Cons. Stato, sez. V, 24 giugno 2020, n. 4034
L’art. 164 comma 2 del d. lgs. 50 del 2016, richiamato dal bando per definire il tipo di gara stabilisce che “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione.”
Dunque trattandosi di una concessione di servizi e non di un contrato passivo di appalto per lavori, servizi o forniture, si deve rilevare che la diversa struttura giuridica del negozio non comportava la dovuta applicazione della norma di cui all’art. 95 comma 10 stesso d. lgs. 50, vista l’evidente differenza strutturale ed il peso economico assunto nei secondi dal costo del lavoro.
Nella concessione di servizi la mancata indicazione degli oneri per la sicurezza o dei costi per la manodopera non comporta l’esclusione (art. 95, art. 164 d.lgs. n. 50/2016).
Consiglio di Stato, sez. V, 24.06.2020 n. 4034
di Matteo Sgritta
L’art. 164 comma 2 del d. lgs. 50 del 2016, richiamato dal bando per definire il tipo di gara stabilisce che “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione.”
Dunque trattandosi di una concessione di servizi e non di un contrato passivo di appalto per lavori, servizi o forniture, si deve rilevare che la diversa struttura giuridica del negozio non comportava la dovuta applicazione della norma di cui all’art. 95 comma 10 stesso d. lgs. 50, vista l’evidente differenza strutturale ed il peso economico assunto nei secondi dal costo del lavoro.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 10751 del 2019, proposto da
Istituto di Vigilanza “Security & Investigation S.r.l.”, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Vuolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Eboli non costituito in giudizio;
nei confronti
Consorzio di Cooperative Sociali Athena, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Tozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo 323;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 2016/2019, resa tra le parti, concernente l’affidamento in concessione della gestione biennale parcheggi pubblici a pagamento e vigilanza per la stagione balneare – annualità 2019-2020;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio di Cooperative Sociali Athena;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020 il Cons. Raffaele Prosperi e udito per l’appellante l’avvocato Vuolo e l’avvocato Tozzi, ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, decreto-legge n. 28/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il provvedimento n. 797 del 18 aprile 2019 il Comune di Eboli aveva indetto la gara per la concessione della gestione biennale dei parcheggi pubblici a pagamento in via Scirè e per la vigilanza per la stagione balneare- annualità 2019-2020”, da affidarsi con il criterio del massimo rialzo.
Alla gara avevano partecipato tre ditte ed all’esito della procedura la concessione era stata affidata al Consorzio Cooperative sociali Athena, una volta verificata la sussistenza in capo a quest’ultima dei requisiti di partecipazione: infatti era stato dapprima escluso per presunta mancanza del requisito di idoneità professionale previsto dall’art. 6.1 del Capitolato, ovvero l’iscrizione alla CCIAA per attività analoghe a quelle oggetto di gara e ciò anche in capo alla consorziata Ekkinisi, indicata, in sede di partecipazione, come esecutrice.
Il provvedimento di aggiudicazione era stato impugnato dalla concorrente Security & Investigation dinanzi alla Sezione staccata di Salerno del Tribunale amministrativo per la Campania, con la deduzione per più versi della violazione degli articoli 33 e 83 del d.lgs 50 del 2016, degli articoli 10 bis e 21 della legge 241 del 1990, dell’art. 6 del disciplinare di gara, nonché il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria.
In sintesi l’aggiudicataria era da escludere, quindi sia il Consorzio, sia la consorziata non erano in possesso del requisito di idoneità professionale prima menzionato, ed inoltre la consorziata avrebbe svolto attività assistenziali, quindi non conformi alle professionalità richieste dall’oggetto di gara; ancora, per quanto concerneva l’esclusione, non occorreva il passaggio di cui all’art.10 bis della legge 241 del 1990, non essendo l’esclusione espressione del potere di autotutela, né poteva attivarsi il soccorso istruttorio, ammissibile solo nell’ipotesi di incertezza sui contenuti della certificazione camerale.
Veniva altresì aggiunto che il servizio vantato dall’aggiudicataria presso il Comune di Ascea non abilitava al possesso dei requisiti di cui all’art. 6.2 del bando relativi alle “capacità tecniche e professionali”, per il suo oggetto diverso e per la sua durata inferiore a tre mesi; ancora il Consorzio non avrebbe dato dimostrazione di essere un consorzio stabile.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata ed il controinteressato chiedendo che il rigetto del ricorso.
Il Consorzio aveva proposto dal canto suo ricorso incidentale, con cui aveva impugnato i punti 6.1. e 6.2 del CSA se interpretabili secondo le deduzioni espresse dalla ricorrente nel ricorso principale.
Con altro motivo di ricorso, la ricorrente incidentale aveva impugnato il provvedimento di ammissione della Security & Investigation, in quanto questa avrebbe presentato un’offerta nella quale non sarebbero stati indicati i costi/oneri sia per la sicurezza, sia per la manodopera, così come obbligatoriamente richiesta a pena di esclusione dall’art. 95 comma 10 d.lgs. 50 del 2016.
Ancora, terzo motivo, la ricorrente principale sarebbe stata priva del requisito di iscrizione della gestione parcheggi pubblici come attività primaria alla Camera di commercio.
Con la sentenza 18 novembre 2019 n. 2016, il Tribunale amministrativo riteneva l’infondatezza del ricorso principale, ad iniziare dal quarto motivo sulla contestazione della natura di consorzio stabile del Consorzio Athena.
Dal certificato camerale risultava che il Consorzio aveva come scopo sociale il favorire le attività delle imprese consorziate e ciò concretizzava il requisito della stabilità della organizzazione e la individuazione dello scopo consortile.
Altresì infondato era il secondo motivo di ricorso sull’iscrizione alla Camera di Commercio per lo svolgimento di attività analoghe a quelle oggetto di concessione.
In primo luogo il disciplinare di gara prevedeva al punto 6.1 che gli operatori economici dimostrassero i requisiti di idoneità professionale per mezzo della iscrizione alla camera di commercio per attività analoghe a quelle oggetto di gara ed al punto 6.2 che i requisiti di capacità tecnica fossero dimostrati per mezzo dello svolgimento di servizi analoghi e tanto era stato dimostrato.
In secondo luogo, l’art. 47 comma 2 bis del d. lgs. 50 del 2016 stabiliva che l’effettiva esistenza dei requisiti richiesti dai bandi di gara in capo ai singoli consorziati ne permetteva la sussistenza in capo ai consorzi stabili ed il requisito posseduto dalla Coop. Al Servizio della Città, impresa consorziata, iscritta alla CCIAA per le attività di pulizia e gestione parcheggi determinava la sussistenza del requisito in capo al consorzio stabile.
Nemmeno poteva essere accolto il terzo motivo.
L’avviso di preavviso di esclusione non aveva concretizzato alcun soccorso istruttorio e comunque tale passaggio era una garanzia di procedimento che non poteva inficiare l’aggiudicazione, anche perché aveva esclusivamente portato al chiarimento di elementi già a disposizione della amministrazione.
Infine, quanto al pregresso svolgimento di servizi analoghi per conto di un'amministrazione pubblica e per una durata di almeno tre mesi, di cui al punto 6.2 del capitolato, il contratto sottoscritto con il Comune di Ascea per il periodo da maggio a luglio 2018, aveva ad oggetto anche attività di vigilanza e controllo della sosta a pagamento e dunque soddisfaceva quanto richiesto dalla legge di gara.
Per cui il ricorso principale andava respinto con la conseguente improcedibilità del ricorso incidentale.
Con appello in Consiglio di Stato notificato il 18 dicembre 2019 la Security & Investigation impugnava la sentenza e deduceva i seguenti motivi:
1.Violazione degli artt. 33 e 83 d. lgs. 50 del 2016, dell’art. 6 del capitolato speciale e degli artt. 1363, 1367 3 1369 c.c. Error in iudicando. Il carattere di consorzio stabile non è desumibile dai tratti sostanziali dell’aggiudicatario, di cui non si comprendeva se sia formato da almeno di tre operatori economici, che sia un’organizzazione stabile con organi deliberativi operanti in modo congiunto, né è chiara l’identità dei soci, la possibilità di assumere dagli Enti pubblici esclusivamente servizi sociali e la non appartenenza al Consorzio della cooperativa Ekkinisi, designata esecutrice dell’appalto in questione.
2.Violazione degli artt. 33, 47 e 83 d. lgs. 50 cit, dell’art. 6 del capitolato, dell’art. 111 Cost. Carenza di motivazione, contraddittorietà, omessa pronuncia. Error in procedendo e in iudicando. La sentenza impugnata ha confuso i requisiti di idoneità professionale (art. 6.1 csa) con i requisiti di capacità tecnica (art, 6.2 csa), ravvisando erroneamente la sussistenza dei primi in capo al Consorzio aggiudicatario, non ha chiarito la capacità tecnico professionale dei partecipanti alle gare ed ha richiamato il possesso della certificazione professionale da parte della Coop. Al servizio della Città, soggetto consorziato, ma esterno alla procedura di aggiudicazione in controversia.
3.Violazione degli artt. 33 e 83 d. lgs. 50 del 2016, 6 del capitolato, 111 Cost., carenza di motivazione. Error in iudicando. Era infondato l’assunto della sentenza sul mancato rilievo dato al passaggio ex art. 10 bis l. 241 del 1990; si era trattato di produrre il certificato camerale della consorziata Al servizio della Città, indicato nel DGUE unicamente per il possesso dei requisiti di capacità professionale, con grave alterazione della par condicio.
4. Violazione degli artt. 33 e 83 d. lgs. 50 del 2016, 6 del capitolato, 111 Cost., carenza di motivazione. Error in iudicando. L’art. 6.2 del capitolato stabiliva tra i requisiti la prestazione di almeno un servizio a favore dell’amministrazione pubblica, della tipologia di quelli messi a gara, per la durata di almeno tre mesi. Il servizio fornito al Comune di Ascea e fatto valere dall’aggiudicataria si è svolto solamente dal 22 giugno 2018 al 15 settembre 2018 e non era assimilabile a quello ora in controversia per la sua molteplicità di scopi.
La Security & Investigation reiterava poi le censure sollevate in primo grado e concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.
Si è costituito in giudizio il Consorzio Athena, il quale con memoria ex art. 101 comma 2 c.p.a. ha reiterato i motivi del ricorso incidentale proposto in primo grado, mentre non si è costituito il Comune di Eboli.
All’udienza del 18 giugno 2020 la causa è passata in decisione.
Ragioni di priorità logica oltre a quelle indicate dal Consorzio aggiudicatario nella sua memoria depositata il 16 gennaio 2020, impongono il preventivo esame dei motivi sollevati in primo grado con ricorso incidentale dal Consorzio Athena ed ora riproposti con la memoria in questione ai sensi dell’art. 101 comma 2 c.p.a.
Si può prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata da Security & Investigation, in quanto il ricorso incidentale di primo grado ed i motivi ribaditi ex art. 101 c.p.a. sono complessivamente infondati nel merito.
L’aggiudicatario si duole dapprima in via tuzioristica rispetto ai motivi del ricorso principale di primo grado e quindi con l’appello principale si rileva che sono stati impugnati espressamente in primo grado i punti 6.1. e 6.2 del CSA se interpretabili così come fatto da parte della ricorrente e/o appellante principale.
La censura è irrilevante ai fini del decisione che si andrà ad assumere in merito all’appello, come si avrà modo appresso di comprendere.
Ad ogni modo il ricorso di primo grado della Security & Investigation non ha impugnato direttamente i punti 6.1 e 6.2 del CSA, ma ne ha contestato l’applicazione nella gara, dunque il motivo è, sia pure in via astratta, infondato.
Con il secondo motivo riproposto l’aggiudicataria chiedeva che venisse esclusa l’offerta della controinteressata Istituto di Vigilanza Security & Investigation s.r.l., in quanto questa aveva omesso di indicare nella propria offerta economica l’ammontare dei costi/oneri sia per la sicurezza che per la manodopera, così come obbligatoriamente richiesta a pena di esclusione dall’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016.
La censura è infondata.
Si deve rilevare innanzitutto che la questione investiva un contratto attivo, ossia una concessione di un bene e di un’attività pubblica avente per corrispettivo un aggio e quale criterio di scelta quello del massimo rialzo ex art. 60 d. lgs. 50 del 2016, naturalmente da parte di concorrente in possesso dei requisiti richiesti; ciò implicava, così come ha implicato, un modulo di offerta economica predisposto dalla stazione appaltante con spazi da riempire relativi alla denominazione della ditta ed all’indicazione del rialzo senza alcun altra specificazione, tanto meno relativa agli oneri per la sicurezza o ai costi per la manodopera. E così tanto l’appellante, quanto l’aggiudicatario hanno seguito l’obbligo di riempimento dei campi vuoti del modulo senza alcuna altra indicazione
Sul tema l’Adunanza plenaria con ordinanza 24 gennaio 2019 n. 1 ha rimesso alla Corte di giustizia dell'Unione Europea la questione se il diritto dell'Unione europea e segnatamente i princìpi di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di libera circolazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi ostino a una disciplina nazionale quale quella di cui agli artt. 83, comma 9, 95, comma 10 e 97, comma 5 del Codice dei contratti pubblici italiano in base alla quale la mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l'esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. “soccorso istruttorio”, pur nell'ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione.
La Corte di Giustizia della Corte Europea con la sentenza 2 maggio 2019, C-309/18 ha enunciato il seguente principio:
“I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice”.
Da tutto ciò discende che quanto dedotto non poteva essere addebitato all’attuale appellante.
Con il terzo motivo il Consorzio aggiudicatario insiste sul fatto che l’appellante non ha l’iscrizione presso la CCIA come propria attività primaria quello di gestione parcheggi pubblici oggetto della gara, ma solo quale attività secondaria.
Anche detto motivo è infondato in fatto.
Dalla visura camerale dell’oggetto sociale della Security & Investigation emerge che attività basilare della Società è tutto quanto attiene la vigilanza e la videosorveglianza ed in questo campo la gestione dei parcheggi pubblici e privati campeggia tra gli oggetti primari dello scopo sociale.
Con il quarto motivo il Consorzio Athena sostiene in via subordinata, nel caso di infondatezza del motivo già esaminato e riguardante l’indicazione del costo del lavoro e degli oneri per la sicurezza, l’illegittimità dell’intera procedura di gara al fine di una sua riedizione in termini più conformi alla legge.
Al di là del problema dell’ammissibilità di tale censura avanzata dall’aggiudicatario della gara, si deve rilevare che l’art. 164 comma 2 del d. lgs. 50 del 2016, richiamato dal bando per definire il tipo di gara stabilisce che “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione.”
Dunque trattandosi di una concessione di servizi e non di un contrato passivo di appalto per lavori, servizi o forniture, si deve rilevare che la diversa struttura giuridica del negozio non comportava la dovuta applicazione della norma di cui all’art. 95 comma 10 stesso d. lgs. 50, vista l’evidente differenza strutturale ed il peso economico assunto nei secondi dal costo del lavoro.
Con il quinto ed ultimo motivo si sostiene l’illegittimità della gara per l’assenza della previsione della presentazione di documentazione progettuale e di gara, secondo l’art. 34 del d. lgs. 50 del 2016, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto all' articolo 144.
Il motivo è destituito di fondamento, sia per le ragioni indicate riguardo alla censura precedentemente esaminata, sia per la palese assenza di correlazione tra la documentazione indicata e l’oggetto della concessione in controversia.
Per cui i motivi sollevati in primo grado dal con il ricorso incidentale del Consorzio Athena e riproposti in questa sede ai sensi dell’art. 101 comma 2 del c.p.a. devono essere respinti.
L’appello di Security & Investigation deve essere invece accolto in conseguenza dell’assorbente fondatezza del quarto motivo concernente l’assenza in capo al Consorzio Athena dei requisiti tecnico-professionali, ossia di almeno uno per tipologia dei servizi elencati dal bando svolti per conto di un'amministrazione pubblica e per una durata di almeno tre mesi.
L’oggetto della gara era la concessione biennale della gestione dei parcheggi pubblici a pagamento in via Scirè con il servizio aggiuntivo della loro pulizia e sorveglianza.
Ora l’art. 6.2 del capitolato stabiliva effettivamente tra i requisiti la prestazione di almeno un servizio a favore dell’amministrazione pubblica, della tipologia di quelli messi a gara, per la durata di almeno tre mesi.
Il servizio fornito al Comune di Ascea e fatto valere dall’aggiudicataria, benché il capitolato tecnico ne prevedesse la durata trimestrale – 15 giugno 2018/15 settembre 2018 – è iniziato solo il 22 giugno seguente per lungaggini derivate dalla correlativa gara, così come pacificamente dimostrato dalla scrittura privata tra il Comune di Ascea ed il Consorzio Athena depositata tra i documenti di primo grado il 21 giugno 2019 dall’allora ricorrente in primo grado; non poteva soccorrere allo scopo l’altro servizio prestato dal Consorzio per altra amministrazione pubblica, il Comune di Omignano, poiché l’autonomo servizio di pulizia e spazzamento delle strade nulla ha a che vedere con il contratto di concessione in controversia, in cui la pulizia del parcheggio è una mera prestazione accessoria della sua gestione, di cui è magna pars la vigilanza, il controllo dei pagamenti delle tariffe e la loro riscossione. Senza aggiungere che lascia quanto mai perplessi un servizio di pulizia e spazzamento delle strade come quello vantato dal Consorzio per il Comune di Omignano svolto per ventiquattro mesi al costo di €. 26.129,70.
Per le considerazioni finora esposte l’appello deve essere accolto e vanno respinti i motivi di cui al ricorso incidentale proposto dinanzi al Tribunale amministrativo e nuovamente sollevati con memoria in questa sede.
Le spese di giudizio possono essere compensate, dati gli equivoci che sorgono, come usualmente, nell’applicazione del codice dei contratti pubblici in materia di concessioni.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso introduttivo e respinge il ricorso incidentale di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
GUIDA ALLA LETTURA
La presente pronuncia della Quinta Sezione del Consiglio di Stato risulta particolarmente interessante, oltre che per l’esito cui il giudizio perviene, per le delucidazioni offerte in ordine ai profili differenziali tra contratto passivo di appalto di lavori, servizi e forniture, da una parte, e concessione di servizio, dall’altra.
Infatti, in riferimento a tale profilo, il Collegio esamina la censura dell’aggiudicataria con la quale si chiede che venisse esclusa l’offerta della controinteressata, per il fatto di aver omesso di indicare nella propria offerta economica l’ammontare dei costi/oneri sia per la sicurezza che per la manodopera, così come obbligatoriamente richiesto a pena di esclusione dall’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016.
In realtà, come chiarisce la Corte, tale obiezione è infondata: il Consiglio di Stato rileva anzitutto che la questione investe un contratto attivo, ossia una concessione di un bene e di un’attività pubblica avente per corrispettivo un aggio e quale criterio di scelta quello del massimo rialzo ex art. 60 d. lgs. 50 del 2016, naturalmente da parte di concorrente in possesso dei requisiti richiesti. Di fatti, la stazione appaltante aveva predisposto uno specifico modulo di offerta economica; esso, invero, recava spazi da completare, ma senza, tuttavia, prevedere alcune specificazioni; in particolare, mancavano le voci da completare riferite agli oneri per la sicurezza o i costi per la manodopera, né ve ne era menzione.
Del resto, tanto l’appellante, quanto l’aggiudicatario hanno seguito l’obbligo di riempimento dei campi vuoti del modulo senza alcuna altra indicazione.
Ebbene, il Collegio, sul punto, richiama la pronuncia dell’Adunanza plenaria, che con ordinanza 24 gennaio 2019 n. 1 ha rimesso alla Corte di giustizia dell'Unione Europea la questione se il diritto dell'Unione europea e segnatamente i princìpi di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di libera circolazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi ostino a una disciplina nazionale quale quella di cui agli artt. 83, comma 9, 95, comma 10 e 97, comma 5 del Codice dei contratti pubblici italiano in base alla quale la mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l'esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. “soccorso istruttorio”, pur nell'ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione.
Così come ricordato in sentenza, la Corte di Giustizia della Corte Europea con la sentenza 2 maggio 2019, C-309/18 ha enunciato il principio secondo cui: “[…]la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione.”
Eppure, precisa ancora la CGUE, “se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice”.
Risulta, pertanto, inconferente la censura esaminata: non poteva dunque essere contestato all’appellante la mancata indicazione dei suddetti costi a pena di esclusione, dovendosi applicare il principio sopra indicato, che prevede l’integrazione entro un termine stabilito dalla stessa P.A..
Pertanto, richiamato l’art. 164 comma 2 del d. lgs. 50 del 2016 per definire il tipo di gara, ovvero considerato che la fattispecie esaminata costituisce una concessione di servizi e non un contrato passivo di appalto per lavori, servizi o forniture, la Corte chiarisce che “la diversa struttura giuridica del negozio non comportava la dovuta applicazione della norma di cui all’art. 95 comma 10 stesso d. lgs. 50, vista l’evidente differenza strutturale ed il peso economico assunto nei secondi dal costo del lavoro”.
Esauriti così i rilievi riconosciuti non fondati dal Collegio, che pure risultano particolarmente interessanti sotto il profilo giuridico-scientifico, il Consiglio di Stato individua, invece, come assorbente il motivo di appello concernente l’assenza in capo all’aggiudicataria dei requisiti tecnico-professionali, ossia di almeno uno per tipologia dei servizi elencati dal bando svolti per conto di un'amministrazione.
La gara aveva, infatti, ad oggetto la concessione biennale della gestione dei parcheggi pubblici a pagamento di una pubblica strada, con il servizio aggiuntivo della loro pulizia e sorveglianza.
Il capitolato stabiliva effettivamente tra i requisiti la prestazione di almeno un servizio a favore dell’amministrazione pubblica, della tipologia di quelli messi a gara, per la durata di almeno tre mesi. Il servizio fornito e fatto valere, invece, dall’aggiudicataria, benché il capitolato tecnico ne prevedesse la durata trimestrale, risultava essere stato svolto per un periodo inferiore, così come dimostrato dalla scrittura privata, prodotta in giudizio, tra l’ente a favore del quale tale servizio era stato reso e l’aggiudicataria.
Sicché il Collegio, per le considerazioni accennate, ritiene, in ultima analisi, che l’appello debba essere accolto e che, per converso, vadano respinti motivi di cui al ricorso incidentale proposto dall’aggiudicataria.