Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4307

Nelle materie regolate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, qualora si ravvisi una  concessione integrata dei servizi aggiuntivi con quelli complementari, prevista dall’art. 117, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004,  non può ammettersi che l’appalto di servizi, quand’anche implicante un maggiore volume di incassi, possa ricevere, con il suo regime, prevalenza funzionale sui c.d. servizi aggiuntivi.

L’inversione del rapporto di accessorietà degraderebbe, contro la ratio dello stesso art. 117, la prevalenza dello scopo di valorizzazione culturale, riducendola a mera strumentazione di esigenze economiche, non già culturali.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6042 del 2019, proposto da
Gelmar Novamusa Auditorium s.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Valentina Lipari e Valentino Vulpetti, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Valentino Vulpetti in Roma, via Sabotino, 2/A;

contro

Consip s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Benedetto Giovanni Carbone ed Enrico Gai, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Parco Archeologico di Paestum, non costituito in giudizio;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Prima, n. 618/2019, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a. e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 5, e con le modalità di cui allo stesso art. 84, comma 6, del d.-l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il Cons. Stefano Fantini, e considerati presenti, ai sensi dell’art. 4 del d.-l. 30 aprile 2020, n. 28, per le parti, gli avvocati Vulpetti, Carbone e Gai;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- La Gelmar Novamusa Auditorium s.c. a r.l., attuale gestore dei servizi di bookshop presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, attiva nel settore dei servizi aggiuntivi dei beni culturali, ha interposto appello nei confronti della sentenza 15 aprile 2019, n. 618 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Salerno, sez. I, che ha respinto il suo ricorso avverso il bando con cui Consip s.p.a. in data 26 ottobre 2018 aveva indetto, per conto del Mi.B.A.C.T., la procedura di “gara aperta per affidare in concessione i servizi di biglietteria, bookshop ed assistenza alla visita presso il Parco Archeologico di Paestum”, nonché avverso il disciplinare ed il capitolato tecnico.

Oggetto della concessione integrata (ai sensi dell’art. 117, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004) è anzitutto il servizio di biglietteria che include ed accorpa i servizi aggiuntivi di assistenza alla visita, qualificato dal disciplinare come “prestazione principale”, mentre il servizio aggiuntivo di bookshop viene qualificato come “prestazione secondaria”.

Con il ricorso in primo grado la società Gelmar ha impugnato la lex specialis, deducendone l’illegittimità nell’assunto che i criteri selettivi dei partecipanti siano preclusivi della partecipazione alla gara per le imprese attive nel campo dei servizi aggiuntivi volti alla valorizzazione dei siti culturali, richiedendo il possesso di esperienza pregressa nelle attività di biglietteria, che sono invece strumentali e prive di rilevanza in termini di capacità di valorizzazione dei siti.

In tale modo, per la ricorrente, si inverte il rapporto di prevalenza tra i servizi aggiuntivi di valorizzazione culturale (bookshop ed assistenza alla visita) e i servizi accessori serventi (biglietteria).

2. - La sentenza appellata ha respinto il ricorso. All’esito della congiunta disamina dei primi tre motivi, ha affermato che la gestione integrata del servizio di biglietteria con i servizi di bookshop ed assistenza alla visita è possibile soltanto attraverso il modulo concessorio, nel senso che il servizio di biglietteria è attratto nella concessione, propria dei servizi di bookshop ed assistenza alla visita, ma ciò non può escludere la modulazione dell’oggetto della concessione in relazione alla tipologia del luogo della cultura. La sentenza ha conseguenzialmente affermato che «non è […] possibile, a priori, escludere che nell’ambito di una concessione come quella di cui è merito, alcuni servizi non aggiuntivi, possano rivestire […] carattere preponderante e determinante, anche e soprattutto sul piano degli investimenti economici e della remuneratività dell’impresa […]. Peraltro non si vede come l’eventuale preponderanza economica di un servizio non aggiuntivo (quale quello di biglietteria) possa, da sé sola, pregiudicarne la funzione servente rispetto alle attività di valorizzazione».

3.- Con il ricorso in appello la Gelmar s.c. a r.l. critica la sentenza deducendo l’omessa pronuncia sulla censura di violazione dell’art. 16 (Misure urgenti per il gli istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica) del d.lgs. 19 giugno 2015, n. 78 e comunque la carenza di potere di Consip alla definizione del contenuto della gara e dell’oggetto dell’affidamento, la violazione degli artt. 111, 115 e 117 del d.lgs. n. 42 del 2004, riproponendo altresì gli ultimi quattro motivi assorbiti sull’illegittimità della determinazione del contenuto dei prodotti editoriali e del servizio di audioguida da parte dell’amministrazione, con scorporo dal servizio di supporto, della mancata suddivisione dell’appalto in lotti funzionali e prestazionali, la violazione degli artt. 49 e 56 del TFUE.

4. - Si è costituita in resistenza la Consip, puntualmente controdeducendo e chiedendo la reiezione del ricorso in appello.

5. - Si è altresì costituito in resistenza il Mi.B.A.C.T. chiedendo genericamente la reiezione del ricorso in appello.

6. - All’udienza dell’11 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Il primo motivo di appello reitera la prima censura del ricorso in primo grado e deduce l’omessa pronuncia sulla violazione, da parte del bando, dell’art. 16 (Misure urgenti per il gli istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica), comma 1, del d.lgs. 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali) e della delega conferita a Consip con il disciplinare del 23 dicembre 2015 per lo svolgimento della procedura di gara per la concessione dei servizi di cui all’art. 117 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), nell’assunto che Consip abbia solo apparentemente indetto una gara per l’affidamento di una concessione di servizi aggiuntivi, mentre in realtà la lex specialis contempla come prestazione principale il servizio di biglietteria, quando invece in concreto i servizi aggiuntivi appaiono di rilevanza meramente secondaria (in particolare, il servizio di assistenza alla visita risulta accorpato e diluito nella biglietteria e il servizio di bookshop è espressamente qualificato come prestazione secondaria). Ne discende che, secondo l’appellante, l’impostazione della gara si pone in contrasto con l’art. 117 (Servizi per il pubblico) del d.lgs. n. 42 del 2004 e con la delega conferita dal Mi.B.A.C.T..

Il secondo motivo - che può essere esaminato congiuntamente al primo perché ne è lo sviluppo argomentativo con trapasso dal profilo dell’ambito della delega a quello proprio dell’oggetto del procedimento di gara - torna a lamentare la circostanza per cui la lex specialis oggetto di gravame, nell’individuare il servizio di biglietteria come prestazione principale, con assorbimento del servizio aggiuntivo di assistenza alla vendita e con l’attribuzione di carattere meramente secondario al servizio di bookshop, seleziona gli operatori economici solo in rapporto al fatturato specifico medio annuo per servizi di biglietteria, come si evince dal disciplinare di gara; il che determina l’esclusione dalla gara dei soggetti qualificati nel settore dei servizi aggiuntivi.

L’appellante censura la statuizione di primo grado per cui l’art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004, nell’ambito del modulo concessorio integrato, consentirebbe comunque l’inversione del rapporto di accessorietà quando i servizi strumentali (di biglietteria, vigilanza e pulizia) siano economicamente preponderanti rispetto ai servizi aggiuntivi, nell’assorbente suo rilievo che la finalità dell’art. 117 (e del d.m. 29 gennaio 2008 – Modalità di affidamento a privati e di gestione integrata dei servizi aggiuntivi presso istituti e luoghi della cultura) deve essere di perseguire la valorizzazione dei beni culturali e dei siti dove si trovano, appunto mediante l’erogazione di servizi per il pubblico (o servizi aggiuntivi), rispetto ai quali il servizio di biglietteria è necessariamente accessorio e strumentale, e mai può essere prevalente (e contesta che comunque, nel caso di specie, lo sia dal punto di vista economico, secondo quanto inferibile dal corrispettivo del servizio, costituito dall’aggio).

Il terzo motivo, conseguenziale, contesta i requisiti di idoneità (art. 7.1 del disciplinare) e i requisiti di capacità economica e finanziaria (art. 7.2 del disciplinare) prescritti dalla lex specialis perché in contrasto con l’art. 83 (Criteri di selezione e soccorso istruttorio) del d.lgs. n. 50 del 2016 e con il principio generale per cui i requisiti richiesti devono essere coerenti con l’oggetto dell’affidamento.

L’appello è fondato, essendo fondate nel merito le doglianze espresse nei suoi motivi: il che assorbe ogni contestazione circa l’omessa pronuncia.

Il trait d’union dei tre motivi - l’uno riguardante il profilo soggettivo delle facoltà inerenti alla centrale di committenza per effetto della convenzione tra Mi.B.A.C.T. e Consip, l’altro il profilo oggettivo, il terzo della proiezione conseguenziale dei requisiti richiesti agli operatori per partecipare alla gara - riguarda l’ambito contenutistico della concessione integrata ex art. 117, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004.

Il tema del rapporto tra concessione di servizi aggiuntivi ex art. 117 d.lgs. n. 42 del 2004 e appalto dei restanti servizi (tra cui quello di biglietteria) è già trattato dalla giurisprudenza (Cons. Stato, Ad. plen., 6 agosto 2013, n. 19; Cons. Stato, V, 7 dicembre 2017, n. 5773): se ne ribadiscono qui le conclusioni, con particolare riferimento alle doglianze del caso di specie.

Giova dunque premettere, per chiarezza, che nella sistematica del Codice dei beni culturali e del paesaggio i “servizi per il pubblico” (servizi di assistenza culturale e di ospitalità attivati presso i luoghi e gli istituti della cultura), fino al d.lgs. 26 marzo 2008, n. 62 chiamati “servizi aggiuntivi”, possono essere gestiti in maniera indiretta, in ragione del rinvio che l’art. 117 fa all’art. 115 (Forme di gestione) del d.lgs. n. 42 del 2004 quando afferma che «la gestione dei servizi medesimi è attuata nelle forme previste dall'articolo 115». In tale ipotesi, l’affidamento da parte dell’amministrazione ad imprese private dei servizi aggiuntivi assume la forma giuridica della concessione di servizio pubblico (art. 115, comma 3: «La gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione […]»): il che vale, nulla ostando al riguardo, anche quando il procedimento di gara sia svolto dalla Consip, o meglio sia alla stessa “delegato” ex art. 16 del d.lgs. n. 78 del 2015 e della successiva convenzione tra il Ministero e Consip.

Più precisamente, l’affidamento dei servizi aggiuntivi di assistenza agli utenti (dell’art. 117, comma 2) costituisce, in principio, una concessione del servizio pubblico di valorizzazione; invece l’esternalizzazione dei servizi complementari di biglietteria, pulizia e vigilanza dà luogo ad un appalto di servizi: e mentre la concessione consiste nel trasferimento a terzi soggetti, a loro onere, di un’attività in principio propria dell’amministrazione, l’appalto è uno strumento contrattuale a prestazione corrispettive attraverso il quale l’amministrazione si procura utilità di cui non dispone. Infatti, per costante giurisprudenza (in termini Cass., SS.UU., 27 maggio 2009, n. 12252; SS.UU., 9 dicembre 2015, n. 24824), la qualificazione in termini di concessione dell’affidamento della gestione a terzi dei servizi aggiuntivi è conforme alla definizione delle direttive europee, oltre che coerente con la struttura dei suddetti servizi: con questa particolare concessione, l’amministrazione trasferisce il diritto di gestire il servizio in favore dei visitatori/utenti dietro pagamento di un canone. Sussistono altresì i caratteri del servizio pubblico di valorizzazione di beni culturali in presenza : a) della titolarità del servizio in capo all’amministrazione; b) della destinazione dello stesso alla soddisfazione di esigenze della collettività; c) della predisposizione, da parte dell’amministrazione, di un programma di gestione, con obblighi di condotta e livelli qualitativi vincolanti per il privato; d) del mantenimento da parte dell’amministrazione dei corrispondenti poteri di indirizzo, vigilanza ed intervento. L’affidamento dei servizi di biglietteria (oltre che di pulizia e vigilanza), che possono andare ad integrare una tale concessione, sarebbe invece da solo configurabile come appalto di servizio pubblico, rilevando l’assunzione da parte dell’amministrazione della veste di acquirente dal privato anche a favore di terzi individuati, di determinate utilitates contro il pagamento di un corrispettivo.

Appare comunque chiaro, anche nella sistematica del d.lgs. n. 42 del 2004 -. posto che le disposizioni dell’art. 117 sono contenute nel Titolo II, attinente a «fruizione e valorizzazione» - come la disciplina dei servizi aggiuntivi abbia il fondamento di razionalità nell’obiettivo di un potenziamento delle modalità di fruizione dei beni culturali, garantendo in tale modo anche un ritorno economico per l’amministrazione.

La controversia, come premesso, concerne l’affidamento in concessione dei servizi di biglietteria, bookshop e assistenza alla visita presso il Parco Archelogico di Paestum, e dunque enuclea una fattispecie di concessione integrata dei servizi aggiuntivi con quelli complementari, prevista dall’art. 117, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, e poi meglio specificata quale forma di “integrazione orizzontale” dall’art. 3, comma 5, del d.m. 29 gennaio 2008 (Modalità di affidamento a privati e di gestione integrata dei servizi aggiuntivi presso istituti e luoghi della cultura).

In tale contesto è difficilmente sostenibile la legittimità di una concessione integrata avente ad oggetto, come si evince dalla tabella n. 1 dell’art. 3 del Disciplinare di gara, quale prestazione principale, il servizio di biglietteria ed i servizi di assistenza alla visita e quale prestazione secondaria il servizio di bookshop, non foss’altro in quanto a ciò ha - può ritenersi coerentemente - corrisposto l’individuazione, quale requisito di capacità economico e finanziaria, del «fatturato specifico medio annuo per servizi di biglietteria riferito agli ultimi n. tre esercizi finanziari disponibili, ovverosia approvati, alla data di scadenza del termine per la presentazione delle offerte, non inferiore a € 300.000 IVA esclusa». Infatti in tale modo si opera, sul piano dei contenuti e dei requisiti di capacità dei soggetti aspiranti alla partecipazione alla gara, uno spostamento del baricentro proprio della concessione, in termini tali da essere non compatibili con le enucleate finalità di valorizzazione di beni culturali, cui è evidentemente estranea la gestione dei servizi di biglietteria alla stregua di quanto esposto, e anche del contenuto suo proprio, consistente nelle «attività di emissione, distribuzione, vendita e verifica dei titoli di legittimazione all’ingresso degli istituti e luoghi della cultura […], nonché quelle di incasso e versamento degli introiti», secondo la definizione data dall’art. 2, comma 1, del d.m. 11 dicembre 1997, n. 507.

La rilevanza preponderante, nascente dalle previsioni primarie in questione, dei servizi aggiuntivi rispetto a quello accessorio e strumentale di biglietteria è implicita anche nella lettera della norma, come dimostra la circostanza che l’art. 117, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede come la possibilità della gestione concessoria integrata (la mera concessione è propria dei soli servizi aggiuntivi: sìcché questi, in caso di uso di tale strumento giuridico, finalizzato alla valorizzazione indiretta, non possono divenire né formalmente, né sostanzialmente accessori: in termini il citato precedente di Cons. Stato, V, 7 dicembre 2017, n. 5773).

Da queste considerazioni discende che non può essere condiviso quanto assunto dall’appellata sentenza: la quale, dopo bene aver evidenziato l’attrazione del servizio di biglietteria nella concessione dei servizi aggiuntivi di bookshop ed assistenza alla visita, ha poi erroneamente affermato che l’accessorietà del servizio di biglietteria non può condizionare anche la modulazione in concreto dell’oggetto della concessione, ammettendo che, a seconda delle situazioni, anche servizi non aggiuntivi possano essere preponderanti.

Invero, l’inversione del rapporto di accessorietà degrada la prevalenza dello scopo di valorizzazione culturale, che impronta l’art. 117 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, a mera eventualità, in pratica derogabile nel caso concreto in ragione della preponderanza dei servizi diversi da quelli aggiuntivi (come ad esempio il servizio di biglietteria). In tal modo si oblitera che la concessione domina in quanto è lo strumento prescelto dalla legge (art. 117; art. 115) come funzionale alla, ipotizzata, maggior qualità in concreto del servizio pubblico di valorizzazione; e la si degrada – contro la ratio dello stesso art. 117 - a mera strumentazione di esigenze economiche, non già culturali. Così non si garantisce più l’efficace perseguimento della dominante ragione della valorizzazione dei beni culturali, cioè del potenziamento delle condizioni di fruizione (più precisamente: si pospone lo scopo di «promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso», nel che consiste la valorizzazione per l’art. 6 del Codice, che pone l’art. 117 nel contesto dei “Principi della valorizzazione dei beni culturali”); e si incide sulla causa della concessione, tramutandola in pratica in quella di un normale appalto.

Da ciò deriva che il tipo di concessione di servizi in questione di suo mai ammette che il servizio di biglietteria, quand’anche implicante un maggiore volume di incassi, possa ricevere, con il suo regime, prevalenza funzionale sui servizi aggiuntivi: e per conseguenza che ciò, in concreto, possa portare a informare i requisiti di capacità economica e finanziaria, con l’effetto pratico, assai rilevante, di precludere la partecipazione di soggetti attivi in servizi aggiuntivi di bookshop e di editoria (ma senza che abbiano prima emesso biglietti per gli importi predetti).

Non solo: anche a tutto per un attimo concedere in senso opposto, nel caso qui in esame nemmeno appare dimostrato l’elemento di prevalenza economica del servizio di biglietteria, per tentare di giustificare la distorsione funzionale del modello della concessione di servizio pubblico. Infatti, posto che il valore del servizio di biglietteria ammonta ad euro 10.320.821 e quello del servizio di bookshop ad euro 3.325.935, la considerazione che l’art. 3 del Disciplinare di gara indica l’aggio come base d’asta fissandolo al 18 per cento fa sì che - anche senza ribasso - il valore del servizio di biglietteria risulti pari ad euro 1.857.747,78, che è quantitativamente inferiore a quello del bookshop.

Inoltre, i requisiti di capacità economica e finanziaria prescritti dal punto 7.2 del disciplinare, basati sul solo fatturato realizzato nello svolgimento del servizio di biglietteria, non sono idonei a manifestare una scelta discrezionale dell’amministrazione: ma sono piuttosto sintomo chiaro ed evidente di una distorsione funzionale dell’oggetto della procedura.

Quei requisiti, invero, risultano urtare contro i principi di proporzionalità, di ragionevolezza, di continenza, affermati dall’art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Pertanto, sulla base di siffatta non pertinenza dei requisiti prescritti dalla lex specialis al nucleo proprio dei servizi di valorizzazione dei beni culturali, non assume rilievo (si può dire che prova troppo), e va comunque ultra vires rispetto ai compiti della stazione appaltante (alla quale non competono valutazioni circa il modo, preliminare alla gara, di organizzarsi degli operatori economici che possono esservi interessati) l’argomento difensivo di Consip per cui anche la società appellante avrebbe potuto partecipare alla gara associandosi in R.T.I. con soggetti economici operanti nel settore delle biglietterie, ovvero ricorrendo all’avvalimento.

2. - L’accoglimento dei primi tre motivi di appello comporta di per sé l’annullamento della lex specialis di gara ed ha dunque efficacia assorbente.

E’ peraltro opportuno un sia pure sintetico scrutinio degli ulteriori motivi di appello.

2.1. - Il quarto motivo critica la sentenza per non avere ravvisato l’assenza di un progetto di valorizzazione dei siti e dei servizi aggiuntivi a base dell’indizione della gara, in violazione degli artt. 114 e 115 del d.lgs. n. 42 del 2004.

Il motivo deve ritenersi improcedibile.

Invero l’annullamento della lex specialis per le ragioni sinora esposte rende non più utilizzabile, per incompatibilità logica, il progetto culturale predisposto dall’amministrazione, il quale appare peraltro generico, nei limiti in cui è documentato. Quanto all’assunto che non esista un onere di traduzione del progetto culturale in un documento ad hoc, osserva il Collegio che l’assunto può anche essere astrattamente condivisibile, salvo che i contenuti del medesimo devono essere conoscibili quanto meno per verificarne a posteriori la coerenza. Nel caso di specie il progetto culturale, di due sole pagine, è obiettivamente generico.

3. - Il quinto motivo, riproposto in quanto impropriamente assorbito in primo grado, lamenta l’illegittimità della lex specialis per violazione dell’art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004 nella parte in cui riserva la scelta e la determinazione dei contenuti dei prodotti sia editoriali sia delle audioguide all’amministrazione concedente (rispettivamente, artt. 9.3.2.1 e 9.2.1 del capitolato tecnico), tale facoltà dovendo invece essere rimessa al concessionario, che assume la gestione a proprio rischio, previa approvazione dell’amministrazione. Per quanto concerne in particolare le audioguide, secondo l’appellante, la scissione tra contenuto multimediale e supporto, oltre a violare l’art. 115 del d.lgs. n. 42 del 2004, appare illogica, atteso che lo strumento è funzione del contenuto.

Anche tale motivo è fondato.

Un conto è la necessità che il piano editoriale sia concordato tra amministrazione e concessionario, altro è che l’amministrazione fornisca al concessionario i contenuti delle pubblicazioni da produrre e gli archivi immagini da inserirvi, in quanto ciò comporta un ulteriore profilo di “sviamento” della concessione, dipendente dalla integrale eterodeterminazione del contenuto del prodotto editoriale (con previsione espressa di penale) a fronte peraltro dell’assunzione del rischio operativo in capo al concessionario.

L’illegittimità del capitolato risulta ancor più evidente con riferimento al servizio di assistenza alla visita, ed in particolare alle audioguide (da noleggiare, dietro corrispettivo, ai visitatori), in quanto è previsto che il contenuto delle stesse sia fornito dall’amministrazione (prima della data di avvio delle attività), mentre al concessionario compete la fornitura delle audioguide stesse dotate di una tecnologia di interazione tra il dispositivo e l’opera d’arte/sala oggetto del percorso.

La Sezione ha già in altra occasione (non perfettamente sovrapponibile, ma che prospetta la medesima questione della predisposizione del software delle apparecchiature da parte di soggetto diverso da quello che le fornisce ai visitatori) affermato (Cons. Stato, V, 7 dicembre 2017, n. 5773) che, essendo la prestazione del concessionario riconducibile al c.d. “obbligo di risultato”, non può scindersi la fornitura del software (contenuto culturale) dalla gestione dello strumento fisico (hardware) mediante il quale il servizio viene reso agli utenti. Ciò in quanto la predeterminazione del software condiziona la scelta dell’apparecchio per evidenti ragioni di funzionalità ed operatività del sistema. E’ questa la ragione tecnica che non consente di condividere l’argomento difensivo di Consip secondo cui bene può l’amministrazione concedente, quand’anche faccia ricorso all’esternalizzazione della gestione del servizio, decidere di riservare a sé l’attività di elaborazione dei contenuti delle audioguide.

4. - Il sesto mezzo deduce poi l’illegittimità dell’unificazione delle diverse prestazioni di biglietteria e servizi aggiuntivi in un unico affidamento per violazione dell’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016 (prevedente la suddivisione dell’appalto in lotti funzionali o prestazionali) e del principio di libera concorrenza di cui all’art. 30 dello stesso corpus legislativo, nella misura in cui restringe indebitamente l’accesso alla gara, limitandolo alle imprese dotate di qualificazione solo nella prestazione principale (biglietteria) ed escludendo quelle esperte in servizi aggiuntivi.

Il motivo è solo in parte fondato.

Lo è nella misura in cui contesta la restrizione dell’accesso alla gara con riguardo ai requisiti di capacità economica e finanziaria, ma si tratta, come in precedenza osservato, della conseguenza dell’erronea impostazione della lex specialis che ha configurato una concessione integrata sbilanciata verso il servizio di biglietteria, previsto come prestazione principale.

E’ invece infondato il motivo nella parte in cui contesta la mancata suddivisione in lotti, che trova invero adeguata motivazione, in conformità di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, nell’art. 3 del disciplinare di gara, alla cui stregua «la concessione è costituita da un unico lotto poiché, sia sotto il profilo funzionale sia sotto il profilo prestazionale, i servizi oggetto di affidamento necessitano di una gestione congiunta e integrata. Il legislatore, in ossequio al principio di economicità dell’azione amministrativa, che si declina anche sotto il profilo del conseguimento degli obiettivi con il minor dispendio di mezzi procedurali, ha espressamente previsto che i servizi strumentali (biglietteria) possono essere affidati in forma integrata con i servizi per il pubblico (cfr. art. 117, co. 3, D.lgs. 42/2004). In particolare, le biglietterie fisiche presenti nel Parco svolgono attività di vendita dei titoli di accesso e noleggio e distribuzione di audioguide. L’infrastruttura informatica di supporto è integrata, ossia gestisce la prenotazione on line e la vendita on line di servizi quali titoli di accesso, audioguide, nonché dei prodotti dei bookshop. L’unicità del lotto è inoltre correlata alla condivisione dello stesso locale per il servizio di biglietteria e bookshop ed è funzionale alla garanzia del mantenimento dell’equilibrio economico finanziario e alla sostenibilità dell’iniziativa».

La motivazione, in sé considerata, è condivisibile nel dare conto dell’unicità del lotto (tendenzialmente discendente dalla natura integrata della concessione) ma ovviamente non vale a sanare la già stigmatizzata accessorietà dei servizi per il pubblico rispetto al carattere principale della prestazione concernente i servizi di biglietteria.

5. - Con il settimo motivo si deduce poi l’illegittimità dell’art. 11 del capitolato tecnico che configura il concessionario alla stregua di agente contabile, tenuto conseguentemente alla predisposizione del conto giudiziale, ciò comportando un aggravio della sua condizione. Il concessionario agisce per conto proprio, garantendo all’amministrazione un aggio percentuale relativo alla vendita dei biglietti ed una royalty relativa alle vendite dei prodotti in bookshop; in tale contesto la condizione di agente contabile che agisce per conto dell’amministrazione contraddice, per l’appellante, l’impostazione del regime dei servizi aggiuntivi in concessione.

L’ottavo motivo, strettamente complementare al settimo, deduce poi che lo status giuridico di agente contabile implica per il concessionario un sensibile incremento di obblighi e costi contabili ed amministrativi, nonché i connessi rischi di responsabilità, dando luogo a restrizioni sproporzionate alle libertà fondamentali di stabilimento e di libera prestazione di servizi degli operatori economici stabiliti in altri Stati membri, con conseguente violazione degli artt. 49 e 56 del T.F.U.E.

I motivi, pur nella loro complessità, sono infondati.

Occorre considerare che i servizi di biglietteria concernono, ai sensi dell’art. 2 del d.m. 11 dicembre 1997, n. 507, le attività di emissione, distribuzione, vendita e verifica dei titoli di legittimazione all’ingresso, nonché quelle di incasso e versamento degli introiti. Con riguardo a quest’ultima attività, l’art. 11.1 del capitolato tecnico prevede che «il concessionario retrocede al Parco Archeologico di Paestum le somme derivanti dalla vendita dei titoli d’accesso, trattenendo, a titolo di corrispettivo, un Aggio corrispondente a una percentuale sul monte incassi dalla vendita dei biglietti; tale percentuale corrisponde al valore indicato nel disciplinare di gara e ribassato in sede di offerta».

E’ proprio in funzione di tale retrocessione degli incassi di biglietteria che lo stesso art. 11.1 del capitolato prevede che il concessionario agisca come agente contabile per conto dell’amministrazione con predisposizione del conto giudiziale, in conformità dei principi generali desumibili dalla normativa di contabilità dello Stato (artt. 178 e 610 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827).

Lo status di agente contabile è dunque limitato alla sola retrocessione degli incassi sulla vendita dei biglietti; in tale limitata ma essenziale attività al concessionario è attribuita tale qualifica, che non può ritenersi irragionevole e neppure idonea a limitare le libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

Si tratta peraltro di un trend generale dell’ordinamento che attribuisce la qualifica di agente contabile in presenza del carattere pubblico dell’ente per il quale il soggetto agisca e del denaro o del bene oggetto della gestione, restando invece irrilevante il titolo in base al quale la gestione è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa, in un contratto o perfino mancare del tutto (Cass., SS.UU., 1 aprile 2020, n. 7640; SS.UU., 20 febbraio 2020, n. 4314).

Occorre, del resto, considerare che le restrizioni giustificate dalla finalità di consentire la conservazione della titolarità e del controllo del denaro riscosso per il tramite del concessionario, secondo le regole generali relative al maneggio di denaro pubblico, risultano compatibili con il diritto europeo, ove proporzionate. E nel caso di specie emergono motivi imperativi di interesse generale, non fondati su ragioni meramente economiche e commerciali, sì che può ritenersi che si verta al cospetto di una limitazione al libero esercizio dell’attività di impresa, la quale non può comunque svolgersi in contrasto con l’utilità sociale.

6.- Alla stregua di quanto esposto l’appello va accolto, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di primo grado deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

La complessità delle questioni giuridiche trattate integra le ragioni che per legge giustificano la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Compensa tra e parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18.

 

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la pronuncia in commento, anche alla luce del pregresso orientamento pretorio (Cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 6 agosto 2013, n. 19; Cons. Stato, sez. V, 7 dicembre 2017, n. 5773) la V Sezione del Consiglio di Stato di sofferma sul tema del rapporto tra l’appalto di servizi e la concessione di servizi aggiuntivi ex art. 117 d.lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Nella sistematica del predetto codice, integrano i c.d. “servizi aggiuntivi” quelli volti all’assistenza culturale e di ospitalità, attivati presso i luoghi e gli istituti della cultura.

Secondo il Consiglio di Stato, nel settore dei beni culturali, l’affidamento di tali servizi, orientati all’assistenza agli utenti, (anche secondo quanto previsto dall’art. 117, comma 2 del predetto codice) costituisce una concessione del servizio pubblico di valorizzazione. Diversa, invece, l’esternalizzazione dei servizi complementari di biglietteria, pulizia e vigilanza, che darebbe luogo ad un appalto di servizi.

A tali conclusioni, il Collegio è giunto valorizzando il diverso ambito di applicazione nei casi dell’appalto e della concessione.

Ed infatti, mentre la quest’ultima consiste nel trasferimento a terzi soggetti, a loro onere, di un’attività in principio propria dell’amministrazione, l’appalto è uno strumento contrattuale a prestazione corrispettive, attraverso il quale l’amministrazione si procura utilità di cui non dispone.

In particolare, nel caso dei servizi aggiuntivi, l’amministrazione trasferisce a terzi il diritto di gestire il servizio in favore dei visitatori/utenti dietro pagamento di un canone, laddove si ravvisa altresì la presenza:

a) della titolarità del servizio in capo all’amministrazione; 

b) della destinazione dello stesso alla soddisfazione di esigenze della collettività; 

c) della predisposizione, da parte dell’amministrazione, di un programma di gestione, con obblighi di condotta e livelli qualitativi vincolanti per il privato;

d) del mantenimento da parte dell’amministrazione dei corrispondenti poteri di indirizzo, vigilanza ed intervento.

Poste tali premesse, il Collegio prende in esame il contestuale affidamento in concessione dei servizi di biglietteria, bookshop e assistenza alla visita, così enucleando una fattispecie di concessione integrata dei servizi aggiuntivi con quelli complementari, prevista dall’art. 117, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004,  meglio specificata quale forma di “integrazione orizzontale”. 

Alla luce dei criteri su esposti, solo il servizio di biglietteria è stato qualificato come appalto di servizio pubblico, rilevando l’assunzione da parte dell’amministrazione della veste di acquirente dal privato anche a favore di terzi individuati, di determinate utilitates contro il pagamento di un corrispettivo.

Nei casi in cui si ravvisi la presenza di un affidamento congiunto di concessione e di appalto di servizi, ad assumere prevalenza funzionale saranno sempre i primi.

Infatti, supporre un’inversione del rapporto di accessorietà tra questi ultimi degraderebbe, contro la ratio dello stesso art. 117, la prevalenza dello scopo di valorizzazione culturale, riducendola a mera strumentazione di esigenze economiche, non già culturali.

Da ciò non può ammettersi che il servizio di biglietteria, quand’anche implicante un maggiore volume di incassi, possa ricevere, con il suo regime, un rapporto di prevalenza sui servizi aggiuntivi, in modo tale da non riuscire più a garantire l’efficace perseguimento della dominante ragione della valorizzazione dei beni culturali e del potenziamento delle condizioni di fruizione, incidendo così sulla causa della concessione, tramutandola in pratica in quella di un normale appalto.