Cons. Stato, Sez. V, 17 novembre 2020, n. 7134
In una impresa sottoposta a sequestro preventivo ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. 159/2011, è legittimato alla sottoscrizione di un contratto di avvalimento il legale rappresentante della società nominato dall’assemblea dei soci (e non l’amministratore giudiziario), in quanto il sequestro non determina la modificazione del contratto di società o la sostituzione degli organi della persona giuridica, la quale rimane in vita e viene semplicemente privata del potere di gestire la sua azienda. Pertanto, l’amministratore giudiziario non può che affiancarsi all’organo amministrativo, cui spetta il compito di preservare la funzionalità della persona giuridica, senza sostituirsi ad esso.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5099 del 2020, proposto da
Edilmorfù s.a.s. di Morfù Domenico & C., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Luigi Pingitore e Giuseppe Mammone, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Cima Costruzioni Generali s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia, Francesco Mollica e Francesco Zaccone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
A.n.a.s. s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Prima, n. 04218/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cima Costruzioni Generali s.r.l. e di A.n.a.s. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto il dispositivo di sentenza n. 6663 del 30 ottobre 2020;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2020 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Francesco Luigi Pingitore e Angelo Clarizia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando di gara pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana il 17 giugno 2019 l’A.n.a.s. s.p.a. indiceva una procedura di gara aperta per la conclusione di un “Accordo Quadro pluriennale per l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria della pavimentazione – Area compartimentale Autostrada del Mediterraneo – Centro Manutentorio”, da aggiudicare con il criterio del minor prezzo.
1.1. Espletate le operazioni di gara, la Edilmorfù s.a.s. di Morfù Domenico & C. risultava prima graduata, seguita da Cima Costruzioni generali s.r.l.; alla prima graduata era aggiudicato in via definitiva il contratto con provvedimento del 7 agosto 2019.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Cima Costruzioni generali s.r.l. impugnava il provvedimento di aggiudicazione sulla base di un unico motivo, con il quale sosteneva la nullità del contratto di avvalimento stipulato dall’aggiudicataria con la Morfù s.r.l. in quanto sottoscritto per suo conto dall’amministratore unico, Sig. Antonio La Regina, sebbene la società, a quella data, fosse già sottoposta a sequestro preventivo, con amministratore giudiziario che, però, non aveva partecipato alla stipulazione del contratto, né l’aveva preventivamente autorizzato.
2.1. Resisteva l’A.n.a.s. che concludeva per il rigetto del ricorso; la controinteressata, sebbene regolarmente intimata, non si costituiva in giudizio.
Il tribunale adito, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva il ricorso nei limiti di cui in motivazione e compensava le spese del giudizio. In particolare il tribunale:
- dava atto che l’ausiliaria Morfù al momento della stipulazione del contratto di avvalimento con l’aggiudicataria era sottoposta a sequestro preventivo e che la misura cautelare riguardava tutte le quote di partecipazione e tutti gli elementi presenti nel patrimonio aziendale con nomina di custode – amministratore incaricato di “provvedere alla custodia, conservazione e all’amministrazione dei beni oggetto di sequestro”;
- rammentava che la misura cautelare del sequestro preventivo ha ad oggetto i beni collegati al reato ipotizzato e determina l’indisponibilità fisica e giuridica degli stessi che sono sottratti alla libera disponibilità del proprietario e affidati in custodia ad un amministratore giudiziario, il quale, benchè non si sostituisca al legale rappresentante, in caso di sequestro che abbia ad oggetto i beni aziendali o il capitale sociale di una persona giuridica, ha il dovere di affiancarsi agli amministratori nell’amministrazione dei beni sequestrati per preservarne e, se possibile, aumentarne il valore;
- rilevava che il contratto di avvalimento non risultava sottoscritto dall’amministratore giudiziario, nonostante fosse diretto a mettere a disposizione di altra impresa taluni dei beni aziendali, con la conseguente assunzione di impegni contrattuali potenzialmente confliggenti con il corretto esercizio delle funzioni di custodia spettanti all’amministratore giudiziario stesso, così che era “non validamente perfezionatosi” non potendo il legale rappresentante compiere autonomamente atti prodottivi di effetti giuridici sui beni dei quali la società risultava spossessata;
- concludeva per l’illegittimità della “partecipazione e della successiva aggiudicazione” della gara alla ausiliata Edilmorfù s.a.s. con conseguente annullamento degli atti impugnati, dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, e obbligo di A.n.a.s. di procedere all’aggiudicazione della gara e alla stipulazione del contratto a favore della ricorrente, salve le ulteriori verifiche.
3. Propone appello Edilmorfù s.a.s. di Morfù Domenico & C.; si è costituito in giudizio Cima Costruzioni generali s.r.l. e l’A.n.a.s. che ha concluso per l’accoglimento dell’appello.
Edilmorfù s.a.s. e Cima costruzioni generali s.r.l. hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., cui sono seguite rituali repliche.
All’udienza del 15 ottobre 2020 la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
1. Con un unico motivo di appello la sentenza di primo grado è censurata per “Error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione – travisamento di fatti decisivi e della prova di essi – violazione e falsa applicazione dell’art. 41, comma 1, ter, 2, 3, e 6 del d.lgs. n. 159/2011 e s.m.i. (T.u. Antimafia) – violazione e mancata applicazione degli artt. 2479, 2°comma, n. 2, 2475 e 2475 bis c.c. – violazione e mancata applicazione dell’art. 1399 c.c. – violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 89 d.lgs. 50 del 2016”.
1.1. L’appellante ritine che la sentenza sia frutto del travisamento di una circostanza di fatto decisiva: il Sig. La Regina era stato nominato amministratore unico della società il 24 giugno 2019 su autorizzazione espressa del medesimo giudice per le indagini preliminari che aveva disposto il sequestro, ragion per cui, al momento della sottoscrizione del contratto di avvalimento, godeva dei pieni poteri di amministrazione e rappresentanza della società riconosciuti ad ogni amministratore di società dal codice civile, senza limitazioni di sorta, tanto più per la natura di atto di ordinaria amministrazione del contratto di avvalimento.
1.2. Tale conclusione sarebbe conseguenza, secondo l’appellante, dell’applicabilità al sequestro disposto nei confronti della Morfù dell’art. 41, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. codice antimafia), per il quale la rimozione degli amministratori è prevista solamente qualora l’amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato, convochi l’assemblea per la loro sostituzione; in tal sede, poi, è facoltà dell’amministratore giudiziario assumere egli stesso la carica di amministratore, ma qualora sia nominato un terzo (amministratore volontario), come nella vicenda de qua, al primo spettano i soli diritti derivanti dalla qualità di socio quali garantire l’osservanza delle norme di legge che regolano la gestione societaria, i diritti dei terzi e il mantenimento dell’integrità patrimoniale dell’azienda, segnalando all’autorità giudiziaria eventuali anomalie, poiché ogni potere gestorio è dell’amministratore nominato.
Il contratto di avvalimento conseguentemente non poteva e non doveva essere sottoscritto da altri se non dal Sig. La Regina Antonio, amministratore e legale rappresentante della società.
1.3. Secondo la difesa dell’appellata invece i poteri dell’amministratore sono limitati dal comma 2 dell’articolo 41 d.lgs. n. 159 del 2011, per il quale: “L’amministratore giudiziario provvede agli atti di ordinaria amministrazione funzionali all’attività economica dell’azienda”.
Da tale disposizione dovrebbe trarsi il principio generale per il quale, in caso di società sottoposta a sequestro preventivo, tutti gli atti giuridici (“riferibili al patrimonio dell’impresa”), sono di competenza dell’amministratore giudiziario, che delibera e contrae con i terzi, con l’aggiunta che, qualora sia nominato un nuovo amministratore ai sensi dell’art. 41, comma 6, l’amministratore giudiziario deve partecipare all’atto, pena l’invalidità per nullità o, comunque, l’inefficacia degli atti compiuti dagli amministratori, per essere conclusi da soggetti privi dei poteri di disposizione sui beni.
2. Il motivo di appello è fondato.
2.1. Preliminarmente occorre ricapitolare i fatti di causa:
- il 3 aprile 2019 il G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria disponeva il sequestro preventivo “delle quote di partecipazione (ove costituite in società) e di tutti gli elementi presente nel patrimonio aziendale” della società Morfù s.r.l., nominando un amministratore giudiziario (ai sensi degli articoli 92, 104, 104 bis disp. att. cod. proc. pen.);
- il 24 giugno 2019, l’amministratore giudiziario, autorizzato dal G.i.p., riuniva l’assemblea ordinaria dei soci nella quale, giusto il sequestro delle partecipazioni sociali, rappresentava l’intero capitale della società, e in quella sede, acquisite le dimissioni del precedente amministratore unico e direttore tecnico, era nominato amministratore unico il Sig. Antonio La Regina;
- il 3 luglio 2019 era stipulato il contratto di avvalimento tra la Morfù s.r.l. e la Edilmorfù s.a.s. con la quale quest’ultima prendeva parte alla procedura di gara indetta dall’A.n.a.s..
Al momento della stipulazione del contratto di avvalimento non può dubitarsi che il Sig. La Regina fosse amministratore unico della società; quel che è in discussione è se egli potesse stipulare il contratto di avvalimento (e, in generale, qualsiasi contratto di ordinaria amministrazione della società) iure proprio o, invece, dovesse munirsi preventivamente dell’autorizzazione dell’amministratore giudiziario ovvero, in alternativa, che quest’ultimo dovesse partecipare alla sottoscrizione del contratto.
2.2. La Sezione ritiene che l’amministratore (o gli amministratori) della società, nominato dall’assemblea in sostituzione degli amministratori in carica precedentemente al sequestro, abbia pieni poteri gestori e di rappresentanza della società (quali, per le società a responsabilità limitata, derivanti dall’art. 2475 cod. civ.).
2.2.1. Preliminarmente occorre soffermarsi sul contenuto del decreto di sequestro preventivo diretto nei confronti della Morfù s.r.l.
Come in precedenza riportato il decreto aveva ad oggetto “le partecipazioni sociali” e “tutti gli elementi presenti nel patrimonio aziendale” genericamente indicati.
La terminologia utilizzata è ambigua; la giurisprudenza ha escluso che il sequestro preventivo delle partecipazioni societarie comporti l’estensione di diritto ai beni aziendali (cfr. Cass. pen., sez. II, 10 aprile 2019, n. 15755).
Si può ritenere che il sequestro in esame, per la formulazione del decreto, abbia ad oggetto, assieme alle partecipazioni societarie, i singoli beni costituenti nel complesso il patrimonio sociale.
Frequente, però, nella pratica è il sequestro congiunto dell’azienda e delle partecipazioni sociali.
Ad ogni modo, come subito si vedrà, la legge distingue i poteri dell’amministratore giudiziario in relazione ai beni oggetto di sequestro; è indispensabile, pertanto, ricostruire primariamente i poteri spettanti all’amministratore giudiziario in caso di sequestro di partecipazioni societarie.
2.2.2. Il sequestro preventivo è disciplinato dalle disposizioni contenute nel d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 per il rinvio contenuto nell’art. 104 – bis, comma 1 – bis, disp. att. cod. proc. pen. a mente del quale: “Il giudice che dispone il sequestro nomina un amministratore giudiziario ai fini della gestione. Si applicano le norme di cui al libro I, titolo III, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni”.
La disciplina del sequestro delle partecipazioni societarie è contenuta nell’art. 41(Gestione delle aziende sequestrate) comma 6 d.lgs. n. 159 del 2011 (come modificato dall’art. 14, comma 2, lett. e) l. 17 ottobre 2017, n. 161) il quale prevede che: “Nel caso di sequestro di partecipazioni societarie, l’amministratore giudiziario esercita i poteri che spettano al socio nei limiti della quota sequestrata; provvede, ove necessario e previa autorizzazione del giudice delegato, a convocare l’assemblea per la sostituzione degli amministratori, ad impugnare le delibere societarie di trasferimento della sede sociale e di trasformazione, fusione, incorporazione o estinzione della società, nonché ad approvare ogni altra modifica dello statuto utile al perseguimento degli scopi dell’impresa in stato di sequestro”.
La disposizione stabilisce che l’amministratore giudiziario nominato dal giudice si sostituisce al socio nell’esercizio dei poteri a questo spettanti (quindi necessariamente nei limiti della sua quota), riconoscendogli però il potere di convocare l’assemblea con la finalità di sostituire gli amministratori qualora lo ritenga necessario – evidentemente quando non abbia fiducia in loro per la successiva gestione della società – e ottenuta autorizzazione del giudice delegato.
2.2.3. Possono in definitiva verificarsi due situazioni: che la società continui ad essere gestita dagli amministratori già in carica al momento del sequestro ovvero, che in sostituzione di essi, l’assemblea (convocata dall’amministratore giudiziario) nomini nuovi amministratori.
La giurisprudenza ne ha dato la seguente spiegazione: “Il sequestro – come la dichiarazione di fallimento – non determina, però, la modificazione del contratto di società o la sostituzione degli organi della persona giuridica, la quale rimane in vita e viene semplicemente privata del potere di gestire la sua azienda; il custode delle quote o dell’azienda non è il legale rappresentante della società interessata al sequestro, né è il suo nuovo amministratore, così come non lo è il curatore fallimentare rispetto alla società dichiarata fallita” (in questi termini Cass. pen., sez. V, 12 maggio 2020, n. 14689).
Si può aggiungere che se unica è la funzione del sequestro preventivo – quella di sottrarre al suo destinatario la libera disponibilità del bene per evitare che possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati (art. 321 c.p.p.) – diverse solo le modalità materiali e giuridiche con cui è realizzata.
Nel caso di sequestro di partecipazioni sociali lo spossessamento comporta la privazione dei diritti sociali incorporati nella partecipazione sociale sequestrata (e non l’apprensione fisica del bene), i quali sono esercitati appunto dall’amministratore giudiziario, senza che in prima battuta sia incisa la governance della società.
L’amministratore giudiziario è sì custode dei beni sequestrati, come detto dal giudice di primo grado, ma i beni sequestrati sono le partecipazioni sociali delle quali egli deve occuparsi con finalità di conservazione e incremento del valore ove possibile, mediante l’esercizio dei poteri spettanti al socio.
Da qui anche il potere di convocazione dell’assemblea e sostituire, suo tramite, gli amministratori, su autorizzazione del giudice, in quanto non strettamente e direttamente connesso ai diritti amministrativi del socio.
2.2.4. I poteri gestori e di rappresentanza degli amministratori – quelli che già erano tali prima del sequestro e non sono stati sostituiti ovvero i nuovi amministratori nominati per iniziativa dell’amministratore giudiziario – sono stabiliti dalle disposizioni del codice civile.
E’ principio generale che, in mancanza di previsione espressa, stante il carattere eccezionale di ogni limite imposto alla capacità negoziale, non è consentito all’interprete integrare in senso restrittivo il dettato normativo (per il noto brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit).
L’art. 41, comma 1 – ter ultimo periodo stabilisce che: “Qualora il sequestro abbia ad oggetto partecipazioni societarie che assicurino le maggioranze previste dall’articolo 2359 del codice civile, il tribunale impartisce le direttive sull’eventuale revoca dell’amministratore della società, che può essere nominato, nelle forme previste dal comma 6, nella persona dell’amministratore giudiziario; qualora non sia prevista l’assunzione della qualità di amministratore della società, il tribunale determina le modalità di controllo e di esercizio dei poteri da parte dell’amministratore giudiziario”.
La disposizione, inserita all’interno dell’art. 41 in un secondo momento (precisamente dall’art. 14, comma 2, l. n. 161 del 2017) risolve due problemi frequentemente emersi nella prassi: è consentito all’amministratore giudiziario assumere la nomina di amministratore della società, e, per il caso in cui ciò non avvenga, è rimesso al tribunale definire i poteri dell’amministratore giudiziario.
Quest’ultima previsione, in particolare, che ha come presupposto che l’amministratore giudiziario nominato non assuma i poteri dell’organo amministrativo, è diretta proprio a risolvere la questione del possibile conflitto tra i poteri dell’amministratore giudiziario e quelli degli amministratori societari per il caso, come detto frequente nella prassi, che il provvedimento di sequestro abbia ad oggetto, insieme, le partecipazioni societarie e l’azienda: se l’amministratore giudiziario non riveste la qualità di amministratore sociale i suoi poteri sono quelli stabiliti dall’autorità giudiziaria.
Avendo previsto che ad essere espressamente delimitati (dalle indicazioni del tribunale) siano i poteri dell’amministratore giudiziario e non quelli degli amministratori sociali, la disposizione indirettamente riconosce agli amministratori sociali i poteri di gestione, senza limitazioni, nel caso di assenza di specifiche previsioni dettate dall’autorità giudiziaria e il potere di controllo generale sugli esiti della gestione in capo all’amministratore giudiziario (il quale, evidentemente, è tenuto ad una continua interlocuzione con l’autorità giudiziaria sull’operato degli amministratori, come esposto chiaramente da Cass. pen., 13 aprile 2018, n. 27187, ove l’approfondimento in ordine alla rilevanza penale delle conseguenze di comportamenti omissivi dell’amministratore giudiziario).
Venendo alla vicenda in esame, gli atti di gestione della società conclusi dall’amministratore unico avrebbero richiesto la preventiva autorizzazione ovvero la contestuale sottoscrizione dell’amministratore giudiziario solo se ciò fosse stato espressamente stabilito dall’autorità giudiziaria.
2.2.5. La sentenza della Cassazione penale, 31 maggio 2018, n. 24663, richiamata dalla sentenza di primo grado, dà conferma della ricostruzione proposta ove afferma che: “Il delineato sistema (delle misure di prevenzione patrimoniali, n.d.s.) si incentra sulla figura dell’amministrazione giudiziaria, ufficio di diritto pubblico, che si sostanzia in poteri di rappresentanza ed amministrazione ordinaria del bene e che fonda sulla necessaria sostituzione nelle prerogative del proprietario, escluso per effetto della misura ablatoria dall’esercizio delle corrispondenti facoltà. Siffatti poteri incontrano un limite naturale conformato dalla natura del bene sottoposto a vincolo giudiziale, di guisa che - ove l'oggetto del sequestro sia costituito dai beni aziendali e dal capitale sociale di una persona giuridica - l'amministrazione giudiziale si affianca e non si sostituisce all'organo amministrativo, previsto dalla legge o dallo statuto, per preservare la funzionalità della persona giuridica. Di guisa che alla custodia statica riconosciuta all'amministratore giudiziario, in funzione di controllo e garanzia di legalità, viene a giustapporsi la gestione dinamica dell'impresa al fine della sua conservazione nel mercato, che il sistema delle misure di prevenzione patrimoniale garantisce ed in funzione della quale è orientato a potenziarne la redditività”.
Per poi aggiungere che tale sistema si spiega nell’ambito delle disposizioni del codice antimafia, con l’intento di “coniugare la legalità dell’impresa mafiosa, la sua conservazione nel mercato ed il mantenimento dei livelli occupazionali, in una visione macroeconomica di sistema che privilegia l’iniziativa economica e l’utile sociale”.
2.2.6. La previsione del secondo comma, primo periodo, dell’art. 41 per la quale: “L’amministratore giudiziario provvede agli atti di ordinaria amministrazione funzionali all’attività economica dell’azienda” – ampiamente valorizzata dall’appellata per sostenere la tesi della necessaria limitazione dei poteri degli amministratori – ove intesa come attributiva in via diretta di poteri gestori all’amministratore giudiziario, ha, inevitabilmente, una portata residuale considerato che, come detto, il rapporto tra poteri dell’amministratore della società e poteri dell’amministratore giudiziario nel caso di sequestro di partecipazioni societarie è regolato da altre disposizioni del medesimo articolo 41.
D’altra parte, la ricostruzione del dato normativo proposta dalla ricorrente ed avallata dal giudice di primo grado, assumendo l’esercizio di poteri gestori contemporaneamente in capo agli amministratori e al socio, sia pure sostituito nei suoi diritti amministrativi e patrimoniali dall’amministratore giudiziario, comporterebbe uno stravolgimento della disciplina societaria quale fissata dalle disposizioni del codice civile, che sarebbe destinata ad ingenerare confusione nei rapporti con i terzi, cui, invece, va garantita la sicura legittimazione di coloro che rappresentano la società salvo diversa situazione adeguatamente pubblicizzata.
2.3. In conclusione, quale che sia l’esatta interpretazione dell’oggetto del sequestro, ove anche si dovesse ritenere che lo stesso ricomprenda l’azienda nel suo complesso, per le considerazioni precedentemente svolte il contratto di avvalimento concluso con la Edilmorfù s.a.s. con conseguente assunzione del ruolo di ausiliaria di questa nell’esecuzione del contratto di appalto per il quale la società concorreva, era valido ed efficace; la sentenza di primo grado va, pertanto, riformata e il ricorso di primo grado proposto da CIMA costruzioni generali s.r.l. integralmente respinto.
3. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 4218/20, respinge il ricorso di primo grado proposto da Cima Costruzioni generali s.r.l..
Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2020.
GUIDA ALLA LETTURA
Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato affronta il tema della validità di un contratto di avvilimento nell’ipotesi in cui l’impresa ausiliaria sia sottoposta a sequestro giudiziario preventivo ai sensi della normativa contenuta nel Codice antimafia.
L’impresa ricorrente in primo grado - qualificatasi seconda in graduatoria - impugnava l’aggiudicazione rilevando la nullità del citato contratto di avvalimento, in quanto sottoscritto dall’amministratore volontario nominato dall’assemblea dei soci e non dall’amministratore giudiziario.
Il Tribunale Amministrativo Regionale accoglieva la domanda, rilevando che il sequestro giudiziario di beni connessi ad attività economiche riguarda tutte le quote di partecipazione e l’intero patrimonio aziendale, che viene affidato alla custodia di un amministratore giudiziario all’uopo incaricato; ciò in conformità alla ratio dell’istituto quale misura di prevenzione finalizzata al “salvataggio” delle imprese contaminate dall’ambiente mafioso. Da ciò non può che derivare la totale indisponibilità fisica e giuridica dei beni aziendali da parte del proprietario e legale rappresentante della società, che non potrà pertanto assumere impegni contrattuali con terzi, in quanto non è più il soggetto legittimato a disporre del patrimonio aziendale.
Il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza resa nel primo grado di giudizio in virtù dell’interpretazione della norma contenuta nell’art. 41 del d.lgs. N. 159/2011, in combinato con le disposizioni codicistiche che regolano la materia societaria e la libertà negoziale.
In linea generale, le disposizioni contenute nel Codice antimafia in materia di sequestro preventivo giudiziario inaugurano un approccio metodologico diverso dalla logica repressiva di matrice penalistica, ponendosi come obiettivo il recupero dell’attività economica, della sua idoneità a creare reddito e occupazione e della funzione sociale connessa all’iniziativa economica, riconducendo la gestione dell’impresa nel circuito della legalità.
Ciò risponde all’esigenza di interrompere il nesso tra potere mafioso, livelli occupazionali e assistenza sociale, con l’effetto di indebolire il consenso sociale che è alla base del controllo sul territorio.
Ne deriva che la custodia e conservazione del bene nella fase del sequestro preventivo, finalizzata alla eventuale restituzione alla società nel caso in cui ne venga disposta la confisca, non può mai avere del tutto un carattere statico, ma deve essere improntata ad una gestione dinamica, razionale, efficace e rispondente ad una logica imprenditoriale. Gli organi preposti alla custodia e al controllo sulla società e l’amministratore giudiziario devono pertanto avere le competenze, anche di tipo imprenditoriale, idonee ad assicurare la duplice funzione della misura di prevenzione.
Per tali ragioni, l’art. 41 del Codice antimafia delinea una disciplina complessa della gestione dell’impresa sottoposta al sequestro preventivo e prevede una doppia facoltà in capo all’amministratore giudiziario nominato dal giudice, che può assumere in proprio la gestione della società - provvedendo, ai sensi del comma 2 dell’art. 41, al compimento degli atti di ordinaria amministrazione - oppure, nell’ipotesi di sequestro delle partecipazioni societarie, può scegliere di convocare l’assemblea dei soci per la rimozione degli amministratori e la nomina di nuove figure in loro sostituzione, in ossequio a quanto disposto dal comma 6 dell’art. 41.
In tale ultima ipotesi, nel caso in cui l’assemblea nomini un nuovo amministratore volontario, a quest’ultimo saranno attribuiti gli ordinari poteri gestori, e l’amministratore giudiziario disporrà unicamente del generale controllo circa l’osservanza delle norme di legge che regolano la gestione societaria.
In altri termini, nel caso in cui il decreto di sequestro abbia ad oggetto le quote societarie, la disposizione di cui all’art. 41 dispone, da un lato, la sostituzione dell’amministratore giudiziario ai singoli soci che detengono le partecipazioni oggetto di sequestro e, dall’altro, la possibilità del primo di convocare l’assemblea (in qualità di socio) al fine di nominare nuovi amministratori per la gestione di quelle quote.
E ciò in quanto lo spossessamento comporta, in prima battuta ed in conformità con la ratio dell’istituto, la privazione dei diritti sociali incorporati nella partecipazione sequestrata, senza che ciò incida - in assenza della convocazione dell’assemblea per la sostituzione dei suoi membri - sulla governance della società.
In tale contesto, l’intervento dell’amministratore giudiziario (i cui poteri variano a seconda dei beni oggetto di sequestro) risponde, in una prima fase, ad una finalità conservativa, nella qualità di custode dei beni. Viceversa, l’esercizio dei poteri spettanti ai soci - tra cui la convocazione dell’assemblea - che rappresenta una mera eventualità, risponde ad una finalità accrescitiva e migliorativa del valore dei beni sociali.
Il Collegio, nella sentenza in commento, fa chiarezza sulla necessità o meno da parte dell’amministratore nominato dall’assemblea dei soci, di chiedere la preventiva autorizzazione all’amministratore giudiziario per la sottoscrizione del contratto di avvalimento - e, più in generale, di qualsiasi contratto di ordinaria amministrazione della società.
Per giungere ad una interpretazione definitiva, il Collegio pone l’accento sulla portata del sequestro preventivo, la cui estensione dipende, tra l’altro, dal contenuto del decreto di sequestro disposto dal giudice penale.
In particolare, in presenza di formule ampie e non specificamente dettagliate bisognerà ritenere che il sequestro delle partecipazioni sociali - che è il vero oggetto del provvedimento, in quanto la sua funzione è quella di sottrarre al suo destinatario la libera disponibilità dei beni per evitare che possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati - non possa automaticamente essere esteso di diritto alla totalità dei beni aziendali, che deve viceversa essere espressamente disposta dal magistrato.
Ancora, la norma di cui all’art. 41, comma 1 ter precisa che, nel caso in cui l’amministratore giudiziario non assuma le funzioni dell’organo amministrativo, sarà il tribunale a definirne i poteri; e ciò al fine di evitare il conflitto tra poteri degli amministratori e quelli dell’amministratore giudiziario.
A parere del Collegio, dunque, il custode delle quote sequestrate o dell’azienda non ne diventa di diritto il legale rappresentante nè il suo nuovo amministratore; ciò si evince dalla stessa disposizione di cui all’art. 41, che delimita espressamente i soli poteri dell’amministratore giudiziario e non anche quelli degli amministratori sociali, riconducendo per l’effetto a questi ultimi pieni poteri di gestione.
Riguardo i poteri di rappresentanza, bisogna poi fare riferimento alle disposizioni codicistiche ordinarie che regolano la capacità negoziale, i cui eventuali limiti - di carattere eccezionale - vanno interpretati in senso restrittivo e non sono passibili di applicazioni analogiche.
Ne discende che la necessità di preventiva autorizzazione al compimento di atti negoziali da parte dell’amministratore giudiziario è configurabile solo ove tale limitazione sia espressamente prevista dal decreto di sequestro; nei restanti casi, invece, l’amministratore volontario ha facoltà di agire iure proprio.
Secondo la giurisprudenza penale, infatti, l’amministrazione giudiziaria, ufficio di diritto pubblico, si sostanzia in poteri di rappresentanza e amministrazione ordinaria in sostituzione delle sole prerogative del proprietario. Siffatti poteri trovano un limite nel natura del bene sottoposto alla misura di prevenzione, di guisa che, ove l’oggetto del sequestro sia costituito dai beni aziendali e dal capitale sociale, l’amministratore giudiziario non può che affiancarsi all’organo amministrativo, cui spetta il compito di preservare la funzionalità della persona giuridica senza sostituirsi ad esso.
In tali casi, l’amministratore giudiziario sarà preposto alla sola custodia statica, con funzioni di controllo e garanzia di legalità, mentre l’organo di amministrazione sarà titolare della gestioni dinamica dell’impresa, al fine di conservare e migliorare la sua posizione sul mercato, preservandone la redditività. Nell’ambito delle disposizioni antimafia, tale meccanismo consente di riportare l’impresa mafiosa nell’ambito della legalità preservando la sua idoneità a creare reddito, utilità sociali e livelli occupazionali.