il punto della situazione
1. Introduzione. – 2. Il principio di rotazione: ostacolo alla o attuazione della libera concorrenza? – 3. La disciplina francese. – 4. La sfida del futuro.
1. Introduzione.
La materia dei contratti pubblici è oggetto di vasta regolamentazione da parte del diritto europeo, per la sua straordinaria rilevanza economica, nonché l’interazione della stessa con diversi principi tutelati dall’ordinamento sovranazionale, primo fra tutti, il principio di tutela della concorrenza, inscindibilmente legato al primario obiettivo di creazione di uno spazio di mercato unico europeo, mediante la previsione delle quattro libertà di circolazione: delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali.
In particolare, la tutela della concorrenza, nella forma più ristretta della “definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno”, costituisce una materia riservata alla potestà normativa esclusiva dell’Unione, ai sensi dell’art. 3, lett. b) del TFUE.
Il principio di tutela della concorrenza assurge a principio fondamentale ed addirittura costitutivo, sotto il profilo economico, della stessa Unione Europea, tanto da essere richiamato molte volte nell’ambito del predetto TFUE[1] e da rappresentare la ratio ispiratrice di una pluralità di regole dell’Unione, tra le quali non può non menzionarsi il tassativo divieto di aiuti di Stato, di cui all’art. 107 TFUE.
Nella sua qualità di principio informatore dell’intero ordinamento europeo, il principio di libera concorrenza sovrintende altresì ai contratti pubblici, che, a ben guardare, costituiscono una delle più rilevanti componenti utili alla realizzazione di un mercato interno, tanto da aver costituito l’oggetto di una prolifica stagione normativa del diritto prima comunitario e poi eurounitario, inaugurata dalla Direttiva 71/305/CEE del 26 luglio 1971.
La predetta Direttiva, in conformità con l’obiettivo di tutela della libera concorrenza[2], funzionale alla piena ed effettiva realizzazione della “libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici”[3], si ispirava, come emerge dalla piana lettura dei primi “considerando” introduttivi, “alla necessità di effettuare il coordinamento [della normativa degli Stati membri] in base ai princìpi seguenti : divieto delle prescrizioni tecniche di effetto discriminatorio, sufficiente pubblicità degli appalti, elaborazione di criteri obiettivi di partecipazione e istituzione di una procedura che permetta di assicurare congiuntamente l'osservanza di tali principi”.
Tali principi hanno costituito il comune denominatore di tutta la successiva normativa europea in materia di appalti pubblici, emanata, in particolare, a mezzo delle Direttive 77/62/CEE, 88/295/CEE, 89/440/CEE, 89/665/CEE, 90/531/CEE, 92/13/CEE, 92/50/CEE, 93/36/CEE, 93/37/CEE, 93/38/CEE, 2004/18/CE, 2004/17/CE, 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE e di diversi Regolamenti[4].
Fin dagli albori della stagione normativa europea in materia di appalti pubblici, l’interesse delle Comunità – poi Unione – si è rivolto ad una determinata sfera di appalti pubblici, individuata mediante un criterio improntato al valore del contratto aggiudicando: così la Direttiva 71/305/CEE, aveva stabilito la sua applicazione per le sole procedure di affidamento di contratti di lavori pubblici[5], aventi un valore pari o superiore ad 1.000.000[6] di unità di conto[7].
Sulla scia della tradizione così inaugurata, la più recente normazione, dettata dapprima dalle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE e successivamente dalle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, ha stabilito le soglie di rilevanza comunitaria degli appalti pubblici, a partire dalle quali diviene obbligatoria l’applicazione del diritto europeo dettato dalle direttive medesime.
Al contrario, il diritto eurounitario, non prende in considerazione, se non in maniera del tutto marginale, l’affidamento dei contratti pubblici, quando il valore di questi sia inferiore alle soglie c.d. di rilevanza comunitaria: infatti, in tal caso, non trovano applicazione le citate direttive, ma, al ricorrere di alcune condizioni individuate dalla giurisprudenza in via pretoria, si applicano i principi generali del diritto dei Trattati posti a tutela della concorrenza quali principi di trasparenza, non discriminazione, par condicio competitorum, parità di trattamento e proporzionalità, in altri termini, i principi dell’evidenza pubblica.
L’applicazione dei principi generali posti dal diritto originario dell’Unione (quello stabilito direttamente dai Trattati, a partire dal Trattato di Roma del 1957, fino al Trattato di Lisbona del 2009) anche per gli appalti c.d. sotto soglia è da tempo insegnamento costante della giurisprudenza della Corte di Giustizia[8] ed è stata oggetto di una comunicazione interpretativa della Commissione, 2006/C 179/02, che ha ricordato come, a prescindere dal superamento o meno delle soglie di rilevanza comunitaria, le amministrazioni aggiudicatrici debbano operare una valutazione del caso concreto, in relazione alle sue specificità[9], onde accertare la rilevanza dell'appalto in questione per il mercato interno europeo, che costituisce criterio dirimente per l’applicazione delle norme fondamentali dell’ordinamento eurounitario[10].
Ne discende che ogniqualvolta l’Amministrazione aggiudicatrice, sulla scorta delle risultanze di una propria valutazione discrezionale, ritenga che l’appalto aggiudicando possa essere d’interesse per tutte le imprese operanti nell’ambito del mercato interno dell’Unione, la relativa procedura di aggiudicazione debba essere espletata nel rispetto dei principi generali posti dal diritto originario, quali la trasparenza e la non discriminazione sulla base della nazionalità.
La discrezionalità accordata all’Amministrazione appaltante è controbilanciata dal potere della Commissione europea, ai sensi dell’art. 226 del Trattato CE, di avviare, ove opportuno, una procedura d’infrazione, per il caso in cui ritenga, differentemente dalla stazione appaltante, che il contratto aggiudicando sia d’interesse transfrontaliero e, in quanto tale, sottoposto all’applicazione dei principi suddetti.
Ciononostante e vista l’ampia libertà di cui godono gli Stati membri nella definizione delle procedure di aggiudicazione relative ad appalti sotto soglia, gli Stati medesimi possono prevedere un’applicazione generalizzata delle direttive europee, anche alle ipotesi esulanti dal campo di applicazione dalle stesse stabilito, sicché anche gli appalti di valore inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, potrebbero rinvenire la propria disciplina, sulla base della scelta operata in tal senso dal legislatore dello Stato membro, nelle direttive unitarie.
In ogni caso, la stazione appaltante, può sempre scegliere, anche per gli appalti sotto soglia, la procedura aperta, propria del diritto europeo, che dimostra così la sua naturale espansività.
In tal caso, seppure rispetto alle aggiudicazioni di contratti sotto soglia, l’Unione Europea non vanti alcuno specifico interesse, tale interesse può rinvenirsi nella necessità di evitare interpretazioni ed applicazioni differenziate del diritto derivato tra i diversi territori degli Stati membri.
Conseguentemente, proprio a tale precipuo fine, la Corte di Giustizia ha elaborato una giurisprudenza che riconosce la giurisdizione del Giudice europeo “quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che apporta a situazioni non disciplinate da un atto dell’Unione, a quelle adottate da tale atto”. Infatti, “sussiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni riprese dallo stesso atto ricevano un’interpretazione uniforme. Pertanto, l’interpretazione delle disposizioni di un atto dell’Unione in situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione di quest’ultimo si giustifica quando tali disposizioni sono state rese applicabili a siffatte situazioni dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato” (CGUE, 14 febbraio 2019, Consorzio Cooperative Costruzioni Soc. Cooperativa, C – 710/17)[11].
L’insegnamento del Giudice di Lussemburgo trae la sua ratio giustificatrice dall’esigenza di evitare difformità applicative del diritto dell’Unione, che, ove sussistenti e lasciate prive di rimedio, costituirebbero un grave pregiudizio per il principio generale di certezza del diritto[12] e per, quello, proprio dell’Unione Europea, di interpretazione e applicazione uniformi del diritto unitario, secondo gli indirizzi della Corte di Giustizia.
È d’immediata evidenza, tuttavia, che, in tale ultima ipotesi, l’applicazione del diritto europeo è rimessa ad una libera scelta del legislatore dello Stato membro e che, pertanto, non è ravvisabile un interesse aprioristico dell’Unione alla gestione di tali aggiudicazioni, sempre con il limite del rispetto dei principi generali dei trattati ove il contratto aggiudicando vantasse un interesse di tipo transfrontaliero secondo i criteri individuati dalla Commissione.
Pertanto, in linea generale, per l’affidamento dei contratti sotto soglia, non essendo prevista l’automatica applicazione del diritto derivato, gli Stati membri godono di un ampio margine di discrezionalità nella definizione delle procedure di aggiudicazione, fonte, nel panorama europeo, di soluzioni differenziate e spesso difficilmente assimilabili.
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2. Il principio di rotazione: ostacolo alla (o attuazione della) libera concorrenza?
Con particolare riferimento all’ordinamento italiano, viene in rilievo la Legge 28 gennaio 2016, n. 11, a mezzo della quale è stata delegata al Governo l’adozione di “un decreto legislativo per il riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di seguito denominato «decreto di riordino», il quale, con particolare riguardo agli appalti pubblici ed ai contratti di concessione sotto la soglia di rilevanza comunitaria, garantisse “adeguati livelli di pubblicità e trasparenza delle procedure […] assicurando, anche nelle forme semplificate di aggiudicazione, la valutazione comparativa tra più offerte, prevedendo che debbano essere invitati a presentare offerta almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nonché un’adeguata rotazione”.
In attuazione della delega conferitagli, il Governo, nell’adottare il D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ha previsto sul punto, all’art. 36, una disciplina specifica per i “Contratti sotto soglia”, informata al rispetto del “principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti”, principio che sovrintende anche alla regolamentazione dell’affidamento degli appalti di rilevanza comunitaria mediante la procedura di cui all’art. 63 del medesimo decreto legislativo, ossia la procedura negoziata senza la previa pubblicazione del bando di gara, attivabile solamente al ricorrere delle stringenti condizioni indicate nell’art. 63 medesimo[13].
Il principio di rotazione, secondo l’esplicazione operata dall’ANAC nell’ambito delle Linee Guida n. 4[14], “comporta, di norma, il divieto di invito a procedure dirette all’assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e dell’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento”.
In forza del diritto unitario, nonché del diritto interno, tale principio non trova applicazione nel caso di aggiudicazione di contratti mediante l’esperimento delle procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, ovvero quelle procedure connotate dall’impiego di meccanismi pubblicitari adeguati a dare larga conoscenza dell’instaurazione della procedura e dall’assenza di qualsivoglia limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione[15].
Il peculiare campo di applicazione del principio di rotazione ne rivela la natura di misura volta all’assicurazione di una piena ed effettiva concorrenza tra gli operatori economici, operante secondo il meccanismo tipico della reverse discrimination.
Infatti, il principio della libera concorrenza, ove considerato nel suo significato in termini assoluti, postula che, anche nel caso di ricorso a procedure straordinarie, come quelle previste dall’art. 36 del Codice dei contratti, vi sia la massima partecipazione degli operatori economici, in regime, per l’appunto, di libera concorrenza e, a tal fine, che l’ordinamento non si frapponga a tale partecipazione con misure limitative od ostative.
È evidente che il principio di rotazione costituisca una deroga alla regola - anch’essa principio - della massima partecipazione, in quanto eminentemente diretto a limitare, escludendo alcuni operatori economici, tale partecipazione.
Tuttavia, la funzione della regola della rotazione non è quella di avvantaggiare alcuni operatori, quanto quella di riequilibrare le posizioni degli operatori partecipanti alla procedura, evitando che il gestore uscente da un servizio, possa giovarsi del know how acquisito per presentare un’offerta all’ente aggiudicatore sicuramente più rispondente alle esigenze di quest’ultimo rispetto alle offerte presentate da chi non ha mai svolto il servizio affidando[16].
Da questo punto di vista, emerge come il principio di rotazione, lungi da frustrare la libertà di concorrenza, ne costituisca una necessaria attuazione, in quanto idoneo a contemperarne le eventuali distorsioni derivanti da una sua applicazione esasperata ed estremizzata.
Vi è, in realtà, un’altra funzione assolta dalla regola della rotazione, apprezzabile con riferimento al suo campo applicativo.
Infatti, le procedure cui tale principio deve essere applicato si connotano tutte per un’ampia discrezionalità dell’Amministrazione, talvolta nella scelta dei partecipanti alla procedura, tal’altra, nel massimo grado in caso di affidamento diretto, addirittura nella scelta dell’aggiudicatario.
In un siffatto contesto, la regola della rotazione costituisce un contemperamento alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, garantendo, al contempo, la possibilità di partecipazione e la conseguente possibilità di affidamento ad un numero quanto più elevato di imprese operanti nel settore di afferenza del contratto aggiudicando[17].
Sotto questo profilo, la regola della rotazione è addirittura funzionale alla garanzia della più ampia partecipazione possibile, in quanto diretta a sopperire a contegni patologici delle Amministrazioni aggiudicatrici, che, improntati ad una logica di favoritismo, potrebbero condurre ad un restringimento della platea di concorrenti, con la conseguente frustrazione del principio concorrenziale.
La regola della rotazione, salve le precisazioni sopra considerate, non trova applicazione nel caso di affidamento di contratti di valore superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, che avviene mediante le procedure ordinarie, disciplinate in prima battuta dalle direttive europee e variamente articolate dal diritto interno degli Stati membri.
Le procedure ordinarie sono generalmente ispirate al criterio della più ampia partecipazione, sicché, di regola, non prevedono - se non in via successiva ad una previa valutazione delle domande pervenute, presentabili da qualsiasi operatore economico - un invito all’operatore da parte dell’ente aggiudicatore, ma impongono la previa pubblicazione di un bando di gara o di un avviso d’indizione, che, in conformità al diritto unitario, garantisca l’adeguata pubblicità dell’apertura della procedura e la conseguente possibilità di partecipazione per tutte le imprese operanti nel mercato unico europeo.
Così non è per le procedure semplificate, ovvero quelle procedure che il diritto europeo non contempla direttamente e che, pertanto, rinvengono la loro unica disciplina nel diritto interno degli Stati membri.
Tali procedure, dette semplificate per distinguerle da quelle ordinarie, si connotano per l’assenza di meccanismi pubblicitari, come conseguenza dell’ampia discrezionalità accordata all’Amministrazione nella scelta dei partecipanti e, pertanto, non prevedono la previa pubblicazione di bando o avviso di gara, alla quale è previsto che partecipino solo gli operatori designati dall’Amministrazione aggiudicatrice.
In un siffatto contesto, la previsione della regola della rotazione è quanto mai necessaria in quanto funzionale, da un lato ad evitare affidamenti predeterminati dall’Amministrazione che eludano qualsivoglia procedura, dall’altro ad evitare che le rendite di posizione in capo ad alcuni operatori possano pregiudicare l’effettività della libera concorrenza sotto il profilo della par condicio competitorum.
Sotto quest’ultimo profilo, la regola della rotazione, in altri termini, garantisce che tutti gli operatori economici si pongano dinnanzi all’Amministrazione aggiudicatrice in una situazione di tendenziale parità.
Nell’ordinamento italiano, il principio di rotazione è previsto dall’art. 36 del Codice dei contratti, che ne impone l’applicazione ogniqualvolta l’Amministrazione aggiudicatrice si accinga ad espletare una delle procedure semplificate ivi contemplate.
La declinazione del principio di rotazione è demandata dall’art. 36, comma 7, del Codice ad un regolamento unico successivo da emanarsi a norma dell’art. 216, comma 27-octies, introdotto dal D. L. 18 aprile 2019, n. 32 (cd. “Sblocca Cantieri”), convertito con la Legge 14 giugno 2019, n. 55 e recante “disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione” del Codice.
Pertanto, nelle more dell’emanazione del predetto regolamento – che dovrebbe presto vedere la luce – l’applicazione della regola di rotazione è stata modulata, da una parte, dalle Linee Guida dell’ANAC[18] n. 4, approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 ed aggiornate in seguito all’approvazione della delibera 10 luglio 2019, n. 636, la cui natura e portata è oggetto di dibattito dottrinale[19]; dall’altra dall’applicazione ai casi concreti operata dalla copiosa giurisprudenza in materia.
La regola della rotazione è articolata, dal predetto art. 36, in due distinti profili: rotazione degli inviti e rotazione degli affidamenti.
La diversa declinazione della regola della rotazione discende dalla tipologia di procedura in cui la stessa è destinata a trovare applicazione: infatti, mentre per le ipotesi di affidamento diretto non può ontologicamente parlarsi di rotazione degli inviti, non prevedendo tale specialissima procedura, il previo invito a più imprese a partecipare da parte dell’Amministrazione appaltante; per le ipotesi di procedure negoziate, al contrario, è proprio la rotazione degli inviti a venire in rilievo, in quanto gli affidamenti avvengono, seppur con un bacino di scelta limitato e circoscritto, in ossequio ad un predeterminato modulo procedimentale di valutazione delle offerte pervenute[20].
S’impone, pertanto, una preliminare disamina delle procedure di aggiudicazione previste e disciplinate dall’art. 36 del Codice, le cui specifiche caratteristiche e connotazioni determinano l’applicazione della regola della rotazione nell’una piuttosto che nell’altra delle sue declinazioni.
L’art. 36, comma 2, in particolare, prevede, alle lett. a) e b), tre ipotesi di affidamento diretto: la prima relativa ai contratti di importo inferiore agli Euro 40.000,00, esperibile anche con la consultazione di un solo operatore (lett. a); la seconda, afferente ai contratti di lavori di importo compreso tra gli Euro 40.000,00 e gli Euro 150.000,00, che impone la consultazione di almeno tre operatori; la terza, inerente ai contratti di servizi e forniture di valore inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria stabilite dall’art. 35[21], praticabile solo previa consultazione di almeno cinque operatori.
Le lettere successive del comma 2 dell’art. 36, e segnatamente la lett. c) e la lett. c-bis) prevedono l’esperimento della procedura negoziata ristretta, previa consultazione di almeno 10 operatori economici per la fattispecie disciplinata dalla lett. c)[22] e di almeno 15 operatori per quella disciplinata dalla lett. c-bis)[23].
La lett. d), infine, per gli affidamenti di lavori di importo pari o superiore ad Euro 1.000.000,00, rinvia all’applicazione delle procedure previste dall’art. 60 del Codice, ovvero le procedure aperte, rispettose di tutti gli obblighi pubblicitari e, pertanto, sottratte all’applicazione del principio di rotazione in ogni suo aspetto[24].
L’affidamento diretto, previsto dalle lett. a) e b) dell’art. 36 del Codice, costituisce un modulo procedimentale specialissimo, in quanto fortemente derogatorio sia delle regole pubblicitarie e del principio di non discriminazione, sia del fondamentale principio concorrenziale, in ragione dell’amplissima discrezionalità concessa alla stazione appaltante, vincolata unicamente al rispetto dei principi generali che informano l’azione amministrativa.
La sensibile estensione della discrezionalità dell’Amministrazione in tale ipotesi procedurale è ancor più evidente alla luce della modifica intervenuta a mezzo del D. Lgs. 19 aprile 2017, n. 56, che, novellando il previgente art. 36, ha rimosso l’obbligo di motivare adeguatamente l’affidamento diretto, di tal guisa rendendo sindacabile la scelta operata dall’Amministrazione solo con riferimento agli obblighi procedimentali imposti dalla Legge generale sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990.
In un siffatto contesto, il principio di rotazione, che, pacificamente, non può che riferirsi agli affidamenti, data l’assenza di inviti, consente di rendere sindacabile la scelta dell’Amministrazione, assurgendo a parametro di legittimità della stessa e riconducendola nell’alveo di rispetto del principio concorrenziale, che permea l’intera materia dei contratti pubblici.
In questo peculiare caso, la regola della rotazione è ispirata dalla ratio di evitare che si formino dei rapporti stabili e sottratti a qualsivoglia controllo tra l’Amministrazione ed un operatore economico, consentendo, al contempo, l’accesso al mercato di quanti più operatori possibili.
In tal senso, già anteriormente al Codice dei contratti nella sua attuale formulazione, militava la giurisprudenza, che, con riferimento all’ipotesi del “cottimo fiduciario”, ha più volte riconosciuto la natura del principio di rotazione “come una contropartita, o un bilanciamento, del carattere sommario e “fiduciario” della scelta del contraente” (Cons. Stato, Sez. III, 27 novembre 2014, n. 5877), finalizzata ad “evitare che il carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo” (Cons. Stato, Sez. III, 12 settembre 2014, n. 4661)[25].
Differente è, invece, la ratio del principio di rotazione degli inviti, che trova applicazione con riferimento alle procedure disciplinate dalle lettere c) e c-bis) dell’art. 36, la cui struttura comporta una discrezionalità più limitata dell’Amministrazione aggiudicatrice rispetto alle ipotesi di affidamento diretto.
Infatti, per le suddette ipotesi, la procedura applicabile è quella di cui all’art. 63 del Codice, la quale non prevede la pubblicazione di alcun bando di gara o avviso d’indizione, evidentemente derogando al regime pubblicitario, ma prescrive che la scelta degli operatori da ammettere alla negoziazione avvenga su impulso della medesima stazione appaltante, sulla base di indagini di mercato o tramite la consultazione di elenchi degli operatori economici[26].
In siffatti casi, la regola della rotazione non può che operare con riferimento agli inviti, in quanto riferirla agli affidamenti sarebbe completamente privo di senso, ove si consideri che un operatore invitato ed ammesso a partecipare alla negoziazione, al ricorrere dei presupposti applicativi della regola della rotazione, dovrebbe vedersi negata l’aggiudicazione del contratto solo all’esito della procedura, con un inutile e superfluo dispendio di risorse da parte del medesimo e dell’Amministrazione aggiudicatrice e con la conseguente preclusione, per altri operatori, di partecipare alla procedura.
Nei casi di cui trattasi, peraltro, il principio di rotazione degli inviti può essere riferito a due classi di destinatari: da una parte il cd. gestore uscente, ovvero l’operatore che nell’esercizio precedente aveva svolto la commessa ora posta a gara; dall’altra gli operatori invitati alla consultazione prodromica all’affidamento della precedente ed uguale o analoga commessa, ma non risultati aggiudicatari.
Il differente campo applicativo soggettivo della regola della rotazione degli inviti disvela come tale regola muta la sua ratio a seconda che se ne consideri l’applicazione nei confronti del gestore uscente, oppure nei confronti degli operatori precedentemente invitati, ma non risultati aggiudicatari, in quanto, solo nel primo caso, si rinviene quella necessità di evitare il consolidamento di rendite di posizione, che potrebbero falsare la libera concorrenza e la par condicio competitorum nell’ambito della procedura, mentre, nel secondo caso, siccome non è ravvisabile alcuna rendita di posizione, la ratio è eminentemente quella di evitare che l’Amministrazione aggiudicatrice rivolga la sua attenzione sempre alla medesima platea di concorrenti, di tal guisa escludendo una fetta di operatori economici dalla possibilità di partecipazione ed aggiudicazione.
Nel primo caso, pertanto, emerge più chiaramente la funzione di garanzia del principio della libera concorrenza assolta dalla regola della rotazione, secondo il meccanismo della reverse discrimination, che, applicato alla specie, postula l’esclusione del “concorrente avvantaggiato”, mentre nel secondo, un’applicazione rigida della rotazione palesa la sua distonia rispetto al principio suddetto, in quanto, limitando la possibilità di partecipazione degli operatori in assenza di un vantaggio degli stessi riconducibile allo svolgimento di un precedente contratto analogo, al fine di favorire la più ampia circolazione nell’affidamento di un determinato contratto, finisce per limitare il confronto tra una pluralità di offerte diverse, che il principio concorrenziale vorrebbe invece essere condotto in un bacino più ampio possibile[27].
Seppure sia evidente, in questa seconda ipotesi, la frustrazione del principio di libera concorrenza, la medesima frustrazione si verificherebbe ove la regola della rotazione degli inviti non operasse anche in tal caso.
Infatti, considerato che le procedure, cui ci si riferisce, prevedono la possibilità dell’Amministrazione di invitare gli operatori dalla medesima liberamente selezionati, la stessa ben potrebbe invitare sempre gli stessi soggetti, escludendone aprioristicamente degli altri, ai quali, peraltro, non sarebbe accordata dall’ordinamento alcuna posizione soggettiva giuridicamente tutelabile.
Ed ancora, una siffatta situazione comporterebbe un evidente pregiudizio per il principio concorrenziale, inteso nel senso di più ampia partecipazione possibile, in quanto alcuni operatori sarebbero tout court esclusi, senza che la stazione appaltante coltivi la possibilità di valutare una pluralità di offerte tra le quali operare la propria scelta nel rispetto dell’interesse pubblico, sempre improntato ai principi di economicità, efficienza ed efficacia, come stabilisce inderogabilmente l’art. 1 della Legge n. 241/1990, in diretta attuazione dell’art. 97 Cost. (buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione).
Invece, la rotazione degli inviti consente un’esclusione alternata degli operatori dalla procedura, con ciò risolvendosi non tanto in una frustrazione del principio concorrenziale, quanto in un suo momentaneo temperamento al fine di soddisfare altri collegati e connessi principi, come quello di non discriminazione, secondo la tipica logica di operatività dei principi, che è quella del ragionevole bilanciamento.
Non può, infatti, dimenticarsi che la regola della rotazione non comporta una preclusione alla partecipazione alla gara di affidamento del contratto protratta all’infinito, ma - secondo un’interpretazione logico sistematica delle specificazioni contenute nelle Linee Guida ANAC, n. 4 - la preclusione opera soltanto per la gara immediatamente successiva.
È agevole osservare, allora, come il legislatore abbia inteso ricorrere alla tecnica del bilanciamento tra principi, da un lato, sacrificando parzialmente il principio concorrenziale per assicurare l'effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese e dall’altro, prevedendo un’alternanza tra operatività e non operatività della rotazione nei confronti dei medesimi operatori, sicché l’invitato alla procedura precedente (e, a fortiori, l’aggiudicatario) se non potrà partecipare a quella immediatamente successiva, tornerà a prendere parte a quella ancora susseguente.
Alla diversità di ratio che informa la regola della rotazione a seconda che investa il gestore uscente o, più semplicemente, l’operatore invitato alla procedura precedente, consegue un’applicazione della regola stessa diversamente misurata in un caso e nell’altro.
La differente applicazione è apprezzabile avendo a riguardo le possibilità di deroga alla regola della rotazione, prevista per entrambe le fattispecie, ma più ristretta per la prima ipotesi e più ampia per la seconda.
Mette conto premettere che la deroga alla regola della rotazione impone un onere motivazionale stringente per la Stazione appaltante, la quale, ove intenda reinvitare, nella gara immediatamente successiva, l’operatore già precedentemente invitato, è tenuta a dare conto delle ragioni per le quali si è determinata ad applicare l’eccezione, di tal guisa estendendosi il sindacato giurisdizionale nel caso d’impugnazione degli inviti o dell’aggiudicazione.
Da un lato, con riferimento al reinvito dell’operatore che non sia precedente aggiudicatario, in ragione del fatto che non vi è alcuna necessità di evitare il prodursi di rendite di posizione che, non avendo l’operatore eseguito il precedente contratto, non sussistono, è possibile derogare alla regola della rotazione, pur sempre assolvendo all’onere motivazionale aggravato, quando a ciò inducano precedenti rapporti contrattuali o altre ragionevoli circostanze circa l’affidabilità dell’operatore economico o la sua idoneità a fornire prestazioni coerenti e soddisfacenti per il livello economico e qualitativo atteso.
Dall’altro, invece, in relazione all’invito del precedente aggiudicatario, le ragioni giustificatrici della deroga alla regola della rotazione sono più stringenti, consistendo nella possibilità di reinvito del contraente uscente allorquando ciò sia necessitato dalle particolari condizioni del mercato di riferimento (tendenziale assenza di alternative), da valutarsi congiuntamente al grado di soddisfazione della stazione appaltante in relazione all’esecuzione del precedente rapporto contrattuale ed alla particolare competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi applicati, per quella commessa, nel settore di riferimento.
Si noti che, mentre con riferimento alla posizione del gestore uscente, la possibilità di deroga alla rotazione è percorribile ove sussistano congiuntamente tutte le specificità individuate dalle Linee Guida ANAC e sopra riportate, con riferimento al reinvito del precedente operatore non aggiudicatario, un eventuale reinvito, è possibile al ricorrere di una sola condizione, ovvero l’aspettativa di affidabilità dell’operatore o la sua idoneità a fornire prestazioni coerenti con il livello qualitativo ed economico atteso[28].
Ed allora, emerge con ogni evidenza il favor espresso dalla disciplina applicabile all’operatore non affidatario, giustificato dalla necessità, sopra ricordata, di non sacrificare eccessivamente il principio concorrenziale, considerato che, rispetto al caso del gestore uscente, non vi è alcuna asimmetria informativa da colmare per ripristinare la par condicio competitorum.
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La disciplina francese.
La disciplina degli appalti pubblici, nell’ordinamento francese, è stabilita dal Code de la commande publique[29], che raggruppa le disposizioni sia legislative (L) sia regolamentari (R)[30] in materia di contratti pubblici e concessioni, entrato in vigore il 1° aprile 2019, con abrogazione della disciplina previgente contenuta nel Code des marchés publics.
Il Code de la commande publique, Parte II, Libro I, Titolo II, regola la scelta della procedura per l’aggiudicazione dei contratti pubblici e, segnatamente, l’art. L2120-1 stabilisce che “les marchés sont passés, selon leur montant, leur objet ou les circonstances de leur conclusion:
1° Soit sans publicité ni mise en concurrence préalables, dans les conditions prévues au chapitre II;
2° Soit selon une procédure adaptée, dans les conditions prévues au chapitre III;
3° Soit selon une procédure formalisée, dans les conditions prévues au chapitre IV”.
In particolare, il valore dell’appalto è il primo criterio dirimente per la scelta della procedura applicabile, nel rispetto del diritto eurounitario, che impone la propria applicazione ogniqualvolta il valore contratto aggiudicando superi le cd. soglie di rilevanza comunitaria, stabilite dalle direttive in materia, sopra citate[31].
Conseguentemente, allorquando si tratti di appalti sopra soglia non potranno trovare applicazione le procedure “adapté”, ma dovrà essere esperita la “procédure formalisée”, secondo le forme previste dal Capitolo IV, sulla scorta della disciplina europea di riferimento.
Invece, nei casi di appalti di valore sotto soglia, la stazione appaltante potrà utilizzare sia le “procedure adattate”, previste dal Capitolo III, sia, al ricorrere dei relativi e stringenti presupposti, le procedure “senza pubblicità e senza concorrenza preventive”, normate, invece, dal Capitolo II.
Le prime, ovvero le “procedure adattate”, definite dall’art. L2123-1, pur non ricalcando in toto le procedure previste dal diritto eurounitario, sono sempre ispirate al rispetto dei principi generali in materia di appalti pubblici, come positivizzati dal Code de la commande publique, e possono essere esperite, a norma della predetta disposizione, in ragione del particolare oggetto del mercato di riferimento, secondo i criteri stabiliti da un apposito Decreto del Consiglio di Stato o, relativamente agli appalti sopra soglia, quando trattasi di aggiudicare un singolo lotto, il cui valore, singolarmente considerato, sia inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria.
Tali procedure rispettano sia il principio pubblicitario sia quello concorrenziale.
Diverso è il caso delle procedure previste dal Capitolo II, ovvero le procedure “sans publicité ni mise en concurrence préalables”, le quali, come emerge già dalla relativa rubrica, si svolgono in deroga ai suddetti principi, ma pur sempre nel rispetto dei principi fissati dall’art. L3 del Code, ovvero la par condicio competitorum, la libertà di accesso alla contrattazione pubblica e la trasparenza delle procedure, la cui applicazione congiunta, consente, “d'assurer l'efficacité de la commande publique et la bonne utilisation des deniers publics”.
Tali procedure sono esperibili al ricorrere delle condizioni e dei presupposti previsti in apposito Decreto del Consiglio di Stato e, comunque, ai sensi dall’art. L2122-1, relativi all’infruttuosità di una precedente procedura, ad un’urgenza particolare, all'oggetto o al valore stimato aggiudicando, o all’inopportunità di esperire una procedura diversa, che si rivelerebbe inutile o manifestamente contraria agli interessi della stazione appaltante.
Il Codice, all’interno del medesimo Capitolo II, distingue poi due differenti Sezioni, la prima dedicata ai cd. “Marchés passés sans publicité ni mise en concurrence en raison de leur montant ou de leur objet”, la Section II, i cd. “Marchés passés sans publicité ni mise en concurrence en raison de la qualité de l'acheteur”.
A differenza della disciplina italiana, il Codice francese consente il ricorso alle procedure senza concorrenza e pubblicità preventive a prescindere dal valore stimato del contratto aggiudicando, allorquando ricorrano le condizioni stabilite ex lege e, segnatamente, dagli artt. da R2122-1 a R2122-11.
In altri termini, mentre la disciplina italiana consente il ricorso alle procedure di cui all’art. 36 solo ed unicamente nel caso di appalti sotto soglia[32] e che rispettino le condizioni ivi previste, la disciplina francese prevede una serie di eccezioni alle procedure formali, giustificate non dal valore del contratto aggiudicando, ma da condizioni e caratteristiche diverse, quali il particolare settore del mercato o l’urgenza afferente al bisogno dell’aggiudicatore, secondo un modello assimilabile all’art. 63 del Codice dei Contratti pubblici[33].
Fa eccezione a tale tecnica redazionale e normativa l’art. R2122-8, a tenore del quale “l'acheteur peut passer un marché sans publicité ni mise en concurrence préalables pour répondre à un besoin dont la valeur estimée est inférieure à 25 000 euros hors taxes ou pour les lots dont le montant est inférieur à 25 000 euros hors taxes et qui remplissent la condition prévue au b du 2° de l'article R. 2123-1. L'acheteur veille à choisir une offre pertinente, à faire une bonne utilisation des deniers publics et à ne pas contracter systématiquement avec un même opérateur économique lorsqu'il existe une pluralité d'offres susceptibles de répondre au besoin”.
La riferita disposizione utilizza quale criterio delimitativo del proprio campo di applicazione il valore del contratto aggiudicando, concedendo la possibilità alla Stazione appaltante, a prescindere dall’oggetto del contratto, dalle condizioni del mercato e dal ricorrere di una situazione di urgenza, di ricorrere ad una procedura priva dei caratteri pubblicitari e concorrenziali.
Il Codice francese non si preoccupa, a differenza di quello italiano, di stabilire didascalicamente le procedure “sans publicité ni mise en concurrence préalables”, le quali possono svolgersi, a discrezione della stazione appaltante, sia secondo il modello dell’affidamento diretto, sia secondo il meccanismo della preventiva negoziazione tra più operatori.
Conseguentemente, allorquando ricorrano i presupposti previsti dall’art. R2122-8, ovvero il valore del contratto aggiudicando o di un lotto singolarmente considerato risulti inferiore agli Euro 25.000, - purché, per la seconda ipotesi, il valore complessivo del lotto (o dei lotti) da aggiudicarsi mediante la procedura ristretta non sia superiore alla misura del 20% del valore complessivo di tutti i lotti in cui è suddiviso l’appalto, a norma dell’art. R2123-1, comma 2, lett. b) - la stazione appaltante[34] può ricorrere ad una procedura priva dei caratteri concorrenziali e pubblicitari[35].
Si noti tuttavia che, contrariamente al modello italiano, il Codice francese àncora il calcolo del valore stimato non al contratto aggiudicando, ma al bisogno manifestato dalla stazione appaltante, il cui valore complessivo deve, in vista dell’applicazione di una procedura “sans publicité ni mise en concurrence préalables” risultare inferiore agli Euro 25.000,00.
Ciò significa che, se la stazione appaltante intende soddisfare un bisogno di tipo composito, ovvero astrattamente appaltabile e quindi soddisfabile da diversi operatori, ma pur sempre dotato d’unità funzionale[36] del valore complessivo superiore alla soglia di fissata dall’art. R2122-8, non potrà comunque ricorrere alla procedura “sans publicité ni mise en concurrence préalables” nemmeno per appaltare una delle componenti del progetto, ma, al ricorrere dei relativi presupposti, dovrà porre in essere una procedura adaptée.
Questa regola è evidentemente funzionale ad evitare scorporamenti elusivi di contratti di ingente valore che, altrimenti, potrebbero essere aggiudicati secondo una procedura priva dei caratteri della pubblicità e della concorrenza, con la conseguente frustrazione dei principi del diritto europeo, che sovrintendono la materia dei contratti pubblici.
Sotto altro profilo, analogamente al Codice italiano, anche quello francese si preoccupa di predisporre dei meccanismi volti ad evitare che gli Enti aggiudicatori possano, utilizzando in maniera distorta la procedura non concorrenziale, porre in essere situazioni di favoritismo che escludano dal mercato di riferimento alcune imprese, a vantaggio di altre.
In particolare, il citato art. R2122-8, al secondo capoverso, pone tre criteri metodologici che la stazione appaltante è obbligata a rispettare ove intenda ricorrere alla procedura ivi prevista:
- l’offerta scelta deve essere appropriata alla soddisfazione dell’esigenza dell’aggiudicatore;
- l’aggiudicatore deve utilizzare il denaro pubblico in maniera “bonne”, ovvero, nel rispetto dei principi che sovrintendono all’azione amministrativa, quale il principio costituzionale (art. 47-2, comma 2 Costituzione francese) di regolarità e veridicità dei conti delle Amministrazioni;
- il divieto di contrarre sistematicamente con il medesimo operatore, allorquando il mercato presenti una pluralità di operatori capaci di soddisfare l’esigenza dell’aggiudicatore.
Al fine di garantire il pieno rispetto del primo criterio, ovvero la corrispondenza tra l’offerta prescelta e il bisogno della stazione appaltante, è previsto che quest’ultima determini, in via preliminare ed anticipata, “la nature et l'étendue des besoins à satisfaire […] avec précision avant le lancement de la consultation en prenant en compte des objectifs de développement durable dans leurs dimensions économique, sociale et environnementale”, a norma dell’art. L2111-1 del Code.
L’onere di previa definizione consente, per l’appunto, di evitare pratiche di tipo elusivo, garantendo, a tal fine, l’esperibilità di un controllo di tipo giurisdizionale circa il corretto svolgimento della procedura.
Il secondo criterio, ovvero la corretta gestione del denaro pubblico, costituisce una sorta di clausola generale, cui le Amministrazioni sono sempre obbligate, che il Governo francese, titolare del dominio regolamentare[37], ha inteso trasporre nel Codice, quale contrappeso all’assenza di pubblicità e concorrenza, ma che, comunque, sovrintende qualsiasi tipo di procedura.
Nella particolare procedura prevista dall’art. L2122-1, il rispetto di tale principio generale impone un confronto tra il prezzo praticato dall’operatore che la stazione appaltante intende scegliere e i prezzi generalmente praticati sul mercato di riferimento per una commessa di tipo analogo.
Al fine di esperire tale comparazione, l’aggiudicatore potrà sia richiedere preventivi a diversi operatori economici, sia confrontare il prezzo praticato dall’operatore prescelto, ad esempio, attraverso una consultazione on-line.
In ogni caso, l’esperimento della suddetta comparazione può essere evitato ogniqualvolta l’appalto riguardi un settore economico, del quale la Stazione appaltante abbia una sufficiente conoscenza.
Il terzo dei criteri previsti dall’art. R2122-8, vale a dire il divieto di contrarre sistematicamente con il medesimo operatore, a fronte di un mercato connotato dalla presenza di una pluralità di operatori, costituisce, al pari del principio di rotazione operante nell’ordinamento italiano, un meccanismo atto a garantire la partecipazione alternata di diverse imprese alla contrattazione pubblica, di modo che alcune non risultino sempre e sistematicamente escluse.
A differenza dell’ordinamento italiano, quello francese non conosce il principio di rotazione degli inviti, in quanto la procedura senza pubblicità non è articolata mediante la previsione di inviti a diversi operatori, ma come sopra ricordato, il confronto tra più preventivi può essere operato anche mediante una consultazione on-line.
Conseguentemente, il principio di rotazione, o meglio, il divieto di contrarre sistematicamente con il medesimo operatore, opera soltanto con riferimento alle aggiudicazioni.
Si noti, tuttavia, che diversamente dal principio di rotazione italiano, quello francese non vieta tout court di aggiudicare analoga comanda al precedente contraente, ma pone il divieto di una contrattazione sistematica ovvero ripetuta nel tempo e senza soluzione di continuità, in quanto solo la sistematicità dell’attribuzione, a mente del legislatore francese, può lumeggiare un’ipotesi di favoritismo e concretizzare la relativa fattispecie di reato.
Inoltre, il divieto di cui trattasi cessa di operare nel caso di organizzazione di una procedura di tipo concorrenziale, in quanto, la sua eventuale operatività costituirebbe ipso facto una menomazione alla stessa libertà di concorrenza e comporterebbe un pregiudizio al medesimo Ente aggiudicatore, il quale sarebbe costretto ad escludere un operatore che ben potrebbe aver formulato l’offerta economicamente più vantaggiosa e maggiormente rispondente alla soddisfazione dei suoi bisogni.
La medesima ratio ispira la regola che esclude l’applicazione del principio di rotazione degli affidamenti nel caso di negoziazioni svolte nel rispetto delle procedure adapté: infatti, in tali ipotesi, ove la procedura prescelta sia stata correttamente instaurata, se la corretta applicazione del criterio di attribuzione comporta l’aggiudicazione all’operatore uscente, nessun tipo di censura relativo alla violazione del principio di rotazione, ai sensi dell’art. L2112-1, può essere mosso all’Ente aggiudicatore.
Il rispetto dei principi stabiliti dall’art. R2122-8 del Code è altresì imposto dal successivo art. R2122-9, che regola l’affidamento di contratti di fornitura di “livres non scolaires” nel caso in cui l’Ente aggiudicatore sia uno dei soggetti elencati ai nn. 1 e 2 dell’art. 3 della Loi n° 81-766 du 10 août 1981 relative au prix du livre.
In particolare, a norma della predetta diposizione, gli enti aggiudicatori, per soddisfare un proprio bisogno o al fine di implementare le collezioni custodite nelle biblioteche pubbliche, quando il valore del “besoin”, sia pari o inferiore agli Euro 90.000,00, possono procedere all’affidamento mediante una procedura “sans publicité ni mise en concurrence préalables”.
L’art. R2122-9, oltre al divieto di contrarre sistematicamente con un medesimo operatore, previsto per il tramite del rinvio espresso ai principi di cui all’art. R2122-8, impone altresì l’obbligo, per l’Ente aggiudicatore, di mantenere una rete quanto più fitta di operatori, tra i quali scegliere l’aggiudicatario, al fine di favorire la concorrenza editoriale, funzionale ad una cultura poliedrica e variegata.
Tale obbligo, pertanto, non risponde soltanto all’esigenza, strettamente legata all’attuazione del principio concorrenziale, di garantire la più ampia partecipazione degli operatori alla contrattazione pubblica, ma anche alla necessità di evitare il monopolio editoriale nelle collezioni delle biblioteche pubbliche.
La disciplina francese, prevede, inoltre, ulteriori ipotesi di procedure “sans publicité ni mise en concurrence préalables”, svincolate tuttavia dal valore del contratto aggiudicando (rectius del bisogno dell’Ente appaltante) e, pertanto, esperibili anche nel caso di rilevanza comunitaria dell’appalto in questione.
D’altro canto, l’esperibilità di tali procedure è strettamente legata al ricorrere di presupposti puntualmente predeterminati e positivizzati dagli artt. R2122-1, R2122-2, R2122-3, R2122-4, R2122-5, R2122-6, R2122-7, R2122-10 e R2122-11, nel rispetto di quanto disposto dall’art. L2111-1 del Code de la commande publique.
Alcune delle fattispecie normate dalle disposizioni elencate costituiscono oggetto di analoga disciplina anche nell’ordinamento italiano, ove l’art. 63 del Codice dei contratti pubblici prevede una serie di ipotesi, in relazione alle quali, al ricorrere dei relativi presupposti, è possibile per la stazione appaltante esperire la procedura ivi disciplinata (“procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara”)[38].
A titolo esemplificativo, si ricordano le ipotesi connotate da particolare urgenza, per le quali, l’art. R2122-1 del Code francese prevede che “l'acheteur peut passer un marché sans publicité ni mise en concurrence préalables lorsqu'une urgence impérieuse résultant de circonstances extérieures et qu'il ne pouvait pas prévoir ne permet pas de respecter les délais minimaux exigés par les procédures formalisées […]”, mentre l’art. 63 del Codice italiano stabilisce che “[…] nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata: […] c) nella misura strettamente necessaria, quando per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”.
Per tale fattispecie, come per le altre previste dagli articoli sopra elencati per quanto concerne l’ordinamento francese e dall’art. 63 del D. Lgs. n. 50/2016 per quello italiano, è stabilita la possibilità di esperire una procedura priva dei caratteri concorrenziali e pubblicitari, anche a prescindere dal superamento delle soglie di rilevanza comunitaria, in ragione di diverse esigenze, il cui perseguimento impone un contemperamento dei caratteri dell’evidenza pubblica.
Tuttavia, sono riscontrabili significative differenze tra le discipline previste dai due ordinamenti.
Innanzitutto, la disciplina italiana, se deroga ai meccanismi pubblicitari, d’altro canto impone lo svolgimento di una procedura che coinvolga una pluralità di operatori[39], escludendo di tal guisa la possibilità di un affidamento diretto, esperibile solo nelle ristrette ipotesi di cui all’art. 36[40].
L’ordinamento francese, invece, non impone alcun obbligo procedurale al ricorrere delle fattispecie di cui trattasi, lasciando nella disponibilità della stazione appaltante la scelta circa il modulo procedimentale da seguire[41].
In secondo luogo – e questo è forse l’aspetto più rilevante per quanto affrontato sino ad ora – mentre la disciplina italiana impone alle Amministrazioni appaltanti che operino secondo il modulo dell’art. 63, il “rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione”, un analogo obbligo non è previsto dalla disciplina francese, che, fatta eccezione per le fattispecie disciplinate dagli artt. R2122-8 e R2122-9, per le forniture alle biblioteche pubbliche, per le altre ipotesi di procedura “sans publicité ni mise en concurrence préalables”, non dispone il divieto di “contracter systématiquement avec un même opérateur économique lorsqu'il existe une pluralité d'offres susceptibles de répondre au besoin”.
La differenza tra le discipline degli ordinamenti presi a riferimento rivela come se per il caso italiano la regola della rotazione assurge a principio e criterio informatore dell’azione delle stazioni appaltanti in tutti i casi di procedure prive dei caratteri della gara aperta, per quello francese, tale regola rimane àncorata ad ipotesi predeterminate in via tassativa dalla normativa di riferimento.
* * *
4. La sfida del futuro.
La disamina comparata del nostro sistema di aggiudicazione degli appalti sotto la soglia di rilevanza comunitaria con quello francese si rivela assai utile e indicativa per affrontare, con maggiore consapevolezza, la permanente problematica dell’inefficienza diffusamente percepita nell’esperienza italiana.
I tentativi di semplificazione e speditezza (da ultimo, ad opera del D. L n. 32/2019, cd. “Sblocca Cantieri”) sono finora naufragati di fronte ad un apparato amministrativo inidoneo, per difetto formativo e culturale, a cimentarsi nella sfida.
Certamente, il modello francese è più agile ed elastico, incentrato com’è sul buon uso delle risorse pubbliche (“bonne utilisation des deniers publics”) e sul raggiungimento di un risultato soddisfacente quale primo obiettivo dell’Amministrazione, anche a scapito della pubblicità e concorrenza.
Traspare nel Code de la commande publique una fiducia nell’“acheteur” assai maggiore di quella manifestata dal nostro Codice dei contratti pubblici nei confronti delle Stazioni appaltanti.
La disciplina francese, seppur partecipe, come quella italiana, della complessità della materia e dei relativi problemi nonché espressione della comune matrice eurounitaria, lascia all’aggiudicatore un margine di azione e di apprezzamento assai maggiore, valorizzando il suo patrimonio soggettivo di conoscenze, incentivandolo quindi a procedere come un privato che agisce con oculatezza per raggiungere il risultato migliore (realizzazione dell’opera, prestazione del servizio o della fornitura, a costi adeguati).
Il Codice italiano, invece, con il suo profluvio di disposizioni limitative del modus agendi delle Stazioni appaltanti, sembra piuttosto privilegiare il principio di concorrenza (e quello connesso di pubblicità), che poi in realtà non riesce neanche a conseguire, rispetto al buon risultato che la Pubblica Amministrazione dovrebbe perseguire con l’appalto di lavori, servizi e forniture, a vantaggio dei cittadini e degli utenti in genere.
Trattasi di una prospettiva ribaltata rispetto a quella francese.
Vero è che il sistema complesso degli appalti pubblici non può prescindere, per il suo corretto funzionamento, da una componente soggettiva preparata e consapevole delle sue funzioni, quale deve essere la Stazione appaltante.
Se ciò vale, in linea generale, per tutta l’attività amministrativa, in ossequio ai canoni costituzionali di buon andamento e imparzialità, per il settore degli appalti pubblici è addirittura indispensabile, attesa la sua diffusione, complessità e delicatezza.
Certamente, la classe dirigente francese, proveniente dall’Ècole Nationale d’Administration (ENA)[42], per il suo alto livello formativo, è avvantaggiata.
È ad esso che il nostro sistema deve guardare, con l’istituzione di corrispondenti strutture e cicli formativi della dirigenza pubblica, senza indulgere più nelle continue modifiche normative e nell’introduzione di sempre più articolate discipline di dettaglio, che aggravano i problemi che vorrebbero risolvere.
[1] Basti pensare al titolo VII, intitolato “Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni” ed al richiamo operato nello stesso preambolo del Trattato, ove è riconosciuto che “l'eliminazione degli ostacoli esistenti impone un'azione concertata intesa a garantire la stabilità nell'espansione, l'equilibrio negli scambi e la lealtà nella concorrenza”.
[2] Come ha sottolineato la nostra Corte costituzionale in sede di definizione della potestà legislativa esclusiva dello Stato ex art 117, 2° comma, lett. e), Cost., “tutela della concorrenza” è “materia trasversale” (Cfr. Corte cost., 8 ottobre 2010, n. 288, ove la Consulta ha “ritenuto che «poiché la promozione della concorrenza ha una portata generale, o “trasversale”, può accadere che una misura che faccia parte di una regolamentazione stabilita dalle Regioni nelle materie attribuite alla loro competenza legislativa, concorrente o residuale, a sua volta abbia marginalmente una valenza pro-competitiva. Ciò deve ritenersi ammissibile, al fine di non vanificare le competenze regionali, sempre che tali effetti siano marginali o indiretti e non siano in contrasto con gli obiettivi delle norme statali che disciplinano il mercato, tutelano e promuovono la concorrenza» (sentenza n. 430 del 2007)”. Cfr., nello stesso senso, Corte cost., 14 dicembre 2007, n. 431, che ha efficacemente illustrato come “l'esclusività di siffatta competenza si esprime nella ammissibilità della formulazione, da parte del legislatore statale, di una disciplina integrale e dettagliata delle richiamate procedure e nell'inderogabilità delle relative disposizioni, le quali legittimamente incidono, nei limiti della loro specificità e dei contenuti normativi che di esse sono propri, sulla totalità degli àmbiti materiali entro i quali si applicano (sentenza n. 430 del 2007), senza che ciò determini una compressione irragionevole e sproporzionata di alcuna sfera di competenza regionale. Il carattere trasversale della tutela della concorrenza (sentenze n. 401 del 2007, n. 272 del 2004), infatti, implica che essa, avendo ad oggetto la disciplina del mercato di riferimento delle attività economiche, può influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle Regioni (sentenza n. 430 del 2007)”. Per una giurisprudenza più recente, ma confermativa di quella citata, cfr., ex plurimis, Corte cost., 21 dicembre 2016, n. 285 e Id., 16 aprile 2014, n. 97. Da ultimo, cfr. altresì Corte cost., 27 maggio 2020, n. 98, che riferendosi proprio alle disposizioni del Codice dei contratti pubblici, ne ha ulteriormente riconfermato la riconducibilità “alla materia della tutela della concorrenza”, sicché “le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020). Ciò vale «anche per le disposizioni relative ai contratti sotto soglia (sentenze n. 263 del 2016, n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007), […] senza che rilevi che la procedura sia aperta o negoziata (sentenza n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020)”.
[3] Il primo Considerando della direttiva 71/305, così testualmente si esprime “La realizzazione simultanea della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici aggiudicati negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altre persone giuridiche di diritto pubblico richiede, parallelamente all'eliminazione delle restrizioni, il coordinamento delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti”; mentre il Considerando n. 9 riconosce la strumentalità dei meccanismi pubblicitari all’attuazione della libera concorrenza, affermando che “lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti di lavori pubblici richiede una pubblicità comunitaria dei relativi bandi di gara indetti dalle amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri”.
[4] Si ricordano, a titolo meramente esemplificativo, i Regolamenti nn. 1828, 1829, 1830 e 1831 del 2019, pubblicati in GUUE n. L279 del 30/10/2019.
[5] Materia cui era limitato il campo di applicazione della direttiva, che non prendeva in considerazione gli appalti di servizi e forniture.
[6] La limitazione valoriale era imposta in forza dell’art. 7 della Direttiva, attuativo del Considerando n. 8.
[7] L’unità di conto costituiva un parametro monetario comune ai Paesi membri dell’Unione prima dell’introduzione della moneta unica, funzionale al calcolo dei debiti e dei crediti ed alla determinazione del livello dei prezzi dei prodotti agricoli nell'ambito della politica agricola comune (PAC). In particolare, il valore della prima unità di conto (UC) della Comunità era determinato sulla base del valore del dollaro. Dal 21 aprile 1975, la Comunità approvò una nuova unità di conto (European Currency Unit - ECU), il cui valore non era più àncorato a quello del dollaro, ma determinato giorno per giorno sulla base di un paniere formato dalle monete degli allora nove Stati membri (Italia, Francia, Germania occidentale, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Regno Unito, Danimarca e Irlanda).
Con l’ERM (Exchange Rate Mechanism) formò, il 13 marzo 1979, il Sistema monetario europeo (SME), per garantire la stabilità dei cambi valutari. Dallo SME l’Italia uscì, insieme con la sterlina, il 17 settembre 1992, a seguito della nota crisi valutaria di quell’anno. Lo SME fu preceduto dal Serpente monetario europeo, sorto in virtù dell’accordo del 1972 tra i Paesi dell’allora Comunità Economica Europea (Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo) e fondatori di essa, per garantire un margine di fluttuazione predeterminato e contenuto tra le monete comunitarie e tra esse ed il dollaro. Il Serpente scaturì a seguito della fine degli Accordi di Bretton Woods del 1944, derivata dalla fine della diretta convertibilità del dollaro in oro, decisa dal Presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, il 15 agosto 1971. L’Italia uscì dal Serpente nel febbraio del 1973 e vi rimase fino all’istituzione del Sistema monetario europeo.
Il valore ufficiale di 1 ECU rispetto alla Lira italiana fu fissato in Lire 1.483,58. Poiché, in forza del Trattato di Maastricht del 1992, l’ECU dal 1° gennaio 1999 fu sostituito dall’Euro, secondo un rapporto di parità di cambio (1:1), non appare perspicua e non è mai stata chiarita in modo convincente la ragione per la quale il cambio della Lira con l’Euro, al momento della sua entrata in vigore come moneta circolante (1° gennaio 2002), sia stato fissato in 1.936,27.
[8] Cfr., in tal senso, CGUE 15 maggio 2008, SECAP e Santorso, C‑147/06 e C‑148/06; Id., 19 dicembre 2012, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., C-159/11, p. 23; Id., 10 luglio 2014, Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici, C-358/12, p. 24.
[9] La Comunicazione interpretativa della Commissione, sulla scorta degli insegnamenti della Corte di Giustizia, ha individuato, a titolo esemplificativo, quali parametri di valutazione “l'oggetto dell'appalto, il suo importo stimato, le particolari caratteristiche del settore in questione (dimensioni e struttura del mercato, prassi commerciali, ecc.), nonché il luogo geografico di esecuzione dell'appalto)”.
[10] Cfr., in proposito, CGUE, 21 febbraio 2008, Commissione/Italia, C‑412/04, pp. 65 e 66, ove la Corte ricostruisce la ratio della sua giurisprudenza nella necessità di evitare forme di discriminazione indirette sulla base della nazionalità, ricordando che “il legislatore comunitario ha fatto la scelta esplicita e di principio di lasciare gli appalti inferiori ad un certo limite al di fuori del regime di pubblicità che ha introdotto, non imponendo di conseguenza alcun obbligo specifico relativamente ad essi. Inoltre, quando sia accertato che un tale appalto presenti un interesse transfrontaliero certo, l’affidamento, in mancanza di qualsiasi trasparenza, di tale appalto ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate a tale appalto. Salvo non sia giustificata da circostanze obiettive, siffatta disparità di trattamento, che, escludendo tutte le imprese aventi sede in un altro Stato membro, opera principalmente a danno di queste ultime, costituisce una discriminazione indiretta in base alla nazionalità, vietata ai sensi degli artt. 43 CE e 49 CE (v., in tal senso, riguardo alla direttiva 92/50, sentenza 13 novembre 2007, causa C‑507/03, Commissione/Irlanda, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 30 e 31, nonché la giurisprudenza ivi citata)”.
[11] Nello stesso senso, cfr. CGUE, 5 aprile 2017, Borta, C-298/15, pp. 33 e 34, nonché giurisprudenza ivi citata; Id., 18 dicembre 2014, Nolan, C–470/13, p. 47 e giurisprudenza ivi citata.
[12] Si osserva, in proposito, che la certezza del diritto (come obiettivo fondamentale) declamato nella rule of law e nello Stato di diritto, costituisce uno dei valori fondamentali dell’Unione Europea ex art. 2 TFUE.
Con riferimento alla rule of law ed al ruolo fondamentale ruolo da essa svolto, ad esempio, per il processo di sviluppo economico, cfr. le illuminanti osservazioni di M. CLARICH, “Giustizia amministrativa e processi economici”, in Riv. Trim. Dir. Pubb., n. 1, 2020, pagg. 27 e ss., (significativamente dedicato alle relazioni del Congresso di Pisa del 10 dicembre 2018 “Giustizia e legalità nell’azione amministrativa. Giornata di studi in onore del Professore Fabio Merusi”), riferite ad un’ampia visione storica, per cui “gli stessi studiosi delle scienze economiche e sociali mettono in evidenza come lo Stato di diritto (rule of law) costituisce, anche da un punto di vista storico di lungo periodo e del raffronto tra lo straordinario sviluppo economico verificatosi nell’Occidente nei secoli passati rispetto alla sostanziale stagnazione di altri continenti, uno dei fattori essenziali della cornice politica ed istituzionale, che favorisce il buon funzionamento del mercato e la crescita economica”. L’A. richiama altresì P. DE GRAUWE, The Limits of the Market. The Pendulum between Government and Market, Oxford, Oxford University Press, 2017, pag. 98, secondo cui senza la “rule of law”, “a stable market system based on contractual relationships is impossible” e Max Weber, che “teorizzò all’inizio del secolo scorso come, per poter promuovere lo sviluppo economico secondo il modello dell’economia di mercato, sia richiesta un’amministrazione che rispetti le regole dello Stato di diritto e operi come una “macchina” in grado di produrre risultati prevedibili nel senso che le decisioni assunte dagli apparati burocratici possano essere “calcolabili”, al pari delle altre componenti del calcolo economico che l’imprenditore deve operare prima di procedere a investimenti produttivi”. Significativa è altresì la distinzione, ripresa da Clarich dall’analisi storico-economica, “tra ordinamenti “estrattivi”, fondati su modelli chiusi, autoritari, privi di sistemi di pesi e contrappesi rispetto al potere politico, che accentrano le risorse a favore di una casta ristretta senza redistribuirle, e ordinamenti “inclusivi”, dotati di istituzioni aperte, pluraliste, che permettono la diffusione della conoscenza”.
Sempre sullo stretto legame causale tra rule of law e sviluppo economico, sulla scia del pensiero weberiano, caposaldo della democrazia liberale e capitalista, cfr., nel medesimo numero di Riv. Trim. Dir. Pubb., ancora M. CLARICH, Riforme amministrative e sviluppo economico”, pagg. 161 e ss.
Certezza del diritto (o comunque tendenza ed aspirazione ad essa), Stato di diritto, rule of law, sono le precondizioni dello sviluppo economico, della crescita sociale e della diffusione del benessere. Si noti che certezza del diritto significa anche e soprattutto prevedibilità delle decisioni e tempi procedimentali e processuali ragionevoli (cfr. artt. 97 e 111 Cost. e art. 1, 2° comma, della Legge n. 241/1990).
[13] Mancanza di offerte o di domande di partecipazione, ovvero qualora le stesse non siano appropriate (secondo la definizione legislativa contenuta nella lett. a): inconferenza con l’appalto e manifesta inadeguatezza o domanda che incorre in cause di esclusione o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall’Amministrazione aggiudicatrice) nella precedente procedura aperta o ristretta, impossibilità di esecuzione o fornitura unicamente da un determinato operatore economico o perché lo scopo dell’appalto è la formazione di un’opera d’arte o rappresentazione artistica unica, o perché la concorrenza latita per motivi tecnici, o perché vi è tutela di diritti esclusivi compresi quelli di proprietà intellettuale; ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili; ulteriori casi peculiari sono previsti dal comma 3° per gli appalti pubblici di forniture e dal comma 4° per appalti pubblici di servizi a seguito di concorsi per progettazione e dal comma 5° per la ripetizioni di lavori o servizi analoghi. In ogni caso, nel primo atto della procedura, la Stazione appaltante deve dare conto “con adeguata motivazione” della sussistenza dei predetti presupposti.
[14] Le Linee Guida n. 4, recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici” sono state approvate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), già Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP), con delibera del Consiglio dell’Autorità n. 1097 del 26 ottobre 2016 e successivamente aggiornate al Decreto Legislativo 19 aprile 2017, n. 56 con delibera del Consiglio n. 206 del 1 marzo 2018 e al Decreto Legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con Legge 14 giugno n. 55, con delibera del Consiglio n. 636 del 10 luglio 2019, limitatamente ai punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6.
[15] Sul punto, cfr. Cons. Stato, Sez. III, 25 aprile 2020, n. 2654, secondo cui “il fondamento del principio di rotazione è individuato tradizionalmente nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), in particolare nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato. Peraltro, così come delineato dal richiamato articolo 36, detto principio costituisce per gli appalti di lavori, servizi e forniture sotto soglia il necessario contrappeso alla significativa discrezionalità riconosciuta all’amministrazione nell’individuare gli operatori economici in favore dei quali disporre l’affidamento (nell’ipotesi di affidamento diretto) o ai quali rivolgere l’invito a presentare le proprie offerte (nel caso di procedura negoziata), in considerazione dell’eccentricità di tali modalità di selezione dei contraenti rispetto ai generali principi del favor partecipationis e della concorrenza. (…) detto principio non trova applicazione ove la stazione appaltante non effettui né un affidamento (diretto) né un invito (selettivo) degli operatori economici che possono presentare le loro offerte, ma la possibilità di contrarre con l’amministrazione sia aperta a tutti gli operatori economici appartenenti ad una determinata categoria merceologica”.
Infatti, “quando l’arrivo un concorrente marginale non comporta problemi di gestibilità della procedura, perché la partecipazione è aperta a tutti i soggetti in possesso di determinati requisiti, senza necessità di una preventiva selezione, i rapporti intrattenuti in passato da alcuni soggetti con la stazione appaltante risultano inevitabilmente diluiti, e in definitiva perdono ogni capacità di interferenza nella nuova gara” (T.A.R. Lombardia – Brescia, Sez. Sez. I, 9 marzo 2020, n. 209).
[16] Sul punto, cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia – Brescia, Sez. I, 9 marzo 2020, n. 209, secondo cui “l’esclusione dei precedenti aggiudicatari e dei soggetti economici già invitati è utile, in quanto impedisce la formazione di una rendita di posizione, e libera la stazione appaltante dai legami e dai condizionamenti derivanti dai rapporti pregressi, livellando il terreno della competizione”.
[17] Sul punto, cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2019, n. 1524, secondo cui “anche al fine di dissuadere le pratiche di affidamenti senza gara – tanto più ove ripetuti nel tempo – che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio [di rotazione] comporta, in linea generale, che ove la procedura prescelta per il nuovo affidamento sia di tipo ristretto o “chiuso” (recte, negoziato), l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale”.
[18] Le Linee Guida dell’ANAC, anche quelle vincolanti, cessano di avere efficacia (come i decreti ministeriali) alla data di entrata in vigore del Regolamento unico e nelle materie disciplinate dallo stesso, tra cui le “procedure di affidamento e realizzazione dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie comunitarie” (art. 216, comma 27-octies, lett. d).
Come ha autorevolmente sottolineato Raffaele Greco, Presidente della Commissione ministeriale per il Regolamento al Convegno “Aspettando il Regolamento”, svoltosi il 26 febbraio 2020 all’Università LUMSA in Roma, a cura della stessa e dell’Istituto Grandi Infrastrutture (IGI), l’art. 216, comma 27-octies sopracitato non parla di “abrogazione” delle Linee Guida, ma di loro venir meno con l’entrata in vigore del Regolamento, proprio perché il Regolamento è espressione di potere normativo, mentre le Linee Guida sono espressione di un potere di amministrazione, sia pure per regolazione, ossia con atti amministrativi generali. Il loro rapporto con il potere regolamentare, secondo i canoni del sistema delle fonti propri del diritto costituzionale, non è di successione normativa, ma d’illegittimità sopravvenuta. Trattasi infatti di differenti livelli di regolazione.
[19] Il valore giuridico delle Linee Guida ed il conseguente loro inquadramento nell’ambito della gerarchia delle fonti costituisce oggetto di acceso dibattito giurisprudenziale e dottrinale. In proposito non ci si può esimere dal premettere che la categoria delle Linee guida ricomprende al suo interno diverse species di atti giuridici: infatti, è possibile distinguere le Linee Guida ministeriali da quelle adottate direttamente dall’ANAC e, tra queste ultime, quelle vincolanti e quelle non vincolanti. Il valore giuridico delle Linee Guida, relativamente a tutte e tre le species sopra individuate è stato chiarito dal Consiglio di Stato, con il parere 1° aprile 2016, n. 855 reso dalla Commissione speciale, istituita con decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 40 del 12 marzo 2016, per la trattazione dello “Schema di decreto legislativo recante "Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione", ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n.11”. Relativamente alle prime il parere suddetto ha stabilito che “indipendentemente dal nomen juris fornito dalla delega e dallo stesso codice (che potrà comunque precisarlo in sede di approvazione definitiva, nei singoli articoli di riferimento), tali atti devono essere considerati quali 'regolamenti ministeriali' ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400”. Con riguardo alle Linee Guida adottate direttamente dall’ANAC, invece, i Consiglieri di Palazzo Spada hanno riconosciuto la natura di “ordinari atti amministrativi” per quelle non qualificate come vincolanti e la natura di “atti amministrativi generali e, appunto, 'di regolazione'” per quelle cui il Codice accorda il carattere della vincolatività.
In dottrina, cfr. G. MORBIDELLI, Linee guida dell’ANAC: comandi o consigli?, in Diritto Amministrativo, 2016, fasc. 3; N. MARI, Linee Guida ANAC: la soft law e la gerarchia delle fonti, 2017, in Italiappalti.it e C. BORGIA, Linee guida ANAC: natura giuridica e portata applicativa, 2018, in Italiappalti.it.
[20] In ogni caso, resta ferma l’obbligatorietà dell’applicazione della regola della rotazione per le procedure previste dagli artt. 36 e 63, definito come “principio di carattere generale” da giurisprudenza ormai consolidata (sul punto, cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2019, n. 3943; Id., Sez. V, 5 marzo 2019, n. 1524; Id., V, 13 dicembre 2017, n. 5854 e Id., Sez. VI, 31 agosto 2017, n. 4125).
Secondo la granitica giurisprudenza formatasi al riguardo, “rileva quindi il fatto oggettivo del precedente affidamento in favore di un determinato operatore economico, non anche la circostanza che questo fosse scaturito da una procedura di tipo aperto o di altra natura: per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito del precedente affidatario, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento” (Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2019, n. 3943).
[21] Ai sensi dell’art. 35, comma 1, del Codice, “le soglie di rilevanza comunitaria sono: a) euro 5.225.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni; b) euro 135.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali indicate nell'allegato III; se gli appalti pubblici di forniture sono aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici operanti nel settore della difesa, questa soglia si applica solo agli appalti concernenti i prodotti menzionati nell'allegato VIII; c) euro 209.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali; tale soglia si applica anche agli appalti pubblici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali che operano nel settore della difesa, allorché tali appalti concernono prodotti non menzionati nell'allegato VIII; d) euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all'allegato IX. 2. Nei settori speciali, le soglie di rilevanza comunitaria sono: a) euro 5.225.000 per gli appalti di lavori; b) euro 418.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione; c) euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati all'allegato IX”.
L’importo delle soglie, in forza del comma 3 del medesimo articolo, è periodicamente rideterminato con provvedimento della Commissione europea, che trova diretta applicazione nell’ordinamento interno a seguito alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.
[22] La lett. c) riguarda gli “affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro, mediante la procedura negoziata di cui all'articolo 63 previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici. L'avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l'indicazione anche dei soggetti invitati”.
[23] La lett. c-bis) riguarda gli “affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 350.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, mediante la procedura negoziata di cui all'articolo 63 previa consultazione, ove esistenti, di almeno quindici operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici. L'avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l'indicazione anche dei soggetti invitati”.
[24] Sul punto, cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2020, n. 2655, che ricorda come “la giurisprudenza ha già chiarito che (anche alla luce delle Linee guida ANAC n. 4 nella versione adottata con delib. 1 marzo 2018, n. 206, punto 3.6) il principio di rotazione è inapplicabile nel solo caso in cui la stazione appaltante decida di selezionare l’operatore economico mediante una procedura aperta, che non preveda una preventiva limitazione dei partecipanti attraverso inviti, mentre, in ogni altro caso, il solo fatto oggettivo del precedente affidamento – a prescindere dalla modalità con la quale sia avvenuto – impedisce alla stazione appaltante di invitare il gestore uscente, salvo che essa dia adeguata motivazione delle ragioni che hanno indotto, in deroga al principio generale di rotazione, a rivolgere l’invito anche all’operatore uscente (cfr. Cons. Stato, sez. III, 4 febbraio 2020, n. 875; V, 5 novembre 2019, n. 7539); quel che si intende evitare, infatti, è che l’operatore uscente possa avvantaggiarsi delle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento, nell’ambito di una procedura in cui è chiamato a confrontarsi, allo scoperto, con pochi altri concorrenti; in quest’ottica è del tutto indifferente la modalità con la quale sia stato aggiudicato il precedente contratto (lo spiega chiaramente Cons. Stato, V, 12 giugno 2019, n. 3943)”.
L’insegnamento giurisprudenziale muove dalla necessità di non trasformare la regola della rotazione in una causa di esclusione non codificata, che, come tale, urterebbe sia con il principio di tassatività delle cause di esclusione, sia con il principio di legalità, sia infine con i principi informatori dell’azione amministrativa, codificati dall’art. 97 Cost.
In proposito, cfr. T.A.R. Sardegna, 22 maggio 2018, n. 493, secondo cui il principio di rotazione “se inteso in modo distorto (come talora accade) finisce per concretizzare una nuova causa di esclusione dalle gare, da un lato non codificata, dall’altro in totale contrasto col principio di tutela della concorrenza sul quale, occorre ricordare, è imperniato tutto il sistema degli appalti” Infatti, “nelle procedure “ordinarie” (per esempio una procedura aperta) il mercato è aperto a tutti i concorrenti possibili. Non c’è necessità di curarsi del principio di rotazione perché tutti gli operatori economici interessati e in possesso dei requisiti, possono partecipare alla gara. Poiché il principio di rotazione non può essere trasformato in una non codificata causa di esclusione dalla partecipazione alle gare, “allorquando la stazione appaltante non sceglie i soggetti da invitare ma apre al mercato anche nelle procedure negoziate, dando possibilità a chiunque di candidarsi a presentare un’offerta senza determinare limitazioni in ordine al numero di operatori economici ammessi alla procedura, ha per ciò stesso rispettato il principio di rotazione che non significa escludere chi ha in precedenza lavorato correttamente con un’amministrazione, ma significa non favorirlo. La posizione del Consiglio di Stato è consolidata sulla questione ed è il frutto di un ragionevole contemperamento tra la tutela della concorrenza e quella del buon andamento e imparzialità dell’amministrazione”. Pertanto, “quando la stazione appaltante ricorre a strumenti di impulso al mercato, come avvisi pubblici per manifestazione di interesse, l’esclusione del c.d. gestore uscente non può tradursi in una irragionevole limitazione della concorrenza. Allorquando, proprio all’esito di una apertura totale al mercato, la stazione appaltante si trovi con un numero esiguo di soggetti interessati, come nel caso di specie, l’esclusione del gestore uscente non è una scelta automatica e obbligata”.
[25] Conformemente all’individuata ratio della rotazione, la sentenza prosegue: “Nel caso in esame, l’ente appaltante, pur avendo fatto richiamo all’art. 125 del codice dei contratti, ha impostato la procedura come una gara vera e propria, da aggiudicare con il criterio del prezzo più basso, ai sensi dell’art. 82, comma 2, lettera (b) dello stesso codice, invitando ben 1771 ditte – vale a dire senza alcuna discrezionalità né alcuna negoziazione. Ma se questo è vero, il principio della “rotazione” – inteso come esclusione dall’invito di un operatore già interessato ad un rapporto contrattuale con la stessa Azienda - appare non pertinente e privo di ogni ragion d’essere. Ed invero, in una gara siffatta – caratterizzata da un’amplissima apertura e dall’assenza di ogni discrezionalità ovvero fiduciarietà – non vi sono margini per supposti favoritismi”.
[26] La giurisprudenza ha illustrato come “contrasta con il favor partecipationis la regola che il numero degli operatori economici sia limitato e fa temere per il principio di parità di trattamento che la loro scelta sia rimessa all’amministrazione e tuttavia, il sacrificio della massima partecipazione che deriva dal consentire la presentazione dell’offerta ai soli operatori economici invitati è necessitato dall’esigenza di celerità, essa, poi, non irragionevole in procedure sotto soglia comunitaria; quanto, invece, alla scelta dell’amministrazione il contrappeso è nel principio di rotazione” (Cons. Stato, Sez. V, 5 novembre 2019, n. 7539; Id., Sez. V, 12 settembre 2019, n. 6160)
[27] Sul punto, la giurisprudenza ha efficacemente evidenziato come “la rotazione pertanto deve essere intesa non già come obbligo di escludere il gestore uscente dalla selezione dell’affidatario bensì, soltanto, di non favorirlo, risolvendosi altrimenti tale principio in una causa di esclusione dalle gare non solo non codificata, ma in totale contrasto col principio di tutela della concorrenza su cui è imperniato l’intero sistema degli appalti” (Cons. Stato, Sez. III, 25 aprile 2020, n. 2654).
[28] Si deve altresì osservare che la corretta applicazione della regola della rotazione, al fine di evitare pratiche elusive, impone di escludere dalla successiva procedura, salva la possibilità di deroga assistita dall’onere motivazionale aggravato di cui si è detto, non solo il gestore uscente o il precedente operatore invitato e non aggiudicatario, ma anche tutti gli operatori, il cui centro decisionale sia uguale o riconducibile a quelli suddetti.
In tal senso, infatti, le Linee Guida ANAC, n.4, affermano testualmente che “in ogni caso, l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a: arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce; ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto; alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici; affidamenti o inviti disposti, senza adeguata giustificazione, ad operatori economici riconducibili a quelli per i quali opera il divieto di invito o affidamento, ad esempio per la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 80, comma 5, lettera m del Codice dei contratti pubblici”.
Con riferimento all’ultimo profilo individuato dall’Autorità, la giurisprudenza dell’Ecc.mo Consiglio di Stato, ancorché in sede cautelare, milita nel senso per cui “la previsione dell’art. 80, comma 5 lettera m, posta in tema di esclusione, si riferisce proprio alla situazione in cui un operatore economico si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile (che al punto 1 prevede proprio la ipotesi in cui una società disponga della maggioranza dei voti esercitabili nella assemblea ordinaria - situazione già inverata nella specie - e al punto 2 la ipotesi in cui disponga di voti comunque sufficienti per esercitare una influenza dominante) o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale (e in senso contrario non pare invero sufficiente la diversità formale di persone addette alle cariche o la diversità di sede, partita autonoma, contatti pec diversi; nella specie, tra l’altro, dato non smentito, Presidente, Vice presidente e amministratore delegato della seconda società sono al contempo tre dei sei componenti del consiglio di amministrazione della prima società); se è evidente che il richiamato precetto è disposto in tema di cause di esclusione (art. 80 codice contratti pubblici), è evidente altresì che il richiamo dell’ANAC è svolto nella materia della applicazione pratica del principio di rotazione proprio come “indicazione” (non esprimendosi sulla vincolatività o meno delle Linee guida in detta materia) volta ad evitare situazioni sostanziali di aggiramento (come è chiaro dal richiamo a mo’ di esempio), sicchè il ragionamento del primo giudice di ritenere irrilevante il dato della partecipazione sostanziale della detenzione del 51 per cento del capitale evocando il principio della massima partecipazione alle gare desta, in tale sede cautelare, non poche perplessità, essendo, al contrario, in ipotesi, distorta la libera concorrenza, proprio per evitare asimmetrie (non a caso l’art. 36 fa riferimento alla “effettiva possibilità” di partecipazione e inviti alle piccole e medie imprese nei contratti come quello in questione), con la diversità particolare, si aggiunga, che ciò che viene contestato non è la esclusione o meno, prevista dall’art. 80 richiamato per analogia, ma le ragioni dell’invito a gara ristretta a pochissimi operatori economici” (Cons. Stato, Sez. VI, Decr. Presidenziale, 9 maggio 2020, n. 2505, confermato in sede collegiale da Cons. Stato, Sez. VI, ord. caut. 20 maggio 2020, n. 2833).
[29] Il Code de la commande publique costituisce il risultato dell'ordinanza n. 2018-1074 del 26 novembre 2018 e del decreto n. 2018-1075 del 3 dicembre 2018 e riunisce in un medesimo testo normativo, formato di disposizioni legislative e disposizioni regolamentari, la disciplina dei contratti pubblici e quella delle concessioni.
[30] La tecnica redazione del Code de la commande publique è assimilabile, sotto il profilo del raggruppamento in un unico testo normativo di disposizioni legislative e regolamentari, a quella utilizzata dal Legislatore – rectius dal Governo - italiano per la redazione di alcuni testi unici. Si pensi, a titolo esemplificativo, al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, che, emanato con Decreto del Presidente della Repubblica, contiene disposizioni di rango primario e secondario, distinguendo le une dalle altre mediante l’indicazione della lettera (L) per le disposizioni legislative e della lettera (R) per le disposizioni regolamentari.
[31] Cfr. supra par. 1.
[32] Fanno eccezione le fattispecie previste dall’art. 63 del Codice degli appalti (cfr. supra par. 2).
[33] Ci si riferisce, in particolare, agli artt. R2122-1, R2122-2, R2122-3, R2122-4, R2122-5, R2122-6, R2122-7, R2122-10, R2122-11 del Code de la commande publique.
[34] Si noti che la disciplina francese distingue tra entité adjudicatrice [ente aggiudicatore] e pouvoir adjudicateur [amministrazione aggiudicatrice], intendendo il primo come un’amministrazione svolgente attività di carattere imprenditoriale di gestore di rete e la seconda, in via residuale, come tutti gli altri enti pubblici diversi da quelli che svolgano attività imprenditoriali.
[35] Con riguardo al calcolo del valore degli appalti suddivisi in lotti in vista dell’applicazione della disciplina europea, si ricorda, con riferimento all’ordinamento italiano, la lettera di messa in mora inoltrata dalla Commissione europea in data 24.01.2019, con la quale era paventata la violazione degli artt. 5, par. 8, I comma, e 5, par. 9, I comma, della direttiva 2014/24/UE, nonché dell’art. 16, par. 8, I comma e 16, par. 9, I comma, della direttiva 2014/25/UE, da parte dell’art. 35, comma 9, lett. a), e comma 10, lett. a), del D. Lgs. n. 50/2016. In particolare la violazione riscontrata era data dal fatto che mentre la disciplina europea prevede “che sia computato il valore stimato complessivo della totalità dei lotti quando vi è la possibilità di “appalti aggiudicati per lotti separati”, quella italiana stabiliva l’applicazione di tale criterio cumulativo soltanto per gli “appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti separati”. L’avverbio “contemporaneamente”, contenuto nelle disposizioni del Codice dei contratti pubblici richiamate è stato poi soppresso ad opera dell'art. 1, comma 20, lett. g), della Legge n. 55/2019, che adeguando la disciplina italiana a quella europea, ha superato i rilievi mossi dalla Commissione nella predetta lettera di messa in mora.
[36] Sul punto, cfr. Cour administrative d'appel, 20 juin 2013, n. 11BX02368, in https://www.legifrance.gouv.fr/affichJuriAdmin.do?oldAction=rechJuriAdmin&idTexte=CETATEXT000027610328&fastReqId=602838832&fastPos=6, secondo cui “en ce qui concerne les fournitures et les services, il est procédé à une estimation de la valeur totale des fournitures ou des services qui peuvent être considérés comme homogènes soit en raison de leurs caractéristiques propres, soit parce qu'ils constituent une unité fonctionnelle”.
[37] In forza dell’art. 34 della Costituzione francese del 1958, il Parlamento è legislatore di attribuzione (cd. “dominio della legge”) per le materie ivi indicate (per alcune “stabilisce le norme concernenti”, per altre “determina i principi fondamentali” e, per quanto qui d’interesse, “leggi di programma, determina gli obiettivi dell’azione economica e sociale dello Stato”). In virtù del successivo art. 37 della Costituzione francese, “le materie diverse da quelle riservate alla legge hanno carattere regolamentare” (cd. “dominio del regolamento” in capo al Governo).
[38] Cfr. supra, nota 13.
[39] L’art. 63, comma 6, del D. Lgs. n. 20/2016, prevede, in particolare, che “le amministrazioni aggiudicatrici […] selezionano almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei”.
[40] Cfr. supra, par. 2.
[41] Fa tuttavia eccezione l’art. R2122-6, il quale nel prevedere che “l'acheteur peut passer un marché de services sans publicité ni mise en concurrence préalables avec le lauréat ou l'un des lauréats d'un concours. Lorsqu'il y a plusieurs lauréats, ils sont tous invités à participer aux négociations”, impone, in presenza di più vincitori, l’esperimento di una procedura negoziata.
[42] L’Ècole Nationale d’Administration (ENA) fu istituita dal Generale ed allora Presidente del Governo provvisorio della Repubblica francese Charles De Gaulle nell’ottobre del 1945, con il duplice scopo di estendere a tutte le classi sociali l’accesso all’alta funzione pubblica e di garantire una formazione specializzata per gli alti funzionari pubblici. L’istituzione dell’Ècole costituì uno dei passi salienti della riforma generale della pubblica amministrazione francese, avviata proprio in quel periodo al fine di rendere democratico, mediante la previsione di procedure concorsuali, l’accesso all’apparato della pubblica amministrazione. La formazione dei futuri amministratori pubblici si connota per la sua interdisciplinarità, dal momento che l’insegnamento si suddivide in tre grandi settori: Europa ed estero, Territorio e Gestione Management. Tutti i diversi cicli affiancano ad una formazione di matrice teorica, una formazione applicativa, mediante periodi di stage rispettivamente presso istituzioni comunitarie, prefetture o enti locali e imprese. L’accesso alla scuola avviene mediante una procedura concorsuale molto rigorosa e connotata da una selezione molto forte, che garantisce un alto livello di preparazione già dall’avvio del corso. Terminato il percorso di studi, con riferimento a tutti e tre i cicli, i diplomati vengono avviati alla carriera presso diversi corpi della funzione pubblica francese, secondo una graduatoria di merito.