Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 luglio 2020, n. 4401

Il precetto dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 imputa la decisione sull’esclusione dei partecipanti alla gara “alla stazione appaltante”.

Il riferimento della norma alla “stazione appaltante” nella sua “unitarietà” consente di affermare che la competenza all’esternazione dell’atto scrutinato spetta anche in capo all’organo della stazione appaltante che, istituzionalmente, assume la posizione apicale. Infatti, sia in base ai principi del diritto societario , sia in base ai principi del diritto amministrativo, competente ad esternare la volontà dell’ente è l’organo di vertice, ossia l’amministratore delegato-organo apicale dell’ente.

Conseguentemente, qualora la “stazione appaltante” sia un organismo di diritto pubblico avente la forma della società per azioni, la competenza all’adozione del provvedimento di esclusione dalla gara sussiste, oltre che in capo al Rup, anche in capo all’organo della stazione appaltante che, istituzionalmente, assume la posizione apicale

Pubblicato il 09/07/2020

N. 04401/2020REG.PROV.COLL.

N. 00451/2020 REG.RIC.

N. 00641/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 451 del 2020, proposto dalla Gns Gesellschaft Für Nuklear-Service Mbh (Gns Mbh), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco De Leonardis e Luca Di Felice, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco De Leonardis in Roma, via Cola di Rienzo, n. 212;

contro

La Fucina Italia s.r.l e il Consorzio Stabile Ansaldo New Clear, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Luca Raffaello Perfetti, Alessandro Salustri e Alessandro Botto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Botto in Roma, via di San Nicola Da Tolentino, n. 67;

nei confronti

Della Sogin s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Lo Pinto e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Lo Pinto in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

 

sul ricorso numero di registro generale 641 del 2020, proposto dalla Sogin s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Lo Pinto e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Lo Pinto in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

contro

La Fucina Italia s.r.l. e Consorzio Stabile Ansaldo New Clear, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Luca Raffaello Perfetti, Alessandro Salustri e Alessandro Botto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Botto in Roma, via di San Nicola Da Tolentino, n. 67;

nei confronti

Della Gns Gesellschaft Für Nuklear-Service Mbh (Gns Mbh), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma,

della sentenza del T.a.r. per la Campania, (Sezione quarta), n. 5684 del 3 dicembre 2019, resa tra le parti.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Fucina Italia s.r.l. e del Consorzio Stabile Ansaldo New Clear, e di Sogin s.p.a.;

Visti, nel giudizio n.r.g. 451 del 2020:

a) la memoria di Fucina Italia s.r.l. depositata in data 17 febbraio 2020;

b) l’atto di costituzione di Sogin s.p.a. depositato in data 18 febbraio 2020;

c) la memoria di G.N.S., depositata in data 24 marzo 2020;

d) la memoria di Fucina Italia s.r.l. in data 9 giugno 2020;

e) la memoria di replica di Fucina Italia s.r.l. del 13 giugno 2020, contenente istanza di discussione ex art. 4 del d.l. n. 28 del 2020;

f) la memoria di replica di G.N.S. del 13 giugno 2020;

e) gli atti di comunicazione degli indirizzi pec per lo svolgimento della discussione da remoto, depositati da Sogin s.p.a. e da G.N.S., in data 23 giugno 2020;

Visti, nel giudizio n.r.g. 641 del 2020:

a) la memoria di Fucina Italia s.r.l. depositata in data 17 febbraio 2020;

b) la memoria di Sogin s.p.a. depositata in data 24 marzo 2020;

c) la memoria di Fucina Italia s.r.l. depositata in data 9 giugno 2020;

d) la memoria di Sogin s.p.a. depositata in data 9 giugno 2020;

e) la memoria di replica di Sogin s.p.a. depositata in data 12 giugno 2020;

f) la memoria di replica di Fucina Italia s.r.l. depositata in data 13 giugno 2020, contenente istanza di discussione ex art. 4 del d.l. n. 28 del 2020;

g) l’atto di comunicazione degli indirizzi pec per lo svolgimento della discussione da remoto, depositato da Sogin s.p.a., in data 23 giugno 2020;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore - nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2020 svoltasi in video conferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020 - il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Salustri, Fabio Cintioli e Francesco De Leonardis, che partecipano alla discussione orale ai sensi dell'art. 4 d.l. n. 28 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. La presente vicenda riguarda l’affidamento del contratto di forniture “di contenitori per rifiuti di media attività per confezionamento Internals superiori presso la Centrale Nucleare del Garigliano”, per la durata di 24 mesi, da aggiudicarsi in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per un importo complessivo stimato di € 2.464.042,00.

1.1. Il r.t.i. composto dal Consorzio Stabile Ansaldo New Clear (in prosieguo Ansaldo), in qualità di mandataria, e Fucina Italia s.r.l. (in prosieguo Fucina), in qualità di mandante, prendevano parte alla gara, aggiudicandosela provvisoriamente.

1.2. Tuttavia, all’esito del controllo sul possesso dei requisiti previsti dalla legge e dalla lex specialis della procedura di evidenza pubblica, è emerso che la società mandante aveva dichiarato il possesso del requisito di qualificazione consistente nel fatturato globale, avvalendosi di quello della società Sider Piombino s.r.l. (in prosieguo Sider), con la quale aveva stipulato un contratto di affitto di azienda.

Senonché, quest’ultima società è fallita in data 23 febbraio 2018 e, in data 23 aprile 2018, il curatore fallimentare ha esercitato il diritto di recesso dal contratto di affitto di azienda, ai sensi dell’art. 79 del r.d. n. 247 del 1942.

1.3. La stazione appaltante, Sogin s.p.a., ha dunque disposto l’esclusione del R.T.I. aggiudicatario in via provvisoria, con un provvedimento motivato non soltanto in relazione a questa circostanza, ma anche perché la società mandante del R.T.I. “ha omesso di produrre le dichiarazioni ex art. 80 con riguardo agli amministratori dell’impresa affittante, la quale, comunque, essendo orami fallita, risulterebbe priva dei necessari requisiti morali”.

2. Avverso il provvedimento di esclusione dalla gara hanno proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, le due società formanti il R.T.I., domandando l’annullamento del provvedimento di esclusione, nonché la dichiarazione di inefficacia del contratto, per l’eventualità che esso fosse stato medio tempore stipulato, nonché la condanna della stazione appaltante alla tutela in forma specifica mediante conseguimento dell’aggiudicazione definitiva e la condanna al risarcimento del danno “nei termini che saranno dedotti”.

2.1. Questi i motivi posti a sostegno del gravame:

a.1) la stazione appaltante avrebbe errato nel considerare venuto meno il requisito di partecipazione fatto valere da Fucina, poiché, in realtà, l’esercitato recesso non avrebbe mai privato l’impresa affittuaria della disponibilità, né sul piano giuridico né su quello materiale, del compendio aziendale di Sider, in quanto le parti hanno più volte prorogato l’efficacia del contratto di affitto anche dopo l’avvenuto esercizio del recesso;

a.2) la stazione avrebbe errato nel postulare la necessaria corrispondenza fra la qualificazione posseduta da ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, che sarebbe venuta mena nel caso di specie, a causa dell’esercitato recesso, poiché, in realtà, tale regola, si applica soltanto agli appalti di lavori e non anche a quelli di servizi e forniture. I requisiti di qualificazione posseduti dal Consorzio Ansaldo erano già sufficienti a consentire la partecipazione alla gara del R.T.I.;

b.1) la stazione appaltante ha errato nel ritenere che Fucina non avrebbe prodotto tutte le dichiarazioni rilevanti ex art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016: quand’anche fosse, la stazione appaltante, constata tale mancanza, avrebbe dovuto esercitare, doverosamente, il soccorso istruttorio;

b.2.) la stazione appaltante avrebbe poi errato nel ritenere rilevante, ai fini della perdita dei requisiti morali in capo a Fucina, la procedura fallimentare che coinvolge Sider;

c) la stazione appaltante avrebbe errato poiché avrebbe emanato un provvedimento di esclusione sottoscritto dal solo amministratore delegato e non dal R.U.P., unico soggetto competente all’emanazione di un tale atto.

2.2. Si sono costituite in giudizio la Sogin s.p.a. e la società GNS Gesellschaft fur Nuklear-Service mbH (seconda graduata e successivamente aggiudicataria, in prosieguo GNS), resistendo al ricorso.

3. La sentenza del Tribunale amministrativo regionale ha accolto la domanda di annullamento, evidenziando che:

a) la violazione degli obblighi dichiarativi non avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla gara, dovendosi fare applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio, sicché la società esclusa doveva essere messa in condizione di poter produrre, nel corso del procedimento, le dichiarazioni mancanti, che, peraltro, sono state poi prodotte nel corso del giudizio;

b) neppure è legittima l’esclusione determinata dalla perdita dei requisiti morali in capo alla ricorrente, a causa del fallimento dell’impresa affittante, poiché non potrebbe invocarsi nel caso di specie, l’art. 80, co. 5, lett. b), d. lgs. n. 50 del 2016, il quale prevede l’esclusione dalle gare di appalto dell’imprenditore che risulta sottoposto a fallimento o ad affini procedure concorsuali.

Secondo il Tribunale amministrativo regionale, non si è verificata nessuna perdita dei requisiti di moralità, poiché sarebbe comunque consentita la possibilità di impiegare l’azienda dell’impresa affittante sottoposta a fallimento, da parte di un altro imprenditore, per poter partecipare alla gara di appalto.

Vengono individuati una serie di indici normativi che depongono in tale senso:

b1) l’art. 110, co. 3 e 4, e gli artt. 161 e 186 r.d. n. 267 del 1942, che manifestano la possibilità “che il compendio aziendale persista nell’esecuzione della prestazione oggetto dell’appalto…”;

b2) la circostanza che l’esclusione è prevista soltanto per il caso del fallimento del subappaltatore, ai sensi dell’art. 105, co. 6, d. lgs. n. 50 del 2016, e la suddetta causa di esclusione non può essere estesa in via analogica, in quanto disciplina che fa eccezione al principio concorrenziale;

b3) vi sarebbe stata la “completa cesura” fra la gestione dell’azienda affittante e quella della affittuaria, come manifestato dalla “dinamica dell’intera operazione negoziale in corso di perfezionamento…”;

c) non si sarebbe perfezionata la fattispecie del recesso esercitato, ai sensi dell’art. 79 r.d. n. 267 del 1942, dal curatore della società fallita, poiché dalla ricostruzione dell’operazione negoziale posta in essere tra le due società e, segnatamente, dalla circostanza che i beni sarebbero rimasti nella disponibilità dell’affittuaria e sono intercorse serrate trattative per la cessione dell’azienda, si evincerebbe che il recesso è stato sottoposto a condizione sospensiva (quella che l’impresa affittuaria non avanzasse delle proposte di acquisto dei beni aziendali) che non si è mai verificata, sicché il recesso non è mai divenuto efficace, e, comunque, la detenzione del complesso dei beni aziendali è rimasta nella disponibilità della ricorrente.

4. Avverso la suindicata sentenza ha proposto appello la società GNS allibrato al n.r.g. 451 del 2020.

4.1. Con il primo motivo, la società contesta il capo della sentenza che ha ritenuto sospensivamente condizionato il recesso esercitato dalla curatela fallimentare della società affittuaria, in data 23 aprile 2018.

Per l’appellante, la corretta ricostruzione della vicenda negoziale, alla luce di quelli che sono i consolidati principi in materia di recesso, avrebbero dovuto indurre il primo giudice a ritenere validamente perfezionata e pienamente efficace tale negozio giuridico unilaterale.

4.1.1. Non potrebbe opinarsi diversamente, come fatto dal Tribunale amministrativo, in ragione della mancata riconsegna dei beni, concordata fra la società appellata e la curatela fallimentare, poiché quest’ultima comunque non supplirebbe all’assenza di un valido ed efficace negozio legittimante la loro disponibilità in capo all’affittuario, quanto meno per quel che rileva nei rapporti con la stazione appaltante.

Per l’appellante, “Se si avallasse la tesi del Tar, infatti, l’amministrazione non si dovrebbe più attenere ai dati formali ma dovrebbe ricostruire la volontà delle parti attraverso complesse operazioni di ermeneutica giuridica”.

4.1.2. Viene inoltre rammentato che, per consolidata giurisprudenza amministrativa (e si cita, a tale riguardo, Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2015 n. 8) i requisiti per la partecipazione alla gara d’appalto devono permanere “dalla candidatura sino alla stipula del contratto e l’eventuale perdita anche se temporanea da parte di un componente di un RTI del necessario requisito di partecipazione comporta l’esclusione dell’intero raggruppamento”.

4.1.3. L’esercizio del diritto di recesso ha dunque determinato il venire meno dei requisiti (nella specie, quello inerente al fatturato) in capo alla società del raggruppamento partecipante alla gara d’appalto.

4.2. Con il secondo motivo, si è gravata la sentenza del T.A.R., relativamente ai capi che hanno sancito l’illegittimità del provvedimento di esclusione dalla gara per non essere stato esercitato il soccorso istruttorio nell’ambito del procedimento amministrativo, con riferimento alla mancanza delle dichiarazioni di onorabilità relative agli amministratori della società affittante.

Si lamenta che l’obbligo dichiarativo era espressamente e chiaramente espresso nel disciplinare di gara e, soprattutto, discendeva anche dalla legge (si citano in proposito le plenarie nn. 10 e 21 del 2012), sicché non si configuravano particolari incertezze o dubbi interpretativi, tali da legittimare il soccorso istruttorio, anzi escluso dalla giurisprudenza amministrativa in caso di obbligo discendente dalla legge (si cita, in proposito, Ad. plen. n. 9 del 2014).

4.2.1. Viene peraltro dedotto che, in ogni caso, la produzione delle dichiarazioni tardivamente rese “non è in alcun modo idonea a sanare la ricordata causa di esclusione, dal momento che le dichiarazioni rese tardivamente sono parziali (in quanto rilasciate solo da alcuni e non da tutti i soggetti a ciò tenuti) e che in parte cronologicamente incongruenti rispetto alla gara de qua”, mancherebbe infatti la dichiarazione del liquidatore della Sider Piombino, nominato in data 9 febbraio 2017.

4.2.2. Inoltre, le dichiarazioni rese con riferimento a tre Sindaci della società “recano tutte date (tra il 23 novembre 2016 ed il 23 dicembre 2016) anteriori di quasi sei mesi al bando di gara (pubblicato, come noto, il 17 maggio 2017)”: esse sono dunque inidonee ad attestare il possesso dei requisiti di moralità in capo ai Sindaci.

4.3. Viene poi stigmatizzato quel capo della sentenza di prime cure nel quale si è affermata la “completa cesura” fra la gestione dell’azienda affittante e quella della Sider Piombino, mettendosi in evidenza come alcuni soggetti della prima compagine imprenditoriale abbiano rivestito cariche, contemporaneamente o successivamente, anche nell’altra società.

5. Si sono costituite nel giudizio n.r.g. 451 del 2020, la Sogin s.p.a. e la Fucina Italia s.r.l.

5.1. La Sogin, con la sua costituzione, si è limitata a segnalare la proposizione di un autonomo appello e a chiederne la trattazione congiunta al presente giudizio.

5.2. La società appellata, Fucina Italia s.r.l., invece, ha riproposto i motivi di ricorso che sono stati assorbiti in prime cure.

5.2.1. In particolare, è stato riproposto il primo motivo del ricorso di primo grado, con il quale si è censurata quella ragione giustificatrice del provvedimento di esclusione, che ha affermato la necessità che la società Fucina Italia presentasse da sola il requisito di qualificazione richiesto dal bando per quella parte dei lavori per i quali si era impegnata.

Viene evidenziato che proprio la sentenza invocata da parte appellante (Cons. Stato, Ad. plen. n. 6 de 2019) e la giurisprudenza successiva hanno chiarito che il principio enunciato dalla suddetta Adunanza plenaria e accolto dalla stazione appaltante quale ragione giustificatrice dell’esclusione è in realtà applicabile ai soli appalti di lavori e non anche a quelli di servizi e forniture.

Per la ricorrente in prime cure, dunque, il provvedimento impugnato sarebbe fondato su una motivazione giuridicamente priva di fondamento.

5.2.2. Viene altresì riproposto il terzo motivo di censura del ricorso introduttivo del presente giudizio, con il quale si è lamentato l’illegittimità del provvedimento perché adottato “da parte dell’amministratore delegato di Sogin, … tra l’altro senza l’indicazione dello svolgimento di alcuna previa attività istruttoria e senza che sia stato svolto alcun contraddittorio con il RTI e, segnatamente, con Fucina Italia”, poiché un simile provvedimento avrebbe dovuto essere adottato “in via esclusiva dal solo R.U.P.”, ai sensi dell’art. 31, comma 3, del D. Lgs. n. 50 del 2016.

6. Avverso la medesima sentenza ha proposto appello - allibrato al n.r.g. 641 del 2020 - anche la Sogin s.p.a., nella sua qualità di stazione appaltante.

6.1. Con il primo motivo, si censura la sentenza di primo grado, poiché quest’ultima avrebbe erroneamente ravvisato la sussistenza la permanenza del requisito di qualificazione scaturente dalla conclusione del contratto di affitto fra la partecipante alla gara e la società fallita, ancorché il recesso si sia validamente ed efficacemente perfezionato, e, a tutto voler concedere, anche laddove si volesse opinare per la sussistenza di un nuovo titolo in base al quale la società Fucina Italiana permaneva nella detenzione del compendio aziendale – il che, invero, è negato dall’appellante – comunque vi sarebbe stata una modifica dell’offerta originariamente presentata, relativamente al titolo dal quale scaturiva il requisito di partecipazione, con vulnus del principio di par condicio fra i concorrenti.

Viene contestata la sentenza di prime cure laddove ha ravvisato la sussistenza di una condizione sospensiva al recesso esercitato, che non si sarebbe mai inverata.

L’appellante evidenzia inoltre “…che, per giurisprudenza pacifica, i requisiti di partecipazione devono permanere, senza soluzione di continuità, dalla candidatura in sede di gara fino alla stipula del contratto (ed anche in fase di esecuzione), con la conseguenza che l’eventuale perdita, anche da parte solo di un componente di un RTI, del necessario requisito di partecipazione, anche per un breve lasso di tempo, comporta l’esclusione (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8…)”.

Viene stigmatizzato, in continuità con le censure finora esposte, che l’eventuale protratta detenzione del compendio aziendale da parte della ricorrente sarebbe avvenuta valorizzando fatti anche successivi alla data di scadenza della presentazione delle offerte e, dunque, nuovi e non dichiarati nell’offerta presentata.

6.2. Con il secondo motivo, si censura la sentenza gravata per aver statuito che il fallimento della società che ha affittato l’azienda non riverbera anche a danno dell’affittuario e, in particolare, non ha determinato la perdita dei requisiti morali in capo agli amministratori della società affittuaria, né si poteva estendere alla società affittuaria.

L’appellante deduce che “… quando un operatore economico partecipa ad una gara ed assume la qualità di imprenditore solo grazie al fatto che affitta una azienda altrui, non può che subire gli effetti del fallimento dell’affittante”.

Che il fallimento dell’affittante riverberi a danno dell’affittuaria è poi provato da alcune recenti sentenze del giudice amministrativo citate in atti da parte appellante.

7. Anche in questo processo, si è costituita in giudizio la società appellata riproponendo le censure di primo grado già sintetizzate con riferimento al giudizio d’appello n.r.g. 541 del 2020.

8. Le parti illustravano ulteriormente le rispettive posizioni con altri scritti difensivi e relative repliche.

9. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 25 giugno 2020, svoltasi con modalità telematiche ai sensi dell’art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020.

10. Entrambi gli appelli - articolati dalla G.N.S. e dalla Sogin s.p.a. - sono fondati e devono essere accolti.

10.1. In quanto proposti avverso la medesima sentenza, i due appelli devono essere riuniti ai sensi dell’art. 96 comma 1 del c.p.a.

11. Essendo riemerso in sede di appello l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado, il Collegio, per semplicità espositiva, esamina direttamente i motivi posti a sostegno dell’originario ricorso secondo la tassonomia loro propria.

11.1. In ossequio a quanto statuito dall’Adunanza plenaria, con la sentenza n. 5 del 2015, va esaminata, dapprima, la censura relativa al presunto vizio di incompetenza che colpirebbe l’esclusione dell’a.t.i.: quest’ultima, infatti, ha dedotto in prime cure che tale provvedimento dovesse essere emanato dal R.U.P. e non dall’amministratore delegato di Sogin s.p.a.

11.2. Il terzo motivo dell’originario ricorso di primo grado è infondato.

11.2.1. Alla luce della documentazione versata in atti, si evince, infatti, che il R.U.P. ha proceduto ad istruire e disporre l’esclusione della ricorrente in prime cure e che l’amministratore delegato della Sogin s.p.a. ha solo esternato la volontà dell’ente in conformità alla disciplina di settore.

11.2.2. Invero, ai sensi dell’art. 31 co. 3 del d. lgs. n. 50 del 2016: “Il RUP, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”.

Il dato normativo, che pure potrebbe indurre, ad una prima lettura, all’accoglimento della censura, dispone, in realtà, in senso contrario all’accoglimento della tesi difensiva ad essa sottesa.

La norma invero attribuisce al R.U.P. lo svolgimento dei “compiti”, rimarcando dunque il ruolo centrale - di ausilio istruttorio e non solo - che l’organo in questione riveste nell’ambito delle procedure di gara.

11.2.3. Com’è stato recentemente chiarito da un precedente di questo Consiglio “l’art. 31, comma 5, d.lgs. n. 50 cit. riconosce, infatti, la competenza generale del R.u.p. a svolgere tutti i compiti (id est, ad adottare tutti gli atti della procedura)…”, evidenziando, dunque, la possibilità che questi non compia soltanto operazioni di carattere materiale, ma svolga anche attività giuridica esternata in veri e propri atti (Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020 n. 1104).

Tuttavia, proprio il precedente richiamato, dopo aver ricordato che “è stata ritenuta la competenza del R.u.p. all’adozione del provvedimento di esclusione dalla procedura di gara degli operatori economici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2018, n. 5371; III, 19 giugno 2017, n. 2983; V, 6 maggio 2015, n. 2274; V, 21 novembre 2014, n. 5760)”, da parte del giudice amministrativo, ha altresì evidenziato che, sul piano del diritto positivo, con riferimento al provvedimento di esclusione dalla procedura, l’art. 80 applicabile al caso da decidere “individua nella “stazione appaltante” il soggetto tenuto ad adottare il provvedimento di esclusione dell’operatore economico”.

Ebbene, il riferimento alla “stazione appaltante”, contemplata dalla norma nella sua “unitarietà” (non venendo indicato puntualmente questo o quell’organo) consente di affermare che non contrasti con l’orientamento sopra richiamato ravvisare la competenza all’esternazione dell’atto scrutinato anche in capo all’organo della stazione appaltante che, istituzionalmente, assume la posizione apicale. Sia in base ai principi del diritto societario (Sogin è, per l’appunto, una società per azioni) sia in base ai principi del diritto amministrativo (Sogin è qualificabile come organismo di diritto pubblico, altrimenti non sarebbe tenuta al rispetto delle norme sull’evidenza pubblica) competente ad esprimere ed esternare la volontà dell’ente è l’organo di vertice, ossia l’amministratore delegato-organo apicale dell’ente, cosicché il precetto dell’art. 80, che imputa la decisione sull’esclusione dei partecipanti alla gara “alla stazione appaltante” può dirsi pienamente rispettato.

11.2.4. La soluzione proposta, peraltro, non contrasta con il su richiamato orientamento, poiché esso si riferisce, specificamente, alla diversa questione della competenza all’adozione del provvedimento di esclusione fra R.U.P., quale organo ordinario della stazione appaltante con competenza estesa e residuale su tutti gli aspetti della gara, e commissione giudicatrice, quale organo straordinario e deputata ad un’attività di giudizio “consistente nella” e “limitata alla” “valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico in qualità di organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante con funzioni istruttorie” e, quindi, a specifici compiti, non certo di rappresentanza dell’ente.

11.2.5. In definitiva, il suesposto motivo di ricorso deve essere respinto.

12. Può ora procedersi all’esame del primo motivo dell’originario ricorso recante due autonome censure.

12.1. Si premette che va rigettata l’eccezione di inammissibilità formulata dalle appellanti, relativamente alla prima delle due censure riproposte.

Diversamente da quanto opinato da quest’ultime, non è necessaria la proposizione dell’appello incidentale trattandosi di doglianza assorbita in primo grado e ritualmente riproposta in appello, in applicazione dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

12.2. L’eccezione va dunque respinta.

13. Il motivo riproposto è infondato nella sua globalità.

13.1. La prima censura è incentrata sull’illegittimità della ragione giustificatrice della esclusione dalla gara ovvero la perdita del requisito di partecipazione di Fucina, a causa dell’avvenuto recesso dal contratto di affitto di azienda, da parte del curatore fallimentare di Sider.

L’appellata ribadisce le deduzioni già esposte in primo grado e sintetizzate supra al punto 2.1., lettera a.1): in ragione di una serie di proroghe intervenute tra le parti, Fucina non ha mai perso la disponibilità giuridica e materiale del compendio aziendale oggetto del contratto di affitto.

13.1.1. Va preliminarmente richiamato il consolidato insegnamento della giurisprudenza nazionale e sovranazionale, in base al quale si impone la continuità nel possesso dei requisiti soggettivi, dal momento della presentazione della domanda al momento di stipula del contratto, anche in caso di subappalto e, comunque, fino al completamento dell’esecuzione (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., nn. 10 del 2016, 5 e 6 del del 2016, 8 del 2015, 15 e 20 del 2013, 8 del 2012 e 1 del 2010; nonché Corte di giustizia UE, sez. IX, 10 novembre 2016, C-199/15).

Si tratta di un orientamento oramai ampiamente consolidato, che costituisce vero e proprio jus receptum, una pietra miliare della materia da cui procedere per intraprendere la disamina della censura articolata dalle appellanti.

13.1.2. Sulla base delle evidenze documentali, in atti, il Collegio rileva che il recesso si è pienamente perfezionato: la volontà manifestata dal curatore fallimentare è inequivocamente espressa in tale senso.

La circostanza che vi sia stata successivamente una trattativa finalizzata alla vendita del compendio aziendale, sia pure indotta dalla necessità di dare continuità al precedente contratto di affitto, non elide il fatto che vi sia stata soluzione di continuità fra la precedente detenzione dei beni, in ragione del contratto di affitto, e quella successivamente esplicatasi durante la trattativa.

Giuridicamente, è ineludibile il fatto dell’estinzione del contratto di affitto, verificatasi a causa del recesso esercitato dalla curatela.

Il Collegio ritiene particolarmente persuasive, a tale riguardo, le repliche che G.N.S. ha prospettato rispetto alle argomentate deduzioni di Fucina Italia s.r.l.

La società appellante, a pag. 4 delle repliche depositate in data 13 giugno 2020, ha evidenziato che “…risulta dalla Relazione periodica analitica depositata dal Curatore fallimentare di Sider Piombino in data 7 febbraio 2020 (doc. 2), lo stesso Curatore chiarisce a pag. 4 che il complesso aziendale della Sider Piombino è “Detenuto senza titolo” e che esso sarebbe stato posto in “vendita competitiva” mediante “Asta fissata per il giorno 1/4/2020”. Ancora, nell’avviso di asta giudiziaria da tenersi in data 1 aprile 2020, si legge che tali beni sono “detenuti da terzi in regime di proroga del rilascio. Il curatore provvederà alla liberazione e alla consegna dei beni” (doc. 3)”.

Dalla disamina dei suddetti documenti emerge, dunque, in maniera esplicita e ad opera di una delle parti del contratto di affitto di azienda, quale sia lo stato e quale la qualificazione di quest’ultimo rapporto: la prospettazione della curatela fallimentare della società Sider Piombino è evidentemente differente da quella pregevolmente propugnata dall’appellata in primo grado e nel presente grado del giudizio.

13.1.3. È parimenti fondata, poi, la tesi difensiva sviluppata da Sogin e GNS, che rimarca come, accogliendo la tesi del T.a.r., si consente un sostanziale mutamento in itinere, a gara già iniziata, dei requisiti posti a base della propria domanda di partecipazione. Il requisito originariamente provato con il contratto di affitto, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, viene invece poi provato, al momento della verifica del possesso dei requisiti, successivamente all’aggiudicazione provvisoria, mediante una nuova fattispecie negoziale, quella scaturita dalle trattative, perfezionatasi medio tempore.

13.1.4. Ancora, va evidenziato che non può riconoscersi l’equipollenza di questa nuova fattispecie legittimante con quella del contratto di affitto d’azienda.

Come rilevano le parti appellanti, il fondamento della detenzione dell’azienda della società fallita, da parte della società mandante del R.T.I., più che rinvenirsi in un vero e proprio contratto, pare basarsi - stante l’incerta qualificazione che si delinea esaminando le dichiarazioni delle due società già contraenti del contratto di affitto di azienda – in una situazione di mera tolleranza: la detenzione del compendio aziendale è lasciata nella disponibilità dell’impresa partecipante alla gara per propiziare una possibile cessione definitiva della stessa e consentirle di prendere parte all’appalto di cui si discorre nel presente giudizio, dopo che si è manifestata la risoluzione del precedente contratto a causa del recesso.

Questa situazione di tolleranza, tuttavia, proprio perché sfugge ad una qualificazione giuridica in termini di contratto o comunque di vincolo giuridico, non si palesa idonea ad assicurare il conseguimento di quelle finalità sostanziali perseguite dall’amministrazione con la richiesta di particolari requisiti di qualificazione, poiché si tratta, a ben vedere, di una detenzione precaria, non connotata da nessun predicato di stabilità.

13.1.5. Neppure può condividersi, alla stregua dei condivisibili rilievi mossi dagli appellanti, la statuizione della sentenza di prime cure che prospetta l’inefficacia del recesso, in virtù dell’apposizione di una condizione sospensiva da parte della curatela.

Va, preliminarmente, considerato che la tesi della condizione sospensiva non è stata neppure prospettata dalla ricorrente in prime cure, il che - al di là di un possibile vizio di ultra petizione, che, pur adombrato dall’appellante, non viene poi espressamente e chiaramente dedotto - è comunque un chiaro indice della poca plausibilità del pur pregevole impianto ricostruttivo espresso dal Tribunale amministrativo, il quale, al di là della astratta coerenza giuridica, non regge alle concrete e ben circostanziate censure di parte appellante.

Anche a voler prescindere dalla circostanza che si tratterebbe di una clausola condizionale neppure espressamente prevista nell’atto di recesso, questo Collegio ritiene non condivisibile la ricostruzione operata dal Tribunale amministrativo, proprio in ragione dei canoni ermeneutici da esso richiamati.

Il tenore letterale dell’atto di recesso è inequivoco nell’esprimere la volontà di sciogliersi dall’impegno contrattuale precedentemente assunto e non contiene, invece, né riserve né condizioni.

Il comportamento successivo tenuto dalle parti è quello di chi si prodiga per trovare una soluzione per giustificare il venire meno del titolo di detenzione dei beni aziendali in capo alla società mandante.

Va dunque dichiarato l’avvenuto perfezionamento del recesso.

13.2. Può scendersi ora all’esame della seconda censura del primo motivo del ricorso originario che si traduce, in buona sostanza, nella richiesta subordinata di aggiudicazione della gara alla sola mandataria Ansaldo in quanto in possesso, ex se, dei requisiti richiesti.

La doglianza ivi sviluppata introduce al tema delle a.t.i. c.d. sovrabbondanti ed alla esatta individuazione della portata applicativa della norma sancita dall’art. 48 comma 4 del codice dei contratti pubblici.

13.2.1. Va preliminarmente evidenziato che i raggruppamenti c.d. “sovrabbondanti” – raggruppamenti, definiti tali per comodità espositiva, nei quali ogni impresa componente possiede autonomamente il requisito di partecipazione alla gara ma, nonostante questo, decida di dar vita ad una forma associativa per l’esecuzione dell’appalto - non sono vietati in via generale dall’ordinamento, anche in considerazione del favor del diritto europeo alla partecipazione alle gare ad evidenza pubblica anche dei soggetti riuniti, quale che sia la forma giuridica di tale aggregazione, benché non siano mancati pareri dissonanti che ritengono che essi siano strumento astrattamente idoneo ad eludere la disciplina della concorrenza.

13.2.1.1. Proprio con riferimento a questa peculiare compagine di operatori economici, si è pronunciata l’Adunanza plenaria n. 9 del 2019, statuendo la legittimità dell’esclusione dalla gara di quei raggruppamenti c.d. “sovrabbondanti”, quando uno degli operatori economici che concorre a costituirlo abbia assunto un impegno all’esecuzione di lavori superiore ai suoi requisiti di qualificazione, ancorché in presenza di altri partecipanti titolari di una qualificazione tale da consentire loro di “supplire” alla prestazione dell’impresa deficitaria, adempiendo al suo posto.

13.2.1.2. Con un’articolata e complessa motivazione, l’Adunanza plenaria ha illustrato motivazioni deponenti per la suddetta soluzione.

Tali motivazioni, in quanto di carattere generale, non possono essere circoscritte soltanto alle cause relative alla fattispecie degli appalti di lavori, ma debbono essere estese a tutte le tipologie di appalti pubblici e dunque anche a quelli di servizi e forniture, a fortiori quando la legge di gara prevede espressamente l’indicazione del riparto delle prestazioni.

13.2.1.3. La censura esaminata può dunque essere respinta già solo in ragione di quanto appena osservato.

13.2.2. Nondimeno, anche a volere prescindere dalle suesposte argomentazioni, proprio la giurisprudenza invocata dall’appellata e, in particolare, il precedente di questo Consiglio (Sez. III, 22 maggio 2019, n. 3331), statuisce che “Negli appalti di servizi e forniture non vige ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara, precisandosi che per i servizi e forniture, per i quali non vi è un sistema di qualificazione SOA normativo, spetta alla stazione appaltante decidere se introdurre sistemi di qualificazione e in che misura disporne la ripartizione in sede di ATI. Con la conseguenza che, di fronte ad una lex specialis che prevede soltanto i requisiti di capacità tecnica per l'intero raggruppamento, senza alcuna distinzione in relazione ai componenti, in mancanza di una specifica previsione contenuta nella lex specialis, e in assenza di una norma imperativa con valenza eterointegrativa, non può disporsi l'esclusione di una concorrente partecipante alla ATI e priva dei suindicati requisiti tecnici”.

A questo proposito va osservato come il disciplinare di gara dell’appalto di cui si discorre ha previsto al punto 13.1.9 che “I requisiti relativi al fatturato globale e specifico, di cui ai precedenti paragrafi 13.1.2 e 13.1.3:

a) in caso di raggruppamento temporaneo…devono essere soddisfatti dal raggruppamento temporaneo…. Detti requisiti devono essere posseduti in misura maggioritaria dall’impresa capogruppo mandataria nella percentuale minima del 40%. Il requisito deve essere inoltre posseduto da ciascuna impresa mandante nella percentuale minima del 10%, fermo restando che il requisito dovrà essere posseduto in toto nella misura del 100. In ogni caso, la mandataria…dovrà possedere il requisito in misura maggioritaria”.

Dalla lettura della clausola del disciplinare di gara si evince chiaramente che la situazione oggetto di scrutinio è perfettamente coincidente con quella esemplificata dalla massima del precedente su riportato, laddove esclude la possibilità che si emani il provvedimento di esclusione soltanto nel caso in cui, relativamente ai requisiti di capacità, la lex specialis non abbia posto “alcuna distinzione in relazione ai componenti”.

Poiché nel caso di specie, invece, la lex specialis ha provveduto a individuare tale “distinzione”, ossia quella che è la ripartizione dei requisiti in capo ai diversi componenti in relazione all’entità delle prestazioni dovute, la tesi della ricorrente in prime cure non può che essere respinta.

14. La reiezione del primo e del terzo motivo del ricorso di primo grado consolida il provvedimento di esclusione dell’a.t.i. mantenendo ferma una delle due autonome cause di esclusione e rende improcedibile, per evidente carenza di interesse, lo scrutinio delle ulteriori censure formulate nel secondo motivo (cfr. ex plurimis Cons. Stato Sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2366; Sez. V, 12 marzo 2020, n. 1762; Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1101).

15. In conclusione, gli appelli devono essere accolti con la conseguente riforma dell’impugnata sentenza.

16. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e dell’art. 26 comma 1, c.p.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna Fucina Italia s.r.l e Consorzio Stabile Ansaldo new Clear, in solido fra loro, al pagamento delle spese di lite in favore di Gns Gesellschaft Für Nuklear-Service Mbh (Gns Mbh) e di Sogin s.p.a., che liquida, per ciascuna parte, in euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e spese generali al 15%).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 giugno 2020, svoltasi da remoto in audio conferenza ex art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020:

Vito Poli, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore