Cons. Stato, sez. VI, 2 novembre 2020, n. 6732

[…] richiedendo l’art. 76, comma 5, D. Lgs. n. 50/16 la formalizzazione dell’aggiudicazione in un provvedimento da comunicare ai concorrenti titolari di una posizione qualificata e differenziata come delineata dalla lett. a) del medesimo comma, parimenti, il mutamento dell’operatore economico aggiudicatario avrebbe dovuto, a modifica di quanto risultante dall’aggiudicazione, essere dedotto in un nuovo atto formale, da comunicare ai medesimi operatori economici; il che risulta, di per sé, ostativo alla configurazione di un’autorizzazione al subentro meramente implicita.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1072 del 2020, proposto da Consorzio Integra Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Angelo Clarizia ed Enzo Perrettini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato prof. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Gsa – Gruppo Servizi Associati S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria del costituendo RTI con Società Cooperativa Florovivaistica del Lazio, La Pul-Tra S.a.s. di Tirelli Augusto e Antonella, Engie Servizi S.p.A. e Cemir Security S.r.l., quali mandanti, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Caruso e Luca Mazzeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Mazzeo in Roma, via Eustachio Manfredi 5;

DiSCo Lazio - Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione della conoscenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) n. 00384/2020, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello principale e i relativi allegati;

Visti il ricorso in appello incidentale e i relativi allegati proposto da Gsa – Gruppo Servizi Associati S.p.A., in proprio e quale mandataria del costituendo RTI con Società Cooperativa Florovivaistica del Lazio, La Pul-Tra S.a.s. di Tirelli Augusto e Antonella, Engie Servizi S.p.A. e Cemir Security S.r.l., quali mandanti;

Visti il ricorso in appello incidentale e i relativi allegati proposto da DiSCo Lazio - Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione della conoscenza;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gsa – Gruppo Servizi Associati S.p.A. e di DiSCo Lazio - Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione della conoscenza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2020 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia, dello Stato Giorgio Fantini, e Paolo Caruso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando di gara pubblicato sulla GU/S S99 del 25 maggio 2016 (all. 2 ricorso in primo grado) Laziodisu – Ente per il Diritto agli Studi Universitari nel Lazio ha

indetto una procedura aperta per l’affidamento della gestione delle residenze universitarie e dei propri uffici amministrativi suddivisa in tre lotti, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economica più vantaggiosa ai sensi dell'art 95, comma 3, lett. a) del d.lgs. 50/2016.

Con successiva determinazione direttoriale prot. n. 758 del 9 marzo 2017 (richiamata nella sentenza n. 2547/19 del Tar Lazio, prodotta sub doc. 8 ricorso in primo grado) la stazione appaltante ha disposto l’ammissione degli operatori economici in possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura.

Alla gara per cui è controversia hanno preso parte, altresì, il RTI Consorzio Integra Soc. Coop – Tedeschi Srl – National Services Srl – Codice Group SrL (per brevità, anche, RTI Integra) e il RTI GSA SpA – Engie – La Pul- Tra SaS- Cemir Srl – Florovivaistica del Lazio (per brevità, anche, RTI GSA).

Con determinazione direttoriale n. 2091 del 9 luglio 2018 il lotto 1 della medesima procedura, oggetto dell’odierna controversia, è stato aggiudicato al RTI Integra (doc. 6 ricorso in primo grado).

Con contratto del 19 luglio 2018 la società National Services SrL, mandante del RTI aggiudicatario, ha concesso in affitto la propria azienda alla società National Services Group SrL (doc. 17 ricorso in primo grado).

L’operatore economico, secondo classificato, RTI GSA, ha proposto un primo ricorso dinnanzi al Tar Lazio, impugnando l’aggiudicazione della procedura e tutti gli atti di gara, per vizi afferenti all’asserita illegittima ammissione alla procedura del raggruppamento aggiudicatario, nonostante la violazione degli obblighi fiscali in cui sarebbe incorsa una delle imprese mandanti (National Services Srl). Nell’ambito del giudizio sono stati proposti motivi aggiunti, con cui il ricorrente ha insistito nelle censure svolte con l’atto introduttivo, anche valorizzando l’avvenuta presentazione da parte della National Services Srl di una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo cd. in bianco, nonché ha impugnato un ipotetico

provvedimento di autorizzazione della National Services Group SrL al subentro nel raggruppamento aggiudicatario.

Il Tar Lazio, a definizione del giudizio, con sentenza n. 2547/19 cit., ha ritenuto il ricorso:

- da un lato, irricevibile, nella parte in cui era volto a contestare il difetto dei requisiti di partecipazione alla procedura in capo alla controinteressata, in quanto proposto una volta decorso il termine di trenta giorni dalla pubblicazione nelle modalità telematiche del provvedimento di ammissione alla procedura dei concorrenti qualificati;

- dall’altro, inammissibile per difetto di interesse, sia nella parte in cui era volto a denunciare la perdita del requisito di ammissione alla gara in capo alla National Services s.r.l. di cui all’articolo 80, comma 5, lettera b, del decreto legislativo n. 50 del 2016, essendo stato dedotto un fatto (presentazione della domanda di concordato preventivo da parte della National Services s.r.l. in data 12.9.2018) sopravvenuto al provvedimento di aggiudicazione, come tale rilevante ai fini della stipulazione del contratto, ma non incidente sulla legittimità del provvedimento di aggiudicazione; sia nella parte in cui era volto a contestare un ipotetico provvedimento con cui la stazione appaltante avrebbe autorizzato il subentro della National Services Group SrL nella posizione di mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario, sebbene alcun provvedimento risultasse assunto dall’Amministrazione resistente.

In particolare, a giudizio del Tar, non poteva accogliersi la domanda di annullamento del provvedimento di aggiudicazione, la cui legittimità avrebbe dovuto essere scrutinata avendo riguardo allo stato di fatto esistente al momento della sua adozione (in cui, ancora, non risultava presentata la domanda di ammissione al concordato preventivo), né avrebbe potuto essere accolta la domanda di inefficacia del contratto, ancora non stipulato; non avrebbe neanche potuto essere convertita l’impugnazione

in azione di accertamento, non essendosi ancora determinata la stazione appaltante sulla stipulazione o meno del contratto, ragion per cui la decisione giudiziaria avrebbe anticipato, inammissibilmente, l’esercizio del potere amministrativo; parimenti, non avrebbe potuto censurarsi l’autorizzazione al subentro nella composizione del RTI aggiudicatario, in quanto la stazione appaltante non aveva ancora assunto il relativo provvedimento e, pertanto, non avrebbe potuto configurarsi un sindacato su poteri amministrativi ancora non esercitati.

All’esito della sentenza di prime cure, la società GSA, con istanza del 27 febbraio 2019 (doc. 9 ricorso in primo grado), indirizzata alla stazione appaltante, ha rappresentato che: a) la società National Services SrL, mandante del RTI Integra, aggiudicatario del lotto per cui è controversia, aveva concesso in data 11 luglio 2018, successivamente all’aggiudicazione disposta in data 9.7.2018, la propria azienda in affitto, con opzione di acquisto, alla National Services Group SrL; b) la stessa società National Services SrL in data 12.9.2018 aveva depositato domanda di concordato preventivo cd. “in bianco” con finalità liquidatoria dinnanzi al Tribunale civile di Roma, sez. fallimentare; c) il Tribunale di Roma con decreto del 5.2.2019 aveva dichiarato l’improcedibilità della domanda di concordato preventivo, considerata la finalità elusiva posta in essere dalla National Services SrL attraverso il predetto contratto di affitto di azienda.

Alla stregua di tali emergenze fattuali, ritenendo che l’operazione negoziale conclusa tra la National Services Group SrL e la National Services SrL fosse connotata da una natura elusiva, in quanto volta ad occultare la perdita dei requisiti generali di partecipazione in capo alla mandante del RTI Integra, nonché che il concorrente aggiudicatario avesse perso il requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), D, lgs n. 50/16 - incorrendo, peraltro, in una modificazione soggettiva del relativo RTI esclusa dalla normativa ratione temporis applicabile alla specie -, la società GSA ha chiesto alla stazione appaltante di adottare, entro e non oltre trenta giorni dal

ricevimento dell’istanza, “formale ed esplicito provvedimento diretto a dichiarare l’inefficacia e/o la decadenza dell’aggiudicazione” in capo al RTI aggiudicatario, prendendo atto della perdita del requisito di partecipazione di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), D. lgs. n. 50 del 2016 in capo alla mandante National Services SrL, nonché negando qualsivoglia autorizzazione al subentro della società National Services Group SrL nella posizione di mandante; con conseguente aggiudicazione del lotto per cui è controversia in favore dell’istante.

Con nota del 28.3.2019, n. 25814 (doc. 1 ricorso in primo grado) la stazione appaltante (Disco Lazio – Ente Regionale per il Diritto allo Studio e alla Conoscenza, già Laziodisu) ha rappresentato che “a seguito delle sentenze del Tar Lazio n. 2550/2019 e n. 2547/2019 con le quali sono stati dichiarati inammissibili e, in parte, irricevibili i ricorsi proposti contro i provvedimenti di aggiudicazione definitiva della gara in oggetto ed a seguito del parere dell’Avvocatura Generale dello Stato pervenuto con pec del 20 marzo 2019, l’Amministrazione intende autorizzare l’istanza di subentro da parte della società National Services Group nel RTI. A seguito di tale subentro il RTI aggiudicatario della gara in oggetto (per tutti i Lotti) sarà composto come di seguito indicato: RTI: Consorzio Integra Società Cooperativa – Tedeschi S.r.l. – National Services Group S.r.l. – Codice Group S.r.l.. L’atto di subentro verrà pubblicato sul sito …”.

Con successiva nota del 28.3.2019 n. 25815 (doc. 5 ricorso in primo grado) la medesima stazione appaltante ha comunicato che a far data “dal 1 aprile 2019 non intende proseguire con il regime di proroga tecnica per l’appalto fino ad ora eseguito. Si coglie l’occasione per ringraziare codesta società per il servizio svolto e per la collaborazione prestata”.

2. Il RTI GSA, adendo la sede giurisdizionale, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, sia la nota n. 25814 del 28.3.2019, sia la nota n. 25815 del 28.3.2019, domandando, altresì, la declaratoria della decadenza dall’aggiudicazione disposta con determinazione direttoriale n. 2091 del 9.7.2018 del costituendo RTI Integra, oltre

che la declaratoria delle invalidità ed inefficacia del contratto e il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’operato della stazione appaltante.

A fondamento del gravame il ricorrente, qualificate la nota n. 25814 del 28.3.2019 quale provvedimento di autorizzazione della società National Services Group SrL al subentro nel costituendo RTI aggiudicatario e la nota n. 25815 del 28.3.2019 quale comunicazione di avvio del servizio da parte del costituendo RTI controinteressato a far data dal 1.4.2019, ha articolato due motivi di ricorso, incentrati sulla:

- “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 48 e 106 del d.lgs. n. 50/2016. eccesso di potere per difetto dei presupposti”, non consentendo l’art. 48 D. Lgs. n. 50 del 2016 la modificazione soggettiva, durante la procedura di aggiudicazione, di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese per effetto di affitto o di cessione di azienda, mutamenti permessi soltanto dall’art. 106 D. Lgs. n. 50 del 2016 in relazione alla fase di esecuzione del contratto;

- “violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 48, commi 18 e 19, anche in relazione all’art. 80, commi 4 e 5, lett. b), nonché art. 106, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016 (anteriore alla modifica introdotta con d.lgs. n. 56/2017 in vigore dal 20.05.2017). Eccesso di potere per difetto dei presupposti e sviamento. difetto di istruttoria”, non potendosi, in ogni caso, ammettere il subentro della società National Services Group SrL quale affittuaria di azienda, nella posizione di mandante del RTI aggiudicatario dell’impresa concedente, tenuto conto che la modificazione soggettiva del RTI - avvenuta mediante un contratto di affitto tra due società aventi la medesima sede e riconducibili ai medesimi soci, con conseguente emersione di un’identità soggettiva delle due società - sarebbe stata finalizzata ad eludere la carenza dei requisiti di partecipazione in capo all’affittante; emergeva, infatti, dagli atti di causa una pratica di finanziamento della gestione a mezzo del mancato pagamento dei debiti di natura fiscale, tributaria e previdenziale, oltre che la perdita dei requisiti di cui all’art. 80, comma 4 e comma 5, lett. b), D. Lgs. n. 50/2016.

3. La parte resistente e il Consorzio Integra società cooperativa si sono costituiti in giudizio, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Il Consorzio ha, altresì, proposto ricorso incidentale, chiedendo “l’annullamento in parte qua della graduatoria finale nonché degli atti con i quali la Stazione Appaltante ha provveduto alla verifica del possesso dei requisiti in capo alle imprese del costituendo raggruppamento temporaneo con mandataria GSA” (pag. 3 ricorso incidentale) e deducendo:

- la “Violazione dell’art. 80 D.Lgs. 50/2016. Violazione dei principi generali di buon andamento, correttezza, trasparenza, concorrenza e par condicio. Erroneità dei presupposti”, tenuto conto che Engie, mandante del RTI ricorrente principale, avrebbe perso i requisiti di partecipazione alla procedura per cui è controversia, in quanto destinataria di un provvedimento sanzionatorio assunto dall’Agcm in relazione ad un asserito illecito concorrenziale, suscettibile di integrare la causa d’esclusione ex art. 80 comma 5 lett. c); sicché, incorrendo Engie in una causa d’esclusione, il ricorso incidentale “di natura “escludenteo, comunque, paralizzante”” (pag. 3 ricorso incidentale), avrebbe influito sulla ammissibilità/procedibilità dell’impugnazione principale;

- la “Violazione dell’art. 80 D.Lgs. 50/2016. Falsa dichiarazione. Violazione dei principi generali di buon andamento, correttezza, trasparenza, concorrenza e par condicio. Erroneità dei presupposti”, tenuto conto che Engie, nell’ambito di altra procedura di gara, avrebbe prodotto preventivi falsi -espressamente disconosciuti dai fornitori- al fine di giustificare la congruità della propria offerta, come sarebbe stato acclarato con sentenza n. 235 del 9.1.2017 pronunciata dal Tar Lazio; tale circostanza, ritenuta integrante un grave illecito professionale, non sarebbe stata dichiarata nell’ambito della procedura per cui è controversia e, pertanto, secondo la prospettazione del ricorrente incidentale, avrebbe integrato la causa di esclusione automatica di cui all’art. 80, comma 5, lett. f) bis, D. Lgs. n. 50/16 e comunque la causa ostativa di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. n. 50/16.

4. Il Tar, a definizione del giudizio, quanto al ricorso principale, rigettate le eccezioni di rito, ha accolto il secondo motivo di impugnazione, rilevando che l’operazione negoziale attuata tra le parti, mediante la sottoscrizione del contratto di affitto di azienda, avesse finalità elusiva e come tale ostasse all’autorizzazione al subentro della società National Services Group SrL nel costituendo RTI aggiudicatario, disposta dalla stazione appaltante con gli atti impugnati; quanto al ricorso incidentale, ha in parte accolto il primo motivo di impugnazione, mentre ha dichiarato l’irricevibilità del secondo motivo di ricorso.

In particolare, a giudizio del Tar, in relazione al ricorso principale:

- la nota numero di protocollo 25814 del 28 marzo 2019 con cui la stazione appaltante aveva disposto la cessazione, a decorrere dal 1 aprile del 2019, del regime di proroga tecnica dell’appalto, rappresentava un atto presupponente, implicitamente, l’autorizzazione al subentro della società National Services Group nel raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario; altrimenti argomentando, la Stazione appaltante avrebbe agito contraddicendo se stessa, non essendo possibile affidare la gestione del servizio a un RTI a composizione indefinita; pertanto, il provvedimento di formale autorizzazione al subentro, non ancora adottato al momento della proposizione del ricorso, si sarebbe posto come meramente esecutivo della determinazione già adottata dall’amministrazione resistente; di conseguenza, parte ricorrente doveva ritenersi legittimata ad impugnare il provvedimento oggettivamente e concretamente lesivo della propria posizione soggettiva di affidataria del servizio, in regime di proroga tecnica, nonché di concorrente interessato all’aggiudicazione dell’appalto;

- il ricorso volto ad ottenere la dichiarazione di decadenza dell’aggiudicazione doveva ritenersi ammissibile, in quanto si faceva questione di attività amministrativa vincolata, essendo vietata dalla legge la conclusione di contratti di appalto con operatori economici privi dei requisiti; sicché il mancato esercizio del potere,

vincolato, legittimava l’azione in giudizio per violazione dell’obbligo di provvedere; parimenti, in caso di stipulazione di un contratto di appalto con un operatore economico privo dei requisiti per contrarre con la pubblica amministrazione, doveva ritenersi consentito agire in giudizio per chiedere l’accertamento della illegittimità del comportamento della pubblica amministrazione, collegato al mancato esercizio del potere di dichiarare la decadenza dell’aggiudicatario, per ottenere dal giudice amministrativo la privazione di efficacia del contratto eventualmente stipulato;

- la comunicazione della stazione appaltante circa l’intenzione di non procedere all’affidamento del servizio, ma di provvedere all’ulteriore proroga dei precedenti contratti, risultava assunta in esecuzione delle misure cautelari concesse in primo grado e, pertanto, non poteva valorizzarsi quale causa di improcedibilità del ricorso;

- l’articolo 48 del decreto legislativo numero 50 del 2016, codice dei contratti pubblici, al comma 19 consente il recesso di una o più imprese raggruppate e quindi la modificazione soggettiva del raggruppamento, purché essa non sia finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara;

- nel caso di specie, una delle imprese mandanti del raggruppamento aggiudicatario, la società a responsabilità limitata National Services, aveva presentato domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ai sensi dell’articolo 161 comma 6 della legge fallimentare, dichiarata improcedibile dal Tribunale civile di Roma, con il decreto del 5 febbraio 2019, anche alla luce dell’operazione economica di affitto del compendio aziendale alla società National Services Group, essendosi ritenuto che l’affitto dell’azienda alla National Services Group integrasse un atto di frode ai creditori;

- pertanto, “se la cessione dell’azienda non è stata riconosciuta come atto determinante la continuità indiretta dell’impresa, ma atto fraudolento nei confronti dei creditori, tale da impedire l’ammissione al concordato preventivo, si deve concludere che anche il subentro della società cessionaria dell’azienda nel ruolo di mandante del raggruppamento temporaneo aggiudicatario

costituisca operazione elusiva rispetto alla perdita dei requisiti per l’affidamento di un contratto pubblico, trattandosi di una impresa incorsa in una procedura concorsuale conclusa sfavorevolmente, quindi inidonea a garantire il possesso dei requisiti di solidità finanziaria che l’articolo 80 del codice dei contratti pubblici prescrive per l’ammissione alle procedure di affidamento di contratti pubblici”.

Con riferimento al ricorso incidentale, il primo giudice ha rilevato che:

- il primo motivo di ricorso, diretto a censurare il difetto di un requisito di partecipazione ex art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. n. 50/16, non poteva ritenersi inammissibile, tenuto conto che il concorrente interessato a contestare lo scorrimento della graduatoria e l’affidamento dell’appalto al secondo classificato, in caso di perdita di uno dei requisiti per l’affidamento nella fase precedente la stipulazione del contratto, doveva ritenersi legittimato a ricorrere al giudice per violazione dell’obbligo di provvedere, non già con un ricorso sul silenzio, bensì con ricorso incardinato secondo il rito speciale per gli appalti pubblici, applicabile “ratione materiae”;

- il primo motivo di ricorso doveva ritenersi anche ricevibile, in quanto non rilevava la decorrenza del termine di trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento dell’AGCM sulla cui base la censura era stata articolata, in quanto il provvedimento sanzionatorio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato non si poneva come un atto da impugnare entro il termine decadenziale, bensì come un fatto che la Stazione appaltante potrebbe o dovrebbe prendere in considerazione; sicché, non essendosi ancora pronunciata al riguardo la stazione appaltante, non avrebbe potuto essere precluso alla parte ricorrente incidentale di chiedere al giudice l’accertamento dell’obbligo di provvedere motivatamente sul fatto asseritamente ostativo all’aggiudicazione;

- il primo motivo di ricorso, dunque, è stato accolto ai fini di ordinare alla stazione appaltante di valutare i fatti presi in considerazione dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nell’irrogazione della sanzione, trattandosi di possibili

condotte scorrette restrittive della concorrenza, al fine di determinarsi sulla sussistenza o meno di un grave illecito professionale tale da rendere dubbia la affidabilità e la integrità della società Engie Servizi e quindi, di riflesso, del raggruppamento temporaneo di imprese con la mandataria GSA;

- peraltro, la contestazione in giudizio di una sanzione adottata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato non avrebbe potuto impedire all'Amministrazione aggiudicatrice che indice la gara d'appalto di effettuare una qualsiasi valutazione sull'affidabilità dell'operatore cui la suddetta sanzione si riferisce, sussistendo, anzi, un obbligo per la Stazione appaltante di valutare i relativi fatti;

- pertanto, è stata accolta “la domanda, proposta con il ricorso principale, di accertamento della illegittimità del mancato esercizio, da parte della stazione appaltante, del potere di dichiarare la decadenza dall’aggiudicazione disposta a favore del raggruppamento temporaneo di imprese controinteressato”;

- il secondo motivo di ricorso è stato, invece, ritenuto inammissibile per violazione dell’articolo 120 comma 2 bis del codice processuale amministrativo, non essendo stato impugnato il provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni alla gara nel termine di 30 giorni decorrente dalla pubblicazione di esso.

5. Il Consorzio Integra ha proposto appello avverso la sentenza di prime cure, articolando quattro motivi di impugnazione.

In particolare:

- con il primo motivo di appello è stata censurata l’erroneità della sentenza di prime cure, per aver riscontrato l’esistenza di un provvedimento di autorizzazione della società National Services Group al subentro nel RTI aggiudicatario, sebbene il procedimento volto a verificare la sussistenza dei presupposti del subentro non fosse ancora concluso, con conseguente inammissibilità del ricorso in primo grado;

- con il secondo motivo di appello è stata censurata l’erroneità della sentenza di prime cure, per avere ritenuto ammissibile anche la domanda di accertamento di decadenza dell’aggiudicazione disposta in favore del RTI Consorzio Integra;

- in subordine, con il terzo motivo di appello è stata censurata l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui ha accolto il secondo motivo di ricorso principale proposto in prime cure, sebbene, da un lato, le argomentazioni fondanti la pronuncia impugnata non fossero coerenti con le censure svolte dal ricorrente in prime cure (con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato) – in particolare, il ricorrente avrebbe contestato il carattere elusivo dell’operazione negoziale posta in essere tra la National Services SrL e la National Services Group SrL, volta a celare la perdita di un requisito di partecipazione (riferito alla regolarità fiscale) intervenuta da tempo, anche prima dell’aggiudicazione della procedura, mentre il Tar avrebbe fondato la decisione sull’integrazione di una fattispecie di recesso dal RTI di un’impresa incorsa in una causa di esclusione, rappresentata dalla domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, dichiarata successivamente dal Tribunale di Roma improcedibile per la sussistenza di atti in frode ai creditori - , dall’altro, non si facesse questione di recesso dal Raggruppamento, ma di subentro di un’impresa ad una mandante, in virtù di un contratto di affitto di azienda, da ritenere ammissibile anche sotto la vigenza del D. Lgs. n. 50/16, concluso tra imprese in possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura, con conseguente mancata configurazione di un’operazione elusiva; in ogni caso, il decreto di improcedibilità della domanda di concordato preventivo pronunciato dal Tribunale di Roma non sarebbe stato conferente, sarebbero risultati irrilevanti fatti successivi all’affitto di azienda comunicato alla stazione appaltante, non riguardanti l’impresa subentrante, nonché, alla stregua della normativa europea vigente in materia, non avrebbe potuto considerarsi causa ostativa alla partecipazione ad una procedura di gara la mera pendenza di un procedimento di

concordato preventivo e, comunque, avrebbe dovuto essere consentito all’impresa di dimostrare in concreto la sua perdurante affidabilità ai fini dell’esecuzione della commessa pubblica;

- con il quarto motivo di appello è stata censurata l’erroneità della sentenza di prime cure, per avere dichiarato l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso incidentale (teso a contestare l’illegittima ammissione alla gara del RTI GSA, in ragione della perdita di un requisito di partecipazione, correlata a dichiarazioni asseritamente false rese dalla mandante Engie nell’ambito di diversa gara, circostanza non dichiarata nell’ambito della procedura di affidamento per cui è controversia), sebbene la conoscenza degli elementi fondanti la corrispondente censura articolata in giudizio fosse sopravvenuta rispetto alla scadenza del trentesimo giorno dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione del RTI GSA alla procedura rilevante nel presente giudizio; con il medesimo motivo è, quindi, riproposta la censura non esaminata nel merito in primo grado.

6. Il RTI GSA si è costituito nel presente grado di giudizio, resistendo all’appello principale, proponendo appello incidentale avverso i capi di sentenza in relazione ai quali il ricorrente in primo grado era risultato soccombente, nonché riproponendo il primo motivo di ricorso di primo grado non esaminato nella sentenza impugnata.

In particolare, oltre a contestare gli avversi motivi di impugnazione, il RTI GSA ha riproposto il primo motivo di ricorso principale in primo grado, assorbito dal Tar, riferito all’inammissibilità di modificazioni soggettive del RTI in costanza di gara e in conseguenza di un contratto di affitto di azienda, ostandovi la normativa ratione temporis applicabile alla specie, nonché ha articolato tre motivi di appello incidentale, censurando l’erroneità della sentenza di prime cure:

- nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale per violazione dell’art. 34, comma 2, c.p.a., nonché degli artt. 99 e 112 c.p.c., avendo

il Tar pronunciato su poteri amministrativi ancora non esercitati (primo motivo di appello incidentale);

- nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di irricevibilità del primo motivo di ricorso incidentale per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., avendo il Consorzio Integra posto a base della propria censura un provvedimento dell’Agcm non contestato nel termine di trenta giorni dalla sua pubblicazione;

- nella parte in cui ha parzialmente accolto il primo motivo di ricorso incidentale, nonostante l’efficacia del provvedimento antitrust posto a base della censura articolata dal Consorzio Integra fosse stata sospesa dallo stesso Tar e comunque non si facesse questione di causa di esclusione automatica.

L’appellante incidentale ha, infine, riproposto sia la domanda di inefficacia del contratto, sia la domanda di subentro e quella di risarcimento (in forma specifica e, in subordine, per equivalente).

7. La stazione appaltante, parimenti, ha proposto appello incidentale avverso la sentenza di prime cure, deducendone l’erroneità – attraverso l’articolazione di tre motivi di doglianza – nella parte in cui:

- ha escluso l’inammissibilità del ricorso in primo grado, sebbene diretto a censurare poteri amministrativi non esercitati (primo motivo di appello incidentale);

- ha accolto il secondo motivo di ricorso in primo grado, incorrendo in una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, pronunciando su censure (natura elusiva della modificazione soggettiva del RTI aggiudicatario, per celare la perdita di requisiti soggettivi di gara in capo allo stesso aggiudicatario, a seguito della domanda di concordato in bianco presentata dalla società National Services) non proposte dal ricorrente in primo grado, che si sarebbe limitato a contestare l’intento di mascherare -attraverso l’affitto di azienda- la sola situazione di irregolarità fiscale della mandante National Services; in ogni caso, da un lato, non si faceva questione di recesso dal RTI, bensì di mutamento soggettivo di un RTI per

effetto di una fattispecie negoziale (affitto di azienda concluso tra la National Services SrL e la National Services Group SrL,) da ritenersi ammissibile anche sotto la vigenza del D. Lgs. n. 50 del 2016; dall’altro, non si discorreva di un mutamento soggettivo del RTI con intenti elusivi, non emergendo alcuna perdita dei requisiti di qualificazione in capo alla National Services Srl o alla National Services Group SrL, sia perché non risultavano irregolarità fiscali ostative alla partecipazione alle procedure di gara, sia perché la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo avanzata dalla National Services SrL non avrebbe potuto imporre l’esclusione del RTI, alla stregua di quanto previsto dal combinato disposto dell’art. 48, commi 17, 18, 19 e 19 ter, D. Lgs. n. 50 del 2016, ratione temporis applicabile alla specie (secondo e terzo motivo di appello incidentale).

8. Nella camera di consiglio del 5 marzo 2020, fissata per la discussione della domanda cautelare articolata dall’appellante principale, l’istanza cautelare è stata rinviata al merito su richiesta di parte, stante la fissazione dell’udienza pubblica al 2 aprile 2020.

9. L’udienza del 2 aprile 2020 è stata rinviata ai sensi dell’art. 84 D.L. n.18 del 2020.

10. In vista dell’udienza pubblica del 29 ottobre 2020 l’appellante principale e il RTI GSA hanno insistito nelle proprie argomentazioni e conclusioni mediante il deposito di memorie difensive e repliche.

11. Nell’udienza pubblica del 29 ottobre 2020 il difensore della stazione appaltante ha chiesto la pubblicazione anticipata del dispositivo. La causa è stata, quindi, trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Pregiudizialmente, si osserva che la tempestiva pubblicazione della presente sentenza, completa di motivazione e dispositivo, esime il Collegio dal prendere posizione sull’ammissibilità dell’istanza articolata dal difensore della parte appellante

nell’udienza di discussione, con cui è stata chiesta l’anticipata pubblicazione del dispositivo.

In ogni caso, siffatta istanza non sembrerebbe ammissibile, tenuto conto che l’attuale formulazione dell’art. 120, comma 9, c.p.a., come modificato dall’art. 4, comma 4, lett. b), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, applicabile nella specie in forza del principio del tempus regit actum, –si fa, infatti, questione di disposizione processuale, regolante una fase (decisoria) del giudizio autonoma, nel caso in esame interamente svoltasi sotto la vigenza dello ius superveniens, alle cui prescrizioni è, dunque, sottoposta– non sembra più rimettere alle parti la scelta in ordine alla pubblicazione anticipata del dispositivo, essendo tenuto il giudice procedente a depositare la sentenza entro quindici giorni dall'udienza di discussione, provvedendo, altrimenti, ove la stesura della motivazione sia particolarmente complessa, alla pubblicazione del dispositivo entro il medesimo termine di quindici giorni e al deposito della sentenza entro trenta giorni dall'udienza.

Sembra, dunque, che il legislatore abbia inteso soddisfare le esigenze di celere definizione del giudizio e di pronta conoscenza dell’esito della controversia attraverso la tempestiva pubblicazione della sentenza, completa di motivazione e dispositivo, tenuto conto, altresì, che l’individuazione dell’eventuale effetto conformativo riconducibile alla pronuncia giudiziaria e suscettibile di dispiegarsi nella fase di riedizione del potere necessita, di regola, di una lettura coordinata del dispositivo alla luce della motivazione, con conseguente residualità della pubblicazione del mero dispositivo, non più rimessa all’iniziativa di parte.

2. Sempre in via preliminare, deve rilevarsi come le circostanze riferite dal RTI GSA nella memoria di replica del 16.10.2020 (peraltro in maniera inammissibile, non configurando repliche a deduzioni svolte dalle controparti), afferenti alla condotta tenuta dalla stazione appaltante in sede procedimentale nella fase di riedizione del potere - concretizzatasi nella dichiarazione di decadenza delle aggiudicazioni

disposte in favore del Consorzio Integra (anche) in relazione al lotto rilevante nel presente giudizio e nell’avvio del procedimento di verifica dell’affidabilità ed integrità della Engie Servizi-, non risultano rilevanti ai fini del giudizio, facendosi questione di condotte esecutive di una sentenza non sospesa, non idonee a manifestare un’acquiescenza dell’Amministrazione al dictum giudiziale di prime cure e, pertanto, non valorizzabili ai fini della dichiarazione di improcedibità (per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione) dell’appello principale e dell’appello incidentale proposto dalla stazione appaltante ovvero per la dichiarazione di cessata materia del contendere tra le parti.

Il che, peraltro, trova conferma sia nella precisazione (correttamente) operata dallo stesso RTI GSA, che discorre di condotte “in esecuzione delle sentenze impugnate” (pag. 2 memoria di replica), sia dalla mancata opposizione di una formale eccezione di cessata materia del contendere o di improcedibilità degli appelli per sopravvenuta carenza di interesse.

3. Ciò premesso, occorre vagliare il primo motivo di appello principale proposto dal Consorzio Integra, rubricato “Errores in iudicando ed in procedendo. Violazione dell’art. 112 cpc. Violazione e falsa applicazione dell’art. 34 comma 2 CPA. Violazione degli artt. 30 e 39 del D.Lgs. 50/2016. Violazione degli artt. 2 e 3 della legge 241/90. Motivazione erronea, illogica e carente”, con cui il Consorzio Integra ha censurato l’erroneità della sentenza di primo grado, per avere escluso l’inammissibilità del ricorso principale proposto dal RTI GSA.

Il suo accoglimento comporterebbe, previa riforma della sentenza appellata, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale di primo grado, con conseguente assorbimento delle questioni di merito (riproposte dal RTI GSA nel presente grado di giudizio ovvero oggetto dei motivi di appello formulati, in via principale o incidentale, dalle odierne parti processuali) componenti il thema decidendum del giudizio di prime cure.

3.1 Secondo la prospettazione dell’appellante principale, la nota n. 2584/19 impugnata in primo grado assumerebbe la natura di mero atto interlocutorio, non risultando idonea ad integrare gli estremi di un provvedimento di autorizzazione al subentro: non rappresenterebbe, infatti, un atto conclusivo del procedimento, non esprimerebbe la volontà decisoria dell’Amministrazione, né conterrebbe la motivazione o il dispositivo; sicché, ai sensi dell’art. 34, comma 2, c.p.a., il Tar avrebbe dovuto astenersi dal pronunciare su poteri amministrativi ancora non esercitati.

Né la presenza di una decisione sul subentro avrebbe potuto desumersi implicitamente dalla nota n. 2585/19, con cui la stazione appaltante aveva rappresentato che non avrebbe prorogato il contratto in essere con il gestore uscente, trattandosi di comunicazione, implicante scelte discrezionali della parte pubblica, afferente alla fase esecutiva di un differente contratto, non correlabile con quello in affidamento nell’ambito della procedura oggetto del presente giudizio. Difatti, la posizione assunta da GSA nell’ambito di un pregresso contratto non avrebbe avuto alcuna attinenza, fattuale e giuridica, con la partecipazione del concorrente, peraltro in associazione temporanea con altre imprese, alla nuova gara, connotata, inoltre, da un oggetto più ampio.

Nella specie non ricorrerebbero, infine, neanche i presupposti dell’atto implicito, sia perché in materia di affidamento dei contratti pubblici opererebbero i principi di buon andamento, trasparenza e pubblicità, impositivi dell’obbligo di adottare provvedimenti espressi e redatti per iscritto, sia perché non potrebbe comunque desumersi dalle note gravate dinnanzi al Tar una decisione autorizzatoria del contestato subentro nel RTI aggiudicatario.

La sentenza di prime cure sarebbe, altresì, viziata:

- per aver violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, riconoscendo valenza autorizzatoria alla comunicazione di cessazione del

precedente rapporto contrattuale, quando, invece, il ricorrente si era al riguardo riferito alla diversa nota n. 25814 quale atto implicito autorizzatorio contestato in giudizio;

- per aver, dapprima, ritenuto l’esistenza di un atto implicito, successivamente, riconosciuto che l’autorizzazione al subentro sarebbe stata oggetto di una futura attività provvedimentale, non potendo, dunque, configurarsi un’autorizzazione implicita;

- per avere riconosciuto rilevanza ad una nota (n. 25815/19) non afferente al procedimento di gara per cui è controversia.

3.2 Il primo motivo di appello deve essere esaminato congiuntamente al secondo motivo di impugnazione proposto dal Consorzio Integra, rubricato “Errores in iudicando ed in procedendo. Violazione dell’art. 34 comma 2 CPA. Erroneità e/o carenza dei presupposti. Motivazione erronea, illogica e contraddittoria”, con cui la sentenza di primo grado è stata impugnata nella parte in cui ha ritenuto ammissibile la domanda di accertamento di decadenza dell’aggiudicazione, sebbene la stazione appaltante non avesse ancora autorizzato il subentro della National Group, non essendosi determinata a stipulare il contratto con il RTI aggiudicatario.

I due motivi di appello sono incentrati su censure oggettivamente connesse, fondandosi entrambi sul medesimo presupposto, integrato dall’assenza di un provvedimento autorizzatorio del subentro della National Services Group nel RTI aggiudicatario della commessa e, pertanto, sulla carenza di una decisione amministrativa in ordine alla stabilità o decadenza del provvedimento di aggiudicazione.

3.3. I motivi di appello principale de quibus devono, infine, essere trattati congiuntamente al primo motivo di appello incidentale proposto da DiSCo, Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione della conoscenza (già Laziodisu), rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art 34, secondo comma c.p.a. – Sull’erronea

valutazione in ordine alla sussistenza di un provvedimento implicito di autorizzazione al subentro – Difetto di motivazione, contraddittorietà della sentenza impugnata”.

Anche secondo la prospettazione della stazione appaltante, il Tar avrebbe errato nel ritenere esistente un provvedimento di autorizzazione al subentro della National Group SrL nel RTI aggiudicatario, tenuto conto che il relativo atto di subentro sarebbe stato ancora in fase di perfezionamento, con conseguente violazione dell’art. 34, comma 2, c.p.a., in ragione dell’invasione giurisdizionale nell’area riservata alla discrezionalità amministrativa.

La stazione appaltante con la nota impugnata in prime cure, avrebbe soltanto notiziato GSA dell’avvio del procedimento volto al subentro, “senza che ciò implicasse obbligatoriamente, la conclusione nel senso indicato dalla sentenza (i.e. subentro della National Group), tenuto conto della necessaria verifica della sussistenza dei presupposti” (pag. 20 appello incidentale).

In subordine, la nota impugnata in prime cure avrebbe dovuto qualificarsi come atto meramente preparatorio e non immediatamente lesivo della sfera giuridica della GSA.

3.4. Il RTI GSA ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza dei motivi di appello proposti dal Consorzio Integra e dalla stazione appaltane.

In particolare, nel rito, il RTI GSA ha contestato:

- l’inammissibilità del primo motivo di appello principale, stante la dichiarazione – da parte del Tar – dell’intervenuta decadenza del RTI appellante dall’aggiudicazione in ragione della perdita dei prescritti requisiti di qualificazione;

- l’inammissibilità del primo motivo di appello incidentale proposto dalla stazione appaltante, considerato che con la sentenza impugnata il T.a.r. Lazio non avrebbe soltanto accolto la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati, ma avrebbe anche accolto la domanda di accertamento della intervenuta decadenza dall’aggiudicazione, con statuizione non specificamente avversata (pag. 3 memoria

del 13 ottobre 2020); ragion per cui l’accoglimento del primo motivo di appello incidentale non sarebbe idoneo ad influire sull’esito del giudizio di primo grado, sorretto autonomamente dall’accertamento riferito alla dichiarazione di decadenza dall’aggiudicazione “pure richiesto da GSA con il ricorso introduttivo al T.a.r., per effetto della perdita dei requisiti in capo al RTI con mandataria Consorzio Integra” (pag. 3 memoria del 13 ottobre 2020).

Nel merito il RTI GSA ha dedotto che con la nota n. 25815 del 2019 la stazione appaltante avrebbe disposto, a partire dal 1.4.2019, l’avvio del servizio per cui è causa da parte del costituendo RTI aggiudicatario nella nuova composizione con mandante National Services Group SrL; ragion per cui l’Amministrazione avrebbe autorizzato il subentro della nuova mandante a quella originaria.

Peraltro, il provvedimento impugnato in prime cure avrebbe rigettato l’istanza di provvedere in autotutela inviata dalla GSA in data 27.2.2019, confermando l’autorizzazione al subentro, indicando la composizione del nuovo RTI aggiudicatario della commessa, comunicando l’imminente stipulazione del contratto di appalto con il RTI così modificato e la sua ammissione allo svolgimento del servizio a far data dall’1.4.2019.

Nella specie ricorrerebbero, altresì, i presupposti per la configurazione di un provvedimento amministrativo implicito diretto a consentire il subentro in contestazione, facendosi, dunque, questione di atto censurabile in sede giurisdizionale; il riferimento, recato nella nota impugnata in prime cure, alla futura pubblicazione dell’atto di subentro sul sito istituzionale avrebbe riguardato, inoltre, il solo atto materiale di subentro, e non il provvedimento di autorizzazione, il quale avrebbe dovuto intendersi già definitivo, lesivo, e quindi ammissibilmente impugnato da parte di GSA.

Per l’effetto, il Tar, attesa la sussistenza di un provvedimento di rigetto dell’istanza di autotutela del 27.2.2019 e comunque di un’autorizzazione della modifica

soggettiva del RTI aggiudicatario, avrebbe correttamente dichiarato, in accoglimento del ricorso in prime cure, anche la decadenza dell’aggiudicazione.

3.5 I primi due motivi di appello principale e il primo motivo di appello incidentale proposto dalla stazione appaltante sono fondati.

3.5.1 In via pregiudiziale, nel rito, devono essere disattese le eccezioni con cui il RTI GSA ha dedotto l’inammissibilità dei relativi motivi di impugnazione.

3.5.1.1 Difatti, quanto all’eccepita inammissibilità dell’impugnazione principale, si osserva che in materia di contratti pubblici l’ordine di esame, nel merito, dei ricorsi, principale e incidentale, proposti in primo grado, volti ad ottenere l’esclusione della controparte dalla procedura di gara per cui è controversia, non può tradursi nella violazione del principio di parità delle parti processuali, dovendo il giudice adito statuire su entrambi i ricorsi, anche nelle ipotesi in cui il ricorso esaminato con priorità sia reputato fondato e, dunque, sia acclarata la carenza dei requisiti di partecipazione in capo alla parte destinataria dell’impugnazione previamente accolta.

Difatti, un operatore economico, fintantoché non sia destinatario di un provvedimento di esclusione divenuto inoppugnabile ovvero di una pronuncia giudiziaria passata in giudicato che ne accerti la carenza di legittimazione a prendere parte alla procedura di aggiudicazione, a prescindere dalla natura dei vizi censurati in giudizio o della mancata evocazione in giudizio di taluno degli offerenti nell’ambito della gara in contestazione, è titolare non soltanto dell’interesse finale ad ottenere l’affidamento della commessa pubblica, ma anche dell’interesse strumentare alla ripetizione della gara, suscettibile di essere disposta dalla stazione appaltante nella fase di riedizione del potere.

In particolare, in caso di accoglimento di entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, proposti dalle parti processuali, accertata la carenza dei requisiti di partecipazione in capo alle parti processuali, l’Amministrazione, anziché scorrere la graduatoria per affidare il contratto all’operatore economico non attinto dai vizi acclarati in giudizio,

potrebbe determinarsi ad agire in autotutela, ritirando gli atti di gara e, all’esito, ribandendo un’analoga procedura di aggiudicazione, con conseguente configurazione di una chance di successo anche in capo alle parti processuali destinatarie delle censure processuali accolte nel precedente giudizio.

La giurisprudenza europea formatasi in materia (sentenza del 5 settembre 2019, in causa C-333/18, Lombardi Srl) ha, infatti, precisato che «anche quando, come nella controversia di cui al procedimento principale, altri offerenti abbiano presentato offerte nell’ambito della procedura di affidamento e i ricorsi intesi alla reciproca esclusione non riguardino offerte siffatte classificate alle spalle delle offerte costituenti l’oggetto dei suddetti ricorsi per esclusione» (§ 26) deve comunque essere esaminato nel merito il ricorso di ogni concorrente che «può far valere un legittimo interesse equivalente all’esclusione dell’offerta degli altri, che può portare alla constatazione dell’impossibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di procedere alla scelta di un’offerta regolare» (§ 24).

Difatti, all’esito della pronuncia giurisdizionale di annullamento degli atti censurati in via principale ed incidentale, con conseguente invalidazione delle offerte oggetto delle contrapposte impugnazioni, la stazione appaltante potrebbe essere indotta ad esercitate il proprio potere di autotutela, assumendo « la decisione di annullare la procedura e di avviare una nuova procedura di affidamento a motivo del fatto che le restanti offerte regolari non corrispondono sufficientemente alle attese dell’amministrazione stessa» (§ 28).

Una tale ricostruzione esegetica non risulterebbe, inoltre, in contrasto con quanto statuito dallo stesso giudice europeo sulla legittimazione al ricorso nella sentenza 21 dicembre 2016, C-355/15, Bietergemeinschaft Technische Gebäudebetreuung und Caverion Österreich, tenuto conto che in tale precedente l’esclusione dalla gara del ricorrente si era ormai consolidata, e precisamente: «era stata confermata da una decisione che aveva acquistato forza di giudicato prima che il giudice investito del ricorso contro la decisione di affidamento dell’appalto si pronunciasse, sicché il suddetto offerente doveva essere considerato come definitivamente escluso dalla procedura di affidamento dell’appalto pubblico in questione» (§ 31).

Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche, questo Consiglio ha ritenuto che “Ciò che in ogni caso è impedito al giudice davanti al quale i contrapposti ricorsi siano stati proposti è di alterare la parità delle parti, che nel processo amministrativo ha peraltro valore di principio generale (art. 2, comma 1, cod. proc. amm.), per effetto della diversa posizione in graduatoria di due concorrenti portatori di un uguale e contrapposto interesse legittimo all’altrui esclusione dalla gara. Più precisamente, fino a che un’esclusione da questa non si sia consolidata, per effetto di un provvedimento dell’amministrazione non impugnato o la cui impugnazione sia stata respinta con sentenza definitiva, non è possibile pregiudicare il diritto ad un ricorso efficace, secondo il diritto europeo sugli appalti pubblici, sulla base della posizione in gara del concorrente e dell’ordine con cui in sede giurisdizionale i ricorsi sono trattati, perché deve comunque essere considerato il suo interesse strumentale alla rinnovazione della gara, ancorché condizionato dal potere di autotutela della stazione appaltante” (Consiglio di Stato, sez. V, 9 aprile 2020, n. 2330).

Ne deriva l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’appello principale opposta dal RTI GSA, tenuto conto che il RTI Consorzio Integra, benché destinatario di un ricorso avente effetti escludenti, proposto in via principale in primo grado e accolto dal Tar, avendo impugnato la sfavorevole pronuncia di prime cure, non è destinatario di una sentenza passata in giudicato di annullamento della propria ammissione alla procedura di gara e, pertanto, non può ritenersi carente di legittimazione ad impugnare sia i capi di sentenza con cui è stata accertata la carenza di un requisito di partecipazione in capo ad una propria mandante, sia i capi di sentenza con cui è stata dichiarata l’inammissibilità di taluna delle censure svolte in via incidentale dinnanzi al Tar.

Il Collegio deve, dunque, procedere all’esame dei primi due motivi di appello principale, facendosi questione di impugnazione proposta da una parte non destinataria di un provvedimento di esclusione ormai inoppugnabile, né di una pronuncia passata in giudicato che ne abbia determinato l’esclusione dalla procedura di gara per cui è controversia.

3.5.1.2 Deve essere disattesa anche l’eccezione di inammissibilità opposta dal RTI GSA con riguardo al primo motivo di appello incidentale proposto dalla stazione appaltante.

Diversamente da quanto censurato dal ricorrente in primo grado, il capo di sentenza con cui il Tar ha accertato e dichiarato la decadenza dell’aggiudicazione, benché non sia stato oggetto di specifico motivo di appello da parte di Disco, non costituisce un’autonoma ratio decidendi della pronuncia impugnata, dipendendo dal capo di sentenza, regolarmente censurato in sede impugnatoria, con cui il primo giudice ha annullato il supposto provvedimento di autorizzazione della National Services Group SrL al subentro nel RTI aggiudicatario.

In particolare, il Tar dopo aver ritenuto che “il ricorso principale deve essere ritenuto fondato e, per l’effetto, deve essere annullato il provvedimento impugnato con il quale l’amministrazione appaltante, presupponendo il subentro della società National Services Group nel costituendo raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario, ha disposto la cessazione della proroga tecnica del servizio nei confronti della ricorrente principale e l’avvio del servizio da parte del raggruppamento temporaneo di imprese controinteressato a decorrere dal 1 aprile 2019”, ha rilevato che “Il provvedimento implicito di autorizzazione al subentro è illegittimo in quanto il raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario deve essere dichiarato decaduto dall’aggiudicazione, avendo perso i requisiti soggettivi richiesti dalla legge per la stipulazione del contratto”.

Ne deriva che la dichiarazione di decadenza dall’aggiudicazione trae il suo presupposto giustificativo nell’illegittimità del subentro della National Services Group nel RTI aggiudicatario: ravvisata la carenza in capo al RTI aggiudicatario dei requisiti per aspirare alla sottoscrizione del contratto di appalto, il Tar ne ha dichiarato la decadenza dall’aggiudicazione.

Atteso il vincolo di presupposizione che lega i due capi di sentenza, la riforma del capo pregiudiziale, afferente all’annullamento della supposta autorizzazione al

subentro, in ragione dell’operatività dell’effetto espansivo interno della riforma in grado di appello – previsto dall’art. 336 c.p.c. e applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio operato dall’art. 39 c.p.a. (in termini, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 15 settembre 2015, n. 04283) –, comporterebbe la riforma del capo dipendente con cui è stata dichiarata la decadenza del RTI, senza che a tali fini fosse necessaria la sua impugnazione con specifico motivo di appello.

Pertanto, posto che il primo motivo di appello incidentale proposto dalla stazione appaltante ha ad oggetto il capo di sentenza con cui è stato annullato il provvedimento di autorizzazione al subentro nel RTI aggiudicatario, il suo accoglimento sarebbe idoneo a determinare, di conseguenza, la riforma, altresì, del capo di sentenza dichiarativo della decadenza dell’aggiudicazione: la stazione appaltante non era, quindi, onerata, a pena di inammissibilità del motivo di appello, a censurare autonomamente anche le statuizioni riferite alla decadenza dell’aggiudicazione, risultando queste meramente dipendenti da quelle specificatamente appellate e, come tali, suscettibili di risentire dell’effetto espansivo interno discendente dalla riforma del capo decisorio puntualmente censurato.

3.5.2 Rigettate le eccezioni di inammissibilità, è possibile esaminare il merito dei motivi di impugnazione de quibus, verificando se le note impugnate in primo grado rechino, esplicitamente o implicitamente, la decisione della stazione appaltante di autorizzare il subentro della National Services Group SrL nel RTI aggiudicatario della commessa.

Come riportato nelle premesse in fatto della presente sentenza, con nota del 28.3.2019, n. 25814 la stazione appaltante ha rappresentato che “a seguito delle sentenze del Tar Lazio n. 2550/2019 e n. 2547/2019 con le quali sono stati dichiarati inammissibili e, in parte, irricevibili i ricorsi proposti contro i provvedimenti di aggiudicazione definitiva della gara in oggetto ed a seguito del parere dell’Avvocatura Generale dello Stato pervenuto con pec del 20 marzo 2019, l’Amministrazione intende autorizzare l’istanza di subentro da parte della società

National Services Group nel RTI. A seguito di tale subentro il RTI aggiudicatario della gara in oggetto (per tutti i Lotti) sarà composto come di seguito indicato: RTI: Consorzio Integra Società Cooperativa – Tedeschi S.r.l. – National Services Group S.r.l. – Codice Group S.r.l.. L’atto di subentro verrà pubblicato sul sito …”.

Con successiva nota del 28.3.2019 n. 25815 la medesima stazione appaltante ha comunicato che a far data “dal 1 aprile 2019 non intende proseguire con il regime di proroga tecnica per l’appalto fino ad ora eseguito. Si coglie l’occasione per ringraziare codesta società per il servizio svolto e per la collaborazione prestata”.

Nel caso di specie, il Tar, accogliendo il secondo motivo di ricorso in primo grado, ha ritenuto di individuare nelle note impugnate in prime cure l’esplicazione di una potestà autoritativa della stazione appaltante, tradottasi nell’autorizzazione “al subentro della società National Services Group nel raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario”.

L’esame delle due note impugnate in prime cure non permette, tuttavia, di ritenere che si sia in presenza di atti provvedimentali, recanti un’autorizzazione, esplicita o implicita, alla modificazione soggettiva del RTI aggiudicatario del lotto per cui è controversia.

Difatti, quanto alla nota n. 25814/19, trattasi di una comunicazione interlocutoria con cui la stazione appaltante non ha autorizzato, bensì ha manifestato l’intenzione di autorizzare l’istanza di subentro della Società National Services Group nel RTI aggiudicatario con atto da pubblicarsi sul sito istituzionale dell’Amministrazione, precisando che soltanto a seguito di tale subentro il RTI “sarà composto” dalle società all’uopo indicate.

La nota difetta del contenuto provvedimentale, non determinando alcun mutamento nella sfera giuridica dei destinatari.

L’ordinamento giuridico, sebbene non definisca la nozione di “provvedimento amministrativo”, delinea comunque il relativo regime giuridico, richiamando

espressamente, tra l’altro, l’autoritatività (arg. ex art. 1, comma 1 bis, L. n. 241/90), l’efficacia, l’esecutività, l’esecutorietà o la riesaminabilità (artt. 21 bis e ss. L. n. 241/90) dell’atto provvedimentale: altri caratteri, inoltre, sono desumibili dai pertinenti principi costituzionali - in primo luogo dal principio di legalità, che impone la tipicità e nominatività del provvedimento amministrativo -, ovvero sono ricavabili per differenziazione rispetto al regime giuridico di altri atti costituenti esplicazione di potestà pubblica (sull’assenza di una definizione normativa di provvedimento amministrativo, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6244).

Il provvedimento amministrativo, dunque, si traduce nell’adozione di un atto nominato, in grado di incidere unilateralmente sull’altrui sfera giuridica, attraverso una regula iuris tipica, efficace, esecutiva, implicante manifestazione di pubblico potere.

La nota n. 25814/19 difetta degli elementi caratterizzanti la decisione provvediamentale, non dettando una nuova regolazione del rapporto amministrativo – in specie, il mutamento soggettivo della composizione del RTI aggiudicatario rispetto a quella risultante nel provvedimento di aggiudicazione – bensì limitandosi a rappresentare, con atto infraprocedimentale, la futura adozione dell’autorizzazione al subentro.

In primo luogo, la nota de qua non è stata indirizzata al RTI aggiudicatario, che sarebbe stato, invece, il destinatario dell’autorizzazione al subentro, bensì è stata inviata esclusivamente al RTI GSA; non può, quindi, ritenersi che una comunicazione personale rivolta ad un concorrente costituisca una decisione provvedimentale incidente sulla posizione giuridica di diverso concorrente, non compreso tra i relativi destinatari.

In secondo luogo, i termini impiegati nella nota de qua sono incompatibili con la sussistenza di un’autorizzazione al subentro, avendo l’Amministrazione chiaramente

comunicato che soltanto “A seguito di tale subentro il RTI aggiudicatario della gara in oggetto (per tutti i Lotti) sarà composto come di seguito indicato” nonché che “L’atto di subentro verrà pubblicato sul sito”.

Emerge, dunque, che l’effetto autorizzatorio della modifica soggettiva del RTI aggiudicatario non risultava riconducibile alla comunicazione del 28.3.2019, bensì ad un futuro atto di subentro ancora da assumere e all’uopo da pubblicare sul sito istituzionale dell’Amministrazione procedente.

La comunicazione del 28.3.2019, n. 25814, inoltre, non reca un contenuto dispositivo idoneo ad esprimere la regula iuris applicabile al caso di specie, non autorizzando il subentro.

Ne deriva che la nota in esame non reca alcuna decisione sulla modificazione soggettiva del RTI aggiudicatario, rinviando ad un atto successivo ancora da assumere.

Parimenti, la successiva nota n. 25815 del 2019 non può ritenersi idonea ad esprimere una decisione di autorizzazione alla modifica soggettiva RTI Consorzio Integra, rivolgendosi, ancora una volta, soltanto al RTI GSA (e, quindi, ad un operatore diverso dal destinatario del supposto atto autorizzatorio) e avendo ad oggetto una commessa pubblica differente da quella in affidamento nell’ambito della procedura di gara per cui è controversia.

Attraverso tale comunicazione la stazione appaltante si è, dunque, limitata a rappresentare la volontà di non prorogare un distinto rapporto negoziale, in essere con il RTI GSA e non confondibile con quello ancora da instaurare all’esito dell’affidamento della commessa dedotta nel presente giudizio, senza, pertanto, disporre in alcun modo della sfera giuridica di soggetti terzi, quale risultava il RTI Consorzio Integra.

Non potrebbe rilevare ai fini dell’odierna controversia neanche la posizione del RTI GSA quale titolare del pregresso rapporto contrattuale, pure valorizzata dal Tar al

fine di radicare l’ammissibilità del ricorso principale in primo grado, tenuto conto che le censure svolte in primo grado non denunciavano la violazione di una tale posizione negoziale - prescindendo, pertanto, dalla qualificazione del RTI GSA quale gestore uscente del servizio in affidamento-, bensì riguardavano l’illegittimità degli atti ipoteticamente assunti con riguardo ad una distinta ed autonoma procedura di gara, censurati dal RTI GSA quale concorrente aspirante alla relativa aggiudicazione.

Ne deriva che da una comunicazione riguardante un pregresso rapporto contrattuale non potevano desumersi atti afferenti ad una differente procedura di affidamento, quale quella contestata nel presente giudizio.

Acclarato che le note impugnate in primo grado non costituiscono una esplicita manifestazione di volontà provvedimentale, volta ad autorizzare il subentro della National Services Group nel RTI Consorzio Integra, non può nemmeno desumersi dall’esame congiunto di tali note una decisione implicita di autorizzazione della modifica soggettiva dell’aggiudicatario.

In subiecta materia, deve darsi continuità all’indirizzo giurisprudenziale in forza del quale “Nel campo del diritto amministrativo, come è noto, è ammessa la sussistenza del provvedimento implicito quando l’Amministrazione, pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente, congiungendosi tra loro i due elementi di una manifestazione chiara di volontà dell’organo competente e della possibilità di desumere in modo non equivoco una specifica volontà provvedimentale, nel senso che l’atto implicito deve essere l’unica conseguenza possibile della presunta manifestazione di volontà (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5887 e, di recente, Cons. Stato, Sez. V, n. 589 del 2019)” (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 20 gennaio 2020, n. 3).

Questo Consiglio ha, inoltre, rilevato come “La presenza di un atto implicito può infatti desumersi indirettamente ma univocamente da altro provvedimento o dal comportamento esecutivo dell'amministrazione, di modo che esso se ne possa dire l'antecedente da punto di vista logico – giuridico” (Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2019, n. 2543).

Nel caso di specie, da un lato, le note del 28.3.2019 non costituiscono la conseguenza necessitata di una presupposta decisione di mutamento della composizione soggettiva del RTI aggiudicatario, dall’altro, la decisione di autorizzare il subentro della National Services Group SrL non rappresenta l’unica conseguenza possibile delle note impugnate in prime cure.

Sotto il primo profilo, appare evidente che le note de quibus non sono conseguenza di alcuna pregressa determinazione già adottata dall’Amministrazione in ordine al subentro della National Services Group.

Difatti, risulta dirimente quanto rappresentato con la nota n. 25814 in ordine ad un atto di subentro ancora da assumere, che pertanto, non esistendo al momento in cui sono state comunicate le note impugnate in prime cure, non poteva atteggiarsi quale loro antecedente logico giuridico.

Sotto il secondo profilo, parimenti, l’autorizzazione al subentro non può considerarsi l’unica conseguenza delle note impugnate in prime cure.

Sebbene l’art. 30 D. Lgs. n. 50 del 2016, prescrivendo il rispetto, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, (altresì) dei principi di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, imponga l’adozione di decisioni volte a manifestare chiaramente la volontà dispositiva dell’Amministrazione procedente, l’assunzione di una decisione implicita, di per sé, non sembra potersi ritenere incompatibile con tali principi, né con l’obbligo generalizzato, imposto dagli artt. 2 e 3 L. n. 241/91 di adottare provvedimenti espressi e motivati; a condizione, tuttavia:

a) che debba pregiudizialmente esistere, a monte, una manifestazione espressa di volontà (affidata ad un atto amministrativo formale o anche ad un comportamento a sua volta concludente), da cui

possa desumersi l’atto implicito: e ciò in quanto la rilevanza relazionale dei comportamenti amministrativi deve essere apprezzata, in termini necessariamente contestualizzati, nel complessivo quadro dell’azione amministrativa; b) che, per un verso, la manifestazione di volontà a monte provenga da un organo amministrativo competente e nell’esercizio delle sue attribuzioni e, per altro verso, nella stessa sfera di competenza rientri l’atto implicito a valle (non palesandosi, in difetto, lecita la valorizzazione del nesso di presupposizione); c) che non sia normativamente imposto il rispetto di una forma solenne, dovendo operare il generale principio di libertà delle forme (arg. ex art. 21 septies cit.); d) che dal comportamento deve desumersi in modo non equivoco la volontà provvedimentale, dovendo esistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l’atto implicito deve essere l’unica conseguenza possibile di quello espresso (non potendo attivarsi, in difetto, il meccanismo inferenziale di necessaria implicazione); e) che, in ogni caso, emergano e factis (avuto riguardo al concreto andamento dell’iter procedimentale e alle effettiva acquisizioni istruttorie: cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1034/2018 cit.) gli elementi necessari alla ricostruzione del potere esercitato” (Consiglio di Stato, sez. V, 23 agosto 2019, n. 5822).

Occorre, pertanto, perché possa configurarsi una decisione implicita, tra l’altro, che la volontà dispositiva della stazione appaltante sia chiaramente e immediatamente desumibile dalla condotta o da una previa determinazione assunta dall’organo procedente, imponendosi quale sua unica conseguenza possibile; che non sia imposto l’obbligo di esplicitare la decisione attraverso un atto formale; nonché, comunque, che sia desumibile dal contegno complessivamente tenuto dall’Amministrazione l’iter logico giuridico che ha condotto ad adottare la decisione implicita.

Tali elementi non ricorrono nel caso esaminato.

In primo luogo, la nota n. 25814 non dà conto della conclusione con esito positivo delle verifiche sui requisiti di partecipazione in capo alla National Services srl (mandante del RTI aggiudicatario) e all’impresa subentrante (National Services

Group SrL, affittuaria della National Services SrL), non avendo la stazione appaltante preso posizione sulle circostanze fattuali sopravvenute all’aggiudicazione, dettagliate nell’istanza del 27.2.19 con cui il RTI GSA aveva contestato sia che l’operazione negoziale conclusa tra la National Services Group SrL e la National Services SrL risultava connotata da una natura elusiva, in quanto volta ad occultare la perdita dei requisiti generali di partecipazione in capo alla mandante del RTI aggiudicatario, sia che la modificazione soggettiva del relativo RTI doveva ritenersi esclusa dalla normativa ratione temporis applicabile alla specie.

Deve, dunque, ritenersi che, attraverso la nota n. 25814 cit., l’Amministrazione, non avendo dato conto espressamente della sussistenza di tutti i presupposti per accogliere l’istanza di subentro, si sia limitata a manifestare l’intendimento di provvedere all’autorizzazione del subentro, a condizione, tuttavia, che si fossero concluse con esito positivo tutte le verifiche da svolgere con riguardo alle imprese parti del contratto di affitto, tenuto conto, altresì, delle contestazioni sollevate dal RTI GSA: non emergendo l’avvenuto espletamento di siffatte verifiche, non potrebbe neanche ritenersi necessitata la futura autorizzazione al subentro.

Parimenti, la nota n. 25815 cit., diversamente da quanto dedotto dal RTI GSA, non recava l’avviso che, per effetto della mancata proroga del pregresso rapporto contrattuale, il futuro contratto sarebbe stato affidato al RTI Integra, limitandosi la stazione appaltante a comunicare che non sarebbero state disposte ulteriori proroghe negoziali; pertanto, pure prescindendo dalla mancata dimostrazione dell’identità oggettiva del pregresso rapporto negoziale e del futuro rapporto ancora da instaurare con il RTI aggiudicatario della nuova commessa– circostanza pure specificatamente contestata dal Consorzio Integra – l’autorizzazione al subentro della National Services Group SrL non poteva ritenersi l’unica possibile conseguenza della comunicazione in parola, ben potendo l’Amministrazione ricorrere a diverse soluzioni giuridiche per provvedere, nelle more del

completamento delle verifiche sul RTI aggiudicatario, al soddisfacimento delle proprie esigenze istituzionali.

Al riguardo, lo stesso RTI GSA nella propria memoria di replica fa riferimento a “tre gare-ponte ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. c) del d. lgs. n. 50 del 2016” (pag. 2 memoria di replica) indette dalla stazione appaltante quale alternativa alla proroga contrattuale – che nei fatti è stata poi disposta – a dimostrazione di come la mancata concessione di una proroga al gestore uscente non potesse determinare come unica conseguenza possibile l’autorizzazione alla modifica soggettiva del RTI aggiudicatario (ai fini della futura stipulazione con tale operatore, mutato nella sua composizione, del nuovo contratto di appalto), potendo l’Amministrazione procedente ricorrere ad altri strumenti giuridici per la realizzazione delle proprie esigenze istituzionali.

In secondo luogo, l’autorizzazione al subentro, determinando il mutamento della composizione del RTI aggiudicatario, si sarebbe tradotta in una nuova decisione, assunta a modifica del contenuto dispositivo del pregresso provvedimento di aggiudicazione, da ritenere, pertanto, soggetta al rispetto del principio del contrarius actus, in forza del quale l’Amministrazione, intervenendo sull’assetto di interessi divisato nelle proprie precedenti determinazioni, è tenuta ad osservare lo stesso procedimento che aveva dato luogo all’atto da riesaminare o revisionare ovvero, nella specie, da modificare.

Pertanto, richiedendo l’art. 76, comma 5, D. Lgs. n. 50/16 la formalizzazione dell’aggiudicazione in un provvedimento da comunicare ai concorrenti titolari di una posizione qualificata e differenziata come delineata dalla lett. a) del medesimo comma, parimenti, il mutamento dell’operatore economico aggiudicatario avrebbe dovuto, a modifica di quanto risultante dall’aggiudicazione, essere dedotto in un nuovo atto formale, da comunicare ai medesimi operatori economici; il che risulta, di per sé, ostativo alla configurazione di un’autorizzazione al subentro meramente implicita.

Infine, dalle note impugnate in prime cure non può neanche desumersi l’iter logico giuridico seguito dalla stazione appaltante per pervenire all’assunzione dell’ipotetica decisione implicita, tenuto conto che, se non si dà conto dell’avvenuto espletamento e della positiva conclusione delle verifiche sulla National Services srl, e sull’impresa subentrante (primo profilo ostativo alla configurazione di un atto implicito, supra valorizzato), a fortiori, non possono comprendersi le ragioni sottese all’ipotetica determinazione implicitamente assunta dall’organo procedente.

Alla stregua delle considerazioni svolte, non può ritenersi che le note impugnate in prime cure manifestassero un atto implicito di autorizzazione al subentro sindacabile in sede giurisdizionale, dovendo la stazione appaltante ancora assumere una decisione al riguardo, una volta concluse le verifiche sul RTI aggiudicatario, nella nuova composizione all’uopo indicata (la stessa stazione appaltante nell’appello incidentale conferma che tali accertamenti non risultavano ancora esauriti, ammettendo di dovere ancora “verificare, dunque, i requisiti di carattere generale delle cedenti, al fine di accertare che la cessione non sia diretta ad eludere l’applicazione del codice” pag. 32 appello incidentale Disco).

Il ricorso in prime cure, pertanto, in quanto indirizzato contro atti non espressivi di una volontà provvedimentale, ancora da concretizzare in decisioni formali all’uopo da assumere, alla stregua di quanto fondatamente contestato dall’appellante principale e dalla stazione appaltante, non avrebbe potuto ritenersi ammissibile, tendendo a sindacare, in violazione dell’art. 34, comma 2, c.p.a., poteri amministrativi ancora non esercitati.

Né potrebbe giungersi a conclusioni difformi, valorizzando la natura della comunicazione n. 25814 cit. quale rigetto di un’istanza di autotutela, come pure sostenuto dal RTI GSA nel proprio atto di appello incidentale, tenuto conto che il ricorso in prime cure non è stato proposto contro un provvedimento di diniego di

autotutela, bensì contro un asserito provvedimento autorizzatorio al mutamento soggettivo del RTI aggiudicatario.

In particolare, il ricorrente in prime cure ha inteso contestare il “provvedimento, comunicato con nota Prot. 25814/19 del 28.03.2019 (…), con cui l’Amministrazione ha autorizzato il subentro di National Services Group S.r.l. nel costituendo RTI con Consorzio Integra Società Cooperativa, Tedeschi S.r.l. e Codice Group S.r.l., aggiudicatario della “Procedura aperta per l’affidamento della gestione delle residenze universitarie e degli uffici amministrativi dell’Adisu di Roma Uno, dell’Adisu di Roma Due, dell’Adisu di Roma Tre e Laziodisu (compreso il CED), (Adisu Metropolitana) – Lotto 1” (CIG N. 66980161A9)”, oltre che “ogni altro atto e/o provvedimento, presupposto, connesso e/o consequenziale, anche se non conosciuto dalla ricorrente, ivi compresa la nota Prot. 25815/19 del 28.03.2019 (…), con cui l’Amministrazione appaltante ha comunicato l’avvio del servizio, da parte del costituendo RTI controinteressato, a partire dall’1.04.2019”.

Parimenti, le censure svolte in primo grado tendevano ad asseverare l’illegittimità di un supposto provvedimento di autorizzazione della National Services Group SrL al subentro nel RTI Integra; ragion per cui, in applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non può ritenersi la sindacabilità delle note impugnate in prime cure quale espressione di un potere provvedimentale (di rigetto di un’istanza di autotutela) differente da quello dedotto e contestato nel ricorso introduttivo del giudizio dinnanzi al Tar.

3.6 La rilevata inammissibilità dell’azione di annullamento proposta in prime cure comporta la riforma non soltanto del capo di sentenza con cui è stata ritenuta fondata l’azione caducatoria, ma anche, in virtù del nesso di dipendenza tra i due capi decisori, del capo di sentenza con cui è stata dichiarata la decadenza del RTI Integra dall’aggiudicazione; capo decisorio, peraltro, pure censurato con il secondo motivo di appello principale, da accogliere per le ragioni supra svolte, inerenti

all’attuale carenza di una decisione amministrativa volta ad autorizzare la modifica soggettiva del RTI aggiudicatario.

Difatti, difettando una decisione amministrativa assunta dalla stazione appaltante in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’affidamento della commessa al RTI Integra nella nuova composizione indicata nell’istanza di subentro, non può ritenersi decaduta l’aggiudicazione, effetto dipendente da un’accertata carenza dei requisiti in capo all’operatore aggiudicatario, che nella specie doveva ancora essere vagliata dall’Amministrazione procedente.

Pertanto, dipendendo la declaratoria di decadenza dall’aggiudicazione da un capo di sentenza (riferito all’annullamento di un supposto atto di autorizzazione al subentro) riformato, stante l’operatività dell’effetto espansivo interno della riforma in grado di appello, per effetto dell’accoglimento del primo motivo di appello principale e incidentale (proposto dalla stazione appaltante) e comunque in accoglimento del secondo motivo di appello principale, deve ritenersi riformato pure il capo di sentenza riferito alla decadenza dall’aggiudicazione.

Il Tar, infatti, ha accolto una domanda (di dichiarazione della decadenza dall’aggiudicazione) inammissibile, che presupponeva un sindacato su poteri amministrativi (riguardanti il positivo accertamento dei requisiti di qualificazione in capo al RTI aggiudicatario nella nuova composizione ipoteticamente autorizzata, di per sé, ostativo alla decadenza dell’aggiudicazione) non ancora esercitati dalla stazione appaltante.

4. L’accoglimento dei primi motivi di appello principale e incidentale (proposto dalla stazione appaltante), con conseguente dichiarazione di inammissibilità, in riforma della sentenza appellata, della domanda di annullamento e di dichiarazione della decadenza dall’aggiudicazione proposte in primo grado, inoltre, impedisce al Collegio di pronunciare sul merito delle censure svolte dal RTI GSA dinnanzi al Tar, da ritenere assorbite, in quanto precluse dalla soluzione di una questione

pregiudiziale, di inammissibilità dei motivi di ricorso in prime cure, in senso ostativo al loro esame.

Per l’effetto, devono essere assorbiti nel presente grado di giudizio:

- il terzo motivo di appello principale, peraltro proposto dal Consorzio Integra soltanto “in subordine”; locuzione che, di per sé, manifesta un interesse alla decisione della relativa censura per la sola ipotesi in cui i precedenti motivi di impugnazione fossero stati rigettati, circostanza nella specie non realizzatasi. In ogni caso, l’esame del terzo motivo di appello incidentale, relativo al capo di sentenza con cui il Tar ha accolto il secondo motivo di ricorso proposto dal RTI GSA, è impedito dalla dichiarazione di inammissibilità dei motivi di ricorso in primo grado, da ritenere ostativa, come osservato, ad una pronuncia sul merito delle censure articolate dinnanzi al primo giudice;

- il primo motivo di ricorso in primo grado riproposto dal RTI GSA nel presente grado di giudizio, che, parimenti, non può essere esaminato nel merito, in quanto inammissibile in rito;

- il secondo e il terzo motivo di appello incidentale proposti da DiSco (e, quindi, anche le eccezioni di inammissibilità di siffatti motivi opposte dal RTI GSA con la memoria del 13.10.2020, che presuppongono la giuridica possibilità di esaminare i corrispondenti motivi di impugnazione), nonostante la stazione appaltante abbia dichiarato che “Ferme restando le considerazioni di cui al precedente motivo che sarebbero assorbenti, ove ritenute fondate, l'interesse dell'Amministrazione, odierna appellante, è quello di ottenere una pronuncia che nel merito evidenzi l’erroneità delle conclusioni cui è pervenuto il T.A.R. Lazio nell’accogliere il secondo motivo di ricorso principale proposto da GSA ASSOCIATI” (pag. 21 appello incidentale).

La richiesta di pronunciare sul merito della vertenza non può essere, infatti, accolta, altrimenti integrandosi un’indebita ingerenza del potere giurisdizionale su questioni non ancora decise dall’Amministrazione in sede procedimentale, con conseguente violazione del principio di separazione dei poteri; il che costituisce proprio l’oggetto di quanto fondatamente contestato dalla stessa stazione appaltante con il suo primo motivo di appello incidentale, in cui si rileva correttamente che “il giudice non può dettare le regole dell'azione amministrativa nei confronti di un organo che non ha ancora esercitato il suo “munus” (pag. 19 appello incidentale).

Pertanto, alla stregua di quanto osservato per il terzo motivo di appello principale e per il primo motivo di ricorso in prime cure riproposto nel presente grado di giudizio, la dichiarazione di inammissibilità dei motivi di ricorso in primo grado impedisce al Collegio di pronunciare sul secondo e sul terzo motivo di appello incidentale (articolati dalla stazione appaltante), non potendo il giudizio di questo Consiglio essere sollecitato in funzione preventiva, alla stregua di parere su questioni giuridiche ancora da decidere in sede procedimentale.

5. L’inammissibilità dei motivi di ricorso in prime cure comporterebbe l’improcedibilità del ricorso incidentale in primo grado per sopravvenuta carenza di interesse.

5.1 Difatti, sebbene, come osservato supra, in materia di appalti pubblici, l’osservanza del principio di parità delle parti, alla stregua del principio di effettività della tutela giurisdizionale, non consenta al giudice procedente, a fronte di contrapposte impugnazioni in prime cure - proposte in via principale ed incidentale e tese ad ottenere l’esclusione della controparte -, di definire in rito il ricorso successivamente esaminato, dichiarandone l’inammissibilità o l’improcedibilità per effetto dell’accoglimento del ricorso delibato con priorità, deve ritenersi che tale regola processuale non sia applicabile qualora il ricorso principale sia esaminato con priorità e sia dichiarato inammissibile per ragioni non correlate all’impugnazione incidentale.

In particolare, si è detto che la fondatezza del ricorso prioritariamente delibato, pur comportando l’accertata carenza di un requisito di partecipazione in capo alla parte

intimata, non esclude la possibilità di esaminare, nel merito, le doglianze da quest’ultima articolate con contrapposta impugnazione: difatti, in caso di accoglimento di entrambi i ricorsi e di conseguente esclusione delle offerte di entrambi i ricorrenti (principale ed incidentale), potrebbe derivare un’utilità concreta in capo ad entrambe le parti ritenute prive dei requisiti di partecipazione alla procedura, suscettibile di concretizzarsi nella ripetizione della gara, che l’Amministrazione, esercitando il potere di autotutela decisoria, potrebbe disporre nella fase di riedizione del potere successivamente all’intervenuto giudicato di annullamento.

Qualora, tuttavia, il ricorso esaminato con priorità sia il ricorso principale e la pronuncia giudiziaria al riguardo assunta sia dichiarativa della sua inammissibilità, deve ritenersi carente in capo al ricorrente incidentale un interesse all’esame della propria impugnazione, ove proposta al solo fine di escludere la controparte e, in tale maniera, di conservare l’utilità principale attribuita dal provvedimento (o comunque dall’assetto di interessi) censurato in via principale.

In caso di inammissibilità del ricorso principale, l’accoglimento del ricorso incidentale non sarebbe, difatti, idoneo ad attribuire al proponente un’utilità maggiore rispetto a quella conseguibile dall’accoglimento della propria impugnazione: l’inammissibilità del ricorso principale impedisce, in particolare, di revocare in dubbio l’assetto sostanziale favorevole al ricorrente incidentale, alla cui conservazione è preordinata l’impugnazione incidentale.

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, per effetto della dichiarazione di inammissibilità dei motivi di ricorso principale in primo grado, dovrebbe annullarsi il capo di sentenza con cui il Tar ha statuito sul ricorso incidentale in prime cure e, per l’effetto, dovrebbe dichiararsi l’improcedibilità del medesimo ricorso incidentale per sopravvenuta carenza di interesse.

Difatti, il RTI Integra, proponendo il ricorso incidentale in prime cure, si era limitato a contestare l’ammissione della controparte al solo fine di paralizzare l’avversa iniziativa giudiziaria ed evitare un mutamento in senso a sé sfavorevole dell’assetto di interessi divisato sul piano sostanziale, messo in dubbio dall’impugnazione principale: significativamente, il ricorrente incidentale ha qualificato il proprio ricorso come paralizzante ed escludente, essendo interesse del RTI Integra ottenere la dichiarazione di irricevibilità e/o inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso principale (cfr. pag. 3 ricorso incidentale in primo grado), onde evitare che, per effetto dell’accoglimento del ricorso principale, venisse acclarata la carenza di un requisito di qualificazione in capo allo stesso controinteressato, ancora prima che l’Amministrazione si fosse pronunciata al riguardo.

Una volta dichiarata l’inammissibilità dei motivi di ricorso principale ed evitato il pregiudizio che il RTI controinteressato intendeva contrastare con la propria impugnazione incidentale, quest’ultima dovrebbe essere dichiarata improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

5.2 Nel caso esaminato, tuttavia, il ricorso incidentale, prima ancora che improcedibile risultava inammissibile, come fondatamente censurato dal RTI GSA con il suo primo motivo di appello incidentale, attraverso il quale è stato contestato l’“Erroneo rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale per violazione dell’art. 34, comma 2, c.p.a.. Violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c”.

In particolare, secondo la prospettazione di GSA, il Tar avrebbe errato nel ritenere ammissibile il ricorso incidentale, sebbene lo stesso tendesse a provocare una pronuncia giudiziaria su poteri amministrativi ancora non esercitati.

Difatti, il ricorrente incidentale in primo grado non avrebbe proposto alcuna domanda di accertamento di una possibile causa di esclusione dalla procedura del RTI ricorrente in via principale, avanzando censure ritenute escludenti e/o paralizzanti, dirette a chiedere l’immediata esclusione del ricorrente principale, a

fronte di una fattispecie concreta in cui, da un lato, la stazione appaltante non aveva assunto al riguardo alcuna valutazione, dall’altro, le cause di esclusione contestate risultavano connotate da spazi di discrezionalità.

A seguito della decadenza dall’aggiudicazione del costituendo RTI controinteressato, l’Amministrazione avrebbe, infatti, dovuto ancora svolgere ogni opportuna verifica sulla posizione del RTI GSA prima di formalizzare lo scorrimento della graduatoria e l’aggiudicazione in suo favore, non potendosi, dunque, ammettere una pronuncia giudiziaria su poteri amministrativi ancora non esercitati.

In ogni caso, il Consorzio Integra, in quanto escluso per perdita dei requisiti di partecipazione, non sarebbe stato legittimato ed interessato a contestare lo scorrimento della graduatoria in favore del ricorrente principale.

5.3 Il primo motivo di appello incidentale è fondato ai sensi di quanto di seguito precisato.

Come chiaramente emergente dal contenuto motivazione dell’impugnazione incidentale proposta in prime cure, “con il presente atto, il Consorzio Integra Società Cooperativa, come in epigrafe rappresentata e difesa, propone ricorso incidentale (di natura “escludente” o, comunque, “paralizzante”) e richiede l’annullamento in parte qua della graduatoria finale nonché degli atti con i quali la Stazione Appaltante ha provveduto alla verifica del possesso dei requisiti in capo alle imprese del costituendo raggruppamento temporaneo con mandataria GSA, senz’altro illegittimi…” (pagg. 2 e 3 ricorso incidentale).

Emerge, dunque, che il ricorso incidentale in prime cure tendeva a denunciare, con l’articolazione di due motivi di censura, il difetto dei requisiti di qualificazione in capo al RTI GSA, tali da determinare l’annullamento della graduatoria finale e degli atti con cui l’Amministrazione aveva provveduto alla verifica del possesso dei requisiti in capo al ricorrente principale in primo grado.

A giudizio del ricorrente incidentale, in particolare, il RTI GSA avrebbe dovuto essere escluso, in quanto una sua mandante:

- risultava destinataria di un provvedimento esecutivo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, suscettibile di integrare la fattispecie di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. n. 50 del 2016;

- aveva fornito documentazione asseritamente falsa nell’ambito di altra procedura di gara, suscettibile di configurare, parimenti, la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. f), D. Lgs. n. 50 del 2016 e comunque un illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. n. 50 del 2016.

Entrambe le censure, come fondatamente contestato dal RTI GSA nel suo primo motivo di appello incidentale, non tendevano ad ottenere la condanna dell’Amministrazione a provvedere e, dunque, a pronunciare sull’integrazione di una causa di esclusione rilevante ai sensi dell’art. 80 D. lgs. n. 50 del 2016, bensì erano deputate ad ottenere “l’annullamento in parte qua della graduatoria finale nonché degli atti con i quali la Stazione Appaltante ha provveduto alla verifica del possesso dei requisiti in capo alle imprese del costituendo raggruppamento temporaneo con mandataria GSA”, ritenendo integrate due cause di esclusione del RTI ricorrente principale.

In particolare:

- in relazione alla prima causa di esclusione contestata in prime cure, correlata all’adozione di un provvedimento sanzionatorio in materia antitrust, il ricorrente incidentale rilevava che “il provvedimento AGCM assume pregnante rilevanza in punto di ammissibilità/procedibilità dell’impugnativa principale, per assoluta carenza dell’interesse qualificato, atteso che la Engie incorre in codesta causa d’esclusione” (pag. 4 ricorso incidentale);

- in relazione alla seconda causa di esclusione contestata dinnanzi al Tar, correlata ad asserite falsità documentali in altra procedura di gara, parimenti, il Consorzio Integra rilevava che “Nella specie, pertanto, si configura senz’altro la causa d’esclusione,

“automatica”, tipizzata dall’art. 80 comma 5 lett. f) bis del D.Lgs. 50/2016” e comunque si “configura, indubbiamente, la causa ostativa ex art. 80 comma 5 lett. c) del Codice dei contratti pubblici” (pag. 5 ricorso incidentale).

Ne deriva che non soltanto le domande proposte in primo grado tendevano ad ottenere l’annullamento di provvedimenti amministrativi, anziché la condanna della stazione appaltante a provvedere, ma anche le censure svolte a sostegno dell’azione incidentale si fondavano sulla ritenuta sussistenza di cause di esclusione, illegittimamente (nella prospettiva del ricorrente incidentale) non rilevate dalla stazione appaltante.

Il ricorso incidentale – così ricostruito nel suo contenuto motivazionale e nelle relative conclusioni – non poteva ritenersi ammissibile, tenendo a censurare, come correttamente dedotto dal RTI GSA nel suo primo motivo di appello incidentale, poteri amministrativi ancora non esercitati.

In particolare, dalla documentazione in atti, emerge che, all’esito della richiesta documentale per la valutazione dei requisiti generali comunicata dalla stazione appaltante con nota del 10.1.2019, n. 6865 (doc. 1 deposito 25.11.2019 ricorrente incidentale in primo grado), in data 18.1.2019 (doc. 2 deposito 25.11.2019 ricorrente incidentale in primo grado) il RTI GSA ha inviato la documentazione richiesta: tra tali documenti, il ricorrente incidentale in primo grado ha inteso valorizzare il DGUE presentato da Engie (doc. 3 deposito 25.11.2019 ricorrente incidentale in primo grado), da cui non sarebbero emerse le dichiarazioni riferite ad asserite falsità documentali riguardanti una distinta procedura di gara.

Non risulta che, successivamente alla richiesta di integrazione documentale, l’Amministrazione abbia assunto una decisione sul possesso dei requisiti di qualificazione in capo al RTI GSA; il che costituisce una prima ragione ostativa alla configurazione di un atto implicante spendita del pubblico potere (di positiva

delibazione dei requisiti di qualificazione) contestato con il ricorso incidentale in primo grado.

In ogni caso, non emergono elementi tali da fare di ritenere che l’Amministrazione fosse a conoscenza delle circostanze fattuali sottese al ricorso incidentale e, quindi, abbia potuto provvedere ad una loro valutazione in senso favorevole all’ammissione del RTI GSA.

In particolare, l’Amministrazione ha avuto cognizione della documentazione e delle dichiarazioni rese in data 18.1.2019, da cui non emergevano, tuttavia, le asserita falsità documentale rese in precedente gara e l’adozione di un provvedimento sanzionatorio antitrust, elementi fattuali alla base dei motivi di ricorso svolti in via incidentale dinnanzi al Tar, in ipotesi valorizzabili ai fini dell’integrazione di taluna delle cause di esclusione di cui all’art. 80 D. Lgs. n. 50 del 2016.

Difatti:

- le asserite falsità documentali ascrivibili alla Engie nell’ambito di una precedente gara non erano state riportate nel DGUE dalla stessa società e, quindi, non potevano ritenersi conosciute dalla stazione appaltante, né potevano ritenersi conoscibili sulla base della sentenza n. 235 del 2017 del Tar Lazio, Roma, che avrebbe rilevato (secondo la prospettazione del Consorzio Integra) l’esistenza di una tale falsità documentale; la pubblicazione di una pronuncia giudiziaria, ai sensi dell’art. 327 c.p.c. e dell’art. 92, comma 3, c.p.a., produce un effetto legale di conoscenza soltanto per le parti processuali tra cui è emessa, non potendo desumersi dall’ordinamento, in assenza di una norma espressa che oneri i consociati alla consultazione delle sentenze inter alios rese, una regola che renda conoscibile i pronunciamenti giudiziari, una volta pubblicati, non soltanto per le parti direttamente interessate, ma anche per i soggetti estranei al giudizio;

- il provvedimento sanzionatorio assunto dall’Agcm è sopravvenuto rispetto al DGUE reso da Engie SpA e, quindi, non poteva desumersi dalla documentazione trasmessa dal RTI GSA in data 18.1.2019.

Pertanto, si conferma l’assenza di elementi tali da fare ritenere che l’Amministrazione fosse a conoscenza delle circostanze fattuali fondanti le censure svolte in via incidentale, dinnanzi al Tar, dal Consorzio Integra e, pertanto, fosse in condizione di valutare siffatte circostanze al fine di accertare la sussistenza in capo al RTI GSA dei prescritti requisiti di qualificazione.

In tali ipotesi, non è ammissibile un sindacato giurisdizionale, come quello richiesto in primo grado, teso ad accertare la ricorrenza in capo alla parte intimata di una causa di esclusione dalla procedura di gara; altrimenti violandosi il principio di separazione dei poteri, attribuendo al giudice un sindacato su poteri amministrativi ancora non esercitati.

Come precisato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (n. 16 del 2020) in relazione alle fattispecie di informazioni omesse, fuorvianti o false, spetta all’amministrazione “stabilire se l’informazione è effettivamente falsa o fuorviante; se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni; ed infine se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità. Qualora sia mancata, una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo. Osta a ciò, nel caso in cui tale valutazione sia mancata, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo (secondo cui il giudice non può pronunciare «con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati»)…”

Ne deriva, in accoglimento del primo motivo di appello incidentale, l’inammissibilità del ricorso incidentale in primo grado, non avendo la stazione appaltante

previamente esaminato in sede procedimentale le circostanze fattuali contestate con i due motivi di ricorso incidentale dinnanzi al Tar - onde valutarne l’ipotetica rilevanza ai fini dell’integrazione di taluna delle cause di esclusione elencate dall’art. 80 D. Lgs. n. 50 del 2016 – e, pertanto, non potendo il giudice sostituirsi all’Amministrazione, statuendo – anziché sul corretto esercizio del potere e, quindi, sulla corretta valutazione operata dall’Amministrazione – direttamente sulla sussistenza di una causa di esclusione, altrimenti svolgendosi in sede giurisdizionale un’attività propriamente amministrativa, preclusa dall’art. 34, comma 2, c.p.a.

L’accoglimento del primo motivo incidentale comporta, in riforma della sentenza appellata, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso incidentale in primo grado, con conseguente assorbimento del quarto motivo di appello principale e degli ulteriori motivi di appello incidentale (proposti dal RTI GSA), in quanto afferenti al merito (o comunque ad ulteriori profili di rito) di un ricorso incidentale in prime cure da ritenere inammissibile.

6. Le considerazioni svolte ai fini dell’accoglimento dei primi motivi di appello principale e incidentale (proposto dalla stazione appaltante) impediscono, infine, l’accoglimento delle domande di inefficacia del contratto, di subentro nel rapporto negoziale e di risarcimento del danno riproposte dal RTI GSA nel presente grado di giudizio.

Trattasi, infatti, di domande che presuppongono una determinazione della stazione appaltante autorizzatoria della modifica soggettiva del RTI Integra e la conseguente stipulazione del contratto di appalto con l’aggiudicatario nella nuova composizione soggettiva.

Come osservato nella disamina dei precedenti motivi di impugnazione, invece, non emergono nella specie né una decisione sull’istanza di subentro della National Services Group nel RTI aggiudicatario, né risulta allegata o comunque dimostrata l’avvenuta sottoscrizione del contratto di appalto con il RTI aggiudicatario.

Sotto tale profilo, dunque, merita conferma la sentenza di primo grado, nella parte in cui, da un lato, ha dichiarato inammissibile la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto e di subentro nel rapporto negoziale, dall’altro, ha assorbito la domanda risarcitoria.

Difatti, mancando il contratto di appalto, non ne può essere dichiarata l’inefficacia, né, a fortiori, può essere disposto il subentro in un rapporto negoziale ancora non costituito; difettando l’autorizzazione al subentro, non potrebbe escludersi, in astratto, la possibilità per il RTI GSA di divenire affidatario della commessa per cui è causa, risultando, dunque, non attualizzato il pregiudizio oggetto della domanda risarcitoria in forma specifica e, in subordine, per equivalente.

7. La particolarità delle questioni esaminate e la reciproca soccombenza giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello principale e sugli appelli incidentali come in epigrafe proposti:

- accoglie il primo e il secondo motivo di appello principale, nonché il primo motivo di appello incidentale proposto dalla stazione appaltante e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara l’inammissibilità delle domande di annullamento e di dichiarazione della decadenza dall’aggiudicazione proposte con il ricorso principale di primo grado; conferma la sentenza appellata limitatamente ai capi decisori con cui è stata assorbita la domanda risarcitoria, nonché è stata dichiarata inammissibile la domanda di privazione di efficacia del contratto;

- accoglie il primo motivo di appello incidentale proposto dal RTI GSA e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale di primo grado.

Compensa interamente tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2020.

 

 

Guida alla lettura

Con la sentenza in commento, la VI sezione del Consiglio di Stato esclude che la stazione appaltante possa autorizzare attraverso un provvedimento implicito il subentro di un operatore economico nella compagine di un raggruppamento temporaneo di imprese (nel caso di specie la sostituzione della società mandante del RTI stesso), stante la forma solenne richiesta dall’art. 76 d.lgs. n. 50 del 2018 in caso di mutamento dell’operatore economico.

Inoltre, i Giudici affrontanoin via pregiudiziale, il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, attestandosi sulle statuizione della CGUE (sent. 5 settembre 2019 C-333/18).

La questione sottoposta all’attenzione del Collegio prende le mosse dall’avvenuta aggiudicazione per l’affidamento della gestione delle residenze universitarie in favore di un RTI. Dopo la suddetta aggiudicazione, tuttavia, la società mandante del raggruppamento ha concesso in affitto la propria azienda ad altra società. A seguito del contratto concluso tra la società mandante e la sua affittuaria, la società seconda classificata ha presentato istanza alla stazione appaltante affinché la stessa adottasse un «formale ed esplicito provvedimento diretto a dichiarare l’inefficacia e/o la decadenza dell’aggiudicazione» nei confronti del RTI aggiudicatario, contestando, tra i motivi, anche l’intervenuta modifica soggettiva a seguito del contratto di affitto, il cui effetto sarebbe stato un subentro non autorizzato nella posizione di mandante dello stesso RTI.

La stazione appaltante, vista l’istanza presentata, ha adottato due differenti note, senza però ritenere di dover procedere in autotutela annullando l’aggiudicazione.

Per tale motivo, la società seconda classificata ha presentato ricorso, sottolineando come, con la prima nota, l’amministrazione procedente avrebbe autorizzato il subentro della nuova mandante a quella originaria; con la successiva, sempre in ragione del ricorso principale, la stazione appaltante si sarebbe limitata a dare comunicazione di avvio del servizio da parte del costituendo RTI aggiudicatario.

All’esito del giudizio di primo grado, conclusosi con l’accoglimento delle doglianze proposte in sede di ricorso principale, il Tar Lazio ha, quindi, attribuito alle note valore di provvedimento autorizzatorio al subentro da parte della società affittuaria all’originaria mandante nel RTI aggiudicatario e ha dichiarato decaduta l’aggiudicazione.

La sentenza dei Giudici di prime cure è stata impugnata dal RTI originariamente aggiudicatario e, con appello incidentale, dalla stazione appaltante. Il principale e comune motivo delle impugnazioni attiene alla violazione dell’art. 34, comma secondo, c.p.a., laddove i Giudici di prime cure hanno giudicato della (in)validità del provvedimento di autorizzazione al subentro che, secondo gli appellanti, risultava non essere stato effettivamente adottato in quanto ancora in fase di perfezionamento.

In particolare, il Collegio è chiamato a giudicare dell’avvenuta violazione dell’art. 34, comma secondo, c.p.a, ai sensi del quale “in nessun caso il giudice può pronunciarsi con riferimento a poteri non ancora esercitati”. Pertanto, al fine di verificare l’avvenuta ingerenza nella sfera di attribuzione propria del potere amministrativo da parte dei Giudici del Tar, il Consiglio di Stato esamina il contenuto delle note adottate dalla stazione appaltante, per attestarne l’effettivo significato e valore, verificandone la (non) riconducibilità neppure nella categoria del provvedimento amministrativo implicito.

Preliminarmente, il Collegio affronta la questione relativa all’ordine di trattazione del ricorso principale e ricorso incidentale, stante l’eccezione di inammissibilità e della contestata fondatezza dei motivi di appello addotte dalla società seconda classificata, vittoriosa in primo grado.

Sul punto il Consiglio di Stato riconosce la rilevanza giuridica degli interessi legittimi eterogenei sottesi all’appello principale e incidentale, confermando il doveroso rispetto del principio di parità delle parti processuali.

In particolare, dal punto 3.5.1. della motivazione, i Giudici chiariscono che l’operatore economico è titolare «non soltanto dell’interesse finale ad ottenere l’affidamento della commessa pubblica, ma anche dell’interesse strumentale alla ripetizione della gara, suscettibile di essere disposta dalla stazione appaltante nella fase di riedizione del potere». La titolarità dell’interesse strumentale permane «fintanto che» l’operatore economico «non sia destinatario di un provvedimento di esclusione divenuto irrevocabile ovvero di una pronuncia giudiziaria passata in giudicato». Pertanto, fino all’irrevocabilità del provvedimento di esclusione, il privato non può vedere pregiudicato il suo diritto a un ricorso efficace, in quanto occorre considerare, al fine di non alterare la parità delle parti nel processo amministrativo, «il suo interesse strumentale alla rinnovazione della gara, ancorché condizionata dal potere di autotutela della stazione appaltante» (Cons. Stato, sez. V, 9 aprile 2020, 2330).

La doverosità di un esame di entrambe i ricorsi (principale e incidentale), inoltre, trova conferma nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, riportata nella sentenza in commento, secondo cui «“anche quando […] altri offerenti abbiano presentato offerte nell’ambito della procedura di affidamento e i ricorsi intesi alla reciproca esclusione non riguardino offerte siffatte classificate alle spalle delle offerte costituenti l’oggetto dei suddetti ricorsi per l’esclusione” deve comunque essere esaminato nel merito il ricorso di ogni concorrente che “può far valere un legittimo interesse equivalente all’esclusione dell’offerta degli altri, che può portare alla constatazione dell’impossibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di procedere alla scelta di un’offerta regolare”» (CGUE, 5 settembre 2019 C-333/18).

Rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale avanzata dalla società originariamente seconda classificata, il Collegio procede con l’esame della questione principale, riconoscendo l’avvenuta violazione dell’art. 34, comma secondo, c.p.a. a opera dei Giudici di primo grado.

L’ingerenza nella sfera di competenza della stazione appaltante, secondo la motivazione offerta dal Consiglio di Stato, deriverebbe dall’erronea valutazione che il Tar ha compiuto delle note adottate dalla stazione appaltante con riferimento all’avvenuto subentro della società affittuaria quale nuova mandante del RTI originariamente aggiudicatario.

In particolare, il Collegio ritiene che non ricorrerebbero i presupposti per qualificare le suddette note quali provvedimenti autorizzatori del subentro, neppure in termini di atto implicito, al contrario di quanto attestato dal Tar che «ha ritenuto di individuare nelle note impugnate in prime cure l’esplicazione di una potestà autoritativa della stazione appaltante, trattandosi di autorizzazione al subentro […]».

Chiarisce, infatti, il Consiglio di Stato che, con riferimento alla prima nota, non si tratterebbe di un atto provvedimentale quanto piuttosto di una comunicazione interlocutoria «con cui la stazione appaltate non ha autorizzato, bensì manifestato l’intenzione di autorizzare l’istanza di subentro». Medesima conclusione per la seconda nota, da intendersi quale comunicazione attraverso cui la stazione appaltante si è «limitata a rappresentare la volontà di non prorogare un distinto rapporto negoziale».

Escluso il valore di provvedimento espresso, il Collegio esamina la possibilità di ricondurre il contenuto delle note all’interno della categoria dell’atto implicito, quale decisione non espressa formalmente per l’autorizzazione della modifica soggettiva dell’aggiudicatario.

Al fine di verificare tale possibilità, i Giudici preliminarmente ripercorrono le caratteristiche proprie della categoria dell’atto amministrativo implicito, partendo dalla ricostruzione in linea generale del regime giuridico di provvedimento. Stante l’assenza di una definizione espressa dal legislatore, il provvedimento «si traduce nell’adozione di un atto nominato in grado di incidere unilateralmente sulla sfera giuridica altrui, attraverso una regola iuris tipica, efficace, esecutiva, implicante manifestazione di pubblico potere». Da tale inquadramento derivano le caratteristiche proprie dell’atto, tra le quali il legislatore richiama «l’autoritatività (arg. ex art. 1, comma 1 bis, L. n. 241/90), l’efficacia, l’esecutività, l’esecutorietà o la riesaminabilità (artt. 21 bis e ss. L. n. 241/90) dell’atto provvedimentale: altri caratteri, inoltre, sono desumibili dai pertinenti principi costituzionali - in primo luogo dal principio di legalità, che impone la tipicità e nominatività del provvedimento amministrativo-, ovvero sono ricavabili per differenziazione rispetto al regime giuridico di altri atti costituenti esplicazione di potestà pubblica (sull’assenza di una definizione normativa di provvedimento amministrativo, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6244)».

Viceversa, la decisione implicita dell’amministrazione, non esternandosi in un provvedimento formale, richiede il rispetto di specifiche condizioni affinché le si riconosca l’attitudine a incidere unilateralmente nella sfera giuridica dei privati in quanto espressione del potere pubblico.

Chiarisce, sul punto, il Collegio che per garantire il rispetto dei principi informatori dell’azione amministrativa, sanciti per la materia dei contratti pubblici dal’art. 30 d.lgs. n. 50 del 2016è necessario che sussistano determinate condizioni perché si riconosca una cogenza a una decisione non espressa e, quindi, all’atto amministrativo implicito.

Nello specifico, la VI sezione spiega come l’assunzione di una decisione implicita non sia incompatibile con i principi di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa né con l’obbligo generalizzato, imposto dagli artt. 2 e 3 L. n. 241/91 di adottare provvedimenti espressi e motivati, a condizione che : «“a) che debba pregiudizialmente esistere, a monte, una manifestazione espressa di volontà (affidata ad un atto amministrativo formale o anche ad un comportamento a sua volta concludente), da cui possa desumersi l’atto implicito: e ciò in quanto la rilevanza relazionale dei comportamenti amministrativi deve essere apprezzata, in termini necessariamente contestualizzati, nel complessivo quadro dell’azione amministrativa; b) che, per un verso, la manifestazione di volontà a monte provenga da un organo amministrativo competente e nell’esercizio delle sue attribuzioni e, per altro verso, nella stessa sfera di competenza rientri l’atto implicito a valle (non palesandosi, in difetto, lecita la valorizzazione del nesso di presupposizione); c) che non sia normativamente imposto il rispetto di una forma solenne, dovendo operare il generale principio di libertà delle forme (arg. ex art. 21 septies cit.); d) che dal comportamento deve desumersi in modo non equivoco la volontà provvedimentale, dovendo esistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l’atto implicito deve essere l’unica conseguenza possibile di quello espresso (non potendo attivarsi, in difetto, il meccanismo inferenziale di necessaria implicazione); e) che, in ogni caso, emergano e factis (avuto riguardo al concreto andamento dell’iter procedimentale e alle effettiva acquisizioni istruttorie: cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1034/2018 cit.) gli elementi necessari alla ricostruzione del potere esercitato”» (Consiglio di Stato, sez. V, 23 agosto 2019, n. 5822).

Applicando le regole ricavate dalla giurisprudenza amministrativa al caso in esame, il Collegio conclude per la non riconducibilità delle note adottate dalla stazione appaltante nell’alveo dell’atto amministrativo implicito.

Con riferimento alla prima nota, in particolare, emerge l’assenza di una preesistente manifestazione di volontà espressa, laddove l’amministrazione si è solamente limitata «a manifestare l’intendimento di provvedere all’autorizzazione del subentro»; viceversa, dal contenuto della seconda nota non si arriverebbe a configurare il subentro quale unica conseguenza possibile «ben potendo l’Amministrazione ricorrere a diverse soluzioni giuridiche per provvedere […] al soddisfacimento delle proprie esigenze personali».

Infine, anche qualora il Collegio avesse riscontrato una manifestazione di volontà espressa dalla quale dedurre quale unica conseguenza la determinazione dell’amministrazione volta al subentro della mandante del RTI, il dato normativo osterebbe ad attribuire valore di provvedimento implicito alle su indicate note.

La surroga, difatti, comporrebbe il mutamento della composizione del RTI aggiudicatario e, di conseguenza, l’autorizzazione della stazione appaltante si sarebbe tradotta in una nuova decisione assunta a modifica del contenuto dell’iniziale provvedimento di aggiudicazione.

Tuttavia, la modifica contenutistica di una precedente decisione può compiersi solo attraverso il procedimento c.d. del contrarius actus, «in forza del quale l’Amministrazione, intervenendo sull’assetto di interessi divisato nelle proprie precedenti determinazioni, è tenuta ad osservare lo stesso procedimento che aveva dato luogo all’atto da riesaminare o revisionare ovvero, nella specie, da modificare».

Ricorre, pertanto, in questa specifica ipotesi esaminata dal Collegio, l’ulteriore condizione ostativa all’ammissibilità di un provvedimento implicito radicata nella solennità della forma richiesta dalla legge per il provvedimento di mutamento della composizione del RTI aggiudicatario.

È, nello specifico, l’art. 76, comma quinto, d.lgs. n. 50 del 2016 a richiedere «la formalizzazione dell’aggiudicazione in un provvedimento da comunicare ai concorrenti titolari di una posizione qualificata e differenziata come delineata dalla lett. a) del medesimo comma, parimenti, il mutamento dell’operatore economico aggiudicatario avrebbe dovuto, a modifica di quanto risultante dall’aggiudicazione, essere dedotto in un nuovo atto formale, da comunicare ai medesimi operatori economici». Conclude, quindi, il Consiglio di Stato ribadendo come il dato letterale risulti, di per sé, «ostativo alla configurazione di un’autorizzazione al subentro meramente implicita».

Stante, pertanto, l’impossibilità di considerare le note impugnate dalla società seconda classificata alla stregua di atto implicito di autorizzazione al subentro sindacabile in sede giurisdizionale, in quanto non ancora intervenuta una decisione da parte dell’amministrazione e, di conseguenza, un’espressa manifestazione della volontà della stazione appaltante, il Consiglio di Stato conclude per la violazione dell’art. 34, comma secondo, c.p.a. In particolare, si legge nella motivazione, che «il ricorso in prime cure, […] in quanto indirizzato contro atti non espressivi di una volontà provvedimentale, ancora da concretizzare in decisioni formali all’uopo da assumere, alla stregua di quanto fondatamente contestato dall’appellante principale e dalla stazione appaltante, non avrebbe potuto ritenersi ammissibile, tendendo a sindacare, in violazione dell’art. 34, comma 2, c.p.a., poteri amministrativi ancora non esercitati». La decisione dei Giudici di primo grado, dunque, integra, sempre sulla base della sentenza in commento, «un’indebita ingerenza del potere giurisdizionale su questioni non ancora decise dall’Amministrazione in sede procedimentale, con conseguente violazione del principio di separazione dei poteri».