Consiglio di Stato, Sez. III, 29 maggio 2020, n. 3401
Il sistema del confronto a coppie non mira ad una ponderazione atomistica di ogni singola offerta rispetto a standard ideali, ma tende ad una graduazione comparativa delle varie proposte dei concorrenti mediante l'attribuzione di coefficienti numerici nell'ambito di ripetuti "confronti a due", di conseguenza il sindacato giurisdizionale incontra forti limitazioni, non potendo il giudice impingere in valutazioni di merito "ex lege" spettanti all'Amministrazione, salva la ricorrenza di un uso palesemente distorto, logicamente incongruo, macroscopicamente irrazionale del metodo in parola, che è, però, preciso onere dell'interessato allegare e dimostrare, evidenziando non già la mera (e fisiologica) non condivisibilità del giudizio comparativo, bensì la sua radicale ed intrinseca inattendibilità tecnica o la sua palese insostenibilità logica.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9594 del 2019, proposto dalla società Serenissima Ristorazione s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Confalonieri n. 5;
contro
Intercent-Er, Agenzia regionale per lo sviluppo dei mercati telematici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandro Lolli e dall’Avv. Aristide Police, con domicilio digitale come da PEC da registri giustizia e domicilio eletto in Roma via di Villa Sacchetti, 11;
Società Cooperativa Italiana di Ristorazione - CIR FOOD S.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Eugenio Dalli Cardillo, con domicilio digitale come da PEC da registri giustizia;
nei confronti
Rti C.O.T. Società Cooperativa non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda) n. 00790/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Intercent-Er e di Cirfood S.C.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 14 maggio 2020 il Cons. Umberto Maiello e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5. del d.l. n. 18/2020 convertito con L. 24 aprile 2020, n. 27, a seguito di camera di consiglio svoltasi in modalità da remoto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il mezzo qui in rilievo la società Serenissima Ristorazione s.p.a. (di seguito anche Serenissima) chiede la riforma della sentenza n. 790/2019, con cui il TAR per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, Sezione II, ha accolto il ricorso incidentale presentato nel giudizio di prime cure dalla controinteressata Società Cooperativa Italiana di Ristorazione - CIR FOOD S.C. (di seguito anche solo CIR) e, per l’effetto, ha dichiarato inammissibile il ricorso principale proposto dall’odierna appellante avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva n. 18 del 16.1.2019 della gara, quanto al lotto 1, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di ristorazione per le aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Emilia Romagna.
1.1 La vicenda trae origine dalla determinazione del direttore dell’Agenzia IntercentER n. 188 del 22.06.2017, cui seguiva il bando GUCE n. 2017/S 121-245240 del 28.06.2017, recante l’indizione di una gara aperta, suddivisa in 4 lotti, per la stipulazione di altrettante convenzioni, per la durata 12 mesi, eventualmente rinnovabili per altri 12 (con la precisazione che i relativi ordinativi avranno durata sino al 72° mese successivo), e concernente l’affidamento del servizio ristorazione per le Aziende Sanitarie e Ospedaliere della Regione Emilia Romagna da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
1.2 La res controversa, come già sopra anticipato, involge l’aggiudicazione del lotto 1 per il quale hanno partecipato alla selezione cinque imprese, tutte ammesse alla procedura: Dussman Service srl; Fabbro spa; Serenissima Ristorazione spa, Innova spa e il costituendo RTI CIR Food – COT Soc. Coop. All’esito della svolta selezione, con determina dirigenziale n. 18 del 16.01.2019, Intercent-ER aggiudicava, in via definitiva, la gara de quaal RTI CIRFOOD.
1.3 Avverso tale aggiudicazione ed i relativi presupposti atti organizzativi Serenissima proponeva ricorso innanzi al TAR per l’Emilia Romagna chiedendone l’annullamento unitamente ad una declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato ed all’accertamento del proprio diritto al subentro ovvero, in subordine, la tutela risarcitoria. Il suddetto mezzo si fondava su tre censure aventi ad oggetto a) la mancata verifica del rispetto della congruità dei costi della manodopera e degli oneri aziendali in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in violazione dell’art. 95 comma 10 d.lgs 50/2016 e dell’art. 7 del disciplinare di gara; b) la genericità dei parametri che governavano la selezione e la conseguente mancanza di sufficiente motivazione nell’assegnazione di punteggi relativamente a 18 elementi su 20; c) la mancanza nel progetto della controinteressata di elementi indefettibili ai fini della stessa ammissibilità dell’offerta, la sussistenza di palesi incongruità quanto alla valutazione di specifici elementi delle offerte tecniche ed, infine, l’inattendibilità e l’incongruità dell’offerta economica.
1.4. Nel giudizio di prime cure si costituivano in giudizio l’Amministrazione intimata e la controinteressata CIR che spiegava ricorso incidentale, articolato in plurimi motivi e con il quale chiedeva l’esclusione dalla gara dell’impresa ricorrente principale ovvero una significativa decurtazione del punteggio assegnato.
1.5 Il TAR, come sopra anticipato, con la sentenza qui appellata, accoglieva il ricorso incidentale e, per l’effetto, dichiarava inammissibile il ricorso principale.
2. Con il mezzo in epigrafe l’odierna appellante, già ricorrente principale, deduce l’erroneità della sentenza gravata, anzitutto, nella parte in cui ha assegnato rilievo prioritario ed assorbente allo scrutinio del ricorso incidentale dando così seguito ad un orientamento giurisprudenziale datato e ampiamente superato che privilegiava il suddetto ordine di trattazione, oramai non più allineato ai principi mutuabili dalla giurisprudenza comunitaria. Da qui, ed in via preliminare, la richiesta di procedere, in riforma della sentenza appellata, anzitutto con l’esame delle censure compendiate nel ricorso principale, non delibate in prime cure e che vengono qui riproposte. Di poi, con separato motivo deduce l’erroneità del decisumnella parte in cui ha accolto il ricorso incidentale.
2.1. Resistono in giudizio Intercent e CIR. La detta controinteressata insiste per la delibazione delle doglianze veicolate con il ricorso incidentale e già valorizzate nella decisione di primo grado anche in considerazione delle possibili implicazioni da esse rinvenienti quanto alla possibilità dell’odierna appellante di continuare ad operare nel settore di mercato qui in rilievo. Afferma, dunque, a tal riguardo, la sussistenza di un autonomo interesse all’accertamento della falsità rilevata dal giudice di prime cure della dichiarazione del ricorrente principale circa la disponibilità di un centro di cottura in Palermo.
2.2. Le parti nel corso del procedimento hanno, dunque, depositato memorie a sostegno delle proprie tesi, replicando a quelle avverse.
All’udienza del 14.5.2020 l’appello è stato trattenuto in decisione ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 84 comma 5 del d.l. 18/2020 convertito con L. 24 aprile 2020, n. 27.
3. L’appello è fondato quanto al primo motivo di gravame anche se, pur comportando la riforma della decisione di primo grado, non determina un effetto utile per l’appellante attesa la infondatezza del ricorso principale introduttivo del presente giudizio.
3.1 In ragione di ciò il Collegio può dirsi dispensato dalla preventiva disamina delle eccezioni sollevate in rito dalle parti appellate e, tra esse, quella di improcedibilità dell’appello, argomentata in ragione dell’intervenuta adozione della delibera n. 485 del 28.11.2019. D’altro canto, va qui evidenziato che, con il suddetto deliberato, Intercenter – ER si è semplicemente limitata a dare evidenza ad un’attività istruttoria sulla congruità dei costi di manodopera e sul rispetto dei minimi tabellari già svolta, ribadendo, a valle di tale attestazione, la conferma dell’aggiudicazione con un atto qualificabile, non essendo espressione di una rinnovata istruttoria ovvero di una nuova decisione, come meramente confermativo.
4. Tanto premesso, ed in prospettiva metodologica, occorre prendere abbrivio dal primo motivo di gravame con il quale l’appellante contesta, in apicibus, l’ordine seguito dal giudice di prime cure nella trattazione dei ricorsi, principale ed incidentale, proposti in prime cure e la conseguente opzione di esaurire l’ambito cognitivo dell’intero giudizio di primo grado nella sola valorizzazione del ricorso incidentale attesa la sua portata escludente.
4.1. Operando in tal modo, continua l’appellante, il primo giudice non avrebbe tenuto conto della più recente giurisprudenza comunitaria che ha, invece, chiarito come l’art. 1 paragrafo 1 terzo comma e paragrafo 3 della direttiva 89/665 osta alla dichiarazione di irricevibilità del ricorso principale sulla base di norme o prassi giurisprudenziali interne disciplinanti il trattamento di ricorsi reciprocamente escludenti.
4.2. Sul punto, tanto Intercent- ER che CirFood replicano a tali contestazioni ritenendo tuttora predicabile, quale eccezione alla giurisprudenza della Corte di Giustizia richiamata dall’appellante, l’ipotesi di una trattazione privilegiata del ricorso incidentale di portata escludente ove attenga alla fase preliminare di ammissione alla gara mentre il ricorso principale, ancorché contraddistinto da identica potenzialità escludente, afferisca ad una fase successiva siccome riferita alla valutazione delle offerte. Nella suddetta prospettazione la rilevata falsità della dichiarazione resa dal ricorrente principale sulla disponibilità del centro di cottura – circostanza valorizzata nel decisumqui appellato - porterebbe all’esclusione del medesimo ricorrente principale dalla gara con conseguente venir meno della sua legittimazione a proporre contestazioni riferibili alla fase successiva della valutazione delle offerte.
4.3. Com’è noto, la questione qui in rilievo circa l’ordine di trattazione del ricorso incidentale escludente e del ricorso principale ha, a lungo, impegnato i giudici nazionali e la stessa Corte Europea di Giustizia, che si è da ultimo pronunciata con la sentenza del 5 settembre 2019 C- 333/18 del 9 settembre 2019 nella quale ha rilevato che «L'articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest'ultimo, ed inteso ad ottenere l'esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi».
4.4. Ha osservato, infatti, la Corte che, quando a seguito di una procedura ad evidenza pubblica, due offerenti presentano ricorso intesi alla reciproca esclusione, ciascuno di essi ha interesse ad ottenere l'aggiudicazione dell'appalto: da un lato, infatti, l'esclusione di un offerente può far sì che l'altro ottenga l'appalto direttamente nell'ambito della stessa procedura; d'altro lato, in caso di esclusione di tutti i concorrenti ed avvio di una nuova procedura ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e quindi ottenere indirettamente l'appalto.
Pertanto - prosegue la Corte - la regola "secondo cui gli interessi perseguiti nell'ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono considerati in linea di principio equivalenti, si traduce, per i giudici investiti di tali ricorsi, nell'obbligo di non dichiarare irricevibile il ricorso per esclusione principale in applicazione delle norme procedurali nazionali che prevedono l'esame prioritario del ricorso incidentale proposto da un altro offerente" soggiungendo che “il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico di cui trattasi, come pure il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi nonché la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, non sono rilevanti”.
In applicazione di tale postulato hanno, dunque, fondamento i rilievi svolti da Serenissima Ristorazione spa dal momento che il ricorso incidentale spiegato da CIR non poteva avere l’effetto, impropriamente riconosciuto dal TAR, di paralizzare l’esame del ricorso principale, che viceversa restava comunque doveroso pur nel caso di fondatezza del mezzo incidentale.
4.5. Né ha pregio l’eccezione proposta dalle parti appellate che invocano il disposto di cui all’art. 2 bis comma 3 della Dir. 89/665 CEE a mente del quale “Gli offerenti sono considerati interessati se non sono già stati definitivamente esclusi. L'esclusione è definitiva se è stata comunicata agli offerenti interessati e se è stata ritenuta legittima da un organo di ricorso indipendente o se non può più essere oggetto di una procedura di ricorso”.
Vanno, invero, revocate in dubbio la validità dell’opzione esegetica offerta dalla suddette parti della richiamata disposizione e la sua affermata attitudine a mantenere fermo l’ordine prioritario di trattazione del ricorso incidentale sulla premessa che “..nel momento in cui il Giudice decide sull’esclusione, disponendola, il ricorrente finché non contesta tale decisione ulteriormente (il che è una pura eventualità: non è detto che lo faccia) è considerabile come soggetto escluso.
4.6. Anzitutto, è evidente la forzatura che tale tesi sottende in relazione al presupposto relativo alla configurabilità di una “definitiva esclusione”. La stessa Corte di giustizia (sentenza del 5 settembre 2019 C- 333/18 del 9 settembre 2019) ha precisato che “La sentenza del 21 dicembre 2016, Bietergemeinschaft Technische Gebäudebetreuung und Caverion Österreich (C-355/15, EU:C:2016:988), menzionata dal giudice del rinvio, non costituisce un ostacolo ad un'interpretazione siffatta. Infatti, se è pur vero che, ai punti da 13 a 16, 31 e 36 di detta sentenza, la Corte ha statuito che un offerente la cui offerta era stata esclusa dall'amministrazione aggiudicatrice da una procedura di affidamento di appalto pubblico poteva vedersi rifiutare l'accesso a un ricorso contro la decisione di attribuzione dell'appalto pubblico, occorre rilevare che, nella controversia decisa da quella sentenza, la decisione di esclusione di detto offerente era stata confermata da una decisione che aveva acquistato forza di giudicato prima che il giudice investito del ricorso contro la decisione di affidamento dell'appalto si pronunciasse, sicché il suddetto offerente doveva essere considerato come definitivamente escluso dalla procedura di affidamento dell'appalto pubblico in questione (v., in tal senso, sentenza dell'11 maggio 2017, Archus e Gama, C-131/16, EU:C:2017:358, punto 57)”.
Tanto si rivela già di per sé stesso assorbente.
4.7. Senza contare, poi, che, nel caso qui in rilievo, il ricorso principale era fondato anche su motivi che, se accolti, avrebbero potuto determinare la ripetizione dell'intero procedimento, in quanto volti a contestare la validità stessa della procedura di selezione.
4.8. Infine, deve rilevarsi che la suddetta eccezione è infondata anche in punto di fatto dal momento che non è dato ravvisare nessuno sfalsamento cronologico tra le fasi cui le doglianze contrapposte fanno riferimento afferendo entrambe alla fase di scrutinio dell’offerta tecnica che sarebbe viziata, secondo la tesi delle appellate, per deficienze strutturali ovvero anche per la natura mendace delle affermazioni in cui si articola.
In altri termini, ed in disparte il possibile effetto invalidante della intera procedura di gara, anche la presunta falsità della dichiarazione resa dall’odierna appellante (già ricorrente principale) circa la disponibilità di un centro di cottura così come le ulteriori lacune ed incongruenze afferenti ai contenuti descrittivi dell’offerta non attengono alla fase di scrutinio dei requisiti soggettivi economico-finanziari e tecnico-professionali ma all'esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione e, dunque, dal punto di vista temporale, sono speculari a quelle in senso opposto articolate in prime cure dall’odierna appellante e qui riproposte.
4.9. D’altro canto, diversamente opinando, e cioè in presenza di mancanze ascrivibili già ai requisiti di partecipazione, segnatamente a quello relativo alla capacità tecnica (che però, alla stregua del disciplinare, atteneva a soglie di fatturato ovvero al possesso di certificazioni), le doglianze veicolate con il ricorso incidentale sarebbero state tardive siccome non tempestivamente dedotte avverso l’ammissione alla gara della ricorrente principale secondo la tempistica di cui all’articolo 120 comma 2 bis del c.p.a., applicabile ratione temporis.
La stessa controinteressata nella propria memoria depositata il 17.12.2019, replicando (cfr. pag. 12 secondo cpv) all’eccezione di tardività sollevata dall’appellante principale, ha evidenziato che “..nel caso de quo, la dichiarazione mendace si è consumata nell’offerta progettuale, e non nella documentazione di ammissione alla gara, con la conseguenza che l’eccezione di parte appellante è del tutto inconferente”.
In definitiva, sulla scorta di quanto fin qui esposto, dunque, il primo motivo di appello deve ritenersi fondato, con l’effetto che il giudice di prime cure avrebbe dovuto sottoporre a scrutinio il ricorso principale.
5. Con il secondo motivo di appello, dunque, l’appellante ripropone l’esame delle questioni dedotte innanzi al primo giudice con ricorso principale e non esaminate dal TAR. I motivi sono così sintetizzabili:
a) violazione dell’art. 95 del D.lgs 50/2016 e dell’art. 7 del disciplinare di gara per non aver l’amministrazione provveduto alla verifica dell’effettivo rispetto, quanto ai costi del personale, dei minimi salariali retributivi;
b) illegittimità della lex specialis per mancata specificazione dei criteri di valutazione e conseguente insufficienza del corredo motivazionale degli atti valutativi non potendosi ricostruire l’iter logico che ha condotto l’amministrazione all’assegnazione dei punteggi posto che dei 20 elementi di valutazione ben 18 prevedono l’attribuzione del punteggio sulla base di una valutazione discrezionale da parte della commissione aggiudicatrice.
c) mancata rilevazione delle lacune ravvisabili nell’offerta dell’aggiudicataria quanto ad esempio alla figura del Responsabile del servizio di cui all’art. 38 del Capitolato Tecnico, al Capo cuoco, ai livelli economici dei possibili sostituti; ai suddetti rilievi si aggiunge, poi, la denunciata incongruenza dei giudizi valutativi del seggio di gara.
6. Orbene, procedendo nello scrutinio delle suindicate doglianze secondo l’ordine tracciato dallo stesso appellante mette conto evidenziare, quanto al primo dei motivi, che, a giudizio dell’appellante, la stazione appaltante non avrebbe adempiuto all’obbligo di verifica del rispetto dei minimi salariali relativamente al costo del personale prescritto dall’art. 95 comma 10 del D.lgs 50/2016.
Vale soggiungere che il Collegio intende pronunciarsi nel merito della questione suindicata nonostante l’intervenuta adozione della già menzionata delibera di INtercent n. 485 del 28.11.2019. Tanto anche in ragione del fatto che, pur facendo l’appellante cenno nella memoria di replica del 2.5.2020 alla possibile cessazione, in parte qua, della materia del contendere, la suddetta parte ha comunque affermato che il deliberato in argomento costituisce anche riconoscimento di fondatezza dell’originaria censura, evenienza questa, viceversa, contestata nel costrutto giuridico delle parti appellate. Oltretutto, l’appellante, nella suindicata memoria, ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni (nessuna esclusa) già formulate di guisa che non è certo il venir meno del suo interesse alla coltivazione della originaria pretesa.
6.1. La difesa di Intercent-er eccepisce a tal riguardo che l’aggiudicazione comprendeva come atto implicito anche il positivo svolgimento di tale verifica, le cui risultanze sono, peraltro, rimaste incontestate dal punto di vista sostanziale, risolvendosi la doglianza qui in rilievo in un inadempimento meramente formale.
Le medesime conclusioni sono state rassegnate anche da CIR FOOD, che in aggiunta rappresenta come, in base dal disposto dell’art. 7 del disciplinare di gara, l’allegazione delle corrispondenti tabelle ministeriali ha consentito alla Commissione di garadi verificare in via immediata e diretta la corrispondenza del costo della manodopera dichiarato da CIRFOOD a quello indicato nelle tabelle ministeriali allegate, non rendendosi dunque necessario nessun ulteriore procedimento di verifica.
6.2 Orbene, ritiene il Collegio che il motivo di gravame non abbia pregio.
Le norme che vengono qui in rilievo, ovvero l’art. 7 del disciplinare di gara e gli articoli 95 e 97 comma 5 lett. d) del D.lgs 50/2016, consegnano all’interprete una cornice normativa sufficientemente chiara e tale da far cadere nell’alveo dell’agire legittimo la condotta tenuta dal seggio di gara. Com’è noto, l’art. 95 comma 10 del Dlgs 50/2016 stabilisce che “Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell'aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all'articolo 97, comma 5, lettera d)”.
Da parte sua, l’art. 97 comma 5 lettera d) impone l’esclusione dell’offerta anormalmente bassa in quanto: “[…] d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 23, comma 16”.
Muovendo dalla suddetta cornice di riferimento, l’art. 7 del disciplinare di gara prescriveva che “All’offerta economica deve essere allegato un documento che illustri le modalità con le quali è stato calcolato il costo della manodopera. In relazione ai “costi medi orari del lavoro per il personale dipendente”, il concorrente deve confermare che intende applicare al proprio personale il costo medio orario di cui alle tabelle come determinate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che deve allegare. In caso di costi medi orari inferiori alle stesse tabelle, debbono essere fornite opportune giustificazioni a corredo della scelta adottata”.
6.3. Orbene, all’interno della descritta cornice normativa di riferimento appare evidente come non trovino qui conferma i denunciati vizi di illegittimità: sulla base della documentazione richiesta dallalex specialis, e regolarmente allegata da CIRFOOD, deve ritenersi che la stazione appaltante, nel procedere all’aggiudicazione, abbia complessivamente valutato la regolarità dell’offerta economica aggiudicata anche rispetto ai costi manodopera, ritenendola in linea con i suddetti vincolanti parametri, non occorrendo, invero, dare specifica ed autonoma evidenza all’esito positivo di tale verifica, vieppiù resa di immediata percezione per effetto dell’allegazione delle tabelle ministeriali utili per il simultaneo raffronto.
La mancanza di un esplicito e specifico cenno a tale mirata indagine non consente, infatti, di inferire, con la pretesa automaticità ed in considerazione di quanto appena evidenziato, che sia stata omessa, da parte del seggio di gara, la verifica in argomento.
D’altro canto nemmeno può essere sottaciuto come la stazione appaltante abbia compiutamente dimostrato che non vi è stato scostamento rispetto ai costi mutuabili dalla tabella ministeriale di riferimento, circostanza giammai contestata dall’appellante anche nel corso del presente grado di giudizio e vieppiù certificata dalla sopra citata delibera n. 485 del 28.11.2019 con la quale Intercenter – ER ha ritenuto, ancorchè ex post, di dare formale ed esplicita evidenza all’attività istruttoria precedentemente svolta sulla congruità dei costi di manodopera, ribadendo, a valle di tale attestazione, la conferma dell’aggiudicazione.
7. Con distinto motivo l’appellante contesta l’illegittimità della lex specialische, a suo dire, non avrebbe adeguatamente specificato i criteri di valutazione con riferimento a 18 dei 20 elementi previsti, opponendo come illegittimità consequenziale l’assoluta carenza di motivazione delle valutazioni svolte non essendo possibile risalire al percorso logico seguito dall’Amministrazione nell’applicazione del metodo c.d. del confronto a coppie. In secondo luogo Serenissima Ristorazione adduce come indice di una chiara anomalia del procedimento valutativo svolto l’identità dei punteggi resi dai cinque commissari.
7.1. Le difese di Intercent-er e di CIRFOOD oppongono, viceversa, l’analiticità e la specificità dei parametri di valutazione nonché la linearità e l’intrinseca coerenza logica e compiutezza motivazionale dell’operato della commissione.
7.2. Il costrutto giuridico dell’appellante non può essere condiviso dal Collegio.
7.3. Com’è noto, il sistema del confronto a coppie, utilizzato nel caso di specie dai commissari nella preliminare valutazione tecnico-qualitativa dell’offerta ed ottenuta dalla somma dei coefficienti di valore attribuiti da ciascuno di essi, è metodo di selezione, volto ad individuare l'offerta migliore in termini strettamente relativi, che si basa sull'attribuzione di punteggi espressione delle preferenze soggettive dei commissari: un punteggio alto testimonia l'elevato gradimento del seggio di gara per le soluzioni proposte da un candidato rispetto a quelle formulate dagli altri, laddove una valutazione bassa è, specularmente, conseguenza della scarsa attrattività tecnico-qualitativa della proposta del concorrente non in sé e per sé, ma rispetto a quelle degli altri partecipanti; è pertanto chiara l'ampia discrezionalità sottesa a tali manifestazioni di giudizio dei commissari, che non scrutinano il possesso dei requisiti minimi di partecipazione (presupposto per l'ammissione al confronto) ma, al contrario, esprimono una valutazione, necessariamente soggettiva e opinabile, circa le diverse soluzioni tecniche offerte; in altre parole la metodologia in questione non mira ad una ponderazione atomistica di ogni singola offerta rispetto a standard ideali, ma tende ad una graduazione comparativa delle varie proposte dei concorrenti mediante l'attribuzione di coefficienti numerici nell'ambito di ripetuti "confronti a due", di conseguenza il sindacato giurisdizionale incontra forti limitazioni, non potendo il giudice impingere in valutazioni di merito "ex lege" spettanti all'Amministrazione, salva la ricorrenza di un uso palesemente distorto, logicamente incongruo, macroscopicamente irrazionale del metodo in parola, che è, però, preciso onere dell'interessato allegare e dimostrare, evidenziando non già la mera (e fisiologica) non condivisibilità del giudizio comparativo, bensì la sua radicale ed intrinseca inattendibilità tecnica o la sua palese insostenibilità logica (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 febbraio 2017, n. 476).
E’, poi, ius receptum in giurisprudenza il principio secondo cui se i criteri di valutazione sono adeguatamente dettagliati, il giudice amministrativo non può entrare nel merito dei singoli apprezzamenti effettuati dai commissari ( ex multis Consiglio di Stato, Sez III del 25/06/2019 n. 4364; Consiglio di Stato, III, 1° giugno 2018, n. 3301; Consiglio di Stato sez. V, 27/12/2018, n.7250).
Il sindacato del giudice, infatti, si arresta dinanzi alla rilevata correttezza dell’applicazione del metodo del confronto a coppie considerato che la motivazione delle valutazioni sugli elementi qualitativi risiede nelle stesse preferenze attribuite ai singoli elementi di valutazione considerati nei raffronti con gli stessi elementi delle altre offerte (sez. VI, 19/06/2017, n. 2969).
7.4. Ebbene, nel caso di specie è da ritenersi, ad una piana lettura dell’art. 10.1. del disciplinare, che la lex specialisabbia adeguatamente circostanziato gli elementi di valutazione da tenere in considerazione nello sviluppo del confronto a coppie, ancorandoli a specifici profili dell’offerta che risultano unitariamente valorizzati in funzione di descrittori che si pongono in rapporto di reciproca complementarità senza pertanto che si riveli necessaria, attesa l’univocità del relativo parametro di riferimento, l’ulteriore scomposizione in sottocriteri plurimi. Inoltre, i suddetti criteri risultano illustrati con un adeguato grado di precisione e dettaglio. Parimenti, risultano esplicitati nel disciplinare i significati sottesi ai criteri valutativi (esaustività, concretezza e contestualizzazione della proposta), di guisa che nessuna illegittimità può in tal senso rinvenirsi.
D’altro canto, nell’atto di appello non si evince una critica specifica che consenta con immediatezza di cogliere, rispetto ad uno o più criteri, i profili di pretesa insufficienza o incongruenza denunciati sì da apprezzarne, a cagione della loro univoca concludenza, l’affermata portata viziante.
7.5. Inoltre, la circostanza fattuale, addotta dall’appellante, secondo la quale i componenti della Commissione avrebbero espresso sempre un giudizio omogeneo prova troppo (cfr. CdS, III Sezione 7595 del 6.11.2019; Consiglio Stato, V, 24 marzo 2014, n. 1428, Consiglio Stato, V, 17 dicembre 2015, n. 517) non essendo nemmeno sufficientemente chiaro il punto di caduta di tale rilievo censoreo ben potendo spiegarsi la detta circostanza come una fisiologica evoluzione del confronto dialettico svoltosi in seno a tale organo, vieppiù in considerazione della peculiarità del giudizio qui in rilievo contraddistinto da una ontologica dimensione relativa siccome qualificata dall’espressione di preferenze espresse all’interno del contesto comparativo che qualifica il metodo del confronto a coppie.
8. Con un ultimo gruppo di doglianze l’odierno appellante censurava la valutazione dell’offerta tecnica di CIR FOOD da parte della commissione di gara sotto diversi profili che verranno di seguito passati in rassegna:
8.1. Secondo l’appellante, quanto al criterio 1, inerente alla <<Organizzazione del processo di produzione e di confezionamento dei pasti>>, sarebbero errati i punteggi assegnati con riferimento al personale impiegato a cagione:
a) della mancata indicazione della figura del responsabile del servizio in violazione alla previsione dell’art. 38 del capitolato speciale;
b) della mancata previsione di sostituzioni per le figure offerte dal RTI CIR FOOD come responsabili della commessa;
8.2. Il motivo sotto questi primi due profili non può dirsi fondato.
L’aggiudicataria ha, invero, descritto nella propria offerta tecnica la figura del responsabile del servizio prevedendo altresì la presenza di diverse figure con mansioni di responsabilità sostanzialmente equipollente. La mancata indicazione in via autonoma della figura del Responsabile del servizio nella tabella allegata al capitolo 1 dell’offerta tecnica non può, dunque, condurre all’esclusione dell’aggiudicataria avendo, infatti, essa indicato nella propria offerta più figure idonee ad assumere la funzione qui in rilievo, ancorché utilizzando denominazioni diverse, rispondendo così alle richieste minime della lex specialis .
Le medesime considerazioni valgono anche per il secondo profilo di doglianza, dovendosi aderire anche in questo alle argomentazioni difensive svolte dalle parti appellate circa la previsione di un adeguato numero di possibili sostituti in grado di assolvere alla funzione suddetta.
8.3. Sempre in relazione al criterio 1), relativamente all’ulteriore profilo in contestazione, consistente nella mancata indicazione in taluni ospedali della figura del capo cuoco ovvero, in altri, nel suo errato inquadramento contrattuale, nemmeno si rivelano condivisibili le osservazioni censoree svolte dall’appellante. Il costrutto giuridico su cui riposa il motivo di gravame è, invero, incentrato sulle definizioni giuridico – formali di Capo cuoco mutuate dal corrispondente CCNL in base alle quali alla figura del Capo cuoco corrisponde il II° livello, che viceversa non verrebbe mai riconosciuto nell’offerta dell’aggiudicataria.
Ed, invero, a tal riguardo, appaiono perspicue le argomentazioni giustificative sul punto svolte nelle difese delle parti appellate che evidenziano come l’accezione in questione di Capo cuoco sia stata utilizzata nell’offerta dell’aggiudicataria in senso atecnico rispondendo cioè alle specifiche esigenze di fabbisogno della commessa e, dunque, intendendo per capo cuoco il responsabile della cucina ovvero il preposto alla cucina.
Non coglie, dunque, nel segno il motivo di censura che impinge nel mancato riconoscimento del II livello di inquadramento previsto dal CCNL per “i lavoratori che svolgono mansioni che comportano sia iniziativa che autonomia operativa nell'ambito ed in applicazione delle direttive generali ricevute, con funzioni di coordinamento e controllo o ispettive di impianti, reparti e uffici, per le quali è richiesta una particolare competenza professionale”.
Sul punto, in mancanza di elementi di segno contrario, l’impiego di figure professionali inquadrate nel III livello ben può giustificarsi in ragione della peculiarità dell’appalto qui in rilievo rispetto al quale, stante la necessità di prestare rigoroso ossequio alle prescrizioni capitolari, non è di certo richiesta autonoma iniziativa essendo bastevole l’attitudine a svolgere le proprie mansioni di coordinamento e controllo con autonomia operativa. Nella particolare cornice dell’appalto in oggetto non sembra, dunque, illogico ritenere come appropriato l’utilizzo di personale inquadrato al III livello cui appartengono «…. i lavoratori che svolgono mansioni di concetto o prevalentemente tali che comportano particolari conoscenze tecniche ed adeguata esperienza; i lavoratori specializzati provetti che, in condizioni di autonomia operativa nell'ambito delle proprie mansioni, svolgono lavori che comportano una specifica ed adeguata capacità professionale acquisiti mediante approfondita preparazione teorica e/o tecnico pratica; i lavoratori che, in possesso delle caratteristiche professionali di cui ai punti precedenti, hanno anche delle responsabilità di coordinamento tecnico - funzionale di altri lavoratori». E ciò, peraltro, in coerenza con l’assetto organizzativo che ha connotato la gestione uscente del servizio valorizzato dalla lex specialisin virtù della cd. clausola sociale. Non si ravvisano, dunque, le denunciate incongruenze nella valutazione del seggio di gara avendo questa correttamente rilevato la congruenza tecnica dell’offerta aggiudicata con gli specifici servizi oggetto di gara anche in relazione alle diverse strutture in rilievo, talune del tutto prive del servizio cucina.
8.4. Nel ventaglio delle censure articolate con riferimento al criterio 1) Serenissima Ristorazione deduce, altresì, che il RTI CIR Food avrebbe errato nell’indicare il livello di inquadramento contrattuale dei soggetti deputati a sostituire il personale offerto. Tanto nella prospettazione dell’appellante ricorrerebbe in almeno quattro casi e riguarderebbe la figura del responsabile di gestione (sostituito con un IV livello) nonché con riferimento alle figure di capo cuoco III livello che verrebbe gestito con un livello 6° super. L’errore commesso nelle sostituzioni comporterebbe l’inattendibilità tecnica e finanziaria dell’offerta economica e avrebbe dovuto comportare l’esclusione dell’offerta dalla procedura di gara o quanto meno una verifica in sede di anomalia.
Anche tale censura non può essere qui valorizzata nei termini auspicati dall’appellante.
A tal riguardo, deve preliminarmente rilevarsi che la controinteressata imputa le denunciate incongruenze ad una mera anomalia di carattere informatico dovuta al “trascinamento” delle formule nel tabulato excell, soggiungendo che, comunque, da tale rappresentazione emergerebbe un sovra carico prudenziale del costo del lavoro stimabile nella misura di € 73.027,29 con la conseguenza che il presunto vizio nell’offerta presentata andrebbe derubricato come di ordine meramente formale.
Le suddette argomentazioni, a giudizio del Collegio, riflettono una sufficiente capacità di resistenza alle deduzioni attoree anche in ragione del fatto che, non essendo stata misurata nella censura in esame la possibile incidenza del suddetto errore sull’impianto complessivo dell’offerta, non risulta qui dimostrata l’effettiva rilevanza delle eccepite anomalie sia rispetto alla predicabilità dell’offerta tecnica per come congegnata in relazione cioè alle risorse di personale, per numero e qualifica, messe a disposizione a fronte del fabbisogno richiesto sia sotto il profilo della complessiva sostenibilità economica, qui non adeguatamente messa in discussione, dovendo tenersi conto del fatto che l'amministrazione avrebbe avuto, comunque, l’obbligo di valutare la complessiva attendibilità dell'offerta consentendo eventuali compensazioni tra sovrastime e sottostime, anche qualora le stesse riguardino il costo della manodopera (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 16/01/2020, n.389; Consiglio di Stato con sentenza 17 marzo 2020 n. 1918; Consiglio di Stato sez. V, 21/10/2019 n.7135). Né parimenti risultano quotate le possibili implicazioni sul piano del punteggio assegnato e ciò vieppiù in considerazione della lampante mancanza di una pari analiticità e dettaglio nell’offerta dell’appellante quanto ai medesimi profili qui in rilievo.
8.5. Rispetto al criterio n.2 Serenissima Ristorazione lamenta, poi, la mancata indicazione, da parte del RTI CIR Food, della tipologia e del numero di automezzi impiegati.
Sul punto, è agevole opporre, anzitutto, che il criterio in argomento non valorizzava il profilo suddetto riferendosi piuttosto alla “Organizzazione del servizio di trasporto e/o movimentazione interna dei pasti, articolato a livello di singola Azienda Sanitaria/Presidio, finalizzato alla riduzione dei tempi e al mantenimento delle caratteristiche organolettiche dei cibi da somministrare”.
Nella suddetta prospettiva è, poi, sufficiente rinviare ai contenuti descrittivi dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria nella voce giustappunto corrispondente alla “Organizzazione del servizio di trasporto e/o movimentazione interna dei pasti” per confermare la coerenza dei dati informativi ivi contenuti rispetto al parametro qui in rilievo, ivi inclusa la descrizione delle caratteristiche tecniche dei mezzi che verranno utilizzati: Gli automezzi per le consegne Ospedali sono tutti mezzi a metano, a sponda idraulica, Euro 6. … Gli automezzi per le consegne Microstrutture e Poliambulatori sono tutti mezzi Fiat Doblò a metano Euro 6. Le casse utilizzate sono Florida e Thermoport (caldo) e Polibox con piastre eutettiche (freddo) (caratteristiche tecniche in Allegato schede tecniche). Trasporto IOR Bagheria pranzi e cene – ASPORTO da centro pasti sito in Via Flavier 7 (PA) Il mezzo per la consegna è un automezzo Euro 6 con sponda idraulica. I tempi di trasporto sono di circa 28’. I carrelli utilizzati saranno carrelli attivi Burlodge.>>
8.6. Infine, l’appellante lamenta che la Commissione ha in modo del tutto irragionevole valutato con migliore punteggio l’offerta del RTI aggiudicatario rispetto al criterio n. 6 afferente agli “Strumenti di sviluppo e valorizzazione delle competenze delle figure impiegate: attività di formazione/aggiornamento professionale (ore-periodicità-contenuti) delle diverse categorie di personale impiegato, specie con riferimento al personale neo assunto: esaustività, concretezza e contestualizzazione della proposta per garantire le attività previste dal Capitolato Tecnico”. La suddetta valutazione non avrebbe una spiegazione logica tenuto conto del maggior numero di ore di formazione offerte dall’appellante rispetto all’aggiudicataria.
Anche tale censura non ha pregio siccome riduttivamente incentrata solo sul dato quantitativo e, dunque, come tale, strutturalmente inidonea a sovvertire la congruenza del giudizio svolto dalla commissione esaminatrice contraddistinto, com’è noto, da ampia discrezionalità.
Lo stesso ampio ventaglio di ulteriori aspetti suscettivi di plausibile valutazione premiante evidenziati delle difese delle parti appellate in relazione ai contenuti dell’offerta aggiudicata – e riferibili alla tipologia di corsi, al team di formatori, ai metodi adottati ed al sistema di valutazione dell’efficacia dell’attività formativa, alla disponibilità di una struttura residenziale (<<accademia>>) che si occupa di formazione (che Serenissima non ha) con collaborazioni universitarie pervasive, progetto scuola lavoro, monitoraggio, e learning – dimostra di per sé, con immediatezza, come alla censura in commento non possa essere assegnata concludenza dimostrativa.
9. Orbene, a conclusione dello scrutinio delle doglianze compendiate nel ricorso principale, non delibato dal giudice di prime cure, e qui riproposte con l’appello in epigrafe ne va, dunque, rilevata l’infondatezza con conseguente reiezione della pretesa azionata in giudizio e volta a conseguire l’annullamento degli atti di gara.
9.1. In ragione di ciò va, dunque, dichiarato improcedibile il ricorso incidentale proposto in prime cure da CIR, attesa la ontologica dimensione condizionata di siffatto mezzo che si pone quale strumento geneticamente subordinato rispetto alla proposizione del ricorso principale siccome volto a paralizzare l'azione "ex adverso" proposta, per l'ipotesi della sua ritenuta fondatezza in sede di gravame, secondo la logica della c.d. impugnazione condizionata.
Una volta, dunque, sterilizzata la pretesa invalidante azionata in giudizio con il ricorso principale inevitabilmente si esaurisce la funzione difensiva sottesa al mezzo incidentale condizionato con conseguente irreversibile elisione dell’interesse su cui riposa.
Né è possibile derogare al suddetto approdo in ragione della esplicita richiesta avanzata dall’appellata CIR ad una pronuncia sulla fondatezza del mezzo incidentale dalla stessa spiegato in prime cure onde poter avvantaggiarsi - quale competitor attiva nello stesso settore di mercato qui in rilievo - degli effetti interdittivi rinvenienti dalle misure espulsive che si riconnettono alle gravi irregolarità denunciate.
E’, invero, di tutta evidenza come tale esigenza non possa trovare qui riconoscimento in quanto trascende il perimetro funzionale che vale a regimentare i confini del presente giudizio che verrebbe ad essere snaturato e piegato al conseguimento, attraverso un mezzo a ciò oltretutto inadatto, di finalità ad esso esterne siccome diverse ed ulteriori rispetto a quella tipica volta al conseguimento del bene della vita consistente, per l’appellata, nel mantenimento della aggiudicazione e, dunque, da ritenersi già pienamente soddisfatta per effetto della reiezione del ricorso principale.
Quanto al governo delle spese processuali il Collegio ritiene che le spese del doppio grado cui resta tenuto l’odierno appellante vadano contenute nella misura complessiva di € 14.000, da suddividere in quote uguali in favore di ciascuna parte intimata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così provvede:
a) in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado;
b) dichiara improcedibile il ricorso incidentale.
c) condanna l’appellante al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate complessivamente in € 14.000,00, di cui 6.000,00 € per il primo grado e 8.000,00 € per il secondo grado in favore, e per quota uguale, di ciascuna delle parti intimate costituite.
Ordina che la seguente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
La sentenza in commento si segnala nel panorama giurisprudenziale in materia di contrattualistica pubblica in quanto contribuisce a risolvere alcuni delicati profili interpretativi in merito al c.d. sistema del confronto a coppie. Trattasi di una tematica particolarmente dibattuta in seno alla giurisprudenza amministrativa, che ha tentato – a più riprese – di chiarirne l’esatta portata applicativa.
In via generale, l’art. 95 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 disciplina il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita.
Le Linee Guida n. 2 predisposte dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, nell’intento di offrire alle stazioni appaltanti le indicazioni operative per il calcolo di tale criterio, descrivono il confronto a coppie come un sistema che opera “sulla base delle preferenze accordate da ciascun commissario a ciascun progetto in confronto con tutti gli altri, secondo i parametri contenuti nei documenti di gara.” In particolare, “ciascun commissario confronta l’offerta di ciascun concorrente indicando quale offerta preferisce e il grado di preferenza, variabile tra 1 e 6 (1 - nessuna preferenza; 2 - preferenza minima; 3 - preferenza piccola; 4 – preferenza media; 5 – preferenza grande; 6 - preferenza massima), eventualmente utilizzando anche valori intermedi.”
Giova rammentare che le predette Linee Guida hanno ricostruito il sistema del confronto a coppie in termini sostanzialmente conformi al previgente modello di cui all’Allegato G) del D.P.R.5 ottobre 2010, n. 207, ora abrogato per effetto dell’art. 217, comma 1, lett. u), del Codicedei Contratti Pubblici.
Dunque, alla stregua di tali indicazioni, il sistema del confronto a coppie, volto ad individuare l’offerta migliore in termini strettamente relativi (cfr. in questi termini, Cons. Stato, Sez. V, 15 dicembre 2016, n. 5278), si basa sull’attribuzione di punteggi che rappresentano l’espressione delle preferenze soggettive dei commissari: un punteggio alto testimonia l’elevato gradimento del seggio di gara per le soluzioni proposte da un candidato rispetto a quelle formulate dagli altri, laddove una valutazione bassa è, specularmente, conseguenza della scarsa attrattività tecnico-qualitativa della proposta del concorrente non in sé e per sé, ma rispetto a quelle degli altri partecipanti.
La giurisprudenza ha sottolineato l’ampia discrezionalità sottesa alle valutazioni dei commissari, i quali “non scrutinano il possesso dei requisiti minimi di partecipazione (presupposto per l’ammissione al confronto), ma, al contrario, esprimono una valutazione, necessariamente soggettiva e opinabile, circa le diverse soluzioni tecniche offerte: la metodologia in questione, in altre parole, non mira ad una ponderazione atomistica di ogni singola offerta rispetto a standard ideali, bensì tende ad una graduazione comparativa delle varie proposte dei concorrenti mediante l’attribuzione di coefficienti numerici nell’ambito di ripetuti “confronti a due”” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 febbraio 2017, n. 476).
Nella vicenda in esame, il contenzioso involge una procedura per l’affidamento del servizio di ristorazione da aggiudicarsi secondo il menzionato criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In particolare, per quanto d’interesse, l’appellante ha chiesto la riforma della sentenza emessa dal T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, contestando, da un lato, l’illegittimità della lex specialisnella parte in cui non avrebbe adeguatamente specificato i criteri di valutazione e, dall’altro, censurando l’assoluta carenza di motivazione delle valutazioni svolte dai componenti della commissione giudicatrice.
Ebbene, con riferimento ai motivi di doglianza dedotti nel ricorso originario e riprodotti nel giudizio d’appello, un orientamento della giustizia amministrativa consolidatosi nel passato affermava che “una volta accertata la corretta applicazione del metodo del confronto a coppie non resterebbe alcuno spazio per il sindacato dei singoli apprezzamenti effettuati e, segnatamente, dei punteggi attribuiti nel confronto, con la conseguenza che la motivazione delle valutazioni sugli elementi qualitativi finirebbe per risiedere nelle stesse preferenze attribuite ai singoli elementi di valutazione considerati nei raffronti con gli stessi elementi delle altre offerte” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2016, n. 4415; Sez. III, 24 aprile 2015, n. 2050).
Successivamente, tale indirizzo interpretativo è stato affinato nel senso che “la motivazione può ritenersi insita nei punteggi attribuiti all’esito del confronto a coppie, purché il bando contenga a monte criteri di valutazione sufficientemente dettagliati che consentano di risalire con immediatezza dalla ponderazione numerica alla valutazione ad essa sottesa. A fronte di parametri valutativi che si articolano in sottocriteri plurimi, la mancata valorizzazione di questi ultimi, ovvero la mancata attribuzione di uno specifico peso ponderale ai fini della formulazione del punteggio finale, rende di fatto impossibile comprendere, dalla sola lettura delle griglie valutative elaborate dalla Commissione, sotto quale specifico profilo tecnico una offerta sia stata ritenuta preferibile alle altre(Cons. Stato, Sez. III, 25 giugno 2019, n. 4364; 1 giugno 2018, n. 3301; Sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7250).
In sostanza, i giudici di Palazzo Spada, pur riconoscendo la praticabilità del metodo del confronto a coppie mediante l’attribuzione di punteggi numerici, hanno evidenziato che ciò è possibile nei soli casi in cui la chiara e precisa predeterminazione dei criteri di valutazione delle offerte è tale da consentire ai concorrenti di comprendere le ragioni dei giudizi espressi dai commissari.
Infatti, la mera attribuzione del punteggio numerico e l’utilizzo di criteri valutativi eccessivamente generici renderebbero difficilmente verificabile l’iterlogico seguito dalla commissione giudicatrice nell’espressione delle preferenze, frustando, di conseguenza, i principi del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa exart. 97 Cost. sottesi ad ogni confronto concorrenziale.
Il Consiglio di Stato, condividendo la soluzione esposta nelle più recenti pronunce, ha ribadito che è precluso al giudice amministrativo di entrare nel merito dei singoli apprezzamenti effettuati dai commissari.
Segnatamente, il giudice di secondo grado ha ritenuto infondati i motivi dedotti con il mezzo d’impugnazione rilevando che, nella fattispecie controversa, la lex specialisavesse adeguatamente illustrato e circostanziato gli elementi di valutazione da tenere in considerazione nello sviluppo del confronto a coppie.
Sotto altro profilo, deve inoltre rilevarsi che la società appellante, a sostegno delle proprie argomentazioni, ha addotto la circostanza fattuale secondo la quale i componenti della commissione giudicatrice avrebbero espresso un giudizio omogeneo. Anche questa censura non è nuova nella giurisprudenza amministrativa.
In un’analoga vicenda, infatti, il Consiglio di Stato ha chiarito che “L’insussistenza di differenziazioni tra i punteggi attribuito dai vari Commissari non costituisce infatti sicuro sintomo di condizionamento potendo anche astrattamente essere giustificata con concordanza di valutazioni effettuate nell’ambito di un collegio perfetto, come stabilito dall’art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006, che peraltro non prevede la segretezza delle valutazioni espresse dai singoli Commissari nell’ambito di detto collegio” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 2014, n. 1428).
Più di recente, anche la Sezione Terza ha ribadito che “Una censura così formulata, se può ritenersi sufficiente ove sia spesa per corroborare un presunto vizio di competenza della commissione, non può certamente ritenersi idonea, alla luce del basilare principio dell’interesse ad agire, a giustificare l’attivazione del sindacato del giudice sull’esito delle valutazioni effettuate” (Cons. Stato, Sez. III, 6 novembre 2019, n. 7595).
Il giudice d’appello, dunque, traslando queste coordinate ermeneutiche al caso di specie, ha negato la rilevanza della predetta circostanza, interpretandola come “una fisiologica evoluzione del confronto dialettico” svoltosi nell’ambito dell’organo collegiale.
A fronte di tali rilievi, il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso in appello proposto dalla società condannandola al pagamento delle spese processuali.