Consiglio di Stato, sez.V, 10 dicembre 2020, n. 7910

 E’ da ritenersi pacifico – trattandosi di circostanza di fatto non smentita dall’appellante – che la società Sinnica Spurgo s.r.l. aveva tentato di autenticarsi a mezzo SPID con generalità non corrette, ossia, semplicemente, quale “-Omissis-” anziché quale “Omissis” (titolare della identità digitale di cui trattasi).

 E’ altresì da ritenersi pacifico che tale operatore economico non poteva non essere consapevole di quale fosse la propria corretta ragione sociale, cui era univocamente associata la relativa identità digitale (da lui stesso richiesta), così come non risulta dagli atti che dopo aver fallito il tentativo di accredito, la società odierna appellante non abbia tentato di ripetere la procedura, stavolta inserendo le credenziali corrette.

 D’altra parte, è evidente che l’acquisizione dello SPID necessario alla registrazione sul portale della stazione appaltante non ricade nella competenza e responsabilità di quest’ultima, né nei connessi obblighi di assistenza tecnica: le possibili problematiche connesse all’utilizzo dell’identità digitale erano infatti al di fuori della possibilità di intervento della stazione appaltante, in quanto di esclusiva competenza dell’Identity Provider prescelto dall’operatore economico, ossia il gestore accreditato presso l’Agenzia per l’Italia Digitale.

La sentenza in argomento merita particolare attenzione in quanto la stessa interviene nella tematica degli appalti innovativi.

In particolare tali appalti, oltre a riguardare tematiche di rilievo nazionale (green, appalti sociali, ecc.), incentivano sempre di più l’utilizzo di appropriati strumenti telematici. Quest’ultimi dispostivi hanno l’indubbio vantaggio di garantire un elevato tasso di sicurezza nell’esplicazione delle predette procedure nonché di velocizzare, pur nel rispetto del favor partecipationis, tutte le fasi della gara.

Tuttavia può accadere che possano verificarsi, in tale settore, specifiche controversie tra stazione appaltante ed operatore economico.

La sentenza di cui si tratta origina dall’impugnazione della pronuncia di primo grado compiuta dall’operatore economico. A detta di quest’ultimo il tribunale amministrativo regionale aveva impedito allo stesso di partecipare alla gara, non avendo accolto le eccezioni sollevate dall’appellante in merito a due specifici profili:

  1. Sulla carenza del sistema telematico.
  2. Sui gravi limiti del servizio di assistenza.

Il Consiglio di Stato ritiene non fondate le suddette eccezioni, facendo ricadere sullo stesso operatore economico la responsabilità nel mancato accoglimento delle proprie istanze.

Infatti è indubbio che la società appellante avesse tentato di autenticarsi a mezzo SPID (sistema pubblico di identità digitale) con generalità manifestamente non corrette. Tale elemento, a sua volta, era confermato dal fatto che lo stesso operatore non poteva non conoscere la propria corretta ragione sociale, alla quale era inevitabilmente connessa la relativa identità digitale.

IL Collegio accerta, peraltro, che il sopra indicato operatore non abbia cercato di porre rimedio all’inconveniente, ripetendo la procedura e fornendo le corrette credenziali.  

Quindi, continua la Sezione, la società in argomento non ha rappresentato alcun elemento di prova; nello specifico, in relazione all’affermazione in base alla quale la non partecipazione alla citata procedura sia dipesa dallo scorretto funzionamento del sistema, a fronte di una mancata collaborazione della stazione appaltante.

In seguito i giudici affrontano gli aspetti essenzialmente tecnici della controversia, negando ogni profilo di responsabilità a danno della stazione appaltante.

Infatti gli stessi affermano, in modo chiaro e inequivocabile, che l’acquisizione del predetto SPID sia attività di competenza esclusiva dell’operatore che voglia partecipare alla procedura di gara, evidenziando, peraltro, che la stazione appaltante non sia competente in tal senso e che la stessa non sia tenuta ad obblighi di assistenza tecnica.

Permesso quanto sopra il Consiglio di Stato deduce che la stazione appaltante, come detto, non poteva assolutamente intervenire nella risoluzione delle problematiche connesse all’utilizzo dell’identità digitale “in quanto di esclusiva competenza dell’Identity Provider prescelto dall’operatore economico, ossia il gestore accreditato presso l’Agenzia per l’Italia Digitale”; inoltre la stessa non avrebbe potuto fare ricorso ad altre forme di presentazione dell’istanza di partecipazione per l’ottenimento, da parte dell’appellante, di uno SPID idoneo.

Infine i giudici di appello rigettano la seconda eccezione sollevata dalla società, secondo la quale non sarebbe stato operativo il servizio di assistenza da parte della suddetta amministrazione aggiudicatrice.

In particolare la Sezione rileva che, a fronte di una mancata presentazione di un’offerta da parte della società nell’arco temporale prescritto, il citato servizio di assistenza aveva riscontrato la richiesta di accredito pervenuta tramite e mail prima della scadenza del prescritto termine.

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 10/12/2020

N. 07910/2020REG.PROV.COLL.

N. 04489/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4489 del 2020, proposto da
Sinnica Spurgo s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Michele Napoli e Gherardo Maria Marenghi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, piazza di Pietra n. 63;

contro

Regione Basilicata, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maurizio Roberto Brancati, con domicilio digitale come da Pec Registri di giustizia;

nei confronti

Acquedotto Lucano s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. 358 del 2020, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Basilicata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, del giorno 12 novembre 2020, il Cons. Valerio Perotti e data la presenza dell'avvocato Brancati;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Con determinazione n. 20AC.2019/D.00156 dell’8 ottobre 2019, la Regione Basilicata, Dipartimento stazione unica appaltante, indiceva una procedura aperta telematica per l’affidamento dei servizi di “autospurgo, derattizzazione, videoispezione nei centri operativi di Acquedotto Lucano s.p.a.”, da espletare, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 50 del 2016, attraverso il portale

dell’apposita piattaforma di “e-procurement”.

La partecipazione alla procedura telematica veniva subordinata all’iscrizione all’apposito portale e al successivo caricamento in esso dell'offerta.

Sinnica Spurgo s.r.l., alle ore 11.25 del 18 dicembre 2019, ultimo giorno utile per la presentazione delle offerte, inviava una richiesta di “autenticazione come operatore economico” alla casella

di posta elettronica certificata dell'Ufficio appalti servizi e forniture della Regione; l’e-mail veniva presa in carico dal protocollo dipartimentale, che la trasmetteva al responsabile del procedimento, il quale, a sua volta, alle ore 11.53 dello stesso giorno, riscontrava l’istanza evidenziando come presupposto per la partecipazione alla gara fosse il possesso del c.d. SPID (“sistema pubblico di identità digitale”), rinviando per i dettagli alla apposita documentazione illustrativa e di supporto presente nel portale.

Alle ore 12.03 la società Sinnica Spurgo s.r.l. nuovamente insisteva nell’istanza, trasmettendo un messaggio del seguente tenore: “siamo in possesso dello spid e abbiamo fatto l'accesso, ma abbiano richiesto l'autenticazione come operatore economico Sinnica Spurgo srl, per cui non riusciamo a caricare la documentazione. Richiediamo pertanto l'urgenza per l’abilitazione come operatore economico Sinnica Spurgo”.

Successivamente, in data 19 dicembre 2019, la medesima società diffidava la stazione appaltante a non dare avvio alla procedura, onde consentirle di procedere alla predetta autenticazione e di prendere parte alla gara.

Con nota del giorno successivo, l’amministrazione comunicava l’avvenuto svolgimento della seduta pubblica e la contestuale apertura delle buste denominate “A”, contenenti la documentazione

amministrativa relative alle offerte regolarmente presentate.

A fronte di ciò, Sinnica Spurgo s.r.l. proponeva ricorso al Tribunale amministrativo della Basilicata, contro la determinazione regionale, prot. n. 214571/20AC del 20 dicembre 2019, che disponeva la sua esclusione dalla procedura di gara deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, “in combinato disposto con il punto 12 del disciplinare di gara”.

Con decreto presidenziale n. 1 del 2020, pubblicato il 9 gennaio 2020, veniva respinta l’istanza di misure cautelari monocratiche proposta dalla ricorrente e venivano disposti incombenti istruttori nei confronti della Regione Basilicata, successivamente ottemperati.

Costituitasi in giudizio, quest’ultima chiedeva il rigetto del ricorso, in quanto infondato.

Con ordinanza n. 20 del 2020, il giudice di prime cure respingeva l’istanza cautelare, per ritenuta carenza di fumus boni iuris; peraltro, la successiva ordinanza n. 984 del 2020 delòa V Sezione del Consiglio di Stato, ritenendo di poter ovviare al pregiudizio lamentato “mediante l’ammissione con

riserva dell’appellante alla partecipazione alla procedura di gara per cui è causa” accoglieva, limitatamente a tale aspetto, l’appello cautelare.

Con sentenza 4 giugno 2020, n. 358, il giudice adito respingeva infine il ricorso, sul presupposto che la mancata partecipazione alla gara della società Sinnica Spurgo s.r.l. non fosse il risultato del malfunzionamento del sistema imputabile all’amministrazione, bensì alla non corretta autenticazione a mezzo SPID dell’operatore economico, che aveva inteso accedere con diversa identità, ossia “Sinnica Spurgo” anziché “Sinnica Spurgo s.r.l.”.

Avverso tale decisione Sinnica Spurgo s.r.l. interponeva appello, deducendo un unico motivo di impugnazione così rubricato: “Violazione e falsa applicazione art. 3 L. 241/90 in combinato disposto con art. 12 disciplinare di gara”.

Costituitasi in giudizio, la Regione Basilicata concludeva per l’infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 12 novembre 2020, tenutasi in modalità da remoto, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con un unico motivo di appello, la società Sinnica Spurgo s.r.l. deduce l’erroneità della sentenza di primo grado nell’aver ritenuto non dimostrate le denunziate carenze del sistema telematico ed i presunti gravi limiti del servizio di assistenza, che avrebbero ostacolato la trasmissione della domanda di partecipazione alla gara.

Sostiene l’appellante, al contrario, di aver pienamente assolto al relativo onere probatorio, incontestato essendo che la propria richiesta di assistenza era stata trasmessa ben 35 minuti

prima che il termine spirasse, ma nonostante ciò la stessa veniva arbitrariamente giudicata tardiva dalla stazione appaltante; quest’ultima, se si fosse attivata in modo diligente e tempestivo, avrebbe avuto “tutto il tempo per esaminare e riscontrare in modo utile la domanda di assistenza”, risultando evidente che – come già contestato dall’appellante in una email a suo tempo inoltrata alla stazione appaltante – “pur essendo state rispettate tutte le regole della procedura, il sistema non è stato in grado di caricare” la domanda di partecipazione sulla piattaforma telematica.

Sotto lo specifico profilo dell’onere probatorio, inoltre, parte appellante deduce – richiamato un precedente di questo Consiglio – che “il rischio inerente alle modalità di trasmissione della domanda di partecipazione alla gara non può che far carico alla parte che unilateralmente aveva scelto il relativo sistema e ne aveva imposto l’utilizzo ai partecipanti, e se rimane impossibile stabilire se vi sia stato errore da parte del trasmittente o piuttosto la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio del sistema, il pregiudizio ricade sull’ente che ha bandito, organizzato e gestito la gara”.

Ad aggravare la posizione dell’amministrazione, inoltre, vi sarebbe la circostanza (mai contestata) che nelle quarantotto ore precedenti la scadenza del termine non sarebbe stato attivo il servizio di assistenza tecnica, il che avrebbe “impedito di supportare adeguatamente la ditta nella trasmissione della domanda”.

Il motivo non è fondato.

E’ da ritenersi pacifico – trattandosi di circostanza di fatto non smentita dall’appellante – che la società Sinnica Spurgo s.r.l. aveva tentato di autenticarsi a mezzo SPID con generalità non corrette, ossia, semplicemente, quale “Sinnica Spurgo” anziché quale Sinnica Spurgo s.r.l. (titolare della identità digitale di cui trattasi).

E’ altresì da ritenersi pacifico che tale operatore economico non poteva non essere consapevole di quale fosse la propria corretta ragione sociale, cui era univocamente associata la relativa identità digitale (da lui stesso richiesta), così come non risulta dagli atti che dopo aver fallito il tentativo di accredito, la società odierna appellante non abbia tentato di ripetere la procedura, stavolta inserendo le credenziali corrette.

In estrema sintesi, l’appellante non fornisce alcuna prova del fatto che il mancato accredito sia dipeso da uno scorretto funzionamento del sistema, ma semplicemente afferma che laddove l’amministrazione avesse prontamente risposto in modo collaborativo alla sua richiesta di assistenza (peraltro presentata all’incirca mezz’ora prima della scadenza del termine per presentare le offerte), con ogni probabilità il problema sarebbe stato risolto ed avrebbe quindi potuto presentare la propria offerta.

Quella di parte appellante, però, è una mera asserzione, per di più non circostanziata né assistita da elementi oggettivi di riscontro. D’altra parte, è evidente che l’acquisizione dello SPID necessario alla registrazione sul portale della stazione appaltante non ricade nella competenza e responsabilità di quest’ultima, né nei connessi obblighi di assistenza tecnica: le possibili problematiche connesse all’utilizzo dell’identità digitale erano infatti al di fuori della possibilità di intervento della stazione appaltante, in quanto di esclusiva competenza dell’Identity Provider prescelto dall’operatore economico, ossia il gestore accreditato presso l’Agenzia per l’Italia Digitale.

A fronte della previsione della lex specialis di gara che condizionava la partecipazione alla gara al possesso di uno SPID idoneo, la stazione appaltante non avrebbe potuto in alcun modo – in ragione del carattere cogente dell’autovincolo – surrogare l’uso di tale strumento con altre forme di presentazione dell’istanza di partecipazione, anche solo per superare lo scorretto utilizzo del sistema pubblico di identità digitale.

Né, sotto diverso ma concorrente profilo, rileva l’affermazione che nelle quarantotto ore precedenti la scadenza del termine per la presentazione delle offerte non sarebbe stato operativo alcun servizio di assistenza: da un lato, infatti, l’appellante neppure sostiene di aver tentato di presentare un’offerta in tale arco temporale, laddove il servizio di assistenza della stazione appaltante risulta invece aver riscontrato la richiesta di accredito pervenuta via email prima della scadenza di detto termine.

Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va respinto.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della Regione Basilicata, delle spese di lite dell’attuale grado del giudizio, che liquida complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre Iva e Cpa se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2020 tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere, Estensore

Anna Bottiglieri, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere