Consiglio di Stato, sez. V, 4 giugno 2020, n. 3528

L’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., inserito dall’art. 204, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016, a decorrere dal 19 aprile 2016, ha stabilito che:

- “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici”;

- “l’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”; 

- è altresì “inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività”.

Il comma 2-bis è stato abrogato dall’art. 1, comma 22, lettera a), del decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55; l’abrogazione, ai sensi dell’art. 1, comma 23, del decreto legge n. 32 del 2019, si applica “ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

In proposito, il Giudice Amministrativo ricorda che si sono sviluppate due tesi in merito all’abrogazione del rito super-accelerato: l’una, più aderente al profilo letterale, secondo cui l’avvio del processo in data successiva al 18 giugno 2019 consentirebbe sempre ed in ogni caso di censurare in via derivata l’aggiudicazione per vizi relativi alla fase di ammissione (c.d. fase di prequalifica); l’altra, più attenta al principio di certezza dei rapporti giuridici ed al principio del tempus regit actum, che reputa non più ammissibile proporre censure relative all’ammissione dell’impresa alla gara, ove il termine per l’impugnativa dell’atto di ammissione sia decorso in data antecedente all’abrogazione della norma di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1690 del 2020, proposto dall’Impresa Del Prete S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Lilli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

la Diodoro Ecologia s.r.l. (mandataria) e la Servizi Industriali s.r.l. (mandante), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Marco Orlando, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fiammetta Fusco, con domicilio eletto presso la medesima nella sede dell’Avvocatura dell’Ente in Roma, via Marcantonio Colonna, n. 27;

quanto all’appello principale, per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, 24 gennaio 2020, n. 27,

quanto all’appello incidentale, per la riforma in parte qua, della medesima sentenza.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Diodoro Ecologia s.r.l. e della Servizi Industriali s.r.l., nonché della Regione Lazio;

Visto l’appello incidentale della Diodoro Ecologia s.r.l. e della Servizi Industriali s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 14 maggio 2020, svoltasi in videoconferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito nella legge n. 27 del 2020, il Cons. Roberto Caponigro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La Regione Lazio, quale centrale di committenza, con determinazione dirigenziale del 22 febbraio 2017, ha indetto una procedura aperta per l’affidamento dei servizi di raccolta e trasporto al trattamento dei rifiuti urbani e di igiene urbana del Comune di Sabaudia, per la durata di 60 mesi, oltre ulteriori sei mesi di proroga.

Alla gara, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, hanno partecipato 12 concorrenti.

La stazione appaltante, con determina del 9 maggio 2019, ha aggiudicato la gara alla Del Prete s.r.l., prima in graduatoria con il punteggio complessivo di 91,08, mentre secondo classificato è risultato il RTI Diodoro Ecologia s.r.l./Servizi Industriali s.r.l. (di seguito anche RTI Diodoro o RTI), con il punteggio complessivo di 90,32.

Il RTI secondo classificato ha contestato dinanzi al Tar l’esito della gara con il ricorso introduttivo e con motivi aggiunti e, nell’ambito di tale giudizio, l’aggiudicataria ha proposto ricorso incidentale escludente.

2. Il T.a.r. per il Lazio, Sezione staccata di Latina, con la sentenza n. 27 del 2020, ha accolto il primo ed il secondo dei motivi aggiunti proposti dalla Diodoro Ecologia s.r.l. e dalla Servizi Industriali s.r.l. e, per l’effetto, ha annullato gli atti impugnati, mentre ha dichiarato irricevibile il ricorso incidentale proposto dalla Del Prete s.r.l.

3. Di talché, la Del Prete s.r.l. ha interposto il presente appello, articolato nei seguenti motivi di impugnativa:

Illegittimità della sentenza per error in procedendo: violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 120, comma 5, c.p.a.; violazione dei principi enucleati dalla giurisprudenza comunitaria (C. Giust. U.E., Sez. III, 28 gennaio 2010, C – 406/08); violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.; omessa pronuncia su fatti decisivi per la controversia; carenza della motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. a), c) e f-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i.; eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione; sviamento di potere; perplessità.

La sentenza impugnata – nel dichiarare irricevibile il ricorso incidentale proposto dalla Del Prete s.r.l., in automatica applicazione dell’art. 42, comma 1, c.p.a. - non avrebbe adeguatamente valutato le peculiarità fattuali e processuali della vicenda.

Il termine per la proposizione del ricorso incidentale, infatti, non si sarebbe dovuto automaticamente computare dalla data di ricezione di quello proposto in via principale, in quanto, a fronte delle censure dedotte con il ricorso introduttivo, non vi sarebbe stato alcun immediato interesse a proporre il gravame incidentale.

In particolare, soltanto a seguito dell’accesso alla documentazione di gara espletato in data 17 dicembre 2019, l’odierna appellante sarebbe venuta a conoscenza della mancata esclusione del R.T.I. Diodoro nel corso delle verifiche dei requisiti, per circostanze sopravvenute alla data di ammissione alla gara.

Ove fosse stato esaminato il ricorso incidentale, sarebbe stata accertata la carenza di interesse del RTI alla prosecuzione del giudizio, in quanto detto raggruppamento non potrebbe essere dichiarato aggiudicatario dell’appalto.

La decadenza prevista dall’art. 42, comma 1, c.p.a. non si dovrebbe applicare in maniera formalistica, ma considerando la fattispecie concreta e gli orientamenti della giurisprudenza nazionale ed europea.

La Del Prete s.r.l. ha così riproposto il primo motivo del ricorso incidentale articolato in primo grado, con cui ha censurato l’attività di verifica che, ex art. 32 del d.lgs. n. 50 del 2016, la stazione appaltante avrebbe dovuto esperire anche nei confronti del secondo classificato.

L’appellante ha chiesto che sia accolto il primo motivo del ricorso incidentale e, per l’effetto, che sia dichiarata l’inammissibilità dei motivi aggiunti.

Illegittimità della sentenza: violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.; omessa pronuncia su fatti decisivi per la controversia; carenza ed erroneità della motivazione; violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; travisamento dei fatti; perplessità.

Il giudice di primo grado non si sarebbe pronunciato sulle difese articolate dalla Del Prete s.r.l. con riferimento ai primi due motivi aggiunti; parimenti non sarebbero state valutate le deduzioni formulate dell’Avvocatura regionale, considerato che essa ha depositato specifica memoria, in cui ha ritrascritto i contenuti dei giustificativi dell’offerta, confermandone la globale attendibilità.

L’offerta della appellante, pari all’importo di euro 13.173.289,87, comprensiva degli oneri di sicurezza, sarebbe pienamente congrua per l’espletamento del servizio, per la durata totale del contratto, ivi compresa la proroga.

Dall’esame dei giustificativi indagati, non sarebbe riscontrabile l’assunto per il quale l’onere complessivo del servizio sarebbe equivalente ad un importo superiore a quello offerto dalla Del Prete s.r.l.

L’attendibilità e l’adeguatezza dell’offerta dell’appellante all’esecuzione del servizio sarebbero dimostrate anche dalla differenza minima intercorrente con l’offerta del RTI Diodoro.

Il giudice di primo grado, in ogni caso, sarebbe incorso in errore, ritenendo sussistente a priori l’incongruità dell’offerta, laddove, al più, avrebbe dovuto ordinare la rinnovazione della verifica di anomalia, atteso che la Del Prete s.r.l. non avrebbe formulato un’offerta in perdita, bensì, a tutto voler concedere, avrebbe presentato dei giustificativi non sufficientemente analitici.

Gli oneri di sicurezza aziendali non sarebbero stati modificati, mentre ci si troverebbe di fronte ad una carenza apparente dei giustificativi e non ad un vizio sostanziale.

Il giudice di primo grado avrebbe travisato la fattispecie, sia perché, dopo aver individuato l’incongruenza tra offerta e giustificativi, non l’avrebbe ricondotta all’imprecisa compilazione di questi ultimi, ma all’inadeguatezza originaria dell’offerta, sia perché ha ritenuto che tale “errore” debba condurre all’automatica esclusione dell’offerta dalla gara, in quanto integrante la modifica degli oneri di sicurezza aziendali e, quindi, dell’offerta.

D’altra parte, se l’offerta è immodificabile, i giustificativi potrebbero essere corretti.

In definitiva, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente disposto l’esclusione della Del Prete s.r.l., in ragione di un mero errore di calcolo contenuto nei giustificativi che, in alcun modo, avrebbe potuto incidere o modificare l’offerta economica.

4. La Diodoro Ecologia s.r.l. e la Servizi Industriali s.r.l. hanno analiticamente contestato la fondatezza delle censure dedotte, concludendo per la reiezione dell’appello proposto dalla Del Prete s.r.l.

Le medesime società, inoltre, hanno proposto appello incidentale, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui essa ha dichiarato inammissibili il primo, il secondo ed il quinto motivo del ricorso introduttivo, nonché nella parte in cui ha respinto le restanti censure sollevate sia con il ricorso introduttivo, sia con il terzo motivo aggiunto.

A tal fine, esse hanno dedotto i seguenti motivi:

1. Error in judicando. Sulla ammissibilità dei motivi di ricorso I, II e V, in quanto tempestivi alla luce del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito nella legge n. 55 del 2019.

L’abrogazione dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. dovrebbe trovare applicazione in tutti i processi proposti dopo il 18 giugno 2019 e non per le procedure di gara indette successivamente a quel momento.

Non avrebbe un supporto normativo la conclusione del Tar, secondo cui la sopravvenuta abrogazione delle disposizioni sul rito ‘super accelerato’ non potrebbe trovare applicazione alle gare in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione e per le quali è già decorso il termine per impugnare l’ammissione di altri operatori economici concorrenti.

Il giudice di primo grado avrebbe ritenuto tardive le censure ai sensi di una disposizione ormai abrogata e non applicabile al giudizio de quo.

In sostanza, al momento in cui il processo è stato avviato, il comma 2 bis dell’art. 120 sul rito ‘super accelerato’ era stato abrogato e, quindi, il RTI ricorrente sarebbe stato legittimato a sollevare censure avverso l’ammissione dell’impresa controinteressata contestualmente all’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione.

Pertanto, le appellanti incidentali hanno chiesto che il Collegio si pronunci nel merito delle dette censure, in quanto erroneamente dichiarate inammissibili, ed ha riproposto le stesse e, innanzitutto, il primo motivo del ricorso di primo grado:

Violazione dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione del principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione. Disparità di trattamento. Inattendibilità complessiva dell’offerta. Difetto di istruttoria e motivazione. Sviamento. Violazione della par condicio competitorum. Irragionevolezza manifesta.

nonché il secondo motivo del ricorso di primo grado:

Violazione degli artt. 80 e 105 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione dell’art. 2545-sexiesdecies del codice civile. Violazione del principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione. Disparità di trattamento. Inattendibilità complessiva dell’offerta. Difetto di istruttoria e motivazione. Sviamento. Violazione della par condicio competitorum. Irragionevolezza manifesta.

il quinto motivo del ricorso di primo grado:

Violazione dell’art. 30, 80, comma 5, lett. m), del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione dell’art. 2359 c.c. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria; difetto di motivazione, motivazione falsa o apparente; sviamento; violazione dell’art. 97 Cost.

2. Error in judicando. Violazione degli artt. 30 e 97 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione del principio di immodificabilità dell’offerta. Violazione della lex specialis di gara. Inattendibilità complessiva. Contraddittorietà degli atti di gara. Violazione della par condicio competitorum.

La disciplina di gara avrebbe inteso il ‘contributo Conai’ come importo non ribassabile, come emergerebbe dal capitolato di gara e dall’allegato “computo metrico e quadro economico”.

Il RTI Diodoro Ecologia avrebbe detratto dalla propria offerta i ‘ricavi Conai’, mentre l’appellante Del Prete li avrebbe computati nella propria offerta e da ciò discenderebbe l’inattendibilità dell’offerta presentata da quest’ultima.

L’offerta della Del Prete non rispetterebbe uno dei dettami degli atti di gara, avendo essa sottoposto a ribasso una parte dell’offerta esplicitamente non assoggettabile ad alcun tipo di sconto, per cui si sarebbe dovuta disporre la sua esclusione e la relativa offerta sarebbe inattendibile e perciò anomala.

In via subordinata, gli atti di gara dovrebbero essere annullati, in quanto la stazione appaltante non avrebbe reso consapevoli i concorrenti circa l’effettivo “ruolo” riservato ai ‘contributi Conai’.

Error in judicando. Violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione e falsa applicazione del DM del Ministero del Lavoro del 21 marzo 2016. Violazione della lex specialis di gara. Violazione della par condicio competitorum. Difetto di istruttoria e motivazione. Sviamento. Irragionevolezza manifesta.

La Del Prete avrebbe computato i propri costi su 33 automezzi, anziché sui 40 dichiarati nella relazione tecnica, per cui dovrebbe sostenere un maggiore importo, tale da erodere completamente l’utile dichiarato.

Nei giustificativi sarebbero indicati 28 ‘mezzi euro 6’, a fronte di 36 ‘mezzi euro 6’ indicati nella relazione tecnica.

5. La Regione Lazio, con analitica memoria, ha argomentato su ciascuno dei punti controversi ed ha concluso per l’accoglimento dell’appello principale e per il rigetto dell’appello incidentale.

6. Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive difese.

7. All’udienza del 14 maggio 2020, svoltasi in videoconferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020, la causa è stata trattenuta per la decisione.

8. Il Collegio, in via preliminare ed in linea generale, essendo stati proposti in primo grado sia un ricorso principale con censure “escludenti”, da parte della Diodoro Ecologia s.r.l. e della Servizi Industriali s.r.l., sia un ricorso incidentale “escludente”, da parte della Del Prete s.r.l., rileva che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Decima Sezione, con sentenza 5 settembre 2019, nella causa C-333/18, ha statuito che “l’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest’ultimo, ed inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi”.

Il giudice europeo, quindi, affermando un principio divergente da quello affermato dalla pregressa giurisprudenza nazionale in materia, ha stabilito che, a prescindere dal numero dei concorrenti partecipanti alla gara e dall’ordine di esame dei ‘gravami incrociati escludenti’, il ricorso principale e quello incidentale devono essere entrambi esaminati, in quanto - anche se l’offerta del ricorrente principale sia giudicata irregolare - l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe constatare l’impossibilità di scegliere un’altra offerta regolare e procedere di conseguenza all’indizione di una nuova procedura di gara, vale a dire che, qualora il ricorso dell’offerente non prescelto fosse giudicato fondato, l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe prendere la decisione di annullare gli atti della procedura e di avviare una nuova procedura di affidamento, in considerazione del fatto che le restanti offerte regolari non corrispondono sufficientemente alle attese dell’amministrazione stessa (cfr. paragrafi 27 e 28 della citata sentenza della Corte di Giustizia della Unione Europea).

In tal modo, è stata riaffermata la giuridica rilevanza degli ‘eterogenei’ interessi legittimi nello svolgimento delle gare pubbliche di appalto, essendo stato ritenuto meritevole di tutela sia l’interesse legittimo ‘finale’ ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto, sia l’interesse legittimo ‘strumentale’ alla partecipazione ad un eventuale procedimento di gara rinnovato.

9. L’ordo questionum determina che debbano essere prioritariamente esaminati i motivi, contenuti nell’appello incidentale, con cui la Ecologia Diodoro s.r.l. e la Servizi Industriali s.r.l. hanno censurato la statuizione di inammissibilità dei motivi primo, secondo e quinto contenuti nel ricorso principale.

Il giudice di primo grado, sul punto, ha statuito quanto segue:

È invece fondata l’eccezione di parziale inammissibilità del ricorso introduttivo derivante dall’omessa impugnazione della determinazione dirigenziale regionale n. G12982 del 26 settembre 2017, recante l’individuazione dei soggetti ammessi alla gara di cui è causa all’esito della valutazione dei requisiti generali e speciali, in pari data pubblicata sul sito internet della centrale acquisti con le modalità prescritte dall’art. 29, d.lgs. n. 50 cit. e notificata ai soggetti ammessi ex art. 76, comma 3, d.lgs. n. 50 cit.

Infatti, l’art. 1, comma 4, d.l. 18 aprile 2019 n. 32, conv. nella l. 14 giugno 2019 n. 55, in vigore dal 19 aprile 2019, ha abrogato il c.d. rito super accelerato previsto dall’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., determinando così l’applicazione del rito speciale sugli appalti pubblici anche ai ricorsi proposti avverso i provvedimenti sulle altrui ammissioni e sulle esclusioni dalla procedura di affidamento, sì che l’impugnazione dell’ammissione del concorrente torna a essere soggetta alla regola generale processuale dell’interesse ad agire al momento dell’aggiudicazione definitiva. Tuttavia, l’abrogazione dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., che prevedeva l’obbligo di impugnazione immediata dei provvedimenti di ammissione, non ha effetto sulle gare in corso al momento dell’entrata in vigore del d.l. n. 31 del 2019, cioè al 19 aprile 2019, per le quali il termine ad impugnare l’ammissione fosse già scaduto, poiché “appare ragionevole escludere che la nuova normativa, con riferimento al caso in esame, abbia inteso rimettere in termini la odierna ricorrente che, nella procedura di gara avviata anteriormente alla entrata in vigore della legge abrogatrice del rito superspeciale, non aveva tempestivamente impugnato la preliminare ammissione delle controinteressate” (TAR Lazio, Latina, sez. I, 31 ottobre 2019 n. 641).

Conseguentemente, il ricorso introduttivo è da ritenere in parte inammissibile, limitatamente al primo, secondo e quinto motivo, con cui si lamentano vizi di legittimità riguardanti l’ammissione alla gara dell’aggiudicataria Del Prete s.r.l., per omessa tempestiva impugnazione della prefata determinazione dirigenziale regionale G12982 del 26 settembre 2017, pubblicata nei modi di legge e notificata agli interessati in pari data”.

Il Collegio ritiene che le doglianze proposte sul punto dalle appellanti incidentali debbano essere respinte e che i motivi primo, secondo e quinto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado vadano considerati in questa sede inammissibili, sia pure sulla base di un percorso argomentativo parzialmente differente da quello articolato dal Tar.

L’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., inserito dall’art. 204, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016, a decorrere dal 19 aprile 2016, ha stabilito che:

- “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici”;

- “l’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”; 

- è altresì “inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività”.

Il comma 2-bis è stato abrogato dall’art. 1, comma 22, lettera a), del decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55; l’abrogazione, ai sensi dell’art. 1, comma 23, del decreto legge n. 32 del 2019, si applica “ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

A tale modifica, si è coerentemente accompagnata la modifica dell’art. 29 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016), da cui è stata espunta la previsione secondo cui, “Al fine di consentire l’eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all’esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali”.

Ora, non sussiste dubbio sul fatto che, da un punto di vista letterale, l’abrogazione dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. debba rilevare in tutti i processi iniziati dopo il 18 giugno 2019, data di entrata in vigore della legge n. 55 del 2019, di conversione del decreto legge n. 32 del 2019.

Nel caso di specie, il ricorso è stato notificato il 10 giugno 2019 ed è stato depositato il 21 giugno 2019, sicché, avendo la legge fatto riferimento ai “processi iniziati dopo” e non alla “proposizione del ricorso”, ed essendosi il rapporto processuale instaurato con il deposito del ricorso (cfr. Cons. Stato, IV, 19 dicembre 2016, n. 5363, che distingue tra i giudizi che iniziano il ricorso e quelli che iniziano con la citazione, e tutta la giurisprudenza conforme sin dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 28 luglio 1980, n. 35), occorre ritenere che il processo sia iniziato dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione n. 55 del 2019.

In proposito, si sono sviluppate due tesi: l’una, più aderente al profilo letterale, secondo cui l’avvio del processo in data successiva al 18 giugno 2019 consentirebbe sempre ed in ogni caso di censurare in via derivata l’aggiudicazione per vizi relativi alla fase di ammissione (c.d. fase di prequalifica); l’altra, più attenta al principio di certezza dei rapporti giuridici ed al principio del tempus regit actum, che reputa non più ammissibile proporre censure relative all’ammissione dell’impresa alla gara, ove il termine per l’impugnativa dell’atto di ammissione sia decorso in data antecedente all’abrogazione della norma di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a.

Il Collegio ritiene che nel caso di specie non sia necessario optare per l’una o per l’altra tesi, in quanto il provvedimento di ammissione, emanato con determinazione del 26 settembre 2017, pubblicata ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016 e comunicata ai singoli concorrenti, non è stato impugnato dal ricorrente di primo grado.

Di talché, la circostanza – per la quale, nel momento in cui il processo è stato avviato, le disposizioni sul rito ‘super accelerato’ erano state già abrogate ed il RTI ricorrente sarebbe stato legittimato a sollevare censure avverso l’ammissione dell’impresa controinteressata contestualmente all’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione - si presenta sostanzialmente irrilevante in assenza della impugnazione del provvedimento di ammissione che, non essendo stato impugnato nemmeno con i motivi aggiunti, è divenuto ormai inoppugnabile.

Infatti, una volta che il provvedimento di ammissione è stato adottato, pubblicato e comunicato, trattandosi di atto posto in essere precedentemente alla modifica dell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016, l’interessato sarebbe stato onerato alla sua impugnativa, sia pure, volendo accedere alla interpretazione più letterale del testo che ha abrogato l’art. 120 comma 2 bis, entro il termine decorrente dalla conoscenza dell’avvenuta aggiudicazione, vale a dire dal momento in cui si è radicato il concreto interesse ad agire.

Ciò in quanto, una volta emanato, il provvedimento di ammissione non può ritenersi assorbito dal successivo ed eventuale provvedimento di aggiudicazione nei confronti dell’impresa ammessa, ma, ove non impugnato, continua in ogni caso ad essere efficace, sicché la sua mancata impugnazione determina l’inammissibilità per carenza di interesse delle censure con cui si tende a contestare l’aggiudicazione per i vizi dell’ammissione.

In altri termini, nella fattispecie in esame, l’inammissibilità non deriva dal fatto che l’abrogazione dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. non abbia avuto effetto sulle gare in corso, che abbiano esaurito la c.d. fase di prequalifica, al momento dell’entrata in vigore del d.l. n. 31 del 2019, cioè dal 19 aprile 2019, ma piuttosto dal fatto che, ove l’ammissione non sia stata impugnata, il ricorrente non ha interesse a coltivare le censure avverso l’aggiudicazione derivanti da vizi dell’ammissione, in quanto quest’ultima, ormai inoppugnabile, continua ad essere efficace.

Ne consegue che le censure proposte con il primo, il secondo ed il quinto motivo del ricorso introduttivo, in quanto volte a censurare l’aggiudicazione per vizi derivati di un atto non impugnato e ormai inoppugnabile, si rivelano inammissibili per carenza di interesse.

10. L’appello principale proposto dalla Del Prete s.r.l. è fondato e va accolto.

10.1. Il Tar ha ritenuto fondato il primo mezzo di impugnazione proposto con motivi aggiunti dal RTI sull’inadeguatezza delle giustificazioni fornite dall’aggiudicataria in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, sulla base delle seguenti argomentazioni:

Con il primo mezzo di impugnazione aggiunto parte ricorrente argomenta l’inadeguatezza delle giustificazioni fornite dall’aggiudicataria in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, poiché detta offerta sarebbe, in realtà, in perdita per almeno euro 1.315.901,34. In particolare, parte ricorrente deduce tale elemento di fatto dai giustificativi di offerta anomala forniti dalla stessa aggiudicataria alla Regione Lazio con nota del 22 febbraio 2019, ove si legge al § 16.10, pag. 43, che il totale annuo delle “principali voci di costo […] che costituiscono il complessivo onere dell’appalto” è quantificato in euro 2.641.802,61. Tale importo moltiplicato per i 5 anni e 6 mesi della durata del contratto ammonta ad euro 14.474.914,35, dunque superiori all’offerta di soli euro 13.173.289,97 (inclusi oneri di sicurezza non ribassabili per euro. 14.276,90), da intendersi “comprensiva di tutti gli oneri, spese e remunerazioni per l’esatto e puntuale adempimento di ogni obbligazione contrattuale e dei servizi migliorativi se dichiarati”.

Il motivo è fondato.

Come si è avuto modo di chiarire, l’importo a base d’asta, necessariamente comprensivo del valore della eventuale proroga tecnica semestrale ex art. 35, comma 4, d.lgs. n. 50 cit., è di euro 15.609.220,10 per un periodo di 5 anni e 6 mesi, inclusi oneri per il rischio di interferenza non soggetti a ribasso; in tal senso, l’offerta presentata da Del Prete s.r.l. è di euro 13.159.013,07 e corrisponde a un ribasso del 15,62% operato su un piede di calcolo di euro 15.594.943,20 (a dire l’importo a base di gara di euro 15.609.220,10, diminuito di euro 14.276,90 per oneri di sicurezza non ribassabili).

La Regione Lazio con nota prot. 95290 del 5 febbraio 2019 ha chiesto a Del Prete s.r.l. giustificazioni inerenti le voci di prezzo della propria offerta ai sensi dell’art. 97, d.lgs. n. 50 cit., che sono state trasmesse con nota datata 22 febbraio 2019; l’Amministrazione ha poi conclusivamente ritenuto non anomala l’offerta formulata da Del Prete s.r.l., cui è stato aggiudicato il contratto.

Al riguardo, si rammenta che, in generale, la valutazione di anomalia dell’offerta è resa all’esito di un sub-procedimento che non è diretto a sanzionare il concorrente o a ricercare specifiche inesattezze nell’offerta, ma ad esprimere un giudizio globale e sintetico sulla sua complessiva serietà, attendibilità e credibilità in relazione alla corretta esecuzione del contratto alle condizioni proposte (ex multis: Cons. Stato, sez. III, 29 gennaio 2019 n. 726; sez. V, 23 gennaio 2018 n. 430; sez. V, 30 ottobre 2017 n. 4978; TAR Lazio, Latina, sez. I, 9 dicembre 2019 n. 707). Il giudizio di non anomalia ha, quindi, natura tecnico-discrezionale ed è insindacabile in sede giurisdizionale, salvo l’esistenza di manifeste e macroscopiche erroneità o irragionevolezze dell’operato dell’Amministrazione che disvelino la complessiva inattendibilità dell’offerta, restando precluso al giudice di verificare autonomamente la congruità dell’offerta e delle sue singole voci (Cons. Stato, V, 17 maggio 2018 n. 2953; sez. V, 24 agosto 2018 n. 5047; sez. III, 18 settembre 2018 n. 5444; sez. V, 23 gennaio 2018 n. 230; sez. V, 22 dicembre 2014 n. 6231; sez. V, 18 febbraio 2013, n. 974; sez. V, 19 novembre 2012 n. 5846; sez. V, 23 luglio 2012 n. 4206; sez. V, 11 maggio 2012 n. 2732).

Nel caso all’esame emerge ictu oculi che, avendo la stessa Del Prete s.r.l. dichiarato, in sede di giustificazioni dell’anomalia dell’offerta, di avere un costo medio annuo di euro 2.631.802,61, pari ad euro 14.474.914,35 per i 5 anni e 6 mesi di contratto, la relativa offerta economica sia anomala perché formulata in perdita. Trattandosi di una conclusione tracciabile mediante una semplice operazione matematica, si ritiene che ciò integri una macroscopica criticità del giudizio di non anomalia dell’offerta, sindacabile in sede giurisdizionale, in quanto non invade l’ambito della discrezionalità tecnica spettante all’Amministrazione.

Peraltro, a ulteriore riprova della correttezza del mezzo di impugnazione all’esame si rileva che, sullo specifico significato da attribuire ai costi indicati al § 16.10 della nota di giustificazioni di Del Prete s.r.l. del 22 febbraio 2019, la Regione Lazio, a pag. 5-14 della memoria depositata il 27 dicembre 2019, non ha articolato alcuna specifica controdeduzione atta a contestare la fondatezza della tesi di parte ricorrente e a sostenere la legittimità del proprio operato in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta. Sul punto, l’assenza di ogni difesa da parte dell’Amministrazione costituita comporta la possibilità per il giudice di dedurre argomenti di prova sfavorevoli alla posizione dell’ente ex art. 64 comma 4, cod. proc. amm., dovendosi ragionevolmente dedurre che, rispetto a quanto dedotto in ricorso e riscontrato dal collegio giudicante, la parte pubblica non avesse alcuna difesa utile da opporre”.

La doglianza con cui l’appellante principale ha contestato tali statuizioni è fondata.

La giurisprudenza in tema di giudizio sulla congruità dell’offerta anomala ha costantemente affermato i seguenti principi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, V, 30 dicembre 2019, n. 8909):

- la verifica della congruità di un’offerta ha natura globale e sintetica, vertendo sull’attendibilità della medesima nel suo insieme, e quindi sulla sua idoneità a fondare un serio affidamento sulla corretta esecuzione dell’appalto, onde il relativo giudizio non ha per oggetto la ricerca di singole inesattezze dell’offerta economica (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 29 novembre 2012, n. 36);

- è richiesta una articolata ed approfondita motivazione laddove l’amministrazione ritenga di non condividere le giustificazioni offerte dall’impresa, in tal modo disponendone l’esclusione, mentre la valutazione favorevole circa le giustificazioni dell’offerta sospetta di anomalia non richiede un particolare onere motivazionale (Cons. Stato, V, 2 dicembre 2015, n. 5450; id., V 27 luglio 2017, n. 3702; id., III, 18 dicembre 2018, n. 7129);

- in questa stessa direzione, la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata ad accertare l’attendibilità e la serietà della stessa sulla base di una valutazione, ad opera della stazione appaltante, che ha natura globale e sintetica e che costituisce pur sempre espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla p.a. (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 26 novembre 2018, n. 6689);

- un siffatto giudizio tecnico-discrezionale, per definizione, risulta insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale e dimostrata erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da evidenziare l’inattendibilità complessiva dell’offerta (cfr. ex multis, Cons. Stato, V, 26 novembre 2018, n.6689, cit.);

- in applicazione dei principi generali in tema di riparto dell’onere probatorio, spetta alla parte ricorrente che contesti l’operato dell’amministrazione, quando la stazione appaltante abbia concluso positivamente il giudizio di congruità dell’offerta, addurre argomenti idonei a confutare tale giudizio ed a sostenerne la sindacabilità in ambito giurisdizionale nei limiti sopra detti;

- nella relativa valutazione, si deve tenere conto, per un verso, dell’eventuale marginalità del servizio cui il costo è riferito (cfr. Cons. Stato, III, 19 novembre 2014, n. 5689), per altro verso, dell’utile che il concorrente ritrae dalla propria offerta complessivamente considerata (cfr. Cons. Stato, V, 17 marzo 2016, n. 1090).

In definitiva, nelle gare pubbliche, il giudizio sulla congruità dell’offerta anomala costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di illogicità o di errore di fatto che rendano palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta.

Il giudice amministrativo, quindi, può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un'inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica Amministrazione (cfr. Cons. Stato, V, 21 novembre 2017, n. 5387; 12 marzo 2018, n. 1541; 25 giugno 2018 n. 3924; 27 febbraio 2019, n. 1387; Sez. III, 13 settembre 2017, n. 4336; 11 ottobre 2018, n. 5857).

In altri termini, l'esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti, a dimostrazione della non anomalia dell’offerta, vale a dire della sua sostenibilità ed attendibilità, rientra propriamente nell'alveo dell'esercizio di un potere espressivo di discrezionalità tecnica, attribuito alla pubblica amministrazione, con la conseguenza che, soltanto in caso di valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell'amministrazione procedente (cfr. Cons. Stato, V 7 maggio 2018 n. 2689; 3 aprile 2018 n. 2051; Sez. VI, 3 dicembre 2018, n. 6838)”.

Il giudice di primo grado ha riscontrato il vizio di legittimità nella valutazione dell’anomalia dell’offerta, in quanto, avendo l’impresa dichiarato, in sede di giustificativi, di avere un costo medio annuo di euro 2.631.802,61, pari ad euro 14.474.914,35 per i 5 anni e 6 mesi di contratto, la relativa offerta economica sarebbe risultata in perdita, in quanto pari ad un importo complessivo di euro 13.173.289,97 IVA esclusa.

Ora, non c’è dubbio che, qualora l’offerta fosse oggettivamente e vistosamente in perdita, la valutazione della stazione appaltante potrebbe considerarsi effettivamente abnorme e, quindi, illegittima.

Tuttavia, è stato rilevato con chiarezza dalla Regione Lazio che le ricorrenti di primo grado hanno utilizzato come riferimento per il calcolo la voce “totale servizio”, che include anche gli utili aziendali nel costo annuo, anziché il totale dei costi, al netto di tali utili.

Dal punto 16.10 dei giustificativi forniti dalla Del Prete s.r.l., infatti, emergono le principali voci di costo per un totale annuo che non tiene conto dell’utile aziendale, solo considerato il quale il totale del servizio ammonta ad euro 2.631.802,61 per anno.

Inoltre, è stato efficacemente dimostrato che alcuni costi sarebbero riferiti ad investimenti che hanno un tempo di ammortamento di 5 anni, per cui il loro valore annuo non andrebbe moltiplicato per 5,5.

In particolare, tale specificazioni sono contenute nei giustificativi forniti dall’aggiudicataria ai punti 16.2 (costi di approvvigionamento e gestione dei mezzi) e 16.4 (costi per l’approvvigionamento delle attrezzature e dei materiali di consumo).

Le considerazioni esposte in sede di appello principale e nelle memorie della stazione appaltante determinano che la valutazione di congruità dell’offerta anomala proposta dalla Del Prete s.r.l. non possa considerarsi abnorme, in quanto l’offerta economica non può essere sic et simpliciter ritenuta in perdita.

In sostanza, non risulta realmente dimostrata l’inattendibilità dell’offerta formulata dalla Del Prete s.r.l., né, di conseguenza, l’illegittimità dell’azione amministrativa.

10.2. Con il secondo motivo aggiunto proposto in primo grado, le ricorrenti hanno sostenuto che si sarebbe dovuta escludere l’offerta della Del Prete s.r.l. per la palese incongruità delle giustificazioni fornite in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta quanto ai costi della sicurezza, dato che gli oneri dichiarati dall’aggiudicataria per l’intera durata del contratto sono pari a euro 247.500,00, mentre nella giustificazioni l’importo a ciò destinato è di euro 49.500,00 annui che, moltiplicato per 5 anni e 6 mesi, equivale a euro 272.250,00.

Il Tar ha ritenuto fondato anche tale motivo, in quanto:

L’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 cit., prevede che: “10. Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro […]”.

Nella specie, è pacifico che Del Prete s.r.l. abbia dichiarato nella propria offerta economica che gli oneri per la sicurezza per l’intera durata del contratto (i.e. per i 5 anni di durata ordinaria e naturale dell’appalto e per gli ulteriori 6 mesi di possibile proroga tecnica) sono pari a euro 247.500,00; tuttavia, nelle giustificazioni presentate alla Regione Lazio con la citata nota del 22 febbraio 2019 li ha indicati in euro 49.500,00 annui, cifra questa che, attualizzata al predetto periodo di 5 anni e 6 mesi, restituisce un totale di euro 272.250,00, superiore quindi a quanto dichiarato in sede di offerta economica.

Ciò comporta che, accedendo alla tesi di parte ricorrente, l’offerta presentata dall’aggiudicataria sia stata modificata nel corso del sub-procedimento di valutazione dell’anomalia, in violazione del principio generale di immodificabilità delle offerte presentate in pubbliche gare di appalto, che comporta l’inammissibilità delle modifiche e l’esclusione del concorrente (sull’immodificabilità dell’offerta all’esito del procedimento di verifica dell’anomalia v: TAR Lazio, Roma, sez. II, 5 marzo 2019 n. 2904; TAR Sardegna, sez. I, 23 gennaio 2019 n. 50; TAR Campania, Napoli, sez. V, 8 gennaio 2018 n. 108)”.

Il motivo dell’appello principale, con cui sono state contestate tali statuizioni, è parimenti fondato.

La giurisprudenza ha chiarito che non sono a priori inammissibili modifiche delle giustificazioni ovvero giustificazioni sopravvenute, come pure eventuali compensazioni tra sottostime e sovrastime, a condizione che – al momento dell’aggiudicazione – l’offerta risulti nel suo complesso affidabile, ossia dia garanzia di una seria esecuzione del contratto.

Valgono, peraltro, i consueti limiti:

- l'entità dell'offerta economica deve restare ferma, in ossequio alla regola di immodificabilità dell'offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2020, n. 1449; V, 8 gennaio 2019, n. 171);

- le singole voci di costo possono essere modificate solo per sopravvenienze di fatto o normative che comportino una riduzione dei costi o per originari comprovati errori di calcolo o per altre plausibili ragioni (Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2020, n. 1874; V, 26 giugno 2019, n. 4400; V, 10 ottobre 2017, n. 4680);

- non è possibile rimodulare le voci di costo senza alcuna motivazione e al solo scopo di “far quadrare i conti” ossia per assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato, ma siano superate le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo (cfr. Cons. Stato, V, 22 maggio 2015, n. 2581; sez. VI, 20 settembre 2013, n. 4676; VI, 7 febbraio 2012, n. 636; VI, 15 giugno 2010, n. 3759).

Occorre infatti considerare che il sub procedimento di verifica dell’anomalia ha quale obiettivo non quello della riparametrazione dell’offerta alla luce delle sollecitazioni provenienti dalla stazione appaltante, ma quello di verificare la serietà dell’offerta già formulata, pena la palese violazione del principio della par condicio tra i concorrenti (cfr. Cons. Stato, V, 14 aprile 2020, n. 2383; Cons. Stato, V, 16 gennaio 2020, n. 389; V, 31 agosto 2017, n. 4146).

Tale conclusione è del resto coerente con le finalità del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, che si svolge nel contraddittorio dell’operatore economico al fine, appunto, di concretamente verificare l’adeguatezza e plausibilità dell’offerta, alla luce delle richieste di chiarimenti effettuate dalla stazione appaltante.

Gli oneri per la sicurezza dichiarati dall’aggiudicataria nella propria offerta sono pari, per l’intera durata del contratto, ad euro 247.500,00, mentre, nelle giustificazioni, l’operatore economico ha dichiarato un importo di euro 49.500,00 annui che, moltiplicato per l’intera durata del contratto di 5 anni e sei mesi, equivale ad euro 272.250,00.

In proposito, risulta plausibile l’argomentazione esposta nell’appello dalla Del Prete s.r.l., secondo cui nei giustificativi vi sarebbe stato un mero errore materiale, essendo stato diviso il complessivo importo di euro 247.500,00 per 5, anziché per 5,5.

Di conseguenza, l’importo da esporre correttamente nei giustificativi sarebbe stato di euro 45.000,00 annui anziché di euro 49.500,00 annui.

Il verosimile errore materiale contenuto nei giustificativi non produce alcuna alterazione dell’offerta economica presentata.

11. I motivi di impugnativa proposti in primo grado dalla Diodoro Ecologia e dalla Servizi Industriali, respinti dal Tar e riproposti in appello ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., non possono essere condivisi.

11.1. Il ‘contributo ambientale CONAI’ rappresenta la forma di finanziamento attraverso la quale Consorzio ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il costo per i maggiori oneri della raccolta differenziata, per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggi. 

Tali costi, sulla base di quanto previsto dal d. lgs. n. 152 del 2006, vengono ripartiti “in proporzione alla quantità totale, al peso e alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale”.

Con il dedotto motivo di impugnativa, le appellanti incidentali, in sostanza, sostengono che dall’importo a base d’asta si sarebbero dovuti detrarre, oltre agli oneri di sicurezza non soggetti al ribasso (euro 14.276,90), anche il ‘contributo CONAI’, per euro 1.376.291,66, atteso che la disciplina di gara avrebbe inteso tale contributo come importo non ribassabile.

L’assunto non può essere condiviso.

Il giudice di primo grado ha correttamente posto in rilievo che:

il modulo di offerta economica predisposto dall’Amministrazione (“Schema offerta economica”, allegato n. 3 del disciplinare di gara) contempla soltanto l’impegno ad applicare un ribasso unico e incondizionato sull’importo posto a base di gara, al netto degli oneri per l’attuazione delle misure di prevenzione dai rischi da interferenza, non soggetti a ribasso, ma non esclude i contributi CONAI dalla base d’asta soggetta a ribasso” e – pur evidenziando che il computo metrico e quadro economico dell’appalto, nel riepilogare il “quadro economico di progetto”, il “quadro economico annuale” e il “quadro economico proroga tecnica”, afferma che i ricavi CONAI riconosciuti all’appaltatore sono da detrarre dalla voce relativa ai “costi totali delle prestazioni a corpo” perché “importo non soggetto a ribasso” - ha concluso che, “contrariamente a quanto assunto da parte ricorrente e nonostante la scarsa chiarezza complessiva del quadro fornito dall’Amministrazione”, il ‘contributo CONAI’ rientra nel “valore” dell’appalto soggetto a ribasso, “in quanto in tutte le gare pubbliche l’importo contrattuale su cui presentare l’offerta è soltanto quello previsto dal bando di gara, che non qualifica esplicitamente come non ribassabile l’importo stimato del contributo CONAI riconosciuto all’appaltatore”.

A ciò si aggiunga che l’art. 9, punto, 6 del capitolato speciale all. 01RT ELA.2, avendo riguardo alle disposizioni legislative degli artt. 35, comma 4, e 106, comma 11, del d.lgs. n. 50 del 2016, ha previsto che il valore complessivo stimato con riferimento ai cinque anni ordinari e sino al limite degli eventuali 6 mesi di proroga tecnica opzionale ammonta a euro 15.594.943,21 IVA esclusa, al quale deve essere detratto il ribasso offerto; al corrispettivo così ribassato si sommano euro 14.276,90 quali costi della sicurezza per i rischi da interferenza non soggetti a ribasso d’asta; a tale importo sono detratti euro 1.376.291,66 come importo stimato dei ricavi CONAI per i cinque anni ordinari di contratto e l’eventuale periodo di proroga tecnica, riconosciuto alla società appaltatrice.

Pertanto, laddove la lex specialis di gara ha vietato il ribasso lo ha specificamente indicato, mentre nel caso dei ‘contributi CONAI’ non lo ha univocamente indicato.

D’altra parte, nello schema di presentazione dell’offerta economica da parte del RTI Diodoro, il raggruppamento ha dichiarato di impegnarsi ad applicare il ribasso unico e incondizionato del 15,2% sull’importo a base di gara, al netto degli oneri per l’attuazione delle misure di prevenzione dai rischi da interferenza, non soggetti a ribasso. L’offerta specifica che il prezzo complessivamente offerto include la somma di 1.376.291,66 oltre IVA, come importo stimato dei ricavi CONAI per i cinque anni ordinari di contratto e l’eventuale periodo di proroga.

Infine, la Regione Lazio ha fatto presente che tutti i concorrenti hanno correttamente formulato l’offerta secondo quanto previsto dagli atti di gara, incluso lo stesso RTI Diodoro, che ha formulato l’offerta negli stessi termini della Del Prete e degli altri concorrenti.

11.2. Con l’ultimo motivo di impugnativa riproposto in sede di appello incidentale, il RTI Diodoro ha dedotto l’illegittimità dell’offerta della Del Prete s.r.l. dal fatto che il numero e la composizione qualitativa degli automezzi indicati per l’esecuzione del contratto non corrispondono a quelli oggetto di giustificazioni.

In particolare, la Del Prete s.r.l. avrebbe computato i propri costi su 33 automezzi anziché sui 40 dichiarati nella relazione tecnica, per cui dovrebbe sostenere un maggiore importo, tale da erodere completamente l’utile dichiarato e, nei giustificativi, sarebbero indicati 28 ‘mezzi euro 6’ a fronte di 36 ‘mezzi euro 6’ indicati nella relazione tecnica.

Le doglianze non risultano fondate.

Sul punto, il Tar ha condivisibilmente affermato che:

La doglianza è infondata.

Infatti, come eccepito dalla difesa della Regione Lazio a pag. 19-22 della memoria del 27 dicembre 2019 quanto al numero ed alla composizione della flotta di mezzi rispetto allo standard antinquinamento EURO 5 o EURO 6, si rileva che:

a) l’art. 37, punto 3, dell’elenco prestazioni allegato al capitolato speciale di gara prevede l’offerta obbligatoria di un totale di 28 mezzi, 18 dei quali EURO 6 e 10 EURO 5, di cui 5 dedicabili anche ad altri appalti;

b) l’offerta tecnica di Del Prete s.r.l. contempla 40 mezzi per il periodo invernale, 41 per quello estivo e ulteriori 8 per il periodo di altissima affluenza turistica, dunque in soprannumero rispetto a quanto richiesto dalla documentazione di gara;

c) i criteri di giudizio dell’offerta tecnica di cui alle pag. 26-28 del disciplinare di gara non fanno riferimento alla normativa EURO 5 o EURO 6;

d) l’attribuzione dei punteggi tecnici da parte della commissione giudicatrice, di cui al verbale di seduta riservata n. 3 del 10 ottobre 2018 allegato al verbale rep. n. 7298 del 30 gennaio 2019, non fa riferimento né al numero dei mezzi né alla loro omologazione EURO 5 o EURO 6.

Conseguentemente, le suddette incongruenze dei giustificativi non sono tali, di per sé considerate, da compromettere l’affidabilità dell’offerta formulata da Del Prete s.r.l.”.

Di talché, l’offerta ha riguardato comunque un numero maggiore sia di automezzi complessivi, sia di automezzi ‘Euro 6’ rispetto al quantumprevisto dalla lex specialis di gara e né i criteri di giudizio dell’offerta tecnica stabiliti dal disciplinare di gara, né l’attribuzione dei punteggi tecnici da parte della commissione giudicatrice hanno riguardato il numero dei mezzi o la loro omologazione ‘Euro 5’ ed ‘Euro 6’.

Inoltre, si consideri che l’aggiudicataria ha chiaramente evidenziato, nella propria memoria difensiva, che nell’elenco dei costi dei mezzi trascritto a pag. 31 dei giustificativi non stati inclusi quelli considerati come “scorta operativa”, vale a dire che entrano in funzione solo in caso di indisponibilità di quelli “a regime” previsti per garantire il servizio. Di conseguenza, il costo di utilizzo dei mezzi di scorta, secondo il plausibile assunto dell’appellante principale, sostituisce quello stimato in regime “routinario” e, come tale, non è in aggiunta, con conseguente completezza della stima dei costi.

11.3. Di qui, la complessiva infondatezza dell’appello incidentale proposto dalla Diodoro Ecologia s.r.l. e dalla Servizi Industriali s.r.l.

12. La fondatezza dell’appello principale e l’infondatezza dell’appello incidentale determinano l’improcedibilità per carenza di interesse - avendo l’esito della controversia completamente soddisfatto, in forma specifica, il bene della vita cui tende l’appellante principale - delle doglianze proposte dallo stesso appellante principale avverso la declaratoria di irricevibilità del ricorso incidentale proposto in primo grado.

Tali doglianze, peraltro, si rivelano infondate, avendo il giudice di primo grado applicato correttamente la normativa sul termine di decorrenza per la proposizione del ricorso incidentale ai sensi dell’art. 42 c.p.a.

13. In definitiva, l’appello principale proposto dalla Del Prete s.r.l. deve essere accolto, mentre deve essere respinto l’appello incidentale proposto dalla RTI Diodoro e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso principale proposto in primo grado dalla Diodoro Ecologia s.r.l e dalla Servizi Industriali s.r.l.

14. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre accessori di legge, sono poste, in solido ed in parti uguali, a carico delle due appellanti incidentali ed a favore, per euro 5.000,00, della Del Prete s.r.l. e, per euro 5.000,00, della Regione Lazio. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (R.G. n. 1690 del 2020), accoglie l’appello principale e respinge l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado dalla Diodoro Ecologia s.r.l. e dalla Servizi Industriali s.r.l.

Condanna le parti soccombenti, in solido ed in parti uguali, alle spese del doppio grado di giudizio come da motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura.

L’Ente regionale ha indetto, in qualità di centrale di committenza, una procedura aperta per l’affidamento dei servizi di raccolta e trasporto al trattamento dei rifiuti urbani e di igiene urbana per un Ente locale, per la durata di 60 mesi, oltre ulteriori sei mesi di proroga.

Esperite le fasi procedurali, la S.A. ha provveduto ad aggiudicare la gara all’Impresa collocata prima in graduatoria.

Successivamente, l’Impresa, collocatasi seconda in graduatoria, ha contestato dinanzi al TAR l’esito della gara.

All’esito del giudizio, il TAR, accogliendo alcuni motivi aggiunti proposti dall’Impresa collocata seconda in graduatoria, ha proceduto ad annullare gli atti impugnati, e, contestualmente, ha dichiarato irricevibile il ricorso incidentale proposto dalla aggiudicataria.

La presente guida vuole focalizzare l’attenzione sulla disciplina del rito “super-accelerato” e del relativo ambito di applicazione, partendo dai presupposti normativi vigenti ed esaminati dal Giudice amministrativo, concludendo con un excursuscirca l’abrogazione del medesimo sub-rito, ad opera del Decreto “Sblocca-Cantieri”.

Nel Giudizio di primo grado, la S.A., nel chiedere il rigetto del ricorso (l’atto introduttivo del giudizio è stato notificato il 10 giugno 2019, ma depositato il 21 giugno 2019), ne ha preliminarmente eccepita l’irricevibilità per tardività, con riferimento, tra l’altro, alle censure riguardanti i requisiti di partecipazione, la verifica sul possesso di detti requisiti svolta dal seggio di gara. 

In particolare, la Stazione Appaltante, con determinazione dirigenziale del 26 settembre 2017, ha approvato l’esito sulle verifiche effettuate dal seggio di gara sui requisiti generali e speciali, individuandone i soggetti ammessi. In pari data, la S.A. ha proceduto a pubblicare gli esiti sul sito internetdella centrale acquisti con le modalità prescritte dall’art. 29, d.lgs. n. 50/2016 e ha notificare gli stessi ai soggetti ammessi exart. 76, comma 3, d.lgs. n. 50 cit.

L’Ente regionale ha eccepito la parziale inammissibilità del ricorso introduttivo, sulla base di quanto originariamente previsto dall’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., secondo il quale: «Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività».

La disciplina del rito “super-accelerato”, introdotta dal Legislatore, aveva lo scopo di definire la perimetrazione delle ammissioni e delle esclusioni dei partecipanti ad una gara, anche al fine di limitare il possibile successivo contenzioso sulle controversie in merito all’aggiudicazione.

Sul punto, il Giudice di primo grado per il giudizio in esame, ha rilevato che “l’art. 1, comma 4, d.l. 18 aprile 2019 n. 32, conv. nella l. 14 giugno 2019 n. 55, in vigore dal 19 aprile 2019, ha abrogato il c.d. rito super accelerato previsto dall’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., determinando così l’applicazione del rito speciale sugli appalti pubblici anche ai ricorsi proposti avverso i provvedimenti sulle altrui ammissioni e sulle esclusioni dalla procedura di affidamento, sì che l’impugnazione dell’ammissione del concorrente torna a essere soggetta alla regola generale processuale dell’interesse ad agire al momento dell’aggiudicazione definitiva. Tuttavia, l’abrogazione dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., che prevedeva l’obbligo di impugnazione immediata dei provvedimenti di ammissione, non ha effetto sulle gare in corso al momento dell’entrata in vigore del d.l. n. 31 del 2019, cioè al 19 aprile 2019, per le quali il termine ad impugnare l’ammissione fosse già scaduto, poiché “appare ragionevole escludere che la nuova normativa, con riferimento al caso in esame, abbia inteso rimettere in termini la odierna ricorrente che, nella procedura di gara avviata anteriormente alla entrata in vigore della legge abrogatrice del rito superspeciale, non aveva tempestivamente impugnato la preliminare ammissione delle controinteressate” (TAR Lazio, Latina, sez. I, 31 ottobre 2019 n. 641)”.

Sul punto, risulta interessante richiamare il Tar Toscana, Sez. I, 14 dicembre 2017, n. 1566, secondo il quale “l’onere di immediata impugnazione dell’ammissione in gara di un concorrente, ovvero della sua esclusione, oggi (all’epoca della vigenza del “sub-rito” sancito dall’art. 120 comma 2-bis c.p.a., riguarda(va) le sole ammissioni ed esclusioni disposte all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali”.

Pertanto, secondo quanto stabilito dal Giudice amministrativo per il caso in specie (T.a.r. Lazio, Sez. staccata di Latina Sez. I, n. 27 del 24 gennaio 2020), l’Impresa, collocatasi seconda in graduatoria, avrebbe dovuto contestare immediatamente il provvedimento di ammissione in gara del concorrente (poi rilevatosi aggiudicatario della procedura), computando i relativi termini sin dalla data di pubblicazione e notifica della determinazione dirigenziale, avvenuta in data 26 settembre 2017, rilevando che l’abrogazione dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., non ha effetto sulle gare in corso al momento dell’entrata in vigore del d.l. n. 31 del 2019.

Nel giudizio promosso innanzi al Consiglio di Stato, per la fattispecie in esame, la stessa impresa, in quanto appellante incidentale, ha asserito che: la conclusione del Tar secondo cui l’abrogazione dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. non potrebbe trovare applicazione alle gare in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. “Sblocca-Cantieri” e per le quali è già decorso il termine per impugnare l’ammissione di altri O.E. concorrenti, non avrebbe un supporto normativo.

L’appellante incidentale ha rilevato infatti che “Il giudice di primo grado avrebbe ritenuto tardive le censure ai sensi di una disposizione ormai abrogata e non applicabile al giudiziode quo. In sostanza, al momento in cui il processo è stato avviato, il comma 2 bis dell’art. 120 sul rito ‘super accelerato’ era stato abrogato e, quindi, il RTI ricorrente sarebbe stato legittimato a sollevare censure avverso l’ammissione dell’impresa controinteressata contestualmente all’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione”.

Effettivamente, l’abrogazione del rito super-accelerato, ai sensi dell’art. 1, comma 23, D.L. n. 32/2019, così come convertito in legge, ha previsto quanto segue: «le disposizioni di cui al comma 22 (al comma 22 era prevista l’abrogazione del rito) si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

Tale disposizione si è prestata a interpretazioni differenti, tali da produrre importanti effetti processuali.

Tuttavia, corre l’obbligo ricordare che “Posto che nel giudizio amministrativo l’inizio del processo coincide (non con la notifica, ma) con il deposito del ricorso, sembrerebbe doversi ritenere che un’eventuale impugnativa notificata prima della data di entrata in vigore del d.l. n. 32/2019 ma depositata in un momento successivo a tale data debba seguire il rito speciale “ordinario”; tuttavia, secondo le regole del rito speciale “ordinario”, il ricorso dovrebbe essere ritenuto inammissibile in quanto proposto avverso un atto che non può ancora essere considerato lesivo alla luce dell’art. 120 c.p.a. come risultante dal decreto ‘sblocca-cantieri’ (AA.VV., Il nuovo processo degli appalti pubblici, RomaDike Editrice, 2019, pag. 140).

Sul punto, il Collegio in esame propone una disamina completa ed efficiente per comprendere il tenore letterale dell’abrogato art. 120, comma 2 bis, c.p.a., inserito dall’art. 204, comma 1, lett. b), del d.lgs. n.50del2016, a decorrere dal 19 aprile2016 e sul fatto che tale abrogazione debba rilevare in tutti i processi iniziati dopo il 18 giugno 2019, data di entrata in vigore della legge n. 55 del 2019, di conversione del decreto legge n. 32 del 2019. Nel caso di specie, il ricorso è stato notificato il 10 giugno 2019 ed è stato depositato il 21 giugno 2019, sicché, avendo la legge fatto riferimento ai “processi iniziati dopo” e non alla “proposizione del ricorso”, ed essendosi il rapporto processuale instaurato con il deposito del ricorso (cfr. Cons. Stato, IV, 19 dicembre2016, n. 5363, che distingue tra i giudizi che iniziano il ricorso e quelli che iniziano con la citazione, e tutta la giurisprudenza conforme sin dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 28 luglio 1980, n. 35), occorre ritenere che il processo sia iniziato dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione n. 55 del 2019.

Tuttavia, il Collegio ritiene che il provvedimento di ammissione, emanato con determinazione del 26 settembre 2017, pubblicata ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n.50del2016e comunicata ai singoli concorrenti, non è stato impugnato dal ricorrente di primo grado nei termini previsti e pertanto il problema interpretativo non si pone nel caso di specie, precisando anche che, “l’interessato sarebbe stato onerato alla sua impugnativa, sia pure, volendo accedere alla interpretazione più letterale del testo che ha abrogato l’art. 120 comma 2 bis, entro il termine decorrente dalla conoscenza dell’avvenuta aggiudicazione, vale a dire dal momento in cui si è radicato il concreto interesse ad agire”.

Inoltre, sciolto il dubbio sulla fattispecie in esame, Il Consiglio di Stato, per chiarezza espositiva, illustra anche le tesi sottese al problema circa l’ambito di applicazione per i processi “iniziati” prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 32/2019. In proposito, il Collegio rileva che “si sono sviluppate due tesi: l’una, più aderente al profilo letterale, secondo cui l’avvio del processo in data successiva al 18 giugno 2019 consentirebbe sempre ed in ogni caso di censurare in via derivata l’aggiudicazione per vizi relativi alla fase di ammissione (c.d. fase di prequalifica); l’altra, più attenta al principio di certezza dei rapporti giuridici ed al principio deltempus regit actum, che reputa non più ammissibile proporre censure relative all’ammissione dell’impresa alla gara, ove il termine per l’impugnativa dell’atto di ammissione sia decorso in data antecedente all’abrogazione della norma di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a.”.