Cons. Stato, sez. III, 12 ottobre 2020, n. 6043

Fermo il limite massimo tassativo dei caratteri, la scelta di illustrare e spiegare complesse censure tecniche con immagini, nel corpo dell’atto, e di “sforare” perciò di poche e non eccessive pagine il limite, puramente indicativo, di 35 pagine non può costituire valida ragione per non esaminare le ultime tre o quattro pagine del ricorso senza considerare, irragionevolmente, che tale esiguo sforamento non dipende da prolissità grafica del difensore, ma dall’esigenza, ragionevole e meritevole di tutela, di offrire una rappresentazione il più possibile chiara, e intellegibile, delle medesime censure tecniche non solo per verba, ma anche per imagines et signa in un contenzioso, come quello degli appalti, contraddistinto da un’elevata complessità tecnica e in un processo, come il presente, che richiede peculiari competenze specialistiche.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2228 del 2020, proposto da Instrumentation Laboratory s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Piero Fidanza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

Azienda U.S.L. di Bologna, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Arianna Cecutta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, via Castiglione, n. 29;

nei confronti

A. De Mori s.p.a. con socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Giuliano Sgobbi, dall’Avvocato Giovanni Corbyons, e dall’Avvocato Federico Bulfoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, n. 44;
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, non costituita in giudizio;
Istituto Ortopedico Rizzoli, non costituito in giudizio;
Azienda Unità Sanitaria Locale di Imola, non costituita in giudizio;
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, non costituita in giudizio;
Azienda Unità Sanitaria Locale di Ferrara, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza n. 161 del 17 febbraio 2020 del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso promosso dall’odierna appellante, Instrumentation Laboratory s.p.a., per ottenere l’annullamento della determinazione del n. 2687 del 18 ottobre 2019, del Direttore Generale dell’Azienda U.S.L. di Bologna, avente ad oggetto “esito “gara europea a procedura aperta per l’appalto di “fornitura in service di sistemi analitici per la realizzazione della rete di strumenti poct dei laboratori di patologia clinica per tutte le aziende dell’Area Vasta Emilia Centrale”, con relativa comunicazione del 22 ottobre 2019, anch’essa impugnata, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente, ivi compresa la lex specialis tutta (bando, capitolato, disciplinare, relativi allegati), in relazione al lotto n. 2 (sistemi analitici per emogasanalisi) – CIG 7654563935.

 

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda U.S.L. di Bologna e della controinteressata A. De Mori s.p.a. con socio unico;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° ottobre 2020 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierna appellante, Instrumentation Laboratory s.p.a., l’Avvocato Piero Fidanza, per l’Azienda U.S.L. di Bologna l’Avvocato Stefano Gattamelata su delega dichiarata dell’Avvocato Arianna Cecutta e per la controinteressata A. De Mori s.p.a. con socio unico l’Avvocato Giuliano Sgobbi;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con la determina n. 3028 del 17 ottobre 2018, l’Azienda U.S.L. di Bologna (di qui in avanti, per brevità, l’Azienda) ha indetto la procedura aperta per la fornitura in service di sistemi analitici per la realizzazione della rete di strumenti POCT dei Laboratori di Patologia Clinica per tutti gli enti sanitari dell’Area Vasta Emilia Centrale (AVEC), divisa in due lotti, per un periodo di 5 anni, eventualmente rinnovabile di ulteriori 4 anni.

1.1. Con la stessa determina sono stati approvati il disciplinare di gara, il capitolato speciale e i relativi allegati.

1.2. Il lotto n. 2, oggetto della presente controversia, concerne la “fornitura di sistemi analitici per emogasanalisi” per un importo massimo quinquennale a base di gara di € 5.000.000,00.

1.3. L’appalto doveva essere aggiudicato mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’attribuzione di 70 punti per la parte tecnica e con l’attribuzione di 30 punti per quella economica.

1.4. Le caratteristiche tecniche dei prodotti del lotto n. 2, a cui attribuire 70 punti qualitativi, dovevano essere valutate secondo 22 parametri, per ciascuno dei quali era indicato il punteggio massimo attribuibile.

1.5. Per ogni parametro la Commissione, nel suo complesso, avrebbe dovuto esprimere un giudizio di merito, scelto tra 6 giudizi predeterminati, ciascuno rispondente ad un determinato peso, da trasformare matematicamente nel relativo punteggio.

1.6. Entro il termine di scadenza, hanno formulato l’offerta per il lotto n. 2 il fornitore uscente Instrumentation Laboratory s.p.a. (di qui in avanti, per brevità, Instrumentation), oltre alle imprese A. De Mori s.p.a. (di qui in avanti De Mori), Siemens e Roche.

1.7. All’esito delle operazioni di gara, l’offerta economicamente più vantaggiosa sul lotto n. 2 è risultata quella presentata da De Mori, che ha ottenuto un punteggio complessivo pari a 95,13/100 (di cui 70,70 per la qualità dell’offerta e 25,13 punti per il prezzo), mentre 1.8. Instrumentation si è collocata al secondo posto con un punteggio di 94,22/100 (di cui 64,22/70 per la qualità e 30/30 per il prezzo).

1.9. Con la nota del 22 ottobre 2019 è stata comunicata la determina di aggiudicazione n. 2687 del 18 ottobre 2019, unitamente ai verbali delle sedute.

2. L’odierna appellante, Instrumentation, ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale l’aggiudicazione, unitamente ai connessi atti di gara, e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo, in via principale, che l’offerta di De Mori sarebbe dovuta essere esclusa per la non conformità ad un requisito tecnico minimo e, in via subordinata, che la Commissione non avrebbe correttamente valutato l’offerta per taluni parametri, penalizzando Instrumentation che avrebbe, invece, meritato di giungere prima in graduatoria e, in via ulteriormente subordinata, che la stazione appaltante avrebbe inserito un criterio di valutazione illegittimo.

2.1. Si sono costituiti in primo grado l’Azienda appellata e De Mori, controinteressata, per resistere al ricorso, di cui hanno chiesto la reiezione.

2.2. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, con la sentenza n. 161 del 17 febbraio 2020, ha respinto il ricorso proposto da De Mori.

3. Avverso tale sentenza ha proposto appello Instrumentation e, nel dedurre tre motivi che di seguito saranno esaminati, ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con il conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure e il subentro nell’esecuzione della commessa, oggetto di causa.

3.1. Si sono costituite l’Azienda appellata e la controinteressata De Mori per chiedere la reiezione dell’appello, di cui hanno eccepito l’infondatezza.

3.2. Nella camera di consiglio del 14 maggio 2020 il Collegio, su richiesta concorde delle parti che hanno rinunciato alla discussione della domanda cautelare proposta dall’appellante, ha rinviato la causa per il sollecito esame del merito ad apposita udienza pubblica.

3.3. Infine, nell’udienza pubblica del 1° ottobre 2020, il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

4. L’appello è infondato.

5. Con un primo motivo (pp. 4-13 del ricorso), anzitutto, l’odierna appellante Instrumentation ribadisce che l’offerta di De Mori non sarebbe conforme ai requisiti tecnici minimi imposti dalla lex specialis e sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara perché la parte fluidica non è contenuta in una o più cartucce, così come richiesto a pena di esclusione e chiaramente definito nell’Allegato A, ma farebbe parte integrante dell’analizzatore, in palese contravvenzione di quanto richiesto al punto A.1-3 e, dunque, senza soddisfare un requisito indispensabile.

5.1. A differenza del dispositivo offerto da De Mori, tutte le altre imprese concorrenti possiederebbero l’intera parte fluidica all’interno di una o più cartucce e la stessa sarebbe integralmente sostituibile con il cambio periodico delle cartucce stesse.

5.2. La ratio del requisito sarebbe evidente, deduce ancora l’appellante (p. 6 del ricorso), in quanto garantirebbe la possibilità di ripristinare il pieno funzionamento dell’analizzatore anche per l’operatore di reparto e consentirebbe a questi di sostituire semplicemente una delle cartucce dell’analizzatore senza dover attendere l’intervento da parte dell’assistenza tecnica dell’impresa, che comporterebbe inevitabilmente un fermo macchina, non compatibile con la necessità di un esame salvavita come quello dell’emogasanalisi.

5.3. Secondo il primo giudice, che ha respinto la censura qui riproposta da Instrumentation, l’espressione “parte fluidica” significherebbe, e implicherebbe, solo che le cartucce incorporino senz’altro una parte fluidica, senza imporre che l’intera parte fluidica sia contenuta nelle cassette o cartucce.

5.4. Ad avviso dell’appellante, però, il fatto che la lex specialis non avesse esplicitato che tutta la parte fluidica dovesse essere contenuta in uno o più blocchi sarebbe una argomentazione del tutto errata, perché nel sistema offerto da De Mori un’abbondante sezione della parte fluidica non è contenuta in una cartuccia, così come richiesto a pena di esclusione, ma fa parte integrante dell’analizzatore, in spregio di quanto richiesto dalla stessa lex specialis.

5.5. Bene ha rilevato il primo giudice, infatti, che la legge di gara, sin dalla descrizione del prodotto richiesto, comprendere tecnologie a cartuccia anche molto diverse tra loro, negli elementi di dettaglio, stante il numero indeterminato di cartucce che possono essere presenti a bordo (“uno o più blocchi”), ed offre una rappresentazione delle cartucce a carattere meramente esemplificativo (“parte fluidica, reattivi, sensori, etc.”), senza imporre in alcun modo che le cartucce contengano la fluidica nella sua interezza né tantomeno esigere, a pena di esclusione, che tutti gli elementi necessari all’esecuzione dei test, nessuno escluso, debbano essere collocati all’interno delle cartucce.

5.6. La lettura radicale del requisito propugnata dall’appellante non trova conforto né nella dizione letterale della lex specialis né nelle caratteristiche prestazionali perseguite dalla stazione appaltante che, come pure ha ben osservato il primo giudice sulla scorta dell’art. 5 del capitolato, ha solo assicurarsi, quale standard minimo, una fornitura di strumenti facili da usare anche da parte di operatori non specializzati.

5.7. L’operatore ospedaliero, insomma, non deve diventare un esperto manovratore della macchina, come accadeva nella tecnologia tradizionale, ma limitarsi a sostituire le cartucce e la carta stampante e a tale essenziale finalità, di semplice e immediata comprensione, rispondeva la specifica tecnica minima di gara.

5.8. Né si dica, in senso contrario, che il prodotto offerto da De Mori sarebbe meno adatto all’utilizzo da parte di personale non tecnico, come pretenderebbe a torto l’appellante, perché la sostituzione di una fluidica parzialmente esterna alla cartuccia non comporta necessariamente tempi di fermo macchina superiori al tempo minimo – un’ora circa – per portare a termine l’operazione sostitutiva della cartuccia.

5.9. In questa prospettiva non è dunque inspiegabile, come invece sostiene l’appellante, ma logico e congruente con quanto si è sin qui rilevato, a livello di una interpretazione sistematica e funzionale, il riferimento del primo giudice al servizio di manutenzione, che deve invece essere letto, e compreso, nel senso, ragionevole e condivisibile, che l’operatore ospedaliero mai è chiamato a mettere le mani all’interno dello strumento per compiere interventi eccedenti la mera sostituzione delle cartucce o altre operazioni, altrettanto semplici, giacché in tale caso interviene il servizio di assistenza.

5.10. Infine deve essere anche confutato l’argomento dell’appellante, dotato di una certa suggestività, secondo cui De Mori, nel corso di un tavolo tecnico indetto dall’Azienda Zero del Veneto per instaurare con gli operatori del settore un dialogo conoscitivo analogo quello di AVEC, avrebbe richiesto una modifica della legge di gara, a fronte di una specifica identica a quella qui controversa, per evitare di essere esclusa dalla competizione, proprio per evitare l’inesorabile esclusione dalla gara che, qui, invece il primo giudice avrebbe erroneamente negato.

5.11. Invero, come ha ben rappresentato De Mori nella sua memoria (p. 15 depositata il 14 settembre 2020), il dialogo tecnico indetto dall’Azienda risale al gennaio/febbraio 2020 ed è posteriore alla notifica del ricorso di Instrumentation, nel presente giudizio, e la richiesta di rettifica è verosimilmente nata proprio dalle questioni poste dal ricorso qui, «al fine di evitare ogni ambiguità e/o libera interpretazione».

5.12. Il motivo, quindi, deve essere respinto.

6. Con un secondo, articolato, motivo (pp. 13-25 del ricorso), Instrumentation contesta la valutazione della Commissione sulle offerte tecniche, in relazione a cinque specifici criterî di cui ora si dirà, e deduce che questa valutazione l’avrebbe penalizzata e le avrebbe sottratto quel minimo gap di punteggio utile ad ottenere l’aggiudicazione (0,91 punti, in particolare).

6.1. Anche in relazione a tale censura, osserva l’appellante, il primo giudice avrebbe errato nel respingere le censure, che avrebbero rivelato evidenze chiare nell’erronea valutazione della Commissione, evincibili addirittura, a suo dire, ictu oculi.

7. Quanto al criterio “W2.1 Modalità di campionamento: tecnologia di aspirazione, sicurezza per l’operatore, unico campionamento per tutti i profili”, l’appellante osserva che i due prodotti presenterebbero entrambi un tubo di metallo che fuoriesce dall’analizzatore e nel quale va inserita la siringa (c.d. sonda esposta), ma tale elemento sarebbe stato valutato negativamente solo per Instrumentation, così come sarebbe stato valutato negativamente solo a carico di Instrumentation il fatto che per entrambe le tecnologie vi sia la necessità di sorreggere il campione durante la fase di aspirazione, mentre la Commissione non avrebbe considerato che il sistema di De Mori è deteriore sotto il profilo della sicurezza per l’operatore e rischio biologico, in quanto manca un sistema di lavaggio completo ed è necessario l’azionamento manuale della sonda da parte dell’operatore.

7.1. Il primo giudice, a dire dell’appellante, avrebbe confermato il giudizio della Commissione sulla base di una inammissibile motivazione postuma, fornita peraltro da De Mori nella sua memoria difensiva, poiché il giudizio della Commissione aveva evidenziato, quali elementi deteriori, solo la «sonda esposta» e la «necessità di sorreggere il dispositivo» e non già gli elementi che invece il Tribunale avrebbe posto a fondamento della statuizione reiettiva.

7.2. Il motivo va respinto.

7.3. Il giudizio della Commissione è scevro da censura perché emerge chiaramente dalle fotografie dei due sistemi che l’ago di aspirazione del Gran Premier 4000, offerto da Instrumentation, è del tutto esposto, perché non ha alcuna barriera protettiva, a differenza dell’ABL90, offerto da De Mori, che ha guarnizione e relativo supporto, ed è poco visibile, perché collocato in basso, in posizione prossima al piano di appoggio dello strumento e, sebbene non sporga dalla sagoma dell’apparecchio, esce comunque tutto in diagonale ed aumenta il rischio di punture accidentali, graffi ed abrasioni e conseguenti infezioni.

7.4. Nell’evidenziare l’esposizione della sonda, nei termini appena chiariti, il primo giudice non ha apportato alcuna motivazione postuma alla pur sintetica valutazione sul punto effettuata dalla Commissione.

7.5. Quanto al fatto che anche il dispositivo di raccolta offerto da De Mori debba essere sorretto durante l’aspirazione, la Commissione ha rilevato che tale necessità non penalizzi la qualità di questo, rispetto al dispositivo di Instrumentation, perché tale operazione non presenta rischi per la sicurezza dell’operazione, essendo la sonda interamente protetta, e richiede pochi secondi, sicché i due rilievi - la «sonda esposta» e la «necessità di sorreggere il dispositivo» - vanno letti, necessariamente e ragionevolmente, in endiadi alla luce di quanto si è rilevato ed emerge chiaramente dalla pur sintetica motivazione della Commissione.

7.6. L’appellante, poi, sostiene che usando l’ABL90 Flex vi sarebbe il rischio che l’operatore di dimentichi di richiudere la leva che comanda l’ingresso del campione al termine dell’esame, ma tralascia di considerare che esso ABL90 Flex utilizza un sistema di campionamento esclusivo, in quanto avviene con l’utilizzo di una sola mano, senza dovere premere alcun tasto per avviare l’aspirazione automatica o per selezionare il volume di campione, e che una nota vocale (“bip”) che si avvia in automatico, qualora non fossa riposizionata la sonda di ingresso al suo posto.

8. Quanto al criterio “W2.4 Modalità di prevenzione e di rimozione dei coaguli” (pp. 16-18 del ricorso), l’appellante deduce che De Mori avrebbe meritato un punteggio deteriore, in quanto il sistema offerto è caratterizzato dalla presenza di parte della fluidica – ossia dei tubetti atti a trasportare i campioni di sangue e le soluzioni nelle diverse parti del sistema – interna all’analizzatore, ciò che comporterebbe conseguenze deteriori per il caso di ostruzione, in quanto è necessario iniettare manualmente aria ed acqua, attraverso una siringa collegata ad un tubetto, per ripulire il percorso fluidico da parte di un operatore, e tale operazione manuale risulterebbe sicuramente meno agevole, meno sicura e meno rapida, con conseguente impatto negativo sulla continuità operativa del reparto, rispetto ad una semplice sostituzione di cartuccia.

8.1. Il sistema offerto da Instrumentation non avrebbe, invece, parti della fluidica esterna alla cartuccia, ma il primo giudice avrebbe confermato il giudizio della Commissione anche in questo caso, a suo dire, con un’integrazione postuma della motivazione, secondo cui costituirebbe un considerevole – e considerato – valore aggiunto dell’ABL 90 Flex il fatto che, per eseguire l’analisi, il campione di sangue necessario sia assai ridotto e pari a 65 µL, con conseguente riduzione, in chiave probabilistica, di più frequente formazione di coaguli.

8.2. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, a dire dell’appellante, si sarebbe così sostituito al giudizio della Commissione e avrebbe introdotto una motivazione postuma, peraltro fondata su valutazioni del tutto opinabili, perché non esiste alcuna relazione tra il volume di sangue aspirato e l’interferenza dei coaguli.

8.3. Il motivo è destituito di fondamento.

8.4. Per entrambi i concorrenti la Commissione ha giudicato «ottima la modalità automatica di riduzione dei coaguli», attribuendo a ciascuno il punteggio massimo, in quanto anche il dispositivo offerto da De Mori rimuove automaticamente i coaguli senza dover richiedere alcun intervento da parte dell’operatore.

8.5. La Commissione ha ritenuto equivalenti le due offerte, sotto tale profilo, perché esse in effetti non presentano differenze tali da giustificare un differente punteggio, come pretenderebbe l’appellante.

8.6. Anche senza volere qui considerare la questione, analizzata dal primo giudice, relativa alla maggiore probabilità di formazione dei coaguli nello strumento offerto da Instrumentation, si deve infatti osservare che, nel caso in cui la procedura di rimozione automatica non sia sufficiente a rimuovere il coagulo, si verificano le seguenti ipotesi:

a) lo strumento offerto da Instrumentation viene ripristinato mediante la sostituzione della cartuccia, poiché quest’ultima contiene i tubi della fluidica;

b) lo strumento offerto da De Mori risolve con la sostituzione delle cartucce, qualora l’ostruzione si sia verificata nella parte fluidica contenuta la loro interno, mentre, nel caso in cui il coagulo si localizzi nella parte fluidica esterna alle cartucce, De Mori dispone di un sistema di lavaggio dell’analizzatore.

8.7. È a quest’ultima ipotesi a cui si riferisce l’appellante, laddove afferma che De Mori avrebbe meritato un punteggio inferiore, in ragione del fatto che la sostituzione della cartuccia sullo strumento di Instrumentation costituirebbe un’operazione più semplice rispetto alla procedura di lavaggio del dispositivo avversario.

8.8. E tuttavia, come ha osservato l’Azienda nella sua memoria difensiva (pp. 19-20), l’operazione non è affatto più semplice, come asserisce l’appellante, perché comporta un fermo macchina che può addirittura superare le 8 ore, laddove le fiale CVP, da eseguire ad ogni cambio della cartuccia, necessitino di essere stabilizzate a temperatura ambiente dopo essere state conservate in frigorifero.

8.9. L’esecuzione delle fiale CVP è un’operazione manuale che, pertanto, richiede la presenza dell’operatore, mentre nello strumento offerto da De Mori, qualora l’ostruzione si verifichi nella cartuccia denominata Solution Pack, che include la maggior parte della fluidica, la sua sostituzione non necessita di preliminari opposizioni manuali ed è anche oltremodo rapida, perché richiede un tempo di circa 10 minuti.

8.10. Occorre, poi, rammentare che l’esecuzione delle fiale CVP sullo strumento dell’appellante costituisce un’operazione che non solo incide, in termini di tempo, sul cambio della cartuccia, ma comporta anche un aumento del rischio biologico per l’operatore, ove si tenga conto che:

a) le fiale devono essere accostate alla sonda (ago) che, come si è detto, nello strumento dell’appellante risulta esposta;

b) la fiala CVP 5, da utilizzare con gli emogasanalizzatori di tipo C, contiene materiale potenzialmente infetto.

8.11. Ciò, anche a prescindere – come detto – dalla quantità di sangue richiesta per eseguire l’analisi e sulla maggiore probabilità di coaguli nello strumento dell’appellante, su cui si è soffermato il primo giudice, giustifica dunque l’equivalenza di punteggio assegnato dalla Commissione, senza che sulla ragionevolezza di tale giudizio possa incidere il punteggio “buono” assegnato ad altra concorrente, Siemens, e giustificato dal fatto che, in caso di coagulo persistente, necessita di operazione manuale di sostituzione del beccuccio di ingresso che intrappola il coagulo, che comporta un rischio per la sicurezza.

8.12. Ne segue che, per tali assorbenti ragioni, il motivo debba comunque essere respinto.

9. Quanto al criterio “W 2.5 Modalità di identificazione delle cartucce e dei reagenti al momento del carico a bordo” (pp. 19-21 del ricorso), ancora, l’appellante contesta che la Commissione abbia penalizzato la sua offerta illegittimamente, in applicazione, cioè, di due parametri nuovi, la mancata intercambiabilità della cartuccia su analizzatori diversi e l’inutilizzo della cartuccia dopo 20 minuti di disalimentazione elettrica, due caratteristiche, a suo dire, del tutto teoriche e di difficile applicazione nella pratica, che non atterrebbero minimamente al criterio di valutazione, che si riferiva esclusivamente alle modalità – al “come”, in altri termini, e non “in che circostanza” – di identificazione della cartuccia al momento del carico a bordo.

9.1. Il primo giudice avrebbe così errato nel ritenere queste due caratteristiche afferenti al criterio qui in esame, senza analizzare la censura proposta dall’odierna appellante.

9.2. La censura è anch’essa priva di fondamento.

9.3. Entrambi gli aspetti, infatti, attengono “W 2.5 Modalità di identificazione delle cartucce e dei reagenti al momento del carico a bordo”, oggetto della censura.

9.4. Quanto al primo, anzitutto, la Commissione ha valutato che, in caso di riutilizzo della cartuccia, nel sistema offerto da De Mori la modalità di identificazione della cartuccia è migliore perché, diversamente dal dispositivo offerto da Instrumentation, la cartuccia viene identificata anche dalla nuova macchina.

9.5. Infatti, al pari di quanto si verifica durante il primo utilizzo, anche in caso di spostamento della cartuccia su altro elemento questa viene nuovamente sottoposta ad un test di controllo qualità.

9.6. Quanto al secondo, ancora, si deve osservare che la cartuccia di Instrumentation può essere identificata una sola volta sicché, se lo strumento che l’ha identificata rimane spento per più di venti minuti, non è più in grado di identificarla.

9.7. Ciò pienamente giustifica, dunque, la valutazione di “ottimo” assegnata allo strumento di De Mori e quella, invece, di “discreto” attribuita allo strumento di Instrumentation, con la conseguente reiezione della specifica censura qui disaminata.

10. Quanto al criterio “W 2.6 Ulteriori parametri dosati inclusi nella fornitura con particolare riferimento alla creatinina” (pp. 21-23 del ricorso), ancora, l’appellante lamenta che, sebbene essa abbia offerto un ulteriore parametro (Ematrocrito/Hct) dosato direttamente ed incluso in tutti i profili offerti dall’analizzatore rispetto a quanto offerto da De Mori, la Commissione non ne avrebbe tenuto conto.

10.1. Il primo giudice ha disatteso questa censura perché ha ritenuto che l’Hct non sia un parametro ulteriore, in quanto già incluso nel pacchetto base richiesto dalla stazione appaltante, mentre l’emoglobina fetale (HbF) offerta da De Mori è un parametro effettivamente ulteriore e, pertanto, sarebbe stata positivamente valutato dalla Commissione.

10.2. L’appellante tuttavia oppone che, se il parametro Hct misurato fosse un parametro richiesto nel profilo analitico di base, De Mori non avrebbe addirittura potuto partecipare alla gara, in quanto il sistema ABL90 Flex non è in grado di misurarlo, ma lo calcola derivandolo dalla misura dell’emoglobina e quindi, se De Mori ha potuto partecipare alla gara offrendo unicamente l’emoglobina misurata, allora la Commissione avrebbe dovuto considerare il parametro Hct misurato ed offerto da Instrumentation effettivamente un parametro in più rispetto al profilo analitico di base.

10.3. Delle due, dunque, l’una:

- o De Mori sarebbe dovuta essere esclusa, seguendo l’interpretazione del primo giudice;

- oppure avrebbe dovuto conseguire un punteggio identico a quello di IL.

10.4. La censura va anch’essa respinta.

10.5. Il profilo analitico base indicato nell’Allegato C prevedeva una serie di parametri misurati direttamente, tra i quali figurano l’emoglobina (Hb) e/o l’ematocrito (Hct), mentre l’emoglobina fetale (HbF) offerta da De Mori, come ha rilevato a ragione la sentenza impugnata, è effettivamente un parametro che non compare nel pacchetto base e, pertanto, esso è stato correttamente valutato come parametro aggiuntivo.

10.6. Non è condivisibile la censura di Instrumentation laddove sostiene che, seguendo la tesi del primo giudice, De Mori sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara perché emoglobina ed ematocrito sono parametri correlati fra loro nel senso che, misurato uno dei due, l’altro può essere dedotto attraverso un semplice calcolo matematico.

10.7. Come ammette la stessa appellante, De Mori ha offerto il parametro Hb misurato direttamente, mentre il parametro Hct è solo calcolato, e perciò stesso non sarebbe mai potuta essere esclusa, poiché la locuzione “Hb e/o Hct” è chiara nello stabilire che potevano essere alternativamente offerti o entrambi i parametri misurati direttamente oppure solo uno dei due parametri misurato direttamente (“e/o”), con conseguente possibilità di calcolo del parametro restante.

10.8. La censura, quindi, è priva di fondamento perché la Commissione ha attribuito correttamente il giudizio di “discreto” allo strumento di De Mori «in quanto disponibile l’emoglobina fetale come ulteriore parametro» e quello di “adeguato” allo strumento di Instrumentation «in quanto la fornitura non include ulteriori parametri dosati».

11. Quanto al criterio “W 2.9 Formato delle cartucce offerte in relazione ai carichi di lavoro” (pp. 23-25 del ricorso), infine, l’appellante contesta che la sua offerta sarebbe stata ingiustamente penalizzata dalla Commissione, rispetto a quella dell’aggiudicataria, per avere essa scelto di fornire solo due formati di cartucce (da 450 test e da 600 test), quando anche De Mori disporrebbe di 5 tagli di cartuccia suddivisi per numero di test come la stessa Instrumentation.

11.1. L’appellante sostiene poi che il criterio di valutazione non consentiva di formulare un’offerta consapevole, come sarebbe stato confermato dalle numerose richieste pervenute sia in relazione al criterio sia in relazione al punto del questionario tecnico al quale la Commissione avrebbe dovuto fare verosimilmente riferimento per la valutazione del criterio stesso.

11.2. Il primo giudice ha respinto la censura perché ha osservato che la Commissione ha correttamente premiato l’offerta di De Mori in quanto più articolata, in termini di pezzatura delle cartucce, e quindi più adattabile ai carichi di lavoro estremamente differenti tra le varie sedi.

11.3. L’appellante contesta tale statuizione sul presupposto che il primo giudice si sarebbe soffermato unicamente sul mero numero di cartucce offerte dalle due imprese concorrenti, ma l’adattabilità delle cartucce offerte doveva essere inquadrata nella più ampia cornice del capitolato, che faceva della semplicità d’uso delle tecnologie uno dei principali obiettivi.

11.4. Il motivo è destituito di fondamento.

11.5. La stessa appellante ammette, infatti, di avere offerto due soli formati di grandi dimensioni (450 e 600 test), a differenza della controinteressata che, comunque, ne ha offerti cinque, ed il parametro inequivocabilmente stabilisce che il formato delle cartucce doveva essere valutato «in relazione ai carichi di lavoro» e non in relazione ad altri criterî e ciò in relazione alla considerevole variabilità dei carichi di lavoro tra le varie sedi, come attesta l’allegato C “Organizzazione – Attività annua – dispositivi richiesti”.

11.6. Né risponde al vero che il criterio non consentisse di formulare un’offerta consapevole, non essendo chiaro cosa dovesse intendersi per «formato delle cartucce offerte», perché non potevano esserci dubbi sul significato di tale espressione e l’amministrazione stessa ha reso un chiarimento, sul punto, confermando che il formato delle cartucce dovesse essere inteso come “n.ro test e durata a bordo”.

11.7. La censura, quindi, deve essere respinta, con la conseguente reiezione del secondo motivo di appello, nel suo complesso.

12. Con il terzo e ultimo motivo di appello (pp. 25-32 del ricorso), infine, Instrumentation deduce l’erroneità della sentenza impugnata per avere accolto l’eccezione in ordine allo sforamento dei limiti dimensionali del ricorso proposto in prime cure per avere superato esso il limite massimo di 35 pagine fissato dal decreto n. 167 del 22 dicembre 2016 del Presidente del Consiglio di Stato che, nell’art. 3, stabilisce che per il rito degli appalti il numero massimo di caratteri consentito ammonta a 70.000, corrispondenti a circa 35 pagine nel formato di cui all’art. 8 dello stesso decreto.

12.1. L’appellante assume che il suo ricorso constava di “soli” 54.148 caratteri – non includendovi i 46.375 spazi che, a mente del citato art. 8 dello stesso decreto, devono essere esclusi dal computo – sicché il limite di 70.000 caratteri, spazi esclusi, sarebbe stato ampiamente rispettato e lo sforamento di 3-4 pagine rispetto al numero di 35 pagine sarebbe dipeso dalla scelta difensiva di inserire alcune immagini nel corpo dell’atto, ad illustrazione di talune censure, anziché rinviare a separati documenti, per evitare che la consultazione in parallelo del ricorso e dei documenti, da parte del giudice, determini una sorta di effetto “ping pong” o, come afferma l’appellante, una sorta di effetto “spettatore della partita di tennis” (p. 28 del ricorso), obbligandolo a consultare ora il ricorso ora le immagini per comprendere il significato tecnico delle censure qui proposte.

12.2. L’interpretazione del primo giudice, che non avrebbe esaminato le ultime tre-quattro pagine del ricorso, violerebbe dunque l’art. 13-ter dell’allegato II al codice del processo amministrativo, essendo il limite di 35 pagine meramente orientativo e non tassativo, con la conseguenza che il giudice avrebbe dovuto esaminare la censura “tagliata”.

12.3. Detta censura, qui riproposta dall’appellante, afferisce al criterio “W 2.20 Sw dotato di marchio CE”, e deduce che la Commissione avrebbe valorizzato l’offerta di De Mori in ragione di una certificazione per una marcatura CE non applicabile al prodotto, in quanto il software offerto da Instrumentation non è classificabile come IVD o DM e, di conseguenza, non rientra nel campo di applicabilità della Direttiva 98/79/CE relativa ai dispositivi medici diagnostici in vitro, con la conseguenza che una marcatura impropria costituirebbe una non conformità rispetto a tale Direttiva.

12.4. In ogni caso sia Instrumentation che De Mori hanno presentato una dichiarazione, sul punto, da ritenersi equivalente e, dunque, avrebbe dovuto avere lo stesso punteggio di De Mori.

12.5. Instrumentation, in via principale, ha quindi chiesto la sottrazione del punteggio assegnato a De Mori o, in via subordinata, la parificazione dei due punteggi.

12.6. Infine, in via ulteriormente subordinata (p. 32 del ricorso), l’appellante ha riproposto il motivo, radicalmente invalidante l’intera gara, relativo all’illegittimità della lex specialis per avere inserito un criterio di valutazione illegittimo, appunto quello inerente al criterio “W 2.20 Sw dotato di marchio CE”, ora esaminato, il quale premierebbe, a suo dire, una caratteristica – la marcatura Ce del SW – che, come dichiarato da tre delle quattro aziende partecipanti, non era applicabile al prodotto così come richiesto.

12.7. Il motivo, nella sua complessa articolazione, non può essere accolto.

12.8. Si può convenire con l’appellante quando afferma che il primo giudice abbia seguito una interpretazione eccessivamente rigoristica e formalistica dell’art. 13-ter, comma 5, delle Norme di attuazione, di cui all’allegato II al c.p.a., nonché dell’art. 3, comma 1, lett. b), del decreto n. 167 del 22 dicembre 2016 del Presidente del Consiglio di Stato circa il superamento del numero di pagine, in quanto lo sforamento dei limiti dimensionali deve essere correlato prevalentemente al numero dei caratteri, il solo che abbia carattere vincolante, anziché al numero delle pagine (che ha natura orientativa), e deve essere comunque sempre valutato, secondo un canone di ragionevolezza che contemperi in modo equilibrato, e non esasperato, l’obbligo di sinteticità con la garanzia della tutela giurisdizionale, alla luce delle esigenze difensive che abbiano indotto la parte a superare il limite massimo delle pagine.

12.9. Infatti, fermo il limite massimo tassativo dei caratteri, la scelta di illustrare e spiegare complesse censure tecniche con immagini, nel corpo dell’atto, e di “sforare” perciò di poche e non eccessive pagine il limite, puramente indicativo, di 35 pagine non può costituire valida ragione per non esaminare le ultime tre o quattro pagine del ricorso senza considerare, irragionevolmente, che tale esiguo sforamento non dipende da prolissità grafica del difensore, ma dall’esigenza, ragionevole e meritevole di tutela, di offrire una rappresentazione il più possibile chiara, e intellegibile, delle medesime censure tecniche non solo per verba, ma anche per imagines et signa in un contenzioso, come quello degli appalti, contraddistinto da un’elevata complessità tecnica e in un processo, come il presente, che richiede peculiari competenze specialistiche.

12.10. Questa strategia difensiva non può ritenersi in sé, e comunque in modo automatico, irrispettosa del principio di sinteticità e dei ridetti limiti dimensionali perché, va qui ricordato, il dovere di sinteticità non è un valore in sé, un fine ultimo, ma è funzionale alla intelligibilità dell’atto, sul presupposto che ciò che è complesso, ridondante, superfluo nuoce alla comprensione delle censure e, di fatto, rende il processo amministrativo meno efficace nella tutela degli interessi legittimi o, in talune ipotesi, dei diritti soggettivi.

12.11. Ritiene quindi il Collegio di dovere esaminare anche i motivi, non esaminati dal primo giudice, per non avere l’odierna appellante violato l’obbligo di sinteticità così declinato, per le ragioni e nei limiti di cui si è detto.

12.12. Venendo quindi al merito, la Commissione, dopo avere esaminato le dichiarazioni rese dalle imprese partecipanti, ha attribuito a De Mori un giudizio di “ottimo” in quanto «la ditta dichiara che il sistema risponde ai requisiti previsti dalla direttiva IVD”, mentre ha giudicato adeguato soltanto il software dell’appellante, privo di marcatura IVD, «in quanto la ditta dichiara che la certificazione non è necessaria per le funzioni svolte dal sistema».

12.13. Invero, mentre De Mori ha offerto un sistema marcato IVD ai sensi della Direttiva 98/79/CE, dichiarando che il prodotto risponde ai requisiti previsti dalla Direttiva stessa, per Instrumentation la Commissione ha espresso il proprio giudizio tenendo conto del fatto che, dal punto di vista del fabbricante, tali sistemi informativi non rientrano nell’ambito di applicazione delle Direttive DM/IVD.

12.14. L’appellante sostiene che tale valutazione sia erronea in quanto, a suo dire, il software di De Mori possiederebbe una “marcatura impropria”, ma desume tale erroneità sulla scorta delle line guida MEDDEV 2.1/6, relative alla classificazione dei software medicali stand alone, che sono prive di efficacia vincolante, come espressamente è dichiarato nel loro frontespizio («they are legally not binding»).

12.15. I software gestionali di laboratorio possono rientrare nella definizione di dispositivi diagnostici in vitro (IVD) o di accessori di un IVD, qualora soddisfino le definizioni di IVD o di accessorio di IVD, secondo la Direttiva 98/79/CE.

12.16. Ciò significa che, qualora il fabbricante decida di dotare il proprio software di funzionalità che rientrano nella Direttiva appena citata, può classificarlo come dispositivo diagnostico in vitro.

12.17. In altre parole, ai fini della classificazione di un dispositivo, è rilevante la finalità d’uso prevista dal fabbricante anziché la mera definizione di dispositivo.

12.18. Non è pertanto censurabile la scelta, adottata dalla stazione appaltante, di riservare un punteggio qualitativo ai software dotati di marchio CE né può ritenersi illegittimo il criterio “W 2.20 Sw dotato di marchio CE” per la dedotta, ma inesistente, violazione dell’art. 95 del d. lgs. n. 50 del 2016, proposta in via ulteriormente subordinata dall’appellante al fine di ottenere l’invalidazione dell’intera gara.

12.19. Anche il terzo e ultimo motivo di appello, quindi, deve essere respinto.

13. In conclusione, anche per tutte le assorbenti ragioni, anche integrative, sin qui espresse, la sentenza impugnata, che ha respinto il ricorso di Instrumentation, merita complessivamente conferma, con la conseguente reiezione di tutte le domande annullatorie, risarcitorie e istruttorie articolate dall’appellante.

14. Le spese del presente grado del giudizio, considerata l’elevata complessità tecnica del presente contenzioso, possono essere interamente compensate tra le parti.

14.1. Rimane definitivamente a carico dell’appellante il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da Instrumentation Laboratory s.p.a., lo respinge e per l’effetto conferma, anche ai sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Pone definitivamente a carico di Instrumentation Laboratory s.p.a. il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

La compiuta disamina delle questioni portate al vaglio del Consiglio di Stato impone una preliminare riflessione in ordine alla natura e al fondamento normativo dei doveri di chiarezza e sinteticità.

Com’è noto, l’art. 3 c.p.a. impone alle parti di redigere gli atti processuali in maniera chiara e sintetica.

Tale prescrizione è volta a condizionare l’elaborazione degli scritti difensivi e, in particolare, la stesura dei motivi di ricorso in punto di ordine delle questioni, linguaggio impiegato, correlazione logica con l’atto impugnato e con le difese delle controparti, nell’ottica di evitare la commistione contraddittoria fra argomenti, domande, eccezioni e richieste istruttorie (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 20 luglio 2018, n. 4413).

La ratio sottesa alla richiamata disciplina si rinviene nell’esigenza di assicurare che gli operatori della giustizia cooperino per garantire uno sviluppo spedito del giudizio.

È di tutta evidenza come gli scritti prolissi e ridondanti pregiudichino la concreta attuazione del principio di ragionevole durata del processo e, in definitiva, il diritto di difesa costituzionalmente garantito (cfr., tra le numerose, Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2020, n. 1878).

Con decreto n. 167 in data 22 dicembre 2016, come modificato in data 16 ottobre 2017, il Presidente del Consiglio di Stato ha dettato i criteri di redazione e i limiti dimensionali di sinteticità degli atti nel processo amministrativo, adottando un vero e proprio vademecum in materia.

Per ciò che in questa sede più rileva, a mente dell’art. 3, comma 1, lett. b del citato decreto, l’atto introduttivo del giudizio in materia di appalti deve avere una dimensione contenuta entro il numero massimo di 70.000 caratteri, corrispondenti a circa n. 35 pagine da redigersi secondo una specifica formattazione.

Siffatti valori possono essere derogati mediante autorizzazione al superamento, resa di regola in via preventiva al ricorrere di determinate condizioni.

Lo sforamento dei limiti prescritti o autorizzati è idoneo a produrre determinate conseguenze negative.

In primo luogo, l’eccessiva lunghezza degli atti rileva in sede di liquidazione delle spese di lite.

Il rispetto dei valori di sinteticità assurge a criterio regolatore della ripartizione dei costi processuali, unitamente alla regola generale della soccombenza, giusto il disposto dell’art. 26 c.p.a..

In secondo luogo, lo scritto difensivo sovradimensionato condiziona il dovere decisorio dell’autorità giudicante.

L’art. 13-ter, comma 5 delle norme di attuazione di cui all’allegato II al c.p.a. statuisce che il giudice investito dalla controversia debba vagliare tutte le argomentazioni sviluppate nelle pagine consentite, potendo espungere dal sindacato le questioni in esubero.

La citata norma precisa che tale omesso esame non costituisce motivo d’impugnazione.

Ebbene, la portata precettiva della disposizione in parola è oggetto d’interpretazioni ondivaghe in sede di applicazione giurisprudenziale.

Una prima opzione ermeneutica considera il dovere di sinteticità quale monito al giudice e alle parti, privo di sanzione espressa in caso di mancata osservanza del precetto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 dicembre 2018, n. 6890).

Una seconda tesi interpretativa ritiene che la violazione del limite dimensionale di sinteticità determini il degradare della parte eccendentaria a contenuto che il giudice ha la mera facoltà di esaminare (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2020, n. 2431; idem sez. V, 11 aprile 2018, n. 2190).

Un terzo orientamento propugna la radicale non ammissibilità, rectius non esaminabilità, delle argomentazioni sovradimensionate (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2020, n. 1686; idem 31 gennaio 2020, n. 803).

Tale ultima opzioni esegetica trova autorevole conferma nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione secondo cui il mancato rispetto del principio di sinteticità e chiarezza espone il ricorrente al rischio di una declaratoria d’inammissibilità (cfr. Cass. Civ., SS.UU., 17 gennaio 2017, n. 964).

Tanto premesso sotto un profilo concettuale, il pronunciamento oggetto di commento è meritevole di particolare rilievo nella parte in cui ha evidenziato che lo scrutinio in ordine al rispetto dei valori dimensionali negli scritti difensivi deve essere ispirato al canone della ragionevolezza.

Nel caso di specie, il ricorso di prime cure non è stato esaminato nella sua interezza per presunto superamento del limite indicativo di n. 35 pagine, malgrado il rispetto dei caratteri massimi previsti.

Il Consiglio di Stato ha censurato siffatto agire, contestando l’applicazione eccessivamente rigorosa e formalistica della normativa vigente sopra richiamata.

Secondo l’argomentare del Supremo Consesso Amministrativo, l’atto non è sovrabbondante in caso di esiguo sforamento del numero di pagine consentite, dipeso da una precisa strategia difensiva d’inserimento diretto di immagini nel corpo del ricorso in guisa da agevolare la comprensione di complesse censure tecniche.