Cons. Stato, sez. VI, 30 luglio 2020, n. 4858
Una volta consentita la modifica riduttiva della compagine del raggruppamento c.d. abbondante nei casi previsti dai commi 17 ss. dell’art. 48, d.lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm.ii., sorge l’esigenza – logica prima ancora che giuridica – di attribuire la quota dell’impresa uscita dal raggruppamento a quelle superstiti; in altri termini, la facoltà di riduzione del raggruppamento nei casi previsti dalla legge – connotati dal carattere oggettivo e imprevedibile degli eventi sopravvenuti alla presentazione dell’offerta, legittimanti la modifica – comporta la necessità di redistribuire le quote; ed infatti, i commi 17 e 19 dell’art. 48, nella versione applicabile ratione temporis, non prevedono affatto che la quota della nuova mandataria debba esattamente corrispondere a quella precedente, ma richiedono unicamente che l’operatore economico subentrante abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori oggetto dell’appalto; opinando diversamente, le quote di qualificazione e di esecuzione della mandataria originaria e di quella subentrante (originaria mandante) dovrebbero essere identiche sin dall’origine (ossia, sin dalla presentazione dell’offerta), il che condurrebbe sostanzialmente ad un’inammissibile interpretatio abrogans della disciplina che ammette le modifiche soggettive, di fatto imponendo in via cautelativa la costituzione di raggruppamenti sovrabbondanti e così immobilizzando inutilmente (e dunque irragionevolmente) i fattori produttivi aziendali di molte imprese; resta, naturalmente, ferma la necessità del possesso, in capo alla mandataria, dei requisiti di qualificazione richiesti nel bando per l’impresa singola.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1998 del 2020, proposto da Carron Bau S.r.l. - G.m.b.H., in proprio e quale capogruppo di a.t.i. con Mair Josef & Co. KG. des Mair Klaus e Di Vincenzo Dino & C. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Segalerba e Paolo Carbone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., in proprio e quale capogruppo di a.t.i. con Collini Lavori S.p.A., quest’ultima anche in proprio e in qualità di mandante, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Gerhard Brandstätter, Herwig Neulichedl e Andrea Mazzanti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Michele Costa, Laura Fadanelli, Alexandra Roilo, Renate von Guggenberg, Patrizia Pignatta e Lukas Plancker, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Michele Costa in Roma, via Bassano del Grappa, n. 24;
Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C. di Ravenna Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Frontoni e Gianluca Luzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Massimo Frontoni in Roma, via Guido d’Arezzo, n. 2;
ACP - Agenzia per i procedimenti e la vigilanza in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Astaldi S.p.A., Comunità Comprensoriale Burgraviato e relativi Comuni, non costituiti in giudizio nel presente grado;
sul ricorso numero di registro generale 2456 del 2020, proposto da Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C. di Ravenna Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Frontoni e Gianluca Luzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Massimo Frontoni in Roma, via Guido d’Arezzo, n. 2;
contro
Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., in proprio e quale capogruppo di a.t.i. con Collini Lavori S.p.A., quest’ultima anche in proprio e in qualità di mandante, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Gerhard Brandstätter, Herwig Neulichedl e Andrea Mazzanti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Michele Costa, Laura Fadanelli, Alexandra Roilo, Renate von Guggenberg, Patrizia Pignatta e Lukas Plancker, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Michele Costa in Roma, via Bassano del Grappa, n. 24;
Carron Bau S.r.l. - G.m.b.H., in proprio e quale capogruppo di a.t.i. con Mair Josef & Co. KG. des Mair Klaus e Di Vincenzo Dino & C. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Segalerba e Paolo Carbone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
ACP - Agenzia per i procedimenti e la vigilanza in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Astaldi S.p.A., Comunità Comprensoriale Burgraviato e relativi Comuni, non costituiti in giudizio nel presente grado;
per la riforma
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, n. 42/2020, resa tra le parti e concernente: affidamento dei lavori di costruzione della circonvallazione ovest di Merano, opere civili 2° lotto;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle rispettive parti appellate;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 120, commi 10 e 11, cod. proc. amm.;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Paolo Segalerba, Paolo Carbone, Gerhard Brandstätter, Karin Mussner per delega dell’avvocato Herwig Neulichedl, Andrea Mazzanti, Massimo Frontoni, Gianluca Luzi e Alexandra Roilo, in collegamento da remoto ai sensi dell’art. 4 d.-l. 30 aprile 2020, n. 28;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia inerisce alla procedura di gara per l’affidamento dei lavori di «Costruzione della circonvallazione nord ovest di Merano, Opere civili 2° lotto», al prezzo base d’asta di euro 102.635.000,00 (di cui euro 2.186.468,76 per gli oneri di sicurezza), secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, indetta dalla Provincia autonoma di Bolzano tramite l’Agenzia per i procedimenti e la vigilanza di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (ACP) con bando pubblicato il 20-23 dicembre 2016 sul Supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.
1.1. Con provvedimento del 1° settembre 2017 – comunicato agli otto concorrenti il 4 settembre 2017 ai sensi dell’art. 76, comma 5, d.lgs. n. 50/2016 – la gara veniva aggiudicata definitivamente, per un importo di euro 100.030.816,02 (al netto del ribasso offerto), all’a.t.i. CMC (composta dalla Cooperativa Muratori e Cementisti - CMC in qualità di mandataria e dalle imprese Carron Bau s.r.l., Mair Josef & KG des Mair Klaus e Di Vincenzo Dino & C. S.p.A. in qualità di mandanti), risultata prima classificata con un punteggio di 96,250 (di cui 26,250 punti per l’offerta economica e 70,00 punti per l’offerta tecnica), davanti alla seconda classificata a.t.i. PAC (composta dalla PAC S.p.A. in qualità di mandataria e dalle imprese Oberosler Cav. Pietro s.r.l., Erdbau s.r.l., Marx A.G., Bitumisarco s.r.l. e De.CoBau in qualità di mandanti) con un punteggio di 93,890 (di cui 30,00 punti per l’offerta economica e 63,89 punti per l’offerta tecnica). Seguivano, al terzo posto, l’impresa Astaldi S.p.A. con un punteggio di 85,340 (di cui 27,470 punti per l’offerta prezzo e 57,87 punti per l’offerta tecnica) e, al quarto posto, l’a.t.i. Pizzarotti (composta dalla Pizzarotti & C. S.p.A. in qualità di mandataria e dalla Collini Lavori S.p.A. in qualità di mandante) con un punteggio di 85,260 (di cui 26,910 punti per l’offerta economica e 58,35 punti per l’offerta tecnica).
1.2. Avverso tale provvedimento la seconda classificata a.t.i. PAC proponeva ricorso dinanzi al TRGA di Bolzano (rubricato sub r.g. n. 215 del 2017). Nell’ambito di tale giudizio l’aggiudicataria CMC formulava ricorso incidentale, deducendo la mancanza dei requisiti di ordine generale in capo al raggruppamento ricorrente in ragione della presentazione, da parte della mandante Oberosler, di un’istanza di concordato ‘in bianco’ ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall. (in data 21 ottobre 2017 dinanzi al Tribunale fallimentare di Bolzano, in pendenza del giudizio di primo grado). Il ricorso incidentale è stato respinto dal TRGA con la sentenza non definitiva n. 253/2018, la quale tuttavia è stata riformata in appello da questa Sezione con la sentenza n. 3984 del 13 giugno 2019 (previa pubblicazione del dispositivo in data 28 dicembre 2018), con cui è stato accolto il ricorso incidentale e dichiarato improcedibile il ricorso principale proposto dalla seconda classificata PAC; sentenza d’appello, cui si uniformava il TRGA con la sentenza definitiva n. 229 del 1° ottobre 2019 per il vincolo di giudicato endoprocessuale che ne scaturiva, confermando l’improcedibilità del ricorso principale n. 215 del 2017 e dei correlativi motivi aggiunti.
1.3. Il 28 settembre 2018 la terza classificata Astaldi depositava domanda per l’ammissione al concordato preventivo ‘in bianco’ ex art. 161, comma 6, l. fall. dinanzi al Tribunale fallimentare di Roma.
1.4. Il 4 dicembre 2018 analogo ricorso di concordato preventivo ‘in bianco’ veniva presentato dalla CMC, mandataria della compagine già risultata aggiudicataria in via definitiva, dinanzi al Tribunale fallimentare di Ravenna.
1.5. A tal punto, la quarta classificata Pizzarotti, con nota del 26 marzo 2019 inviata sia all’ACP che alla Provincia – sulla testuale premessa «che i concorrenti che precedono nella graduatoria risultano esclusi a seguito di sentenza passata in giudicato (i.e., A.T.I. con mandataria P.A.C. S.p.A., giusto dispositivo di sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, pubblicato il 28.12.2018 n. 07942/2018 reg. ric.) o da escludere secondo ius receptum […], in virtù del disposto di cui all’art. 186bis co. 6 l.f. (i.e. A.T.I. con mandataria la C.M.C. di Ravenna e A.T.I. con mandataria la società Astaldi S.p.A.)», chiedeva «che si proceda allo scorrimento della graduatoria con aggiudicazione della gara in oggetto e la stipula del contratto a proprio favore», sull’assunto che «i tre concorrenti anzidetti non potranno perciò in alcun modo né direttamente né indirettamente, né a mezzo di non consentite modifiche soggettive, stipulare ed eseguire il contratto in oggetto».
1.5.1. Con nota successiva del 30 aprile 2019, l’impresa Pizzarotti reiterava le medesime istanze già formulate con la missiva del 26 marzo 2019, assumendo la perdita del correlativo requisito di ordine generale in capo a CMC e Astaldi e precisando che «tale omissione non potrà essere sanata ex post, in virtù del principio dell’obbligo della permanenza dei requisiti di ordine generale in capo al concorrente per tutto il corso della procedura di gara, dalla data di presentazione dell’offerta, sino alla stipula del contratto di appellato (Cons. Stato, Ad. Pl., 20.07.2015, n. 8)».
1.5.2. Nel frattempo, con dichiarazione del 1° aprile 2019, le imprese Carron Bau, Mair e Di Vincenzo avevano comunicato alla stazione appaltante di aver proceduto a revocare il mandato a CMC e di costituire quale nuova mandataria la Carron Bau, in possesso di tutti i requisiti all’uopo necessari.
Le stesse, con nota 13 maggio 2019, previo richiamo alla sopravvenuta legge provinciale 29 aprile 2019, n. 2, entrata in vigore il 1° maggio 2019, sottolineavano che, anche sotto tale profilo, la diversa compagine associativa già indicata con la predetta lettera del 1° aprile 2019 doveva considerarsi in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge e dal bando, e che l’aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017 era ormai da tempo efficace, con conseguente aspettativa della compagine ad addivenire alla stipula del contratto per l’affidamento dei lavori in questione, essendo ormai scaduto il relativo termine dilatorio.
Il 14 maggio 2019 veniva poi formalizzato l’accordo tra le imprese Carron Bau, Mair e Di Vincenzo, da un lato, e la CMC, dall’altro, con il quale, anche agli effetti della vicenda concordataria in atto nei confronti di quest'ultima, si disciplinava la fuoriuscita di CMC dal raggruppamento; l’accordo veniva approvato dal Tribunale di Ravenna con provvedimento del 7 giugno 2019, comunicato dalle imprese il 23 luglio 2019 unitamente ad uno stralcio dell’accordo.
Con atto notarile del 22 maggio 2019, le imprese Mair e Di Vincenzo conferivano mandato con rappresentanza alla Carron Bau ai fini della stipula del contratto di appalto con la Provincia.
1.5.3. Con nota del 20 giugno 2019, l’impresa Pizzarotti reiterava le istanze già oggetto delle note del 26 marzo e 30 aprile 2019, con le quali erano stati «rilevati motivi di esclusione dalla procedura di gara tanto del r.t.i. C.M.C. che della soc. Astaldi» ed era stato evidenziato «come sarebbe stato contrario a legge acconsentire ad eventuali modifiche soggettive in corso di gara in quanto esse sarebbero risultate chiaramente elusive della avvenuta perdita dei requisiti di ordine generale ai sensi dell’art. 80 co. 5 lett. b) D.lgs. 50/2016 e dell’art. 186-bis L.F.» (v. così, testualmente la nota del 20 giugno 2019); essa contestava altresì l’applicabilità alla fattispecie de qua della sopravvenuta legge provinciale n. 2/2019, reiterando l’istanza di scorrimento della graduatoria.
1.5.4. L’ACP rispondeva con lettera del 26 giugno 2019, facendo presente di essere mera struttura di supporto ai committenti e che, nel caso di specie, la verifica della sussistenza dei requisiti ai fini dell’adozione dell’efficacia dell’aggiudicazione spettava alla Provincia.
1.5.5. Pizzarotti reiterava le richieste sub 1.5.3. con lettera del legale incaricato del 22 luglio 2019, cui seguiva risposta da ACP del 6 settembre 2019 dello stesso tenore di quella precedente.
1.6. La Provincia committente, con atto del 13 settembre 2020:
- prendeva atto del provvedimento del 7 giugno 2019, con il quale il Tribunale di Ravenna aveva autorizzato la modifica del raggruppamento mediante la sostituzione della CMC con Carron Bau, nonché della nota del 23 maggio 2019, con la quale Carron Bau aveva comunicato la modifica del raggruppamento attuata con atto notarile;
- rilevava che «l’offerta del predetto raggruppamento è risultata sostanzialmente la migliore al termine della procedura aggiudicata col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che tale offerta non ha subito modifiche per effetto della sostituzione del mandatario, così come confermato dalla nota di Carron Bau s.r.l. dd. 20.05.2019 […] e che CMC con nota […] dd. 21.052019 si è impegnata a mettere a disposizione le figure professionali del direttore tecnico Ing. L. Girardi, dell’assistente di cantiere Geom. D. Delvecchio e del preposto alla sicurezza Ing. C. Di Gioia»;
- «conferma[va]» di conseguenza il provvedimento di aggiudicazione del 1° settembre 2017 in favore dell’a.t.i. Carron Bau (mandataria), Mair Josef e Di Vincenzo Dino (mandanti), per l’importo complessivo di euro 100.030.816,02, comprensivo di euro 2.186.468,76 per oneri della sicurezza.
Con atto successivo del 9 ottobre 2019, la Provincia dava atto che dai controlli effettuati in capo all’aggiudicataria ai sensi dell’art. 6, comma 27, l. prov. n. 17/1993 circa il possesso dei requisiti generali e speciali di cui agli artt. 80 e 83 d.lgs. n. 50/2016 non emergevano cause di esclusione e dichiarava l’efficacia dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 32, comma 7, d.lgs. n. 50/2016.
2. Avverso gli atti del 13 settembre 2019 e del 9 ottobre 2019 Pizzarotti e Collini proponevano ricorso n. 186 del 2019 (notificato il 10-16 ottobre 2019 e depositato il 15 ottobre 2019) dinanzi al TRGA di Bolzano, il quale, previo accoglimento dell’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, con la sentenza in epigrafe (n. 42/2020) provvedeva come segue:
(i) dichiarava ammissibile l’intervento ad opponendum spiegato dalla Comunità comprensoriale Burgraviato e dai Comuni ricadenti nell’ambito del relativo comprensorio, ritenendo che le amministrazioni locali intervenute in giudizio potessero conseguire un vantaggio indiretto e riflesso dal rigetto del ricorso, in quanto interessate a un tempestivo compimento dell’opera in funzione della soluzione dei problemi di traffico di tutta la zona;
(ii) respingeva le eccezioni di inammissibilità, irricevibilità e improcedibilità del ricorso, in primis per l’omessa impugnazione dell’aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017, sollevate dalle controinteressate Carron Bau e CMC e dalle amministrazioni resistenti e intervenienti;
(iii) accoglieva il primo motivo di ricorso – con il quale le ricorrenti Pizzarotti e Collini avevano dedotto la violazione dell’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016 in riferimento all’art. 186-bis r.d. 16 marzo 1942, n. 267, dell’art. 2.5 del disciplinare di gara e dell’art. 48, comma 19, d.lgs. n. 20/2016, sotto il profilo che in capo a CMC e Astaldi sarebbe venuto meno il requisito di partecipazione di ordine generale in seguito alla presentazione di domande di concordato ‘in bianco’, e che non sarebbero consentite modificazioni successive della compagine del raggruppamento per eludere la disciplina dei requisiti di partecipazione, riferendosi la clausola di salvezza di cui al citato art. 80 unicamente alle procedure di concordato preventivo con continuità aziendale già ammesse o corredate della necessaria documentazione –, sulla base dei seguenti rilievi:
- secondo la consolidata e costante giurisprudenza amministrativa i requisiti di partecipazione devono sussistere e mantenuti in capo ai concorrenti per l’intero arco di vita del procedimento concorsuale e del rapporto contrattuale a far data dal termine per il deposito della domanda e dell’offerta fino alla completa esecuzione delle prestazioni ed al relativo pagamento (principio, affermato dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 8/2015 e riaffermato nella sentenza n. 3984/2019 della VI Sezione, di cui sopra sub 1.2., in riferimento alla situazione concernente la mandante Oberosler dell’a.t.i. seconda classificata capeggiata da PAC);
- avendo le imprese CMC e Astaldi nel corso della fase di gara presentato domanda di concordato preventivo ‘in bianco’, le stesse hanno perso il requisito di ordine generale richiesto dall’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016, e la loro successiva ammissione al concordato con continuità aziendale non poteva retroattivamente sanare la perdita del requisito (infatti, CMC versava in stato di concordato preventivo ‘in bianco’ dal 4 dicembre 2018 sino al 12 giugno 2019 con perdita della continuità del possesso dei requisiti per tale periodo, ed Astaldi dal 28 settembre 2018 al 5 agosto 2019);
- anche la lex specialis di gara (art. 2.5 del disciplinare) limitava espressamente la partecipazione alle sole imprese ammesse al concordato preventivo con continuità aziendale ai sensi dell’art. 186-bis l. fall., o che avessero presentato il ricorso diretto all’ammissione di tale procedura;
- la disciplina delineata dall’art. 80 d.lgs. n. 50/2016 non consentiva di distinguere, ai fini dell’adozione del provvedimento di esclusione, tra i diversi momenti della procedura di gara, imponendo perciò l’esclusione anche nella fase successiva all’aggiudicazione e anteriore alla stipula del contratto;
- ciò doveva valere soprattutto in un caso quale quello sub iudice, ove la Provincia si era vincolata, in sede giudiziale, a non proseguire oltre nella procedura di gara in pendenza della lite (id est alla verifica dei requisiti in capo all’aggiudicatario e all’eventuale conseguente stipula del contratto), e l’intera procedura era riemersa dalla fase di stallo solo a partire dal deposito della sentenza del Consiglio di Stato in data 13 giugno 2019, né la Provincia poteva procedere sic et simpliciter alla verifica dei requisiti di partecipazione dell’a.t.i. aggiudicataria, nel frattempo modificato dal lato soggettivo;
- infatti, l’amministrazione appaltante aveva dovuto riaprire il procedimento con successiva conferma dell’aggiudicazione e, solo una volta terminato tale fase, aveva avviato la fase della verifica dei requisiti;
- infondate erano pertanto le deduzioni di Carron, CMC e degli intervenienti, secondo cui al momento del recesso di CMC l’amministrazione avrebbe già provveduto a verificare i requisiti di capacità tecnica e moralità, quando invece la stessa si era vincolata a non proseguire oltre nella procedura;
- destituita di fondamento era altresì la tesi, per cui la fuoriuscita di CMC avrebbe comportato l’apertura di una nuova fase istruttoria e che quindi, in forza del principio tempus regit actum, avrebbe dovuto trovare applicazione il nuovo comma 19-ter dell’art. 48 d.lgs. n. 50/2016 introdotto dal decreto correttivo (d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56), che ha esteso le previsioni delle modifiche soggettive dei raggruppamenti di imprese, contenute nei precedenti commi 17, 18 e 19, dalla fase esecutiva anche alla fase di gara;
- infatti, la nuova norma non poteva ritenersi applicabile alle procedure di evidenza pubblica, quale quella sub iudice, il cui bando fosse stato pubblicato prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, restando in tali casi ferma la disciplina della lex specialis di gara come cristallizzata nel disciplinare, che nel caso di specie all’art. 2.5 stabiliva che potevano partecipare alla gara unicamente imprese in concordato preventivo con continuità aziendale;
- peraltro, il recesso di una o più imprese dal raggruppamento era ammesso dal comma 19 del citato art. 48 alla condizione che ricorressero esigenze organizzative proprie dell’a.t.i., non invece per eludere la legge di gara ed evitare una sanzione di esclusione per carenza dei requisiti in capo alle imprese associate;
- nel caso di specie, nessuna esigenza organizzativa è stata rappresentata, non potendosi nella risoluzione del mandato da parte di Carron, Mair e Di Vincenzo, per il venir meno ope legis in capo a CMC dei requisiti necessari, ravvisare un’esigenza organizzativa per gli effetti di cui alla disposizione da ultimo citata;
(iv) accoglieva il secondo e il terzo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente – con i quali la ricorrente aveva dedotto la violazione dell’art. 6, comma 27, l. prov. n.17/1993, quale introdotto dall’art. 23, comma 1, l. prov. 29 aprile 2019, n. 2, e dell’art. 48, comma 17, d.lgs. n. 50/1990 (in quanto non applicabili alla fattispecie di concordato preventivo ‘in bianco’), la violazione della par condicio tra i concorrenti, il difetto di istruttoria e l’eccesso di potere per sviamento ed il mancato accertamento alla sopravvenuta perdita del requisito di ordine generale di cui all’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016, nonché il contrasto della disciplina transitoria prevista dall’art. 6, comma 30, l. n. 17/1993, quale inserito dalla l. prov. n. 2/2019, con le norme di attuazione dello statuto speciale di autonomia (in particolare, con l’art. 1 d.lgs. n. 162/2017), con l’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale e con l’art. 3 della Costituzione –, riaffermando il principio per cui doveva applicarsi la disciplina legislativa e della lex specialis cristallizzata al momento della pubblicazione del bando, con la conseguente inapplicabilità sia del nuovo comma 19-ter dell’art. 48 d.lgs. n. 50/2016 sia della nuovo comma 27 dell’art. 6 l. prov. n. 17/1993, ed escludendo che la lex specialis di gara fosse etero-integrabile con la sopravvenuta normativa provinciale, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata (in aderenza ai principio di parità di trattamento e di ragionevolezza consacrati dall’art. 3 Cost.) per cui «l’art. 6, comma 30, della L.P. n. 17/1993 deve essere letto nel senso che esso possa trovare applicazione retroattiva unicamente in quelle gare ove la lex specialis nulla stabilisce in ordine alla modificabilità soggettiva. Solo in questi casi si potrebbe ravvisare una legittima eterointegrazione retroattiva del bando di gara» (v. così, testualmente, il punto 102. dell’appellata sentenza);
(v) accoglieva altresì il quarto motivo – con cui era stata dedotta la violazione dell’art. 48, comma 19, d.lgs. n. 50/2016 per il carattere elusivo della modificazione in senso riduttivo del raggruppamento anche in relazione all’art. 186-bis, comma 6, l. fall. –, in quanto l’estromissione di CMC eludeva le conseguenze di legge che la perdita del requisito avrebbe comportato, peraltro ritenuto dagli stessi componenti del raggruppamento ragione per risolvere ope legis il contratto di mandato;
(vi) dichiarava assorbito il quinto motivo, con cui era stata dedotta la violazione dell’art. 6, comma 27, l. prov. n. 17/1993 per la mancanza originaria in capo a Carron Bau dei requisiti di qualificazione nella categoria OS21 per coprire la quota di esecuzione dichiarata da CMC in sede di gara, dovendo il possesso dei requisiti essere riferito alla data di presentazione dell’offerta, mentre lo «spacchettamento» della categoria OS21 tra Carron Bau (20%) e Di Vincenzo (80%) sarebbe contrario al sistema di qualificazione e partecipazione alle gare (per il caso della non conforme interpretazione della legge provinciale all’art. 92, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, le ricorrenti avevano sollevato questione di illegittimità costituzionale);
(vii) annullava pertanto gli atti impugnati (ossia, gli atti di cui sopra sub 6.), accertava la perdita dei requisiti di ordine generale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016, in corso di gara, sia in capo all’a.t.i. Carron/CMC sia in capo all’impresa Astaldi, e ordinava alla stazione appaltante di procedere all’aggiudicazione della gara a favore dell’a.t.i. Pizzarotti, salve le verifiche «sull’esistenza di tutti i requisiti di legge, così come cristallizzati dal bando di gara».
3. Avverso tale sentenza interponeva appello l’impresa Carron Bau, nella qualità ut supra (con ricorso rubricato sub r.g. n. 2456 del 2020), deducendo i seguenti motivi:
a) (con i primi due motivi) l’erronea reiezione delle eccezioni di inammissibilità e irricevibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017, ormai inoppugnabile, con la conseguente violazione degli artt. 100 cod. proc. civ. e 35, comma 1, lettera b), cod. proc. amm.;
b) la violazione dell’art. 34, comma 2, cod. proc. amm., l’illogicità e contraddittorietà della motivazione e l’erronea applicazione dei principi in tema di prova di resistenza, avendo il TRGA disposto lo scorrimento in favore della quarta classificata (a.t.i. Pizzarotti) senza che la Provincia si fosse mai pronunciata, neppure implicitamente, sull’esclusione della terza classificata (Astaldi), con ciò sostituendosi indebitamente alla stazione appaltante;
c) la violazione ed erronea applicazione dell’art. 48, commi 9, 17 e 19-ter d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 48, comma 19, d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016 in relazione all’art. 186-bis l. fall., e degli artt. 161 ss. l. fall., nonché l’erronea applicazione della lex specialis di gara, con il conseguente erroneo accoglimento del primo motivo dell’avversario ricorso di primo grado;
d) la violazione ed errata applicazione dell’art. 6, comma 27, l. prov. n. 17/1993, quale inserito dall’art. 23, comma 1, l. prov. 29 aprile 2019, n. 2, e dei commi 9, 17, 19 e 19-ter dell’art. 48 d.lgs. n. 50/2016, oltre che dell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 e dell’ivi sancito principio di tassatività delle cause di esclusione, nonché delle sopra richiamate disposizioni della legge fallimentare in materia di concordato, con il conseguente erroneo accoglimento del secondo e terzo motivo dell’avversario ricorso di primo grado;
e) la violazione ed erronea applicazione, sotto altro profilo, dagli artt. 186-bis, comma 6, l. fall. e 48, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, con il conseguente erroneo accoglimento del quarto motivo del ricorso di primo grado.
L’appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, la declaratoria di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità nonché, comunque, l’infondatezza nel merito del ricorso di primo grado.
3.1. Si costituivano in giudizio le imprese Pizzarotti e Collini, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.
3.2. Costituendosi in giudizio, la Provincia autonoma di Bolzano dichiarava «di aver dato esecuzione alla sentenza n. 42/2020, in quanto preponderante interesse dalla Provincia autonoma di Bolzano è l’esecuzione dei lavori attesi ormai da più di tre anni», e chiedeva la reiezione dell’appello unitamente all’incidentale istanza cautelare.
3.3. Si costituiva altresì in giudizio CMC, esponendo di aver proposto autonomo appello avverso la stessa sentenza, chiedendone la riunione e aderendo, per il resto, all’appello di Carron Bau.
3.4. Con decreti n. 1058 del 5 marzo 2020 e n. 1270 del 20 marzo 2020, pronunciati ai sensi degli artt. 56 cod. proc. amm. e 84, commi 1 e 2, d.-l. 17 marzo 2020, n.18, e con ordinanza n. 2175 del 24 aprile 2020 è stata accolta l’istanza cautelare, onde evitare, nelle more del giudizio, la stipula del contratto in seguito all’atto di aggiudicazione del 24 febbraio 2020 in favore dell’a.t.i. Pizzarotti, adottato dall’amministrazione provinciale in esecuzione della sentenza di primo grado.
4. Avverso la stessa sentenza n. 42/2020 del TRGA di Bolzano interponeva appello CMC (con ricorso rubricato sub r.g. n. 2456 del 2020), formulando motivi sostanzialmente identici a quelli di Carron Bau e chiedendo, previa riunione, la riforma dell’appellata sentenza e la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.
4.1. Nella ambito di tale giudizio si costituivano le imprese Pizzarotti e Collini, eccependo l’inammissibilità e improcedibilità dell’appello per difetto di legittimazione e di interesse in capo a CMC e contestandone comunque la fondatezza nel merito.
4.2. Si costituiva la Provincia autonoma di Bolzano, assumendo la stessa posizione difensiva già assunta nel ricorso parallelo (v. sopra sub 3.2.).
4.3. Si costituiva altresì la Carron Bau, aderendo all’appello di CMC e chiedendone l’accoglimento previa riunione.
5. All’udienza pubblica del 18 giugno 2020, svoltasi da remoto secondo le modalità come da verbale, entrambi gli appelli sono stati trattenuti in decisione e, su istanza della difesa di parte appellante, si è provveduto alla pubblicazione del dispositivo della sentenza (in data 22 giugno 2020).
6. Premesso che a norma dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm. i due separati appelli, proposti avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti e trattati congiuntamente, si osserva che infondate sono le eccezioni di improcedibilità e inammissibilità degli appelli, quali sollevate dalla difesa delle appellate Pizzarotti e Collini – sotto i profili della mancata rituale impugnazione, da parte di Carron Bau e CMC, del provvedimento di aggiudicazione del 24 febbraio 2020, e della carenza di interesse e legittimazione in capo all’appellante CMC –, in quanto:
- il provvedimento del 24 febbraio 2020 è stato adottato sulla base della qui appellata sentenza di primo grado, la quale vi risulta espressamente richiamata quale fondamento della nuova aggiudicazione disposta in favore del costituendo consorzio Pizzarotti, e deve dunque ritenersi risolutivamente condizionato alla riforma della sentenza di primo grado;
- infatti, i provvedimenti adottati in esecuzione di sentenza provvisoriamente esecutiva di primo grado, in virtù degli effetti espansivi esterni scaturenti dalla riforma della sentenza sugli atti adottati in esecuzione della sentenza medesima, sono destinati ad essere caducati ope iuris dalla pronuncia di riforma, con la conseguenza che irrilevante è l’omessa impugnazione del provvedimento del 24 febbraio 2020 da parte di CMC;
- l’eccezione di inammissibilità per genericità del ricorso proposto da Carron Bau avverso l’atto di aggiudicazione del 24 febbraio 2020 esula dai limiti oggettivi del presente giudizio, dovendo la relativa eccezione essere sollevata esclusivamente dinanzi al giudice investito del ricorso proposto avverso il nuovo provvedimento, con la conseguente inammissibilità, sotto tale profilo dell’eccezione all’esame, mentre, per il resto, valgono le considerazioni sopra svolte in punto di effetti espansivi esterni della sentenza di riforma sugli atti posti essere in esecuzione della sentenza riformata;
- CMC, quale parte controinteressata evocata in giudizio da Pizzarotti e Collini dinanzi al TRGA, e quindi parte processuale del giudizio di primo grado – peraltro, la stessa è anche stata condannata (in solido con gli altri soccombenti) a rifondere alle originarie ricorrenti le spese del giudizio di primo grado –, a norma dell’art. 102, comma 1, cod. proc. amm. era indubbiamente legittimata a impugnare la sentenza di primo grado;
- in disparte la ragione sopra esposta, autonomamente sufficiente a respingere l’eccezione all’esame, la legittimazione e l’interesse ad impugnare la sentenza di primo grado in capo a CMC devono ritenersi sussistenti pur dopo la sua uscita dal raggruppamento aggiudicatario, al fine di impedire un giudicato sfavorevole e prevenire eventuali azioni di responsabilità nei propri confronti da parte degli altri componenti dall’a.t.i..
7. Posti con ciò la rituale instaurazione e il rituale svolgimento dei rapporti processuali nel presente grado, si osserva che gli appelli sono fondati nei sensi di cui appresso.
7.1. Meritano, in primo luogo, accoglimento i primi due motivi d’appello dedotti da Carron Bau, di cui sopra sub 3.a) – nonché i primi due motivi d’appello dedotti da CMC, di tenore sostanzialmente identico –, con cui si censura l’erronea reiezione delle eccezioni di inammissibilità e irricevibilità del ricorso di primo grado per la mancata, e comunque non tempestiva, impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017.
7.1.1. Quanto alla riproposta eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, si premette in linea di fatto che dall’esame di tale ricorso emerge de plano che l’oggetto dell’azione impugnatoria proposta in prima istanza era costituito dall’atto del 13 settembre 2019, di conferma dell’aggiudicazione già disposta nel settembre 2017, e dall’atto successivo del 9 ottobre 2019, dichiarativo dell’efficacia dell’atto del 13 settembre 2019 (v., in tal senso, anche il punto 35. dell’appellata sentenza), mentre non risulta impugnato il provvedimento di aggiudicazione del 1° settembre 2017, non potendosi la formula di stile «tutti gli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi al provvedimento impugnato», utilizzata nel contesto del ricorso di primo grado, ritenere idonea ad estendere l’ivi proposta domanda di annullamento anche a tale provvedimento, in assenza di specifiche censure dedotte avverso il provvedimento medesimo.
L’esame dei motivi in questione passa attraverso l’interpretazione e qualificazione del provvedimento del 13 settembre 2019 e dalla relazione intercorrente tra tale atto e il provvedimento del 1° settembre 2017 emanato ai sensi dell’art. 32, comma 5, d.lgs. n. 50/2016, con il quale è stata disposta l’aggiudicazione definitiva all’a.t.i. capeggiata da CMC (con le imprese mandanti Carron Bau, Mair e Di Vincenzo).
Il provvedimento del 13 settembre 2019, intitolato «Provvedimento di conferma dell’aggiudicazione», risulta adottato sulla premessa della già intervenuta aggiudicazione all’a.t.i. in origine capeggiata da CMC e prende atto della modifica del raggruppamento aggiudicatario attraverso la riduzione della compagine del raggruppamento capeggiato quale nuova mandataria da Carron Bau, come da atto notarile del 22 maggio 2019 comunicato alla stazione appaltante con nota del 23 maggio 2019 – riduzione, attuata dalle imprese associate in conseguenza della presentazione di istanza di concordato ‘in bianco’ da parte di CMC, sulla base di accordo transattivo la cui stipula da parte di CMC è stata autorizzata dal Tribunale di Ravenna ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall. con provvedimento del 7 giugno 2019 –, nonché previo richiamo alla normativa sia provinciale (art. 6, comma 27, l. prov. n. 17/1993 come sostituito dalla l. prov. n. 2/2019) che statale (art. 48, comma 17, d.lgs. n. 20/2016).
Nel provvedimento viene inoltre messo in rilievo che «l’offerta del predetto raggruppamento è risultata sostanzialmente la migliore al termine della procedura aggiudicata col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che tale offerta non ha subito modifiche per effetto della sostituzione del mandatario, così come confermato dalla nota di Carron Bau s.r.l. dd. 20.05.2019 […] e che CMC con nota […] dd. 21.05.2019 si è impegnata a mettere a disposizione le figure professionali del direttore tecnico Ing. L. Girardi, dell’assistente di cantiere Geom. D. Delvecchio e del preposto alla sicurezza Ing. C. Di Gioia», e, sulla base di tali premesse, l’amministrazione ha «conferma[to] il provvedimento di aggiudicazione dd. 01.09.2017 nei confronti del seguente Raggruppamento temporaneo di imprese Carron Bau Srl GmbH (mandataria), Mair Josef & Co. KG del Mair Klause [e] Di Vincenzo Dino & C. SpA», per l’importo complessivo di euro 100.030.816,02, comprensivo di euro 2.186.468,76 per oneri della sicurezza, disponendo i controlli sui requisiti in capo al raggruppamento modificato. Con successivo atto del 9 ottobre 2019, la Provincia dava atto che dai controlli effettuati in capo all’aggiudicataria ai sensi dell’art. 6, comma 27, l. prov. n. 17/1993 circa il possesso dei requisiti generali e speciali di cui agli artt. 80 e 83 d.lgs. n. 50/2016 non erano emerse cause di esclusione e dichiarava l’efficacia dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 32, comma 7, d.lgs. n. 50/2016.
Ebbene, da quanto sopra emerge chiaramente che il provvedimento di aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017 – comunicato il 4 settembre 2017 nelle forme di cui all’art. 76, comma 5, lettera a), d.lgs. n. 50/2016 a tutte le imprese partecipanti alla gara, comprese Pizzarotti e Collini –, lungi dall’essere assorbito/ritirato/revocato o in altro modo eliminato dal mondo giuridico e sostituito dal provvedimento del 13 settembre 2019, è collegato a quest’ultimo da un nesso di presupposizione necessaria, essendo stato richiamato espressamente a presupposto per confermare l’aggiudicazione all’a.t.i. già dichiarata aggiudicataria, seppure ridotta nella sua composizione soggettiva (per effetto dell’uscita, per i menzionati fatti sopravvenuti, di CMC), con la motivazione che l’offerta di tale associazioni di imprese era risultata la migliore in applicazione dei criteri stabiliti dal bando e non aveva subito modificazioni per effetto dell’uscito di CMC e della sostituzione con Carron Bau nella posizione di mandataria.
In altri termini, è bensì corretta l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza, secondo cui il provvedimento del 13 settembre 2019 si basa su una nuova istruttoria. Quest’ultima, tuttavia, aveva ad oggetto la sola valutazione dell’operazione di riduzione della compagine del raggruppamento già dichiarato aggiudicatario con il provvedimento di aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017, sicché il nuovo provvedimento assume natura composita, di mera conferma del provvedimento presupposto quanto alla recepimento degli esiti della gara da cui è uscita vittoriosa l’a.t.i. originariamente capeggiata da CMC, e di conferma in senso proprio limitatamente alla verifica della legittimità dell’operazione di riduzione della compagine del raggruppamento aggiudicatario (ad offerta immutata), riferendosi la nuova istruttoria solo a tale ultima vicenda.
Ancorché sia quindi condivisibile l’assunto per cui il provvedimento del 13 settembre 2019 fosse autonomamente impugnabile nella parte in cui, in sede di verifica dell’operazione di riduzione del raggruppamento aggiudicatario, aveva ritenuto la conformità dell’operazione alla disciplina nazionale (art. 48, commi 17 ss., d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii., rispettivamente all’art. 6, commi 27 e 30, l. prov. n. 17/1993 e ss.mm.ii.) – verifica ad esito positivo, contestata dalle originarie ricorrenti –, ciò non toglie che, in ragione del nesso di presupposizione necessaria che collega il nuovo provvedimento con quello presupposto del 1° settembre 2017, quest’ultimo avrebbe dovuto essere specificamente impugnato unitamente al primo, con il quale è stata disposta l’aggiudicazione definitiva in favore del raggruppamento classificatosi come primo in graduatoria. La modifica soggettiva dell’a.t.i. aggiudicataria è intervenuta solo successivamente all’aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017, e la verifica in ordine alla conformità di tale modifica alla disciplina legale e alla sussistenza dei requisiti in capo alla compagine ridotta, compiuta con i provvedimenti del 13 settembre 2019 e del 9 ottobre 2019, è stata eseguita previa mera conferma dell’atto presupposto costituito dall’aggiudicazione originaria.
Invero, l’annullamento del solo provvedimento del 13 settembre 2019 (e di quello successivo del 9 ottobre 2019) lascia intatto il provvedimento presupposto del 1° settembre 2017, mai annullato o revocato in autotutela, né assorbito o superato dai provvedimenti successivi, ma tutt’al contrario espressamente confermato nei termini sopra esposti.
Nel caso di specie, le nuove determinazioni hanno avuto ripercussioni solo e soltanto sul raggruppamento aggiudicatario, lasciando immutata la precedente graduatoria e, quindi, la posizione degli altri concorrenti, e rispondevano non solo all’interesse dell’a.t.i. aggiudicataria (seppure in diversa composizione) di eseguire il contratto, ma anche al superiore interesse pubblico alla stipula del contratto con l’operatore primo classificato, alle condizioni qualitative risultate migliori all’esito della gara.
Sotto altro profilo, anche in (denegata) ipotesi ritenendo che con il provvedimento del 13 settembre 2019 fosse stata in qualche modo assorbita e sostituita l’originaria aggiudicazione del 1° settembre 2019, quest’ultima doveva comunque essere impugnata congiuntamente alla prima, in quanto l’eventuale annullamento della seconda avrebbe comportato la sua reviviscenza, con le dovute conseguenze in punto di interesse a ricorrere.
A ciò si aggiunge che, secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato (v., per tutte, Adunanza plenaria n. 31/2012), l’aggiudicazione definitiva priva i concorrenti non aggiudicatari del bene-interesse cui gli stessi ambiscono e, in quanto tale, deve essere necessariamente impugnata. Infatti, l’aggiudicazione definitiva da un lato fa sorgere in capo all’aggiudicatario un’aspettativa alla stipulazione del contratto di appalto, che è ex lege subordinata all’esito positivo della verifica, e, nel contempo, produce nei confronti degli altri partecipanti alla gara un effetto immediato, consistente nella privazione definitiva, salvo interventi in autotutela della stazione appaltante o altre vicende comunque non prevedibili né controllabili, del bene-interesse all’aggiudicazione.
Concludendo sul punto, l’eventuale annullamento dei soli provvedimenti adottati dalla stazione appaltante nei mesi di settembre-ottobre 2019 sarebbe inidonea a soddisfare le utilità perseguite con il ricorso di primo grado, il quale – in accoglimento dell’eccezione sollevata in primo grado e devoluta in appello con il motivo all’esame – deve pertanto ritenersi inammissibile per carenza di interesse.
7.1.2. In ordine alla questione della decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione del 1° settembre 2017, rilevante ai fini della decisione sul riproposto motivo di irricevibilità del ricorso di primo grado, si osserva che, ancorché l’insorgenza dell’interesse all’impugnazione immediata del provvedimento del 1° settembre 2017 possa essere esclusa, in quanto la prospettata mancanza dei requisiti ex art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2020 era sopravvenuta al provvedimento medesimo, l’interesse all’impugnazione per illegittimità sopravvenuta doveva tuttavia ritenersi insorto al più tardi al momento della nota del 26 marzo 2019 inviata da Pizzarotti sia all’ACP che alla Provincia. Con tale nota Pizzarotti, sulla base della testuale premessa «che i concorrenti che precedono nella graduatoria risultano esclusi a seguito di sentenza passata in giudicato (i.e., A.T.I. con mandataria P.A.C. S.p.A., giusto dispositivo di sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, pubblicato il 28.12.2018 n. 07942/2018 reg. ric.) o da escludere secondo ius receptum […], in virtù del disposto di cui all’art. 186bis co. 6 l.f. (i.e. A.T.I. con mandataria la C.M.C. di Ravenna e A.T.I. con mandataria la società Astaldi S.p.A.)», aveva chiesto «che si proceda allo scorrimento della graduatoria con aggiudicazione della gara in oggetto e la stipula del contratto a proprio favore», poiché «i tre concorrenti anzidetti non potranno perciò in alcun modo né direttamente né indirettamente, né a mezzo di non consentite modifiche soggettive, stipulare ed eseguire il contratto in oggetto». In seguito sono state inviate ulteriori note di analogo tenore nei mesi di aprile, maggio e giugno 2019 (v. sopra sub 1.5.1., 1.5.2. e 1.5.3.).
Alla luce del tenore delle suddette comunicazioni deve ritenersi comprovato, in modo certo e univoco, che le originarie ricorrenti sin dalla prima nota del 26 marzo 2019 fossero a conoscenza piena ed effettiva dei fatti che, secondo la propria prospettazione difensiva, avrebbero integrato la sopravvenuta perdita dei requisiti di partecipazione in capo alle tre concorrenti che la precedevano in graduatoria (PAC, Astaldi, CMC), con la conseguenza che l’illegittima mancata esclusione di dette imprese per la sopravvenuta perdita dei requisiti doveva essere fatta valere in giudizio al più tardi entro il termine decadenziale di trenta giorni decorrente dalla prima delle citate note (il termine non risulterebbe, peraltro, rispettato neppure computandolo dall’ultima). Irrilevante appare, in tale contesto, la questione se la sopravvenuta perdita dei requisiti generali per la presentazione di domanda di concordato ‘in bianco’ sia configurabile come illegittimità sopravvenuta dell’aggiudicazione del 1° settembre 2017 da far valere con azione impugnatoria, oppure rilevi sul piano dell’efficacia dell’aggiudicazione e possa essere fatta valere con un’azione di accertamento del mancato avveramento delle condizioni di efficacia, dovendosi invero, nello specifico settore degli appalti pubblici, individuare il punto di equilibrio fra esigenze di celerità e tutela del diritto alla tutela giurisdizionale nella necessità che l’effettività di tale diritto venga garantita da un’adeguata ed effettiva conoscenza dei fatti sopravvenuti, nella specie comprovata dal tenore delle note sopra menzionate, la quale segna il momento di decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso, non apparendo per contro configurabile un’azione sottratta al termine di decadenza di trenta giorni stabilito per le controversie in materia di procedure di affidamento.
Quindi la domanda giudiziale in ogni caso, in qualunque modo essa venga configurata, avrebbe dovuto essere proposta entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza effettiva dei fatti che, secondo la prospettazione difensiva degli originari ricorrenti, integravano la sopravvenuta causa di esclusione costituita dalla perdita del requisito di cui all’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016; momento di conoscenza effettiva delle asserite cause di esclusione, in cui si è radicato il concreto interesse ad agire.
Appare, poi, contraddittoria la pronuncia di primo grado (il relativo profilo di censura è stato dedotto nell’ambito del terzo motivo d’appello), laddove, per un verso, si afferma che le imprese ricorrenti, in presenza della situazione di stallo procedimentale determinatasi per effetto delle risposte fornite da ACP alle istanze di scorrimento della graduatoria da esse avanzate (v. punto 50. dell’appellata sentenza), non avrebbero potuto far altro che attendere le eventuali nuove determinazioni dell’amministrazione committente per poi aggredirle tempestivamente, pena la violazione del divieto del giudice di pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora esercitati sancito dall’art. 34, comma 2, cod. proc. amm., e, per altro verso, in via incidentale si accerta, in capo alla terza classificata Astaldi, una causa escludente individuata nella proposizione di domanda di concordato ‘in bianco’ in data 28 settembre 2018, ancorché l’amministrazione nelle determinazioni del 13 settembre e del 9 ottobre 2019 non si fosse espressa minimamente sulla posizione della terza classificata. Coerenza avrebbe voluto che, anche con riferimento a quest’ultima posizione, fosse dichiarato precluso ogni vaglio giurisdizionale prima delle relative verifiche riservate alla stazione appaltante, sicché il TRGA, sotto tale profilo, o avrebbe dovuto dichiarare il ricorso di primo grado inammissibile per difetto di interesse, oppure, in alternativa, ritenere ammissibile la proposizione di un ricorso avverso l’aggiudicazione del 1° settembre 2017 anche prima e in assenza di una determinazione dell’amministrazione sulla posizione della prima classificata.
Concludendo sul punto, è, bensì, vero che l’unico vizio della procedura che può insorgere successivamente all’aggiudicazione è la dichiarazione di efficacia conclusiva della fase di verifica del possesso dei requisiti resa dalla stazione appaltante nonostante la mancata prova degli stessi da parte dell’aggiudicatario (tutti gli altri vizi essendo già immanenti alla procedura di gara conclusasi con l’aggiudicazione), e che tale vizio emerge in una fase necessariamente posteriore all’adozione (e alla comunicazione) dell’atto di aggiudicazione. Tuttavia l’offerente utilmente collocato in graduatoria, il quale, per questo, possa aspirare all’affidamento – ma che non abbia già proposto impugnazione avverso l’aggiudicazione e non possa quindi neppure proporre motivi aggiunti – dovrà, allo scopo di portare in giudizio il vizio sopravvenuto, impugnare l’aggiudicazione (che, per quanto detto, costituisce il centrale atto lesivo impugnabile) nel rispetto dei termini di legge. Quindi, nel caso in cui la condotta dell’amministrazione sia stata dilatoria – come nella specie, in cui la Provincia, pur in assenza di provvedimenti giudiziali di sospensione, ha ritenuto opportuno attendere l’esito del giudizio promosso dalla seconda classificata –, con conseguente slittamento della verifica dei requisiti oltre il termine per la presentazione del ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva, può consentirsi all’interessato di impugnare l’aggiudicazione a termine scaduto per il solo vizio della illegittima dichiarazione di verifica dei requisiti pur in mancanza di idonea comprova da parte dell’aggiudicataria, ma sempre che sia data rigorosa dimostrazione in giudizio dell’impossibilità di una precedente impugnazione; ciò, a garanzia della certezza e stabilità dei rapporti giuridici, dovendosi ancorare la decorrenza del termine decadenziale al momento dell’acquisizione di una sufficiente ed effettiva conoscenza degli elementi necessari per formulare una efficace difesa, nella specie comprovata dal tenore delle note inviate da Pizzarotti alla stazione appaltante.
Consegue, da quanto sopra, che, anche qualora le originarie ricorrenti congiuntamente alle determinazioni del 13 settembre 2019 e del 9 ottobre 2019 avessero impugnato il provvedimento del 1° settembre 2017 (quod non: v. sopra sub 7.1.), sarebbero incorse nel vizio di irricevibilità.
7.1.3. Concludendo sul punto, meritano pertanto accoglimento i primi due motivi d’appello interposti avverso la statuizione sub 2.(ii), con la conseguenza che il ricorso di primo grado deve essere disatteso già per le ragioni di natura processuale esposte sub 7.1.1. e 7.1.2., di cui ciascuna autonomamente sufficiente a sorreggere la statuizione assolutoria in rito.
7.2. Sono altresì fondati, nei sensi di cui appresso, i motivi d’appello sub 3.c), 3.d) e 3.e) – e i motivi omologhi dedotti da CMC nel separato ricorso –, proposti avverso le statuizioni di accoglimento sub 2.(iii), 2.(iv) e 2.(v), tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente.
Si precisa al riguardo che, pur a fronte delle ragioni processuali sopra esposte, impeditive all’ingresso delle questioni di merito, appare opportuno affrontare anche queste ultime, devolute al presente grado con i motivi all’esame, anche in considerazione dei connotati di giurisdizione oggettiva impressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE alle controversie in materia di appalti pubblici.
7.2.1. In linea di fatto si rileva che, nel caso di specie, la modificazione della compagine soggettiva dell’a.t.i. aggiudicataria è intervenuta dopo l’aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017, a seguito della presentazione da parte della mandataria CMC, in data 4 dicembre 2018, di istanza di concordato preventivo ‘in bianco’ ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall., sulla base dell’accordo transattivo intercorso tra i partecipanti al raggruppamento e autorizzato dal Tribunale fallimentare di Ravenna, con cui è stata concordata l’uscita di CMC dal raggruppamento aggiudicatario e la sua sostituzione con Carron Bau come capogruppo mandataria (con mandanti le imprese Mair e Di Vincenzo), in combinazione con l’atto notarile del 22 maggio 2019, di conferimento di nuovo mandato a Carron Bau da parte delle imprese Mair e Di Vincenzo.
La modificazione in riduzione dell’a.t.i. aggiudicataria risulta comunicata alla stazione appaltante in data 23 maggio 2019; il decreto del 7 giugno 2019 e l’accordo transattivo del 14 maggio 2019 risultano trasmessi ad ACP e alla Provincia committente il 24 giugno 2019.
7.2.3. La fattispecie è regolata dall’art. 48, commi 17, 19 e 19-ter, d.lgs. n. 50/2020.
Tali disposizioni dispongono che, in deroga alla regola generale dell’immodificabilità del raggruppamento temporaneo rispetto alla composizione risultante dall’impegno presentato in sede di offerta (art. 48, comma 9), è consentita al raggruppamento aggiudicatario la possibilità di modificare la propria composizione in conseguenza di un evento che privi l’impresa mandataria della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione.
7.2.3.1. In particolare, la disposizione contenuta nel comma 17 consente alla stazione appaltante di «proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire» – per quanto qui interessa – «in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione», «ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all’art. 80» [inciso, inserito nel comma 17 dall’art. 32, comma 1, lettera e), d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56], facendo «[s]alvo quanto previsto dall’art. 110, comma 5».
Il comma 18 detta una disposizione analoga per le imprese mandanti (quindi non rileva ai fini della presente decisione).
7.2.3.2. La disposizione contenuta nel comma 19 consente il recesso di una o più imprese raggruppate «esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimaste abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire», specificando che «[i]n ogni caso la modifica soggettiva di cui al primo periodo non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara». I limiti introdotti dal legislatore con il comma 19 paiono recepire quanto già affermato in precedenza dalla giurisprudenza (v., in particolare la sentenza n. 8/2012 dell’Adunanza plenaria).
Si precisa sin d’ora che il divieto di modifica per mancanza di requisiti in funzione anti-elusiva si riferisce alle ipotesi, nelle quali la carenza dei requisiti risale al momento della presentazione dell’offerta, e quindi ai casi in cui i requisiti manca(va)no ab origine, non invece anche alle ipotesi – quale quella sub iudice – in cui la carenza dei requisiti sia sopravvenuta alla domanda di partecipazione, nelle quali ai sensi dei commi 17 (per il mandatario) e 18 (per il mandante) è consentita la modifica in riduzione della compagine del raggruppamento (v. Cons. Stato, Sez. III, 2 aprile 2020, n. 2245).
A questo proposito deve distinguersi nettamente l’istituto – avente più rigidi limiti – della deroga all’esclusione per sopravvenuta mancanza di requisiti, dall’istituto della riduzione dell’ATI sovrabbondante.
Nel primo caso infatti il raggruppamento ottiene di continuare ad avere un rapporto giuridico con l’amministrazione pur in presenza di situazioni riportabili all’insolvenza, nel secondo caso invece l’impresa incorsa in situazione riportabile all’insolvenza viene esclusa dall’ATI ed il rapporto giuridico può continuare, come si vedrà, se i membri residui del raggruppamento continuino ad avere i requisiti necessari per eseguire l’opera.
In conseguenza di ciò non appare rilevante, nel caso in esame, il decisum della Corte Costituzionale n. 85 del 2020 invocato dall’impresa Pizzarotti, attinendo tale decisum all’ipotesi dell’ambito della deroga alle esclusioni per mancanza di requisiti soggettivi e non al diverso istituto dell’ATI c.d. sovrabbondante.
L’elusione, quale limite della modifica in riduzione, va quindi apprezzata in ragione del motivo posto alla base di dell’operazione riduttiva e del tempo di emersione del relativo motivo: infatti, l’esercizio della facoltà non deve configurarsi come strumentale a sanare ex post una situazione di preclusione all’ammissione alla procedura riguardante il soggetto uscente/recedente sussistente al momento dell’offerta, a pena di violazione della par condicio tra i concorrenti. Qualora invece, come nel caso di specie, l’uscita della mandataria dal raggruppamento sia sopravvenuta all’aggiudicazione definitiva, dunque successivamente alla valutazione delle offerte di tutte le imprese concorrenti nel rispetto dei criteri fissati dal bando e della par condicio, le sopravvenute esigenze organizzative – tra le quali rientrano i casi in cui una delle imprese raggruppate sia colpita da un evento non volontario, quali (tra l’altro) l’apertura di una procedura concorsuale (ivi compreso il concordato preventivo) per effetto di una sopravvenuta situazione di insolvenza o di crisi aziendale implicante la perdita del requisito generale di cui all’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016 – consentono la modificazione soggettiva.
7.2.3.3. Infine, la disposizione contenuta nel comma 19-ter [aggiunto dall’articolo 32, comma 1, lettera h), d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56] estende espressamente la possibilità di modifica soggettiva per le ragioni indicate dai commi 17, 18 e 19 – ivi limitata alla fase dell’esecuzione del contratto – anche alla fase di gara.
7.2.3.4. La ratio che sorregge la sopra riportata disciplina estensiva delle deroghe al principio dell’immodificabilità della composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari sancito dall’art. 48, comma 9, d.lgs. n. 50/2016 è costituita sia dall’incentivazione della libera concorrenza e della massima partecipazione sia dall’esigenza di garantire, per quanto possibile, la stabilizzazione dell’offerta risultata migliore nell’interesse pubblico della qualità delle opere, nonché, nella fase dell’esecuzione, la continuità e tempestività dei lavori.
7.2.4. Quanto alla applicabilità nel tempo della novella apportata dal decreto correttivo n. 56/2017 all’art. 48, commi 17 e 19-ter, d.lgs. n. 50/2016, rileva il Collegio che l’art. 131 d.lgs. n. 56/2017, sotto la rubrica «Entrata in vigore», non detta alcuna disciplina specifica intertemporale o transitoria, prevedendone semplicemente l’entrata in vigore decorsi quindici giorni dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 5 maggio 2017 (il decreto è pertanto entrato in vigore il 20 maggio 2017).
In particolare, a differenza dalla disciplina intertemporale dettata dall’art. 216, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 per l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, non è prevista l’ultrattività della disciplina previgente per tutte le procedure il cui bando sia stato pubblicato anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina, rispettivamente l’applicabilità della nuova disciplina alle sole procedure indette successivamente alla sua entrata in vigore.
Ritiene pertanto il Collegio che, in assenza di una specifica disciplina intertemporale, debba trovare applicazione il principio generale tempus regit actum, con la conseguente applicabilità anche alle procedure di evidenza pubblica in corso, tenendo conto delle relative fasi procedimentali.
Ebbene, nel caso di specie tutti gli elementi della fattispecie concreta sussumibile sotto la fattispecie astratta delineata dalla novella legislativa sono venuti ad esistenza nella fase successiva all’aggiudicazione definitiva del 1° settembre 2017, ossia in pendenza della fase di verifica dei requisiti e di integrazione dell’efficacia dell’aggiudicazione, costituente un segmento procedimentale a sé stante nell’ambito della gara, antecedente la stipula del contratto e la sua esecuzione, sicché, in virtù del sopra richiamato principio regolatore del regime di individuazione della norma applicabile ratione temporis, non può che trovare applicazione la nuova disciplina; ciò, tanto più, qualora dalla relativa applicazione non solo non derivi uno stravolgimento dell’offerta, ma resti, per contro, conservato l’esito della gara maggiormente rispondente all’interesse pubblico acchè i lavori vengano realizzati secondo l’offerta risultata la migliore secondo i criteri stabiliti dalla lex specialis di gara.
Non è pertanto condivisibile la conclusione del TRGA, per cui dovrebbe trovare applicazione la normativa vigente al momento della pubblicazione del bando di gara (20-23- dicembre 2016) e restare esclusa l’applicabilità dei novellati commi 17 e 19-ter dell’art. 48 d.lgs. n. 50/2016.
Né alla soluzione qui propugnata ostano le previsioni di cui ai punti 2.5 e 3 del disciplinare di gara – di cui il primo richiamante la disciplina dell’art. 186-bis l. fall., tra cui il divieto di partecipazione alla gara dell’impresa mandataria ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale, ed il secondo richiamante il divieto di modificabilità soggettiva della composizione del raggruppamento in corso di gara sancito dall’art. 48, comma 9, d.lgs. n. 50/2016 –, in quanto:
- in primo luogo, CMC era stata legittimamente ammessa alla gara, poiché la stessa versava in bonis sia al momento della presentazione dell’offerta sia al momento dell’aggiudicazione del 1° settembre 2017 sia successivamente (per oltre un anno), fino alla presentazione dell’istanza di concordato ex art. 161, comma 6, l. fall. in data 4 dicembre 2018, con la conseguente inconferenza del richiamo al requisito di partecipazione richiamato al punto 2.5 del disciplinare;
- in secondo luogo, il punto 3 del disciplinare si limita a richiamare il divieto di modificazione soggettiva dei raggruppamenti sancito dall’art. 48, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, mentre tace sulle relative deroghe previste dalla legge, sicché, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, la lex specialis di gara deve ritenersi in parte qua etero-integrata dalla disciplina legislativa;
- infine, la lex specialis, in applicazione del principio della tassatività delle cause di esclusione, comunque non potrebbe introdurre ipotesi più restrittive, non previste dalla legge (v. art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016).
7.2.5. Ebbene, posta con ciò l’applicabilità della disciplina novellata di cui ai commi 17 e 19 dell’art. 48 – espressamente estesa dal comma 19-ter (introdotto dal primo decreto correttivo) dalla fase dell’esecuzione alla fase di gara – anche alla procedura di cui è causa, si osserva che deve ritenersi legittima l’operazione di riduzione della compagine del raggruppamento aggiudicatario con l’uscita di CMC.
Infatti, alla luce delle risultanze istruttorie documentali deve ritenersi comprovato (se non incontestato) che:
- la mandataria CMC sia al momento della presentazione dell’offerta che al momento della valutazione e della formazione della graduatoria – il cui esito è stato recepito nel provvedimento di aggiudicazione del 1° settembre 2017 – era in possesso dei requisiti di partecipazione e, in particolare, del requisito generale della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione di cui all’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016;
- la perdita del requisito era sopravvenuta all’aggiudicazione, in conseguenza della presentazione dell’istanza di concordato preventivo ‘in bianco’ in data 4 dicembre 2018;
- la riduzione della compagine del raggruppamento trova la propria giustificazione nell’esigenza di riorganizzare il raggruppamento proprio per la perdita del requisito generale di cui all’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50/2016 in capo alla mandataria.
È, altresì, pacifico che a CMC non siano state rilasciate le autorizzazioni ex art. 110 d.lgs. n. 50/2016 in relazione alla gara oggetto della presente controversia, e che la stessa non risulta essere stata ammessa a concordato preventivo con continuità aziendale anche con riferimento alla gara oggetto del presente giudizio; tutt’al contrario, i decreti del Tribunale di Ravenna, di ammissione di CMC al concordato preventivo con continuità aziendale e di omologa, erano successivi all’uscita di CMC dal raggruppamento aggiudicatario per effetto della transazione intercorsa tra le imprese raggruppate (peraltro debitamente autorizzata dal Tribunale fallimentare con decreto del 7 giugno 2019 ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall.), a prescindere dal rilievo che l’art. 186-bis, comma 6, l. fall. vieta comunque la partecipazione dell’impresa mandataria agli appalti pubblici anche in caso di ammissione al concordato con continuità aziendale (con disposizione ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 85 del 7 maggio 2020).
Non ha pertanto avuto modo di operare la clausola di salvezza di cui al comma 17 dell’art. 48.
Non perspicuo è, in tale contesto, l’assunto della difesa delle originarie ricorrenti, secondo cui la disciplina di cui ai commi 17 e 19 dell’art. 48 non sarebbe applicabile alle ipotesi di concordato preventivo con continuità aziendale.
Invero, per un verso, il comma 17 contempla quale situazione legittimante la sostituzione del mandatario (accanto alle altre ipotesi concorsuali ivi considerate) il concordato preventivo senza ulteriore specificazione e, per altro verso, l’inapplicabilità della citata disposizione al concordato preventivo con continuità aziendale presuppone che l’impresa nel caso concreto sia stata autorizzata a partecipare alla gara e alla stipula del contratto ai sensi dell’art. 110, commi 3 e 5, d.lgs. n. 50/2016, rispettivamente che nel concordato preventivo con continuità aziendale sia stata ricompresa in concreto anche la procedura di evidenza pubblica nel cui corso fosse stata presentata l’istanza di concordato: ipotesi, nel caso di specie pacificamente non verificatesi, se non altro perché CMC rivestiva la posizione di mandataria, con gli effetti preclusivi di cui all’art. 186-bis, comma 6, l. fall..
Sussistevano, pertanto, tutti i presupposti – anche negativi – per procedere alla riduzione della compagine del raggruppamento aggiudicatario, ai sensi dei commi 17 e 19 dell’art. 48.
Irrilevante è, poi, la circostanza che l’uscita di CMC sia stata determinata non da un atto di recesso unilaterale, ma sia avvenuta sulla base di un atto di transazione tra le imprese raggruppate, rafforzando invero l’atto contrattuale, avente forza di legge tra le parti, l’effetto dell’uscita dal raggruppamento, ed unicamente rilevando che la modificazione soggettiva in riduzione della compagine – qualunque sia la forma in concreto adottata – sia stata determinata da esigenze organizzative e senza intenti elusivi nel senso sopra evidenziato.
Peraltro, le vicende che hanno contraddistinto la gara oggetto del presente giudizio, connotata dall’apertura di procedure concorsuali nei confronti dei tre operatori risultati primi classificati (CMC; Oberosler; Astaldi), rispettivamente delle imprese associate ai relativi raggruppamenti, sono sintomatiche della crisi del settore del mercato di riferimento, ad ulteriore conferma della natura oggettiva che, nella specie, ha connotato le esigenze di riorganizzazione del raggruppamento aggiudicatario in conseguenza dell’uscita della mandataria, in ultima analisi riconducibile alla generale, notoria, crisi del settore.
Inconferente è, altresì, il richiamo alla sentenza n. 3984/2019 di questa Sezione pronunciata sul ricorso della seconda classificata a.t.i. PAC, poiché, in tale caso, la mandante Oberosler, la quale in data 21 ottobre 2017 aveva presentato istanza di concordato preventivo ‘in bianco’, non era uscita dal raggruppamento e quindi non si era posta la questione della modificazione soggettiva del raggruppamento ai sensi dei commi 17 e 19 dell’art. 48.
7.2.6. Le considerazioni svolte sopra sub 7.2.3. e 7.2.4. assorbono le questioni relative all’applicazione e interpretazione – nonché i sollevati profili di illegittimità costituzionale – della disciplina provinciale dettata dai commi 27 e 30 dell’art. 6 l. prov. n. 17/1993 (aggiunti dall’art. 23, comma 1, l. prov. 29 aprile 2019, n. 2), di cui il primo sostanzialmente ripropositivo dell’omologa disciplina statale quale sopra ricostruita, e il secondo contenente una specifica disciplina intertemporale.
7.3. Merita, altresì, accoglimento il profilo di censura dedotto a p. 30 del ricorso in appello, con cui viene eccepito il vizio di extrapetizione, laddove, al punto 71. dell’appellata sentenza, si afferma che la sostituzione di CMC non sarebbe completa con riferimento alla messa a disposizione delle figure professionali del direttore tecnico, dell’assistente di cantiere e del preposto alla sicurezza indicate nell’offerta.
Infatti, nel ricorso di primo grado non risulta articolato un correlativo motivo specifico di impugnazione, con la conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ed inoppugnabilità in parte qua dei provvedimenti gravati in primo grado.
Peraltro, le menzionate figure professionali non formavano oggetto di una prescrizione prevista a pena di esclusione o quale requisito di partecipazione dalla lex specialis, con la conseguente legittimità della sostituzione di CMC in qualità di mandataria anche in assenza di tale impegno.
7.4. Ferma restando la precisazione sub 7.2., si osserva che infondato nel merito è il quinto motivo del ricorso di primo grado, espressamente riproposto dalle odierne appellate per gli effetti di cui all’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., con il quale si deduce che la nuova mandataria Carron Bau, all’atto della presentazione dell’offerta, fosse «priva di qualifica nella categoria OS21 necessaria a coprire la quota di esecuzione di CMC» (v. p. 29, punto 5., del ricorso di primo grado), e si fosse dato luogo ad un inammissibile «spacchettamento» di detta categoria tra le imprese superstiti, con la conseguente violazione del principio della necessaria corrispondenza tra quote di esecuzione e requisiti di qualificazione, affermato dall’art. 92, comma2, d.P.R. n. 2017/2010 come interpretato dal consolidato orientamento di questo Consigli di Stato (richiamando Ad. plen. n. 6/2019).
Invero, una volta consentita la modifica riduttiva della compagine del raggruppamento nei casi previsti dai commi 17 ss. dell’art. 48 d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii., sorge l’esigenza – prima ancora logica che giuridica – di attribuire la quota dell’impresa uscita dal raggruppamento a quelle superstiti. In altri termini, la facoltà di riduzione del raggruppamento nei casi previsti dalla legge – connotati dal carattere oggettivo e imprevedibile degli eventi sopravvenuti alla presentazione dell’offerta, legittimanti la modifica – comporta la necessità di redistribuire le quote. Ed infatti, i commi 17 e 19 dell’art. 48, nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie sub iudice, non prevedono affatto che la quota della nuova mandataria debba esattamente corrispondere a quella precedente, ma richiedono unicamente che l’operatore economico subentrante abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori oggetto dell’appalto.
Opinando diversamente, le quote di qualificazione e di esecuzione della mandataria originaria e di quella subentrante (originaria mandante) dovrebbero essere identiche sin dall’origine (ossia, sin dalla presentazione dell’offerta), il che condurrebbe sostanzialmente ad un’inammissibile interpretatio abrogans della disciplina che ammette le modifiche soggettive, di fatto imponendo in via cautelativa la costituzione di raggruppamenti sovrabbondanti e così immobilizzando inutilmente (e dunque irragionevolmente) i fattori produttivi aziendali di molte imprese.
Resta, naturalmente, ferma la necessità del possesso, in capo alla mandataria, dei requisiti di qualificazione richiesti nel bando per l’impresa singola, in misura non inferiore al 40%.
Ebbene, dalla documentazione prodotta in giudizio (v. l’atto costitutivo del raggruppamento temporaneo del 22 maggio 2019, prodotto sub doc. n. 10 del fascicolo di primo grado di Carron Bau) emerge de plano che la nuova mandataria Carron, per effetto della redistribuzione delle quote di lavoro delle varie categorie tra le imprese superstiti, eseguirà lavori per una quota complessiva addirittura maggiore di quella attribuita a CMC, e che risultano rispettate le condizioni di cui all’art. 92, comma 2, d.P.R. n. 207/2010, dapprima in capo a CMC e poi, dopo la sua uscita ed in seguito alla redistribuzione tra le imprese rimaste nel raggruppamento, in capo a Carron Bau.
7.5. Per le considerazioni tutte sopra svolte, in riforma dell’impugnata sentenza s’impone la reiezione del ricorso di primo grado, in rito e nel merito, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini della decisone.
8. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado compensate in modo integrale fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello come in epigrafe proposti (ricorsi n. 1998 del 2020 e n. 2456 del 2020), tra di loro riuniti ai sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm., accoglie gli appelli e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado, in rito e nel merito; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 6, d.-l. n. 18/2020.
Guida alla lettura
Con la pronuncia dello scorso 30 luglio, la VI Sezione del Consiglio di Stato ha rilevato come l’art. 48, commi 17, 19 e 19-ter, d.lgs. n. 50 del 2016, in deroga alla regola generale dell’immodificabilità del raggruppamento temporaneo rispetto alla composizione risultante dall’impegno presentato in sede di offerta (art. 48, comma 9), consente al raggruppamento aggiudicatario la possibilità di modificare la propria composizione in conseguenza di un evento che privi l’impresa mandataria della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione.
L’indicata deroga trova ragione nella considerazione per cui il divieto di modifica per mancanza di requisiti in funzione anti-elusiva si riferisce alle ipotesi nelle quali la carenza dei requisiti risale al momento della presentazione dell’offerta, e quindi ai casi in cui i requisiti manca(va)no ab origine, non estendendosi, altresì, alle ipotesi in cui la carenza dei requisiti sia sopravvenuta alla domanda di partecipazione, nelle quali ai sensi dei commi 17 (per il mandatario) e 18 (per il mandante) è consentita la modifica in riduzione della compagine del raggruppamento.
Il Collegio ritiene inoltre opportuno richiamare la netta distinzione tra l’istituto – avente più rigidi limiti – della deroga all’esclusione per sopravvenuta mancanza di requisiti, dall’istituto della riduzione dell’ATI sovrabbondante. Nel primo caso infatti il raggruppamento ottiene di continuare ad avere un rapporto giuridico con l’amministrazione pur in presenza di situazioni riportabili all’insolvenza; nel secondo caso, invece, l’impresa incorsa in situazione riportabile all’insolvenza viene esclusa dall’ATI e il rapporto giuridico può continuare se i membri residui del raggruppamento continuino ad avere i requisiti necessari per eseguire l’opera.
L’elusione, quale limite della modifica in riduzione, va quindi apprezzata in ragione del motivo posto alla base dell’operazione riduttiva e del tempo di emersione del relativo motivo: infatti, l’esercizio della facoltà non deve configurarsi come strumentale a sanare ex post una situazione di preclusione all’ammissione alla procedura riguardante il soggetto uscente/recedente sussistente al momento dell’offerta, a pena di violazione della par condicio tra i concorrenti. Qualora invece l’uscita della mandataria dal raggruppamento sia sopravvenuta all’aggiudicazione definitiva, dunque successivamente alla valutazione delle offerte di tutte le imprese concorrenti nel rispetto dei criteri fissati dal bando e della par condicio, le sopravvenute esigenze organizzative – tra le quali rientrano i casi in cui una delle imprese raggruppate sia colpita da un evento non volontario, quali (tra l’altro) l’apertura di una procedura concorsuale (ivi compreso il concordato preventivo) per effetto di una sopravvenuta situazione di insolvenza o di crisi aziendale implicante la perdita del requisito generale di cui all’art. 80, comma 5, lettera b), d.lgs. n. 50 del 2016 – consentono la modificazione soggettiva.
Infine, la disposizione contenuta nel comma 19-ter - aggiunto dall’art. 32, comma 1, lett. h), d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 - estende espressamente la possibilità di modifica soggettiva per le ragioni indicate dai commi 17, 18 e 19 – ivi limitata alla fase dell’esecuzione del contratto – anche alla fase di gara.
La ratio che sorregge la sopra riportata disciplina estensiva delle deroghe al principio dell’immodificabilità della composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari (come già ricordato sancito dall’art. 48, comma 9 cit.) è costituita sia dall’incentivazione della libera concorrenza e della massima partecipazione sia dall’esigenza di garantire, per quanto possibile, la stabilizzazione dell’offerta risultata migliore nell’interesse pubblico della qualità delle opere, nonché, nella fase dell’esecuzione, la continuità e tempestività dei lavori.