Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4314

Se dunque nel caso di specie la sanzione interdittiva aveva cessato di essere efficace non è possibile ipotizzarne l’ultrattività attraverso un supposto obbligo dichiarativo, avente carattere strumentale rispetto alle valutazioni di competenza della stazione appaltante ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici, con surrettizia protrazione dell’effetto impeditivo connesso alla durata dell’iscrizione nel casellario informatico dell’ANAC stabilito dalla sopra citata lett. f-ter) della medesima disposizione. Nemmeno le linee-guida dell’Autorità di vigilanza in materia, ai sensi dell’art. 80, comma 13, d.lgs. n. 50 del 2016, ovvero le sopra citate linee-guida n. 6 del 2016, fanno riferimento al caso di sanzioni interdittive scadute come fatto valutabile dalle stazioni appaltanti ai fini del giudizio di affidabilità professionale degli operatori economici spettante all’amministrazione.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1292 del 2020, proposto da
Società Costruzioni Generali Sud s.r.l., e Società Vivai Antonio Marrone s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso lo studio A. Placidi s.r.l., in Roma, via Tortolini 30;

contro

Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti soc. coop.va per azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ernesto Stajano, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Sardegna 14;

nei confronti

Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di San Giuseppe Vesuviano e Terzigno, Comune di Terzigno, Comune di San Giuseppe Vesuviano, Consorzio A.R.E.M. Lavori, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sede di Napoli (sezione prima), 22 gennaio 2020, n. 292, resa tra le parti, concernente la procedura di affidamento in appalto dei lavori di riqualificazione del tratto ferroviario San Giuseppe Vesuviano – Terzigno – Boscoreale e Torre Annunziata;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti soc. coop.va per azioni;

Vista l’ordinanza cautelare della Sezione del 24 aprile 2020, n. 2276;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020, tenutasi con le modalità previste dagli artt. 84, commi 5 e 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, gli avvocati Stajano e Lentini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Le società Costruzioni Generali Sud s.r.l. e Vivai Antonio Marrone s.r.l., aggiudicatarie in raggruppamento temporaneo di imprese della procedura di affidamento in appalto dei lavori di riqualificazione del tratto ferroviario San Giuseppe Vesuviano – Terzigno – Boscoreale e Torre Annunziata, di cui al bando di gara della Centrale unica di Committenza tra i Comuni di San Giuseppe Vesuviano e Terzigno pubblicato il 15 ottobre 2018, propongono appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sede di Napoli in epigrafe, di annullamento dell’aggiudicazione disposta in loro favore (con determinazione n. 704 del 17 maggio 2019), su ricorso del secondo classificato Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti s.c.p.a.

2. Dopo avere esaminato e respinto il ricorso incidentale “escludente” delle controinteressate odierne appellanti, la sentenza ha annullato l’aggiudicazione in loro favore, sul presupposto che le stesse avrebbero dovuto essere escluse dalla gara, per falsa dichiarazione dell’ausiliario Consorzio stabile AREM, consistita nel non avere dichiarato nella domanda di partecipazione una sanzione interdittiva inflitta allo stesso ausiliario dall’ANAC. Per la sentenza non poteva «elimina(re) l’obbligo dichiarativo» il fatto che al momento della partecipazione alla gara la sanzione avesse cessato di essere efficace, poiché tale omissione aveva comunque impedito alla stazione appaltante «di compiere la propria valutazione sull’affidabilità professionale dell’ausiliaria».

3. La fattispecie era quindi ricondotta alla causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 5, lett. c-bis) – [rectius: lett. c)] - del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (nella versione conseguente alle modifiche introdotte con il correttivo di cui al decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56), consistente nel«l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione». La sentenza ha affermato al riguardo che quest’ultima disposizione «sancisce una sorta di equiparazione tra false ed omesse dichiarazioni», donde in primo luogo l’automatismo espulsivo proprio delle prime, e, inoltre, l’impossibilità, invocata dalle controinteressate, di sostituire l’ausiliaria ai sensi dell’art. 89 del medesimo codice dei contratti pubblici.

4. Nel loro appello queste ultime contestano le statuizioni così sintetizzate.

5. Il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti si è costituito in resistenza ed ha riproposto ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. le censure, assorbite in primo grado, dirette a sostenere che l’offerta del raggruppamento temporaneo aggiudicatario conterrebbe varianti non consentite o comunque soluzioni tecniche sopravvalutate dalla commissione giudicatrice.

DIRITTO

1. Con il primo motivo d’appello le società Costruzioni Generali Sud e Vivai Antonio Marrone contestano che la mancata dichiarazione della sanzione interdittiva inflitta all’ausiliario osti alla loro partecipazione alla gara una volta che gli effetti di questa siano scaduti e che, dunque, essa possa avere sotto il profilo descritto un’efficacia ultrattiva rispetto a quanto previsto dall’art. 80, comma 5, lettera g) - [rectius: f-ter)] - d.lgs. n. 50 del 2016.

Le società appellanti aggiungono che l’opposta tesi comporterebbe, rispetto all’effetto tipico dell’inibizione dalla partecipazione alle procedure di affidamento previsto dalla lettera f-ter) per il tempo previsto dal provvedimento inibitorio, un ulteriore effetto sanzionatorio per il medesimo fatto, attraverso la riconduzione dello stesso, sotto il profilo dell’omissione dichiarativa della sanzione scaduta, nella lettera c) della medesima disposizione del codice dei contratti pubblici. Al medesimo riguardo le appellanti sostengono che le sanzioni interdittive ex art. 8 del regolamento di esecuzione del previgente codice dei contratti pubblici, di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, quale quella inflitta all’ausiliario Consorzio stabile AREM, non sarebbero idonee ad incidere sull’affidabilità professionale ai sensi della lettera c) dell’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, come stabilito anche dall’ANAC nelle proprie linee-guida in materia [n. 6 del 2016 - Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice]; dunque, contrariamente a quanto affermato nella sentenza appellata, le stesse sanzioni non potrebbero comportare alcun automatismo espulsivo.

2. Con il secondo motivo d’appello le Società Costruzioni Generali Sud e Vivai Antonio Marrone ripropongono in subordine la tesi della possibilità di sostituzione dell’ausiliaria.

3. Sono fondate ed assorbenti le censure contenute nel primo motivo d’appello.

4. Rilevano nel presente giudizio le seguenti disposizioni dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici, come modificato dal c.d. correttivo (decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56), applicabile ratione temporis, relative ad altrettante cause di esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici:

- lettera c), consistente nell’essersi reso «colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità», tra cui «il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio»; oppure il «fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l'aggiudicazione»; ed ancora, l’«omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione» [le tre fattispecie ora richiamate sono oggi contenute nella lettera c-bis), introdotto dal decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 - Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione; convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, non applicabile al caso di specie perché trattasi di gara indetta in epoca precedente];

- lett. f-bis), relativo alla presentazione in gara di «documentazione o dichiarazioni non veritiere»;

- lett. f-ter) l’essere iscritto nel casellario informatico dell’ANAC «per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti», con effetto «fino a quando opera l’iscrizione nel casellario informatico».

5. Così ricostruito il quadro normativo rilevante nella presente vicenda contenziosa, con l’omessa dichiarazione della sanzione interdittiva dell’ANAC, malgrado la stessa avesse cessato di essere efficace, la sentenza appellata ha ritenuto integrata la prima ipotesi, ovvero quella della lett. c), che tuttavia, come sopra esposto, prevede diverse fattispecie, consistenti: nel tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante; inoltre nel fornire «anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti» in grado di influenzare le decisioni «sull’esclusione» dalla gara; e ancora nell’omettere «le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione». La disposizione equipara ipotesi eterogenee, le prime due delle quali implicanti, per come tipizzate, una condotta attiva ed idonea ad influire sulle decisioni dell’amministrazione nella procedura di gara; l’ultima invece di carattere omissivo.

6. Nell’assenza di specificazioni sul punto nella sentenza di primo grado, deve ritenersi che essa abbia ravvisato l’ipotesi dell’omissione, come in particolare si ricava nella parte in cui si premette che il punto controverso nel presente giudizio consiste nello «stabilire quali siano le conseguenze della mancata dichiarazione da parte dell’ausiliaria in sede di partecipazione relativamente al fatto dell’aver subito una sanzione ANAC», ed ancora laddove si è statuito che la disposizione del codice dei contratti pubblici in esame «sancisce una sorta di equiparazione tra false ed omesse dichiarazioni».

7. Per quanto corretto, il rilievo da ultimo richiamato trascura innanzitutto che l’equiparazione è contenuta all’interno della lettera c), che nel suo complesso richiede una valutazione in concreto sull’integrità ed affidabilità professionale dell’operatore economico, di competenza della stazione appaltante, senza alcun automatismo espulsivo, proprio invece della diversa ipotesi prevista dalla sopra citata lettera f-bis).

8. Il medesimo rilievo pone inoltre in ombra l’elemento normativo della fattispecie, consistente nel fatto che le informazioni omesse devono essere quelle «dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione». La sentenza sul punto nulla afferma e in ciò si espone alle critiche delle appellanti. Nessuna previsione, alternativamente di legge o di norme speciali della procedura di gara in contestazione nel presente giudizio, poneva infatti a carico dei concorrenti di dichiarare sanzioni interdittive loro precedentemente inflitte dall’ANAC.

9. Pacifica l’assenza di previsioni nel bando di gara, con riguardo alla prima categoria di norme deve darsi atto che tali sanzioni impediscono la partecipazione alle procedure di affidamento, ai sensi della sopra citata lett. f-ter), «fino a quando opera l’iscrizione nel casellario informatico». La proposizione normativa è intesa dalla giurisprudenza di questa Sezione in senso condizionale «ovvero “a condizione che perduri l’iscrizione”; con il significato che se il periodo di iscrizione è concluso, il fatto che in precedenza l’operatore sia stato iscritto non è causa di esclusione dalla procedura» (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142; § 2.2.3).

10. Se dunque nel caso di specie la sanzione interdittiva aveva cessato di essere efficace non è possibile ipotizzarne l’ultrattività attraverso un supposto obbligo dichiarativo, avente carattere strumentale rispetto alle valutazioni di competenza della stazione appaltante ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici, con surrettizia protrazione dell’effetto impeditivo connesso alla durata dell’iscrizione nel casellario informatico dell’ANAC stabilito dalla sopra citata lett. f-ter) della medesima disposizione. Nemmeno le linee-guida dell’Autorità di vigilanza in materia, ai sensi dell’art. 80, comma 13, d.lgs. n. 50 del 2016, ovvero le sopra citate linee-guida n. 6 del 2016, fanno riferimento al caso di sanzioni interdittive scadute come fatto valutabile dalle stazioni appaltanti ai fini del giudizio di affidabilità professionale degli operatori economici spettante all’amministrazione.

11. La sentenza ha dunque ravvisato un’omissione dichiarativa ai sensi della disposizione da ultimo richiamata benché mancasse l’«elemento normativo della fattispecie», dato dal carattere doveroso dell’informazione omessa, tale definito da questa Sezione nell’ordinanza di deferimento all’Adunanza plenaria delle questioni sulle due norme in esame nel presente giudizio (ordinanza del 9 aprile 2020, n. 2332; § 17). Nell’ordinanza ora richiamata si è tra l’altro sottolineato «il problema di conferire determinatezza e concretezza» a tale elemento normativo, «per individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione».

12. Nondimeno deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c) [ora lett. c-bis)], è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee-guida (al riguardo si rinvia al parere reso dalla commissione speciale di questo Consiglio di Stato appositamente costituita sull’ultimo aggiornamento alle più volte richiamate linee-guida (parere del 13 novembre 2018, n. 2616; § 7.1; cfr. inoltre: Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850, 12 marzo 2020, n. 1774, 12 aprile 2019, n. 2407, 12 febbraio 2020, n. 1071; VI, 4 giugno 2019, n. 3755).

13. Sennonché, quand’anche non si possa esigere che i fatti potenzialmente incidenti siano predeterminati nella normativa di gara – soluzione che realizzerebbe da un lato in massimo grado i principi trasparenza e proporzionalità valevoli per le procedure di affidamento di contratti pubblici ex art. 30 del codice di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, ma dall’altro irrigidirebbe eccessivamente le valutazioni spettanti all’amministrazione – in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni dalla gara “a sorpresa” a carico dello stesso.

14. In ogni caso nell’omissione dichiarativa accertata in sede giurisdizionale non può essere insito alcun automatismo escludente, con sostituzione del potere di valutazione sull’integrità ed affidabilità invece spettante all’amministrazione. Vanno sul punto ancora una volta richiamate le condivisibili considerazioni contenute nell’ordinanza di deferimento all’Adunanza plenaria del 9 aprile 2020, n. 2332, secondo cui l’omissione dichiarativa dovrebbe essere «insuscettibil(e) (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara», ma postula sempre un «apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente» (§ 23 della pronuncia ora citata). Nello stesso senso può inoltre essere richiamata la già menzionata sentenza di questa Sezione del 3 settembre 2018, n. 5142, secondo cui «l’omessa dichiarazione di informazioni rilevanti – accertata all’esito dell’odierno giudizio – costituisce “grave errore professionale” che conduce all’espulsione del concorrente solo se la stazione appaltante – e non altri – lo reputi idoneo a compromettere l’affidabilità e l’integrità dell’operatore» (§ 8.1).

15. Tutto ciò precisato, a conclusione di quanto finora considerato va affermato, in linea con quanto in precedenza esposto, che nessun obbligo dichiarativo rispetto a sanzioni interdittive ANAC la cui efficacia è cessata al momento della partecipazione alla gara è previsto: innanzitutto dalla legge, che anzi circoscrive la sua portata escludente «fino a quando opera l’iscrizione nel casellario informatico» (lett. f-ter), e dalle linee-guida ANAC in materia; inoltre dal bando e dagli altri documenti della gara oggetto del presente giudizio. A ciò va aggiunto che anche una volta proposto il ricorso la stazione appaltante non ha valutato - come pure avrebbe potuto - quale fatto incidente in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’ausiliario del raggruppamento temporaneo aggiudicatario, Consorzio AREM, la sanzione interdittiva inflittagli dall’ANAC, ma scaduta al momento della partecipazione alla gara.

Duplice è pertanto l’errore in cui è incorsa la sentenza appellata: per avere in primo luogo ravvisato una violazione di un obbligo dichiarativo in assenza dei necessari presupposti; e quindi nel collegare a tale supposta omissione un effetto automaticamente escludente dalla gara, con sostituzione rispetto alle valutazioni di competenza esclusiva dell’amministrazione sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico.

16. Accolte nei termini esposti le censure dell’appellante principale, vanno a questo punto esaminati i motivi del ricorso principale riproposti in appello ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. dal Consorzio Ciro Menotti.

17. Secondo quest’ultimo l’offerta del raggruppamento temporaneo con mandataria la Società Costruzioni Generali Sud conterrebbe una variante non consentita (ai sensi dell’art. 2.6 del bando di gara e del punto 1.4.2 del capitolato speciale d’appalto), in relazione al sub-criterio di valutazione delle offerte tecniche per la pista ciclabile facente parte dell’opera: «Mix Design per i conglomerati neutri per strati di usura a basso impatto ambientale ed elevato pregio architettonico e di diverse colorazioni, provenienti da impianti certificati che utilizzano aggregati riciclati secondo la norma UNI EN 13043 – Pavimentazione green e high tech» (sub-criterio A.2). Per l’originario ricorrente il punteggio di 9,33 (sul massimo di 10) attribuito al raggruppamento temporaneo aggiudicatario sarebbe «del tutto illogico e contrario alla disciplina di gara» e lo stesso avrebbe dovuto invece essere escluso, o comunque il punteggio assegnatogli avrebbe dovuto essere «molto divers(o)». Ciò a causa dell’offerta di un prodotto diverso rispetto al materiale drenante “biostrasse” previsto dal capitolato speciale d’appalto, con le relative caratteristiche prestazionali (artt. 4.4 e 5.12.6), e cioè: un «micro tappetino di usura denominato Rasocrete A». Il Consorzio Ciro Menotti deduce che sarebbe affetto da difformità essenziali anche il materiale previsto dall’aggiudicatario per il sottofondo: conglomerato bituminoso anziché misto granulare stabilizzato certificato UNI 13242 appendice ZA. Per l’originario ricorrente i materiali, diversi da quelli del capitolato speciale d’appalto, offerti dalle controinteressate sarebbero non conformi alle caratteristiche prestazionali per essi richieste in termini di spessore, di capacità drenante, di caratteristiche di eco-compatibilità e di impatto paesaggistico.

18. Il motivo non è fondato.

19. Ad esso le società facenti parte del raggruppamento temporaneo aggiudicatario ed odierne appellanti hanno diffusamente replicato. Esse hanno in particolare dedotto che il conglomerato bituminoso destinato al sottofondo proviene da «un impianto certificato secondo la norma UNI EN 13043 che utilizza inerti e aggregati riciclati» e che la pavimentazione della pista in rasocrete presenta caratteristiche, di capacità drenante, atossicità (assenza di bitume e cemento), resistenza e qualità, oggetto certificazioni secondo la rispettiva normativa tecnica, che lo rendono adatto all’impiego di materiale per piste ciclabili.

20. Si tratta di un’impostazione che ha trovato accoglimento presso la commissione giudicatrice, organo in possesso delle competenze tecniche necessarie - profilo non oggetto di contestazione - attraverso un punteggio elevato, in una procedura di affidamento da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nella cui competizione è insita la ricerca di soluzioni migliorative rispetto a quelle prefigurate dall’amministrazione. Pertanto, lungi da prospettare palesi errori di giudizio, dai connotati di elevata discrezionalità tecnica, dell’organo di gara, di immediata evidenza, le censure del Consorzio Ciro Menotti si pongono sul piano del merito insindacabile nella presente sede di legittimità (si rinvia al riguardo ai principi espressi dalla giurisprudenza sul sindacato di legittimità nei confronti delle valutazioni delle offerte tecniche da Cons. Stato, V, 26 maggio 2020, n. 3348, 21 maggio 2020, n. 3211, 5 maggio 2020, n. 2851, 17 aprile 2020, n. 2442, 9 aprile 2020, n. 2337, 20 febbraio 2020, n. 1292, 24 gennaio 2020, n. 574). Le stesse censure sono infatti affidate ad un approfondimento istruttorio, in relazione al quale l’originario ricorrente afferma che le proprie censure «avrebbero potuto essere agevolmente attestate da una CTU ovvero da una verificazione», con esito a suo dire scontato: «sarebbe pacificamente emerso che la proposta di sostituire il materiale di progetto (Biostrasse) con altro di diversa natura e prestazioni (Rasocrete A) non può in alcun modo essere considerata alla stregua di una proposta migliorativa». In relazione a tale istanza istruttoria, evidentemente esplorativa, è sufficiente rilevare che con essa si chiede di rinnovare il giudizio tecnico della commissione di gara e come tale si inserisce in un riesame nel merito dell’operato dell’amministrazione esorbitante dai limiti del sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

21. Con un ulteriore censura il Consorzio Ciro Menotti contesta la valutazione dell’offerta del raggruppamento temporaneo aggiudicatario rispetto al sub-criterio C, relativo alle «soluzioni migliorative dei sistemi di smaltimento acque della pista ciclabile e delle connessioni alle reti fognarie comunali», per il quale i punti assegnati a quest’ultimo sono stati 13,50 (sui 15 massimi). La soluzione progettuale offerta dalle imprese odierne appellanti al riguardo «sarebbe contraddittoria, indeterminata, incompleta e incongruente oltre a contenere errori progettuali macroscopici che la rendono irrealizzabile, in quanto tale meritevole di un punteggio pari a zero». Ciò a causa del fatto che le caditoie lungo tutto il percorso interessato dai lavori sarebbero collocate «in posizione laterale alla pista ciclabile (…) e senza pendenza longitudinale», non sarebbero inoltre collegate alla tubazione per il convogliamento dei reflui alla fogna o vasca di raccolta, ma ad un serbatoio interrato provvisto di pompe elettriche per il riutilizzo al servizio di un impianto d’irrigazione previsto come miglioria, dalla cui presenza deriverebbero tuttavia oneri economici per consumi energetici e per interventi di manutenzione. Il Consorzio Ciro Menotti aggiunge che le caditoie non rispetterebbero la normativa vigente (decreto del ministro dei lavori pubblici del 30 novembre 1999, n. 557 «Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili»), a causa del fatto che la larghezza della fessura trasversale di mm 18 per esse prevista determinerebbe «certamente l’incastro di un copertone di bicicletta».

22. Il motivo è infondato.

23. Anche ad esso le imprese facenti parte del raggruppamento temporaneo aggiudicatario hanno replicato, rispettivamente, precisando che il collegamento tra le caditoie e la vasca di accumulo per l’impianto di irrigazione è stata prevista nel loro progetto, ed è rappresentata dalla linea blu presente nello stralcio dell’elaborato da cui è stato ricavato l’estratto a pag. 12 della memoria difensiva depositata il 9 marzo 2020.

Analogamente, attraverso gli estratti alle pag. 13 e 14 della medesima memoria le odierne appellanti principali hanno controdedotto in modo puntuale sulla pretesa difformità delle caditoie rispetto alla normativa di settore ed in particolare dimostrato che le stesse graficamente sono state poste all’esterno della pista ciclabile - come del resto riconosce il Consorzio Ciro Menotti - senza pertanto alcun rischio per i ciclisti, e ad una quota inferiore alla pista medesima, cosicché è assicurato il deflusso delle acque meteoriche.

Pertanto, la domanda di penalizzazione in termini di punteggio dell’offerta così formulata si traduce ancora una volta in una critica nel merito della valutazione su di essa svolta dalla commissione giudicatrice. Quanto ora affermato vale anche con riguardo al fatto se l’impianto di irrigazione possa o meno essere considerata una miglioria.

24. L’appello deve pertanto essere accolto, mentre vanno respinti i motivi di ricorso riproposti ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm. dal Consorzio Ciro Menotti.

Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado va respinto il ricorso di quest’ultimo.

Le spese del doppio grado di giudizio possono nondimeno essere compensate per la natura delle questioni controverse.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso del Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti soc. coop.va per azioni;

compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Il thema tractandumdel pronunciamento in commento verte sulla legittimità dell’esclusione da una procedura di gara per supposta dichiarazione mendace resa dall’operatore economico, consistita nel non aver dato contezza di una sanzione inflitta dall’A.N.A.C. e non più efficace.

La sentenza appellata ha qualificato tale deficitdichiarativo come omissione di “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, sussumendo la fattispecie occorsa nel paradigma normativo di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. 18/4/2016, n. 50, nella formulazione in vigore all’epoca in cui il bando è stato pubblicato.

Secondo l’argomentare del Giudice di prime cure, il dichiarante avrebbe dovuto segnalare il provvedimento sanzionatorio subìto nonostante il decorso del relativo periodo di efficacia, onde consentire all’amministrazione di compiere le valutazioni di propria competenza in punto di affidabilità del concorrente.

Il Consiglio di Stato ha censurato le statuizioni così sintetizzate, escludendo i provvedimenti sanzionatori scaduti dal perimetro degli obblighi dichiarativi gravanti in capo ai partecipanti alla gara.

L’argomentare che precede è stato motivato alla luce di una lettura testuale e sistematica del quadro normativo vigente, come di seguito compendiata.

In primo luogo, il Collegio ha valorizzato la formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. n. 50/2016, nella versioneratione temporis applicabile,confluita nella successiva lettera c-bis), a seguito delle modifiche introdotte dal D. L. 14/12/2018, n. 135, convertito in L. 11/2/2019, n. 12.

Com’è noto, tale disposizione censura l’inadempimento degli obblighi dichiarativi prescritti nell’ottica del lineare sviluppo della gara.

Specificamente, l’inosservanza degli oneri informativi diviene condotta sintomatica del grave illecito professionale c.d. endoprocedurale poiché fatto idoneo a incidere sull’accreditamento degli operatori economici come complessivamente affidabili (cfr., tra le numerose, Cons. Stato, sez. V, 3/9/2018, n. 5142; idem sez. III, 23/8/2018, n. 5040). 

In siffatta prospettiva, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che l’operatività della causa ostativa in parola è limitata ai casi di mancata esposizione delle informazioni da considerarsi giuridicamente doverose, deponendo in tal senso la formulazione letterale della norma e, nel dettaglio, l’inciso “dovute”.

È stato inoltre precisato che la fattispecie di omessa dichiarazione è priva di automatismo espulsivo, postulando sempre una prognosi amministrativa in concreto sfavorevole sull’integrità professionale del concorrente (cfr. Cons. Stato, ord. 9/4/2020, n. 2332).

Applicando le sovra esposte coordinate ermeneutiche al caso di specie, i Giudici di Palazzo Spada hanno censurato il pronunciamento impugnato, escludendo che la dichiarazione contestata fosse dovuta.

Ciò, attesa l’assenza di un obbligo di legge che espressamente imponga di dichiarare le sanzioni i cui effetti siano ormai esauriti in sede di partecipazione alla procedura a evidenza pubblica.

In secondo luogo, l’argomentare del Consiglio di Stato è stato supportato da un’interpretazione della normativa citata in combinato disposto con la previsione di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-ter), D. Lgs. n 50/2016.

L’anzidetta disposizione prevede notoriamente l’esclusione dell’operatore economico iscritto nel casellario informatico tenuto dall’Osservatorio dell’A.N.A.C.,fino al perdurare del periodo di efficaciadel provvedimento interdittivo.

Come chiarito in sede pretoria, “se il periodo di iscrizione è concluso, il fatto che in precedenza l’operatore sia stato iscritto non è causa di esclusione dalla procedura» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3/9/2018, n. 5142). 

Nella vicenda esaminata, come già rilevato, la sanzione di cui si lamenta la mancata dichiarazione ha esaurito i propri effetti in tempo anteriore rispetto alla presentazione della domanda di partecipazione.

Posto che tale provvedimento sanzionatorioera dunqueinefficace ex lege ne consegue, quale precipitato logico, che la relativamancata dichiarazione non può rappresentare un fatto rilevante per l’apprezzamento in negativo della moralità professionale del concorrente.

In conclusione, si segnala che la tesi ermeneutica in rassegna è stata già autorevolmente sostenuta dal giudice amministrativo: si veda in tal senso sentenza C.G.A.R.S., 19/3/2020, n. 191.