Consiglio di Stato, sez.VI, 13 ottobre 2020, n. 6165

Il riferimento aggiuntivo del codice dei contratti pubblici alla “comune struttura di impresa” induce a concludere nel senso che costituisce un predicato indefettibile di tali soggetti l’esistenza di un’azienda consortile, intesa nel senso civilistico di “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. L’alterità che connota tali soggetti rispetto ai propri componenti (e che vale a differenziarli sia rispetto ai raggruppamenti temporanei che ai consorzi ordinari) trova indiretta conferma nel fatto della possibilità, a determinate condizioni, di una partecipazione congiunta alla medesima gara.

La funzione del consorzio stabile è quella di garantire alle piccole e medie imprese di partecipare a procedure di gara alle quali non avrebbero potuto partecipare facendo leva solo sulla capacità della singola impresa consorziata, beneficiando al tempo stesso di un rapporto mediato tra l’amministrazione e la consorziata dato proprio dal consorzio e dalla struttura consortile. In dettaglio, la funzione di favorire l’incremento delle occasioni di lavoro degli imprenditori consorziati non può portare alla nascita di un’impresa necessariamente portata all’esecuzione in proprio del contratto, vicenda che renderebbe inutile l’istituto stesso del consorzio stabile.

La funzione consortile ben può essere esplicata con modalità più flessibili, ad esempio tramite strutture di appoggio che svolgano compiti ausiliari, purchè resti ferma la possibilità eventuale di operare anche direttamente, possibilità che va quindi valutata in astratto, accertando se sussiste, in relazione allo statuto, la possibilità per gli organi consortili di eseguire l’opera o il servizio con la struttura comune o affidandoli ai singoli consorziati.

Spesso il diritto amministrativo risente delle influenze degli altri settori; indubbiamente, nella tematica degli appalti, tali influenze sono determinate dagli interventi dirompenti dell’Unione europea. Questi ultimi sono finalizzati a far si che le procedure competitive possano rappresentare per il cives l’occasione di dialogare con l’amministrazione, in un rapporto di parità e di identiche situazioni contrattuali.

Quanto sopra ci induce a ritenere che il suddetto rapporto paritario trova riscontro in numerosi istituti che, oltre a risentire dell’influenza delle menzionate decisioni europee, sono permeati di connotazioni civilistiche; sicuramente il diritto comune contribuisce alla realizzazione di quel rapporto paritario necessario per la partecipazione negli appalti di tutti gli operatori economici.

Indubbiamente l’istituto che opera a tal fine è quello relativo all’affidamento di un contratto pubblico al consorzio stabile. Tale istituto ha il pregio di far si che tutti gli imprenditori associati possano svolgere l’attività nell’ambito della “comune struttura di impresa”.

L’analisi sopra accennata viene ampiamente ricompiuta dal Consiglio di Stato nella sentenza in argomento. Infatti il supremo Consesso cita quello che rappresenta il cuore centrale dell’istituto in argomento, individuato proprio nella richiamata“comune struttura di impresa”. Come detto gli elementi strutturali di tali enti devono necessariamente rientrare nella figura dell’”azienda di natura consortile” intesa come “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”,  fornendo, pertanto, un ulteriore elemento che qualifica gli stessi nel mondo dei numerosi operatori economici legittimati alla partecipazione alle gare di appalto.

Nello specifico gli enti in esame acquisiscono, proprio con il requisito della impresa fortemente strutturata, una connotazione indubbiamente duratura nel tempo. In particolare tali connotati (la forte struttura e la durata nel tempo) differenziano i soggetti in argomento dalle associazioni temporanee di impresa, soggetti che a loro volta, pur potendo partecipare alle procedure concorsuali, si differenziano dai consorzi proprio per la loro “temporaneità”.

Peraltro il Collegio ricorda l’ulteriore natura “poliforme” degli istituti in esame. Infatti se è vero che i consorzi stabili possano agire come entità unica è anche evidente che gli stessi non debbano essere considerati come soggetti necessariamente slegati dalle imprese a loro vota consorziate. In particolare tale “consociazione” fornisce alle stesse imprese, (in primis micro, piccole e medie) la forza di poter partecipare alla procedura selettiva proprio in quanto confederate; d’altra parte,  in assenza della citata “consociazione”, queste ultime non potrebbero agire.

Di conseguenza tale ultimo aspetto garantisce che tutti gli operatori economici interessati possano presenziare nella gara, nel rispetto di quel favor partecipationis sempre raccomandato, come è noto, dalle istituzioni europee.  

In conclusione il Consiglio di Stato afferma come i consorzi stabili siano caratterizzati da un notevole grado di “flessibilità operativa”  che permette loro di operare in vari modi come ,ad esempio tramite strutture di appoggio che svolgano compiti ausiliari, purchè resti ferma la possibilità eventuale di operare anche direttamente, possibilità che va quindi valutata in astratto, accertando se sussiste, in relazione allo statuto, la possibilità per gli organi consortili di eseguire l’opera o il servizio con la struttura comune o affidandoli ai singoli consorziati”.

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 13/10/2020

N. 06165/2020REG.PROV.COLL.

N. 02321/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2321 del 2020, proposto da
Research Consorzio Stabile s.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Lentini, Francesco Zaccone, con domicilio eletto presso lo studio A Placidi Srl in Roma, via Barnaba Tortolini 30;

contro

Università degli studi Bologna - Alma Mater Studiorum, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;


Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianluigi Pellegrino, Vincenzo Bocchino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


Pessina Costruzioni s.p.a., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, 14 febbraio 2020 n. 146, redatta in forma semplificata;


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Fortunato, per delega di Lentini, e Pellegrino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 2321 del 2020, Research Consorzio Stabile s.c. a r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per di l’Emilia Romagna, 14 febbraio 2020 n. 146, redatta in forma semplificata, con la quale è stato respinto, unitamente ai ricorsi incidentali, il ricorso proposto dall’attuale appellante contro Università degli studi Bologna - Alma Mater Studiorum nonché Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l. e Pessina Costruzioni s.p.a. per l'annullamento

a) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- degli atti e delle operazioni concernenti la procedura aperta indetta da Alma Mater Studiorum – Università di Bologna per l’affidamento dei “lavori per la realizzazione del nuovo insediamento universitario Area ex Lazzaretto – Bertalia – Via Terracini Bologna”, nella parte in cui con gli stessi la S.A. ha illegittimamente aggiudicato la procedura al Consorzio stabile Medil societa’ consortile a r.l. anziché al Consorzio odierno esponente previa esclusione di Medil e del concorrente secondo graduato Pessina Costruzioni S.p.A. e, in particolare:

- dell’aggiudicazione della procedura e del provvedimento dirigenziale del 22.10.2019, recante approvazione della proposta di aggiudicazione ed aggiudicazione in favore di Medil;

- dei provvedimenti dirigenziali del 17.04.2019, del 01.08.2019, del 14.10.2019, nella misura in cui a mezzo degli stessi anziché escluderli, la S.A. ha ammesso alla procedura i concorrenti Medil e Pessina ed ha proceduto alla valutazione della relativa offerta;

- del verbale della seduta pubblica del 14.10.2019 e di tutti gli ulteriori verbali pubblici e riservati delle sedute in cui si è articolata la procedura (ivi inclusi i verbali da 1 a 11 delle sedute in cui si è articolato l’esame della documentazione amministrativa e i verbali relativi alle sedute di valutazione delle offerte tecniche del 13.6.2019, 19.7.2019, 18.9.2019, 14.10.2019 ed i relativi allegati), nonché ogni ulteriore atto o verbale ancorché ad oggi non conosciuto;

- degli esiti e delle risultanze delle verifiche effettuate dal RUP e dalla S.A. ex artt. 32, 80, 95 e 97 D.Lgs. 50/2016, sul possesso dei requisiti e sulle offerte dei concorrenti Medil e Pessina;

con richiesta

- di subentro del Consorzio ricorrente nel contratto eventualmente stipulato con il Consorzio controinteressato, previa dichiarazione d’inefficacia del contratto stesso ex artt. 121 e/o 122 del c.p.a.;

- in subordine, ove l’interesse primario all’esecuzione dell’appalto controverso non dovesse trovare soddisfazione per fatto indipendente da volontà e/o colpa dell’odierno ricorrente, con richiesta di condanna della S.A. intimata al risarcimento per equivalente del pregiudizio correlato alla mancata esecuzione dell’appalto.

b) per quanto riguarda il ricorso incidentale:

- degli atti della gara oggetto di causa nella parte in cui hanno ammesso e non hanno escluso il ricorrente principale Consorzio Research.

I fatti di causa possono essere così riassunti.

L’Università di Bologna indiceva una procedura aperta per l’affidamento dei “lavori per la realizzazione del nuovo insediamento universitario Area ex Lazzaretto – Bertalia – Via Terracini Bologna”, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La società originariamente ricorrente si classificava al terzo posto con 67,33 punti dietro al Consorzio Medil con 77,36 punti ed a Pessina Costruzioni con 76,42 punti.

Avverso l’aggiudicazione alla prima classificata la ricorrente ha presentato il ricorso in prime cure per evidenziare i vizi che avrebbero dovuto determinare l’esclusione sia dell’aggiudicatario che del concorrente secondo graduato.

Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. artt. 45, 48, 80 - 83 - 85 D.lgs. 50/2016, della legge di gara.

L’aggiudicatario ha preso parte alla procedura di gara, qualificandosi come consorzio stabile, ai sensi dell’art. 45 comma 1 lett. c) del D.lgs. 50/2016 ed avvalendosi del relativo regime di partecipazione semplificata, oltre che del regime del cumulo alla rinfusa per la dimostrazione dei requisiti di qualificazione. Ma esaminando l’oggetto sociale e lo statuto del consorzio esistenti alla data di partecipazione alla gara, è evidente la carenza degli indefettibili presupposti per la qualificazione di Medil quale consorzio stabile. Infatti l’aggiudicatario non solo non ha previsto l’esecuzione diretta dei lavori pubblici ma ha addirittura dichiarato di eseguire solo tramite consorziate le commesse e gli appalti pubblici. Ciò è in contrasto con l’art. 45 comma 1 lett. c) D.lgs. 50/2016 che prevede per i consorzi stabili l’istituzione di una comune struttura di impresa.

La norma prevede tre requisiti costitutivi minimi: partecipazione almeno di 3 consorziati; vincolo consortile di durata almeno quinquennale; istituzione di comune struttura di impresa per l’esecuzione anche in via diretta delle prestazioni oggetto di affidamento pubblico. Conseguentemente, in assenza di tale elemento, si rende doverosa l’esclusione dalla procedura del consorzio.

Partendo da tali premesse, è agevole dimostrare che la Committente avrebbe dovuto al momento dell’esame delle domande di partecipazione alla gara, riscontrare il difetto dei requisiti in capo a Medil con conseguente esclusione del consorzio ed in ogni caso all’esito delle verifiche condotte sull’aggiudicatario ex art. 32 D.lgs. 50/2016, annullare in autotutela o revocare il provvedimento di aggiudicazione disposto in favore di Medil, poiché privo del requisito costitutivo di una autonoma struttura di impresa per la esecuzione diretta di commesse pubbliche e, quindi, non qualificabile come Consorzio stabile.

Il difetto del requisito dell’elemento teleologico si evince dalla visura camerale ove emerge che l’aggiudicatario, nel proprio oggetto sociale, approvato in data 24.2.2010, ha dichiarato espressamente di eseguire solo indirettamente le commesse e gli appalti pubblici.

L’aggiudicatario è senza dubbio privo di uno dei requisiti costitutivi per assumere la qualifica di consorzio stabile secondo l’inderogabile disciplina di settore.

Inoltre l’impossibilità di fare ricorso al regime qualificatorio del cumulo alla rinfusa discende dal fatto che al consorzio aggiudicatario partecipano società consorziate prive di attestato SOA, laddove il possesso di detta qualificazione in capo a ciascuna consorziata è requisito pacificamente indefettibile per potersi qualificare, nel settore dei lavori, un consorzio come stabile.

Pertanto la condotta assunta dalla Committenza, ha violato: l’art. 45 comma 1 lett. c) D.lgs. 50/2016 laddove non ha riscontrato l’assenza di “una comune struttura di impresa”; l’art. 85 D.lgs. 50/2016, nella misura in cui non si è avveduta della falsa dichiarazione resa nel DGUE a mezzo del quale, come noto, viene confermato che l’operatore economico soddisfa, tra l’altro, “i criteri di selezione definiti a norma dell’articolo 83”; l’art. 83 D.lgs. 50/2016, per oggettiva carenza dei requisiti soggettivi e di qualificazione di consorzio stabile per la partecipazione alla gara; l’art. 80 D.lgs. 50/2016 che prevede la sanzione espulsiva in caso di falsa dichiarazione dell’operatore economico. Inoltre si configura la violazione degli artt. artt. 48 D.lgs. 50/2016 e 92 D.P.R. 207/2010 e della legge di gara.

Essendo il consorzio aggiudicatario un consorzio ordinario di concorrenti, la partecipazione di Medil e delle consorziate designate avrebbe dovuto essere improntata al rispetto delle regole dettate dall'art. 48 D.lgs. 50/2016 e dall'art. 92 del d.P.R. 207/2010 per i consorzi ordinari di concorrenti e gli RTI cioè: conferimento di mandato irrevocabile alla consorziata indicata quale capogruppo in caso di aggiudicazione, sottoscrizione congiunta, dimostrazione dei requisiti di qualificazione da parte di ciascun consorziato, indicazione delle quote di partecipazione al consorzio/raggruppamento e delle quote di esecuzione dei lavori e relativa corrispondenza con le qualificazioni possedute da ciascuna consorziata.

Tali requisiti sono stati tutti disattesi dall’aggiudicatario poichè non vi è alcuna indicazione della capogruppo né indicazione delle quote di partecipazione al raggruppamento/consorzio e delle parti di lavori da eseguire.

Nessuna delle società consorziate è in possesso dei requisiti di qualificazione SOA adeguati alla partecipazione alla procedura.

Dalla accertata violazione delle norme che disciplinano la partecipazione alle procedure dei consorzi ordinari di concorrenti sarebbe dovuta discendere la doverosa esclusione dell’aggiudicatario dalla procedura.

In conseguenza di ciò l’offerta presentata da Medil è altresì irrealizzabile per incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta sotto il profilo soggettivo.

Nell’ordine, Medil ha presentato domanda di partecipazione alla gara d’appalto in esame in qualità di consorzio stabile senza averne i requisiti né possedendo i requisiti e le capacità per eseguire in proprio le attività oggetto di appalto, essendo rimessa l’esecuzione alle sole consorziate.

L’irrealizzabilità dell’offerta che ne consegue avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla gara di Medil, non potendo questi operare né come consorzio stabile, né rettificare ex post la partecipazione come consorzio ordinario pena la violazione di ogni regola e principio dell’evidenza pubblica.

Dunque, sia nel vecchio che nel nuovo regime degli appalti pubblici, l’incertezza assoluta dell’offerta anche sotto il profilo soggettivo costituisce causa di esclusione dalla gara senza alcuna possibilità di soccorso istruttorio.

L’art. 83, comma 9, D.lgs. 50/2019, sancisce che “costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”. E l’adozione di un modulo partecipativo errato rientra tra le irregolarità essenziali non sanabili.

Difatti, stante il difetto di requisiti in capo a Medil ed alle consorziate, il soccorso istruttorio non darebbe luogo nell’integrazione tardiva della documentazione che doveva essere acquisita con la domanda di partecipazione: piuttosto importerebbe una vera modifica sostanziale degli elementi dell’offerta stessa avvenuta oltre la scadenza del termine per la partecipazione alla gara.

Il secondo motivo lamenta la violazione e degli artt. 32, 80, commi 5 e 6, 110 D.lgs. 50/2016 e delle clausole della lex specialis in punto di requisiti di partecipazione.

Il concorrente giunto secondo Pessina Costruzioni S.p.A., avrebbe dovuto essere escluso per aver perso, nel corso della procedura, il requisito generale di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), D.lgs. 50/2016 senza comunicare alla Stazione Appaltante tale circostanza.

Dalla visura camerale della Pessina risulta che in data 24.7.2019 detto concorrente ha presentato ricorso per l’ammissione al concordato preventivo ex art. 161, comma 6, L.F. ossia con riserva di presentazione di proposta, piano e documentazione di cui all’art. 161 commi 2 e 3 L.F.

Piano che non è stato presentato entro il termine assegnato dal Tribunale di Milano ormai spirato il 23.9.2019, né risulta che sia adottato dal Tribunale il decreto di ammissione ex art. 163 L.F. Pertanto Pessina attualmente è priva dei requisiti per concorrere alla gara e rendersi aggiudicataria.

Per altro verso, con grave difetto di correttezza e buona fede, ha omesso di comunicare alla S.A. la propria situazione. Secondo l’art. 80, comma 5 lett. b), D.lgs. 50/2016, le Stazioni Appaltanti escludono dalle gare “ l’operatore economico [che] sia trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa di concordato preventivo, salvo il caso di concordato in continuità aziendale, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quando o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’art. 110”.

A sua volta, l’art. 110, del Codice dispone che “ l’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, su autorizzazione del giudice delegato, pu[ò]: a) partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori …”.

L’art. 80, comma 6, del Codice dispone “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5”.

Pertanto la presentazione di una domanda di concordato in bianco comporta senz’altro il venir meno dei requisiti di cui all’art. 80, comma 5 lett. b) del Codice.

Al momento della conclusione della procedura ed anche attualmente risulta presentato il piano concordatario, disposta l’ammissione al concordato, ovvero vi era stata autorizzazione del Tribunale rispetto alla partecipazione alla procedura, ovvero ancora risulta acquisto il propedeutico parere dei commissari. Pertanto difettano tutti gli elementi che potrebbero superare la fattispecie interdittiva maturata a carico di Pessina.

Ne rileverebbe che detto piano e l’eventuale ammissione al concordato intervenga in epoca successiva alla conclusione della gara, dovendosi individuare in tale momento il limite ultimo, appunto, a cui ancorare il possesso dei requisiti di legge.

Il terzo motivo eccepisce la violazione degli artt. 32, 80, commi 4 e 5, lett. c) ed f-b.is), e comma 6 e elle clausole della lex specialis.

Pessina Costruzioni S.p.A., avrebbe dovuto essere escluso anche per difetto dei requisiti generale di cui all’art. 80, commi 4 e 5, lett. c), D.lgs. 50/2016.

La situazione di difficoltà economica dell’impresa, non in grado di far fronte alle proprie obbligazioni, comprese quelle nei confronti degli enti previdenziali ed assistenziali, e ai propri debiti, comporta il venir meno il requisito prescritto dall’art. 80, D.lgs. n. 50/2016 della regolarità contributiva.

Il controinteressato Pessina ha subito la risoluzione di diverse commesse pubbliche per gravi ritardi ed inadempimenti nell’esecuzione ad esso imputabili.

Vengono in particolare in rilievo la risoluzione in danno dei contratti avente ad oggetto la realizzazione del Nuovo Ospedale della Spezia, laddove l’esecuzione delle relative opere risulta avviata ormai dal 2015 e, ad oggi, risulta giunta solo alla soglia del 5% dei lavori previsti.

Tale circostanza, oltre a denotare la sopravvenuta inaffidabilità dell’operatore in parola, denota altresì il ricorrere all’epoca della partecipazione della fattispecie interdittiva di cui all’art. 80, comma 5 lett. c), del codice, venendo in rilievo già all’epoca e senza dubbio una ipotesi di illecito professionale che, per quanto chiarito anche dalle Linee guida ANAC, non è dato dalla sola risoluzione in danno, ma anche dal grave ritardo nell’esecuzione dell’appalto, per fatto imputabile all’impresa.

Laddove, non avendo Pessina dichiarato in gara tale grave carenza e ritardo, l’illecito professionale certamente riscontrabile all’epoca della partecipazione della procedura rileva ai fini della duplice fattispecie interdittiva di cui al comma 5, lett. c) e lett f-bis) del Codice, che sanzionano i concorrenti che:“anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” (lett.c, ultimo alinea) presenti[no] nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere” (lett. f-bis).

Mentre la successiva risoluzione per grave ritardo ed inadempimento, oltre a confermare la rilevanza in negativo della condotta antecedentemente ascrivibile a Pessina, rileva ai fini dell’art. 80, comma 6, del Codice che dispone “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5”.

L’Università di Bologna si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente la tardività del ricorso rispetto alla conoscenza piena ed integrale del provvedimento di ammissione/esclusione del 17/04/2019; nel merito concludeva per il rigetto del ricorso.

Veniva presentato da Medil ricorso incidentale, dopo aver chiesto in sede di costituzione il rigetto del ricorso principale.

Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 80, comma 5 lett. c), e comma 7, D.lgs. 50/2016 per la mancata esclusione da parte della Stazione Appaltante nonostante il Consorzio ricorrente avesse comunicato di essere incorso in grave errore professionale che ha comportato la rescissione contrattuale per un appalto.

L’ammissione è stata disposta per le misure di self cleaning assunte, avendo il ricorrente evidenziato che la causa che portò alla risoluzione dipese da un’impresa consorziata indicata come esecutrice; ma il Research non l’ha estromessa dalla compagine, avendone soltanto ridotto la quota di partecipazione consortile dal 17,92% al 9.90%, mantenendola nel Consorzio e continuando ad utilizzarne requisiti e certificato SOA.

Quindi le misure di self cleaning non elidono il diretto collegamento con il grave illecito professionale accertato anche in sede giurisdizionale e quindi la Stazione Appaltante non avrebbe dovuto ritenerle sufficienti.

Il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 83 D.lgs. 50/2016 e dell’art. 3, B.2, del Disciplinare di gara.

L’art. 3 del disciplinare richiede come requisito di idoneità economico- finanziaria e tecnico professionale, il possesso di una “cifra di affari in lavori pari a due volte (€. 72.621.608,46) l’importo a base di gara che l’impresa deve aver realizzato nei migliori cinque dei dieci anni antecedenti la data di pubblicazione del bando”.

Nel Documento di gara il consorzio Research ha dichiarato che negli anni 2012-2013-2014-2015-2016 ha conseguito un fatturato di 25.000.000 milioni per ciascun anno; dai bilanci depositati presso la Camera di commercio risulta che neanche per un anno tale importo è stato raggiunto.

Pertanto il Consorzio ricorrente doveva essere escluso per aver dichiarato il possesso di un requisito in realtà inesistente.

Il terzo motivo eccepisce la violazione degli artt. 45, co. 2, lett. c), 47, 48 e 83 D.lgs 50/2016.

Il Consorzio ricorrente non ha i requisiti per essere qualificato Stabile ai sensi del citato art. 45, comma 2, lett. c), poiché le imprese consorziate non hanno alcun vincolo di permanenza, né hanno in alcun modo posto nella disponibilità del consorzio i loro beni e le loro organizzazioni aziendali, né ancora il consorzio risulta avere una propria autonoma organizzazione di impresa.

Nello statuto di Research si rileva che, pur essendo prevista una durata fino al 31.12.2050, le consorziate possono recedere liberamente, senza alcuna motivazione e senza neppure alcun preavviso.

Manca anche l’elemento teleologico cioè la capacità del consorzio di operare nel settore degli appalti con autonoma struttura di impresa, dal momento che l’art. 3, lett. m), dello statuto si limita a contemplare la mera possibilità per Research di “avvalersi, per lo svolgimento della propria attività, dell’utilizzo del personale e delle strutture di ricerca delle consorziate”, senza null’altro aggiungere in termini di corrispettivo vincolo a carico delle consorziate medesime a garantire la piena disponibilità delle risorse da parte del Consorzio.

Successivamente la controinteressata aggiudicataria presentava motivi aggiunti al ricorso incidentale riallacciandosi al terzo motivo del ricorso principale per sottolineare come vi fosse un’altra omessa segnalazione della sussistenza di un’ulteriore risoluzione contrattuale adottata da parte del Comune di Minori relativa ai gravi inadempimenti riscontrati a carico del Consorzio nella realizzazione dei lavori di adeguamento funzionale dell’approdo della locale stazione marittima.

Inoltre la consorziata Passarelli S.p.A., designata come esecutrice nell’ambito della presente gara, è stata destinataria di una risoluzione in danno disposta dal Comune di Reggio Calabria in relazione ai lavori di completamento del nuovo Palazzo di Giustizia di Reggio Calabria.

Infine la violazione del canone di trasparenza e leale collaborazione risulta aggravata dall’avere mancato di segnalare alcune annotazioni iscritte a suo carico sul casellario informatico ANAC: due provvedimenti di esclusione del Consorzio da precedenti gare d’appalto ed un provvedimento interdittivo adottato dal Ministero delle Infrastrutture ai sensi dell’art. 14 D.lgs. 81/2008.

L’Università di Bologna eccepiva la tardività del ricorso incidentale sulla scorta della medesima motivazione con cui aveva giustificato l’inammissibilità del ricorso principale; concludeva comunque per un rigetto anche nel merito.

Alla camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2020, il ricorso veniva discusso e deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R., riteneva infondata l’eccezione di tardività proposta dall’Università, riteneva tutti i ricorsi infondati, rigettando quindi sia quello principale che quelli incidentali.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure, come meglio descritte in parte motiva.

Nel giudizio di appello, si è costituite l’Università degli studi Bologna - Alma Mater Studiorum e il Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso e presentando entrambe ricorsi incidentali.

All’udienza del 4 giugno 2020 l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza 5 giugno 2020 n. 3134.

Alla pubblica udienza del giorno 8 ottobre 2020, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione, anche in relazione alla richiesta di rinvio presentata dalla parte appellante e contrastata dagli altri contendenti.

DIRITTO

1. - In via preliminare, la Sezione evidenzia come non possa essere accolta la richiesta di rinvio dell’udienza di trattazione, sulla scorta dell’istanza proposta dall’appellante Research Consorzio Stabile s.c. a r.l..

Detta istanza viene motivata in vista della prossima discussione dinanzi al primo giudice del successivo provvedimento dell’Università di Bologna che, a seguito della verifica dei requisiti autodichiarati, ha dichiarato l’efficacia della aggiudicazione dei lavori.

Tuttavia, al contrario di quanto sostenuto dall’appellante, il rapporto tra il provvedimento gravato in sede di appello e quello che sarà discusso dal giudice di prime cure è di pregiudizialità stretta, nel senso che è solo l’eventuale decisione di annullamento dell’aggiudicazione a potersi riverberare sulla dichiarazione di efficacia dell’aggiudicazione stessa, e non viceversa, nemmeno quando, come nel caso in esame, la dichiarazione sia oggetto di censura per vizi propri.

Non sussistono quindi ragioni per aderire alla richiesta, stante anche, da un lato, la puntuale opposizione delle controparti e, dall’altro, il mancato utilizzo degli strumenti processuali spettanti alla parte appellante, non ultimo quello della richiesta di cancellazione della causa dal ruolo.

Superato il detto profilo, possono essere esaminate le ragioni di doglianza, partendo dallo scrutinio della questione preliminare in rito sulla tardività del ricorso introduttivo di giudizio, eccezione già svolta in prime cure e riproposta dall’Università e dal Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l. anche in sede di gravame.

Nella prospettazione difensiva, il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere rigettato in quanto tardivo rispetto alla conoscenza piena ed integrale del provvedimento di ammissione o esclusione del 17 aprile 2019, in quanto al procedimento di gara, con riferimento alla data di pubblicazione del bando, devono essere applicate le norme del codice dei contratti esclusivamente nella versione successiva al correttivo di cui al d.Lgs. n. 56/2017, mentre non si applicano le modifiche introdotte antecedentemente dal D.L. 135/2018, convertito con L. 12/2019 e poi dal D.L. 32/2019, convertito con L. 55/2019.

La detta sequenza normativa ha effetto sull’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., disposizione introdotta dall'articolo 204, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 8 aprile 2016, n. 50 e successivamente abrogata dall'articolo 1, comma 22 del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, che imponeva l’obbligo di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione o esclusione dalla procedura di gara nel termine di 30 giorni. L’abrogazione della norma, come espressamente prevista dal successivo comma 23, si applica ai “processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, ossia la legge 14 giugno 2019, n. 55, entrata in vigore il successivo 18 giugno 2019.

Pertanto, nella procedura in esame, avente avuto inizio con la pubblicazione del bando in data 5 marzo 2018, dovevano applicarsi le regole allora vigenti e quindi lo sbarramento della previa tempestiva impugnazione del provvedimento di ammissione o esclusione, con conseguente tardività del ricorso introduttivo di giudizio.

1.1. - La doglianza è fondata e va accolta.

Come recentemente ritenuto da questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, III, 29 luglio 2020, n.4824), pur dandosi atto di orientamenti non univoci (di cui peraltro il T.A.R. si è dato carico, accogliendo la soluzione opposta a quella qui adottata) va osservato che la disposizione transitoria poc'anzi menzionata non può essere intesa come introduttiva di una sanatoria processuale idonea a rimettere in termini i concorrenti nell'impugnazione di provvedimenti di ammissione non solo adottati prima di tale data, ma anche già consolidatisi per inutile decorso del termine di impugnazione ex art. 120, comma 2 bis, c.p.a..

Infatti, “la residua vigenza del regime processuale abrogato implica che l'attivazione del giudizio è soggetta ad un onere di tempestiva impugnazione a pena di decadenza nel termine ex art. 120, comma 2 bis, c.p.a., sicché l'inutile decorso di detto termine determina il perfezionarsi di una fattispecie preclusiva, conclusa e non più rivedibile. La struttura bifasica della norma distingue, infatti, in maniera volutamente netta, il giudizio impugnatorio sulle ammissioni/esclusioni e quello sull'aggiudicazione ed esclude che il secondo possa estendersi alla cognizione dei profili propri del primo se non nel rispetto dell'indefettibile presupposto processuale sotteso alla rituale proposizione del ricorso ai sensi del sopra citato art. 120, comma 2-bis;

“Poiché, dunque, del precedente regime processuale è parte sostanziale la decadenza conseguente al mancato esercizio dell'onere processuale nelle forme innanzi descritte, una volta decorso il termine prefissato non è possibile interpretare la fattispecie come ancora "aperta" e, quindi, attraibile al nuovo regime normativo; né pare sostenibile alcuna deroga per l'ipotesi del ricorso proposto direttamente contro l'aggiudicazione, intervenuta dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina e censurata per asseriti vizi riguardanti i requisiti soggettivi di partecipazione dell'aggiudicatario.

Inoltre, “sembra poco plausibile ipotizzare che il legislatore, a mezzo della norma intertemporale, abbia inteso disciplinare la sola posizione di chi abbia già visto respinto, definitivamente e in epoca anteriore al decreto sblocca cantieri, il proprio ricorso proposto contro l'ammissione del concorrente poi divenuto aggiudicatario.

“Dunque, l'art. 1, comma 23, del d.l. 32/2019 - lungi dal voler 'resuscitare' un termine già definitivamente spirato - ha inteso consentire l'applicazione dello jus superveniens anche nei processi promossi dopo la sua entrata in vigore ma solo ove tale termine sia ancora pendente, sicché solo in tale ipotesi sarebbe possibile far valere i vizi degli atti di ammissione (non ancora "inoppugnati") in occasione della contestazione dell'atto finale di aggiudicazione definitiva;

“Nel senso della soluzione qui accolta depongono, su un piano più sistematico, oltre al principio di inoppugnabilità degli atti amministrativi, anche quello di inapplicabilità retroattiva dello jus superveniens (entrambi rinvenienti saldi addentellati costituzionali negli artt. 24,97 e 113 Cost.) nonché l'art. 2 delle disposizioni transitorie del c.p.a. il quale, nel sancire che per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti, sembra dettare un criterio di orientamento coerente con l'impostazione sin qui tracciata (e con quella giurisprudenza del Consiglio di Stato che reputa ragionevole che le scadenze dei termini processuali vengano calcolate con riferimento alla legge vigente alla data di inizio della relativa decorrenza, "perché solo in tal caso l'interessato è in condizione di averne responsabile consapevolezza, senza essere esposto ad un'imprevedibile modifica in itinere": Cons. Stato, sez. VI, n. 6845/2011).”

Conclusivamente, deve affermarsi che al momento della proposizione del ricorso di prime cure, notificato il 21 novembre 2019 e depositato il 2 dicembre 2019, il termine di 30 giorni previsto dal citato art. 120, comma 2-bis, per l’impugnativa del provvedimento di ammissione o esclusione dalla gara, del 17 aprile 2019, era spirato, con conseguente tardività dell’impugnazione proposta.

2. - Le osservazioni appena svolte sono in grado sin da subito di decidere la questione sottoposta. Ritiene tuttavia la Sezione, anche in considerazione delle ulteriori vicende impugnatorie in corso, si procedere all’esame delle residue doglianze sollevate.

Appare quindi necessario scrutinare le censure di merito introdotte nel giudizio di appello, con la stringatezza determinata sia dalla tipologia semplificata della sentenza di cui all’art. 120, comma 10, c.p.a. che dalla rilevanza processuale ridotta, stante la pregressa pronuncia di tardività.

3. - La disamina deve iniziare dando preliminare rilievo all’atto di appello, atteso che, “venuta meno oramai definitivamente la teorica della precedenza sic et simpliciter dello scrutinio del cd. ricorso incidentale escludente (secondo un parametro di giudizio sorto nell’ambito del contenzioso sugli appalti e definitivamente superato dopo le sentenze Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 5 aprile 2016 causa C‑689/13, Puligienica Facility Esco s.p.a.; id., Decima Sezione, 5 settembre 2019 causa C‑333/18, Lombardi s.r.l.), il punto di riferimento per la soluzione del tema della graduazione dei motivi di ricorso è rinvenibile nelle statuizioni contenute nella fondamentale sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015 n. 5 che, come la stessa sentenza recita, si riferiscono a “ogni processo impugnatorio di legittimità limitatamente al giudizio di primo grado, con le esclusioni precisate al precedente § 5.3.,e indipendentemente dal fatto che si controverta di gare di appalto, ben potendo le medesime esigenze riscontrarsi tendenzialmente in tutti i tipi di contenzioso di tale natura” (da ultimo, Cons. Stato, VI, 23 marzo 2020 n. 2028).

Va quindi condivisa, e qui ripresa, la scansione d’ordine data dal primo giudice, con contestuale rigetto del secondo motivo del ricorso incidentale del Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l., rubricato “II. Erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dato prioritario esame a fini escludenti al ricorso incidentale proposto dal Consorzio Medil”, attesa l’oramai consolidata considerazione della sussistenza di un interesse tutelabile, anche se solo valevole ai fini di una utilità meramente ipotetica o eventuale alla ripetizione della procedura.

Per altro verso, è manifestamente infondata la richiesta – sempre contenuta nel medesimo motivo di appello incidentale - di remissione di questa interpretazione della disciplina degli appalti data dalla Corte di giustizia dell’Unione europea alla Corte costituzionale, in applicazione della dottrina dei controlimiti e per violazione dell’art. 24 della Cost., atteso che la possibilità di un conflitto tra la norma internazionale da immettere ed applicare nell’ordinamento interno e le norme e principi della Costituzione che con essa presentino elementi di contrasto tali da non essere superabili con gli strumenti ermeneutici appare limitata ai “principi qualificanti e irrinunciabili dell’assetto costituzionale dello Stato e, quindi, con i principi che sovraintendono alla tutela dei diritti fondamentali della persona. In tali ipotesi spetta al giudice nazionale, ed in particolare esclusivamente a questa Corte, una verifica di compatibilità costituzionale, nel caso concreto, che garantisca l’intangibilità di principi fondamentali dell’ordinamento interno ovvero ne riduca al minimo il sacrificio” (Corte cost., 22 ottobre 2014 n. 238).

E che l’individuazione di un interesse strumentale alla ripetizione di una procedura di gara comporti l’elisione del diritto alla difesa nel processo appare oggettivamente discutibile, atteso che si tratta al contrario di un arricchimento degli strumenti di tutela e non di un suo impoverimento.

3.1. - Con il primo motivo di doglianza, rubricato “I – error in judicando – violazione di legge (artt. 45 – 48 – 80 – 83 e 85 del d.lgs. 50/2016)”, si lamenta l’inesistenza, in capo al Consorzio Stabile Medil, dei presupposti inerenti il regime giuridico e la disciplina in tema di Consorzi Stabili. In particolare, la detta inesistenza sarebbe sanzionabile: per violazione dell’art. 45 co. 1 lett. c) D.Lgs. 50/2016, non avendo il concorrente una comune struttura di impresa per l’esecuzione diretta delle prestazioni contrattuali; per violazione dell’art. 83 D.Lgs. 50/2016, per carenza dei requisiti soggettivi e di qualificazione del Consorzio Medil come Consorzio Stabile; per violazione dell’art. 80 co. 5 lett. c bis) ed f bis) del D.Lgs. 50/2016, per aver reso falsa dichiarazione in merito al possesso del requisito di qualificazione in gara come Consorzio Stabile.

I tre profili della doglianza sono connessi, atteso che è solo il primo di carattere autonomo mentre i successive due sono meramente derivativi. Pertanto, la censura può ben essere superata evidenziando l’infondatezza della prima critica, dove si contesta l’esistenza di uno dei requisiti necessari per potersi avere un consorzio stabile e cioè la costituzione di una comune struttura di impresa, in quanto il consorzio non sarebbe in grado di eseguire le prestazioni previste nel contratto senza avvalersi della struttura di impresa delle consociate.

Va qui ricordato come l’elemento essenziale per identificare l’esistenza di un consorzio stabile, come definito dall’art. 45, comma 2 lett. c), D.lgs. 50 del 2016, è la sussistenza del c.d. elemento teleologico, ossia l'astratta idoneità del consorzio, esplicitamente consacrata nello statuto consortile, di operare con un'autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l'ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le presentazioni previste nel contratto, ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate (da ultimo, Cons. Stato, III, 4 febbraio 2019, n. 865; id., V, 2 maggio 2017 n. 1984; id., V, 17 gennaio 2018, n.276). Il riferimento aggiuntivo del codice dei contratti pubblici alla “comune struttura di impresa” induce a concludere nel senso che costituisce un predicato indefettibile di tali soggetti l’esistenza di un’azienda consortile, intesa nel senso civilistico di “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. L’alterità che connota tali soggetti rispetto ai propri componenti (e che vale a differenziarli sia rispetto ai raggruppamenti temporanei che ai consorzi ordinari) trova indiretta conferma nel fatto della possibilità, a determinate condizioni, di una partecipazione congiunta alla medesima gara.

La detta alterità non è però tanto spinta dall’imporre la nascita di un soggetto integralmente slegato dalle imprese consorziate, con un’impostazione che svuoterebbe di contenuto la funzione stessa dell’istituto, ossia quella di garantire alle piccole e medie imprese di partecipare a procedure di gara alle quali non avrebbero potuto partecipare facendo leva solo sulla capacità della singola impresa consorziata, beneficiando al tempo stesso di un rapporto mediato tra l’amministrazione e la consorziata dato proprio dal consorzio e dalla struttura consortile. In dettaglio, la funzione di favorire l’incremento delle occasioni di lavoro degli imprenditori consorziati non può portare alla nascita di un’impresa necessariamente portata all’esecuzione in proprio del contratto, vicenda che renderebbe inutile l’istituto stesso del consorzio stabile.

Ciò implica che lo scrutinio sulla sussistenza dei requisiti va svolto ricercando non gli elementi costitutivi di un soggetto imprenditoriale esclusivamente teso alla realizzazione in proprio dei lavori, ma individuando l’esistenza di una struttura aziendale autonoma in grado di fronteggiare una serie di questioni tecniche, attinenti le varie fasi della procedura e poi della successiva fase esecutiva, che le singole consorziate non potrebbero reggere stanti i costi che ne deriverebbero. In questo senso, la funzione consortile ben può essere esplicata con modalità più flessibili, ad esempio tramite strutture di appoggio che svolgano compiti ausiliari, purchè resti ferma la possibilità eventuale di operare anche direttamente, possibilità che va quindi valutata in astratto, accertando se sussiste, in relazione allo statuto, la possibilità per gli organi consortili di eseguire l’opera o il servizio con la struttura comune o affidandoli ai singoli consorziati.

Nel caso in esame, questo accertamento appare positivamente svolto, in quanto il consorzio è in grado di svolgere un complesso di compiti (analiticamente indicati dal primo giudice come “il compito di coordinare, svolgere ed accompagnare per conto dei soggetti consorziati, le procedure e gli atti inerenti alla realizzazione dei rispettivi programmi di investimento, nonché implementare, gestire ed erogare i servizi comuni a favore dei consorziati provvedendo tra l’altro a: intervenire in licitazioni, gare bandi aste ed appalti, fornire, in accordo con i soggetti consorziati medesimi, sia direttamente che attraverso terzi, assistenza tecnica ai soci stessi al fine del miglioramento delle loro rispettive attività e dei servizi resi all’utenza, provvedere agli acquisti collettivi per i consorziati ed organizzare e gestire centri per la logistica dei consorziati, disciplinare tra i consorziati la distribuzione delle commesse, vigilando ai fini della perfetta esecuzione ed osservanza delle norme contrattuali, istituire uno specifico ufficio tecnico volto a garantire la redazione dei progetti e dei preventivi delle commesse, nonché la loro analisi e direzione e la soluzione di eventuali controversie in rapporto alla loro esecuzione, curare, sia per conto dei soci che direttamente, tutte le attività gestionali, di coordinamento e di organizzazione commerciale, tecnica amministrativa, del lavoro, della sicurezza finanziaria ed ogni altra attività di impresa anche in outsourcing”) che ben dimostrano la sussistenza di tutti i requisiti per essere annoverato tra i consorzi stabili.

3.2. - Con il secondo motivo di appello, rubricato “II – error in judicando – violazione di legge (artt. 45 – 48 – 80 – 83 e 85 del d.lgs. 50/2016”, si lamenta la mancata considerazione delle modalità partecipative del consorzio Medil, stante la sua natura di consorzio ordinario.

Trattandosi di una censura di carattere derivato, cade una volta che, esaminando il motivo precedente, viene assodata l’esistenza dei requisiti di esistenza in capo al consorzio stabile Medil.

3.3. - Con il terzo motivo di censura, rubricato “III – error in judicando – violazione di legge (artt. 32 – 80 co. 5 e 6 – 110 del d.lgs. 50/2016)”, si contesta la possibilità dell’impresa seconda classificata alla gara per aver fatto richiesta di concordato preventivo cd. in bianco.

Tuttavia, come osservato dal primo giudice, il termine per la ricezione delle offerte era fissato al 19 giugno 2018 e l’impresa Pessina, fino a quel momento e anche successivamente fino a quando sono state definite le ammissioni e le esclusioni dalla gara, non aveva presentato la domanda di concordato.

Il concordato è stato poi successivamente proposto, con termine per la presentazione fissato dapprima al 23 settembre 2019 poi prorogato fino al 22 novembre 2019.

Va quindi valorizzato l’orientamento che consente la partecipazione alle gare anche agli operatori economici che abbiano presentato un ricorso per concordato preventivo in bianco, confermando la decisione del primo giudice che ha notato come, diversamente opinando, sarebbe frustrata la finalità della norma volta a preservare la capacità dell’impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l’acquisizione di nuovi appalti.

Conclusivamente, il ricorso introduttivo del giudizio di appello va dichiarato infondato.

4. - La rilevata tardività del ricorso in prime cure e, comunque, la rilevata infondatezza nel merito dell’appello principale comportano l’improcedibilità dei ricorsi incidentali, dal cui accoglimento le parti non potrebbero avere maggior utile di quello conseguito dalla pronuncia di rigetto.

Dando tuttavia continuità alle osservazioni prima svolte sui motivi che suggeriscono lo scrutinio nel merito delle censure proposte, vista l’ulteriore pendenza di una successiva fase processuale, si valuterà ora il terzo motivo dell’appello incidentale di Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l., rubricato “III. Erroneità della sentenza nella parte in cui non ha accolto le censure incidentali dedotte dal Consorzio Medil”, atteso che le stesse, in caso di accoglimento, avrebbero come conseguenza l’esclusione dalla gara dell’originaria ricorrente. Va solo aggiunto che, mentre il T.A.R. aveva ritenuto tempestiva l’impugnazione dei provvedimenti di ammissione o esclusione unitamente alla impugnazione della graduatoria, questa Sezione ha aderito alla ricostruzione opposta per cui anche il detto motivo è comunque tardivo, per le stesse ragioni sopra esposte, e viene scrutinato solo in funzione dello sviluppo della vicenda processuale.

4.1. - Anche in relazione a tali doglianze, va confermato l’impianto del T.A.R. che, valutando le censure sulla mancata esclusione del consorzio Research, ha evidenziato come non risultassero dirimenti i tre casi di risoluzione di precedenti contratti con il Comune di Cesano Maderno, con il Comune di Minori e con il Comune di Reggio Calabria.

In merito alla risoluzione riguardante la consorziata Kairos Restauri, la vicenda è stata illustrata dal consorzio dando conto delle misure di autocorrezione adottate.

Riguardo la risoluzione nel caso del Comune di Minori, il bando di gara è del 9 marzo 2018, mentre la definitività della risoluzione discende dal provvedimento del Comune del maggio 2012, quindi anteriore ai sei anni che impongono l’obbligo dichiarativo.

Per quanto attiene poi la risoluzione contrattuale del Comune di Reggio Calabria, essa è successiva alle verifiche condotte sulla conformità delle dichiarazioni rese dai concorrenti.

4.2. - Del pari non può essere condivisa la doglianza relativa all’insufficiente volume d’affari rispetto alla soglia richiesta dal bando, dovendosi invece fare riferimento non solo agli importi imputabili direttamente al consorzio ma alla somma delle cifre d’affari dei consorziati.

Pertanto, il terzo motivo dell’appello incidentale del Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l. è infondato.

5. - In conclusione, l’appello principale proposto da Research Consorzio Stabile s.c. a r.l. è infondato mentre gli appelli incidentali dall’Università degli studi Bologna - Alma Mater Studiorum e dal Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l. vanno accolti unicamente in relazione alla tardiva proposizione del ricorso di prime cure e respinti per il resto. Conseguentemente, la sentenza di primo grado va riformata, con dichiarazione di inammissibilità del ricorso ivi proposto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello principale proposto nel ricorso n. 2321 del 2020, accogliendo in parte qua gli appelli incidentali e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, 14 febbraio 2020 n. 146, redatta in forma semplificata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado;

2. Condanna Research Consorzio Stabile s.c. a r.l. a rifondere all’Università degli studi Bologna - Alma Mater Studiorum e al Consorzio Stabile Medil s.c. a r.l. le spese del doppio grado di giudizio, che liquida, in favore di ognuna delle parti resistenti e controinteressate costituite, in €. 5.000,00 (euro cinquemila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, se dovuti.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere