Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8100

La norma regolatrice della giurisdizione in materia di concessioni di beni pubblici, di cui al più volte richiamato art. 133, comma 1, lett. b), cod. proc. amm., devolve le controversie «aventi ad oggetto atti e provvedimenti» relativi a tale categoria di contratto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed in via di «eccezione» al giudice ordinario le controversie «concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi». La concentrazione davanti al giudice amministrativo delle controversie concernenti le concessioni di beni pubblici è dunque derogata per le ipotesi dichiaratamente eccezionali da essa previste e pertanto da interpretare in conformità al canone enunciato dall’art. 14 delle preleggi, secondo cui le leggi «che fanno eccezione a regole generali (…) non si applicano oltre i casi (…) in esse considerati».(…) l’adempimento della concessione è irriducibile agli aspetti di carattere meramente patrimoniale che fondano la giurisdizione ordinaria della materia. La corretta esecuzione del rapporto concessorio non è infatti indifferente rispetto alle ragioni di interesse pubblico che hanno a suo tempo indotto l’amministrazione ad affidare in uso speciale il bene pubblico, ma ne costituisce al contrario l’essenza sul piano causale. I rimedi spettanti all’autorità concedente per reagire all’inadempimento del privato concessionario non possono conseguentemente essere assimilabili a quelli spettanti alla parte di un contratto di diritto comune. Palese quanto ora rilevato quando l’amministrazione intenda porre termine al rapporto concessorio, nondimeno, anche laddove la stessa consideri opportuno proseguirlo, a fronte di inadempimenti del concessionario non ritenuti gravi, sono in ciò comunque ravvisabili i tipici caratteri della discrezionalità amministrativa orientata al pubblico interesse connesso alla gestione del bene affidato in concessione.

 

 

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