzionale al soddisfacimento dei creditori.

    La ritenuta incompatibilità tra il preconcordato e il concordato con continuità aziendale ha determinato un contrasto giurisprudenziale, oggetto della rimessione all’Adunanza Plenaria, concernente la possibilità per l’impresa in concordato in bianco di partecipare alle gare d’appalto.

    Per un primo orientamento estensivo, l’impresa che abbia presentato istanza di concordato in bianco conserverebbe la possibilità di partecipare alle gare d’appalto, non rappresentando lo stesso una causa di esclusione automatica dalle procedure di affidamento. In particolare, ad avviso della giurisprudenza espansiva, la presentazione della domanda di concordato in bianco non potrebbe rappresentare causa di esclusione dalle gare, specie nelle ipotesi in cui l’istanza abbia contenuti prenotativi della presentazione della proposta in continuità, anticipando espressamente tale volontà. A tale esito l’indirizzo in commento perviene, sia in ragione del dato normativo di cui all’art. 161, comma 7 della legge fallimentare, secondo cui dopo la presentazione dell’istanza e previa autorizzazione del Tribunale, il debitore possa compiere atti di straordinaria amministrazione. Si evidenzia, inoltre, e a fortiori, la circostanza secondo cui la partecipazione ad una gara non costituirebbe atto di straordinaria amministrazione, essendo questi ultimi rappresentati da quelli che possono incidere negativamente sui creditori. Conseguentemente, la partecipazione ad una gara di appalto, rappresenterebbe lo svolgimento dell’ordinaria gestione dell’impresa e per tale ragione non soggiacerebbe alla previa autorizzazione del Tribunale.

    Viceversa, il secondo orientamento esclude ogni possibilità di partecipare alle pubbliche gare per l’impresa che abbia presentato domanda di concordato in bianco, ad eccezione dei casi in cui la detta partecipazione possa essere considerata straordinaria e urgente. La presentazione dell’istanza di concordato in bianco costituirebbe di per sé motivo ostativo alla possibilità di partecipare alle procedure di gara. Secondo questo indirizzo, la partecipazione alle gare pubbliche, come l’acquisizione delle relative commesse, non possono annoverarsi tra le attività di ordinaria amministrazione, necessitando di provvedimenti autorizzativi giurisdizionali che accertino l’effettiva possibilità di contrarre con la stazione appaltante e di eseguire le obbligazioni oggetto dell’appalto. A tale esito l’indirizzo in commento perviene anche sulla scorda dell’art. 186 bis l. f. sopra richiamato, che prescrive le condizioni per accedere al concordato con continuità aziendale. In definitiva, in base all’orientamento restrittivo, le norme pubblicistiche in tema di procedure di aggiudicazione consentono la partecipazione alla gara solo all’impresa già ammessa al concordato con continuità aziendale, con il relativo piano attuato e munita dell’autorizzazione per la singola gara.

    La Sezione rimettente dopo aver delineato il contrasto, ha ritenuto di aderire all’orientamento estensivo, anche in ragione della ratio della disciplina del concordato che è quella di guidare l’impresa oltre la crisi. Finalità che risulterebbe svilita nelle ipotesi in cui fosse inibita all’impresa la partecipazione alle gare per l’affidamento di pubbliche commesse.

    In ragione, tuttavia, del contrasto sussistente tra le Sezioni, il Collegio ha rimesso all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti: “a) Se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, legge fallimentare (r.d. n. 267/1942) debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale;

b) se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione;

c) in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara;

d) se le disposizioni normative di cui all’art. 48, commi 17, 18, 19 ter del d.lgs. n. 50/2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex art. 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del r.t.i. dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione”.