Cons. Stato, sez. V, 19 ottobre 2020, n. 6305
Deve […]affermarsi, in uno alla Corte di Giustizia, che non è consentita l'esclusione automatica del concorrente che abbia indicato un subappaltatore nei confronti del quale siano emerse in corso di gara cause di esclusione, dovendo la stazione appaltante effettuare una specifica valutazione di proporzionalità della misura espulsiva rispetto al caso di specie […].
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 7556 del 2019, proposto da Thales Italia s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Pluservice s.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Giuliano Berruti, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Liguria Digitale s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Bormioli, Elisabetta Sordini e Giovanni Corbyons, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia; Autorità Nazionale Anticorruzione - ANAC, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
AEP Ticketing Solutions s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con
Engineering Ingegneria Informatica s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Damonte, Elisa Moro e Antonio Maria Oppicelli, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Sezione seconda, n. 698/2019, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Liguria Digitale s.p.a.:
Visto l'atto di costituzione in giudizio di ANAC;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di AEP Ticketing Solutions s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 84 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che, tra altro, stabilisce ai commi 5 e 6, rispettivamente, che “Successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 31 luglio 2020, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell'articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso”, e che “Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”;
Visto l'art. 4 del d.-l. 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di
allerta Covid-19), convertito dalla l. 25 giugno 2020, n. 70, che dispone al comma 1, tra altro, che “A decorrere dal 30 maggio e fino al 31 luglio 2020 può essere chiesta discussione orale con istanza depositata entro il termine per il deposito delle memorie di replica ovvero, per gli affari cautelari, fino a cinque giorni liberi prima dell'udienza in qualunque rito, mediante collegamento da remoto con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione dei difensori all'udienza, assicurando in ogni caso la sicurezza e la funzionalità del sistema informatico della giustizia amministrativa e dei relativi apparati e comunque nei limiti delle risorse attualmente assegnate ai singoli uffici […]In alternativa alla discussione possono essere depositate note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell'udienza stessa o richiesta di passaggio in decisione e il difensore che deposita tali note o tale richiesta è considerato presente a ogni effetto in udienza […]”;
Relatore nell'udienza del 2 luglio 2020 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Giuliano Berruti, Giovanni Corbyons, Roberto Damonte, Antonio Oppicelli, e l'avvocato dello Stato Carmela Pluchino;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Il raggruppamento temporaneo capeggiato da Thales Italia s.p.a. si classificava primo in graduatoria nella procedura di gara europea indetta il 6 giugno 2017 da Liguria Digitale s.p.a. per l'affidamento della realizzazione, gestione e manutenzione decennale del sistema di bigliettazione elettronica per il servizio di trasporto pubblico della Regione Liguria. In sede di verifica dei requisiti, era destinatario di una comunicazione di avvio del procedimento exart. 80, comma 5, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, fondata sull'accertata esistenza di una causa di esclusione in capo a uno dei subappaltatori della terna di cui all'art. 105, comma 6, del predetto Codice, indicati dalla mandante Pluriservice s.r.l.. La comunicazione si fondava sulla condanna per reati tributari e previdenziali
degli amministratori di una delle società indicate, non dichiarata nel DGUE presentato in gara. La comunicazione esponeva come detti reati, oltre a non essere stati dichiarati in sede di ammissione alla procedura, si prospettassero incidenti, con effetto ostativo, sulla integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, e sulla sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico-professionale, nello svolgimento dell'attività oggetto di affidamento.
Nel corso della fase contraddittoria apertasi per l'effetto la stazione appaltante, sulla base delle difese procedimentali svolte da Thales, che, tra altro, aveva rappresentato il carattere facoltativo del subappalto, potendo svolgere in proprio le relative prestazioni, e invocato il parere n. 2286 del 26 ottobre 2016 della Commissione speciale di questo Consiglio di Stato, richiedeva parere all'ANAC, rappresentando, alla luce di una “interpretazione comunitariamente orientata” delle norme di riferimento della fattispecie, fondata anche sull'ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia del Tal Lazio, Sezione seconda, n. 6010/2018, di essere favorevole al mantenimento in gara della società, previa rinunzia al subappalto o sostituzione del subappaltatore designato interessato dalla causa di esclusione.
Con parere n. 19384 dell'8 marzo 2019, non preceduto dal diretto contraddittorio con Thales, ANAC, pur rimettendo alla stazione appaltante ogni determinazione al riguardo, concludeva invece per l'esclusione.
Seguiva un ulteriore segmento della fase contraddittoria tra la stazione appaltante e Thales, avente a oggetto il parere dell'ANAC, nell'ambito del quale Thales lamentava anche il mancato contraddittorio con l'Autorità.
All'esito, con provvedimento 28 marzo 2019 la stazione appaltante, ritenuto di non potersi discostare dall'orientamento espresso dall'ANAC, e recependo i contenuti di questo, escludeva Thales dalla gara.
Thales impugnava il provvedimento di esclusione e il parere ANAC con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria. Sosteneva
anche in giudizio, con la principale linea difensiva, che la stazione appaltante, anziché adottare un provvedimento di esclusione, avrebbe dovuto consentirle di rinunziare al subappalto o di sostituire il subappaltatore designato che aveva dato luogo alla causa di esclusione.
Nel giudizio così instaurato Liguria digitale e ANAC si costituivano in resistenza; AEP Ticketing Solutions s.r.l., mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Engineering Ingegneria Informatica s.p.a., all'atto secondo classificato e aggiudicatario provvisorio della gara, spiegava intervento ad opponendum.
L'adito Tribunale, con sentenza della Sezione seconda n. 698/2019, respingeva il ricorso e condannava Thales alle spese del giudizio in favore delle altre parti costituite.
Nel giungere alle predette conclusioni il primo giudice affermava in estrema sintesi che:
- il provvedimento impugnato aveva fatto corretta applicazione dell'art. 80, comma 5, lettere c) e f-bis), del d.lgs. n. 50/2016, che si riferisce espressamente anche ai subappaltatori di cui al successivo art. 105, comma 6;
- non vi era alcun contrasto con l'art. 71, paragrafo 6, della direttiva n. 2014/24/UE, ancorchè il Tar Lazio, Sezione seconda, con ordinanza n. 6010/2018, avesse sollevato dinanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione, non ancora delibata, di conformità dell'articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016 con gli articoli 57 e 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE. Ciò in quanto la normativa europea, correttamente interpretata, consente la possibilità di sostituire il subappaltatore interessato da motivi di esclusione solo nella fase di esecuzione del contratto, come del resto previsto anche dall'art. 105, comma 12, del d.lgs. 50/2016;
- la natura vincolata del provvedimento di esclusione rendeva irrilevante, ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990, ogni questione proposta da Thales in
relazione alla corretta qualificazione del procedimento svoltosi innanzi all'ANAC (meramente consultivo o precontenzioso ex art. 211, d.lgs. n. 50/2016), e all'effettivo dispiegarsi nel suo ambito del contraddittorio con l'operatore economico.
Thales ha appellato detta sentenza, deducendo:
1) Violazione degli artt. 80, comma 5, e 105, comma 12, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; violazione dell'art. 71 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014; violazione del principio di proporzionalità; errore nei presupposti di fatto e di diritto; illogicità manifesta; omessa pronuncia.
L'articolato motivo contesta sotto vari profili la ricostruzione normativa posta a base della sentenza impugnata, ribadendo, alla luce di una lettura dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016 ritenuta coerente con la normativa di settore nazionale ed eurounitaria, l'insussistenza dei presupposti dell'esclusione e la possibilità, in suo luogo, di consentire all'operatore economico di sostituire il subappaltatore designato carente dei requisiti o rinunziare al subappalto;
2) Violazione dell'art. 211 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; violazione del regolamento ANAC 9 gennaio 2019; errore nei presupposti di fatto e di diritto; eccesso di potere per comportamento illogico e contraddittorio; difetto di motivazione.
Sul presupposto dell'inesistenza dell'obbligo di esclusione, il mezzo lamenta la contraddittorietà nella valutazione della fattispecie manifestata dalla stazione appaltante, la totale carenza del contraddittorio nel rilascio del parere ANAC (ritenuto invece necessario trattandosi di procedimento di natura precontenziosa e non appartenente all'esercizio della funzione consultiva generale, come dichiarato dall'Autorità nello stesso parere), e sostiene l'erroneità e la carenza di motivazione del provvedimento di esclusione nell'esporre il convincimento della stazione appaltante di non potersi discostare dallo stesso parere.
Thales ha indi domandato l'annullamento della sentenza e dei provvedimenti impugnati e la condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno in proprio favore, nella misura da quantificarsi nel corso del giudizio.
ANAC, Liguria digitale e AEP si sono costituite in resistenza, tutte concludendo per la reiezione dell'appello sulla scorta delle stesse argomentazioni della sentenza impugnata.
Ulteriormente: Anac ha sostenuto l'inammissibilità dell'impugnativa nei propri confronti, avendo l'Autorità agito nell'esercizio del potere di vigilanza sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia di appalti pubblici, ed emesso un mero avviso interpretativo, che, come tale, non può essere ritenuto lesivo della sfera giuridica di Thales; la stazione appaltante ha escluso la sussistenza dei presupposti per disporre la richiesta condanna risarcitoria nei suoi confronti; AEP ha rappresentato la particolare gravità della fattispecie omissiva di cui si discute, integrante una falsa dichiarazione in DGUE.
Nel prosieguo, dopo l'abbinamento della domanda cautelare con il merito su richiesta e con il consenso delle parti, la trattazione della causa è stata oggetto di due rinvii: il primo disposto in considerazione della rilevanza sulla questione da dirimere della decisione della Corte di Giustizia UE sulla sopra citata ordinanza di rimessione del Tar Lazio n. 6010/2018, non ancora pubblicata al 23 gennaio 2020, prima data all'uopo fissata; il secondo, d'ufficio, stante lo stato di emergenza da Covid-19 in atto alla data della prevista udienza di merito del 19 marzo 2020.
Nelle more è intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia UE 30 gennaio 2020 sulla causa C-395/18, che ha deciso la ridetta ordinanza di rimessione concludendo che: “L'articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l'amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l'obbligo, di escludere l'operatore economico che ha
presentato l'offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell'appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell'offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in combinato disposto con l'articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione”.
Con memorie successivamente prodotte:
- Thales ha sostenuto che la sentenza della Corte di Giustizia UE 30 gennaio 2020 risolve definitivamente a proprio favore la questione controversa;
- la stazione appaltante e AEP, che già avevano in precedenza invocato le conclusioni rese l'11 luglio 2019 dall'Avvocato Generale CGUE nell'ambito del giudizio eurounitario in senso contrario a quello fatto proprio da Thales, hanno affermato che la decisione della Corte di Giustizia UE non muta i termini della controversia siccome precedentemente delineati, e segnatamente non conduce alla fondatezza dell'appello;
- ANAC si è limitata a insistere per la reiezione del gravame.
La causa è stata indi trattenuta in decisione all'udienza del 2 luglio 2020, svoltasi ai sensi dell'art. 84, commi 5 e 6, del d.-l. n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020, e dell'art. 4, comma 1, del d.-l. n. 28 del 2020, convertito dalla l. n. 70 del 2020, meglio indicati in epigrafe.
DIRITTO
1. In via preliminare, non può essere favorevolmente valutata l'eccezione di ANAC – già formulata in primo grado e non esaminata dal primo giudice – di inammissibilità dell'impugnativa del proprio parere, perché costituente un mero avviso interpretativo reso nell'ambito del generale potere di vigilanza sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia di appalti
pubblici, che, in quanto tale, non potrebbe essere ritenuto lesivo della sfera giuridica di Thales.
1.1. La stazione appaltante resistente ha richiesto parere all'ANAC ai sensi dell'art. 211 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici.
La disposizione, titolata “Pareri di precontenzioso dell'ANAC”, stabilisce al comma 1 che “Su iniziativa della stazione appaltante o di una delle altre parti, l'ANAC esprime parere, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente consentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere vincolante è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo”.
Questo Consiglio di Stato ha rilevato come dal tenore della richiamata norma emerga che, in sede di precontenzioso, l'ANAC può esprimere pareri vincolanti e pareri non vincolanti. Il parere vincolante, obbligando le parti ad attenervisi, è atto immediatamente lesivo, condizione questa che ne consente - giusta anche quanto espressamente previsto dalla norma – l'autonoma impugnabilità. Il parere non vincolante, invece, avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile, ma “assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale. Ne consegue che l'impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione” (Cons. Stato, VI, 11 marzo 2019, n. 1622, che richiama V, 17 settembre 2018, n. 5424 e VI, 3 maggio 2010, n. 2503).
Nel caso di specie si è inverata la seconda delle dette ipotesi: nel parere di cui si discute – rispetto al quale non emerge un preventivo consenso delle parti ad attenervisi – ANAC ha concluso per l'esclusione di Thales dalla gara, rimettendo
peraltro espressamente alla stazione appaltante ogni concreta determinazione al riguardo.
Indi, la stazione appaltante, che nella richiesta di parere aveva esposto di essere favorevole alla non esclusione, bene avrebbe potuto discostarsi dal parere con determinazione congruamente motivata; lo ha invece fatto interamente proprio, manifestando il convincimento di non potersene discostare.
In questo quadro, al di là di ogni questione in ordine alla correttezza o meno di tale convincimento, non può sostenersi che il parere non abbia portata lesiva: essa si è manifestata nel momento del recepimento del parere nell'atto conclusivo del procedimento che ha disposto l'esclusione di Thales dalla procedura.
Correttamente, pertanto, una volta emersa l'incidenza del parere nella fattispecie concreta, Thales lo ha impugnato unitamente al provvedimento finale, che lo ha connotato come atto presupposto.
2. Passando alla disamina dello stretto merito della controversia, investita dal primo motivo di appello, viene in rilievo l'art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Si tratta, in particolare, di valutare nella fattispecie se, in carenza di altri rimedi, la sanzione espulsiva sia legittima laddove la condotta contestata a termini della norma siano imputabili non all'operatore economico concorrente, bensì a uno dei subappaltatori della terna da questo indicata ai sensi dell'art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016.
2.1. Thales ha sostenuto in giudizio che al quesito di cui sopra debba darsi risposta negativa. Evidenziata l'assoluta estraneità delle condotte contestate alla sua sfera giuridica, ha affermato che la stazione appaltante, in luogo dell'esclusione, misura che nei suoi confronti si profila ingiusta e sproporzionata, avrebbe dovuto imporre la sostituzione del subappaltatore che ha dato luogo alle condotte stesse, ai sensi dell'art. 71, paragrafo 6), lett. b), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici (“Al fine di evitare violazioni degli obblighi di cui all'articolo 18, paragrafo 2, possono essere adottate misure adeguate quali le seguenti: […] b) le amministrazioni aggiudicatrici possono, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, verificare o essere obbligate dagli Stati membri a verificare se sussistono motivi di esclusione dei subappaltatori a norma dell'articolo 57. In tali casi le amministrazioni aggiudicatrici impongono all'operatore economico di sostituire i subappaltatori in merito ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi obbligatori di esclusione. Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre o essere obbligate da uno Stato membro a imporre che l'operatore economico sostituisca i subappaltatori in relazione ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi non obbligatori di esclusione”), o consentire la rinunzia al subappalto.
2.2. Il primo giudice ha ritenuto di non aderire a tale avviso.
Ha rilevato che nella fattispecie doveva trovare applicazione l'art. 80, comma 5, lett. c) e f-bis), del d.lgs. n. 50 del 2016 (“Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6, qualora: […] c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; […]; f-bis) l'operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
Ha poi ritenuto che:
- per un verso, l'art. 80, comma 5, del d. lgs. n. 50/2016 è chiaro nel riferire le cause di esclusione dalla gara ivi regolate anche ai subappaltatori ex art. 105, comma 6;
- per altro verso, la norma nazionale non si pone in contrasto con la norma eurounitaria invocata da Thales, di cui anzi costituisce il recepimento. Ciò in quanto l'art. 71, paragrafo 6), lett. b), della direttiva 2014/24/UE: richiama in apertura l'art.18, paragrafo 2, della stessa direttiva n. 2014/24/UE, relativo alla fase
di esecuzione del contratto (e non già alla fase di gara); si riferisce ai “subappaltatori” piuttosto che ai “subappaltatori proposti”, come, del resto, l'art. 105, comma 12, del d.lgs. 50/2016, che stabilisce che “l'affidatario” deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80.
Ha infine negato la violazione del principio di proporzionalità, in quanto “la disciplina di maggior rigore (esclusione) meglio risponde, in termini di adeguatezza, ai principi di imparzialità e parità di trattamento che permeano la fase di selezione delle offerte, ma non quella di esecuzione dell'appalto, laddove non vengono in discussione interessi legittimi di terzi (art. 1372 cod. civ.), mentre l'interesse pubblico della stazione appaltante - che è ormai avvinta da un vincolo contrattuale - appare adeguatamente protetto con l'imposizione dell'obbligo di sostituzione del subappaltatore”.
2.3. L'interpretazione normativa privilegiata dal primo giudice comporta che le conseguenze dell'emersione di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore della terna di cui all'art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 sono diverse a seconda del momento in cui cade il relativo accertamento. In particolare, se questo interviene nel corso della procedura a evidenza pubblica, conduce all'esclusione del concorrente (art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016), se interviene dopo l'aggiudicazione e la stipula del contratto, ovvero nel corso dell'esecuzione dell'affidamento, comporta la richiesta all'affidatario della sostituzione dell'appaltatore (art. 105, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016).
Nella tesi del primo giudice, come visto, tale “doppio regime” risulterebbe perfettamente conforme alla lettera della direttiva n. 2014/24/UE, e, ulteriormente, non violerebbe il principio di proporzionalità.
2.4. Detta conclusione non trova corrispondenza con i dubbi manifestati da questo Consiglio di Stato nel parere della Commissione speciale n. 2286 del 26 ottobre 2016, reso sullo schema di linee guida ANAC “Indicazioni dei mezzi di prova
adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all'art.80, comma 5, lett. c) del codice”, poi divenute le Linee guida n. 6 del 16 novembre 2016, che è stato anche citato sia nelle difese procedimentali di Thales che nella richiesta di parere avanzata dalla stazione appaltante ad ANAC.
Il parere della Commissione speciale (capo 11.2) evidenzia infatti che l'art. 105, comma 12, “costituisce trasposizione dei pertinenti articoli delle direttive, secondo cui ogni qualvolta le stazioni appaltanti sono tenute, in base alle leggi nazionali, a verificare le cause di esclusione anche nei confronti dei subappaltatori, esse chiedono agli operatori economici di sostituire i subappaltatori che risultano privi dei requisiti generali.
Le direttive sembrano dunque consentire la possibilità di sostituire i subappaltatori privi dei requisiti anche quando i loro nomi vanno indicati in gara.
Sicché, le disposizioni dell'art. 80, c. 1 e c. 5, che sembrano invece prevedere la esclusione del concorrente per difetto dei requisiti del subappaltatore, senza possibilità di sostituirlo, potrebbero anche prestarsi a dubbi di compatibilità comunitaria.
Sembrerebbe peraltro possibile darne una interpretazione comunitariamente orientata, ritenendo quanto meno che, quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l'esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.
2.5. I dubbi manifestati nel parere della Commissione speciale di questo Consiglio di Stato n. 2286 del 26 ottobre 2016 sono stati risolti dalla recente decisione della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020, causa C-395/18, in risposta alla ordinanza 29 maggio 2018, n. 6010, con cui la Sezione II del Tar Lazio, in riferimento al recepimento degli artt. 57 e 71 della direttiva 24/2014/UE attuato nel nostro
ordinamento con gli artt. 80, comma 5, e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, ha posto alla Corte UE i seguenti quesiti interpretativi:
“I) se gliarticoli 57 e 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE, ostino a una normativa nazionale, quale quella di cui all'articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede l'esclusione dell'operatore economico offerente nel caso di accertamento, in fase di gara, di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore facente parte della terna indicata in sede di offerta, in luogo di imporre all'offerente la sostituzione del subappaltatore designato;
II) in subordine, laddove la Corte di Giustizia ritenga che l'opzione dell'esclusione dell'offerente rientri tra quelle consentite allo Stato membro, se il principio di proporzionalità, enunciato all'articolo 5 del Trattato UE, richiamato al ‘considerando' 101 della direttiva 2014/24/UE e indicato quale principio generale del diritto dell'Unione Europea dalla Corte di Giustizia, osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all'articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede che, in caso di accertamento in fase di gara di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore designato, venga disposta l'esclusione dell'operatore economico offerente in ogni caso, anche laddove vi siano altri subappaltatori non esclusi e in possesso dei requisiti per eseguire le prestazioni da subappaltare oppure l'operatore economico offerente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.
La Corte di Giustizia ha ritenuto la normativa interna non conforme al dettato eurounitario quanto al principio di proporzionalità, e ha perciò dichiarato che “L'articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l'amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l'obbligo, di escludere l'operatore economico che ha presentato l'offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell'appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell'offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in
combinato disposto con l'articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione”.
In particolare, la sentenza ha rilevato come una siffatta normativa nazionale “non permette all'amministrazione aggiudicatrice di tenere conto, ai fini della valutazione della situazione, di una serie di fattori pertinenti, come i mezzi di cui l'operatore economico che ha presentato l'offerta disponeva per verificare l'esistenza di una violazione in capo ai subappaltatori, o la presenza di un'indicazione, nella sua offerta, della propria capacità di eseguire l'appalto senza avvalersi necessariamente del subappaltatore in questione” e priva altresì l'operatore economico “della possibilità di dimostrare, conformemente all'articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, la propria affidabilità malgrado l'esistenza di una violazione compiuta da uno dei suoi subappaltatori”.
3. Deve quindi affermarsi, in uno alla Corte di Giustizia, che non è consentita l'esclusione automatica del concorrente che abbia indicato un subappaltatore nei confronti del quale siano emerse in corso di gara cause di esclusione, dovendo la stazione appaltante effettuare una specifica valutazione di proporzionalità della misura espulsiva rispetto al caso di specie, che il provvedimento di esclusione all'odierno esame, partendo dall'errato presupposto dell'automaticità e della vincolatività dell'esclusione rinveniente dal parere ANAC, secondo una ricostruzione normativa risultata incompatibile con il diritto eurounitario, non ha effettuato.
Consegue la fondatezza del primo motivo di appello, di rilievo assorbente, con il quale Thales ha contestato la correttezza della predetta ricostruzione normativa, che ha permeato il gravato atto di esclusione e che è stata fatta propria anche dalla sentenza appellata.
4. Di contro, non possono trovare accoglimento i contrari rilievi della stazione appaltante e di AEP.
4.1. In particolare, non rilevano, evidentemente, le conclusioni rese l'11 luglio 2019 dall'Avvocato Generale CGUE nell'ambito del giudizio eurounitario, dal momento che esse sono state superate negli sensi sopra detti dalla citata decisione della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020.
4.2. Non rileva neanche la diversità del motivo di esclusione presente nell'odierna fattispecie rispetto a quello considerato nel caso sottoposto al giudizio della Corte di Giustizia e sfociato nella sentenza 30 gennaio 2020 [art. 80, comma 5, lettera i), del d.lgs. n. 50 del 2016, implicante una causa di esclusione non obbligatoria per il diritto eurounitario].
Sul punto, va considerato che la fattispecie considerata dalla Corte di Giustizia concerne una ipotesi contemplata dall'art. 80, comma 5, del d.lgs. 50 del 2016, e soprattutto che l'art. 71, paragrafo 6), lett. b), della direttiva 2014/24/UE si riferisce a tutti i motivi di esclusione, obbligatori e non.
Anche il parere n. 2286/2016 della Commissione speciale di questo Consiglio di Stato si riferiva, in linea generale, a tutte le cause di esclusione del concorrente per fatto del subappaltatore della terna regolate sia dal comma 1 che dal comma 5 dell'art. 80: è quindi con riferimento a tutte tali previsioni (“le disposizioni dell'art. 80, c. 1 e c. 5”), che il parere ha sollevato i già segnalati dubbi di compatibilità comunitaria, proponendo di ritenere “quanto meno che, quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l'esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.
Dal suo canto, la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea 30 gennaio 2020 ha affermato, al di là delle connotazioni del caso specifico in esame, che “le amministrazioni aggiudicatrici devono prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità” e che “tale attenzione deve essere ancor più elevata qualora l'esclusione prevista
dalla normativa nazionale colpisca l'operatore economico che ha presentato l'offerta per una violazione commessa non da lui direttamente, bensì da un soggetto estraneo alla sua impresa, per il controllo del quale detto operatore può non disporre di tutta l'autorità richiesta e di tutti i mezzi necessari”.
Se ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto ex adverso, l'elemento qualificante l'applicazione del principio di proporzionalità nei sensi sopra chiariti, alla luce sia del parere che della sentenza eurounitaria, non è né la tipologia della causa di esclusione in concreto verificatasi a carico del subappaltatore designato nell'ambito della terna né la sua gravità, bensì il rischio che il concorrente possa subire incolpevolmente le conseguenze di violazioni imputabili non a sé, bensì al subappaltatore indicato, del quale potrebbe non avere il pieno controllo, e ciò per giunta automaticamente, ovvero senza che l'amministrazione aggiudicatrice, secondo quanto rilevato dalla Corte di Giustizia, abbia “la facoltà di valutare, caso per caso, le particolari circostanze del caso di specie”, e l'operatore economico sia messo in grado di “dimostrare la propria affidabilità malgrado la constatazione di detta violazione”.
Del resto, questa Sezione del Consiglio di Stato ha già ritenuto la suscettibilità della interpretazione “comunitariamente orientata” dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, a suo tempo proposta dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato nel parere n. 2286 del 26 ottobre 2016 e oggi rinveniente dalla sentenza della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020 in causa C-395/2018, di trovare applicazione generale, tanto da ammetterla in un contenzioso relativo a un subappalto c.d. necessario o qualificatorio, in cui uno dei subappaltatori indicati nella terna ha perso in corso di gara un requisito di idoneità professionale (Cons. Stato, V, 4 giugno 2020, n. 3504).
4.2.1. Resta solo da rilevare che il parere della Commissione speciale aveva prefigurato ipotesi solutive dirette per il superamento del conflitto normativo (“… quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l'esclusione
del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”); nello stesso senso si è orientata l'ordinanza di rimessione del Tar Lazio n. 6010/2018.
La sentenza 30 gennaio 2020 della Corte di Giustizia, coerentemente con la assunta premessa della compatibilità comunitaria di una normativa nazionale che prevede la facoltà o anche l'obbligo di escludere il concorrente per fatti a valenza espulsiva del subappaltatore designato, ha invece rimesso alla stazione appaltante, previo contraddittorio con l'interessato, la valutazione delle caratteristiche del singolo caso secondo gli ivi dettati criteri di massima, e quindi la determinazione di consentire o meno la permanenza in gara del concorrente. E' quindi da ritenere che anche le condizioni cui assoggettare l'eventuale permanenza, ancorchè non specificate nella sentenza eurounitaria, non possano che attagliarsi al caso concreto, nell'ambito di quelle indicate dal parere di questo Consiglio di Stato n. 2286/2016 e dall'ordinanza di rimessione n. 6010/2018, del Tar Lazio.
4.3. AEP cita la decisione di questo Consiglio di Stato, V, 9 aprile 2013, n. 1933, per rammentare che la falsa dichiarazione, ai sensi dell'art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, comporta, quale effetto diretto e immediato, la decadenza dal beneficio ottenuto senza che si possa riconoscere rilievo esimente al fatto che essa sia riconducibile a fatto del terzo: sarebbe quindi un principio di ordine generale, prima ancora che la disciplina di settore, a imporre l'esclusione dell'appellante per la dichiarazione non veritiera del subappaltatore indicato.
La tesi è suggestiva ma non conducente.
La sentenza di questo Consiglio di Stato n. 1933 del 2013 ha affermato che tra l'art. 75 in parola e le specifiche norme sanzionatorie di settore non sussiste un rapporto di genere a specie; ha poi chiarito che il beneficio o i benefici rispetto al quale
opera la sanzione della decadenza sono solo quelli immediatamente perseguiti con la dichiarazione non veritiera e non già quelli mediati, dovendosi tener conto, quanto a questi ultimi, solo delle seconde. A titolo di esempio, ha segnalato nella fattispecie ivi in esame, non attinente agli appalti pubblici, che “in materia di contratti pubblici, la sanzione dell'esclusione dalla gara, conseguente alla dichiarazione falsa o non veritiera del partecipante, è prevista dalla legge in materia di contratti pubblici, e non è effetto dell'art. 75”.
La stessa giurisprudenza invocata da AEP impedisce quindi di ritenere che nell'odierno contenzioso possa trovare diretta applicazione l'art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, dovendosi invece avere esclusivo riguardo all'art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, siccome interpretato, oggi, dalla sentenza della Corte di giustizia 30 gennaio 2020.
Infatti, la decisione interpretativa della Corte di Giustizia, così come la normativa di fonte eurounitaria, “entra e permane in vigore” nel territorio nazionale “senza che i suoi effetti siano intaccati dalla legge ordinaria dello Stato; e ciò tutte le volte che essa soddisfa il requisito dell'immediata applicabilità” (Corte Cost., sentenza n. 113 del 1985, che richiama la precedente sentenza n. 170 del 1984).
4.4. Non può ritenersi che le indicazioni della Corte di Giustizia siano state attuate sol perché la stazione appaltante, tenuto conto delle particolari circostanze del caso di specie, ha posto in essere un articolato procedimento, in contraddittorio con l'operatore economico, ha interpellato l'ANAC a proposito della sussistenza dei presupposti dell'esclusione, e ha diffusamente illustrato nel provvedimento finale le ragioni del provvedimento espulsivo: basti osservare che tali ragioni, recependo il parere ANAC, fondano sul carattere automatico della disposta esclusione, che, come visto, è incompatibile con la sentenza 30 gennaio 2020 della Corte di Giustizia, che impone la valutazione degli specifici profili della fattispecie, secondo i criteri dettati dalla stessa sentenza.
Né è consentito che tale valutazione possa essere effettuata ora per allora, come sembra ritenere la stazione appaltante che vi provvede nelle memorie depositate il 6 marzo e il 16 giugno 2020 al fine di sostenere, in ogni caso, la legittimità dell'esclusione: vi osta l'art. 34, comma 2, del Codice del processo amministrativo, che fa divieto al giudice amministrativo di pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati, e, indi, a maggior ragione, sulle ragioni che potrebbero sostenere tali poteri.
4.5. Non può dirsi che Thales non abbia dedotto alcun motivo di ricorso cui possa risultare di sostegno la statuizione di violazione del principio di proporzionalità affermata dalla sentenza della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020.
Nel primo motivo del ricorso di primo grado (rubricato “Violazione degli artt. 80, co. 5, e 105, co. 12, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Violazione dell'art. 71 della Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014. Violazione del principio di proporzionalità. Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità manifesta”) Thales ha lamentato la violazione della normativa europea e del principio di proporzionalità, propugnando un'interpretazione degli artt. 80 e 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 orientata in modo coerente con i principi della direttiva 2014/24/UE. In tale contesto, ha anche richiamato sia il più volte citato parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 che l'ordinanza n. 6010/2018 della Sezione seconda del TAR Lazio che ha sollevato la questione comunitaria poi decisa dalla Corte di Giustizia con la sentenza 30 gennaio 2020, tant'è che la stessa sentenza appellata ha motivato (come visto, non condivisibilmente) sull'inesistenza di un contrasto fra la norma nazionale e quella eurounitaria.
5. L'appello di Thales deve essere quindi accolto, disponendosi, per l'effetto, la riforma della sentenza impugnata e l'accoglimento del ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara di cui in fatto ivi impugnato e degli atti a esso presupposti.
Va invece respinta la domanda risarcitoria pure avanzata da Thales, sia perché l'annullamento del provvedimento di esclusione, alla luce di tutto quanto sopra, non refluisce automaticamente nell'aggiudicazione della procedura alla società, sia perché la società si è riservata di puntualizzare la domanda all'atto dell'eventuale e successivo provvedimento di aggiudicazione della gara a favore di altro concorrente, che dal fascicolo di causa non risulta intervenuto, sicchè la richiesta risarcitoria è rimasta quella genericamente avanzata in sede di appello.
Tenuto conto della novità e della complessità delle questioni trattate, le spese di entrambi i gradi di giudizio possono essere compensate.
Guida alla lettura
Con la sentenza in commento, la V sezione del Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso proposto dal RTI escluso dalla stazione appaltante, offre un’interpretazione del meccanismo di esclusione delineato dall’art. 80, comma quinto, del d.lgs. n. 50 del 2016 conforme al diritto dell’Unione Europea, con specifico riguardo al principio di proporzionalità, sancito dall’art. 5 TUE, anche a seguito dell’arresto della CGUE del 30 gennaio 2020 (C-395/18).
Il caso oggetto di esame prende le mosse da un ricorso in appello proposto da un Raggruppamento Temporaneo di Imprese nei confronti della sentenza di primo grado del Tar Liguria (n. 698 del 2019). I Giudici di prime cure, aderendo alle difese presentate dalla stazione appaltante, hanno riconosciuto la legittimità del provvedimento di diretta esclusione del ricorrente in ragione della corretta applicazione che l’amministrazione aveva compiuto del dettato normativo (in particolare il riferimento è agli art. 80, comma quinto, lett. c) e f-bis) d.lgs. n. 50 del 2016, con l’esplicita estensione anche ai subappaltatori di cui al successivo art. 105, comma sesto, d.lgs. cit.). Il Collegio, infatti, escludeva la sussistenza di contrasto con la normativa europea, specificatamente con l’art. 71 della Dir. 2014/24/UE, in quanto la disciplina comunitaria consentirebbe, sempre secondo l’orientamento sposato dal Tar, la possibilità di sostituire il subappaltatore interessato dai motivi di esclusione (art. 80 codice dei contrati pubbl.) solo nella fase di esecuzione e non anche in quella precedente destinata alla scelta del contraente, quale è quella in cui si trovava il RTI escluso. Una simile interpretazione del dato letterale era stata altresì avallata dal parere di precontezionso emesso dall’ANAC ai sensi dell’art. 211 d.lgs. n. 50 del 2016.
Due i punti di analisi della decisione del Consiglio di Stato a seguito del ricorso in appello presentato dal concorrente attinto da provvedimento di esclusione diretta.
Il primo attiene alla capacità lesiva del parere ANAC anche quando lo stesso sia non vincolante, stante la sua capacità lesiva in ragione del suo integrale recepimento nella determinazione della stazione appaltante.
Nello specifico, i Giudici, attestandosi preliminarmente su tale punto, hanno analizzato il contenuto dell’art. 211 cod. contr. pubbl., individuando due diverse tipologia di pareri. Da un lato, quella riconducibile al tipo vincolante, emesso previo contradditorio e la cui cogenza è subordinata al consenso delle parti di attenersi a quanto in esso stabilito. Dall’atro, il parere non vincolante, alla cui categoria è riconducibile quello in esame, caratterizzato dalla mancata adesione al suo rispetto e qualificabile quale mera manifestazione di giudizio, come tale non immediatamente lesivo.Tuttavia, precisa il Collegio, il suddetto parere «assume connotazione lesiva tutte le volte in cui,(come avviene nel caso di specie)riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale. Ne consegue che l'impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione».
Con tale osservazione i Giudici dell’appello si discostano dalla posizione assunta dall’ANAC, integrante eccezione proposta dalla stessa Autorità, e confermano come, trattandosi appunto di parere non vincolante, «la stazione appaltante, che nella richiesta di parere aveva esposto di essere favorevole alla non esclusione, bene avrebbe potuto discostarsi dal parere con determinazione congruamente motivata; lo ha invece fatto interamente proprio, manifestando il convincimento di non potersene discostare». In forza della coincidenza contenutistica del provvedimento di esclusione al parere, dunque, deve riconoscersi anche al primo portata lesiva.
Ritenuta infondata l’eccezione sollevata dall’ANAC e riscontrata la correttezza del motivo di ricorso circa la lesività del parere, quindi, il Consiglio di Stato passa all’esame dello stretto motivo delle controversia, relativo alla legittimità del provvedimento di esclusione diretta e immediata del concorrente per difetto dei requisiti del subappaltatore.
Sul punto è contestata l’interpretazione che i Giudici di primi cure avevano posto in essere dell’art. 80, comma quinto, d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui la sanzione espulsiva diretta è altresì legittima qualora sia adottata nei confronti dell’operatore economico che si sia avvalso di subappaltatori, a norma dell’art. 105, comma sesto, d.lgs. cit., anche quando le condanne ostative all’aggiudicazione siano imputabili a questi ultimi.
Il Collegio con la sentenza in esame si discosta dall’orientamento assunto dal Tar.
Non condivisibile, perché non espressamente prevista dalla normativa nazionale né perché conforme col diritto dell’Unione Europea, è la suesposta ricostruzione dell’art. 80 d.lgs. cit., sulla base della quale occorrerebbe differenziare le conseguenze dell’emersione di un motivo di esclusione afferente a un subappaltatore in ragione del momento in cui ricade il relativo accertamento. Solo con riferimento alla fase esecutiva, difatti, dovrebbe riconoscersi al concorrente la possibilità di sostituire il subappaltatore carente dei requisiti, anche mediante esecuzione diretta dei lavori, senza per ciò essere soggetto in via diretta alla sanzione espulsiva. All’opposto, sempre secondo la posizione abbracciata dai Giudici di primo grado, la fase della scelta del contraente sarebbe priva di una tale facoltà sostitutiva, non ostando in tal senso neppure il diritto dell’Unione Europea, in quanto il rispetto dei principi di imparzialità e parità di trattamento che informano la fase dell’evidenza pubblica impedirebbe di riscontrare una violazione al principio di proporzionalità, di cui all’art. 5 TUE.
È, viceversa, proprio l’applicazione del diritto comunitario che smentisce la validità e la correttezza di questo doppio regime disciplinatorio, stante la centralità del principio di proporzionalità, su cui il Consiglio di Stato fonda la sua decisione, anche in ragione della normativa comunitaria, con particolare riferimento agli art. 57 e 71 Dir. 24/2014/UE.Proprio le disposizioni da ultimo citate, inoltre, costituiscono i parametri di legittimità comunitaria attraverso cui la CGUE ha statuito la non conformità della normativa interna nella parte in cui l’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 non consente al giudice nazionale di valutare caso per caso la possibilità, in ossequio appunto del principio di proporzionalità, di consentire al contraete di procedere alla sostituzione del subappaltatore privo dei requisiti, senza doversi procedere con la sua diretta esclusione.
In particolare, la Corte di Lussemburgo ha rilevato come la normativa nazionale «non permette all'amministrazione aggiudicatrice di tenere conto, ai fini della valutazione della situazione, di una serie di fattori pertinenti, come i mezzi di cui l'operatore economico che ha presentato l'offerta disponeva per verificare l'esistenza di una violazione in capo ai subappaltatori, o la presenza di un'indicazione, nella sua offerta, della propria capacità di eseguire l'appalto senza avvalersi necessariamente del subappaltatore in questione”, privando in tal modo l'operatore economico “della possibilità di dimostrare, conformemente all'articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, la propria affidabilità malgrado l'esistenza di una violazione compiuta da uno dei suoi subappaltatori» (CGUE 30 gennaio 2020 C-395/18).
Sulla base delle statuizione dei Giudici europei, pertanto, il Collegio, accogliendo il ricorso, smentisce la legittimità dell’esclusione automatica del concorrente che abbia indicato un subappaltatore nei confronti del quale siano emerse in corso di gara cause di esclusione. Dovendo, quindi, procedere a un approccio casistico, la stazione appaltante, in applicazione del principio di proporzionalità, è tenuta a effettuare una specifica valutazione di congruenza e ragionevolezza della misura espulsiva rispetto al caso di specie, così da consentire al concorrente interessato dall’eventuale espulsione di avvalersi della possibilità di sostituire i subappaltatori privi dei requisiti ovvero di eseguire egli stesso la prestazione quando ne possieda i requisiti.Solo qualora questi strumenti di “salvezza” dell’operatore economico non risultino esperibili, la stazione appaltante può procedere ad adottare il provvedimento di esclusione.