Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 11 maggio 2020, n. 2946
1. Appare necessaria una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi sui quali si scaricano, con evidente tensione, opposti e rilevanti interessi: da un lato quello di estromettere senz’altro dalla gara i soggetti non affidabili sotto il profilo della integrità morale, della correttezza professionale, della credibilità imprenditoriale e della lealtà operativa; dall’altro, quello di non indebolire la garanzia della massima partecipazione e di non compromettere la necessaria certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici, presidiate dalla severa sanzione espulsiva. L’equilibrio tra questi due interessi va garantito da una acquisizione del principio di tipicità dei motivi di esclusione (espressamente scolpito all’art. 83, comma 8 del Codice) non limitato al profilo (di ordine formale) della mera preclusione alla introduzione di fattispecie escludenti non normativamente prefigurate (c.d. numerus clausus), ma esteso al profilo (di ordine sostanziale) della sufficiente tipizzazione, in termini di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8304 del 2019, proposto da
Società Cooperativa Italiana di Ristorazione – Cirfood soc. coop., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Eugenio Dalli Cardillo, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Provincia di Lecce, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Giovanna Capoccia e Francesca Testi, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
nei confronti
La Fenice s.r.l., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Terza) n. 01450/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Lecce;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. Federico Di Matteo e per le parti nessuno è comparso;
1. Con bando del 5 luglio 2018 la Provincia di Lecce in qualità di Stazione unica appaltante indiceva per conto del Comune di Taurisano una procedura di gara per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica e per anziani, della durata biennale e per un importo complessivo di € 660.990,00, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Era stabilito il termine del 21 agosto 2018 per la presentazione delle domande di partecipazione.
1.1. Presentavano domanda quattro operatori economici: Cirfood soc. coop., La Fenice s.r.l., Impegno solidale coop. sociale s.r.l. e Se.ri.co. s.n.c..
Cirfood soc. coop., in particolare, sottoscriveva la sua domanda di partecipazione il 2 agosto 2018 e la inviava alla stazione appaltante il 7 agosto 2018; la società dichiarava di essere stata destinataria di provvedimento di sospensione dell’esecuzione di altro contratto avente ad oggetto il medesimo servizio in corso con il Comune di Pescara, con la precisazione, “senza che nel suddetto provvedimento sia stata adottata e formalizzata alcuna responsabilità a carico di Cirfood capogruppo mandataria del RTI aggiudicatario (…)”.
La società era ammessa alla procedura con determinazione assunta dalla commissione giudicatrice nelle sedute del 5 settembre e del 9 ottobre 2018 (verbale n. 3).
1.2. Con nota 3 dicembre 2018 la Provincia di Lecce comunicava a Cirfood soc. coop. l’avvio del procedimento di esclusione dalla procedura di gara; più esattamente la stazione appaltante informava il concorrente:
- di essere stata informata, da altro concorrente, dell’avvenuta risoluzione del contratto sottoscritto, per il medesimo servizio, dalla Cirfood soc. coop. con il Comune di Pescara;
- di aver provveduto a richiedere al Comune di Pescara copia della determinazione dirigenziale di risoluzione del contratto, nonché copia dell’ordinanza sindacale 3 giugno 2018, n. 76 con la quale, in precedenza, era stata disposta la sospensione in via cautelativa del servizio di refezione scolastica, citata dalla concorrente nella sua dichiarazione;
- di aver appreso, così, che, già in data 21 luglio 2018, e, dunque prima della redazione della domanda di partecipazione, il Comune di Pescara aveva contestato a Cirfood soc. coop. “plurimi inadempimenti sottoposti all’applicazione di sanzioni, ai sensi dell’art. 22 del CSA ed ex art. 10 del Contratto n. 39652 di Repertorio del 23.10.2017”, nonché comunicato “l’avviso del procedimento ai sensi dell’art. 30 del CSA e dell’art. 16 del citato Contratto, riguardante la risoluzione di diritto in applicazione di plurime clausole risolutive espresse”;
- di ritenere che Cirfood avesse fornito “informazioni fuorvianti, suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione e/o la selezione, avendo semplicemente segnalato una sospensione dal servizio, precisando anche l’assenza di profili di responsabilità, ed omettendo, al contrario, di segnalare le numerose contestazioni relative al precedente contratto comportanti l’applicazione di plurime clausole risolutive espresse di cui il Comune aveva già comunicato, al momento della sottoscrizione da parte di CirFood, della domanda di partecipazione alla gara, di volersi avvalere; senza contare, poi, che la lealtà e correttezza professionale avrebbero dovuto indurre il concorrente a portare a conoscenza della stazione appaltante anche il provvedimento di presa d’atto della risoluzione di diritto del contratto con il Comune di Pescara, intervenuto sì successivamente alla sottoscrizione della domanda di partecipazione alla gara, ma in data comunque antecedente alla scadenza del termine ultimo per la presentazione dell’offerta…” e per questo motivo giustificata l’esclusione dalla procedura ex art. 80, comma 5, lett. c) e lett. f – bis) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
La stazione appaltante dava, dunque, termine alla società per controdedurre mediante note.
1.3. La società riscontrava la comunicazione della stazione appaltante con nota del 10 dicembre 2018 in cui precisava che alla data di sottoscrizione della domanda di partecipazione, il 2 agosto 2018, e di presentazione della stessa, il 9 agosto 2018, non era stato adottato dal Comune di Pescara altro provvedimento che la sospensione dell’esecuzione del servizio, essendo la risoluzione del contratto disposta solo il 10 agosto 2018, con provvedimento, peraltro, impugnato al Tribunale di Bologna.
1.4. Con nota 3 gennaio 2019 la Provincia di Lecce ribadiva di ritenere la condotta della Cirfood soc. coop. non legittima né ispirata a principi di buona fede, poiché al momento della presentazione dalla domanda di partecipazione era a conoscenza di circostanze e fatti astrattamente idonei a porre in dubbio la sua integrità ed affidabilità e per non aver tempestivamente provveduto a comunicare la risoluzione subita, sebbene intervenuta prima alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, quando sarebbe stato agevole integrare la documentazione di gara e consentire, così, alla stazione appaltante di valutare in maniera completa e consapevole il possesso dei requisiti di integrità ed affidabilità.
Era, dunque, confermata la sussistenza della causa di esclusione già indicata nella precedente comunicazione, ma veniva specificato che “nella seduta del 08.01.2019, convocata per dare atto degli esiti del procedimento di valutazione della congruità dell’offerta aggiudicataria, si darà seguito altresì alla comunicazione delle decisioni assunte in ordine alla vicenda in questione”.
La commissione giudicatrice, nella seduta fissata, dichiarava di non riscontrare motivi per discostarsi da quanto emerso dagli approfondimenti effettuati e di prendere atto, per questo, dell’esclusione di Cirfood dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) e lett. f-bis) d.lgs. n. 50 del 2016.
1.5. Con nota 22 gennaio 2019 n. 3115 la stazione appaltante confermava l’esclusione della società dalla procedura di gara per le ragioni esposte nelle precedenti note.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, Cirfood soc. coop. impugnava il provvedimento di esclusione e tutti gli atti presupposti sulla base di cinque motivi di ricorso.
La ricorrente argomentava, in sintesi, che non poteva nutrirsi dubbio alcuno sul fatto che non fosse onerata a dichiarare l’avvenuto avvio del procedimento amministrativo da parte del Comune di Pescara (del 21 luglio 2018), posto che “la comunicazione di apertura del procedimento amministrativo ex art. 7 della L. n. 241/1990 è un mero atto endo-procedimentale funzionale alla partecipazione del privato al procedimento amministrativo, privo di rilevanza esterna, non autonomamente impugnabile e, quindi, per sua stessa natura…., insuscettibile di integrare il grave illecito ovvero di integrare prova adeguata a mezzo della quale la S.A. può e deve valutare l’affidabilità del concorrente”, e non sussistendo, all’epoca della sottoscrizione del D.G.U.E. (2 agosto 2018), alcun provvedimento amministrativo oltre l’ordinanza sindacale di sospensione (in via cautelativa) del servizio di ristorazione scolastica del 3 giugno 2018 (né rilevandosi, alla suddetta data del 2 agosto 2018, alcun illecito professionale accertato dalla controparte contrattuale pubblica che ne aveva il potere, essendo il provvedimento di risoluzione contrattuale del Comune di Pescara sopravvenuto - solo - il 10 agosto 2018, successivamente, quindi, alla presentazione della domanda di partecipazione); sosteneva, poi, la sua “assoluta buona fede”, dimostrata dall’aver espressamente richiamato nella domanda di partecipazione l’ordinanza di sospensione del Sindaco del Comune di Pescara del 3 giugno 2018, peraltro avente ad oggetto non l’intero appalto, ma soltanto alcune delle prestazioni contrattuali (il che dimostrerebbe pure che “prima della risoluzione del contratto del 10 agosto 2018 non sussisteva nessun deficit di fiducia tra il Comune di Pescara e il R.T.I. di cui C.I.R. Food era mandataria”); quanto all’omessa comunicazione, dopo la presentazione dell’offerta di gara, dell’intervenuta e successiva risoluzione del contratto del Comune di Pescara, precisava di possedere, sia al momento della presentazione dell’offerta che successivamente, tutti i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara previsti dall’art. 80 e che “La risoluzione del contratto è stata impugnata giudizialmente, come dichiarato in tutte le domande di partecipazione formulate dopo il 10.08.2018 e, al momento, non è neanche inscritta nel registro A.N.A.C. e quindi, allo stato per la ricorrente, non vi sarebbe alcun obbligo giuridico di dichiararla secondo quanto previsto dall’articolo 80”, aggiungendo di non aver alcun onere di aggiornamento costante (di propria iniziativa) nel corso del procedimento di gara dei D.G.U.E. presentati, avendo il legislatore previsto, con l’articolo 85, comma 5 del nuovo codice dei contratti pubblici, che la stazione appaltante, in sede di verifica dei requisiti di aggiudicazione, possa chiedere sia all’impresa prima in graduatoria che, se lo ritiene opportuno, al secondo concorrente in graduatoria, di trasmettere documenti complementari ed aggiornati.
2.1. Il giudizio, nel quale si costituiva la Provincia di Lecce, era concluso dalla sentenza sez. III, 2 settembre 2019, n. 1450, di reiezione del ricorso e spese compensate.
Il giudice, richiamato il contenuto dell’art. 80, comma 5, lett. c), f-bis) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nel testo antecedente al d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 11 febbraio 2019, n. 12, vigente all’epoca dei fatti di causa, e i precedenti giurisprudenziali sull’estensione degli obblighi informativi a carico dei concorrenti ad una procedura di gara (in particolare la sentenza di questa Sezione, 9 gennaio 2019, n. 196), riteneva la dichiarazione di Cirfood all’atto della presentazione della domanda di partecipazione, di fatto, parziale ed incompleta, e, proprio in quanto tale, fuorviante, con conseguente violazione dei principi di lealtà e buona fede nei confronti della stazione appaltante, a prescindere dalla valutazione che possa essere fatta sulla gravità sostanziale ed oggettiva dell’errore professionale o delle negligenza, e, pertanto, idonea a compromettere anche il rapporto fiduciario che, per il principio personalistico a base della materia dei contratti pubblici, deve intercorrere tra impresa aggiudicataria e stazione appaltante.
3. Propone appello Cirfood s.c. sulla base di tre motivi, precisando, altresì, come, peraltro, già avvenuto nel ricorso di primo grado, che, all’esito della procedura di gara, la sua offerta è risultata terza graduata e che, dunque, l’interesse a ricorrere non sta nella prospettiva di aggiudicazione del contratto, ma nell’evitare le conseguenze pregiudizievoli derivanti da un provvedimento di esclusione in relazione alle future procedure di gara.
Con il primo motivo l’appellante lamenta “Error in fatto della sentenza – carenza istruttoria – contraddittorietà ed illogicità della motivazione – travisamento della dichiarazione di gara e della norma di legge – falsa applicazione della lettera c) ed f-bis) dell’art. 80 , comma 5, del d.lgs. 50/2016”; a suo dire: a) la dichiarazione resa al momento della compilazione del D.G.U.E. sarebbe completa e veritiera, avendo riportato, in sintesi, il contenuto dell’ordinanza di sospensione del servizio adottata dal Sindaco di Pescara, nella quale non v’era “alcun richiamo o ascrizione di responsabilità” a suo carico; b) non avrebbe dovuto, come ritenuto dal giudice di primo grado, integrare la dichiarazione con la notizia dell’avvio del procedimento di risoluzione del contratto con il Comune di Pescara per essere questo un mero atto procedimentale, che ha ad oggetto contestazioni “riferibili alla possibile adozione di un futuro provvedimento esecutivo, di incerto e indeterminato contenuto applicativo, anche sotto il profilo della sanzione”; c) avrebbe errato il giudice a ritenere la sua dichiarazione “fuorviante”, poiché, comunicando alla stazione appaltante l’esistenza dell’ordinanza di sospensione del Comune di Pescara, l’aveva posta, in assoluta buona fede, nelle condizioni di avviare un’attività istruttoria per approfondire ogni profilo ed avere, così, compiuta conoscenza di ogni aspetto della vicenda che aveva portato alla sospensione del servizio di refezione scolastica; d) in ogni caso, seppure avesse comunicato l’esistenza del procedimento di risoluzione contrattuale avviato dal Comune di Pescara, nessuna maggiore informazione la stazione appaltante avrebbe avuto a disposizione poiché nell’avviso di avvio procedimentale non era accertata la sua responsabilità per il fatto contestato (l’episodio di tossinfezione alimentare che aveva portato a sospendere in via cautelativa il servizio), ma v’era solo il riferimento ad un possibile errore nel presidio delle norme igienico – sanitarie da parte dei fornitori.
Con il secondo motivo di appello lamenta “Error di diritto della sentenza violazione e falsa applicazione dell’art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. 50 del 2016 – violazione dei principi sottesi alla comunicazione di apertura del procedimento prevista dall’art. 7 della legge 241/1990 – violazione del principio del clare loqui – violazione dei principi costituzionali di legalità e di libertà dell’attività di impresa di cui agli artt. 97 e 41 Cost. – carenza della motivazione ed illogicità e contraddittorietà dell’iter logico motivazionale della decisione”; l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di risoluzione contrattuale da parte del Comune di Pescara sarebbe conforme alle linee guida ANAC n. 6 che, nella vigenza della pregressa formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50, imponevano agli operatori di comunicare solo “i provvedimenti amministrativi esecutivi adottati dall’amministrazione a seguito di grave illecito professionale”, in armonia con il principio di tassatività e legalità; tra questi, ribadisce l’appellante, non potrebbe rientrare anche la mera comunicazione di avvio del procedimento risolutorio poiché, a tacer d’altro, sarebbe lesa la libertà d’impresa di cui all’art. 41 Cost., considerato che estendere l’obbligo dichiarativo dell’illecito professionale anche alla mera contestazione di un potenziale inadempimento, non ancora oggetto di definitivo accertamento dell’amministrazione, potrebbe comportare la conseguenza aberrante di impedire la partecipazione a procedure di gara di imprese che, a conclusione del procedimento, siano ritenute esenti da ogni inadempimento contrattuale.
Infine, con il terzo motivo di appello si duole dell’ “Error di diritto della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 80 comma 5 lettera f-bis del d.lgs. 50/2016 – vizio dovuto a carenza della motivazione o illogicità dell’iter logico motivazionale”: il giudice avrebbe erroneamente qualificato la dichiarazione resa nel D.G.U.E. come non veritiera per l’omessa informazione della comunicazione di avvio del procedimento di risoluzione, sebbene il fatto storico, rappresentato dall’adozione del provvedimento di sospensione del servizio da parte del Comune di Pescara, fosse stato riportato senza alcuna alterazione (e senza che il giudice abbia rintracciato nella sua condotta l’animus di una falsa dichiarazione), e senza tener conto dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa per il quale l’omessa comunicazione di un fatto costituisce esclusivamente dichiarazione reticente e non falsa.
3.1. Si è costituita in giudizio la Provincia di Lecce che ha ribadito le sue argomentazioni, concludendo per l’infondatezza dell’appello.
3.2. All’udienza pubblica del 27 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Ritiene il Collegio che l’odierna controversia possa essere decisa solo fornendo l’esatta interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 5, comma 1, d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, conv. in l. 11 febbraio 2019, n. 12) ove era (ed è, invero, anche in seguito alla modifica normativa) individuata quale ipotesi di “grave illecito professionale”, idonea a far dubitare della “integrità” o “affidabilità” del concorrente, tra le altre, l’ “omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della selezione”.
A far dubitare dell’affidabilità dell’odierna appellante è, infatti, quel che ha omesso di dichiarare, vale a dire che al provvedimento di sospensione del Comune di Pescara era seguita comunicazione di avvio del procedimento di risoluzione del contratto con contestazione di significative inadempienze nell’esecuzione proprio di un servizio di refezione scolastica. E, ancor più, che, prima dell’avvio della procedura di gara, ed, anzi, quando non era ancora scaduto il termine per la presentazione delle domande di partecipazione, era stata destinataria della risoluzione del suddetto contratto.
L’odierna vicenda si incentra, insomma, proprio sull’omessa dichiarazione di circostanze e fatti che il Collegio non dubita dovessero essere portati a conoscenza della stazione appaltante, non potendosi, invece, imputare all’appellante di aver riferito dell’ordinanza sindacale di sospensione del servizio precisando che non era ivi “adottata e formalizzata alcuna responsabilità” a suo carico, perché, effettivamente, tale era il contenuto del provvedimento, evidentemente, a fini cautelativi in seguito – si dice espressamente – alla notizia di “malori che hanno interessato diversi bambini” e “in assenza di dati certi sulle cause dei malori … e in attesa di ricevere riscontri sugli accertamenti sanitari della ASL anche sui campioni di cibo somministrato nei giorni scorsi nelle mense comunali”.
È, invece, nella comunicazione di avvio del procedimento finalizzato alla risoluzione del contratto che il Comune di Pescara ipotizza chiaramente una responsabilità dell’appellante per il riscontrato episodio di intossicazione alimentare degli alunni.
4.1. Vero quanto sopra, occorre stabilire, in definitiva, se l’omissione informativa sia, di per sé, ed a prescindere dal contenuto dell’informazione omessa, qualificabile come “grave illecito professionale”, come ritenuto dalla stazione appaltante e confermato dal giudice di primo grado, con conseguente doverosa esclusione dell’operatore, ovvero se la stazione appaltante possa disporre l’esclusione solo dopo aver valutato le circostanze e i fatti dei quali è stata omessa l’informazione, per essere ivi rintracciabile la condotta tenuta nello svolgimento dell’attività professionale che fa dubitare dell’affidabilità e dell’integrità dell’operatore economico.
4.2. La questione interpretativa, oggetto di contrastanti orientamenti giurisprudenziali, è stata rimessa all’Adunanza plenaria da questa Sezione con ord. 9 aprile 2020, n. 2332, nell’ambito di una più ampia richiesta di interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 anche in relazione alla previsione di cui alla lett. f – bis) in cui è sanzionata la “falsa dichiarazione”.
Si riproducono, pertanto, qui le motivazioni dell’ordinanza di rimessione.
“15. - Ciò detto, le irregolarità di carattere dichiarativo sono normativamente definite nel quadro delle “situazioni” concretanti “gravi illeciti professionali”, idonei, come tali, a “rendere dubbia” l’ “integrità” e l’ “affidabilità” del concorrente.
Sotto un profilo generale, fondano sull’obbligo – di ordine e di matrice propriamente precontrattuale – che grava su ogni operatore economico di fornire alla stazione appaltante ogni dato o informazione comunque rilevante, al fine di metterla in condizione anzitutto di acquisire, e quindi di valutare tutte le circostanze e gli elementi idonei ai fini della ammissione al confronto competitivo.
In quanto tale – operando nella logica relazionale del “contatto sociale qualificato” strutturato dalla procedura evidenziale – esso è anzitutto “di diritto comune”, facendo capo alla regola di condotta di cui agli artt. 1337 e 1338 del codice civile, che impone un generale (e, peraltro, reciproco) dovere di chiarezza e di completezza informativa.
Nel contesto evidenziale, di matrice pubblicistica, tale obbligo (manifestazione del “principio di correttezza”: cfr. art. 30, comma 1 del Codice) è vieppiù qualificato dalla professionalità che si impone agli operatori economici che intendano accedere, in guisa concorrenziale, al mercato delle commesse pubbliche: la quale vale a conferire speciale ed autonomo rilievo, presidiato dalla sanzione espulsiva, alla omissione delle “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, di cui fa espressa parola la lettera c-bis del comma 5, ad finem, sintetizzandone la complessiva ratio.
Si tratta, così acquisito, di obbligo essenzialmente strumentale, finalizzato (solo) a mettere in condizione la stazione appaltante di conoscere tutte le circostanze rilevanti per l’apprezzamento dei requisiti di moralità e meritevolezza soggettiva: non obbligo fine a se stesso, ma servente.
16.- Nondimeno, la sua (distinta) previsione come (specifico, legittimo ed autonomo) motivo di esclusione testimonia (ad onta della, non decisiva, scissione della lettera c) e della successiva lettera c-bis) da ultimo operata dal d. l. 135/2018, convertito dalla l. n. 12/2019) della sua attitudine a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale: nel qual caso, il necessario nesso di strumentalità rispetto alle valutazioni rimesse alla stazione appaltante finisce per dislocarsi dal piano del concreto apprezzamento delle circostanze di fatto, rimesso alla mediazione valutativa della stazione appaltante, al piano astratto di una illiceità meramente formale e presunta, operante de jure.”
Ed ancora: “18.- Ciò posto, come è noto, la giurisprudenza ha, ancora di recente e da ultimo, ritenuto che l’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali avesse carattere meramente esemplificativo, potendo, per tal via, la stazione appaltante desumere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. ex permultis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; Id., V, 25 gennaio 2019, n. 591; Id., V, 3 gennaio 2019, n. 72; Id., III, 27 dicembre 2018, n. 7231), se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità.
Tale conclusione (verisimilmente agevolata dal tenore testuale aperto della lettera c) del comma 5 dell’art. 80:“tra questi rientrano”), è rimasta anche dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, realizzata con il già citato art. 5 d.-l. n. 135 del 2018, che ha sdoppiato nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c), ma espungendo il richiamato inciso, la richiamata previsione di portata generale (cfr. Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171).
Siffatta opzione esegetica è mossa, esplicitamente o implicitamente, dalla sopra evidenziata generalizzazione degli obblighi informativi precontrattuali, ancorati ad una clausola generale di correttezza professionale (cfr. art. 30, comma 1), intorno alla quale si addensa e coagula la stessa dimensione di lealtà, affidabilità e credibilità dell’operatore professionale: cui si assume plausibilmente imposto, a pena di esclusione automatica, un dovere generale di clare loqui, al fine di mettere la stazione appaltante in condizione di elaborare – nella prospettiva del “corretto svolgimento della procedura di selezione” – le proprie “decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (cfr. ancora la lettera c).
È evidente che, in siffatta prospettiva, gli obblighi informativi decampano dalla logica della mera strumentalità, diventando obblighi finali, dotati di autonoma rilevanza: di dal che l’omissione, la reticenza, l’incompletezza divengono – insieme alle più gravi decettività e falsità – forme in certo senso sintomatiche di grave illecito professionale in sé e per sé.
In questo quadro, ancorché non univocamente (in senso parzialmente contrario, e.g. Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; V, 3 aprile 2018, n. 2063; III, 12 luglio 2018, n. 4266), si è interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura, che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787).
Si intende, perciò, la necessità di una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi. Sui quali si scaricano, con evidente tensione, opposti e rilevanti interessi: da un lato quello di estromettere senz’altro dalla gara i soggetti non affidabili sotto il profilo della integrità morale, della correttezza professionale, della credibilità imprenditoriale e della lealtà operativa; dall’altro, quello di non indebolire la garanzia della massima partecipazione e di non compromettere la necessaria certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici, presidiate dalla severa sanzione espulsiva.
L’equilibrio tra questi due interessi va garantito da una acquisizione del principio di tipicità dei motivi di esclusione (espressamente scolpito all’art. 83, comma 8 del Codice) non limitato al profilo (di ordine formale) della mera preclusione alla introduzione di fattispecie escludenti non normativamente prefigurate (c.d. numerus clausus), ma esteso al profilo ( di ordine sostanziale) della sufficiente tipizzazione, in termini di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi.
19.- In senso parzialmente diverso, si è, tuttavia, osservato che siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività, “potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142).
La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha, per giunta, fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, in ciò seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo.
Per tal via, la più recente giurisprudenza si è orientata alla individuazione anzitutto di un limite temporale all’obbligo dichiarativo, ancorato alla postulata irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605).
20. - In termini più significativi, è, nondimeno, maturata una prospettiva diversa, che muove dalla distinzione tipologica, risultante dalla previsione normativa, di due fattispecie distinte:
a) l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (cfr. Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142);
b) la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui conseguirebbe, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporterebbe l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso) (cfr. Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407).
21. - La distinzione può essere approfondita e precisata, osservando che l’ordito normativo – peraltro frutto di vari interventi correttivi, integrativi e, nel caso della lettera c), anche diairetici stratificati nel tempo – fa variamente riferimento:
a) alla falsità di “informazioni” fornite (lettera c-bis), di “dichiarazioni” rese e di “documentazione” presentata (lettere f-bis, f- ter e g, nonché il comma 12), talora, peraltro, dando rilevanza alla mera (ed obiettiva) “non veridicità”, talaltra ai profili di concreta “rilevanza o gravità” ovvero ai profili soggettivi di imputabilità (evocati dal riferimento alla negligenza, alla colpa, anche grave, o addirittura al dolo);
b) alla attitudine “fuorviante” delle informazioni (intesa quale suscettibilità di influenzare il processo decisionale in ordine all’esito della fase di ammissione);
c) alla mera “omissione” (di informazioni dovute).
Inoltre, si distingue, con esclusivo riguardo alle falsità dichiarative e documentali, secondo che le stesse rimontino a condotte (attive od omissive), a loro volta poste in essere (cfr. comma 6), prima ovvero nel corso della procedura.
In altri termini, è un dato positivo la distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali).
E se si considera che la reticenza corrisponde, in definitiva, alla c.d. mezza verità (la cui attitudine decettiva opera, quindi, in negativo, in relazione a ciò che viene taciuto, costituendo, quindi, una forma di omissione parziale), le informazioni fuorvianti son quelle che manifestano attitudine decettiva in positivo, per il contenuto manipolatorio di dati reali: una sorta di mezza falsità).
22.- La distinzione è, già sul ridetto piano normativo, legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’ANAC gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione).
Con il che la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano.
23.- Appare evidente che, in siffatta prospettiva ermeneutica, l’omissione (e la reticenza) dichiarativa si appalesano per definizione insuscettibili (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.
Per giunta, la distinzione può essere articolata – anche in specifica considerazione delle ragioni di doglianza, affidate all’appello in esame – sotto un distinto e concorrente profilo.
In effetti, la distinzione tra dichiarazioni false (che importano sempre l’esclusione) e dichiarazioni semplicemente omesse (per le quali si pone l’illustrata alternativa tra la tesi, formalistica, dell’automatica esclusione e quella, sostanzialistica, della rimessione al previo e necessario filtro valutativo della stazione appaltante) trae fondamento dal rilievo che la falsità, come predicato contrapposto alla verità, costituisce frutto del mero apprezzamento di un dato di realtà, cioè di una situazione fattuale per la quale possa alternativamente porsi l’alternativa logica vero/falso, accertabile automaticamente (anche in sede giudiziale, in virtù della pienezza dell’accesso al fatto garantita dalle regole del processo amministrativo: cfr. art. 64 cod. proc. amm.).
Per contro, la dichiarazione mancante non potrebbe essere apprezzata in quanto tale, dovendo essere, volta a volta, valutate le circostanze taciute, nella prospettiva della loro idoneità a dimostrare l’inaffidabilità del concorrente.
Tale valutazione, in quanto frutto di apprezzamenti ampiamente discrezionali, non potrebbe essere rimessa all’organo giurisdizionale, ma andrebbe necessariamente effettuata (eventualmente a posteriori) dalla stazione appaltante; a differenza della falsità, che è di immediata verifica e riscontro, anche in sede contenziosa.”
4.3. In definitiva, rilevante ai fini della decisione del presente giudizio è proprio tale ultimo profilo problematico sottoposto all’Adunanza plenaria: stabilire se sia corretto ritenere l’omissione dichiarativa, per definizione, insuscettibile di legittimare l’esclusione automatica dalla procedura di gara, a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, che sono di per sé dimostrative della pregiudiziale inaffidabilità, dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante la pregressa condotta della quale non sia stata fornita informazione, ai fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.
5. Ritenuto, infine, che i quesiti rimessi alla Adunanza Plenaria siano rilevanti anche ai fini del presente giudizio il quale, dunque, per evidenti ragioni di certezza del diritto, non può essere ragionevolmente definito prima che sia stata pubblicata la decisione pregiudiziale, va disposta la c.d. sospensione impropria del giudizio per la pendenza di una questione pregiudiziale, pure rilevante, ma sollevata in una diversa causa (Adunanza Plenaria, 15 ottobre 2014, n. 28, nonché, più recentemente, Cons. Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1587).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), sospende il giudizio, ai sensi dell’art. 79, comma 1, cod. proc.amm., in attesa della pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sulla questione pregiudiziale illustrata in motivazione.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8304 del 2019, proposto da
Società Cooperativa Italiana di Ristorazione – Cirfood soc. coop., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Eugenio Dalli Cardillo, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Provincia di Lecce, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Giovanna Capoccia e Francesca Testi, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
nei confronti
La Fenice s.r.l., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Terza) n. 01450/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Lecce;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. Federico Di Matteo e per le parti nessuno è comparso;
1. Con bando del 5 luglio 2018 la Provincia di Lecce in qualità di Stazione unica appaltante indiceva per conto del Comune di Taurisano una procedura di gara per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica e per anziani, della durata biennale e per un importo complessivo di € 660.990,00, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Era stabilito il termine del 21 agosto 2018 per la presentazione delle domande di partecipazione.
1.1. Presentavano domanda quattro operatori economici: Cirfood soc. coop., La Fenice s.r.l., Impegno solidale coop. sociale s.r.l. e Se.ri.co. s.n.c..
Cirfood soc. coop., in particolare, sottoscriveva la sua domanda di partecipazione il 2 agosto 2018 e la inviava alla stazione appaltante il 7 agosto 2018; la società dichiarava di essere stata destinataria di provvedimento di sospensione dell’esecuzione di altro contratto avente ad oggetto il medesimo servizio in corso con il Comune di Pescara, con la precisazione, “senza che nel suddetto provvedimento sia stata adottata e formalizzata alcuna responsabilità a carico di Cirfood capogruppo mandataria del RTI aggiudicatario (…)”.
La società era ammessa alla procedura con determinazione assunta dalla commissione giudicatrice nelle sedute del 5 settembre e del 9 ottobre 2018 (verbale n. 3).
1.2. Con nota 3 dicembre 2018 la Provincia di Lecce comunicava a Cirfood soc. coop. l’avvio del procedimento di esclusione dalla procedura di gara; più esattamente la stazione appaltante informava il concorrente:
- di essere stata informata, da altro concorrente, dell’avvenuta risoluzione del contratto sottoscritto, per il medesimo servizio, dalla Cirfood soc. coop. con il Comune di Pescara;
- di aver provveduto a richiedere al Comune di Pescara copia della determinazione dirigenziale di risoluzione del contratto, nonché copia dell’ordinanza sindacale 3 giugno 2018, n. 76 con la quale, in precedenza, era stata disposta la sospensione in via cautelativa del servizio di refezione scolastica, citata dalla concorrente nella sua dichiarazione;
- di aver appreso, così, che, già in data 21 luglio 2018, e, dunque prima della redazione della domanda di partecipazione, il Comune di Pescara aveva contestato a Cirfood soc. coop. “plurimi inadempimenti sottoposti all’applicazione di sanzioni, ai sensi dell’art. 22 del CSA ed ex art. 10 del Contratto n. 39652 di Repertorio del 23.10.2017”, nonché comunicato “l’avviso del procedimento ai sensi dell’art. 30 del CSA e dell’art. 16 del citato Contratto, riguardante la risoluzione di diritto in applicazione di plurime clausole risolutive espresse”;
- di ritenere che Cirfood avesse fornito “informazioni fuorvianti, suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione e/o la selezione, avendo semplicemente segnalato una sospensione dal servizio, precisando anche l’assenza di profili di responsabilità, ed omettendo, al contrario, di segnalare le numerose contestazioni relative al precedente contratto comportanti l’applicazione di plurime clausole risolutive espresse di cui il Comune aveva già comunicato, al momento della sottoscrizione da parte di CirFood, della domanda di partecipazione alla gara, di volersi avvalere; senza contare, poi, che la lealtà e correttezza professionale avrebbero dovuto indurre il concorrente a portare a conoscenza della stazione appaltante anche il provvedimento di presa d’atto della risoluzione di diritto del contratto con il Comune di Pescara, intervenuto sì successivamente alla sottoscrizione della domanda di partecipazione alla gara, ma in data comunque antecedente alla scadenza del termine ultimo per la presentazione dell’offerta…” e per questo motivo giustificata l’esclusione dalla procedura ex art. 80, comma 5, lett. c) e lett. f – bis) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
La stazione appaltante dava, dunque, termine alla società per controdedurre mediante note.
1.3. La società riscontrava la comunicazione della stazione appaltante con nota del 10 dicembre 2018 in cui precisava che alla data di sottoscrizione della domanda di partecipazione, il 2 agosto 2018, e di presentazione della stessa, il 9 agosto 2018, non era stato adottato dal Comune di Pescara altro provvedimento che la sospensione dell’esecuzione del servizio, essendo la risoluzione del contratto disposta solo il 10 agosto 2018, con provvedimento, peraltro, impugnato al Tribunale di Bologna.
1.4. Con nota 3 gennaio 2019 la Provincia di Lecce ribadiva di ritenere la condotta della Cirfood soc. coop. non legittima né ispirata a principi di buona fede, poiché al momento della presentazione dalla domanda di partecipazione era a conoscenza di circostanze e fatti astrattamente idonei a porre in dubbio la sua integrità ed affidabilità e per non aver tempestivamente provveduto a comunicare la risoluzione subita, sebbene intervenuta prima alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, quando sarebbe stato agevole integrare la documentazione di gara e consentire, così, alla stazione appaltante di valutare in maniera completa e consapevole il possesso dei requisiti di integrità ed affidabilità.
Era, dunque, confermata la sussistenza della causa di esclusione già indicata nella precedente comunicazione, ma veniva specificato che “nella seduta del 08.01.2019, convocata per dare atto degli esiti del procedimento di valutazione della congruità dell’offerta aggiudicataria, si darà seguito altresì alla comunicazione delle decisioni assunte in ordine alla vicenda in questione”.
La commissione giudicatrice, nella seduta fissata, dichiarava di non riscontrare motivi per discostarsi da quanto emerso dagli approfondimenti effettuati e di prendere atto, per questo, dell’esclusione di Cirfood dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) e lett. f-bis) d.lgs. n. 50 del 2016.
1.5. Con nota 22 gennaio 2019 n. 3115 la stazione appaltante confermava l’esclusione della società dalla procedura di gara per le ragioni esposte nelle precedenti note.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, Cirfood soc. coop. impugnava il provvedimento di esclusione e tutti gli atti presupposti sulla base di cinque motivi di ricorso.
La ricorrente argomentava, in sintesi, che non poteva nutrirsi dubbio alcuno sul fatto che non fosse onerata a dichiarare l’avvenuto avvio del procedimento amministrativo da parte del Comune di Pescara (del 21 luglio 2018), posto che “la comunicazione di apertura del procedimento amministrativo ex art. 7 della L. n. 241/1990 è un mero atto endo-procedimentale funzionale alla partecipazione del privato al procedimento amministrativo, privo di rilevanza esterna, non autonomamente impugnabile e, quindi, per sua stessa natura…., insuscettibile di integrare il grave illecito ovvero di integrare prova adeguata a mezzo della quale la S.A. può e deve valutare l’affidabilità del concorrente”, e non sussistendo, all’epoca della sottoscrizione del D.G.U.E. (2 agosto 2018), alcun provvedimento amministrativo oltre l’ordinanza sindacale di sospensione (in via cautelativa) del servizio di ristorazione scolastica del 3 giugno 2018 (né rilevandosi, alla suddetta data del 2 agosto 2018, alcun illecito professionale accertato dalla controparte contrattuale pubblica che ne aveva il potere, essendo il provvedimento di risoluzione contrattuale del Comune di Pescara sopravvenuto - solo - il 10 agosto 2018, successivamente, quindi, alla presentazione della domanda di partecipazione); sosteneva, poi, la sua “assoluta buona fede”, dimostrata dall’aver espressamente richiamato nella domanda di partecipazione l’ordinanza di sospensione del Sindaco del Comune di Pescara del 3 giugno 2018, peraltro avente ad oggetto non l’intero appalto, ma soltanto alcune delle prestazioni contrattuali (il che dimostrerebbe pure che “prima della risoluzione del contratto del 10 agosto 2018 non sussisteva nessun deficit di fiducia tra il Comune di Pescara e il R.T.I. di cui C.I.R. Food era mandataria”); quanto all’omessa comunicazione, dopo la presentazione dell’offerta di gara, dell’intervenuta e successiva risoluzione del contratto del Comune di Pescara, precisava di possedere, sia al momento della presentazione dell’offerta che successivamente, tutti i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara previsti dall’art. 80 e che “La risoluzione del contratto è stata impugnata giudizialmente, come dichiarato in tutte le domande di partecipazione formulate dopo il 10.08.2018 e, al momento, non è neanche inscritta nel registro A.N.A.C. e quindi, allo stato per la ricorrente, non vi sarebbe alcun obbligo giuridico di dichiararla secondo quanto previsto dall’articolo 80”, aggiungendo di non aver alcun onere di aggiornamento costante (di propria iniziativa) nel corso del procedimento di gara dei D.G.U.E. presentati, avendo il legislatore previsto, con l’articolo 85, comma 5 del nuovo codice dei contratti pubblici, che la stazione appaltante, in sede di verifica dei requisiti di aggiudicazione, possa chiedere sia all’impresa prima in graduatoria che, se lo ritiene opportuno, al secondo concorrente in graduatoria, di trasmettere documenti complementari ed aggiornati.
2.1. Il giudizio, nel quale si costituiva la Provincia di Lecce, era concluso dalla sentenza sez. III, 2 settembre 2019, n. 1450, di reiezione del ricorso e spese compensate.
Il giudice, richiamato il contenuto dell’art. 80, comma 5, lett. c), f-bis) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nel testo antecedente al d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 11 febbraio 2019, n. 12, vigente all’epoca dei fatti di causa, e i precedenti giurisprudenziali sull’estensione degli obblighi informativi a carico dei concorrenti ad una procedura di gara (in particolare la sentenza di questa Sezione, 9 gennaio 2019, n. 196), riteneva la dichiarazione di Cirfood all’atto della presentazione della domanda di partecipazione, di fatto, parziale ed incompleta, e, proprio in quanto tale, fuorviante, con conseguente violazione dei principi di lealtà e buona fede nei confronti della stazione appaltante, a prescindere dalla valutazione che possa essere fatta sulla gravità sostanziale ed oggettiva dell’errore professionale o delle negligenza, e, pertanto, idonea a compromettere anche il rapporto fiduciario che, per il principio personalistico a base della materia dei contratti pubblici, deve intercorrere tra impresa aggiudicataria e stazione appaltante.
3. Propone appello Cirfood s.c. sulla base di tre motivi, precisando, altresì, come, peraltro, già avvenuto nel ricorso di primo grado, che, all’esito della procedura di gara, la sua offerta è risultata terza graduata e che, dunque, l’interesse a ricorrere non sta nella prospettiva di aggiudicazione del contratto, ma nell’evitare le conseguenze pregiudizievoli derivanti da un provvedimento di esclusione in relazione alle future procedure di gara.
Con il primo motivo l’appellante lamenta “Error in fatto della sentenza – carenza istruttoria – contraddittorietà ed illogicità della motivazione – travisamento della dichiarazione di gara e della norma di legge – falsa applicazione della lettera c) ed f-bis) dell’art. 80 , comma 5, del d.lgs. 50/2016”; a suo dire: a) la dichiarazione resa al momento della compilazione del D.G.U.E. sarebbe completa e veritiera, avendo riportato, in sintesi, il contenuto dell’ordinanza di sospensione del servizio adottata dal Sindaco di Pescara, nella quale non v’era “alcun richiamo o ascrizione di responsabilità” a suo carico; b) non avrebbe dovuto, come ritenuto dal giudice di primo grado, integrare la dichiarazione con la notizia dell’avvio del procedimento di risoluzione del contratto con il Comune di Pescara per essere questo un mero atto procedimentale, che ha ad oggetto contestazioni “riferibili alla possibile adozione di un futuro provvedimento esecutivo, di incerto e indeterminato contenuto applicativo, anche sotto il profilo della sanzione”; c) avrebbe errato il giudice a ritenere la sua dichiarazione “fuorviante”, poiché, comunicando alla stazione appaltante l’esistenza dell’ordinanza di sospensione del Comune di Pescara, l’aveva posta, in assoluta buona fede, nelle condizioni di avviare un’attività istruttoria per approfondire ogni profilo ed avere, così, compiuta conoscenza di ogni aspetto della vicenda che aveva portato alla sospensione del servizio di refezione scolastica; d) in ogni caso, seppure avesse comunicato l’esistenza del procedimento di risoluzione contrattuale avviato dal Comune di Pescara, nessuna maggiore informazione la stazione appaltante avrebbe avuto a disposizione poiché nell’avviso di avvio procedimentale non era accertata la sua responsabilità per il fatto contestato (l’episodio di tossinfezione alimentare che aveva portato a sospendere in via cautelativa il servizio), ma v’era solo il riferimento ad un possibile errore nel presidio delle norme igienico – sanitarie da parte dei fornitori.
Con il secondo motivo di appello lamenta “Error di diritto della sentenza violazione e falsa applicazione dell’art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. 50 del 2016 – violazione dei principi sottesi alla comunicazione di apertura del procedimento prevista dall’art. 7 della legge 241/1990 – violazione del principio del clare loqui – violazione dei principi costituzionali di legalità e di libertà dell’attività di impresa di cui agli artt. 97 e 41 Cost. – carenza della motivazione ed illogicità e contraddittorietà dell’iter logico motivazionale della decisione”; l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di risoluzione contrattuale da parte del Comune di Pescara sarebbe conforme alle linee guida ANAC n. 6 che, nella vigenza della pregressa formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50, imponevano agli operatori di comunicare solo “i provvedimenti amministrativi esecutivi adottati dall’amministrazione a seguito di grave illecito professionale”, in armonia con il principio di tassatività e legalità; tra questi, ribadisce l’appellante, non potrebbe rientrare anche la mera comunicazione di avvio del procedimento risolutorio poiché, a tacer d’altro, sarebbe lesa la libertà d’impresa di cui all’art. 41 Cost., considerato che estendere l’obbligo dichiarativo dell’illecito professionale anche alla mera contestazione di un potenziale inadempimento, non ancora oggetto di definitivo accertamento dell’amministrazione, potrebbe comportare la conseguenza aberrante di impedire la partecipazione a procedure di gara di imprese che, a conclusione del procedimento, siano ritenute esenti da ogni inadempimento contrattuale.
Infine, con il terzo motivo di appello si duole dell’ “Error di diritto della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 80 comma 5 lettera f-bis del d.lgs. 50/2016 – vizio dovuto a carenza della motivazione o illogicità dell’iter logico motivazionale”: il giudice avrebbe erroneamente qualificato la dichiarazione resa nel D.G.U.E. come non veritiera per l’omessa informazione della comunicazione di avvio del procedimento di risoluzione, sebbene il fatto storico, rappresentato dall’adozione del provvedimento di sospensione del servizio da parte del Comune di Pescara, fosse stato riportato senza alcuna alterazione (e senza che il giudice abbia rintracciato nella sua condotta l’animus di una falsa dichiarazione), e senza tener conto dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa per il quale l’omessa comunicazione di un fatto costituisce esclusivamente dichiarazione reticente e non falsa.
3.1. Si è costituita in giudizio la Provincia di Lecce che ha ribadito le sue argomentazioni, concludendo per l’infondatezza dell’appello.
3.2. All’udienza pubblica del 27 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Ritiene il Collegio che l’odierna controversia possa essere decisa solo fornendo l’esatta interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 5, comma 1, d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, conv. in l. 11 febbraio 2019, n. 12) ove era (ed è, invero, anche in seguito alla modifica normativa) individuata quale ipotesi di “grave illecito professionale”, idonea a far dubitare della “integrità” o “affidabilità” del concorrente, tra le altre, l’ “omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della selezione”.
A far dubitare dell’affidabilità dell’odierna appellante è, infatti, quel che ha omesso di dichiarare, vale a dire che al provvedimento di sospensione del Comune di Pescara era seguita comunicazione di avvio del procedimento di risoluzione del contratto con contestazione di significative inadempienze nell’esecuzione proprio di un servizio di refezione scolastica. E, ancor più, che, prima dell’avvio della procedura di gara, ed, anzi, quando non era ancora scaduto il termine per la presentazione delle domande di partecipazione, era stata destinataria della risoluzione del suddetto contratto.
L’odierna vicenda si incentra, insomma, proprio sull’omessa dichiarazione di circostanze e fatti che il Collegio non dubita dovessero essere portati a conoscenza della stazione appaltante, non potendosi, invece, imputare all’appellante di aver riferito dell’ordinanza sindacale di sospensione del servizio precisando che non era ivi “adottata e formalizzata alcuna responsabilità” a suo carico, perché, effettivamente, tale era il contenuto del provvedimento, evidentemente, a fini cautelativi in seguito – si dice espressamente – alla notizia di “malori che hanno interessato diversi bambini” e “in assenza di dati certi sulle cause dei malori … e in attesa di ricevere riscontri sugli accertamenti sanitari della ASL anche sui campioni di cibo somministrato nei giorni scorsi nelle mense comunali”.
È, invece, nella comunicazione di avvio del procedimento finalizzato alla risoluzione del contratto che il Comune di Pescara ipotizza chiaramente una responsabilità dell’appellante per il riscontrato episodio di intossicazione alimentare degli alunni.
4.1. Vero quanto sopra, occorre stabilire, in definitiva, se l’omissione informativa sia, di per sé, ed a prescindere dal contenuto dell’informazione omessa, qualificabile come “grave illecito professionale”, come ritenuto dalla stazione appaltante e confermato dal giudice di primo grado, con conseguente doverosa esclusione dell’operatore, ovvero se la stazione appaltante possa disporre l’esclusione solo dopo aver valutato le circostanze e i fatti dei quali è stata omessa l’informazione, per essere ivi rintracciabile la condotta tenuta nello svolgimento dell’attività professionale che fa dubitare dell’affidabilità e dell’integrità dell’operatore economico.
4.2. La questione interpretativa, oggetto di contrastanti orientamenti giurisprudenziali, è stata rimessa all’Adunanza plenaria da questa Sezione con ord. 9 aprile 2020, n. 2332, nell’ambito di una più ampia richiesta di interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 anche in relazione alla previsione di cui alla lett. f – bis) in cui è sanzionata la “falsa dichiarazione”.
Si riproducono, pertanto, qui le motivazioni dell’ordinanza di rimessione.
“15. - Ciò detto, le irregolarità di carattere dichiarativo sono normativamente definite nel quadro delle “situazioni” concretanti “gravi illeciti professionali”, idonei, come tali, a “rendere dubbia” l’ “integrità” e l’ “affidabilità” del concorrente.
Sotto un profilo generale, fondano sull’obbligo – di ordine e di matrice propriamente precontrattuale – che grava su ogni operatore economico di fornire alla stazione appaltante ogni dato o informazione comunque rilevante, al fine di metterla in condizione anzitutto di acquisire, e quindi di valutare tutte le circostanze e gli elementi idonei ai fini della ammissione al confronto competitivo.
In quanto tale – operando nella logica relazionale del “contatto sociale qualificato” strutturato dalla procedura evidenziale – esso è anzitutto “di diritto comune”, facendo capo alla regola di condotta di cui agli artt. 1337 e 1338 del codice civile, che impone un generale (e, peraltro, reciproco) dovere di chiarezza e di completezza informativa.
Nel contesto evidenziale, di matrice pubblicistica, tale obbligo (manifestazione del “principio di correttezza”: cfr. art. 30, comma 1 del Codice) è vieppiù qualificato dalla professionalità che si impone agli operatori economici che intendano accedere, in guisa concorrenziale, al mercato delle commesse pubbliche: la quale vale a conferire speciale ed autonomo rilievo, presidiato dalla sanzione espulsiva, alla omissione delle “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, di cui fa espressa parola la lettera c-bis del comma 5, ad finem, sintetizzandone la complessiva ratio.
Si tratta, così acquisito, di obbligo essenzialmente strumentale, finalizzato (solo) a mettere in condizione la stazione appaltante di conoscere tutte le circostanze rilevanti per l’apprezzamento dei requisiti di moralità e meritevolezza soggettiva: non obbligo fine a se stesso, ma servente.
16.- Nondimeno, la sua (distinta) previsione come (specifico, legittimo ed autonomo) motivo di esclusione testimonia (ad onta della, non decisiva, scissione della lettera c) e della successiva lettera c-bis) da ultimo operata dal d. l. 135/2018, convertito dalla l. n. 12/2019) della sua attitudine a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale: nel qual caso, il necessario nesso di strumentalità rispetto alle valutazioni rimesse alla stazione appaltante finisce per dislocarsi dal piano del concreto apprezzamento delle circostanze di fatto, rimesso alla mediazione valutativa della stazione appaltante, al piano astratto di una illiceità meramente formale e presunta, operante de jure.”
Ed ancora: “18.- Ciò posto, come è noto, la giurisprudenza ha, ancora di recente e da ultimo, ritenuto che l’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali avesse carattere meramente esemplificativo, potendo, per tal via, la stazione appaltante desumere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. ex permultis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; Id., V, 25 gennaio 2019, n. 591; Id., V, 3 gennaio 2019, n. 72; Id., III, 27 dicembre 2018, n. 7231), se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità.
Tale conclusione (verisimilmente agevolata dal tenore testuale aperto della lettera c) del comma 5 dell’art. 80:“tra questi rientrano”), è rimasta anche dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, realizzata con il già citato art. 5 d.-l. n. 135 del 2018, che ha sdoppiato nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c), ma espungendo il richiamato inciso, la richiamata previsione di portata generale (cfr. Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171).
Siffatta opzione esegetica è mossa, esplicitamente o implicitamente, dalla sopra evidenziata generalizzazione degli obblighi informativi precontrattuali, ancorati ad una clausola generale di correttezza professionale (cfr. art. 30, comma 1), intorno alla quale si addensa e coagula la stessa dimensione di lealtà, affidabilità e credibilità dell’operatore professionale: cui si assume plausibilmente imposto, a pena di esclusione automatica, un dovere generale di clare loqui, al fine di mettere la stazione appaltante in condizione di elaborare – nella prospettiva del “corretto svolgimento della procedura di selezione” – le proprie “decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (cfr. ancora la lettera c).
È evidente che, in siffatta prospettiva, gli obblighi informativi decampano dalla logica della mera strumentalità, diventando obblighi finali, dotati di autonoma rilevanza: di dal che l’omissione, la reticenza, l’incompletezza divengono – insieme alle più gravi decettività e falsità – forme in certo senso sintomatiche di grave illecito professionale in sé e per sé.
In questo quadro, ancorché non univocamente (in senso parzialmente contrario, e.g. Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; V, 3 aprile 2018, n. 2063; III, 12 luglio 2018, n. 4266), si è interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura, che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787).
Si intende, perciò, la necessità di una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi. Sui quali si scaricano, con evidente tensione, opposti e rilevanti interessi: da un lato quello di estromettere senz’altro dalla gara i soggetti non affidabili sotto il profilo della integrità morale, della correttezza professionale, della credibilità imprenditoriale e della lealtà operativa; dall’altro, quello di non indebolire la garanzia della massima partecipazione e di non compromettere la necessaria certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici, presidiate dalla severa sanzione espulsiva.
L’equilibrio tra questi due interessi va garantito da una acquisizione del principio di tipicità dei motivi di esclusione (espressamente scolpito all’art. 83, comma 8 del Codice) non limitato al profilo (di ordine formale) della mera preclusione alla introduzione di fattispecie escludenti non normativamente prefigurate (c.d. numerus clausus), ma esteso al profilo ( di ordine sostanziale) della sufficiente tipizzazione, in termini di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi.
19.- In senso parzialmente diverso, si è, tuttavia, osservato che siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività, “potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142).
La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha, per giunta, fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, in ciò seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo.
Per tal via, la più recente giurisprudenza si è orientata alla individuazione anzitutto di un limite temporale all’obbligo dichiarativo, ancorato alla postulata irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605).
20. - In termini più significativi, è, nondimeno, maturata una prospettiva diversa, che muove dalla distinzione tipologica, risultante dalla previsione normativa, di due fattispecie distinte:
a) l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (cfr. Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142);
b) la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui conseguirebbe, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporterebbe l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso) (cfr. Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407).
21. - La distinzione può essere approfondita e precisata, osservando che l’ordito normativo – peraltro frutto di vari interventi correttivi, integrativi e, nel caso della lettera c), anche diairetici stratificati nel tempo – fa variamente riferimento:
a) alla falsità di “informazioni” fornite (lettera c-bis), di “dichiarazioni” rese e di “documentazione” presentata (lettere f-bis, f- ter e g, nonché il comma 12), talora, peraltro, dando rilevanza alla mera (ed obiettiva) “non veridicità”, talaltra ai profili di concreta “rilevanza o gravità” ovvero ai profili soggettivi di imputabilità (evocati dal riferimento alla negligenza, alla colpa, anche grave, o addirittura al dolo);
b) alla attitudine “fuorviante” delle informazioni (intesa quale suscettibilità di influenzare il processo decisionale in ordine all’esito della fase di ammissione);
c) alla mera “omissione” (di informazioni dovute).
Inoltre, si distingue, con esclusivo riguardo alle falsità dichiarative e documentali, secondo che le stesse rimontino a condotte (attive od omissive), a loro volta poste in essere (cfr. comma 6), prima ovvero nel corso della procedura.
In altri termini, è un dato positivo la distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali).
E se si considera che la reticenza corrisponde, in definitiva, alla c.d. mezza verità (la cui attitudine decettiva opera, quindi, in negativo, in relazione a ciò che viene taciuto, costituendo, quindi, una forma di omissione parziale), le informazioni fuorvianti son quelle che manifestano attitudine decettiva in positivo, per il contenuto manipolatorio di dati reali: una sorta di mezza falsità).
22.- La distinzione è, già sul ridetto piano normativo, legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’ANAC gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione).
Con il che la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano.
23.- Appare evidente che, in siffatta prospettiva ermeneutica, l’omissione (e la reticenza) dichiarativa si appalesano per definizione insuscettibili (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.
Per giunta, la distinzione può essere articolata – anche in specifica considerazione delle ragioni di doglianza, affidate all’appello in esame – sotto un distinto e concorrente profilo.
In effetti, la distinzione tra dichiarazioni false (che importano sempre l’esclusione) e dichiarazioni semplicemente omesse (per le quali si pone l’illustrata alternativa tra la tesi, formalistica, dell’automatica esclusione e quella, sostanzialistica, della rimessione al previo e necessario filtro valutativo della stazione appaltante) trae fondamento dal rilievo che la falsità, come predicato contrapposto alla verità, costituisce frutto del mero apprezzamento di un dato di realtà, cioè di una situazione fattuale per la quale possa alternativamente porsi l’alternativa logica vero/falso, accertabile automaticamente (anche in sede giudiziale, in virtù della pienezza dell’accesso al fatto garantita dalle regole del processo amministrativo: cfr. art. 64 cod. proc. amm.).
Per contro, la dichiarazione mancante non potrebbe essere apprezzata in quanto tale, dovendo essere, volta a volta, valutate le circostanze taciute, nella prospettiva della loro idoneità a dimostrare l’inaffidabilità del concorrente.
Tale valutazione, in quanto frutto di apprezzamenti ampiamente discrezionali, non potrebbe essere rimessa all’organo giurisdizionale, ma andrebbe necessariamente effettuata (eventualmente a posteriori) dalla stazione appaltante; a differenza della falsità, che è di immediata verifica e riscontro, anche in sede contenziosa.”
4.3. In definitiva, rilevante ai fini della decisione del presente giudizio è proprio tale ultimo profilo problematico sottoposto all’Adunanza plenaria: stabilire se sia corretto ritenere l’omissione dichiarativa, per definizione, insuscettibile di legittimare l’esclusione automatica dalla procedura di gara, a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, che sono di per sé dimostrative della pregiudiziale inaffidabilità, dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante la pregressa condotta della quale non sia stata fornita informazione, ai fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.
5. Ritenuto, infine, che i quesiti rimessi alla Adunanza Plenaria siano rilevanti anche ai fini del presente giudizio il quale, dunque, per evidenti ragioni di certezza del diritto, non può essere ragionevolmente definito prima che sia stata pubblicata la decisione pregiudiziale, va disposta la c.d. sospensione impropria del giudizio per la pendenza di una questione pregiudiziale, pure rilevante, ma sollevata in una diversa causa (Adunanza Plenaria, 15 ottobre 2014, n. 28, nonché, più recentemente, Cons. Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1587).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), sospende il giudizio, ai sensi dell’art. 79, comma 1, cod. proc.amm., in attesa della pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sulla questione pregiudiziale illustrata in motivazione.