Consiglio di Stato, sez. V, 1 luglio 2020, n. 4220.
1. Secondo i princìpi affermati dalla giurisprudenza in tema di rapporti fra accesso difensivo e tutela dei segreti industriali e commerciali, le norme che regolano l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici sono definite dall’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, che richiama la disciplina generale di cui agli artt. 22 segg. L. n. 241 del 1990, ma vi aggiunge speciali e specifiche disposizioni derogatorie in punto di differimento, di limitazione e di esclusione della pretesa ostensiva in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che sogliono manifestarsi e assumere rilievo nel contesto di dette procedure.
2. In tema di accesso agli atti di gara, la voluntas legis, consona al particolare contesto concorrenziale, è nel senso di escludere dall’ostensibilità quella parte dell’offerta, o delle giustificazioni dell’anomalia dell’offerta, che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico - industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del «saper fare» e delle competenze ed esperienze maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale, e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza, beni essenziali a cui l’ordinamento, ai fini della corretta esplicazione della concorrenza, offre tutela.
3. Nelle gare pubbliche, la ratio legis è nel senso che del diritto di accesso – per quanto garantito dal principio di pubblicità e trasparenza della condotta delle pubbliche amministrazioni o dei soggetti funzionalmente equiparati – non si possa fare un uso emulativo, ad esempio da parte di concorrenti che potrebbero formalizzare l’istanza allo scopo precipuo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri.
4. Nelle gare pubbliche, la presentazione di una istanza di accesso impone alla stazione appaltante di coinvolgere, in rispetto del contraddittorio, il concorrente controinteressato, nelle forme di cui alla disciplina generale del procedimento amministrativo, e richiede una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell’apprezzamento dell’effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza. Le rispettive e contrapposte ragioni, lungi dal tradursi nell’automatica prevalenza a favore dell’interesse alla conoscibilità della documentazione di gara, dovranno essere criticamente considerate e soppesate dalla stazione appaltante, nell’ambito di una valutazione discrezionale a quest’ultima rimessa.
5. Nei procedimenti concorsuali per l’aggiudicazione di pubblici appalti, l’accesso è strettamente legato alla sola esigenza di «difesa in giudizio», previsione più restrittiva di quella dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale. Ciò appare confermato dal testo dell’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 che, per la particolare ipotesi disciplinata al precedente comma 5, lett. a), consente l’accesso al concorrente esclusivamente «ai fini» della difesa in giudizio dei propri interessi, così confermando il rapporto di stretta funzionalità e strumentalità che deve sussistere fra la documentazione oggetto dell’istanza, contenente segreti tecnici e commerciali, e le esigenze difensive.
6. Nell’ambito dei procedimenti concorsuali di selezione del contraente della p.a., al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo ad informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7387 del 2019, proposto da
Esperia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sergio Caracciolo, Giorgio Calo', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Enrico Maggiore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
nei confronti
Baby & Job s.r.l., Il Girotondo s.r.l., Cooperativa Sociale Gialla, Anac – Uvcs, non costituite in giudizio;
per la riforma
dell' ordinanza collegiale del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), 8 maggio 2019, n. 5750, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 il consigliere Angela Rotondano e udito per l’appellante l’avvocato Sergio Caracciolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società Esperia s.r.l. partecipava alla procedura aperta, indetta da Roma Capitale (con determina dirigenziale n. 1756 del 10 luglio 2017), per “l’affidamento in concessione a terzi della gestione di sette nidi d’infanzia secondo lotti distinti e funzionali”, dell’importo complessivo soggetto a ribasso di euro 5.355.018,90 al netto di IVA e per la durata di anni tre (periodo settembre 2017- luglio 2020), suddivisa in sette lotti (corrispondenti ciascuno ad un nido), da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il bando stabiliva, inoltre, che a ciascun concorrente non potessero aggiudicarsi più di due lotti.
1.1. All’esito delle operazioni di gara e valutate le offerte presentate dalle concorrenti, la Stazione appaltante, a seguito della disposta verifica di anomalia delle offerte relative ai lotti 2 e 4, dichiarava decaduta l’offerta della Girotondo, prima classificata nel lotto 4, per aver questa rinunciato a fornire le giustificazioni richieste, ed escludeva la Cooperativa Gialla, risultata invece prima nella graduatoria del lotto 2: pertanto, aggiudicava detti lotti alle imprese risultate, rispettivamente, seconde classificate, e precisamente il lotto 4 ad Esperia (gestore uscente del servizio per i due nidi corrispondenti ai lotti 2 e 4) ed il lotto 2 al raggruppamento temporaneo tra Baby & Job e la società Officina delle Idee Società Cooperativa a r.l. (di seguito “Baby & Job”).
1.2. In particolare, per il lotto 2 (corrispondente al nido di via Valcannuta), oggetto della presente controversia, Baby & Job aveva conseguito il punteggio complessivo di 81,342 punti, seguita dalla società Girotondo (con un punteggio totale di 68,276) e da Esperia (che aveva riportato, nel complesso, 58,785 punti).
2. Con istanza di accesso formulata il 10 gennaio 2019, Esperia domandava l’ostensione dei seguenti atti: 1) tutti i verbali tecnici di gara; 2) le offerte tecniche, economiche ed i PEF sia dell’aggiudicataria Baby & Job, sia della ditta Il Girotondo, quale concorrente classificatasi al secondo posto in graduatoria (nel lotto 2) dopo l’esclusione della Cooperativa Gialla; 3) tutti gli atti con i quali è stata eseguita la verifica dell’anomalia dell’offerta della Cooperativa Gialla, successivamente esclusa, compresa l’offerta tecnica, economica e PEF, così da poter verificare e contestare l’anomalia dell’offerta della ditta Il Girotondo, presentata nel lotto 2.
2.1. Con successive istanze dell’8 febbraio e del 18 febbraio 2019, Esperia reiterava la domanda di accesso agli atti di gara (e precisamente: a tutti i verbali tecnici di gara; alle offerte tecniche economiche e ai piani economico-finanziari delle ditte Baby & Job e Il Girotondo; agli atti di verifica dell’anomalia della ditta Cooperativa Gialla, alla relativa offerta tecnica economica e al piano economico- finanziario; alla verifica dell’anomalia della società Il Girotondo; alle opposizioni all’ostensione delle controinteressate).
3. Nelle more, con ricorso proposto al Tribunale amministrativo per il Lazio, Esperia, premesso di essere risalita (dopo l’esclusione della Cooperativa Gialla) alla terza posizione nel lotto 2, ne impugnava l’aggiudicazione (disposta in via definitiva con d.d. n. 52 del 10 gennaio 2019), unitamente a tutti gli atti di gara presupposti, assumendo che le prime due graduate, Baby & Job e Il Girotondo, andavano escluse dalla gara: chiedeva, pertanto, l’annullamento degli atti impugnati e la declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato o, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente monetario.
3.1. La ricorrente domandava altresì l’annullamento ex art. 116 Cod. proc. amm. del provvedimento con cui Roma Capitale, preso atto delle opposizioni delle controinteressate (Cooperativa Gialla, Baby & Job e Il Girotondo), aveva negato l’accesso integrale alle rispettive offerte tecniche e alla relazione giustificativa, oscurandole, e chiedeva che venisse accertata e dichiarata la fondatezza delle istanze di accesso agli atti presentate dalla ricorrente e del suo diritto all’ostensione (con visione ed estrazione di copia) di tutta la documentazione richiesta, ivi incluse le parti del progetto tecnico oscurate, i pareri, le verifiche compiute dalla stazione appaltante e i giustificativi integrali.
3.2. Nella memoria depositata in giudizio il 14 marzo 2019 la ricorrente reiterava la domanda ex art. 116 Cod. proc. amm., a seguito dell’ulteriore parziale diniego da parte della Stazione appaltante in relazione all’istanza di accesso del 1 marzo 2019 avente ad oggetto l’elenco del personale impiegato presso il nido di Via Valcannuta, con indicazione delle mansioni svolte, della tipologia di contratto applicata e delle relative qualifiche: censurava, in particolare, l’illegittimità anche di quest’ultimo atto che aveva, a suo dire, erroneamente escluso l’accesso ai documenti contrattuali necessari ai fini della difesa e, segnatamente, alla dimostrazione della non sostenibilità economica dell’offerta risultata aggiudicataria.
3.3. Si costituiva in giudizio Roma Capitale la quale controdeduceva puntualmente sulla domanda ex art. 116 Cod. proc. amm., evidenziando che nella fattispecie trovava applicazione il disposto di cui all’art. 53, comma 5, lett. a) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in base al quale è escluso il diritto di accesso “alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”: l’Amministrazione, preso atto delle motivate opposizioni dei tre controinteressati, aveva perciò reso disponibile alla società ricorrente, in riscontro alle istanze formulate nel tempo, una serie di documenti utili alla difesa in giudizio dei suoi interessi in relazione alla procedura per cui è causa, consegnandole tutto quanto era possibile ostendere, ivi comprese tutte le parti delle offerte dei controinteressati utili per verificarne la congruità; laddove, viceversa, l’oscuramento delle offerte (espressamente previsto dal punto 9.12 del Disciplinare) avrebbe avuto ad oggetto solo i segreti tecnici e commerciali relativi alle scelte pedagogiche, prive di rilevanza ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto, con conseguente legittimità del diniego all’accesso opposto dai controinteressati prima e dalla Stazione appaltante poi.
3.4. Si costituivano altresì la società Baby & Job (la quale deduceva puntualmente sull’inammissibilità e infondatezza dell’impugnativa proposta) e la Cooperativa Gialla; non si costituiva, invece, la società Il Girotondo, benché ritualmente intimata.
3.5. L’adito Tribunale, con ordinanza n. 1788 del 21 marzo 2019, respingeva la domanda cautelare incidentalmente formulata dalla ricorrente per l’assorbente carenza del requisito del periculum, rilevando che l’aggiudicataria era subentrata nella gestione del servizio e che, nella comparazione dei contrapposti interessi, dovesse ritenersi prevalente quello al regolare andamento dell’asilo nido.
4. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale amministrativo ha respinto l’istanza ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. sull’assunto secondo cui “l’accesso agli atti di gara non è pacificamente sempre integrale a fronte della deduzione di esigenze di difesa, essendo sempre necessario, nel bilanciamento tra il diritto alla tutela dei segreti industriali e commerciali e il diritto all’esercizio del c.d. “accesso difensivo”, l’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate”: ha ritenuto, pertanto, non meritevole di favorevole considerazione la domanda di accesso nel caso in esame atteso che, mentre le tutte controinteressate avevano fornito “adeguate spiegazioni e giustificazioni sull’esigenza di tutelare la riservatezza sui proprio progetti pedagogici”, la società ricorrente nulla aveva dimostrato, nel ricorso introduttivo, “sull’effettiva utilità di ottenere la documentazione richiesta in versione integrale”.
5. Avverso detta ordinanza Esperia ha proposto appello, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone la riforma per i seguenti motivi di diritto: “Erronea, contraddittoria ed illogica motivazione dell’ordinanza TAR Lazio- Roma, Sez. II, n. 5750/2019, in ordine alla ritenuta insussistenza del diritto della ricorrente all’accesso agli stessi atti per travisamento dei fatti, erronea applicazione della normativa vigente in materia di accesso agli atti di una procedura di gara ed omessa valutazione di elementi decisivi ai fini del giudizio- Violazione e falsa applicazione dell’art. 116, co.2, degli artt. 22 e ss. Legge n. 241/1990, dell’art. 53 del D.Lgs. n. 50/2016 e del Punto 9.12 del Disciplinare di gara”.
5.1. Esperia ha dunque insistito per l’accoglimento dell’istanza proposta ex art. 116, comma 2, c.p.a., chiedendo che sia ordinato a Roma Capitale di esibire, entro il termine massimo di giorni trenta, alla società appellante, integralmente e senza oscuramento, la documentazione oggetto delle richieste di accesso formulate.
5.2. Si è costituita anche nel presente giudizio Roma Capitale, chiedendo il rigetto del gravame per la sua infondatezza, ribadendo la legittimità del suo operato ed eccependo l’inammissibilità dell’istanza ex art. 116 Cod. proc. amm.
5.3. Non si sono invece costituite, benché ritualmente intimate, le società controinteressate.
5.4. Alla camera di consiglio del 27 febbraio 2020, sulle reiterate conclusioni delle parti costituite, la causa è stata riservata per la decisione.
DIRITTO
6. Con l’appello in epigrafe la società Esperia contesta le statuizioni dell’ordinanza di prime cure che ha respinto l’istanza di accesso ex art. 116 comma 2 Cod. proc. amm., assumendone l’erroneità e l’ingiustizia sotto plurimi profili.
6.1. L’appellante è, dunque, tornata a dolersi dell’asserita illegittimità dell’operato della Stazione appaltante per avere questa sostanzialmente limitato l’ostensione documentale ai verbali di gara e a pochissime pagine delle offerte tecniche e dell’ulteriore documentazione richiesta, con ciò violando l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, poiché la disamina delle offerte e degli altri documenti oggetto di accesso sarebbe indispensabile per poter verificare la sussistenza di eventuali illegittimità del giudizio espresso dalla Commissione di gara e degli atti adottati dalla Stazione appaltante. L’ordinanza appellata avrebbe così del tutto obliterato le previsioni contenute nel punto 9.12. del Disciplinare di gara, che, coerentemente alla ratio acceleratoria che ispira l’art. 53 del D.lgs. n. 50 del 2016 (e, più in generale, l’intera disciplina del contenzioso in materia di appalti pubblici, connotato dai più ristretti termini decadenziali stabiliti dall’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm. per l’impugnazione degli atti delle procedure di gara), consentivano alle concorrenti la tempestiva ostensione degli atti richiesti, senza attendere i tempi per l’instaurazione del contraddittorio con i controinteressati ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 184 del 2006.
6.2. In particolare, l’appellante lamenta che il primo giudice, in violazione dell’art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., degli artt. 22 e ss. legge n. 241 del 1990, dell’art. 53 del D.Lgs. n. 50/2016 e del Punto 9.12 del Disciplinare di gara, avrebbe erroneamente:
- omesso di rilevare che, nella fattispecie, le ditte controinteressate non avevano tempestivamente (e preventivamente) fornito, già in sede di gara, le dichiarazioni di cui al Punto 9.12 del Disciplinare di Gara in ordine ai segreti tecnici e commerciali (mediante motivata e comprovata dichiarazione “a corredo dell’offerta tecnica”, come testualmente prescritto dalla su indicata disposizione della lex specialis della procedura), basando invece la propria erronea statuizione di rigetto dell’istanza ex art. 116, co. 2, c.p.a. sulle opposizioni all’accesso, incomprensibilmente ritenute, dal Tribunale amministrativo, “adeguate”, sebbene inammissibilmente proposte dalle medesime ex post (id est: solo a seguito della ricezione della sopra citata istanza di accesso agli atti da parte della Esperia); laddove, invece, la giurisprudenza amministrativa, nella vigenza del precedente art. 13, comma 5, lett. a) del D.Lgs. n. 163 del 2006 (poi confluito, con identica formulazione, nell’attuale art. 53, comma 5, lett. a) del D.Lgs. n. 50/2016), ha invece più volte ribadito che l’accesso può essere escluso sempre che il concorrente, in sede di offerta, dichiari preventivamente che talune informazioni fornite nell’ambito dell’offerta costituiscono segreti tecnici e commerciali; con la conseguenza che tale indicazione, costituendo specifico onere per il concorrente che intenda mantenere riservate e sottratte all’accesso tali parti della propria offerta, non può invece rappresentare, sul piano della ragionevolezza interpretativa, un impedimento frapposto ex post dall’aggiudicatario, a tutela della posizione conseguita, nei confronti dell’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale da parte degli altri concorrenti (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 28 luglio 2016, n. 3431; Sez. VI, 18 gennaio 2018, n. 293);
- ritenuto che l’interesse alla ostensione dei documenti richiesti dalla Esperia possa aver trovato soddisfazione con la consegna dei documenti “sebbene parzialmente oscurati” e che, in ogni caso, non sarebbe consentito l’accesso anche a documenti ed atti relativi alla fase esecutiva;
- del tutto travisato il tenore dell’art. 53, co. 6, D. Lgs. n. 50/2016 in tema di c.d. accesso difensivo, ritenendo, al contrario di quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, che il rapporto di “strumentalità” tra la documentazione di gara richiesta e l’interesse legittimo che il soggetto richiedente l’accesso intende tutelare (nella fattispecie, quello al subentro nel contratto relativo al Lotto 2 della gara de qua) debba essere inteso in senso “restrittivo”, al punto da consentire una pregnante valutazione, da parte dell’Amministrazione o del Giudice, in ordine alla possibilità o meno di accoglimento della domanda sostanziale eventualmente proponibile dall’istante all’esito dell’accesso agli atti;
- negato l’accesso sull’erroneo assunto che l’offerta tecnica fosse stata oscurata nella sola parte del c.d. progetto pedagogico, ritenuto illegittimamente coperto da privativa, mentre, all’evidenza, gli omissis riguardavano circa l’80 per cento dell’offerta, perciò quasi totalmente oscurata (e non soltanto nelle parti del progetto educativo come ritenuto dai primi giudici), rendendo di fatto impossibile la valutazione dell’operato della Commissione, se non attraverso le deduzioni riportate nella memoria del 14 marzo 2019 sulle sole parti visibili;
- negato l’ostensione documentale nuovamente sollecitata a Roma Capitale, dopo la notifica del ricorso, giustificata dall’esigenza di verificare “sostanzialmente” la congruità dell’offerta dell’aggiudicataria e, soprattutto, la corrispondenza tra quanto offerto in gara e quanto poi effettivamente eseguito, con particolare riferimento all’impiego del personale e alla congruità del costo del lavoro, sulla base di quanto descritto nell’offerta tecnica e riportato nel PEF;
- negato l’accesso per non aver formulato alcuna “censura specifica avverso l’offerta della società Il Girotondo, che la precede in graduatoria nel lotto 2, essendosi classificata terza”, senza avvedersi che la stessa società Il Girotondo, nelle proprie controdeduzioni all’accesso, avesse dichiaratamente riconosciuto di essere “stata la scrivente società esclusa e quindi anche non inserita in alcuna graduatoria definitiva”; il che, contrariamente a quanto ritenuto dall’ordinanza impugnata, determinava che Esperia risultasse collocata seconda in graduatoria, potendo così legittimamente aspirare a conseguire l’auspicata aggiudicazione.
6.3. Insomma, secondo l’appellante avrebbe errato il primo giudice (anche a causa del richiamo, a supporto della decisione di rigetto dell’istanza, di precedenti giurisprudenziali non conferenti e relativi a fattispecie affatto diverse da quella per cui è causa) nel non riconoscere prevalenza al diritto all’accesso agli atti della gara d’appalto, in tesi funzionale alla difesa dei diritti del richiedente che vi aveva partecipato, rispetto all’esigenza di riservatezza e segretezza opposte dalle controinteressate.
6.4. Del resto, la partecipazione alle gare pubbliche di appalto comporterebbe l’accettazione implicita, da parte del concorrente, delle regole di trasparenza e imparzialità connotanti la selezione, con inevitabile accettazione anche del rischio di divulgazione del segreto industriale o commerciale, ove quest’ultimo sia impiegato allo scopo di acquisire un vantaggio competitivo all’interno di una gara pubblica, proprio in dipendenza dei principi di pubblicità e trasparenza che la governano.
6.5. Alla luce di tali considerazioni, secondo l’appellante, l’interesse all’accesso ai documenti, anche nel caso in esame, non poteva che essere accertato “in astratto”, in quanto interesse avente autonoma consistenza, senza alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o all’ammissibilità delle azioni giudiziali già proposte o proponibili dalla richiedente, inerenti alla pretesa sostanziale sottostante.
7. L’appello è infondato e va respinto.
7.1. Il Collegio condivide e intende dare continuità ai principi affermati dalla giurisprudenza in subiecta materia, quanto ai rapporti tra accesso difensivo e tutela dei segreti industriali e commerciali, correttamente applicati dall’ordinanza appellata nella fattispecie in esame.
7.2. Come di recente statuito da questo Consiglio (Sez. V, 7 gennaio 2020, n. 64), le norme che regolano l'accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici sono definite dall'art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, che richiama la disciplina generale di cui agli artt. 22 ss. l. 7 agosto 1990, n. 241, ma “vi aggiunge speciali e specifiche disposizioni derogatorie in punto di differimento, di limitazione e di esclusione della pretesa ostensiva in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che sogliono manifestarsi e assumere rilievo nel contesto delle procedure evidenziali”.
7.3. Per questo profilo, la norma recepisce le indicazioni dell’art. 21 della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 39 della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 28 della direttiva 2014/23/UE, a tenore dei quali – fatti salvi gli obblighi in materia di pubblicità sugli appalti aggiudicati e gli obblighi di informazione dei candidati e degli offerenti – le stazioni appaltanti:
a) sono tenute, salvo diversa ed espressa previsione nazionale od eurounitaria, a non rivelare «informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte»;
b) sono autorizzate a «imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere la natura confidenziale delle informazioni [rese] disponibili durante tutta la procedura».
Segnatamente, in attuazione dei richiamati criteri direttivi, l’art. 53, comma 5, lett. a) d.lgs. n. 50 del 2016 sancisce: «sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione […] alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali».
7.4. Tanto premesso, la giurisprudenza richiamata ha altresì chiarito che “La particolare voluntas legis, consona al particolare contesto concorrenziale, è, dunque, di escludere dall’ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Si tratta, del resto, di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa e cui l’ordinamento, ai fini della corretta esplicazione della concorrenza, offre tutela di loro in quanto segreti commerciali: cfr. artt. 98 e 99 d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale).” (Cons. di Stato, V, 64/2020 cit.).
La ratio legis è, infatti, di far sì che, proprio con riguardo ad una gara pubblica, che non deroga ma assicura la corretta competizione tra imprese, del diritto di accesso – per quanto garantito dal principio di pubblicità e trasparenza della condotta delle pubbliche amministrazioni o dei soggetti funzionalmente equiparati (cfr. art. 1 l. n. 241 del 1990) – non si possa fare un uso emulativo, ad esempio da parte di contendenti che potrebbero formalizzare l’istanza allo scopo precipuo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri (cfr. Cons. Stato, VI, 19 ottobre 1990, n. 6393). La leale dimensione competitiva di una gara, invero, ne risulta la caratteristica dominante e pertanto nel conflitto quanto attiene alla correttezza della concorrenza domina sulla circostanza che ad essa fa esito un potere pubblico.
Ne viene che la scelta, di suo meritevole, di prendere parte ad una procedura competitiva non implica, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, un’indiscriminata accettazione del rischio di divulgazione di segreti industriali o commerciali, i quali – almeno in principio – restano sottratti, a tutela del loro specifico valore concorrenziale, ad ogni forma di divulgazione.
7.5. Il sancito limite alla ostensibilità è comunque subordinato all’espressa «manifestazione di interesse» da parte dell’impresa interessata, cui incombe l’onere dell’allegazione di «motivata e comprovata dichiarazione», mediante la quale dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia.
7.6. A tal fine, la presentazione di una istanza di accesso impone alla stazione appaltante di coinvolgere, in rispetto del contraddittorio, il concorrente controinteressato, nelle forme di cui alla disciplina generale del procedimento amministrativo, e richiede una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell’apprezzamento dell’effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza. Le rispettive e contrapposte ragioni- del richiedente che chieda l’accesso e dell’impresa controinteressata che vi opponga la tutela della riservatezza per esigenze connesse a segreti tecnici o commerciali- lungi dal tradursi, dunque, nell’automatica prevalenza a favore dell’interesse del primo alla conoscibilità della documentazione di gara, dovranno essere criticamente considerate e soppesate dalla stazione appaltante, nell’ambito di una valutazione discrezionale a quest’ultima rimessa.
Pertanto, è esente dai dedotti profili di illegittimità l’operato della Stazione appaltante che ha tenuto conto delle motivate e comprovate dichiarazioni di diniego all’accesso espresse dalle controinteressate, con specifica indicazione delle parti dell’offerta tecnica e, per ciascuna, delle peculiari e adeguate ragioni per cui l’ostensione non poteva essere consentita, in quanto relative a dati, profili e informazioni costituenti “il valore aggiunto che la società garantisce rispetto al servizio ordinario” e alle “richieste minime della Stazione appaltante e previste nei documenti di gara”, la cui “diffusione o parziale divulgazione causerebbe un danno grave alla società in termini di perdita di competitività sul mercato” (cfr. diniego di accesso del 25 gennaio 2019 da parte di Baby & Job).
Nondimeno – posto che trasparenza e riservatezza sono valori primari per l’azione amministrativa – va rilevato che la legge non pone una regola di esclusione basata su una presunzione assoluta valevole ex ante, ma impone un valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, per modo che possa non essere preclusivamente vulnerato «l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto» (cfr. art. 53, ult. cpv. cit.).
Del resto, l’accesso è, nella materia in esame, strettamente legato alla sola esigenza di «difesa in giudizio»: previsione più restrittiva di quella dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso, ove necessario, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (cfr. Cons. Stato, V, 9 dicembre 2008, n. 6121). Tanto è ulteriormente confermato dalla lettera del citato art. 53, dove “in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a)” è consentito l’accesso al concorrente non più “in vista” e “comunque” (come nel testo del previgente art. 13 del d.lgs. n. 163 del 2006), ma esclusivamente “ai fini” della difesa in giudizio dei propri interessi: così confermando, vieppiù, il rapporto di stretta funzionalità e strumentalità che deve sussistere tra la documentazione oggetto dell’istanza, contenente, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali, e le esigenze difensive, specificamente afferenti “alla procedura di affidamento del contratto”.
Ne consegue che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio.
7.7. A tali principi giurisprudenziali l’ordinanza appellata si è correttamente conformata, avendo bene rammentato che “un punto di equilibrio tra esigenze di riservatezza e trasparenza nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica finalizzata alla stipula di contratti di appalto si rinviene nella disciplina di settore dettata dal d.lgs. n. 50/2016, la quale fa prevalere le ovvie esigenze di riservatezza degli offerenti durante la competizione, prevedendo un vero e proprio divieto di divulgazione, salvo ripristinare la fisiologica dinamica dell'accesso a procedura conclusa, con espressa eccezione per "le informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali" (cfr. Cons Stato, III, 26 ottobre 2018, n. 6083; Sez. III, 17 marzo 2017, n. 1213).
7.8. Le argomentazioni dell’appellante non sovvertono, pertanto, il condivisibile ragionamento del primo giudice, fondato sul rilievo che lo strumento attraverso il quale contemperare in concreto la contrapposizione di interessi innanzi detta è costituito dal parametro della "stretta indispensabilità" di cui all'art. 24, co. 7, secondo periodo, della l. n. 241/1990, idoneo a giustificare la prevalenza dell'interesse di una parte - mossa dall'esigenza di "curare o difendere propri interessi giuridici" - rispetto all'interesse di un'altra parte, altrettanto mossa dall'esigenza di "curare o difendere propri interessi giuridici" legati ai dati sensibili che la riguardano e che possono essere contenuti nella documentazione chiesta in sede di accesso (cfr. in tal senso Cons. di Stato, VI, 11 aprile 2017, n. 1692).
Ne consegue che, alla luce dei riportati principi generali, l’accesso agli atti di gara non è pacificamente sempre integrale a fronte della deduzione di esigenze di difesa, essendo sempre necessario, nel bilanciamento tra il diritto alla tutela dei segreti industriali e commerciali ed il diritto all’esercizio del c.d. “accesso difensivo”, l’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate.
Pertanto, a differenza di quanto l’appellante torna a sostenere, a fronte della comprovata e motivata dichiarazione dei controinteressati, l’interesse all’accesso ai documenti oggetto delle istanze nel tempo avanzate dalla società non poteva essere considerato “in astratto” né poteva prescindere dalla dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia: in difetto della quale non rileva l’asserita tardività delle opposizioni all’accesso da parte delle offerenti.
7.9. Su queste premesse risulta acclarato, alla luce della documentazione versata agli atti del giudizio, come correttamente evidenziato dai primi giudici:
- che, a seguito della prima istanza, formulata anteriormente alla proposizione del ricorso innanzi al Tribunale amministrativo, la Stazione appaltante ha consegnato alla richiedente, relativamente al lotto 2, i verbali di gara numeri 1, 6 e 7, 12 e 13 e gli estratti delle offerte tecniche ed economiche delle prime tre classificate;
- che, nel caso di specie, la Stazione appaltante, sebbene all’atto della prima istanza del 10 gennaio 2019 l’odierna appellante non avesse proposto alcun ricorso, ha messo a disposizione della società Esperia le offerte tecniche delle controinteressate nella versione oscurata in relazione ai segreti tecnici e commerciali relativi alle scelte pedagogiche, come motivatamente e articolatamente richiesto da queste ultime nelle osservazioni presentate a seguito della comunicazione dell’istanza di accesso;
- che Baby & Job aveva, in particolare, allegato all’offerta tecnica dichiarazione di esplicito e motivato diniego all’ostensione della stessa, come previsto dal punto 9.12 del Disciplinare, e riconfermato il medesimo diniego in data 17 gennaio 2019, inviando una versione dell’offerta parzialmente oscurata nelle parti indicate come contenenti segreti tecnici, mentre Cooperativa Gialla e Girotondo, a seguito della comunicazione della richiesta di ostensione inoltrata da Esperia, avevano negato l’accesso ai documenti;
- che, per quanto qui rileva, Baby & Job aveva, per ciascuna parte dell’offerta indicata come contenente segreti tecnici, espresso, in maniera articolata e puntuale, le ragioni sottese al diniego, evidenziando che “il progetto tecnico e le parti sopra specificate contengono gli elementi caratterizzanti il know-how e la pedagogia applicata da Baby & Job s.r.l., frutto di numerosi anni di ricerca sul campo e della collaborazione con consulenti ed enti di formazione esterna e costituiscono il segreto tecnico-industriale del modello organizzativo utilizzato ai sensi dell’art. 53, comma 5, lettera a) del D.lgs. n. 50/2016”;
- che, rispetto alla successiva istanza di accesso dell’8 febbraio 2019, la Stazione appaltante ha reso comunque disponibili le opposizioni dei controinteressati all’ostensione delle offerte, e, in riscontro all’ulteriore istanza del 18 febbraio, sono stati anche consegnati alla società Esperia il verbale di gara n. 9 afferente al lotto 4, l’estratto dell’offerta tecnica di Girotondo per il lotto 4 e la corrispondenza sulla verifica di anomalia del lotto 2 e del lotto 4;
- che, pertanto, già al momento della proposizione del ricorso introduttivo, Esperia era in possesso della documentazione necessaria ad evidenziare le asserite illegittimità dell’offerta delle concorrenti collocate in posizione poziore nella graduatoria di gara ed era altresì in grado di formulare censure puntuali e specifiche sull’inadeguata valutazione della propria offerta;
- che la sussistenza di un segreto tecnico o commerciale, cioè di un quid pluris rispetto alla mera “riservatezza” della documentazione oggetto dell’accesso, è idonea ad escludere, ove motivata e comprovata, l’esercizio del diritto di accesso;
- che, a fronte delle comprovate e motivate dichiarazioni di diniego all’accesso delle controinteressate, parte appellante non ha dimostrato il nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza e le censure formulate;
- che in materia di accesso agli atti l’onere della prova incombe su chi agisce per ottenere l’ostensione e non può essere ribaltato sul soggetto che si oppone all’accesso con espresso riferimento alla esigenza di tutelare la conoscenza di procedimenti tecnici particolari, i c.d. know how, cioè i segreti di produzione, che consentono all’azienda che li possiede di ottenere prestazioni particolari o risultati qualitativamente elevati (art. 2 Direttiva UE 2016/943): cfr. Cons. di Stato, III, n. 6083/2018 cit.;
- che, nel caso di specie, parte appellante ha dedotto, quale censura cardine del ricorso, l’illegittimo uso da parte della Stazione appaltante dell’istituto della concessione in luogo dell’appalto di servizi (asseritamente in violazione delle modalità di affidamento del servizio di gestione degli asili nido comunali), doglianza rispetto alla quale le richieste di accesso presentate sono del tutto ininfluenti;
- che, pertanto, il richiamato nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le doglianze di legittimità deve essere vagliato con riguardo alla dedotta illegittimità del provvedimento di aggiudicazione della gara;
- che, nel caso in esame, tutte le controinteressate hanno fornito adeguate spiegazioni e giustificazioni sull’esigenza di tutelare la riservatezza sui propri progetti pedagogici, mentre la società ricorrente, collocatasi al quarto posto nella graduatoria del Lotto 2, come correttamente rilevato dall’ordinanza appellata (considerato che la Cooperativa Gialla aveva impugnato la propria esclusione dinanzi al Tribunale amministrativo e che detto provvedimento era ancora sub iudice all’epoca del giudizio di primo grado e che la società Il Girotondo non era stata, viceversa, esclusa dal Lotto 2), nel ricorso introduttivo non ha dimostrato nulla sulla effettiva utilità di ottenere la documentazione richiesta in versione integrale, atteso che si è limitata a operare confronti tra i punteggi assegnati all’aggiudicataria in relazione a lotti diversi e a fare supposizioni sulla possibile anomalia dell’offerta della società Il Girotondo, terza classificata, desumendola sempre da quanto avvenuto in relazione a lotti differenti dal lotto 2;
- che soltanto nella memoria depositata il 14 marzo 2019 la società ricorrente ha formulato una serie di censure di merito specifiche sulle illogicità nell’assegnazione dei punteggi tecnici da parte della Commissione all’aggiudicataria per le attività di pulizia, per la manutenzione ordinaria e straordinaria, per i servizi integrativi, nonché sull’incongruità sostanziale dell’offerta economica di quest’ultima e sull’insostenibilità del PEF, senza però articolare nessuna censura specifica avverso l’offerta della società Il Girotondo che la precede in graduatoria nel lotto 2, essendosi classificata terza, sebbene avesse ottenuto la documentazione relativa al lotto 4 dalla quale, secondo la sua prospettazione difensiva, avrebbe dovuto desumersi l’anomalia dell’offerta presentata dalla detta società anche in relazione al lotto 2 in contestazione;
- che, per tali ragioni, come bene rilevato nell’ordinanza impugnata, sussistono dubbi circa il superamento della c.d. prova di resistenza e, conseguentemente, anche in ordine alla sussistenza di un interesse a ricorrere: ed invero, la ricorrente non ha dimostrato che, in assenza delle asserite illogicità nell’attribuzione dei punteggi, l’esito della gara sarebbe stato diverso e avrebbe determinato l’aggiudicazione in suo favore;
- che, in ogni caso, il parziale oscuramento dei documenti consegnati ha riguardato in effetti le sole parti dell’offerta tecnica al fine di non divulgare segreti tecnici relativi alle scelte pedagogiche, rispetto alle quali l’odierna appellante non ha fornito alcuna prova circa la rilevanza nell’aggiudicazione dell’appalto, mentre sono stati rese pienamente disponibili tutte le parti utili a ripercorrere la verifica di congruità dell’offerta (sia dell’aggiudicataria Baby & Job, sia della seconda classificata Il Girotondo);
- che, in conclusione, l’interesse all’accesso ai detti profili oscurati dell’offerta tecnica in questione non appare diretto e concreto rispetto alle censure dedotte per far valere l’anomalia dell’offerta economica dell’aggiudicataria e della seconda classificata;
- che, infine, appare legittimo anche il diniego opposto con la nota prot. QM20190006912 del 27 febbraio 2019 all’ostensione dei contratti e delle buste paga del personale attualmente impiegato presso il nido di via Valcannuta, trattandosi, come bene rilevato dall’ordinanza appellata, di documentazione estranea alla procedura di gara impugnata, volta ad un controllo sulla congruità del costo del lavoro indicato nell’offerta tecnica che dovrebbe essere inammissibilmente operato ex post e in fase esecutiva.
8. In conclusione, per le ragioni esposte l’appello va respinto.
9. Sussistono giusti motivi, per la parziale novità delle questioni trattate e le peculiarità della fattispecie, per disporre la compensazione, tra le parti costituite, di spese e competenze di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Con la decisione in commento, il Consiglio di Stato ribadisce alcuni princìpi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in ordine all’ampiezza del diritto di accesso agli atti di gara (fra i quali sono da comprendere le offerte formulate da altri concorrenti), riconosciuto all’operatore economico che concorre per l’aggiudicazione di contratti pubblici.
In linea generale, il diritto di accesso ad atti e documenti della pubblica amministrazione è stato tratteggiato per la prima volta in modo organico e con valenza generale nel testo della l. n. 241 del 1990, e rappresenta inveramento dei princìpi di pubblicità e (soprattutto) di trasparenza, annoverati fra i princìpi generali dell’attività amministrativa (sebbene introdotti in momenti differenti) dall’art. 1, comma 1, l. n. 241 del 1990. I due princìpi, come affermato in dottrina, pur presentandosi simili, non risultano coincidenti. Invero, mentre la pubblicità attiene ad un obbligo per la p.a. di rendere pubblici (e quindi pubblicare) i suoi atti, imponendole in tal modo un obbligo di facere (come nel caso della pubblicità dei provvedimenti degli organi collegiali degli enti locali, prefigurato nell’art. 124, comma 1, d.lgs. n. 267 del 2000), la trasparenza attiene invece ad un modo di essere della p.a. finalizzato alla chiarezza ed alla comprensibilità della sua azione. Peraltro, nell’ambito dell’attuale disciplina dei contratti pubblici, il principio di trasparenza trova una apposita codificazione nell’art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016 (verosimile conseguenza del fatto che essa rinviene espressa menzione nell’ambito del diritto eurounitario), il che rappresenta una significativa innovazione rispetto alla precedente normativa.
Il diritto di accesso trova la sua fonte in generale negli artt. 22 e seguenti della l. n. 241 del 1990, che ne tratteggiano le caratteristiche essenziali. In particolare, l’art. 22 al comma 2 lo ascrive fra i princìpi generali dell’attività amministrativa, ed al successivo comma 3 sancisce il principio dell’accessibilità per tutti i documenti amministrativi, facendo così assurgere tale criterio a regola generale, di fronte alla quale la non accessibilità rappresenta una eccezione, con le correlate implicazioni ermeneutiche, quali desunte dal fondamentale art. 14 delle preleggi.
Dibattuta è la natura giuridica di tale istituto, che per una tesi costituisce interesse legittimo (Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2003, n. 5034), mentre per altra tesi rappresenta un vero e proprio diritto soggettivo (Consiglio di Stato, sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1679). Il contrasto è stato superato dalla giurisprudenza con una decisione pragmatica (Consiglio di Stato, ad. pl., 18 aprile 2006, n. 6) che, senza prendere espressa posizione sul punto, ha aggirato l’ostacolo valorizzando la funzione dell’istituto, finalizzato ad offrire al soggetto poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante.
Oggetto del diritto di accesso sono atti e documenti (nell’ampia accezione dettata dall’art. 22, comma 1, lett. d), l. n. 241 del 1990) detenuti da una p.a., il che rende irrilevante la circostanza che si tratti di documenti formati dalla stessa ovvero ad essa pervenuti, rilevando soltanto che essi concernano attività di pubblico interesse. I soggetti che possono esercitare l’accesso sono coloro che vantano un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridica soggettiva tutelata, collegata al documento cui si chiede di accedere (come emerge dal citato art. 22, comma 1, lett. b).
Il diritto di accesso, attesa la sua portata generale, trova ovviamente applicazione in tutti i campi intercettati dall’attività dei pubblici poteri, ivi ovviamente compreso quello delle gare indette per la selezione degli affidatari di contratti pubblici, nel cui ambito esso rinviene una disciplina specifica, attualmente codificata nell’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016 (che riprende quella già contenuta nell’art. 13 d.lgs. n. 163 del 2006). In particolare, pur muovendosi all’interno delle coordinate normative tratteggiate dal legislatore nella ricordata l. n. 241 del 1990, il sistema del diritto di accesso codificato nella disciplina dei contratti pubblici rappresenta quello che in giurisprudenza è stato definito una sorta di microsistema normativo, collegato alle peculiarità del settore de quo (T.A.R. Campania - Salerno, sez. II, 23 marzo 2015, n. 656).
Come afferma la giurisprudenza, i soggetti legittimati ad accedere alla documentazione inerente una pubblica gara sono solo i partecipanti alla stessa (T.A.R. Sardegna, sez. I, 2 febbraio 2016, n. 88), e la mancata partecipazione al procedimento concorsuale relativamente al quale si propone l’istanza ostensoria ne preclude l’accoglimento, a nulla rilevando in capo al richiedente la mera qualità di operatore del relativo settore commerciale (Consiglio di Stato, sez. III, 16 maggio 2012, n. 2812). Inoltre, dalla richiesta di accesso deve emergere la titolarità in capo al richiedente di un interesse concreto ed attuale (Consiglio di Stato, sez. V, 11 giugno 2012, n. 3398), come imposto in via generale dall’art. 22, comma 1, lett. b), l. n. 241 del 1990, interesse che deve essere palesato dal richiedente, particolarmente quando l’istanza abbia ad oggetto elementi dell’offerta formulata da un terzo partecipante alla gara, per i quali si profilino problemi di tutela della riservatezza (T.A.R. Campania - Salerno, sez. II, 24 febbraio 2020, n. 270).
A tale riguardo, nel settore delle gare pubbliche appare particolarmente intenso il contrasto fra le esigenze, da un lato, di assicurare, attraverso il diritto di accesso, la trasparenza dell’operato delle pubbliche autorità e la tutela delle ragioni dei partecipanti alla gara che si assumano lesi per effetto dell’aggiudicazione disposta in favore di un altro concorrente, e dall’altro lato di evitare la divulgazione incondizionata di determinate informazioni, con specifico riferimento ad elementi delle offerte, sia tecniche che economiche, che costituiscono patrimonio del singolo concorrente, acquisito per effetto dell’esperienza maturata nello specifico campo di attività, di studio e di ricerca.
Il legislatore, al fine di dirimere il riferito contrasto, già con l’art. 13, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, aveva disposto l’esclusione del diritto di accesso per le parti dell’offerta (ovvero delle relative giustificazioni) che costituiscano, secondo motivata dichiarazione dell’offerente, segreto tecnico o commerciale, disponendo però al successivo comma 6 che fosse consentito l’accesso anche a tali informazioni per il concorrente che rappresenti l’esigenza di utilizzarle al fine di agire in giudizio a tutela dei propri interessi, in relazione alla medesima procedura concorsuale. La disposizione risulta sostanzialmente riprodotta, nell’attuale sistema normativo, all’art. 53, commi 5, lett. a) e 6, d.lgs. n. 53 del 2016. La necessità che le informazioni richieste risultino necessarie a garantire esigenze di tutela in giudizio richiama il principio della stretta indispensabilità scolpito nell’art. 24, comma 7, seconda parte, L. n. 241 del 1990 in tema di diritto di accesso in generale.
Con riferimento all’aspetto dell’ostensione di documenti di gara funzionale ad esigenze difensive, sin dal precedente sistema normativo la giurisprudenza ha affermato che il concorrente, mediante la scelta (libera e volontaria) di partecipare alla gara, accetta preventivamente il confronto pubblico con gli altri operatori del settore, e quindi anche la possibilità che i documenti da esso prodotti, ivi compresi quelli afferenti l’offerta (anche relativamente alla sua parte tecnica e progettuale), vengano fatti oggetto di una istanza ostensiva, senza che possano essere opposti motivi di riservatezza, quando l’accesso (e la conseguente conoscenza del documento) risulti funzionale alla difesa in giudizio (T.A.R. Puglia - Bari, sez. I, 27 maggio 2010, n. 2066). Secondo la giurisprudenza, infatti, il cd. «accesso difensivo», e cioè l’accesso svolto in vista della proposizione di una domanda giudiziale, prevale sulle esigenze di tutela della riservatezza dell’altro concorrente, che risultano recessive tutte le volte in cui l’istanza di accesso risulti azionata in previsione della difesa in giudizio di propri interessi (T.A.R. Lazio - Roma, sez. III, 15 giugno 2020, n. 6570).
Tuttavia, appare acquisito in giurisprudenza il principio secondo cui, nelle gare pubbliche, il diritto di accesso esercitato al fine della difesa in giudizio non è assoluto, ma incontra il limite dei segreti commerciali ed industriali (fra cui anche le cd. tecniche organizzative e gestionali), non rilevabili in quanto la relativa conoscenza potrebbe consentire ad un concorrente di avvantaggiarsi indebitamente in danno di altri (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 novembre 2019, n. 7743).In subiecta materia, la tutela del corretto svolgimento del confronto concorrenziale, se da un lato presidia – corroborata dai princìpi di pubblicità e trasparenza – l’istituto dell’accesso agli atti di gara, dall’altro lato non può consentire un uso distorto di tale diritto, con finalità emulative ed esercizio abusivo dello stesso. In tale ambito, il contrasto fra contrapposti interessi va risolto dalla p.a. ricercando un corretto e concreto bilanciamento (Consiglio di Stato, sez. VI, 11 aprile 2017, n. 1692), dovendosi rinvenire un punto di equilibrio, sebbene risulti frequente in giurisprudenza l’affermazione che debba accordarsi prevalenza all’istanza di accesso limitatamente alle ipotesi in cui la conoscenza risulti funzionale a consentire di impugnare gli atti di gara (Consiglio di Stato, sez. VI, 18 gennaio 2018, n. 293), ovvero a conseguire il risarcimento, anche in via autonoma, del danno asseritamente subito (T.A.R. Lazio - Roma, sez. I quater, 13 giugno 2018, n. 6614).
In tema di accesso a parti dell’offerta ritenute afferenti segreti tecnici o commerciali, è previsto che la stazione appaltante inviti l’offerente, che ha rappresentato l’esistenza di segreti tecnici o commerciali nell’ambito della propria offerta, ad esprimersi in ordine all’istanza di ostensione, determinando così un subprocedimento modulato sul paradigma del d.P.R. n. 184 del 2006. In tale ambito, in capo sia al concorrente che indica la presenza dei segreti de quibus, sia a colui che ne richiede l’esibizione, incombe l’onere di motivare sul punto (T.A.R. Campania - Salerno, sez. II, 24 febbraio 2020, n. 270), con la precisazione che, ove il richiedente si limiti a sostenere che l’esibizione risulta finalizzata alla salvaguardia dei suoi interessi, lesi per effetto della mancata aggiudicazione, senza però motivare adeguatamente al riguardo, l’istanza di accesso deve essere rigettata (T.A.R. Lazio - Roma, sez. III, 22 febbraio 2016, n. 2338).
Tanto premesso a livello generale, con la decisione in rassegna il Consiglio di Stato, ribadito che la disciplina tratteggiata in tema di accesso agli atti delle procedure di affidamento di contratti pubblici dall’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016 richiama la normativa generale introdotta dagli artt. 22 e seguenti l. n. 241 del 1990, aggiungendovi però puntuali previsioni derogatorie in tema, fra l’altro, di esclusione della pretesa ostensiva in considerazione di peculiari esigenze di riservatezza (così Consiglio di Stato, sez. V, 7 gennaio 2020, n. 64), ha precisato che la voluntas legis, consona al particolare contesto concorrenziale, è nel senso di escludere dall’ostensibilità propria degli atti di gara le parti dell’offerta (ovvero delle relative giustificazioni) che riguardano specifiche e riservate capacità tecniche, industriali e/o gestionali proprie dell’impresa concorrente (il cd. know how) maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività svolta, alle quali l’ordinamento offre tutela essendo correlate ad una corretta esplicazione della concorrenza. Ed è la stessa ratio legis del diritto di accesso nell’ambito delle gare pubbliche, che non consente un uso emulativo di tale istituto da parte di soggetti che tentino per tale via di conseguire specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite da concorrenti (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 ottobre 1990, n. 6393).
Ha poi ricordato la sentenza de qua che la presentazione di una istanza di accesso impone alla stazione appaltante di consultare il concorrente che ha presentato l’offerta che un terzo concorrente intende visionare, tenuto a dimostrare l’effettiva esistenza di segreti industriali o commerciali meritevoli di tutela, nel rispetto del principio del contraddittorio e della disciplna dettata sul punto dalle norme generali in tema di accesso. Inoltre, viene ribadito come le contrapposte prospettazioni (quella dell’offerente circa la presenza di segreti industriali o commerciali non ostensibili, e quella del richiedente l’accesso che adduca esigenze di conoscenza a scopo difensivo) debbano essere discrezionalmente vagliate dalla stazione appaltante, non essendo predicabile in via automatica una astratta prevalenza di una delle contrapposte esigenze sull’altra. Sul punto, ha ricordato il giudice amministrativo che, nell’ambito delle gare pubbliche, l’accesso risulta consentito per le sole esigenze della difesa in giudizio, e quindi secondo una visione più ristretta rispetto a quella tratteggiata dall’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990 (Consiglio di Stato, sez. V, 9 dicembre 2008, n. 6121).
La sentenza che si annota ha quindi richiamato e ribadito i princìpi che, nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, impongono di rinvenire un punto di equilibrio fra le esigenze di riservatezza e quelle di trasparenza, princìpi compendiati nella disciplina tratteggiata dall’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2006, che stabilisce il divieto di divulgazione per gli elementi che costituiscono – in base a motivata e comprovata dchiarazione – segreto tecnico o commerciale (Consiglio di Stato, sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6083; id., 17 marzo 2017, n. 1213), consentendo il cd. accesso difensivo a fronte della deduzione dell’esigenza di tutelare in giudizio interessi del richiedente, che prospetti e dimostri l’esistenza di un nesso di strumentalità fra la documentazione da acquisire mediante l’accesso e le esigenze di difesa (Consiglio di Stato, sez. VI, 11 aprile 2017, n. 1692).
In conclusione, ha ricordato la decisione in rassegna che l’onere della prova delle esigenze difensive, e del suddetto nesso di strumentalità, grava sul soggetto che presenta l’istanza di accesso, e che la deduzione di un segreto tecnico o commerciale rappresenta un quid pluris rispetto alla mera esigenza di riservatezza dei dati contenuti nella documentazione versata in gara, ed ove motivata e dimostrata risulta idonea ad escludere l’esercizio del diritto di accesso.