Cons. Stato, sez. III, 4 settembre 2020, n. 5358

1. Per essere assoggettata all’onere dell’impugnazione immediata, la clausola della lex specialis deve essere oggettivamente ed immediatamente escludente nei confronti di tutti gli operatori economici indistintamente, tanto da concretizzare l’astratta impossibilità per un qualsiasi operatore “medio” di formulare un’offerta, o comunque un’offerta economicamente sostenibile.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1229 del 2020, proposto dalla
Abbott S.r.l., in persona del procuratore speciale pro tempore, dott.ssa Giuseppina Almanza, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Lirosi e Marco Martinelli, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso lo studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & partners, in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 20

contro

Azienda Unità Sanitaria Locale di Teramo, in persona del direttore generale f.f., avv. Maurizio Di Giosia, rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Referza e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia

nei confronti

Roche Diagnostics S.p.A. – Società Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, avv. Giorgia Inara Marin, rappresentata e difesa dagli avv.ti Jacopo Emilio Paolo Recla ed Andrea Manzi, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Confalonieri, n. 5

per la riforma,

previa sospensione dell’esecuzione,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – L’Aquila, Sez. I, n. 602/2019 del 2 dicembre 2019, resa tra le parti e non notificata, con cui è stato accolto il ricorso principale R.G. n. 345/2019, presentato da Roche Diagnostics S.p.A. avverso gli atti della procedura aperta indetta dall’A.U.S.L. di Teramo per la fornitura in noleggio quinquennale di sistemi analitici e attrezzature per l’esecuzione di indagini diagnostiche per le attività dell’area dei laboratori analisi della medesima A.U.S.L., di chimica clinica, immunochimica, virologia ed ematologia, con somministrazione dei reagenti e di tutto il relativo materiale di consumo, da destinare alle Unità Operative Diagnostiche dell’Azienda Sanitaria Locale di Teramo, nella parte riguardante il lotto n. 21 e, in particolare, della determinazione di aggiudicazione dell’appalto, con riferimento al lotto n. 21 (aggiudicato ad Abbott S.r.l.), mentre è stato respinto il ricorso incidentale della stessa Abbott S.r.l..

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Roche Diagnostics S.p.A. – Società Unipersonale;

Visto l’appello incidentale della Roche Diagnostics S.p.A.;

Visti la memoria di costituzione e difensiva e contestuale appello incidentale dell’A.U.S.L. (Azienda Unità Sanitaria Locale) di Teramo;

Viste le domande di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata e preso atto del rinvio della causa al merito;

Viste le memorie difensive, i documenti e le repliche delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 120 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.);

Visto l’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con l. 24 aprile 2020, n. 27;

Visto, altresì, l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv. con l. 25 giugno 2020, n. 70;

Relatore nell’udienza del 16 luglio 2020 il Cons. Pietro De Berardinis e uditi per le parti gli avv.ti Antonio Lirosi, Pietro Referza, Andrea Manzi e Jacopo Emilio Paolo Recla, tutti in collegamento da remoto in videoconferenza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO

Con il ricorso in epigrafe la Abbott S.r.l. (d’ora in poi: “Abbott”) propone appello avverso la sentenza del T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, Sezione I^, n. 602/2019 del 2 dicembre 2019, chiedendone la riforma, previa sospensione.

La sentenza appellata ha accolto il ricorso R.G. n. 345/2019, presentato da Roche Diagnostics S.p.A. – Società Unipersonale (d’ora in avanti: “Roche Diagnostics” od anche solo “Roche”) nei confronti degli atti della procedura aperta indetta dall’Azienda Unità Sanitaria Locale (“A.U.S.L.”) di Teramo per la fornitura in noleggio quinquennale di sistemi analitici e attrezzature per l’esecuzione di indagini diagnostiche per le attività dell’area dei laboratori analisi della stessa A.U.S.L., di chimica clinica, immunochimica, virologia ed ematologia, con somministrazione dei reagenti e di tutto il materiale di consumo, da destinare alle Unità Operative Diagnostiche dell’Azienda Sanitaria Locale di Teramo, nella parte relativa al lotto n. 21 e, in particolare, nei confronti della determinazione di aggiudicazione dell’appalto, con riferimento al lotto n. 21.

Il suindicato lotto, avente ad oggetto “la fornitura in service di sistemi automatici nuovi di fabbrica e di ultima generazione per l’esecuzione di test dell’Area siero”, per un importo annuo a base di gara pari ad € 2.400.000,00 (e quindi per complessivi € 12.000.000,00 nel quinquennio) è stato aggiudicato ad Abbott, la quale ha ottenuto nella gara il punteggio totale di 100,000, mentre Roche si è classificata al secondo posto con punti 97,501.

La ricorrente principale Roche Diagnostics ha impugnato il ridetto esito della gara, formulando tredici motivi di ricorso. In particolare, con il primo motivo ha lamentato l’illegittimità degli atti impugnati per la mancata esclusione di Abbott dalla gara: ciò poiché l’aggiudicataria avrebbe offerto un sistema analitico denominato “ARCHITECT”, che tuttavia non sarebbe “di ultima generazione”, né sarebbe “l’ultimo modello presente sul mercato”, come richiesto dalla legge di gara, avendo la stessa Abbott proposto sul mercato dal 2016 un nuovo sistema analitico denominato “ALINITY”, che costituirebbe l’evoluzione tecnologica del sistema “ARCHITECT”.

L’A.U.S.L. di Teramo e la Abbott S.r.l. si sono costituite nel giudizio di primo grado, resistendo alle domande attoree. Ambedue hanno evidenziato nel merito, tra l’altro, che il sistema “ARCHITECT” sarebbe rispettoso delle prescrizioni della lex specialis, poiché questa avrebbe richiesto un sistema analitico con il requisito di essere di ultima generazione o, in alternativa, di essere l’ultimo modello presente sul mercato, cosicché gli ora visti requisiti non sarebbero stati prescritti in via cumulativa, come invece preteso dalla ricorrente principale.

Abbott S.r.l. ha proposto, inoltre, ricorso incidentale, censurando a sua volta la mancata esclusione di Roche dalla gara e deducendo a sostegno delle sue pretese due motivi di gravame.

Con la sentenza impugnata il T.A.R. Abruzzo – L’Aquila ha accolto il ricorso principale di Roche Diagnostics, giudicando fondato il primo motivo di questo ed assorbendo tutti gli altri motivi, mentre ha respinto il ricorso incidentale di Abbott.

Nell’atto di appello Abbott contesta l’iter argomentativo e le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di primo grado, deducendo con un unico motivo le seguenti censure: error in judicando in relazione al primo motivo del ricorso di primo grado, violazione e falsa applicazione dell’art. 2.1 del capitolato speciale, della scheda tecnica del lotto n. 21, e degli artt. 83, comma 8, e 94, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e del principio del favor participationis.

Si è costituita nel giudizio di appello l’A.U.S.L. di Teramo, depositando appello incidentale, con cui ha chiesto la riforma, previa sospensione, della sentenza del T.A.R. Abruzzo – L’Aquila n. 602/2019, nella parte in cui ha accolto il primo motivo del ricorso principale. Nell’appello incidentale l’Azienda ha formulato il seguente unico motivo: error in judicando per violazione e falsa applicazione della legge di gara e dei criteri di ermeneutica.

Si è inoltre costituita in giudizio la Roche Diagnostics S.p.A. – Società Unipersonale, proponendo a sua volta appello incidentale, con cui ha dedotto i seguenti motivi:

1) error in judicando: violazione ed errata interpretazione dell’art. 2 del capitolato speciale d’appalto, violazione della scheda tecnica del lotto n. 21, violazione dell’art. 94, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, nonché eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e irragionevolezza manifesta;

2) error in judicando: violazione ed errata interpretazione dell’art. 2 del capitolato speciale d’appalto, violazione della scheda tecnica del lotto n. 21, violazione dell’art. 94, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, nonché eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e irragionevolezza manifesta, sotto diverso profilo;

3) error in judicando: violazione ed errata interpretazione dell’art. 2 del capitolato speciale d’appalto, violazione della scheda tecnica del lotto n. 21, violazione dell’art. 94, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, nonché eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e irragionevolezza manifesta, sotto un ulteriore profilo.

Nella camera di consiglio del 5 marzo 2020, fissata per la discussione delle domande di sospensione della sentenza appellata, su accordo delle parti il Presidente del Collegio ha disposto il rinvio della causa all’udienza pubblica.

In prossimità dell’udienza di merito, le parti hanno depositato ulteriori documenti (Roche), nonché memorie difensive e repliche.

All’udienza del 16 luglio 2020, tenutasi in collegamento da remoto con le modalità di cui all’art. 84 del d.l. n. 18/2020 (conv. con l. n. 27/2020) ed all’art. 4 del d.l. n. 28/2020 (conv. con l. n. 70/2020), la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Forma oggetto dell’appello principale di Abbott S.r.l. la sentenza del T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, Sez. I, n. 652/2019, con cui è stato accolto il ricorso principale proposto da Roche Diagnostics S.p.A. – Società Unipersonale nei confronti degli atti della gara per l’affidamento della fornitura in noleggio quinquennale di sistemi analitici e attrezzature per l’esecuzione di indagini diagnostiche per le attività dell’area dei laboratori analisi dell’Azienda U.S.L. di Teramo di chimica clinica, immunochimica, virologia ed ematologia, con somministrazione dei reagenti e di tutto il relativo materiale di consumo, da destinare alle Unità Operative Diagnostiche della predetta A.U.S.L., nella parte riguardante il lotto n. 21 e, in specie, nei confronti dell’aggiudicazione di tale lotto all’Abbott S.r.l..

L’adito T.A.R. ha invece respinto il ricorso incidentale proposto dalla medesima Abbott S.r.l. avverso la mancata esclusione di Roche dalla gara.

Contro la sentenza appellata insorgono, altresì, l’Azienda U.S.L. di Teramo e la Roche Diagnostics, proponendo a loro volta distinti (e contrapposti) appelli incidentali.

In dettaglio, con il primo motivo del ricorso di primo grado – accolto dai giudici di prime cure, che gli hanno riconosciuto carattere assorbente – Roche ha contestato la mancata esclusione dalla gara di Abbott per avere questa offerto il sistema analitico “ARCHITECT”, il quale, però, non soddisferebbe i requisiti di essere di ultima generazione, nonché di essere l’ultimo modello presente sul mercato, prescritti dall’art. 2.1 del capitolato speciale d’appalto.

L’aggiudicataria – ha sostenuto Roche – disporrebbe di un sistema di ultima generazione, che sarebbe anche l’ultimo modello presente sul mercato e che si chiama “ALINITY”: tale sistema, oltre ad essere conforme agli ora visti requisiti dell’art. 2.1 cit., soddisferebbe altresì la soglia minima prescritta dalla lex specialis (80% degli analiti richiesti), sicché neanche da questo punto di vista sarebbe giustificata la scelta dell’aggiudicataria di offrire “ARCHITECT”, anziché “ALINITY”.

Al riguardo, è opportuno riportare da subito il testo dell’art. 2.1 del capitolato speciale d’appalto, il quale così recita: “I sistemi analitici proposti dovranno essere di ultima generazione, ovvero l’ultimo modello presente sul mercato, nuovi di fabbrica, non ricondizionati e perfettamente rispondenti ai requisiti minimi indicati”.

Dal canto suo, la scheda tecnica relativa al lotto n. 21 – anch’essa invocata dalle parti a sostegno delle rispettive tesi – ha previsto, all’art. 1, che: “Il presente capitolato tecnico ha per oggetto la fornitura in service di sistemi automatici nuovi di fabbrica e di ultima generazione per l’esecuzione di test dell’Area siero, dimensionati secondo i volumi di attività per i sottoelencati (….)”.

Orbene, ad avviso di Roche, nell’art. 2.1 del capitolato l’espressione “ultimo modello presente sul mercato” specifica cosa debba intendersi per sistema di “ultima generazione”: è tale un sistema che rappresenti, appunto, l’ultimo modello immesso dal concorrente sul mercato.

Nondimeno – aggiunge la società – anche qualora si ritenesse che le due espressioni abbiano diverso significato, Abbott sarebbe stata comunque tenuta a offrire in gara “ALINITY”, perché questo è sia un sistema “di ultima generazione” (essendo diverso sotto il profilo tecnologico da “ARCHITECT”), sia “l’ultimo modello” dell’aggiudicataria “presente sul mercato”.

Sul punto deve aggiungersi che Abbott ha proposto ricorso incidentale avverso l’art. 2.1 del capitolato speciale, per il caso in cui l’espressione ivi contenuta “ovvero l’ultimo modello presente sul mercato” dovesse intendersi non come alternativa alla fornitura di un modello di ultima generazione, ma come volta ad imporre ai concorrenti di offrire l’ultimo modello di sistema analitico commercializzato e/o presente sul mercato. Così interpretato, infatti, l’art. 2.1 cit. violerebbe il principio di tassatività delle cause di esclusione e si porrebbe, inoltre, in contrasto con la giurisprudenza formatasi in materia, la quale, ove non siano specificati ulteriori requisiti tecnici, intende per “sistema di ultima generazione” quello che corrisponde ai requisiti richiesti dalla legge di gara.

Il T.A.R. ha condiviso la doglianza della ricorrente principale – disattendendo, invece, quelle della ricorrente incidentale – sulla base delle seguenti argomentazioni:

- nel caso di specie l’espressione “sistema di ultima generazione” deve intendersi come sinonimo di “ultimo modello presente sul mercato”, perché così impone di intenderla l’art. 2.1 del capitolato, in cui la seconda espressione (“ultimo modello presente sul mercato”) costituisce esplicazione della prima (“sistema di ultima generazione”). La congiunzione “ovvero”, che raccorda le due espressioni, non può quindi intendersi come disgiuntiva, cioè tale da prevedere in alternativa due diversi requisiti (il sistema può essere o di ultima generazione, oppure, in alternativa, l’ultimo modello presente sul mercato). Infatti l’art. 1 della scheda tecnica del lotto n. 21 parla di sistemi “di ultima generazione” tout court, senza altre indicazioni, mentre l’art. 2.1 cit. parla di sistema “di ultima generazione, ovvero l’ultimo modello presente sul mercato”: per conseguenza, se “ultimo modello presente sul mercato” fosse concetto alternativo a quello di sistema “di ultima generazione”, vi sarebbe un contrasto tra la previsione speciale della scheda tecnica e la previsione generale del capitolato, con il corollario che quest’ultima non troverebbe in parte qua applicazione. Dunque, l’interpretazione della congiunzione “ovvero” come disgiuntiva, anziché come esplicativa, porterebbe ad un’interpretazione soppressiva dell’art. 2.1 del capitolato speciale, in contrasto con il criterio ermeneutico previsto dall’art. 1367 c.c. (principio di conservazione, valevole anche per gli atti amministrativi), ai sensi del quale le singole clausole vanno interpretate nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno;

- l’interpretazione, in base alla quale la congiunzione “ovvero” nel caso di specie ha valenza non già disgiuntiva, ma esplicativa, è inoltre conforme ai criteri logici, poiché è ragionevole che la stazione appaltante, chiedendo come prodotto di ultima generazione l’ultimo modello presente sul mercato, intenda avere macchine per le quali, proprio perché più avanzate tecnologicamente, si può confidare che sia più agevole trovare (se del caso) componenti sostitutivi;

- non può accedersi alla tesi della ricorrente incidentale, secondo cui l’interpretazione dell’espressione “ultimo modello presente sul mercato” come esplicativa di sistema “di ultima generazione” urterebbe contro il principio di tassatività delle cause di esclusione e contrasterebbe con la giurisprudenza che intende quale sistema “di ultima generazione” quello conforme ai requisiti fissati dalla legge di gara. Infatti, relativamente al primo punto, poiché la clausola della lex specialis di cui si discute (art. 2.1 del capitolato speciale) ha valore di clausola escludente dei sistemi che non corrispondono all’ultimo modello immesso sul mercato , ove il sistema “ARCHITECT” rientri tra questi (e quindi la sua offerta sia preclusa dalla suddetta previsione del capitolato speciale), la clausola in discorso avrebbe dovuto essere impugnata da Abbott entro il termine di decadenza decorrente dalla pubblicazione del bando, il che non è, però, avvenuto. Quanto, poi, al secondo punto, il T.A.R. osserva che, dal momento che nel caso di specie l’espressione “ultimo modello presente sul mercato” ha un significato esplicativo del concetto di sistema “di ultima generazione” e va a specificare cosa si debba intendere con detto requisito, non trova applicazione il criterio residuale indicato dalla giurisprudenza citata nel ricorso incidentale, secondo cui il prodotto “di ultima generazione”, in assenza di specifiche previsioni della legge di gara che chiariscano cosa debba intendersi con tale prodotto, è quello conforme ai requisiti richiesti dalla lex specialis di gara e non può essere ancorato alla data di immissione in commercio del prodotto stesso;

- precisato, dunque, che il capitolato speciale assegna all’espressione “sistema di ultima generazione” il significato convenzionale di “ultimo modello presente sul mercato”, il sistema “ALINITY”, per la sentenza appellata, introduce, rispetto al sistema “ARCHITECT” offerto in gara, rilevanti modifiche qualitative, che lo rendono l’evoluzione tecnologica di questo e, perciò, lo fanno essere un modello “di ultima generazione, ovvero l’ultimo modello presente sul mercato”: in altre parole, il modello che l’aggiudicataria avrebbe dovuto offrire in base all’art. 2.1 del capitolato;

- inoltre, il sistema analitico “ALINITY” soddisfa la richiesta del capitolato di coprire l’80% degli analiti elencati nella scheda tecnica, perché ne copre 75 su 93 e, perciò, non ne copre 18. L’obiezione di Abbott, per cui esso non ne coprirebbe 19 e, quindi, non raggiungendo l’80% previsto dalla legge di gara, non avrebbe potuto essere offerto, è infondata in fatto, poiché – evidenzia il T.A.R. – uno dei 19 analiti indicati da Abbott (il “DHEA-S”) in realtà non rientra tra i 93 analiti elencati nella scheda tecnica. Ne deriva che il limite minimo dell’80% (75/93) è soddisfatto da “ALINITY”: quest’ultimo, perciò, anche da tale punto di vista era il sistema analitico che l’aggiudicataria sarebbe stata tenuta ad offrire;

- i due motivi del ricorso incidentale di Abbott sono entrambi infondati: il primo perché – come già visto – si incentra sull’interpretazione della congiunzione “ovvero”, contenuta nell’art. 2.1 cit., come disgiuntiva, ma tale interpretazione non è corretta; il secondo, perché volto a contestare la cadenza della manutenzione programmata offerta da Roche (in tesi: non semestrale ma annuale), ma si tratta di doglianza infondata in fatto, l’offerta di Roche essendo conforme alla legge di gara.

Nell’appello principale Abbott censura la sentenza impugnata, sostenendo che le argomentazioni in essa contenute e qui sintetizzate sarebbero tutte erronee e/o infondate.

In particolare:

1) sistema “di ultima generazione” e “ultimo modello presente sul mercato” sarebbero espressioni dal significato diverso, come precisato dalla consolidata giurisprudenza, secondo cui la nozione di prodotto “di ultima generazione” non può essere interpretata come comportante l’obbligo di offrire il modello più recente disponibile all’interno del catalogo dell’impresa concorrente: il passaggio di un prodotto da una generazione ad un’altra non può essere ancorato né ad un parametro temporale, né all’introduzione di modifiche qualitative più o meno rilevanti, ma presuppone un cambiamento radicale degli standards tecnologici ai quali la sua progettazione e realizzazione si ispirano. Dunque – conclude la giurisprudenza richiamata dall’appellante – in mancanza di precisi parametri tecnici per stabilire cosa sia un sistema “di ultima generazione”, il prodotto che rispetti integralmente i requisiti minimi richiesti espressamente dalla lex specialis dovrà intendersi, agli effetti di quella specifica gara, come “di ultima generazione”;

2) nella gara in esame, quindi, un concorrente avrebbe potuto altrettanto legittimamente presentare o un sistema di ultima generazione – inteso come prodotto che soddisfa i requisiti minimi previsti dalla lex specialis (e il sistema analitico “ARCHITECT”, nel caso di specie, li rispetterebbe) – o l’ultimo modello presente sul mercato, alla stregua, altresì, della libertà del concorrente di formulare l’offerta ritenuta più conveniente, avuto riguardo alle regole tecniche della legge di gara;

3) “ARCHITECT” sarebbe sistema “di ultima generazione” perché – diversamente da quanto opinato da Roche – le differenze rispetto ad esso di “ALINITY” non sarebbero tali da far ritenere che il secondo sia un sistema “di ultima generazione” nei confronti del primo. In realtà, come affermato di recente da questa Sezione con sentenza n. 2663 del 24 aprile 2019 – indicata dall’appellante principale nella memoria finale –, “ALINITY” ed “ARCHITECT” sarebbero sistemi che, pur con talune differenze, avrebbero tecnologie analoghe e qualità analitica identica;

4) del resto, la stessa Roche avrebbe offerto un prodotto che non sarebbe l’ultimo modello da essa immesso sul mercato: in particolare, per quanto riguarda la catena (sistema di automazione), la società appellata avrebbe “offerto una preanalitica P612 con centrifuga integrata, attaccata ad un nastro (CCM), sistema di stoccaggio refrigerato Cobas p501”, ossia un sistema di automazione in cui taluni degli strumenti assemblati insieme per creare la catena (in specie: la preanalitica P612 e il CCM) non sarebbero gli ultimi immessi sul mercato dalla ridetta società;

5) sul piano interpretativo, non ci sarebbero contrasti tra la scheda tecnica relativa al lotto n. 21 e l’art. 2.1 del capitolato speciale d’appalto, per la ragione che la nozione di sistema “di ultima generazione” comprende anche – ma non solo – quella di “ultimo modello presente sul mercato”, mentre la seconda non esaurisce la prima, potendovi essere sul mercato prodotti di ultima generazione che, tuttavia, non sono l’ultimo modello commercializzato da un determinato operatore. Ciò – secondo l’appellante – significherebbe che quando la scheda tecnica del lotto n. 21 richiede la fornitura di “sistemi automatici di ultima generazione”, senza specificare altro, la stessa consente indifferentemente ai concorrenti di fornire sia modelli che non siano l’ultimo presente sul mercato, sia modelli che invece lo siano, senza alcun contrasto con l’art. 2.1 del capitolato speciale: in questo, infatti, la congiunzione “ovvero”, da intendere in senso disgiuntivo e non esplicativo/cumulativo, consentirebbe l’offerta tanto dell’un tipo di modelli, quanto dell’altro;

6) peraltro i giudici di prime cure avrebbero trascurato che la scheda tecnica del lotto n. 21 (la sola da applicarsi a pena di esclusione) non fa alcun riferimento alla presentazione dell’“ultimo modello presente sul mercato” e ciò starebbe a significare che questo non è un requisito prestazionale minimo presidiato dalla sanzione espulsiva, il che tanto più rileverebbe nella materia degli appalti, in cui vige (com’è noto) il principio di tassatività delle cause di esclusione. Né il T.A.R. avrebbe considerato la portata del principio del favor participationis, il quale, nel caso di dubbi interpretativi – come quelli che potrebbero derivare dalla non completa uniformità di formulazione tra l’art. 2.1 del capitolato e la scheda tecnica del lotto n. 21 –, impone di privilegiare l’interpretazione che consenta la più ampia partecipazione alla gara;

7) in ogni caso, Abbott non avrebbe potuto offrire in gara “ALINITY”, poiché questo sistema non soddisferebbe il requisito della copertura di almeno l’80% degli analiti richiesti dalla scheda tecnica del lotto n. 21. Infatti, anche togliendo dall’elenco il “DHEA-S”, come fatto dai giudici di prime cure, resterebbero comunque 19 (su 93) gli analiti non disponibili con “ALINITY”, in quanto nell’elenco degli analiti non disponibili sarebbe compreso anche il “RF REUMA Test”, assente al momento della partecipazione alla gara.

Dal canto suo, l’A.U.S.L. di Teramo, nel proporre appello incidentale volto alla riforma della sentenza impugnata nello stesso senso auspicato dall’aggiudicataria Abbott, formula avverso detta sentenza le seguenti (ulteriori) considerazioni:

8) secondo l’Azienda, “ovvero” è una congiunzione la quale di regola ha un significato disgiuntivo, nel senso, cioè, che la stessa identifica il secondo termine di un binomio comportante una doppia possibilità, la quale si concretizza attraverso una scelta (o l’uno o l’altro). In altre parole, il termine “ovvero” nel caso di specie serve ad indicare un rapporto di esclusione reciproca di caratteristiche tecniche (o l’una o l’altra);

9) l’espressione “prodotto di ultima generazione” formerebbe oggetto di un indirizzo interpretativo costante da parte della giurisprudenza amministrativa, in base al quale tale espressione non potrebbe essere interpretata come comportante l’obbligo del concorrente di offrire il modello più recente. Le coordinate per individuare le caratteristiche minime del prodotto offerto si ricaverebbero dalle schede tecniche e non dal capitolato speciale, di tal ché: a) sarebbe irrilevante un eventuale contrasto tra la scheda tecnica relativa al lotto n. 21 e l’art. 2.1 del capitolato, b) rileverebbe solo la circostanza che la scheda in questione si riferisca unicamente ai “sistemi di ultima generazione”, senza menzionare “l’ultimo modello presente sul mercato”;

10) la sentenza appellata si sarebbe discostata dal favor participationis e non avrebbe neppure tenuto conto della mancata previsione, nel capitolato speciale, della sanzione espulsiva, che il medesimo capitolato ha circoscritto alla mancata corrispondenza tra descrizione del prodotto e caratteristiche minime indicate nelle schede tecniche allegate relative ai singoli lotti di gara (senza che, peraltro, la ricorrente in primo grado l’abbia gravato in parte qua e cioè nella parte in cui esso delimita il regime dell’esclusione);

11) sul piano pratico, sarebbe ben possibile che una società immetta sul mercato in tempi diversi più prodotti i quali, nonostante ciò, siano tutti prodotti “di ultima generazione”: infatti, il passaggio da una generazione all’altra di prodotti non si basa sul mero parametro temporale, o su mere modifiche qualitative, ma presuppone il radicale cambiamento degli standards tecnologici in base ai quali il prodotto stesso è progettato e realizzato: cambiamento degli standards a cui si associano requisiti prestazionali strutturali significativamente diversi rispetto ai precedenti.

Infine, l’appello incidentale di Roche – la quale, ovviamente, mira a conservare l’esito a sé favorevole del giudizio di primo grado – è rivolto a censurare la sentenza del T.A.R., lì dove questa, oltre ad accertare che “ARCHITECT” non è l’ultimo modello di sistema analitico prodotto da Abbott presente sul mercato, non ha altresì rilevato che “ARCHITECT” non costituisce nemmeno un sistema di ultima generazione: ad avviso di Roche, infatti, rispetto ad “ARCHITECT”, il sistema “ALINITY” introduce modifiche tali, specie sotto il profilo prestazionale, da far ritenere che i due analizzatori appartengano a famiglie differenti e che la nuova famiglia sia quella di “ALINITY”. Questo, pertanto, sarebbe sia “l’ultimo modello presente sul mercato”, sia il prodotto “di ultima generazione”, cosicché a nulla servirebbero le obiezioni delle controparti, per cui tali due espressioni hanno un significato diverso e la congiunzione “ovvero” ha valenza disgiuntiva, anziché esplicativa.

Così riassunte le posizioni delle parti, il Collegio rileva preliminarmente che è opportuno procedere all’esame congiunto dell’appello principale di Abbott e di quello incidentale dell’A.U.S.L. di Teramo, i quali mirano ad ottenere la riforma nello stesso senso della sentenza appellata.

Tanto premesso, il Collegio ritiene che tali due appelli siano infondati e da respingere, recando essi censure che non sono meritevoli di positiva valutazione, poiché non riescono a scalfire le motivazioni e le conclusioni dei giudici di prime cure.

La sentenza appellata si mostra, secondo il Collegio, del tutto condivisibile, anzitutto, lì dove reputa che l’art. 2.1 del capitolato speciale debba interpretarsi attribuendo alla congiunzione “ovvero” una valenza esplicativa e non disgiuntiva, come preteso dall’aggiudicataria e dell’A.U.S.L.: detta valenza, infatti, discende in particolare da quanto osserva il T.A.R. circa l’esigenza di evitare un contrasto tra l’art. 2.1 cit. e l’art. 1 della scheda tecnica relativa al lotto n. 21. Un tale contrasto scaturirebbe, invero, dall’interpretazione della congiunzione “ovvero” come disgiuntiva, perché porterebbe ad affermare che, per i sistemi oggetto del lotto n. 21, mentre il capitolato prevede in alternativa due requisiti (cioè l’essere il sistema offerto un prodotto di ultima generazione, oppure l’essere esso l’ultimo modello immesso sul mercato), la scheda tecnica ne contempla uno solo (essendo sufficiente che quello offerto sia un sistema di ultima generazione).

Il contrasto ora illustrato – osserva giustamente il T.A.R. – non potrebbe che essere composto in base al principio di specialità e, quindi, facendo esclusiva applicazione, per il lotto n. 21, della disciplina per esso approntata dalla relativa scheda tecnica. Così agendo, però, l’operazione si risolverebbe in un’interpretazione soppressiva dell’art. 2.1 del capitolato speciale d’appalto relativamente al lotto n. 21, la quale si presenta viziata sotto almeno un duplice profilo.

Da un lato, infatti, insorge un problema di uniformità di disciplina rispetto agli altri lotti dell’appalto, ai quali, non sussistendo analoga interpretazione soppressiva, continuerebbe ad applicarsi il citato art. 2.1.

Dall’altro lato – e soprattutto – la soluzione ermeneutica “soppressiva” ora indicata contrasta con il principio di conservazione degli atti giuridici, previsto quale criterio di interpretazione dei contratti dall’art. 1367 c.c. e pacificamente applicabile anche agli atti e provvedimenti amministrativi, inclusi gli atti delle gare pubbliche (C.d.S., Sez. III, 25 novembre 2016, n. 4991 e 10 dicembre 2013, n. 5917; Sez. V, 13 marzo 2014, n. 1177): ed invero, il principio di conservazione, sancito anche a livello di normazione amministrativa dall’art. 21-nonies, comma 2, della l. n. 241/1990, costituisce espressione del principio di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa di cui all’art. 1, comma 1, della stessa l. n. 241 (C.d.S., Sez. III, 10 luglio 2015, n. 3488).

Detto canone ermeneutico – osserva giustamente il T.A.R. – impone di interpretare le singole clausole della lex specialis nel senso in cui esse possano avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno e, quindi, di attribuire alla congiunzione “ovvero” contenuta nell’art. 2.1 del capitolato speciale una valenza esplicativa, anziché disgiuntiva: se, infatti, a tale congiunzione fosse attribuito un significato disgiuntivo, l’art. 2.1 cit. non produrrebbe nessun effetto in relazione al lotto n. 21 dell’appalto di che trattasi.

Peraltro, nel caso de quo il principio di conservazione depone per l’interpretazione della congiunzione “ovvero” come esplicativa, anziché disgiuntiva, sia se sviluppato sotto il profilo rilevato dal T.A.R., sia se sviluppato sotto un ulteriore profilo, ad integrazione della motivazione contenuta nella sentenza appellata.

Infatti, se l’espressione “ultimo modello presente sul mercato”, contenuta nel ridetto art. 2.1, dovesse interpretarsi come alternativa a quella “prodotto di ultima generazione”, la stessa sarebbe totalmente inutile, poiché – salvo voler ipotizzare comportamenti patologici dell’impresa – l’ultimo modello che l’impresa stessa immette sul mercato è certamente un prodotto di ultima generazione.

In altri termini, mentre non è sempre vero che un prodotto di ultima generazione è, altresì, l’ultimo modello presente sul mercato, è, invece, sempre vero che l’ultimo modello presente sul mercato è nel contempo un prodotto di ultima generazione. Ciò è pacificamente riconosciuto dalla stessa appellante principale, la quale, come si è visto sopra al punto 5), afferma che la nozione di sistema “di ultima generazione” comprende anche quella di “ultimo modello presente sul mercato”, mentre la seconda non esaurisce la prima: mentre, quindi, possono esservi sul mercato prodotti di ultima generazione, i quali non sono l’ultimo modello commercializzato dall’operatore, l’ultimo modello che costui andrà ad immettere sul mercato sarà, di regola, un prodotto di ultima generazione.

Ma se così è e se, dunque, la legge di gara avesse inteso consentire l’offerta sia di prodotti di ultima generazione, sia, in alternativa, dell’ultimo modello immesso dalla ditta sul mercato, non vi sarebbe stata alcuna necessità di utilizzare l’espressione “ovvero l’ultimo modello presente sul mercato”: alla stazione appaltante, infatti, sarebbe bastato impiegare nell’art. 2.1 del capitolato speciale soltanto l’espressione “di ultima generazione”, la quale – si ribadisce – è comprensiva anche della nozione di “ultimo modello presente sul mercato”.

In questo modo, tuttavia, si finisce per sostenere che l’espressione “ovvero l’ultimo modello presente sul mercato” è inutile e priva di significato, in palese difformità dal principio di conservazione ex art. 1367 c.c.: donde l’insostenibilità della soluzione ermeneutica prospettata da Abbott e dall’A.U.S.L. di Teramo nei rispettivi appelli.

D’altronde, è dato di comune esperienza che la congiunzione “ovvero”, pur avendo di solito valenza disgiuntiva tra due termini o due proposizioni, possa talora essere utilizzata per introdurre un termine o una proposizione con finalità esplicative del significato del (o della) precedente.

In secondo luogo, la sentenza appellata va condivisa lì dove osserva che, qualora Abbott avesse voluto censurare l’interpretazione della congiunzione “ovvero” come esplicativa, anziché disgiuntiva, essa avrebbe dovuto impugnare immediatamente la clausola della lex specialis (l’art. 2.1 del capitolato speciale) che contiene la suddetta congiunzione, trattandosi di clausola escludente.

Invero, intendere l’espressione “di ultima generazione” quale sinonimo di “ultimo modello presente sul mercato”, e ciò in forza proprio della valenza esplicativa, e non disgiuntiva, della congiunzione “ovvero”, sta a dire che nella procedura per cui è causa non erano ammessi sistemi, i quali – come “ARCHITECT” – non fossero l’ultimo modello presente sul mercato: sta a dire, in altre parole, che i concorrenti erano stati tenuti a fornire, per il lotto n. 21, unicamente prodotti che costituissero l’ultimo modello immesso dai ciascun concorrente sul mercato.

Ma, allora, la clausola della lex specialis in esame precludeva ad Abbott di offrire “ARCHITECT”, non costituendo tale sistema “l’ultimo modello presente sul mercato” e non potendo la società – a suo stesso dire – proporre in alternativa il sistema “ALINITY”, perché non rispondente ai requisiti richiesti dalla legge di gara (i.e.: perché non in grado di coprire l’80% degli analiti richiesti).

Poiché, dunque, la previsione della lex specialis in esame aveva natura di clausola escludente, Abbott avrebbe dovuto impugnarla immediatamente, entro il termine di decadenza decorrente – sottolinea correttamente il T.A.R. – dalla pubblicazione della predetta clausola: ma, non essendo ciò avvenuto, non può ora dolersi di essa.

Il punto necessita di un approfondimento.

Come specifica un recente arresto della Sezione (18 giugno 2020, n. 3905), “possono farsi rientrare nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” le fattispecie di: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Cons. St., sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671); b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. St., A.P., n. 3 del 2001); c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (Cons. St., sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980); d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. St., sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135; id., sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293); e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell'appalto: Cons. St., sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222); f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.); g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (Cons. St., sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5421)” (nello stesso v. pure C.d.S., Sez. III, 18 aprile 2017, n. 1809; Sez. VI, 11 ottobre 2016, n. 4180).

Ad eccezione delle clausole escludenti riguardanti i requisiti di partecipazione, i bandi di gara, di concorso e le lettere di invito vanno impugnati unitamente agli atti che ne fanno applicazione, poiché sono questi ultimi ad individuare il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della situazione giuridica dell’interessato: ed invero, “a fronte della clausola illegittima del bando di gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, poiché egli non sa se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo alla sua partecipazione alla procedura concorsuale e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva che solo da tale esito può derivare” (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 9 giugno 2020, n. 3695; Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 491; Sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5282, e 25 giugno 2014, n. 3023).

Va, altresì, aggiunto che, per essere assoggettata all’onere dell’impugnazione immediata, la clausola della lex specialis deve essere oggettivamente ed immediatamente escludente nei confronti di tutti gli operatori economici indistintamente, tanto da concretizzare l’astratta impossibilità per un qualsiasi operatore “medio” di formulare un’offerta, o comunque un’offerta economicamente sostenibile (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 18 luglio 2019, n. 5057; Sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293; Sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671; C.G.A.R.S., Sez. Giurisd., 20 dicembre 2016, n. 474; T.A.R. Veneto, Sez. III, 21 luglio 2017, n. 731): “un onere di impugnazione immediata di clausole contenute negli atti di indizione della gara, infatti, sussiste qualora le relative clausole impediscano, indistintamente a tutti i concorrenti, una corretta e consapevole elaborazione dell’offerta” (C.d.S., Sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6006).

Orbene, nella fattispecie all’esame, l’art. 2.1 del capitolato speciale ha natura di clausola escludente, nel senso ora precisato, poiché il divieto che essa pone di offrire un sistema “di ultima generazione” che non sia nel contempo “l’ultimo modello presente sul mercato” dà luogo ad una limitazione che vale indistintamente per tutti i concorrenti: e tale clausola è stata censurata (tardivamente) da Abbott, sia nel giudizio di primo grado, tramite il ricorso incidentale, sia ora nell’appello principale, proprio perché ritenuta impositiva di un onere sproporzionato e privo di ragionevole giustificazione, un simile onere non potendo essere giustificato – si lamenta nell’atto di appello – nemmeno dalla motivazione addotta dal T.A.R., secondo cui sottesa alla clausola della lex specialis in parola c’è la volontà della stazione appaltante di approvvigionarsi di macchine più avanzate tecnologicamente, per le quali vi sarebbe maggiore disponibilità di componenti sostitutivi.

Ma è evidente l’intempestività delle censure di Abbott – in disparte la loro fondatezza o meno –, non avendo la società provveduto all’immediata impugnazione della clausola. Vanno, perciò, condivisi i rilievi mossi sul punto dai giudici di prime cure.

Alla luce di quanto finora detto, risulta inconferente il richiamo alla giurisprudenza espressasi in tema di prodotti o dispositivi “di ultima generazione”, poiché nel caso di specie è il medesimo art. 2.1 del capitolato speciale d’appalto, nella sua seconda parte, a specificare il significato di tale espressione, che coincide con quello di “ultimo modello presente sul mercato”.

Del pari, non vi è nessuna violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, che viene impropriamente richiamato: infatti, se è vero che l’esclusione è limitata dall’art. 2 del capitolato alle difformità del prodotto offerto rispetto alla disciplina dettata dalla relativa scheda tecnica (nel caso di specie: alla disciplina dettata dalla scheda attinente al lotto n. 21), è altrettanto vero che la disciplina in questione va intesa coordinandone il significato con quanto si evince dal medesimo capitolato: in altre parole, il concetto di “sistemi di ultima generazione”, contenuto nella scheda tecnica del lotto n. 21, va inteso alla luce dell’analogo concetto contenuto nell’art. 2.1 del capitolato, che, come si è più volte detto, coincide con quello di “ultimo modello presente sul mercato”.

Non sussiste, quindi, alcun contrasto tra le due previsioni della lex specialis ora citate, o quantomeno l’apparente contrasto si supera mediante il coordinamento e l’armonizzazione delle stesse: ma ciò sta a dire che, nella fattispecie all’esame, l’offerta di un sistema analitico che non fosse l’ultimo modello presente sul mercato era sanzionata dalla legge di gara con l’esclusione, in perfetta aderenza all’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016, trattandosi di difformità del prodotto dai requisiti minimi previsti dalla lex specialis di gara.

Per la stessa ragione, è pure infruttuoso il richiamo al principio del favor participationis, che assume rilievo qualora la legge di gara contenga clausole ambigue, oscure, malamente formulate, equivoche o che si prestino, comunque, ad incertezze interpretative (giurisprudenza costante: cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. III, 10 settembre 2019, n. 6127, 7 febbraio 2018, n. 781, 24 ottobre 2017, n. 4903, e 13 maggio 2015, n. 2388). Qui, invece, l’apparente antinomia tra le previsioni della legge di gara viene superata nel modo sopra visto, attraverso il coordinamento e l’armonizzazione delle stesse, cosicché non residuano dubbi interpretativi sulla loro portata.

Ancora, è del tutto irrilevante, ai fini che qui interessano, la natura dei prodotti offerti da Roche, in quanto la circostanza che anch’essa non abbia offerto, almeno in parte, l’ultimo modello presente sul mercato, quand’anche venisse dimostrata, nulla toglierebbe all’illegittimità dell’aggiudicazione della gara ad Abbott, la cui offerta dovrebbe comunque venire esclusa. Altrettanto irrilevante è, infine, la circostanza che l’aggiudicataria potesse o meno offrire il sistema “ALINITY”, trattandosi in ogni caso di una difficoltà soggettiva del concorrente nel predisporre l’offerta.

In conclusione, l’appello principale di Abbott e l’appello incidentale dell’A.U.S.L. di Teramo sono nel loro complesso infondati e da respingere.

L’infondatezza delle riferite impugnazioni fa sì che non residui alcun interesse ad esaminare l’appello incidentale di Roche, che deve, perciò, essere dichiarato improcedibile.

Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del giudizio di appello, stante la complessità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza (III^), così definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

- respinge l’appello principale dell’Abbott S.r.l. e l’appello incidentale dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Teramo;

- dichiara improcedibile l’appello incidentale della Roche Diagnostics S.p.A.;

- compensa integralmente le spese del giudizio di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con il pronunciamento in commento, la III sezione del Consiglio di Stato ha avuto modo di affrontare la tematica relativa alla corretta individuazione del dies a quodi decorrenza del termine decadenziale per contestare la disciplina di gara.

Com’è noto, la valutazione della tempestività del ricorso nel rito appalti è all’origine di un animato dibattito tra gli operatori del diritto, ancora oggi non definitivamente sopito, nell’ottica d’individuare il punto di equilibrio tra le esigenze primarie di certezza dei rapporti giuridici e di effettività della tutela giurisdizionale.

Sul quadro giurisprudenziale di riferimento, invero ondivago, è intervenuta recentemente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 2 luglio 2020, n. 12, cui si rinvia al fine di un compiuto approfondimento della materia relativa al momento a partire dal quale devono essere computati i termini di proposizione del ricorso avverso gli atti di gara.

Ragioni di ordine espositivo inducono a limitare il presente approfondimento al regime impugnatorio del bando, quale strumento d’indizione di una procedura a evidenza pubblica, al fine di evitare che la vastità del tema induca a esulare dai confini tracciati dalla sentenza in commento.

In proposito, giova premettere che la normativa rilevantein subjecta materia si rinviene notoriamente nella disciplina settoriale di cui all’art. 120, comma 5, D. Lgs. 18/4/2016, n. 50, in combinato disposto con la regolamentazione generale sulla notificazione del ricorso giurisdizionale amministrativo dettata all’art. 41 c.p.a..

In linea di principio, a mente delle citate disposizioni, gli atti di gara devono essere impugnati entro un termine decadenziale di trenta giorni, decorrente i. dalla data di ricezione della comunicazione di avvenuta aggiudicazione; ii. dalla pubblicazione del bando caratterizzato da autonoma lesività iii. ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza della lesività del provvedimento.

La citata normativa ha conferito rango legislativo a un orientamento pretorio consolidato e risalente, il quale valorizza il carattere lesivo delle prescrizioni contenuti lex specialisai fini della configurabilità di un onere di tempestiva contestazione, in omaggio ai generali principi in materia di attualità dell’interesse a ricorrere.

Secondo la granitica giurisprudenza amministrativa, cui si allinea la sentenza in nota,gli atti che danno avvio alla gara devono essere impugnati in via posticipata, unitamente al provvedimento conclusivo della procedura, dal momento che tale è l’atto idoneo a generare una lesione attuale e concreta al bene della vita al quale aspira l’operatore economico (cfr., tra le numerose, Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2020, n. 3695; idem sez. III, 2 febbraio 2015, n. 491).

Tuttavia, in ipotesi eccezionali e tassative, la legge di gara è dotata di autonoma efficacia lesiva di talché gli aspiranti concorrenti devono contestarne l’illegittimità in via diretta, senza attendere l’esito della competizione (cfr., tra le numerose, Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9).

Nel dettaglio, l’impugnazione immediataè necessaria qualora si censuri:

i.l’indizione in radice della gara o, di converso, la mancata indizione stante l’affidamento del contratto disposto in via diretta; 

ii.la presenza di clausole del bando munite di portata immediatamente escludente.

Come precisato dai Giudici di Palazzo Spada, tale ultima eventualità è integrata in ipotesi di disposizioni della lex specialis idonee a precludere indistintamente a tutti gli operatori economici di partecipare alla competizione, impedendo loro una corretta e consapevole formulazione dell’offerta (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 18 luglio 2019, n. 5057; idem 22 ottobre 2018, n. 6006).

Tanto premesso, la statuizione in rassegna è meritevole di particolare attenzione nella parte in cui ha enucleato specificamente le singole fattispecie concretanti prescrizioni immediatamente escludenti, compendiando gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti in materia.

In particolare, il Consiglio di Stato ha ricondotto a tale genus:

a.le clausole impositive di oneri incomprensibili o sproporzionati ai fini della partecipazione;

b.le regole che rendono la partecipazione impossibile o incongruamente difficoltosa;

c.le disposizioni determinanti l’impossibilità di calcolare la convenienza tecnica ed economica della partecipazione o l’abbreviazione irragionevole dei termini per presentare l’offerta;

d.le condizioni negoziali incidenti sul rapporto contrattuale in termini di obiettiva non convenienza o eccessiva onerosità; 

e.le prescrizioni impositive di obblighi contra ius;

f.i bandi gravemente carenti di dati essenziali per la formulazione dell’offerta o con indicazione di formule matematiche del tutto errate;

g.gli atti di gara mancanti dell’indicazione dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso.

In definitiva, applicando le sovraesposte coordinate ermeneutiche al caso di specie, il Supremo Consesso amministrativo ha rilevato la non tempestività delle censure formulate dal concorrente rispetto a una specifica prescrizione contenuta nella lex specialis, ritenuta impositiva di un onere sproporzionato e irragionevole ai fini della partecipazione alla gara.

Difatti, a ben vedere, la contestata disposizione avrebbe dovuto essere impugnata in via diretta e immediata, entro il termine di decadenza decorrente dalla pubblicazione del bando, alla luce della portata immediatamente escludente.