Cons. Stato, sez. III, 17 agosto 2020, n. 5063
Il principio di equivalenza è diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una mera verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell’offerta delle specifiche tecniche inserite nella lex specialis; pertanto esso non può subire una lettura limitativa ma deve, al contrario, godere di un particolare favore perché è finalizzato a sodisfare l’esigenza primaria di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici, pur ragguagliando l’equivalenza alla funzionalità di quanto richiesto dalla pubblica Amministrazione con quanto offerto in sede gara.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10716 del 2019, proposto da
Greiner Bio-One Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca Aliverti, Domenico Greco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Domenico Greco in Roma, largo Messico, n. 7;
contro
Regione Piemonte, Azienda Sanitaria Locale di Biella, Azienda Sanitaria Locale di Novara, Azienda Sanitaria Locale di Vercelli, Azienda Sanitaria Locale del Verbano Cusio Ossola non costituiti in giudizio;
Aou Maggiore della Carita', in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Cinzia Picco, Paolo Scaparone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Becton Dickinson Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Stefanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 01171/2019, resa tra le parti, concernente l’affidamento per la fornitura per prelievi sottovuoto e sistemi per microprelievo pediatrico di campioni biologici destinati alla diagnostica di laboratorio occorrenti alle aziende sanitarie;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Becton Dickinson Italia S.p.A. e di AOU Maggiore della Carità;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2020 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Francesca Aliverti, Domenico Greco, Cinzia Picco, Paolo Scaparone e Andrea Stefanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con la sentenza n. 1171 del 25 novembre 2019 il TAR Piemonte ha respinto il ricorso proposto dalla società Greiner Bio-One Italia S.r.l. avverso la deliberazione del Direttore Generale dell’AOU Maggiore della Carità di Novara n. 1115 del 27 dicembre 2018, avente ad oggetto l’aggiudicazione dell’ “Appalto congiunto per l'affidamento della fornitura per prelievi sottovuoto e sistemi per microprelievo pediatrico dei campioni biologici destinati alla diagnostica di laboratorio occorrenti alle aziende sanitarie dell'AIC n. 3 (AOU Maggiore della Carità di Novara, ASL NO, ASL BI, ASL VCO e ASL VC) per un periodo di mesi 36 oltre a mesi 24 di rinnovo” nella parte relativa all’aggiudicazione dell’appalto relativo al lotto 1 in favore della Becton Dickinson s.p.a.
Unitamente a tale provvedimento, la società ricorrente aveva impugnato tutti gli atti del procedimento (indicati nell’epigrafe del ricorso) chiedendo la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato ed il risarcimento del danno in forma specifica, mediante subentro, ed in forma generica, per equivalente.
2. - La controversia si riferisce a lotto 1, avente ad oggetto “le provette sottovuoto per raccolta ematica e dispositivi per l’accesso venoso dotato di dispositivi di sicurezza” (per un valore complessivo di euro 3.986.439,16 oltre IVA) e, in particolare, riguarda la fornitura delle provette con “trattamento litio eparina di 13x75 mm”.
Con riferimento alle provette di cui al lotto 1, il capitolato tecnico (pagg. 40 e 41) prevedeva che “tutti i prodotti devono avere un periodo di validità (periodo intercorrente tra la data di produzione e quello di scadenza) minimo indicato nell’allegato A e devono essere consegnati alle aziende sanitarie richiedenti con almeno i tre quarti della loro validità temporale, in caso contrario l’accettazione della merce sarà rimessa al giudizio della singola azienda sanitaria destinataria della fornitura”. Il capitolato tecnico prevedeva poi le caratteristiche specifiche delle provette, quanto a trasparenza, materiali, resistenza, tipologia di membrana, tenuta, tappi, ecc. L’allegato A veniva nuovamente richiamato nel capitolato tecnico (pag. 46) per specificare che i colori dei tappi delle provette ivi richiesti e indicati erano “obbligatori” e che “le misure riportate nell’allegato A sono da considerarsi indicative: si precisa che nella presente procedura si darà applicazione al ‘principio dell’equivalenza’ nelle modalità e termini di cui all’articolo 68, 7 comma (Specifiche tecniche) del codice”.
L’allegato A al Capitolato speciale consisteva in una tabella intitolata “Caratteristiche dei prodotti” ove erano indicati, su varie colonne, il tipo di articolo richiesto, il trattamento, le dimensioni in millimetri, il volume indicativo, la sterilità, i colori obbligatori, gli ulteriori colori richiesti e il periodo di validità minimo.
Per le provette litio-eparina in questione, tale periodo di validità era fissato in 12 mesi.
2.1 - Per taluni dei prodotti oggetto di fornitura (ma non per quello di specie), gli operatori avevano posto dei quesiti – proprio in ordine al periodo minimo di validità – alla Stazione Appaltante (cfr. quesiti nn. 26 e 27, doc. 7 di parte ricorrente, fasc. primo grado), la quale aveva precisato, in relazione a un prodotto per cui era stato indicato un periodo di validità minimo di 18 mesi, che in realtà doveva intendersi 16 mesi; analoga precisazione in relazione a un altro prodotto per il quale era stato indicato periodo di 16 mesi, ma per il quale erano sufficienti 15 mesi di validità.
2.2 - Relativamente al lotto 1, avevano presentato offerta la società Greiner Bio One Italia s.r.l. e la società Becton Dickinson Italia s.p.a.
Durante la procedura di gara, nelle sedute del 22 giugno 2018 e del 24 luglio 2018, la Commissione Giudicatrice aveva esaminato le offerte tecniche delle partecipanti per il lotto 1, ritenendo quella di Greiner conforme alle caratteristiche richieste dalla documentazione di gara. Quanto all’offerta di Becton, in data 23 agosto 2018, la Commissione aveva chiesto spiegazioni tecniche, non rinvenendo nella documentazione di gara il periodo di validità minimo della provetta oggetto di fornitura.
L’impresa aveva risposto con nota del 11 settembre 2018 (cfr. doc. 4 dell’Azienda Ospedaliera e allegati, fasc. primo grado) precisando che “la provetta in questione […] può essere utilizzata per un periodo massimo di 11 mesi dalla data di produzione (scadenza) e, nella versione con etichetta pirografata, e già da tempo in uso, con piena soddisfazione, presso tre degli enti afferenti alla procedura in oggetto. […] Nel caso in oggetto la validità temporale (cioè il tempo massimo, a disposizione dell’utilizzatore, per l’impiego del prodotto) coincide per scadenze di 11 e 12 mesi. Tale minima differenza è difatti irrilevante poiché operativamente il prodotto in questione sarà comunque consegnato con una validità temporale minima di nove mesi in ottemperanza a quanto richiesto”.
2.3 - La Commissione giudicatrice ha stabilito quindi, in data 18 settembre 2019, di “accogliere le giustificazioni fornite dalla sopracitata ditta, ritenendo che la soluzione proposta ottempera in maniera equivalente ai requisiti definiti nel Capitolato Tecnico, alla luce dell’art. 68, comma 7, del decreto legislativo n. 50/2016 e s.m.i.”.
2.4 - All’esito del confronto concorrenziale, l’offerta di Becton Dickinson era ritenuta la migliore per il lotto 1 e la Stazione Appaltante aveva adottato disposto l’aggiudicazione in suo favore con delibera n. 1115 del 27 dicembre 2018.
2.5 - Nel giudizio di primo grado si erano costituite sia l’AOU Maggiore della Carità di Novara che la società controinteressata chiedendo il rigetto dell’impugnativa.
Quest’ultima aveva anche proposto due ricorsi incidentali, il primo diretto ad ottenere l’annullamento della disposizione del capitolato speciale di gara nella parte in cui indicava il periodo di validità della provetta quale “minimo” e, il secondo, diretto a censurare le determinazioni della commissione di gara nella parte in cui non aveva escluso l’offerta della ricorrente principale Greiner Bio One Italia s.r.l.
3. - Come già anticipato, con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso disponendo l’assorbimento dei due ricorsi incidentali.
4. - Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto appello, articolato sulla base di tre motivi di impugnazione, chiedendone la riforma e reiterando la richiesta risarcitoria in forma specifica (mediante subentro nella fornitura) e per equivalente.
4.1 - Si sono costituiti la stazione appaltante e la controinteressata chiedendo il rigetto dell’appello.
La controinteressata ha riproposto, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. i motivi dei due ricorsi incidentali proposti in primo grado ed assorbiti dal TAR.
4.2 - Le parti hanno depositato scritti difensivi a sostegno delle rispettive tesi, anche in replica.
5. - All’udienza pubblica, tenutasi da remoto, del 16 luglio 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.
6. - L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
7. - Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo che il mancato possesso del requisito di validità della provetta per 12 mesi – in presenza del requisito della validità residua di 9 mesi – non potesse condurre all’esclusione dalla gara, sia perché la clausola della lex specialis presentava margini di ambiguità, sia perché il prodotto doveva ritenersi equivalente a quello descritto nel capitolato tecnico, come ritenuto dalla Commissione giudicatrice; tenuto conto dell’infondatezza del ricorso il primo giudice ha disposto l’assorbimento dei ricorsi incidentali in quanto non rilevanti ai fini della decisione.
7.1 - Nell’atto di appello è stata censurata la decisione del TAR mediante la proposizione di tre motivi con i quali è stata denunciata, in estrema sintesi, l’erroneità della sentenza sotto i seguenti profili:
1) per aver male interpretato la lex specialis (art. 2.4 del CSA, pag. 27, in combinato disposto con quanto previsto a pag. 41 dello stesso capitolato e con l’Allegato A che, nel caso di specie, prevedeva la validità della provetta pari a 12 mesi);
2) per errata applicazione del principio di equivalenza recato dall’art. 68 comma 7 d.lgs. n. 50/2016; 3) per errata decisione in riferimento alla doglianza relativa alla falsa dichiarazione resa dall’aggiudicataria circa la conformità del prodotto.
8. - Le doglianze possono essere esaminate congiuntamente essendo tra loro connesse.
8.1 - In appello la ricorrente ha reiterato la propria impostazione secondo cui i due requisiti indicati nel capitolato di gara (la validità minima della provetta di 12 mesi ed il periodo di validità residua all’atto della consegna della provetta pari ai ¾ della validità) avrebbero dovuto essere presenti congiuntamente, con la conseguenza che la provetta offerta dalla aggiudicataria – avente validità di 11 mesi - non sarebbe stata conforme delle specifiche tecniche previste dal capitolato di gara, ed avrebbe dovuto essere esclusa anche se rispondente al requisito della validità residua.
Secondo l’appellante, infatti, il requisito della validità non avrebbe potuto essere “assorbito” da quello della validità residua, assolvendo ad una diversa funzione.
Tale requisito sarebbe stato previsto a pena di esclusione, come emergerebbe chiaramente dalla lettura della lex specialis, che contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, non avrebbe presentato margini di ambiguità essendo chiarissima nel prevedere la presenza congiunta dei due requisiti: non sarebbe stato, quindi, possibile accedere ad un’interpretazione di tipo funzionale, idonea a giustificare l’ammissione dell’offerta in base al principio del favor partecipationis.
Quanto al principio di equivalenza, in base al quale la Commissione di gara aveva ritenuto ammissibile l’offerta della controinteressata, ne ha rilevato l’erronea applicazione sostenendo che sarebbe stata così consentita la presentazione di un prodotto difforme, in sostanza un “aliud pro alio”, senza che la società offerente avesse fornito la prova dell’equivalenza in sede di offerta; ha poi aggiunto che “la validità minima” e, quindi, la scadenza del prodotto, non avrebbe potuto ritenersi una specifica tecnica e cioè uno standard espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione capace di individuare determinate caratteristiche del dispositivo, che avrebbe potuto essere posseduto da un altro prodotto privo della specifica indicata, essendo – invece – una caratteristica descrittiva del bene che non avrebbe potuto essere surrogata da un prodotto ontologicamente diverso, con la conseguenza che il giudizio di equivalenza, ai sensi dell’art. 68, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016, reso dalla Commissione di gara sarebbe affetto da vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
Tenuto conto della difformità del prodotto offerto rispetto alle specifiche tecniche richieste dal CSA sussisterebbe anche la falsa dichiarazione resa dalla società aggiudicataria, che avrebbe dovuto condurre all’esclusione dalla gara per violazione dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del codice degli appalti.
9. - La prospettazione dell’appellante non può essere condivisa.
A prescindere dagli aspetti di ambiguità della lex specialis di gara, che pure sussistono per le ragioni espresse dal TAR, è dirimente nel caso di specie il giudizio di equivalenza reso dalla Commissione di gara dopo aver esaminato i chiarimenti forniti dalla società Becton Dickinson Italia.
9.1 - Secondo la giurisprudenza il principio di equivalenza "permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione" (cfr. Cons. Stato, III, Cons. di Stato, sez. III, 18 settembre 2019 n. 6212, id n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017; n. 6561/2018)";
La norma dell’art. 68 del codice degli appalti, in attuazione del principio comunitario della massima concorrenza (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 18 settembre 2019, n. 6212), è finalizzata a che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche. Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto (Cons. Stato, Sez. III, n. 7450/2019; id. 2093/2020 )
La giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della norma recata dal citato art. 68, non ha avuto esitazioni ad affermare la regola della possibilità per l’Amministrazione di ammettere prodotti equivalenti (Cons. St., sez. IV, 26 agosto 2016, n. 3701; id., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5494), che – come si è detto – risponde al principio del favor partecipationis, perchè assicura un ampliamento della platea dei concorrenti.
"L'art. 68, comma 7, del D.Lgs. n. 50 del 2016 non onera i concorrenti di un'apposita formale dichiarazione circa l'equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, n. 2013/2018; n. 747/2018)."
Da ciò consegue che non può essere condivisa l’interpretazione restrittiva della norma prospettata dall’appellante.
Neppure rileva la non conformità del prodotto offerto con quello delineato dalle specifiche tecniche:
la giurisprudenza della Sezione ha precisato che “Il principio di equivalenza presuppone la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante” (Cons. St., sez. III, 22 novembre 2017, n. 5426).
Tale principio “è diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell'offerta delle specifiche tecniche inserite nella lex specialis” (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 28/09/2018, n. 5568; Consiglio di Stato sez. III 02 marzo 2018 n. 1316).
Pertanto “il criterio dell’equivalenza non può subire una lettura limitativa o formalistica ma deve, al contrario, godere di un particolare favore perché è finalizzato a sodisfare l’esigenza primaria di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici: ovviamente l’equivalenza va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla pubblica Amministrazione con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto” (cfr. CGA 20/7/2020 n. 634).
Le specifiche tecniche hanno, infatti, il compito di rendere intellegibile il bisogno che la stazione appaltante intende soddisfare con la pubblica gara più che quello di descrivere minuziosamente le caratteristiche del prodotto offerto dai concorrenti.
Pertanto, il prodotto può ritenersi equivalente laddove - pur essendo carente di taluno e/o taluni requisiti indicati nella lex specialis – nondimeno soddisfi alla stessa maniera l’interesse perseguito dalla stazione appaltante e, quindi, garantisca lo stesso risultato preventivato con l’introduzione della specifica tecnica.
Deve ribadirsi, quindi, che il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara risulta legato non a formalistici riscontri, ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte: deve in altri termini registrarsi una conformità di tipo meramente funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013).
Questa Sezione, con specifico riguardo ad un appalto attinente al settore sanitario, ha ribadito che “il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) ai fini della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti e della conseguente individuazione della migliore offerta, secondo i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nel perseguimento delle propri funzioni d’interesse pubblico e nell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche, sanciti dagli articoli 41 e 97 della Costituzione” (Cons. St., III, 14 maggio 2020, n. 3081).
9.2 - Da tali principi si evince che il principio di equivalenza delle offerte è attuativo del più generale principio del favor partecipationis, costituendo espressione della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti il che comporta l’esigenza di limitare entro rigorosi limiti applicativi l’area dei requisiti tecnici minimi e di dare spazio – parallelamente ma anche ragionevolmente e proporzionalmente – ai prodotti sostanzialmente analoghi a quelli espressamente richiesti dalla disciplina di gara.
La stessa giurisprudenza ha affermato che la scelta della stazione appaltante di ammettere prodotti equivalenti costituisce espressione del legittimo esercizio della sua discrezionalità tecnica (Cons. St. sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364), e che il sindacato giurisdizionale sul giudizio di equivalenza reso in sede di gara deve attestarsi su riscontrati (e prima ancora dimostrati) vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso.
La giurisprudenza di questa Sezione ha affermato, infatti, che “una volta che l’Amministrazione abbia proceduto in tal senso, la scelta tecnico discrezionale può essere inficiata soltanto qualora se ne dimostri l’erroneità” (Cons. St., sez. III 13 dicembre 2018 n. 7039; Cons. St. n. 2093/2020).
In sintesi, se il giudizio tecnico della Commissione di gara è attendibile e immune da vizi di travisamento, illogicità, irragionevolezza, anche se opinabile, non può essere sostituito con il diverso giudizio tecnico dei consulenti di parte o del giudice.
9.3 - Venendo al caso di specie è agevole rilevare che la Commissione di gara ha ritenuto sussistente la conformità sostanziale del prodotto offerto dalla società aggiudicataria, tenuto conto che – ai fini dell’utilizzazione della provetta – ciò che rileva è la validità residua - che è stata garantita per la durata di 9 mesi così come richiesto in sede di gara.
La stessa stazione appaltante, infatti, come correttamente ricordato dal TAR nella propria sentenza, ha ritenuto – con riferimento ad analoghe prescrizioni – l’ammissibilità di prodotti con validità di poco inferiore al limite indicato nel capitolato speciale di appalto, atteso che la corretta funzionalità del dispositivo è assicurata dalla validità residua e non da quella meramente formale.
E’ opportuno inoltre sottolineare che il prodotto offerto dall’aggiudicataria dispone della marcatura CE perfettamente valida e che la parte ben poteva dimostrare “con qualunque mezzo appropriato” l’equivalenza anche senza allegare un’apposita dichiarazione, tenuto conto che la differenza tra il dispositivo offerto e quello delineato dalle specifiche tecniche doveva ritenersi meramente formale, senza che comportasse alcuna concreta incidenza per la sua utilizzazione.
9.4 - Ciò consente di superare anche l’ultimo motivo di appello, in quanto non sussiste alcuna falsa dichiarazione attesa l’equivalenza del prodotto offerto.
10. - Il rigetto dell’appello consente al Collegio di disporre l’assorbimento delle doglianze contenute nei ricorsi incidentali di primo grado, assorbite dal TAR, e riproposte ai sensi dell’art. 101, comma 2 c.p.a. dalla parte appellata.
11. - In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata che ha respinto il ricorso di primo grado.
12. - Quanto alle spese di lite sussistono i presupposti per disporne la compensazione tra le parti tenuto conto della particolarità della fattispecie esaminata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata che ha respinto il ricorso di primo grado.
Spese del grado di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2020.
GUIDA ALLA LETTURA
Con la pronuncia in esame, il Consiglio di Stato ha rilevato, preliminarmente e sulla scorta di un consolidato orientamento giurisprudenziale, come il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica. Più nel dettaglio, la possibilità di ammettere – a seguito di puntuale valutazione della S.A. – prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste (i) risponde pienamente al principio del favor partecipationis; (ii) costituisce espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione; (iii) rispetta i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nel perseguimento delle propri funzioni d’interesse pubblico e nell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche, sanciti dagli articoli 41 e 97 della Costituzione.
Detto principio viene ancorato dal legislatore nell’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016 che, in sintesi, prevede che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche. Pertanto, il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche “impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto” (ex aliis, Cons. St. nn. 7450/2019 e 2093/2020). L’art. 68 del Codice dei Contratti Pubblici non onera nemmeno i concorrenti alla prestazione di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; ed infatti, “la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis” (sul punto, Cons. St., nn. 2013/2018 e 747/2018).
Sotto altro profilo, i giudici di Palazzo Spada hanno altresì chiarito che il principio in questione “presuppone la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante”. Ed infatti, il criterio de qua è diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell'offerta delle specifiche tecniche inserite nella lex specialis. Ne consegue che, il criterio dell’equivalenza non può subire una lettura “limitativa o formalistica” ma deve, al contrario, godere di un particolare favore perché è finalizzato a sodisfare l’esigenza primaria di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici: ovviamente l’equivalenza va ragguagliata “alla funzionalità di quanto richiesto dalla P.A. con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto” (C.G.A.R.S., n. 634/2020). Il giudice di seconde cure rileva, infatti, che compito delle specifiche tecniche è rendere intellegibile il bisogno che la stazione appaltante intende soddisfare con la pubblica gara più che quello di descrivere minuziosamente le caratteristiche del prodotto offerto dai concorrenti. Di conseguenza, il prodotto può ritenersi equivalente laddove – pur essendo carente di taluno e/o taluni requisiti indicati nel bando di gara – “nondimeno soddisfi alla stessa maniera l’interesse perseguito dalla stazione appaltante e, quindi, garantisca lo stesso risultato preventivato con l’introduzione della specifica tecnica”. Va da sé, dunque, che il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara risulta legato non a formalistici riscontri, ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte; in altri termini, deve registrarsi una conformità di tipo meramente funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando (cfr. Cons. St., n. 2013/2018).
In virtù di quanto sopra, dunque, il sindacato giurisdizionale sul giudizio di equivalenza, reso in sede di gara, “deve attestarsi su riscontrati (e prima ancora dimostrati) vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso” (ex multis, Cons. St., n. 2093/2020). In sintesi, se il giudizio tecnico della commissione di gara è attendibile e immune da vizi di travisamento, illogicità, irragionevolezza, anche se opinabile, non può essere sostituito con il diverso giudizio tecnico dei consulenti di parte o del giudice.