Cons. Stato, sez. V, 12.11.2020, n. 6970.
La responsabilità per danni conseguenti all'illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell'elemento soggettivo della colpa dell’Amministrazione, giacché è improntata - secondo le previsioni contenute nelle direttive europee - a un modello di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l'esigenza di assicurare l'effettività del rimedio risarcitorio. In merito al profili di ristoro economico, il risarcimento per le spese inutilmente sostenute per partecipare alla gara è ammissibile esclusivamente nel caso di responsabilità precontrattuale, mentre il danno da mancata aggiudicazione è riferito all’interesse positivo all’esecuzione del contratto e dunque al mancato utile. Ebbene, in relazione alla richiesta di condanna per il cosiddetto danno curriculare, è onere dell'impresa partecipante alla gara pubblica - la quale invochi il ristoro di tale danno patito per effetto della illegittima mancata aggiudicazione dell'appalto - fornire in sede giurisdizionale una prova adeguata in ordine all' an e al quantum delle voci di danno in parola.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9356 del 2019, proposto da
Comune di Fagnano Castello, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Oreste Morcavallo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, 6;
contro
Euroservice Soc. Coop. Soc., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe La Rosa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Mar Service S.r.l. non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. 1533 del 2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Euroservice Soc. Coop. Soc.;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2020 il Cons. Elena Quadri;
per le parti si dà atto della richiesta di passaggio in decisione presentata dagli avvocati Morcavallo e La Rosa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Fagnano Castello indiceva una procedura negoziata ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016 per l’affidamento semestrale del servizio di raccolta rifiuti con il metodo del “porta a porta”, da aggiudicare a favore dell’impresa offerente il miglior prezzo su una base d’asta di euro 105.000, oltre oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso.
In un primo tempo la gara veniva aggiudicata con esecuzione d’urgenza ad Euroservice Società Cooperativa Sociale, ma in seguito la stazione appaltante, constatata la mancanza di uno dei requisiti di partecipazione, procedeva, dapprima a comunicare la cessazione dell’esecuzione del contratto in via d’urgenza e poi a revocare l’aggiudicazione, escludendo Euroservice dalla gara, che veniva aggiudicata a Mar Service S.r.l., che seguiva in graduatoria e che ha eseguito il servizio.
Euroservice ha impugnato tali ultime determinazioni dell’Amministrazione innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, che con sentenza n. 1533 del 2019 ha accolto il ricorso, condannando la stazione appaltante al risarcimento per il solo danno emergente (il costo delle spese sostenute per la partecipazione alla gara), per la somma pari ad euro 28.015,60.
Il Comune di Fagnano Castello ha impugnato la sentenza deducendo i seguenti motivi di diritto:
I) error in procedendo e in iudicando: omessa declaratoria di inammissibilità del ricorso, mancata e/o erronea pronuncia su specifica eccezione di inammissibilità del ricorso, violazione e/o falsa applicazione dell'art.119 c.p.a., illogicità manifesta;
II) error in iudicando: infondatezza del ricorso di primo grado, violazione e falsa applicazione dell'art. 212 d.lgs. n. 152 del 2006, violazione e falsa applicazione d.M. 3 giugno 2014, n.120, violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara, contraddittorietà, illogicità manifesta;
III) error in iudicando e in procedendo: erroneità della sentenza sul risarcimento del danno, carenza di motivazione, violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c., violazione e falsa applicazione dell'art.1337 c.c.
Si è costituita per resistere all’appello Euroservice Società Cooperativa Sociale, che ha proposto, altresì, appello incidentale.
Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 29 ottobre 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Giunge in decisione l’appello proposto dal comune di Fagnano Castello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria n. 1533 del 2019, che ha accolto il ricorso di Euroservice per l’annullamento della sua esclusione dalla procedura negoziata ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016 per l’affidamento semestrale del servizio di raccolta rifiuti con il metodo del “porta a porta”, da aggiudicare a favore dell’impresa offerente il miglior prezzo su una base d’asta di euro 105.000 oltre oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso, condannando la stazione appaltante al risarcimento, ma solo per il danno emergente (il costo delle spese sostenute per la partecipazione alla gara), pari ad euro 28.015,60.
In un primo tempo la gara era stata aggiudicata con esecuzione d’urgenza ad Euroservice; successivamente l’aggiudicazione è stata revocata, la società è stata esclusa e la gara è stata aggiudicata a Mar Service, che ha eseguito il servizio.
Con il primo motivo di appello il Comune ha dedotto l’erroneità della sentenza per non avere ritenuto il ricorso di prime cure irricevibile.
Ed invero, per l’appellante, la revoca dell’aggiudicazione disposta in danno dell'odierna appellata sarebbe corollario e diretta conseguenza proprio delle prescrizioni della lex specialis che, laddove ritenute illegittime, avrebbero dovuto essere impugnate immediatamente. Non avendo a tanto provveduto, Euroservice non potrebbe dolersi del provvedimento finale che è stato adottato in diretta applicazione delle stesse. Il giudice di prime cure avrebbe dovuto statuire l’inammissibilità del ricorso proposto ai sensi dell’art.119 c.p.a., atteso che gli atti tardivamente impugnati richiedevano requisiti e condizioni che l'odierna appellata non possedeva al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda.
Con la seconda censura l’appellante ha dedotto che la sentenza gravata non avrebbe tenuto in alcuna considerazione l'evidente circostanza che, alla data di scadenza delle domande di partecipazione, non era necessario solo il possesso della mera iscrizione all'Albo dei gestori ambientali, ma, altresì, il possesso di tutto l'apparato di mezzi e attrezzature necessario per l'espletamento del servizio, omettendo di considerare che le attività relative ad una certa categoria dell'Albo non sono fungibili, e che devono necessariamente essere possedute al momento di scadenza di presentazione delle domande di partecipazione. La stazione appaltante avrebbe inteso limitare la partecipazione a quei soggetti che possedessero l’iscrizione de qua per la particolare tipologia di rifiuti oggetto dell’appalto. Dunque, la revoca dell’aggiudicazione definitiva in favore della Euroservice, disposta per mancanza di uno dei requisiti di partecipazione, sarebbe pienamente legittima, sia avuto riguardo al disposto dell’art. 212 d.lgs. n. 152 del 2006, sia con riferimento alla lex specialis di gara.
Entrambe le censure sono infondate.
L’art. 11 della lettera di invito richiedeva quale requisito di ordine generale la “iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, ai sensi dell’art. 212 del D.Lgs. 152/2006, per le seguenti categorie e classi (D.M. 28/4/1998 n. 406) [rectius d.m. 120/2014]: categoria 1 classe F o superiore”.
Euroservice era iscritta all’Albo nazionale dei gestori ambientali sin dall’anno 2016, nella categoria 1, classe E (superiore alla classe F), anche se in relazione ai codici CER 20.02.01 - 20.02.02 - 20.02.03, ossia rifiuti vegetali urbani.
Dopo l’aggiudicazione, la società ha acquistato gli automezzi idonei all’esecuzione del servizio, ottenendo l’estensione dei codici CER relativi a tutti i tipi di rifiuti urbani.
Non può, quindi, innanzitutto, rinvenirsi alcuna portata escludente della clausola succitata, tale da meritare un’immediata impugnazione, atteso che la stessa menzionava solo la categoria e la classe dell’iscrizione, ma non i codici CER. Ed invariata è rimasta la permanenza nella Categoria 1 ordinaria in Classe E, per la quale Euroservice aveva già dimostrato (in fase di iscrizione all’Albo) di possedere i requisiti di idoneità tecnico-finanziaria.
Dall’art. 18 del capitolato, allegato alla lettera d’invito, si evince, inoltre, che i mezzi e qualunque altro strumento necessario dovevano essere garantiti al momento dell’esecuzione della prestazione.
Dunque, Euroservice già al tempo della partecipazione alla gara era in possesso del requisito per come previsto dal bando, che nulla specificava sui codici CER.
Invero, il bando si limitava a richiedere categoria e classe, come sempre ed in coerenza con il d.M. n. 120 del 2014, che non introduce ulteriori distinzioni.
L’attribuzione dei codici rifiuto (CER) non è sintomatica di requisiti di esperienza tali da dover essere dimostrati già al momento della partecipazione alla gara, ma è ricollegata esclusivamente al possesso dei mezzi utili all’esecuzione dell’appalto: ogni partecipante deve dichiarare che tali mezzi saranno disponibili al momento dell'esecuzione degli impegni negoziali, ma l’Albo gestori ambientali contemplerà l’ampliamento dei codici rifiuto, associati ai mezzi, solo nel momento in cui i mezzi saranno effettivamente nella disponibilità dell’impresa.
Sono da ritenersi pienamente condivisibili, dunque, le statuizioni della sentenza appellata, secondo cui la società era in possesso del requisito di qualificazione previsto dalla legge speciale di gara, atteso che: “L’indicazione, nell’iscrizione all’Albo, dei codici CER si pone, invece, su un piano diverso. Infatti, a mente dell’art. 212, comma 23 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nell’Albo sono indicate, oltre ai dati del soggetto autorizzato, l'attività per la quale viene rilasciata l'autorizzazione, i rifiuti oggetto dell'attività di gestione, la scadenza dell'autorizzazione; ed è successivamente annotata ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell'autorizzazione stessa. Dunque, con l’iscrizione all’Albo si ottiene l’autorizzazione all’esercizio di una determinata attività. Nel caso di specie, la Euroservice, essendo iscritta nell’Albo per la categoria 1, classe E, è autorizzata alla raccolta e al trasporto dei rifiuti urbani prodotti da una popolazione inferiore a 20.000 abitanti. Nell’albo vengono poi annotati, attraverso l’indicazione dei codici CER, i rifiuti in concreto gestiti, i mezzi adoperati, il personale impiegato (art. 14, comma 2, lett. c) d.m. 3 giugno 2014, n. 120). Ogni variazione per incremento dei mezzi adoperati deve essere comunicata al soggetto gestore dell’Albo e da questo annotata (cfr. art. 18, comma 2 d.m. n. 120 del 2014). Ciò è proprio quanto accaduto nella vicenda in esame. Essendosi aggiudicata il servizio messo a gara dal Comune di Fagnano Castello, avendo acquistato dei nuovi mezzi, Euroservice ha provveduto alle necessarie variazioni dell’iscrizione all’Albo, indicando i mezzi acquistati e codici CER dei rifiuti al trasporto dei quali i mezzi erano destinati. Tale variazione non ha comportato una modifica del requisito di qualificazione già posseduto, ma una specificazione dell’attività effettivamente svolta”.
Con il terzo motivo l’appellante ha dedotto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto risarcibile il danno emergente, peraltro reputato adeguatamente dimostrato, in considerazione della circostanza che il servizio oggetto di gara sarebbe ormai esaurito. In primo luogo, l'inammissibilità del ricorso e la sua palese infondatezza avrebbero imposto il rigetto della pretesa risarcitoria. Inoltre, ai fini della valutazione sul risarcimento del danno, sarebbe necessaria la valutazione sulla colpa dell'Amministrazione, elemento imprescindibile sul quale, invece, la sentenza non avrebbe speso nemmeno una parola, erroneamente ritenendola in re ipsa. Invero, per l’appellante il Comune sarebbe stato indotto all'aggiudicazione in favore dell'odierna appellata proprio dalle dichiarazioni, non veritiere, rese in sede di domanda di partecipazione in merito al possesso dei detti requisiti. Infine, dovrebbe contestarsi il quantum del risarcimento accordato, essendo stato riconosciuto il costo delle spese sostenute per la partecipazione alla gara (precisamente delle spese per la variazione dell'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali, per l'acquisto dei mezzi necessari all’esecuzione dell’appalto, nonché dei relativi costi di assicurazione).
La censura è infondata in relazione al profilo che consegue all’assunta inammissibilità del ricorso di primo grado, per quanto già detto con riferimento al primo motivo dedotto, oltre che per l’assunta necessità della valutazione della colpa dell’Amministrazione, atteso che la responsabilità per danni conseguenti all'illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell'elemento soggettivo della colpa, giacché è improntata - secondo le previsioni contenute nelle direttive europee - a un modello di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l'esigenza di assicurare l'effettività del rimedio risarcitorio (cfr. Corte di giustizia UE, sez. III, 30 settembre 2010, n. 314).
La censura è, invece, fondata in relazione al profilo concernente il riconoscimento da parte della sentenza del risarcimento per le spese sostenute per la partecipazione alla gara.
Invero, il risarcimento per le spese inutilmente sostenute per partecipare alla gara è ammissibile esclusivamente nel caso di responsabilità precontrattuale, che non ricorre nella fattispecie, mentre il danno da mancata aggiudicazione è riferito all’interesse positivo all’esecuzione del contratto e dunque al mancato utile.
“Il danno emergente, consistente nelle spese sostenute per la partecipazione ad una gara pubblica, non è risarcibile, in favore dell'impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell'appalto (o anche la perdita della relativa chance). Difatti, la partecipazione alle gare pubbliche di appalto comporta per le imprese costi che, di norma, restano a carico delle medesime sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi di partecipazione si colorano come danno emergente solo se l'impresa illegittimamente esclusa lamenti questi profili dell'illegittimità procedimentale, perché in tal caso viene in rilievo solo la pretesa risarcitoria del contraente che si duole di essere stato coinvolto in trattative inutili” (cfr., fra le tante, Cons. Stato, VI, 17 febbraio 2017, n.731).
Con riferimento all’appello incidentale proposto da Euroservice, la stessa ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha disposto la condanna della stazione appaltante al risarcimento per il solo danno emergente, escludendo il risarcimento per gli ulteriori danni richiesti: lucro cessante, danno curriculare e danno all’immagine. La società ha richiesto che venga disposta la liquidazione degli stessi negli importi allegati e non contestati in primo grado, ossia, rispettivamente, euro 28.000,00, euro 14.000,00 ed euro 840,00, ovvero, in subordine, che venga disposta la condanna ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., con determinazione dei criteri di liquidazione, ovvero, in ulteriore subordine, di disporre la liquidazione in via equitativa; oltre al danno emergente, relativamente all’ulteriore importo di euro 1.103,00, non liquidato in primo grado.
In via subordinata, per l’ipotesi in cui fosse accolto l’appello proposto dal comune di Fagnano Castello, la società ha riproposto le censure assorbite dal giudice di prime cure ed ha chiesto di accertare l’illiceità della condotta dell’Amministrazione e la sussistenza della responsabilità precontrattuale, condannando l’Amministrazione al risarcimento dei danni patiti pari a euro 43.158,00, di cui euro 29.158,00, a titolo di danno emergente, e il resto quale compensazione equitativa per la perdita di ulteriori occasioni.
La sentenza non ha accolto la domanda risarcitoria formulata da parte ricorrente con riferimento alle poste di danno relative al lucro cessante, al danno curriculare e al danno all’immagine, ritenendo che le suddette poste di danno non potessero essere riconosciute perché non provate, atteso che spetterebbe all’impresa danneggiata offrire la prova dell’utile che in concreto avrebbe conseguito qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto e che la valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., in combinato disposto con l’art. 2056 c.c., sarebbe ammessa soltanto in presenza di una situazione di impossibilità o di estrema difficoltà di una precisa prova sull’ammontare del danno. Inoltre, andrebbe esclusa la pretesa di ottenere l’equivalente del 10% dell'importo a base d'asta, e anche per il cosiddetto danno curriculare il creditore dovrebbe offrire una prova puntuale del nocumento che asserisce di aver subito in termini di mancato arricchimento del proprio curriculum professionale e della perdita di ulteriori commesse sulla base di una qualificazione mancata a causa dell'altrui illegittima aggiudicazione. Sulla base di tali premesse, il giudice di primo grado ha concluso nel senso che “la società ricorrente ha solo enunciato i danni da lucro cessante, senza dare alcun elemento probatorio utile per la quantificazione del danno da mancata percezione degli utili e per l’accertamento dell’esistenza di un danno curricolare” e “stesso discorso vale per il danno all’immagine”. La sentenza ha invece riconosciuto il risarcimento del danno emergente, per le spese inutilmente sostenute, pari alla somma di euro 28.015,60.
Come già osservato in accoglimento dell’ultimo motivo dell’appello principale, tali statuizioni non sono da condividere, atteso che il risarcimento per le spese inutilmente sostenute per partecipare alla gara è ammissibile esclusivamente nel caso di responsabilità precontrattuale, che non ricorre nella fattispecie, mentre il danno da mancata aggiudicazione è riferito all’interesse positivo all’esecuzione del contratto e dunque al mancato utile.
E’, dunque, fondato l’appello incidentale sotto questo profilo, esclusivamente per l’omessa condanna dell’Amministrazione al risarcimento del mancato utile.
Riguardo alla quantificazione dello stesso, il Collegio si riporta all’orientamento giurisprudenziale secondo cui: “dal fatto stesso che l’impresa ha formulato un’offerta valida in gara, infatti, deve necessariamente presumersi che una tale offerta sia caratterizzata dall’esistenza di un utile, dato che, com'è noto, le offerte che non presentino un margine di utile, sia pur minimo, non sono ammissibili e devono essere escluse” (Cons. Stato, V, 15 aprile 2013, n. 2063), con la conseguenza che, in difetto di allegazioni ulteriori, per la liquidazione del mancato utile da attribuire alla Euroservice a titolo risarcitorio si deve far ricorso alla tecnica, propria del danno da illegittimità provvedimentale, della cosiddetta condanna sui criteri prevista dall'art. 34, comma 4, c.p.a., rimettendo alle parti la quantificazione dell’utile ritraibile dall’esecuzione dell’appalto mediante la verifica dell'utile di impresa incorporato nel ribasso offerto in sede di gara.
Riguardo alla richiesta di condanna per il cosiddetto danno curriculare e all’immagine, la stessa non può essere accolta, atteso che, alla luce della costante giurisprudenza di questo Consiglio: “E' onere dell'impresa partecipante a gara pubblica - la quale invochi il ristoro del danno curricolare patito per effetto della illegittima mancata aggiudicazione dell'appalto - fornire in sede giurisdizionale una prova adeguata in ordine all' an e al quantum della voce di danno in parola” (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 30 ottobre 2017, n. 4968), onere che, nel caso di specie, non è stato assolto da Euroservice né per l’assunto danno curriculare subito, né per quello all’immagine.
Le ulteriori censure riproposte sono inammissibili per carenza di interesse, essendo lo scrutinio delle stesse subordinato all’accoglimento delle prime due censure dell’appello principale.
Alla luce delle suesposte considerazioni sia l’appello principale che quello incidentale vanno accolti in parte, con la conseguente riforma della sentenza appellata nella sola porzione relativa alla condanna al risarcimento del danno, secondo i principi di cui in motivazione.
La parziale reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e accoglie in parte l’appello incidentale, il tutto nei sensi di cui in motivazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
La V sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza in analisi, esamina le “poste di danno risarcibili” a seguito di illegittima aggiudicazione di appalti pubblici da parte dell’Amministrazione.
Ebbene, il Supremo Consesso ha dapprima precisato che la responsabilità per danni conseguenti all'illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell'elemento soggettivo della colpa. Infatti, tale responsabilità è improntata - secondo le previsioni contenute nelle direttive europee - ad un modello di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l'esigenza di assicurare l'effettività del rimedio risarcitorio (cfr. Corte di giustizia UE, sez. III, 30 settembre 2010, n. 314).
Ciò posto, i Giudici hanno analizzato i profili concernenti il risarcimento all’operatore economico delle spese sostenute per la partecipazione alla gara. Con maggiore impegno espositivo, si sostiene che il risarcimento per le spese inutilmente sostenute per partecipare alla gara è ammissibile esclusivamente nel caso di responsabilità precontrattuale. Il danno da mancata aggiudicazione è riferito, invece, all’interesse positivo all’esecuzione del contratto e dunque al mancato utile.
Con particolare riferimento ai casi di responsabilità precontrattuale propriamente detti, si evidenzia che secondo la giurisprudenza amministrativa maggioritaria, ciò che il privato lamenta non è la mancata aggiudicazione, ma la lesione della sua corretta autodeterminazione negoziale. Questa, è anche la ragione per la quale, in caso di responsabilità precontrattuale da ingiustificato recesso dalla trattative, il danno è commisurato non al c.d. interesse positivo (ovvero alle utilità economiche che il privato avrebbe tratto dall'esecuzione del contratto), ma al c.d. interesse negativo, da intendersi, appunto, come interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, a non investire inutilmente tempo e risorse economiche partecipando a trattative destinate poi a rivelarsi del tutto inutili a causa del recesso scorretto della controparte ( ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633).
In tale ottica ricostruttiva, la sentenza in commento si sofferma sui confini di risarcibilità del danno emergente e del c.d. danno curricurale.
Il danno emergente, che consistente nelle spese sostenute per la partecipazione ad una gara pubblica, non è risarcibile in favore dell'impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell'appalto (o anche la perdita della relativa chance). Infatti, “la partecipazione alle gare pubbliche di appalto comporta per le imprese costi che, di norma, restano a carico delle medesime sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi di partecipazione si colorano come danno emergente solo se l'impresa illegittimamente esclusa lamenti profili dell'illegittimità procedimentale, perché in tal caso viene in rilievo solo la pretesa risarcitoria del contraente che si duole di essere stato coinvolto in trattative inutili” (cfr., fra le tante, Cons. Stato, VI, 17 febbraio 2017, n.731).
Il c.d. danno curriculare, invece, definito come il pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto, attiene all’interesse positivo: derivando proprio dalla mancata esecuzione dell’appalto e non dall’inutilità della trattativa. Al fine di poter ottenere tale posta di danno, il creditore deve offrire una prova puntuale del nocumento che asserisce di aver subito (il mancato arricchimento del proprio curriculum professionale).
Per completezza espositiva, si segnala un precedente giurisprudenziale che riconosce la risarcibilità del c.d. danno curriculare qualora nelle trattative si fosse arrivati già all’aggiudicazione definitiva ed alla definizione di gran parte del contenuto del contratto. Nello specifico, il Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 gennaio 2013, n. 156, ha affermato che: “..omissis..ritiene il Collegio che possa essere aggiunto il cd. ‘danno curriculare’, cioè quel danno consistente nell'impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell'appalto non eseguito. E ciò nei casi in cui la responsabilità precontrattuale della P.A. non si configura con riferimento ad una interruzione delle trattative, che determina la mancata stipula del contratto, intervenuta in un generico momento delle stesse, bensì laddove si era già addivenuti alla sicura individuazione del contraente, a maggior ragione se per il tramite dell'aggiudicazione definitiva ed in presenza di un contenuto contrattuale già compiutamente definito, per il tramite del bando di gara e dell'offerta aggiudicataria”.
In tale ottica ricostruttiva, non può essere sottaciuto quanto affermato in merito al c.d. danno curricurale da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 2 del 12 maggio 2017, la quale ha enunciato il seguente principio di diritto: “Nel caso di mancata aggiudicazione, il danno conseguente al lucro cessante si identifica con l’interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto), sia il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto). Spetta, in ogni caso, all’impresa danneggiata offrire, senza poter ricorrere a criteri forfettari, la prova rigorosa dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.), e la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull’ammontare del danno.”
Ciò posto, il Consiglio di Stato nella sentenza che si analizza, aderendo alla costante giurisprudenza, ha affermato che: “E' onere dell'impresa partecipante a gara pubblica - la quale invochi il ristoro del danno curricolare patito per effetto della illegittima mancata aggiudicazione dell'appalto - fornire in sede giurisdizionale una prova adeguata in ordine all' an e al quantum della voce di danno in parola”.