Cons. Stato, sez. V, 21 settembre 2020 n. 5496

In riferimento alle deroghe previste dal citato art. 37, comma 18 e 19, all’interpretazione restrittiva volta ad escludere la modificabilità della compagine al di fuori delle fattispecie ivi previste (riguardanti l’esecuzione del contratto), è da preferirsi un’interpretazione meno rigorosa, che limita il divieto all’aggiunta o alla sostituzione dei componenti, non anche al venir meno senza sostituzione di alcuno pure in fase di gara e dopo l’aggiudicazione.

Essa è stata ritenuta in linea con lo scopo del divieto di modificazione soggettiva, individuato in quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari”, di modo che è evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all'aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l'amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell'impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 12 del 2020, proposto da
Valori s.c. a r.l. Consorzio Stabile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Clarizia, Francesco Mollica, Francesco Zaccone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2.

contro

Consorzio Cociv, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Giuffre', Enrico Gai, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Piscitelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Naccarato in Roma, via Tagliamento n. 76.

nei confronti

Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC Soc. Coop., Consorzio Integra Società Cooperativa, Iterga Costruzioni Generali S.p.A. in proprio e quale mandataria r.t.i. con Iter Gestioni e Appalti S.p.A. non costituiti in giudizio.

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 00990/2019, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio COCIV e di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.;

Visto l’appello incidentale del Consorzio COCIV;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2020 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Giuffrè, Gai, Piscitelli, ai sensi dell’art 4, comma 1, ultimo periodo del d.l. n. 28 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, decidendo sul ricorso introduttivo e sui ricorsi per motivi aggiunti depositati nelle date del 10 giugno 2015, dell’11 settembre 2015, del 23 settembre 2015 e del 3 ottobre 2015, proposti dal ricorrente Valori S.C. a r.l. Consorzio stabile, per l’annullamento dell’aggiudicazione al costituendo raggruppamento temporaneo di imprese composto dal Consorzio Cooperative di Costruzioni (CCC) soc. coop. e da Iter Gestioni e Appalti s.p.a. della procedura aperta indetta dal Co.C.I.V. – Consorzio collegamenti veloci (in qualità di contraente generale, per conto di R.F.I., per la realizzazione della rete ferroviaria AV/AC Terzo Valico dei Giovi) per l’affidamento dei “lavori di realizzazione delle opere civili di linea e relative opere connesse da pk 39 + 500,00 a pk 44 + 152,65 nell’ambito dei lavori di realizzazione della Tratta AV/AC “Terzo Valico dei Giovi – Lotto Pozzolo”, nonché sul ricorso incidentale proposto dalla società CCC Società cooperativa avverso l’ammissione del consorzio ricorrente, ha dato atto:

- della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo dichiarata dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione con ordinanza n. 25847/16 del 15 dicembre 2016, decidendo il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla parte controinteressata, nonché della sussistenza della giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 Cod. proc. amm. in relazione al primo atto di motivi aggiunti (in ordine alla mancata esclusione del raggruppamento aggiudicatario per il venir meno dei requisiti generali di partecipazione a seguito dell’istanza prenotativa di concordato preventivo “in bianco” presentata dalla consorziata Coopsette in data successiva al provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara adottato il 30 marzo 2015), perché riguardante una fase antecedente all’acquisizione dell’efficacia dell’aggiudicazione definitiva, che è stata dichiarata dalla stazione appaltante soltanto con provvedimento del 9 settembre 2015, a seguito della verifica dei requisiti di partecipazione espletata dopo l’aggiudicazione;

- della sospensione del giudizio in relazione alle questioni rimesse alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E. con ordinanza di questo Consiglio di Stato n. 2737 del 2015 e della riassunzione a seguito della decisione della Corte di Giustizia del 28 marzo 2019, resa nella causa n. C-101/18, sulla questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 686 del 2018, sostanzialmente identica a quella sollevata con la precedente ordinanza n. 2737 del 2015;

- dell’eccezione di improcedibilità della domanda di caducazione degli atti impugnati per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dal Consorzio COCIV.

1.1. Tale eccezione è stata accolta tenendo conto della deliberazione del Comitato direttivo di COCIV del 9 dicembre 2016 con cui è stato deciso, in particolare:

- di “caducare, in via di autotutela” tutte le procedure di gara fino ad allora esperite da COCIV, tra cui quella relativa al “Lotto Pozzolo” oggetto del presente giudizio;

- di disporre la rinnovazione delle medesime procedure di gara con la partecipazione alle commissioni di aggiudicazione di un componente designato da RFI s.p.a.;

- di dichiarare in ogni caso lo scioglimento del contratto per il Lotto Pozzolo nei confronti dell’ATI Integra (subentrata a CCC per effetto dell’atto di affitto d’azienda del 20 aprile 2016) e Iterga Costruzioni Generali s.p.a., per inadempimento contrattuale, in considerazione dei gravi ritardi nel dare avvio ai lavori.

La sentenza aggiunge che <<tale decisione è stata assunta alla luce della “situazione venutasi a determinare a seguito dei recenti provvedimenti cautelari assunti dal Tribunale di Genova (…) e dal Tribunale di Roma (…), che hanno interessato non solo soggetti terzi ma anche componenti degli organi del Consorzio e delle strutture organizzative ed operative del Consorzio stesso, facendo anche emergere rilevanti criticità che hanno riguardato proprio gli affidamenti del 60% (…)”.Il Comitato Direttivo, “pur senza entrare nel merito della effettiva sussistenza di comportamenti penalmente sanzionabili -valutazione rimessa all’esclusiva competenza dell’Autorità Giudiziaria -”, ha fatto presente di aver comunque immediatamente assunto al proprio interno i provvedimenti più opportuni per impedire ai soggetti indagati la prosecuzione di ogni attività, anche futura, presso il Consorzio; nondimeno, ha evidenziato che “il rinnovato Comitato direttivo ritiene altresì necessario eliminare ogni possibile residua ombra sull’azione del Consorzio (…) e sulla piena conformità dell’azione stessa ai principi e alle regole di trasparenza, onestà, legalità e correttezza negoziale fissate nel Codice Etico (…)”; di qui la decisione di annullare tutte le procedure concorsuali fino ad allora esperite da COCIV in relazione ai lavori di realizzazione della Tratta AV/AC Terzo Valico dei Giovi, e di bandirne di nuove.>>.

Considerato che, dando seguito a tale decisione, è stata bandita dal Consorzio COCIV una nuova procedura di gara in relazione al lotto in questione, con oggetto ampliato e con importo più elevato; gara, a cui il Consorzio ricorrente non ha partecipato e che si è conclusa con l’aggiudicazione dell’appalto a diverso operatore economico, a cui ha fatto seguito, in data 24 gennaio 2019, la stipula del relativo contratto, si è ritenuto evidente che il Consorzio ricorrente non avesse più interesse all’annullamento di atti che la stazione appaltante aveva già provveduto ad annullare in autotutela.

1.2. Malgrado la dichiarazione di improcedibilità della domanda di annullamento dell’aggiudicazione e degli atti di gara per sopravvenuta carenza di interesse, il primo giudice ha ritenuto sussistente l’interesse della parte ricorrente all’accertamento giudiziale dell’illegittimità degli atti impugnati, in funzione dell’accoglimento della domanda di risarcimento danni formulata nel giudizio, rigettando perciò l’eccezione di improcedibilità per carenza di interesse sollevata da COCIV anche in riferimento alla pretesa risarcitoria.

1.3. Nel merito, è stato esaminato in via prioritaria, ed è stato respinto, il ricorso incidentale, col quale erano impugnati i provvedimenti di ammissione alla procedura di gara di Valori (con censure non riproposte con appello incidentale, perciò estranee al presente grado).

Sono stati quindi esaminati e respinti sia i quattro motivi del ricorso principale (con decisione non fatta oggetto, per tali capi, di appello principale) che il secondo motivo del primo atto di motivi aggiunti (riguardante la mancanza in capo alla consorziata Coopsette dei requisiti di cui all’art. 38, comma 1, lettere g e i, per gravi irregolarità contributive e fiscali definitivamente accertate), sul quale si tornerà, perché riproposto in appello.

1.3.1. In primo grado è stato ritenuto invece parzialmente fondato il primo motivo aggiunto (il quinto complessivamente) “ma in termini complessivamente insufficienti a consentire l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione in favore del raggruppamento aggiudicatario”.

In proposito, dopo aver richiamato l’art. 38, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 163 del 2006, applicabile rationetemporis, e la giurisprudenza sulla mancanza del requisito di partecipazione in capo alle imprese concorrenti che avessero formulato domanda di concordato c.d. in bianco (ai sensi dell’art. 161, comma 6, della legge fallimentare), nonché i principi espressi al riguardo dalla Corte di Giustizia con la citata sentenza in causa C-101/18, il primo giudice ha ritenuto che “la ditta Coopsette, impresa consorziata della mandataria capogruppo del raggruppamento aggiudicatario, presentando domanda di concordato preventivo “in bianco” in data 27 maggio 2015, dopo l’aggiudicazione definitiva e in pendenza del procedimento di verifica dei requisiti soggettivi in capo al concorrente aggiudicatario, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara; e ciò alla luce del principio di continuità dei requisiti di partecipazione, secondo cui i requisiti di ordine generale devono essere posseduti dalla concorrente sin dalla presentazione della domanda di partecipazione alla gara e permanere per tutto il periodo fino alla stipula del contratto e durante la fase di esecuzione dello stesso (cfr. Adunanza Plenaria Cons. Stato, n. 8/15).”.

Pur avendo così argomentato, lo stesso giudice ha tuttavia concluso che “la perdita del requisito in capo alla consorziata Coopsette non avrebbe potuto e dovuto comportare l’esclusione del Consozio CCC, potendo quest’ultimo provvedere alla sostituzione della propria consorziata attinta dalla causa di esclusione, alla luce dei principi affermati dalla più recente giurisprudenza amministrativa” (in specie con le sentenze di questa Sezione, 23 novembre 2018, n. 6632 e 2 settembre 2019, n. 6024, richiamate in motivazione).

1.3.2. Sulla base di tale conclusione sono stati respinti sia la detta censura del primo atto di motivi aggiunti che il secondo atto di motivi aggiunti, avente ad oggetto il provvedimento del 9 settembre 2015, conclusivo della verifica del possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione in capo al raggruppamento aggiudicatario, impugnato per illegittimità derivata.

1.3.3. Il terzo atto di motivi aggiunti è stato ritenuto infondato quanto alla censura concernente le vicende soggettive dell’impresa consorziata Coopsette per asserito mancato pagamento dell’IMU (reputate, come sopra, irrilevanti, ai fini della legittima partecipazione alla gara del consorzio di riferimento) e improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse quanto alle ulteriori censure, dirette a conseguire la caducazione o la declaratoria di inefficacia del contratto, essendo stata disposta in autotutela dalla stazione appaltante con la delibera del nuovo Comitato direttivo del 9 dicembre 2016.

1.3.4. Col quarto atto di motivi aggiunti, portato alla notifica il 24 novembre 2016 e depositato il 3 dicembre successivo, il Consorzio ricorrente ha premesso, in punto di fatto, di aver appreso in data 26 ottobre 2016 da notizie di stampa dell’esistenza di una indagine penale e della contestuale applicazione di misure cautelari personali nei confronti dei vertici di COCIV, del RUP e degli ulteriori funzionari operanti nella procedura in contesa per fatti collusivi e fraudolenti diretti a turbare la gara al fine di favorire il raggruppamento poi risultato aggiudicatario. Su tali premesse ha dedotto ulteriori censure di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva, che il primo giudice ha ritenuto “manifestamente tardive perché proposte quasi un anno e mezzo dopo la comunicazione del provvedimento di aggiudicazione, avvenuta il 31 marzo 2015, in violazione del termine decadenziale di 30 giorni previsto dalla normativa di settore”; perciò le ha dichiarate “irricevibili e non esaminabili dal collegio, sia in relazione alla domanda di annullamento (comunque improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse), sia, conseguentemente, a fini risarcitori.”.

1.4. L’infondatezza del ricorso principale e dei motivi aggiunti ha comportato il rigetto della domanda risarcitoria avanzata dal Consorzio ricorrente, ritenuta altresì sfornita di prova “in relazione alla stessa esistenza di un danno risarcibile e, comunque, alla quantificazione del medesimo”.

1.4.1.Le spese di lite sono state interamente compensate in ragione della complessità delle questioni esaminate.

2. Valori S.c. a r.l. Consorzio stabile ha interposto appello con quattro motivi, volti a contestare il rigetto della domanda risarcitoria ed a riproporre le censure di cui al primo, al secondo ed al quarto atto di motivi aggiunti, avendo invece l’appellante prestato acquiescenza al rigetto dei motivi restanti.

Il Consorzio COCIV si è costituito per resistere all’appello ed ha avanzato appello incidentale con due motivi.

Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. si è costituita per resistere all’appello.

Non si è invece costituito il Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC Società cooperativa.

2.1. Tutte le parti costituite hanno depositato memorie difensive ex art. 73 Cod. proc. amm. e note di udienza con richiesta di passaggio in decisione ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 70 del 2020.

2.2. All’udienza del 9 luglio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, la causa è passata in decisione, allo stato degli atti, ed è stata deliberata in camera di consiglio ai sensi dello stesso art. 84, comma 6.

3. Logicamente preliminare è l’esame dell’appello incidentale col quale è impugnato il rigetto dell’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti sollevata in primo grado da COCIV (anche) in riferimento alla domanda risarcitoria, sotto i due distinti profili, riproposti come appresso.

3.1. Col primo motivo dell’appello incidentale (Error in judicando: motivazione erronea e perplessa; difetto di istruttoria; eccesso di potere per contraddittorietà e carenza di presupposti di fatto e di diritto, in relazione al rigetto dell’eccezione di improcedibilità del Cociv per la sopravvenienza della determinazione del Comitato direttivo del Cociv del 9.12.2016), il COCIV, richiamando la motivazione della sentenza concernente l’accoglimento della stessa eccezione riferita alla domanda caducatoria, sostiene la fondatezza dell’eccezione anche in riferimento alla domanda risarcitoria. Ad avviso dell’appellante incidentale, sarebbe errata l’affermazione della sentenza per la quale “secondo la condivisibile prospettazione della parte ricorrente, se la procedura di gara non fosse stata affetta dalle (asserite) illegittimità denunciate e la gara fosse stata correttamente aggiudicata al Consorzio Valori, COCIV non si sarebbe trovata nella necessità di caducare l’intera procedura, dipendendo tale esito unicamente dall’asserita illecita condotta della committenza”, dal momento che:

- le motivazioni poste a fondamento della determinazione assunta in autotutela si fondano su valutazioni di opportunità e non su vizi di legittimità, dovendosi qualificare il provvedimento come di revoca e non di annullamento d’ufficio;

- le circostanze poste a fondamento della detta determinazione non hanno alcuna attinenza con i motivi di impugnazione proposti da Valori, peraltro ritenuti infondati dallo stesso Tribunale amministrativo regionale, con motivazione riguardante l’interesse alla decisione perciò, non solo erronea, ma anche illogica e contraddittoria;

- la domanda risarcitoria è stata proposta soltanto in relazione al danno da mancata aggiudicazione, quindi rispetto ad un’eventualità non più prefigurabile, neppure astrattamente, sulla base del sopravvenuto provvedimento caducatorio.

3.2. Col secondo motivo dell’appello incidentale (che in rubrica denuncia i medesimi vizi del primo ma “in relazione al rigetto dell’eccezione di improcedibilità del Cociv per la mancata partecipazione del Consorzio Valori alla nuova gara”) il COCIV sostiene l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha affermato che non “può essere condivisa l’eccezione di improcedibilità per acquiescenza formulata da COCIV, per non avere il Consorzio ricorrente partecipato alla nuova gara relativa al lotto in questione; infatti, si tratta di una procedura, non solo diversa e con oggetto più ampio di quella originaria, ma nella quale, soprattutto, la parte ricorrente avrebbe avuto soltanto una mera chance di aggiudicazione, al pari di molteplici altre imprese concorrenti, a fronte della posizione conseguita legittimamente nella gara qui in esame (secondo posto) che le avrebbe consentito di conseguire l’aggiudicazione se l’operato della stazione appaltante non fosse stato affetto – secondo la prospettazione di parte ricorrente – dalle (asserite) illegittimità contestate nel presente giudizio”. Ad avviso dell’appellante incidentale, avendo la determinazione del Comitato direttivo del Cociv disposto la rinnovazione delle procedure di affidamento, ivi compresa quella del Lotto Pozzolo, la residuale chance di aggiudicazione del Consorzio Valori sarebbe stata ripristinata dalla sua partecipazione alla nuova procedura, che non vi è stata per libera scelta dello stesso Consorzio. Aggiunge l’appellante COCIV che la nuova gara costituirebbe, come detto, la rinnovazione della precedente e che l’ampliamento dell’oggetto (con la estensione dei lavori al “Lotto Tortona” e conseguente incremento dell’importo a base di gara) non avrebbe determinato il venir meno dell’oggetto della precedente gara (riguardante il “Lotto Pozzolo”) e che, d’altra parte, qualora Valori avesse voluto dolersi di eventuali condizioni limitative e/o ostative alla sua partecipazione alla nuova gara, avrebbe dovuto impugnare il bando di gara, ciò che però non è accaduto.

4. I motivi sono entrambi infondati.

4.1. In merito al primo, è doveroso rilevare -a conferma e completamento della motivazione della sentenza di primo grado- che, anche qualificando il provvedimento caducatorio come revoca, le ragioni di questa non sono affatto svincolate dall’aggiudicazione definitiva in favore del costituendo RTI CCC, in quanto, pur se non coincidenti con gli asseriti vizi di illegittimità denunciati da Valori, rinvengono il loro fondamento negli esiti delle indagini penali riguardanti condotte collusive ascritte ad alcuni dirigenti del COCIV ed al r.u.p. per favorire l’aggiudicazione proprio al costituendo RTI CCC; inoltre, nei confronti di quest’ultimo (o meglio, dell’ATI Integra, subentrata a CCC per effetto dell’atto di affitto d’azienda del 20 aprile 2016) e Iterga Costruzioni Generali s.p.a. la determinazione del rinnovato Comitato direttivo si atteggia anche come risoluzione per inadempimento contrattuale, in considerazione dei gravi ritardi nel dare avvio ai lavori.

A ciò consegue che -a prescindere dalla fondatezza delle violazioni penalmente rilevanti come configurate nell’ordinanza cautelare assunta dal g.i.p. del Tribunale di Genova (per le quali l’avviso di conclusione delle indagini preliminari non risulta essere stato seguito, allo stato, dal rinvio a giudizio)- se fossero accertati come sussistenti i vizi dell’aggiudicazione definitiva denunciati dal ricorrente in primo grado, si dovrebbe concludere per l’illegittimità di quest’ultima con efficacia ex tunc.

Di qui, l’ipotizzabilità in astratto della lesione dell’interesse del ricorrente Consorzio, utilmente collocato in graduatoria, a conseguire l’aggiudicazione e la risarcibilità del danno correlato alla mancata aggiudicazione. Trattandosi di controversia relativa ad infrastruttura strategica ed essendo stato il contratto stipulato con il raggruppamento aggiudicatario sin dal 10 settembre 2015, in pendenza di giudizio, la tutela risarcitoria non avrebbe potuto già essere assicurata in forma specifica, ma, ai sensi dell’art. 125, comma 3, Cod. proc. amm., soltanto per equivalente. A quest’ultima tutela è altresì riferito il disposto dell’art. 34, comma 3, Cod. proc. amm., della cui applicazione si controverte nel caso di specie.

4.1.1. Considerato che gli artt. 122 e 124 Cod. proc. amm. costituiscono precipitati normativi del detto art. 34, comma 3, Cod. proc. amm. nelle controversie relative alle procedure di affidamento di evidenza pubblica, le premesse appena esposte comportano che:

- l’art. 34, comma 3, Cod. proc. amm. non attiene all’accertamento della risarcibilità dei danni lamentati dal ricorrente, ma soltanto all’accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato a fini risarcitori, quale (primo e fondamentale) elemento costitutivo della responsabilità della p.a. per atto illegittimo, vale a dire -essendo tale responsabilità ricondotta all’illecito aquiliano ex art. 2043 cod. civ.- attiene all’accertamento dell’ingiustizia del danno, ferma restando la necessità di accertare la sussistenza degli altri elementi della fattispecie nell’instaurando giudizio risarcitorio. Pertanto è condivisibile l’affermazione giurisprudenziale, richiamata anche da Valori, secondo cui, venuto meno l’interesse alla caducazione dell’atto, l’azione di annullamento si converte per legge in azione di accertamento di detta illegittimità (cfr. Cons. Stato, VI, 20 novembre 2017, n. 5324);

- in presenza di domanda risarcitoria, l’art. 34, comma 3, Cod. proc. amm. impone quindi l’accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati, sempre che sussista la condizione di tale azione di accertamento, cioè l’<<interesse a fini risarcitori>>, da vagliarsi, secondo la regola generale dell’art. 100 cod. proc. civ., tenuto conto delle sopravvenienze di fatto e di diritto;

- queste ultime, infatti, non sono assolutamente irrilevanti, come sembra presupporre Valori, in quanto, a seconda di quali esse siano, possono incidere sugli altri elementi costitutivi dell’illecito aquiliano, eventualmente precludendo la risarcibilità dei danni lamentati, di modo che non sarebbe (più) configurabile l’interesse del ricorrente all’accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati;

- in sintesi, l’interesse a fini risarcitori di cui all’art. 34, comma 3, Cod. proc. amm., altro non è che l’interesse alla decisione di accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati e questo sussiste solo quando non si debba escludere, già sulla scorta delle emergenze processuali del giudizio di annullamento, la sussistenza degli altri elementi costitutivi della fattispecie di illecito aquiliano;

- in tale prospettiva, rilevano le sopravvenienze atte ad incidere, in particolare, sul nesso di causalità, nella duplice prospettiva della causalità materiale o della causalità giuridica (cfr., nel senso che “In tema di illecito civile, la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e l'oggetto dell'obbligazione risarcitoria implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti: il primo è volto ad identificare il nesso di causalità materiale o "di fatto" che lega la condotta all'evento di danno; il secondo è, invece, diretto ad accertare, secondo la regola dell'art. 1223 c.c. (richiamato dall'art. 2056 c.c.), il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili”, da ultimo, Cass. sez. III, ord. 13 settembre 2019, n. 22857);

- a seconda della tipologia dei fatti o degli atti sopravvenuti, si può o meno determinare un’interruzione del nesso causale tra l’atto impugnato (della cui illegittimità si tratta) e l’evento di danno (come nel caso in cui, essendo identificato nella mancata aggiudicazione, questa non sarebbe potuta comunque conseguire in favore dell’impresa ricorrente perché non avente diritto o possibilità di subentro, ad esempio perché attinta nelle more da proprie cause di esclusione: cfr., nel senso dell’impedimento alla pretesa risarcitoria per la mancata aggiudicazione in capo all’impresa che ab origine avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, Cons. Stato, VI, 18 gennaio 2018, n. 282) ovvero un’interruzione del nesso causale tra l’evento di danno (mancata aggiudicazione) e le voci di danno di cui è chiesto il risarcimento (come nel caso della caducazione degli atti di gara per provvedimento adottato in autotutela dalla stazione appaltante).

Malgrado ciò, non può escludersi a priori che qualora le sopravvenienze consistano in provvedimenti caducatori della gara, la ricorrente conservi il diritto di vedersi riconosciuta una situazione coincidente con quella nella quale si sarebbe venuta a trovare ove l’aggiudicazione fosse stata originariamente disposta in suo favore (sempre che le fosse spettata). È questo il senso del precedente citato dalla difesa di Valori, laddove afferma che, in caso di revoca sopravvenuta dell’intera procedura, che però sarebbe stata disposta comunque anche nei confronti della ricorrente, ove fosse stata aggiudicataria, la stessa ha incidenza sulla natura e sull’entità dei danni risarcibili, da commisurarsi all’indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 (C.G.A.R.S., 9 luglio 2018, n. 387).

A maggior ragione, allora, ove si tratti di sopravvenuto annullamento d’ufficio degli atti di gara o di revoca per motivi che, nell’uno o nell’altro caso, non sarebbero stati configurabili nei confronti della ricorrente, se fosse risultata aggiudicataria, sussiste l’interesse di quest’ultima all’accertamento, ora per allora, della possibilità di conseguire l’aggiudicazione, previa dichiarazione di illegittimità degli atti impugnati ex art. 34, comma 3, Cod. proc. amm.

Nel caso di specie non è quindi irrilevante che -come anzidetto e come sottolineato nella sentenza impugnata- la determinazione caducatoria del Comitato direttivo del COCIV non avrebbe avuto ragion d’essere se l’aggiudicazione fosse stata sin dall’origine disposta in favore di Valori.

4.1.2. Parimenti non è affatto irrilevante che -come pure detto sopra- la determinazione del 9 dicembre 2016 sia sopravvenuta alla stipulazione del contratto, ma in una controversia riguardante l’appalto per infrastruttura strategica. Gli eventi successivi che riguardano l’aggiudicataria –come, nel caso di specie, il provvedimento di risoluzione del contratto per inadempimento pure contenuto nella citata determinazione del Comitato direttivo- non intaccano il diritto al risarcimento per equivalente ove spettante alla ricorrente in caso di fondatezza del ricorso, atteso che, ai sensi dell’art. 125, comma 3, Cod. proc. amm., il giudizio verte “su un rapporto obbligatorio – peraltro intercorrente esclusivamente tra l’impresa ricorrente e la stazione appaltante – scaturente da fatto illecito, e non più immediatamente e direttamente sugli atti della procedura di gara” (così Cons. Stato, VI, 18 gennaio 2018, n. 282).

4.1.3. Ribadito che, ai fini del vaglio dell’eccezione di improcedibilità sollevata da COCIV non rilevano le questioni attinenti, per un verso, alla legittimità ed alla natura (di annullamento o di revoca) del sopravvenuto provvedimento in autotutela e, per altro verso, all’entità dei danni risarcibili, va dato comunque atto dell’avvenuta impugnazione della determinazione del Comitato direttivo del 9 dicembre 2016 da parte di Valori (con separato ricorso iscritto al n. 665/19 R.G. del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte).

A maggior ragione, quindi, la non definitività del provvedimento di caducazione sopravvenuto lascia intatto l’interesse a fini risarcitori dell’appellante principale Valori.

4.1.4. Il primo motivo dell’appello incidentale va respinto.

4.2. Parimenti infondato è il secondo motivo dell’appello incidentale, con cui si ribadisce l’eccezione di improcedibilità per non avere il Consorzio ricorrente partecipato alla nuova gara relativa al lotto in contestazione.

In primo luogo, come correttamente rilevato dal primo giudice, la nuova gara indetta da COCIV rappresenta una diversa procedura soltanto comprensiva dei lavori concernenti il Lotto Pozzolo, ma nell’ambito di un affidamento avente un oggetto più ampio e diverso (essendo state accorpate due tratte o lotti, “Pozzolo-Tortona”, in luogo dell’originario lotto denominato “Pozzolo”), un importo sensibilmente superiore a quello dell’affidamento di cui si controverte (passandosi dagli inziali 68 milioni agli attuali 88 milioni circa) e per il quale erano, appunto, richiesti requisiti di qualificazione diversi da quelli previsti per il precedente affidamento.

In secondo luogo, rispetto all’interesse vantato da Valori, nel presente giudizio, a vedersi aggiudicata la gara precedentemente indetta, la mancata partecipazione alla nuova e diversa procedura non potrebbe mai operare come fatto imputabile all’impresa danneggiata idoneo ad interrompere il nesso causale con l’illegittima aggiudicazione al RTI CCC della prima procedura. Tale (asserita) illegittima aggiudicazione resta infatti la causa immediata e diretta, non solo della mancata aggiudicazione a Valori, ma anche dei danni di cui la ricorrente invoca il risarcimento.

L’interesse ad agire, già sussistente in capo a Valori -concorrente secondo graduato e ricorrente in giudizio per conseguire l’aggiudicazione e, dopo la stipulazione del contratto, per conseguire quanto meno, ai sensi dell’art. 125, comma 3, Cod. proc. amm., il risarcimento per equivalente- permane perciò, ai sensi dell’art. 34, comma 3, Cod. proc. amm. anche dopo la revoca degli atti di gara e l’indizione della nuova procedura.

4.3. L’appello incidentale va respinto e la sentenza va confermata in punto di sussistenza dell’interesse alla decisione sulla domanda risarcitoria avanzata da Valori.

5. L’appello avanzato da quest’ultimo avverso il rigetto di detta domanda va quindi esaminato nel merito.

5.1. Col primo motivo è dedotta l’erroneità della decisione sul primo mezzo del primo atto di motivi aggiunti “nella misura in cui il TAR ha ritenuto irrilevanti, ai fini della partecipazione alla gara del RTI CCC, le vicende soggettive relative alla consorziata esecutrice Coopsette, ammettendo la sostituzione di quest’ultima”.

Sostiene l’appellante che, una volta ritenuto che la presentazione di domanda di concordato “in bianco” sia causa legittima di esclusione dalla gara, non si sarebbe potuta consentire la sostituzione da parte del Consorzio della consorziata Coopsette attinta dalla causa di esclusione, senza violare i principi consolidati in tema di partecipazione alla gara dei consorzi di cooperative di produzione e lavoro e di rapporti tra consorziata esecutrice e consorzio. In particolare, mentre ai fini della qualificazione SOA si ha riguardo solo ai requisiti del consorzio, i requisiti di moralità devono essere posseduti da tutti consorziati designati in gara e, pur potendosi ammettere che i consorzi sostituiscano la consorziata designata in gara con altra, ciò non potrebbe mai avvenire per eludere o sopperire la carenza di un requisito di moralità in capo alla consorziata indicata, ma unicamente per sopravvenute ragioni organizzative e imprenditoriali, come deciso anche dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n.8/2012. Per le ragioni esposte al punto 1.b del ricorso in appello (cui è qui sufficiente fare rinvio) l’appellante, a confutazione della ratio decidendi della sentenza (che fa leva sulla autonomia giuridica ed organizzativa del consorzio di cooperative rispetto alle cooperative consorziate), insiste nel sostenere la piena applicabilità ai consorzi di cooperative della disciplina dettata per i consorzi stabili (in specie per quanto riguarda l’inammissibilità della modifica o della sostituzione della consorziata designata, ove finalizzata a superare o eludere la mancanza di un requisito di partecipazione). A conferma di tale conclusione, raggiunta dalla giurisprudenza e dall’AVCP già nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006 (applicabile nel caso di specie), l’appellante richiama gli artt. 45, 47 e 48 del d.lgs. n. 50 del 2016, con i quali si sarebbero recepite le indicazioni promananti dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, dalla giurisprudenza e dall’Autorità di settore.

5.2. Il motivo non merita accoglimento.

5.2.1. Rimasta definitivamente accertata dal giudice di primo grado la perdita del requisito soggettivo di cui all’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006 (applicabile rationetemporis) in capo alla consorziata Coopsette facente parte del consorzio di cooperative CCC, per avere presentato in data 27 maggio 2015 (dopo l’aggiudicazione provvisoria e in pendenza del procedimento di verifica del possesso dei requisiti) istanza di concordato preventivo “in bianco”, può convenirsi con l’appellante circa la controvertibilità del principio sulla base del quale la sentenza appellata ha respinto la censura. Ha infatti ritenuto possibile l’estromissione o la sostituzione della consorziata designata come esecutrice, qualora il raggruppamento aggiudicatario sia un consorzio di società cooperative di produzione e lavoro, perché rileverebbe il possesso dei requisiti in capo al solo consorzio, rivestendo soltanto quest’ultimo la qualità di concorrente. Orbene, già nel sistema normativo delineato dagli artt. 34, 35 e 36 del d.lgs. n. 163 del 2006 e dagli artt. 94 e 277 del d.P.R. n. 207 del 2010 si è ritenuta l’applicabilità ai consorzi di cooperative costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, soggetti ammessi ai pubblici appalti ai sensi dell’art. 34, comma, 1, lett. b) d.lgs. 163 del 2006 e dotati di soggettività giuridica autonoma, del divieto di modificazione soggettiva operante per i raggruppamenti di imprese e per i consorzi ordinari, in particolare affermandosi che (oltre che per il consorzio stabile) anche per il consorzio di cooperative “pur trattandosi di soggetto con struttura ed identità autonoma rispetto a quella delle cooperative consorziate, il possesso dei requisiti generali e morali ex art. 38 codice appalti deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate, dovendosi ritenere cumulabili in capo al consorzio i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 codice appalti” (così Cons. Stato Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8). In tale senso è la prevalente giurisprudenza successiva all’appena detta pronuncia dell’Adunanza plenaria, fino alla recente sentenza di questa Sezione, 5 maggio 2020, n.2849, richiamata nelle memorie conclusive dell’appellante.

5.2.2. Tuttavia, l’affermazione della possibilità per il consorzio di sostituire il soggetto indicato come esecutore dell’appalto -altrettanto presente nella giurisprudenza, sia pure con le precisazioni di cui appresso- non è stata fondata tanto, o soltanto, sulla ragione su enunciata (esplicitata nel precedente di questo Consiglio di Stato, V, 23 novembre 2018, n. 6632, richiamato in sentenza), quanto sulle ulteriori decisive ragioni, fatte proprie, tra le altre, dalla decisione della stessa sezione V, 2 settembre 2019, n. 6024 (pure richiamata nella sentenza di primo grado). In particolare, si tratta:

- dell’argomentazione per la quale “il divieto di modificazione della compagine dei raggruppamenti temporanei di imprese o dei consorzi (nella fase corrente tra la presentazione delle offerte e la definizione della procedura di aggiudicazione) è finalizzato ad impedire l’aggiunta o la sostituzione di imprese partecipanti al Rti o al consorzio, ma non anche a precludere il recesso di una o più di esse, a condizione che quelle che restano a farne parte siano comunque titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione e che ciò non avvenga al fine di eludere la legge di gara” (così testualmente Cons. Stato, V, n. 6024/19 cit.);

- dell’argomentazione che fa leva sulla distinzione tra requisiti “soggettivi” di partecipazione, in specie i requisiti di moralità e di regolarità fiscale e contributiva, e requisiti “oggettivi” (da non confondersi con quelli attinenti l’offerta), tra i quali ultimi si annovera l’assenza di procedure concorsuali, per la cui sopravvenienza già il d.lgs. n. 163 del 2006 prevedeva le deroghe al divieto di modificazione soggettiva dei raggruppamenti stabilite dall’art. 37, comma 18 e 19.

5.2.3. Il principio sotteso alla prima delle due argomentazioni si è venuto consolidando in coerenza con l’orientamento di questo Consiglio in ordine ai limiti entro i quali può ammettersi un’associazione temporanea di imprese “a geometria variabile”. In riferimento alle deroghe previste dal citato art. 37, comma 18 e 19, nel contrasto tra un’interpretazione restrittiva volta ad escludere la modificabilità della compagine al di fuori delle fattispecie ivi previste (riguardanti l’esecuzione del contratto), ed un’interpretazione meno rigorosa, che limita il divieto all’aggiunta o alla sostituzione dei componenti, non anche al venir meno senza sostituzione di alcuno pure in fase di gara e dopo l’aggiudicazione, si è preferita tale ultima opzione. Essa è stata ritenuta in linea con lo scopo del divieto di modificazione soggettiva, individuato in “quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari”, di modo che “[…] è evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all'aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l'amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell'impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi” (Cons. Stato, VI, 13 maggio 2009, n. 2964, richiamata per condivisione da Cons. Stato, Ad. plen., n. 8/2012 cit.).

Nel seguire tale orientamento, la giurisprudenza ha avuto cura di precisare sia che il recesso dell'impresa componente di un raggruppamento nel corso della procedura di gara non vale a sanare ex post una situazione di preclusione all'ammissione alla procedura sussistente al momento dell'offerta per cause di esclusione riguardanti il soggetto recedente, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti; sia che soluzione del recesso può essere seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva. La combinazione di queste due precisazioni ha portato ad escludere qualsivoglia possibilità di modificazione soggettiva del consorzio ogniqualvolta risulti che la consorziata indicata come esecutrice non avesse i requisiti di partecipazione già alla data di presentazione della domanda, ponendosi invece il problema dell’accertamento della finalità elusiva dell’esclusione soltanto quando il soggetto estromesso abbia perduto medio tempore i requisiti di partecipazione (così in termini Cons. Stato, V, n. 2849/2020 cit.).

5.2.4. Quanto, poi, alla distinzione tra requisiti di partecipazione c.d. soggettivi e quelli c.d. oggettivi (nel senso sopra specificato), rilevante ai fini della seconda delle argomentazioni su enunciate, va sottolineato come le decisioni dichiaratamente conformi ai principi seguiti nella citata pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 8/2012 siano riferite alla mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti c.d. soggettivi di partecipazione (così Cons. Stato, V, 23 gennaio 2017, n. 849, riguardante irregolarità fiscali e contributive). Questi, ai fini del principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti, vengono contrapposti alle evenienze sopravvenute alla partecipazione alla gara costituite dalle procedure concorsuali, nelle quali “non assume rilevanza il comportamento dell'operatore economico, ma il dato oggettivo della sua insolvenza giudizialmente dichiarata, mentre nel caso di difetto dei requisiti di ordine generale altrettanto non può predicarsi: in particolare, l'irregolarità fiscale ha un'ineliminabile coefficiente soggettivo di imputabilità nei confronti dell'operatore economico che versi nella situazione prevista dalla citata disposizione” (così Cons. Stato, V, 26 aprile 2018, n.2537). Per tale ragione, già nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, in un caso analogo a quello oggetto del presente giudizio, di dichiarazione di fallimento di una componente del raggruppamento intervenuta nella fase pubblicistica, precisamente dopo l’aggiudicazione provvisoria, si è ritenuto che dall’esclusione della mandante dichiarata fallita “non doveva necessariamente derivare l’esclusione dalla gara dell’intero raggruppamento”, ma che fosse sufficiente l’estromissione della fallita, dato che non poteva dirsi “disposta al fine di eludere le verifiche in ordine al possesso dei requisiti (verifiche che si erano già svolte in precedenza e con esito positivo)” e che “i residui membri del raggruppamento risultavano ex se in possesso della totalità dei requisiti di qualificazione richiesti per l’esecuzione dell’appalto […]” (Cons. Stato, V, 17 luglio 2017, n.3507). Identica conclusione è stata raggiunta, come detto, nel caso oggetto delle decisioni di questa Sezione, n. 6632/18 e n. 6024/19, richiamate nella sentenza di primo grado, riguardanti la sopravvenuta liquidazione coatta amministrativa di una consorziata indicata come esecutrice dei lavori.

5.2.5. Significativa conferma della portata generale dei principi antielusivi del divieto di modificazione soggettiva dei consorzi e dei raggruppamenti desunti, come sopra, dal sistema, per via giurisprudenziale, si rinviene nella disciplina dell’attuale codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, in specie dopo le modifiche apportate dal correttivo del d.lgs. n. 56 del 2017 all’art. 48, richiamato nel ricorso in appello. Tale disposizione detta un’apposita disciplina per le fattispecie della liquidazione giudiziale, della liquidazione coatta amministrativa, dell’amministrazione straordinaria, del concordato preventivo, della liquidazione: ove la procedura concorsuale riguardi un’impresa consorziata indicata in sede di gara dal consorzio concorrente (ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. b e c, quindi anche dai consorzi fra società cooperative) ne consente la sostituzione con un’impresa consorziata diversa “a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere in tale sede la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata” (comma 7 bis), estendendo peraltro le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19 (il quale ultimo consente il recesso di una o più imprese raggruppate, alla detta condizione ed “esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire”), per un verso, ai consorzi di cui all’art. 45, comma 2, lett. b) e c) (comma 19 bis) e, per altro verso, “anche laddove le modifiche soggettive si verifichino in fase di gara” (comma 19 ter).

Ne risulta una disciplina attuale che positivizza quanto già ritenuto dalla giurisprudenza in tema di eccezioni al principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti e dei consorzi, ma che ne amplia la portata perché non limita la deroga al recesso, ma consente la sostituzione del soggetto colpito dall’evento espulsivo, per di più non solo quando questo sopravvenga nella fase esecutiva del contratto (ipotesi, quest’ultima, disciplinata per i consorzi dal comma 7 bis), ma anche in fase di gara, fatta eccezione per la perdita dei requisiti generali dell’art. 80 cui si può ovviare soltanto in fase esecutiva (come da commi, 17, 18, 19, nonché 19 bis e 19 ter); risulta perciò positivizzato il diverso trattamento della perdita dei requisiti di moralità, rispetto alla sopravvenienza delle procedure concorsuali, disciplinate come non ostative alla partecipazione dei componenti del raggruppamento o del consorzio superstiti, anche se sopravvenute in fase di gara.

5.2.6. In conclusione, nel sistema delineato dal d.lgs. n. 163 del 2006, alla stregua della su esposta interpretazione giurisprudenziale degli artt. 36, 37 e 38, pur non essendovi spazio per le sostituzioni consentite invece dall’attuale art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. mod., le modifiche nella composizione dei raggruppamenti e dei consorzi non erano precluse in via assoluta, ma solo se artatamente preordinate al fine di impedire l’efficace controllo in ordine al possesso dei requisiti o idonee a rendere di fatto inefficace la verifica, ferma restando, una volta esclusa tale evenienza, la possibilità del recesso di una delle imprese raggruppate o consorziate, purché le rimanenti avessero i requisiti adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire.

5.3. Applicando i principi di cui sopra al caso di specie, si ha che la sopravvenuta istanza di concordato “in bianco” da parte di Coopsette, seguita dalla liquidazione coatta amministrativa, pur essendo causa di esclusione della consorziata, ma operando come causa di modifica “in sottrazione” del Consorzio CCC, non ha comportato un’elusione delle verifiche in ordine al possesso dei requisiti, che erano già in corso.

Inoltre, non è risultato smentito quanto già affermato in primo grado da COCIV circa il fatto che il Consorzio CCC aggiudicatario ha indicato, oltre Coopsette, anche un’altra impresa esecutrice (Unieco) che avrebbe potuto eseguire da sola tutti i lavori (cfr. la memoria del 13 febbraio 2016), né risulta che il Consorzio CCC, a seguito dell’esclusione della cooperativa posta in stato di liquidazione coatta, abbia perso i requisiti per partecipare alla gara o che non fosse più nel possesso della totalità dei requisiti di qualificazione richiesti per l'esecuzione dei lavori.

A fronte di tali risultanze, e non avendo Valori nemmeno dedotto la carenza dei requisiti in capo al Consorzio ed alla consorziata esecutrice superstiti, va escluso che la sostituzione di Coopsette, comunicata il 5 novembre 2015, dopo la stipulazione del contratto, rilevi a sfavore del Consorzio aggiudicatario, assumendo piuttosto portata neutra rispetto a quanto accaduto nella pendenza del subprocedimento di verifica del possesso dei requisiti.

5.4. Il primo motivo dell’appello principale va respinto.

6. Col secondo motivo è dedotta l’erroneità della decisione di rigetto del secondo mezzo del primo atto di motivi aggiunti “nella misura in cui il TAR ha ritenuto irrilevanti, ai fini della partecipazione alla gara del RTI CCC, l’irregolarità fiscale e contributiva ricorrente a carico di Coopsette. Omesso esame di profili rilevanti della censura”.

6.1. In proposito, il primo giudice ha ritenuto che la censura fosse smentita per tabulas dalla documentazione prodotta in gara (e in atti) dalla consorziata Coopsette, e in particolare dal DURC rilasciato dall’INPS in data 27 aprile 2015, in cui si afferma che l’impresa “risulta regolare ai fini del DURC” (doc. 22 COCIV), e dall’attestazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate il 20 aprile 2015, in cui si attesta che a carico di Coopsette “non risultano gravi violazioni definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse”.

6.2. L’appellante obietta che dal bilancio della Coopsette per il 2013 sarebbe emerso un monte complessivo di debiti fiscali e previdenziali immediatamente esigibili pari a 14 milioni circa e che, a seguito del mancato rispetto del precedente accordo di ristrutturazione del debito omologato nel 2013, risultavano iscritte, alla data del 23 aprile 2015, azioni esecutive e cautelari a beneficio dell’Erario ed altre azioni sarebbero risultate iscritte successivamente, di modo che, come si legge in ricorso, <<l’intervenuta cessazione ex lege all’epoca dell’aggiudicazione dell’effetto di “congelamento” delle azioni esecutive e del beneficio della rateizzazione conseguente all’inadempimento di Coopsette rispetto al piano di ristrutturazione infruttuosamente intrapreso, ed il successivo esito negativo della procedura di concordato in bianco, offrono definitiva riprova della sicura rilevanza ai fini dell’esclusione delle irregolarità denunciate dall’esponente>>. In sintesi, secondo l’appellante, i debiti fiscali e contributivi appostati in bilancio e confluiti nelle procedure avviate e non onorate da Coopsette sarebbero stati definitivi ed esigibili all’epoca dell’aggiudicazione a termini dell’art. 38, co. 1, lett. g) e i), e co. 2 del d.lgs. n. 163 del 2006. In senso contrario non varrebbe la documentazione richiamata nella sentenza di primo grado, dato che sia il DURC rilasciato dall’INPS in data 27 aprile 2015 che l’attestazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate in data 20 aprile 2015 riguardano un lasso temporale precedente alla presentazione della domanda prenotativa di concordato intervenuta in data 27 maggio 2015 a seguito -secondo l’appellante- del mancato adempimento del piano di ristrutturazione del debito del 2013, oltre al fatto che il DURC attesta la regolarità contributiva di un’impresa fino a due mesi prima rispetto alla data di rilascio del certificato.

6.3. Il motivo è infondato.

La parte appellante muove dalla tesi che l’inadempienza di Coopsette rispetto al piano di ristrutturazione dei debiti omologato nel 2013, comportando il venir meno dei benefici in precedenza conseguiti, avrebbe determinato la posizione di irregolarità contributiva e fiscale di Coopsette.

L’assunto non è condivisibile, considerato che:

- non è dimostrato, ed anzi è stato contestato in giudizio (cfr. la memoria di CCC del 6 febbraio 2016), che il piano di ristrutturazione avesse ad oggetto debiti fiscali; tanto più che, come pure osservato dalla controinteressata, il bilancio di Coopsette rappresenta la situazione economica, patrimoniale e finanziaria di tutte le consorziate, di modo che gli unici dati presenti in giudizio concernenti la posizione contributiva e fiscale del Consorzio sono quelli valorizzati dal primo giudice;

- ferme restando perciò le risultanze favorevoli a Coopsette alle date del 20 aprile 2015 (attestazione dell’Agenzia delle Entrate), del 4 giugno 2015 (certificato dei carichi tributari pendenti rilasciato dall’Agenzia delle entrate) e del 27 aprile 2015 (DURC), il sopravvenuto mancato rispetto del piano di ristrutturazione dei debiti non determina l’effetto “automatico” sostenuto dall’appellante, attese, per un verso, la portata novativa del piano medesimo e, per altro verso, la preminenza dell’istanza di concordato preventivo, seguita dalla liquidazione coatta amministrativa (nelle quali procedure concorsuali sono ovviamente confluiti i debiti iscritti a bilancio, che sono perciò rimasti privi di autonoma ed immediata esigibilità da parte dell’Erario, a termini dell’art. 38, comma 1, lett. g e i del d.lgs. n. 163 del 2006); sono quindi le procedure concorsuali a costituire causa espulsiva dalla gara e dall’affidamento della consorziata Coopsette, nei termini e con le conseguenze di cui si è detto trattando del primo motivo.

Perciò va respinto anche il secondo motivo di appello.

7. Col terzo motivo è dedotta l’erroneità della decisione di prime cure “nella misura in cui il TAR ha ritenuto tardive le censure relative al quarto atto di motivi aggiunti”. L’appellante sostiene che gli ulteriori profili di illegittimità dell’aggiudicazione sono stati dedotti da Valori sulla base di quanto emerso a seguito della pubblicazione, in data 31 ottobre 2016, dell’ordinanza n. 14064/14 Mod. 21 e 5830/16 R.G. G.I.P. del Tribunale di Genova, mentre non avrebbero potuto essere “conosciuti ufficialmente e nella loro integrità” prima della pubblicazione di tale ordinanza. Pertanto, solo da questo momento sarebbe cominciato a decorrere il termine di trenta giorni previsto dalla legge per la proposizione di motivi aggiunti. Vengono perciò integralmente riproposte in appello le censure non esaminate in primo grado.

7.1. Il motivo è infondato.

Le vicende estranee al procedimento di affidamento concluso con l’aggiudicazione impugnata, in particolare le vicende penali che involgono condotte tenute dalla p.a. o da altri soggetti coinvolti nel procedimento medesimo, non operano -come pretenderebbe l’appellante- come ragioni di rimessione in termini per la proposizione di motivi aggiunti all’impugnazione principale.

Vi osta la norma dell’art. 43, primo comma, ultimo periodo, Cod. proc. amm. per il quale ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, ivi compresa quella relativa ai termini, da leggersi in combinato disposto con l’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., l’una e l’altro riferiti alla conoscenza (o conoscibilità) degli atti della procedura di gara.

In merito all’interpretazione delle norme appena richiamate, è sufficiente fare rinvio all’articolata motivazione della recente decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, 2 luglio 2020, n. 12, che ha concluso con l’affermazione dei seguenti principi di diritto:

<<a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;

b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;

c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;

d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;

e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.>>.

7.2. Le vicende penali riguardanti i procedimenti amministrativi non solo non sono di per sé causa di nullità ex post degli atti amministrativi che siano conseguenza di condotte integranti reato (come da giurisprudenza pacifica, espressa, tra l’altro, da Cons. Stato, sez. V, 17 febbraio 2014, n. 755; Sez. VI, 31 ottobre 2013, n. 5266; Ad. Plen., n. 3 del 1976, richiamate nella sentenza di questa Sezione, 4 maggio 2015, n. 2237, cui adde, successivamente, nello stesso senso Cons. Stato, IV, 20 gennaio 2015, n. 143), ma nemmeno consentono la “riapertura” dei termini di impugnazione dell’aggiudicazione per vizi originati dalla conduzione del procedimento di gara, anche quando -come nel caso di specie- si assuma che gli stessi siano stati resi conoscibili soltanto a seguito delle emergenze del processo penale. Oggetto del giudizio di annullamento restano gli atti di gara, e non anche i fatti che li avrebbero determinati, sicché è dalla conoscenza (o conoscibilità) dei primi che decorre il termine di impugnazione, secondo i principi di diritto sopra riportati.

7.3. Va quindi respinto anche il terzo motivo di appello.

8. Il rigetto dei primi tre motivi di appello comporta l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del quarto motivo, concernente l’affermazione (pronunciata dal primo giudice “solo per completezza”, quindi con motivazione dichiaratamente ad abundantiam) della carenza di prova sull’esistenza e sull’ammontare dei danni risarcibili.

Entrambi tali profili restano assorbiti dal definitivo mancato accertamento giurisdizionale dell’illegittimità degli atti impugnati per i vizi denunciati dal ricorrente Valori, che comporta l’insussistenza del presupposto dell’ingiustizia dei danni da questo lamentati per la mancata aggiudicazione.

9. In conclusione vanno respinti l’appello principale e quello incidentale.

9.1. La soccombenza reciproca consente la compensazione integrale delle spese del grado tra le due parti appellanti.

Le spese vanno compensate per giusti motivi tra l’appellante principale e R.F.I., chiamata in causa soltanto col quarto atto di motivi aggiunti, al dichiarato fine di mantenere integro il contraddittorio nell’eventualità della successione di R.F.I. a COCIV nella gestione dell’appalto de quo, senza peraltro che alcuna domanda sia stata formulata da Valori nei confronti di R.F.I., in primo grado o in appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, principale e incidentale, come in epigrafe proposto, li respinge.

Compensa le spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la pronuncia in commento, la V Sezione del Consiglio di Stato di sofferma sulla questione relativa ailimiti entro i quali può ammettersi un’associazione temporanea di imprese “a geometria variabile”.

In particolare, in riferimento alle deroghe previste dall’art. 37, comma 18 e 19 del Codice dei contratti pubblici, il Collegio rileva l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale.

Al primo orientamento, di tipo restrittivo, volto ad escludere la modificabilità della compagine al di fuori delle fattispecie previste dall’articolo sopra citato - riguardanti la sola fase esecutiva del contratto – si contrappone un’interpretazione meno rigorosa, che da un lato limita il divieto all’aggiunta o alla sostituzione dei componenti e, dall’altro, non esclude il venir meno di uno di essi - senza sostituzione - sia in fase di gara che dopo l’aggiudicazione, 

Nel preferire tale ultima opzione, il Collegio ha ritenuto come questa debba essere interpretata in linea con lo scopo del divieto di modificazione soggettiva, individuato in “quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari”, di modo che “[…] è evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all'aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l'amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell'impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi” (Cfr. i precedenti orientamenti pretori, pur se anteriori all’entrata in vigore del D.lgs 50/2016: Cons. Stato, VI, 13 maggio 2009; n. 2964Cons. Stato, Ad. plen., n. 8/2012).

Nel seguire tale orientamento, la giurisprudenza ha avuto cura di precisare sia che il recesso dell'impresa componente di un raggruppamento nel corso della procedura di gara non vale a sanare ex post una situazione di preclusione all'ammissione alla procedura sussistente al momento dell'offerta per cause di esclusione riguardanti il soggetto recedente, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti; sia che soluzione del recesso può essere seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva. 

La combinazione di queste due precisazioni ha portato ad escludere qualsivoglia possibilità di modificazione soggettiva del consorzio ogniqualvolta risulti che la consorziata indicata come esecutrice non avesse i requisiti di partecipazione già alla data di presentazione della domanda, ponendosi invece il problema dell’accertamento della finalità elusiva dell’esclusione soltanto quando il soggetto estromesso abbia perduto medio tempore i requisiti di partecipazione(così in termini Cons. Stato, V, n. 2849/2020 cit.).

Per completare l’analisi, il Collegio si sofferma poi sulla distinzione tra requisiti di partecipazione c.d. soggettivi e quelli c.d. oggettivi, rilevante ai fini dell’argomentazione relativa alla possibilità di recedere purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti.

Per tale ragione, già nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, nei casi esemplificativi di dichiarazione di fallimento o di sopravvenuta liquidazione coatta amministrativa di una componente del raggruppamento intervenuta nella fase pubblicistica, precisamente dopo l’aggiudicazione provvisoria, si è ritenuto che dall’esclusione della mandante dichiarata fallita “non doveva necessariamente derivare l’esclusione dalla gara dell’intero raggruppamento”, ma che fosse sufficiente l’estromissione della fallita, dato che non poteva dirsi “disposta al fine di eludere le verifiche in ordine al possesso dei requisiti (verifiche che si erano già svolte in precedenza e con esito positivo)” e che “i residui membri del raggruppamento risultavano ex se in possesso della totalità dei requisiti di qualificazione richiesti per l’esecuzione dell’appalto […]” (Cons. Stato, V, 17 luglio 2017, n.3507). 

Significativa conferma della portata generale dei principi antielusivi del divieto di modificazione soggettiva dei consorzi e dei raggruppamenti desunti, come sopra, dal sistema, per via giurisprudenziale, si rinviene nella disciplina dell’attuale codice dei contratti pubblici, in specie dopo le modifiche apportate dal correttivo del d.lgs. n. 56 del 2017, ove all’art. 48 si detta un’apposita disciplina per le fattispecie della liquidazione giudiziale, della liquidazione coatta amministrativa, dell’amministrazione straordinaria, del concordato preventivo, della liquidazione: ove la procedura concorsuale riguardi un’impresa consorziata indicata in sede di gara dal consorzio concorrente (ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. b e c, quindi anche dai consorzi fra società cooperative) ne consente la sostituzione con un’impresa consorziata diversa “a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere in tale sede la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata” (comma 7 bis), estendendo peraltro le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19 (il quale ultimo consente il recesso di una o più imprese raggruppate, alla detta condizione ed “esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire”), per un verso, ai consorzi di cui all’art. 45, comma 2, lett. b) e c) (comma 19 bis) e, per altro verso, “anche laddove le modifiche soggettive si verifichino in fase di gara” (comma 19 ter).

Ne risulta una disciplina attuale che positivizza quanto già ritenuto dalla giurisprudenza in tema di eccezioni al principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti e dei consorzi, ma che ne amplia la portata perché non limita la deroga al recesso, ma consente la sostituzione del soggetto colpito dall’evento espulsivo, per di più non solo quando questo sopravvenga nella fase esecutiva del contratto (ipotesi, quest’ultima, disciplinata per i consorzi dal comma 7 bis), ma anche in fase di gara, fatta eccezione per la perdita dei requisiti generali dell’art. 80 cui si può ovviare soltanto in fase esecutiva (come da commi, 17, 18, 19, nonché 19 bis e 19 ter); risulta perciò positivizzato il diverso trattamento della perdita dei requisiti di moralità, rispetto alla sopravvenienza delle procedure concorsuali, disciplinate come non ostative alla partecipazione dei componenti del raggruppamento o del consorzio superstiti, anche se sopravvenute in fase di gara.