Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2020, n. 2655

1. L’art. 36, comma 1, d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50 impone espressamente alle stazioni appaltanti nell’affidamento dei contratti d’appalto sotto soglia il rispetto del “principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti”. Detto principio costituisce necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta all’amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare in caso di procedura negoziata, inoltre, esso ha l’obiettivo di evitare la formazione di rendite di posizione e persegue l’effettiva concorrenza, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, consentendo all’amministrazione di cambiare per ottenere un miglior servizio.

2. Il principio di rotazione è inapplicabile nel solo caso in cui la stazione appaltante decida di selezionare l’operatore economico mediante una procedura aperta, che non preveda una preventiva limitazione dei partecipanti attraverso inviti, mentre, in ogni altro caso, il solo fatto oggettivo del precedente affidamento, a prescindere dalla modalità con la quale sia avvenuto, impedisce alla stazione appaltante di invitare il gestore uscente, salvo che essa dia adeguata motivazione delle ragioni che hanno indotto, in deroga al principio generale di rotazione, a rivolgere l’invito anche all’operatore uscente.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5482 del 2019, proposto da
San Marco Impianti s.a.s, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Elena Laverda e Fulvio Lorigiola, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

I.N.F.N. - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 00344/2019, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’I.N.F.N. - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Elena Laverda e l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con deliberazione di Giunta esecutiva 14 settembre 2017 n. 1448 l’I.N.F.N. – Istituto nazionale di fisica nucleare indiceva una procedura ristretta per “la conclusione di un accordo quadro della durata di tre anni con un unico operatore economico per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti idraulici, di riscaldamento e condizionamento, di distribuzione di gas tecnici e criogenici dei Laboratori Nazionali di Legnano” per un importo complessivo di € 850.000,00.

L’art. 3 del Capitolato tecnico precisava che le attività oggetto dell’accordo quadro “saranno effettuate anche in aree classificate ai sensi del D.Lgs. 230/95. L’impresa deve avere a disposizione personale classificato ai fini radioprotezionistici ai sensi del D.Lgs. 230/95 e successive modifiche e integrazioni”; per la particolare tipologia degli ambienti di svolgimento delle attività, agli operatori era richiesto (Sez. II, punto 2.9 del bando di gara): “a) di disporre di personale esperto qualificato di III livello antecedente al 01.01.2015; b) di aver lavorato per almeno 5 anni in zone controllate e/o sorvegliate per le quali sia stato nominato un esperto qualificato e sia stata acquisita una valutazione con indicazione di radioprotezione di cui all’art. 61 co. 2 del D. Lgs n. 230/95 s.m.i. e la classificazione dei lavoratori addetti”.

1.1. Nel termine previsto dal bando presentavano domanda quattro operatori economici, tra i quali l’impresa San Marco Impianti s.a.s.; due operatori erano ammessi a presentare offerta e ad essi, con lettera di invito del 15 dicembre 2017, il R.u.p. chiedeva di presentare l’offerta con le modalità ivi specificate.

In particolare, per quanto di interesse nel presente giudizio, veniva loro richiesto la predisposizione di una Busta A – documentazione amministrativa, contenente i seguenti documenti a comprova dei requisiti speciali di capacità professionale e tecnica, già dichiarati all’atto della presentazione della domanda mediante compilazione del D.G.U.E. – documento di gara unico europeo: “a) copia della lettera di nomina di esperto qualificato di III livello antecedente al 01.01.2015; b) copia delle schede di radioprotezione del personale classificato addetto; c) attestazione di qualificazione rilasciata da una SOA regolarmente autorizzata, in corso di validità, che documenti il possesso della qualificazione in categorie e classifiche adeguate ai lavori da assumere”.

1.2. L’Impresa San Marco Impianti s.a.s. era l’unica a presentare l’offerta nei termini; in ottemperanza alla richiesta sub a) produceva copia della comunicazione di nomina dell’esperto qualificato di III livello, dott.ssa Marta Dalla Vecchia, inviata il 25 febbraio 2008 alla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente ai sensi dell’art. 77 d.lgs. n. 230del 1995, completa della dichiarazione di accettazione dell’incarico.

La commissione giudicatrice, esaminato il contenuto dell’offerta dell’operatore economico (oltre alla Busta A, era stata prodotta anche la Busta B – Offerta tecnica - e la Busta C – offerta economica), proponeva l’aggiudicazione all’Impresa San Marco Impianti s.a.s..

1.3. Con nota 4 aprile 2018 l’I.N.F.N. richiedeva all’impresa di chiarire: “1) se la dott.ssa Marta Dalla Vecchia abbia svolto o meno l’incarico di esperto qualificato presso San Marco Impianti s.a.s. senza soluzione di continuità dal 25.02.2008 sino al 01.01.2015; 2) se la dott.ssa Marta Dalla Vecchia sia tuttora il Vs. esperto qualificato, in evidente posizione di conflitto d’interesse con l’INFN o, in caso contrario, chi sia il Vs. attuale esperto qualificato”.

Con nota 5 aprile 2018 venivano resi i chiarimenti richiesti: la dott.ssa Marta Dalla Vecchia, in qualità di esperta qualificata di III livello nominata nel 2008, aveva provveduto a classificare il personale dell’impresa come “lavoratori non esposti” ai sensi e per gli effetti degli articoli da 59 a 96 del d. lgs. n. 230 del 1995 e da quel momento non essendo variate le mansioni dei dipendenti, né i luoghi di lavoro, non era stata più ricontattata; l’incarico doveva ritenersi tuttora valido ed efficace in quanto mai revocato.

Nella stessa nota si aggiungeva che, ricevuta la proposta di aggiudicazione, era stata contattata immediatamente la dott.ssa Dalla Vecchia e se ne richiesta la disponibilità a proseguire l’incarico già affidatole per il caso di variazione delle mansioni del proprio personale, ma, stante la sua risposta negativa, era stato contattato altro esperto qualificato di III livello, il dott. Luciano Lembo, che, il 3 maggio 2018, aveva accettato l’incarico (circostanza di cui era stata data comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro di Padova).

Su richiesta della stazione appaltante il 3 maggio 2018 la ditta inviava la documentazione a comprova di quanto dichiarato.

1.4. Infine con la deliberazione di Giunta esecutiva 12 luglio 2018, n. 11765 San Marco Impianti s.a.s. era esclusa dalla procedura di gara per carenza di uno dei prerequisiti di partecipazione richiesti dal bando di gara ovvero “di disporre di personale esperto qualificato di III livello antecedente al 01.01.2015”.

In motivazione, ricordato che il suddetto prerequisito era richiesto agli operatori economici dal 1°gennaio 2015 e fino al momento della partecipazione alla gara, nonché, in caso di aggiudicazione, per tutta la durata del contratto, era evidenziato che l’impresa aveva reso una dichiarazione non aderente alla realtà poiché alla data del 22 gennaio 2018 (termine di scadenza della presentazione della domanda di partecipazione alla gara) la stessa non era in possesso di tale requisito, avendo la dott.ssa Dalla Vecchia dichiarato di non essere più l’esperto qualificato della ditta e di non essere disponibile a svolgere l’incarico di esperto qualificato.

La procedura di gara era dichiarata deserta ed era disposto l’avvio di una nuova procedura di gara per l’affidamento dell’appalto mediante procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando, ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. a) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 alla quale era stabilito non dovesse essere invitato l’operatore economico uscente, vale a dire proprio l’Impresa San Marco Impianti s.a.s., in ossequio ai principi di concorrenza e di rotazione, secondo le indicazioni contenute nelle Linee Guida Anac n. 4.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto la predetta Impresa San Marco Impianti s.a.s. impugnava il provvedimento di esclusione dalla procedura, chiedendone l’annullamento sulla base di quattro motivi di censura.

Con il primo motivo si lamentava la violazione dell’art. 33, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e degli articoli 20, comma 3, e 21-nonies l. 7 agosto 1990 n. 241, in quanto l’esclusione era stata adottata quando già si era avuta l’approvazione (sia pure tacita) della proposta di aggiudicazione e senza previo annullamento della stessa, nonché per violazione del termine per la conclusione del procedimento fissato in 180 giorni, con conseguente diritto al risarcimento del danno ingiusto da ritardo ex art. 2 bis l. n. 241 del 1990.

Con il secondo motivo si sosteneva il possesso del requisito richiesto dal bando (“disporre di personale esperto qualificato di III livello antecedente al 01.01.2015”), come dimostrato con l’unico specifico documento individuato a tal fine dalla lettera di invito (“copia della lettera di nomina di esperto qualificato di III livello antecedente al 01.01.2015”), requisito mantenuto ininterrottamente senza soluzione di continuità.

Con il terzo motivo subordinato era denunciata l’assenza dei presupposti previsti dall’art. 63, comma 2, lett. a) d.lgs. n. 150 cit. per il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara.

Infine con il quarto motivo, formulato in via ulteriormente gradata, era contestata l’applicabilità alla fattispecie (e comunque la falsa applicazione) delle Linee Guida dell’ANAC n. 4, approvate con delibera, come aggiornate con delibera 3.2018, n. 206, e l’obbligo di non invitare alla nuova procedura, il gestore uscente del servizio.

2.1. Nel giudizio si costituiva l’I.N.F.N. che concludeva per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza 8 novembre 2018, n. 546 il Consiglio di Stato, in riforma dell’ordinanza di rigetto del tribunale, accoglieva l’istanza cautelare formulata dalla ricorrente e, allo scopo di “mantenere integra la situazione di fatto”, sospendeva il provvedimento impugnato.

Con deliberazione di Giunta esecutiva 30 novembre 2018 n. 11875 l’I.N.F.N. procedeva pertanto ad aggiudicare l’accordo quadro all’Impresa San Marco Impianti s.a.s. fino al 30 giugno 2019 e l’8 febbraio 2019 veniva sottoscritto il relativo contratto, preceduto dalla consegna anticipata dei lavori avvenuta il 13 dicembre 2018.

Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito tribunale ha rigettato il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite.

3. Propone appello San Marco Impianti s.a.s.; si è costituito in giudizio l’I.N.F.N.

L’appellante ha depositato memoria ex art. 73, comma 1, Cod. proc. amm.

4. All’udienza pubblica del 13 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello, deducendo “1. Contraddittorietà manifesta per non avere il TAR Veneto considerato che la doglianza è superata dall’aggiudicazione dell’accordo quadro intervenuta nelle more del giudizio. 2. In ogni caso, le ragioni adottate dal Giudice di primo grado sono illogiche e infondate. 3. Omessa considerazione del danno da ritardo lamentato dalla ricorrente che può essere liquidato in via equitativa”, l’appellante si duole della reiezione del primo motivo di ricorso.

I.1. Posto che il tribunale aveva escluso che la stazione appaltante dovesse preventivamente annullare in autotutela il provvedimento di aggiudicazione per poter poi disporre l’esclusione dell’impresa dalla procedura poiché, pur essendo scaduto il termine previsto per l’approvazione della proposta di aggiudicazione, non v’era stato alcun espresso provvedimento di aggiudicazione (necessario ai sensi dell’art. 32, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016), l’appellante afferma, per un verso, che quelle considerazioni erano superate dalle vicende successive all’ordinanza cautelare e segnatamente dall’avvenuta adozione della deliberazione di Giunta esecutiva 30 novembre 2018, n. 11875, di formale aggiudicazione a suo favore dell’appalto, e, per altro verso, che non sarebbe stato necessario un formale provvedimento di aggiudicazione perché la corretta interpretazione dell’art. 33, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 conduce alla conclusione che alla proposta di aggiudicazione segue l’aggiudicazione in caso di il silenzio – assenso dell’organo cui la stessa è diretta.

1.2. L’appellante lamenta altresì l’ingiusto diniego del diritto al risarcimento del danno subito per la violazione del termine di 180 giorni fissato dall’I.N.F.N. per la conclusione del procedimento, che si era ingiustificatamente prolungato determinando un ritardo di cinque mesi nell’avvio dei lavori (la consegna, che sarebbe dovuta avvenire entro il 7 luglio 2018, era avvenuta il 12 dicembre 2018), durante i quali il personale assegnato alla manutenzione degli impianti della stazione appaltante aveva potuto solo in parte prestare la propria attività nell’esecuzione di altre commesse.

2. Il motivo è infondato e va respinto.

2.1. L’art. 32, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, prevede che: “La stazione appaltante, previa verifica della proposta di aggiudicazione ai sensi dell’articolo 33, comma 1, provvede all’aggiudicazione”.

Nel nuovo codice dei contratti pubblici risulta eliminata la precedente distinzione tra “aggiudicazione provvisoria” e “aggiudicazione definitiva” e la fase finale della procedura di aggiudicazione si articola nella “proposta di aggiudicazione”, che è adottata dal seggio di gara, e nell’ “aggiudicazione” tout court, che è il provvedimento conclusivo della procedura (cfr. Cons. Stato, V, 10 ottobre 2019, n. 6904; V, 15 marzo 2019, n. 1710).

2.2. L’aggiudicazione costituisce un’autonoma manifestazione di volontà della stazione appaltante, resa all’esito della “verifica della proposta di aggiudicazione”, prevista dal citato art. 32, comma 5.

Si tratta invero di un’attività di controllo sulla proposta di aggiudicazione rientrante nel più generale controllo degli atti della procedura attuato dalla stazione appaltante (che autonomamente individua l’organo compente, ovvero, in mancanza, il R.u.p.), disciplinata dall’art. 33, comma 1, d.lgs. n. 50 cit. a mente del quale: “La proposta di aggiudicazione è soggetta ad approvazione dell’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti, decorrenti dal ricevimento della proposta di aggiudicazione da parte dell’organo competente. In mancanza il termine è pari a trenta giorni. Il termine è interrotto dalla richiesta di chiarimenti o documenti e inizia nuovamente a decorrere da quando i chiarimenti o documenti provengono all’organo richiedente. Decorsi tali termini, la proposta di aggiudicazione si intende approvata”.

La norma regola in realtà il rapporto tra l’attività della commissione (o del seggio) di gara (che formula la proposta) e l’amministrazione appaltante (che deve verificare e controllare la regolarità e la legittimità del procedimento, formulando eventualmente osservazioni o chiedendo chiarimenti), così che l’approvazione per silentium della proposta impedisce l’ulteriore attività della commissione e consuma il potere di controllo dell’amministrazione, ma non trasforma automaticamente la proposta di aggiudicazione (ormai definitiva) in aggiudicazione (in tal senso cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2019, n. 107; III, 16 ottobre 2012, n. 5282; VI, 26 marzo 2012, n. 1766).

2.3. Alla stregua delle osservazioni che precedono il fatto che l’impugnato provvedimento di esclusione dalla gara sia stato adottato il 12 luglio 2018, benché la proposta di aggiudicazione fosse stata approvata per silentium il 2 marzo 2018, è del tutto irrilevante ai fini della fondatezza della tesi dell’appellante, essendo pacifico che alcun espresso provvedimento di aggiudicazione era intervenuto.

Ugualmente irrilevante ai fini della legittimità dell’impugnata esclusione è il provvedimento di aggiudicazione 12 dicembre 2018, sia perché si tratta di atto necessitato, emanato in esecuzione cioè di un provvedimento giurisdizionale (ordinanza di sospensione), sia perché non appartiene al substrato fattuale esistente al momento del provvedimento impugnato (sul quale solo deve essere effettuato lo scrutinio di legittimità).

2.4. Le conclusioni raggiunte rendono infondata anche la censura concernente il preteso mancato accoglimento della domanda risarcitoria, mancando il presupposto stesso, cioè l’illegittimità dell’atto.

3. Con il secondo motivo di appello si contesta la reiezione del secondo motivo di ricorso perché “1. La pronuncia del TAR Veneto è inficiata in radice da gravi errori di fatto: la circostanza che l’Impresa al momento della presentazione della domanda di partecipazione fosse in possesso del requisito e che abbia presentato l’unico specifico documento richiesto a comprova della lex specialis di gara non sono contestate dall’INFN nella delibera di esclusione e tanto meno in giudizio. 2. Il TAR Veneto distorce e in parte non esamina i cinque autonomi profili di illegittimità denunciati con la censura. 3. In ogni caso sono gli stessi atti allegati alla D.G.E. n. 11765 ad attestare che l’impresa ha mantenuto il possesso del requisito del 2008 ad oggi senza soluzione di continuità”.

3.1. Secondo il tribunale la clausola del bando, con la richiesta “di disporre di personale esperto qualificato di III livello antecedente al 01.01.2015”, non poteva essere considerata ambigua, giacché essa imponeva chiaramente agli operatori economici, non già la disponibilità dell’esperto qualificato nel solo periodo anteriore al 1°gennaio 2015, ma – come reso evidente dall’utilizzo del verbo all’infinito “disporre” – la disponibilità attuale, ossia al momento della dichiarazione, ovvero, quantomeno, al momento di presentazione della domanda; una diversa interpretazione, da un lato, non avrebbe garantito la stazione appaltante in ordine al possesso dei requisiti al momento dell’esecuzione dell’appalto (così privando la previsione della disponibilità di un esperto qualificato di rilevanza sostanziale) e, dall’altro, ne avrebbe fatto un mero requisito esperienziale ingiustificatamente sovrapponibile a quello previsto dalla lett. b) della medesima Sez. II 2.9., di aver cioè “… lavorato per almeno 5 anni in zone controllate e/o sorvegliate per le quali sia stato nominato un esperto qualificato”.

Sempre ad avviso del tribunale la ricorrente non disponeva dell’esperto qualificato poiché la comunicazione dell’incarico conferito alla dott.ssa Dalla Vecchia alla Direzione provinciale del lavoro, se provava l’esistenza di un accordo tra professionista e impresa raggiunto prima del 1° gennaio 2015 (e, precisamente, nel 2008), non dimostrava che quell’incarico fosse ancora attuale alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla procedura; né l’assenza di revoca costituiva circostanza decisiva, poiché, benchè la dichiarazione di nomina non fosse mai stata revocata, era possibile che il rapporto professionale fosse invece cessato, come, d’altra parte, confermato anche dal comportamento delle parti (la dott.ssa Dalla Vecchia interpellata aveva dichiarato di non essere al 22 gennaio 2018 esperto qualificato della ditta, né di essere disponibile a svolgere detto incarico, tant’è che l’impresa aveva nominato un altro professionista).

3.3. L’appellante sostiene che la sentenza avrebbe individuato una ragione di esclusione – l’inidoneità del documento prodotto a comprova del requisito dichiarato della disponibilità dell’esperto qualificato – diversa da quella a fondamento del provvedimento impugnato.

A suo avviso infatti l’amministrazione non aveva messo in dubbio che la copia della lettera di nomina della dott. ssa Dalla Vecchia, inviata il 25 febbraio 2008 alla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente, corrispondesse esattamente alla documentazione richiesta dalla lettera d’invito: e ciò proprio perché l’art. 77 d.lgs. n. 230 del 1995, in materia di protezione sanitaria dei lavoratori dal rischio di radiazioni inonizzanti, dispone che il datore di lavoro comunichi alla Direzione provinciale del lavoro i nominativi degli esperti qualificati prescelti, con allegazione della dichiarazione di accettazione di incarico, così assicurando l’intervento dell’esperto per tutti gli incombenti che la normativa impone e fino a quando non sia disposta formale revoca dell’incarico da parte dell’impresa o recesso dell’incaricato, anch’esso debitamente comunicato; revoca o recesso, peraltro, che non erano mai intervenuti in relazione all’incarico conferito alla dott.ssa Dalla Vecchia, la quale, infatti, era stata sostituita solo quando aveva dichiarato per iscritto il 2 maggio 2018 la propria indisponibilità a collaborare e con l’immediata sostituzione col dott. Lembo il 3 maggio 2018, così che l’impresa aveva sempre avuto – senza alcuna soluzione di continuità – la disponibilità di un esperto qualificato di III livello.

4. Il motivo è infondato.

4.1. Il provvedimento di esclusione della San Marco Impianti s.a.s. è stato adottato per mancanza del requisito della disponibilità di un esperto qualificato di III livello “anteriore al 01.01.2015”.

Posto che nel motivo di appello non si fa più questione dell’ambiguità della clausola (quetione sollevata in primo grado, ma respinta dal tribunale), l’appellante ribadisce il possesso del predetto requisito come provato dalla documentazione trasmessa alla stazione appaltante.

4.2. Deve tuttavia osservarsi che la comunicazione del 2008 alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio della nomina della dott.ssa Dalla Vecchia ad esperto qualificato con allegata la dichiarazione di accettazione dell’incarico non vale a dimostrare il possesso del requisito della disponibilità del medesimo esperto qualificato alla presentazione della domanda di partecipazione.

Se è vero, infatti, che l’incarico alla dott.ssa Dalla Vecchia non è stato mai revocato con atto formale, è pur vero che una serie di elementi fattuali consentono di ritenere che lo stesso sia stato interamente espletato e che avesse pertanto esaurito i suoi effetti al momento della presentazione della domanda di partecipazione all’odierna procedura di gara.

4.3. Si ricava ciò in particolare dal comportamento delle parti (rilevante per l’interpretazione del contratto ai sensi dell’art. 1362, comma 2, Cod. civ.) successivo al conferimento dell’incarico, qual evidenziato dalla stazione appaltante nel parere reso dalla Divisione “Affari contrattuali” dell’Istituto allegato al provvedimento di esclusione: la dott.ssa Dalla Vecchia, una volta assunta dall’I.N.F.N. avrebbe dovuto richiedere, quale dipendente pubblico, autorizzazione all’ente di appartenenza per lo svolgimento (o la prosecuzione) di un incarico a favore di soggetto privato ai sensi dell’art. 53, commi 9 e 10, d.lgs. 2001, n. 165; se ciò non ha fatto, è perché ha ritenuto ragionevolmente che l’incarico ricevuto nel 2008 dalla San Marco Impianti s.a.s. avesse esaurito i suoi effetti (lo dichiara, del resto, essa stessa ai colleghi che la interrogano circa i suoi attuali rapporti con l’impresa); la stessa impresa, che pure in quanto conferente l’incarico avrebbe dovuto richiedere la trasmissione dell’autorizzazione rilasciata dall’ente di appartenenza andando incontro, altrimenti, a sanzioni, non se ne preoccupava, evidentemente anch’essa convinta che l’incarico avesse avuto termine.

In definitiva, è vero che la comunicazione di nomina alla Direzione del lavoro era stata effettuata ai sensi dell’art. 77 (Esperti qualificati) d.lgs. 17 marzo 1995, n. 230 e, dunque, quale esperto qualificato prescelto per la sorveglianza fisica dei lavoratori per la protezione contro le radiazioni, ma è pur vero che entrambe le parti consideravano detto incarico limitato al tempo in cui tale sorveglianza si fosse resa necessaria, con conseguente venir meno degli effetti una volta conclusa l’attività con rischio di esposizioni a radiazioni ionizzanti.

Le predette circostanze conducono ad escludere, insomma, diversamente da quanto prospettato dall’appellante, che l’incarico professionale affidato alla dott.ssa Dalla Vecchia non avesse termine e dovesse continuare senza soluzione di continuità fino a diversa manifestazione di volontà di una delle parti del contratto (nel caso di specie, circa un decennio).

Si aggiunga, infine, che, nei chiarimenti resi con nota del 5 aprile 2018 la stessa San Marco Impianti s.a.s. riferisce che la dott.ssa Dalla Vecchia aveva accettato di operare la “classificazione del personale dipendente della nostra ditta”, attività completata con la predisposizione delle schede di radioprotezione del personale (peraltro trasmesse dall’impresa alla stazione appaltante), tant’è vero che, ancora una volta, è l’impresa, nei medesimi chiarimenti, a spiegare di non aver avuto più necessità di contattare la dott.ssa Dalla Vecchia, una volta espletato quell’incarico, perché non erano più intervenute variazioni di mansioni nel personale.

5. Con il terzo motivo di appello l’appellante ha lamentato “Motivazione errata, tautologica e insufficiente”, sostenendo l’erroneità e l’illegittimità della sentenza per aver ritenuto legittima la decisione della stazione appaltante, una volta dichiarata deserta la procedura di gara, di procedere all’affidamento dell’appalto mediante una procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. a) d.lgs. n. 50 cit., così respingendo il terzo motivo di ricorso.

5.1. Per l’appellante non v’era ragione per poter legittimamente procedere, dopo la prima procedura di gara, a nuova aggiudicazione mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando.

In particolare, non poteva affermarsi che non fosse, nella precedente gara, pervenuta alcuna offerta appropriata poiché la sua offerta – l’unica presentata nella predetta procedura – era certamente appropriata, rispondente alle esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice e ai requisiti specificati nei documenti di gara, come dimostrerebbero i verbali della commissione giudicatrice (ove, per il primo profilo, è espressamente detto che “le caratteristiche qualitative, metodologiche e tecniche offerte soddisfino pienamente quanto richiesto” e, per altro verso, che il ribasso offerto è “congruo”).

D’altronde, non potrebbe neppure negarsi l’avvenuta presentazione di domande di partecipazione appropriate, visto che quattro operatori avevano superato la fase di prequalifica ed erano stati ammessi a presentare offerta.

6. Anche tale motivo è infondato e va respinto.

6.1. L’art. 63 (Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara), comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 consente l’utilizzo della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi “a) qualora non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata, né alcuna domanda di partecipazione o alcuna domanda di partecipazione appropriata, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta, purchè le condizioni iniziali dell’appalto non siano sostanzialmente modificate e purchè sia trasmessa una relazione alla Commissione europea, su sua richiesta”, precisandosi che per offerta non appropriata è da ritenersi quella che “non presenta alcuna pertinenza con l’appalto ed è, quindi, manifestamente inadeguata, salvo modifiche sostanziali, a rispondere alle esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice e ai requisiti specificati nei documenti di gara”, mentre per domanda inappropriata si intende il caso in cui “l’operatore economico interessato deve essere o può essere escluso ai sensi dell’articolo 80 o non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice ai sensi dell’articolo 83”.

La norma distingue tra il caso in cui alcuna domanda di partecipazione sia pervenuta ovvero alcuna domanda di partecipazione appropriata sia pervenuta in esito alla precedente procedura da quello in cui non vi sia stata nessuna offerta o nessuna offerta sia stata ritenuta appropriata; in entrambi i casi, comunque, la procedura si è conclusa senza una valida aggiudicazione.

Le situazioni, insomma, sono tra loro alternative e non cumulabili.

6.2. Come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, l’odierna vicenda rientra nella prima situazione, in cui erano pervenute domande nella fase di prequalificazione degli operatori, ma nessuna offerta appropriata in fase procedurale.

Dei due operatori ammessi, infatti, solo l’odierna appellante aveva trasmesso la sua offerta nei termini previsti dalla lettera di invito e, tuttavia, per la mancanza del requisito fissato dai documenti di gara (come emerge dal precedente motivo di appello) della disponibilità di un esperto qualificato di III livello al momento della presentazione della domanda di partecipazione, si trattava di offerta non appropriata.

7. Nell’ultimo motivo di appello la sentenza di primo grado è ritenuta viziata per “Motivazione assente per mancato esame e considerazione degli specifici rilievi svolti dalla ricorrente nella peculiare fattispecie in contestazione”, contestandosi di considerare corretta la scelta della stazione appaltante di non invitare il gestore uscente alla nuova procedura di gara negoziata, in applicazione delle indicazioni contenute nelle Linee Guida ANAC n. 4 e di respingere di conseguenza il quarto motivo di ricorso.

7.1. Il giudice di primo grado ha ritenuto corretta l’applicazione del principio di rotazione, quale regola generale negli affidamenti a trattativa privata per evitare il consolidarsi di rendite di posizione, tanto più in un caso, come quello in esame, in cui la ricorrente gestiva il servizio da 13 anni e non risultava la circostanza della dedotta assenza sul mercato di operatori - dotati dei requisiti richiesti - per garantire il confronto concorrenziale imposto dall’art. 62, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016; l’applicazione della regola generale – poi – non imponeva una espressa motivazione, essendo sufficiente il riferimento alle Linee Guida ANAC.

7.2. L’appellante lamenta invece proprio l’inapplicabilità delle Linee guida ANAC (n. 1 approvate con delibera 14 settembre 2016, n. 9736 e n. 4 approvate con delibera 26 ottobre 2016, n. 1097) perché esse riferiscono il principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti al caso in cui la scelta (del precedente gestore) sia effettuata mediante una procedura “semplificata di cui al richiamato articolo 36”, laddove il precedente affidamento era stato disposto in suo favore nel 2014 all’esito di una ordinaria procedura di gara europea ristretta. Inoltre, sempre secondo l’appellante, le Linee Guida ANAC ritenevano dovuta l’applicazione del principio di rotazione nel solo caso in cui “i due affidamenti, quello precedente e quello attuale, abbiano ad oggetto una commessa rientrante nella stessa …categoria di opere”, situazione diversa da quella in esame, in cui, a differenza di quanto previsto nel precedente affidamento, le attività dovevano essere effettuate in aree classificate ai sensi del d.lgs. 230/95, con la conseguente modifica dei requisiti speciali richiesti agli operatori concorrenti.

Ha aggiunto poi l’appellante che già nel 2017, all’atto dell’indizione della procedura dalla quale è stato escluso, l’I.N.F.N. poteva disporre l’affidamento in via negoziata ed aveva, invece, deciso di indire una procedura aperta per consentire la massima partecipazione e così anche la sua partecipazione, considerata anche la struttura di mercato, la riscontrata assenza di alternative e considerato il grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale; era dunque contraddittoria la decisione di indire una procedura di gara negoziata e di escluderla dalla stessa facendo applicazione del principio di rotazione, anche perché le predette circostanze, che in precedenza avevano indotto ad avviare una procedura aperta, potevano essere ragionevolmente poste a base di una decisione di non far applicazione del principio di rotazione.

Da ultimo l’appellante ha sostenuto che non potrebbe esserle preclusa la partecipazione poiché l’affidamento disposto a suo favore era avvenuto sulla base di una procedura aperta e la sua partecipazione ad una gara negoziata costituirebbe la prima deroga negli affidamenti effettuati dalla stazione appaltante al principio di rotazione, dovendo prevalere in tal caso il principio di apertura alla concorrenza imposto dal Trattato europeo sul principio di rotazione (in tal senso Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia 12 aprile 2017, n. 188).

8. Il motivo è infondato.

8.1. L’art. 36, comma 1, d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50 impone espressamente alle stazioni appaltanti nell’affidamento dei contratti d’appalto sotto soglia il rispetto del "principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti".

Detto principio costituisce necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta all’amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare in caso di procedura negoziata (Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6160 in cui, trattando proprio delle procedure negoziate previste dall’art. 36 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 cit. per gli appalti sotto soglia, è stato affermato: "Contrasta con il favor partecipationis la regola che il numero degli operatori economici sia limitato e fa temere per il principio di parità di trattamento che la loro scelta sia rimessa all’amministrazione e tuttavia, il sacrificio della massima partecipazione che deriva dal consentire la presentazione dell’offerta ai soli operatori economici invitati è necessitato dall’esigenza di celerità, essa, poi, non irragionevole in procedure sotto soglia comunitaria; quanto, invece, alla scelta dell’amministrazione il contrappeso è nel principio di rotazione"); esso ha l’obiettivo di evitare la formazione di rendite di posizione e persegue l’effettiva concorrenza, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, consentendo all’amministrazione di cambiare per ottenere un miglior servizio (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 5novembre 2019, n. 7539; VI, 4 giugno 2019, n. 3755).

8.2. Nessuna delle ragioni indicate dall’appellante può ragionevolmente giustificare l’adozione di una deroga all’applicazione del predetto principio di carattere generale:

- non la circostanza che in precedenza (nel 2014) avesse ottenuto l’affidamento del medesimo appalto quale vincitore di una procedura aperta; la giurisprudenza ha già chiarito che (anche alla luce delle Linee guida ANAC n. 4 nella versione adottata con delib. 1 marzo 2018, n. 206, punto 3.6) il principio di rotazione è inapplicabile nel solo caso in cui la stazione appaltante decida di selezionare l’operatore economico mediante una procedura aperta, che non preveda una preventiva limitazione dei partecipanti attraverso inviti, mentre, in ogni altro caso, il solo fatto oggettivo del precedente affidamento – a prescindere dalla modalità con la quale sia avvenuto – impedisce alla stazione appaltante di invitare il gestore uscente, salvo che essa dia adeguata motivazione delle ragioni che hanno indotto, in deroga al principio generale di rotazione, a rivolgere l’invito anche all’operatore uscente (cfr. Cons. Stato, sez. III, 4 febbraio 2020, n. 875; V, 5 novembre 2019, n. 7539); quel che si intende evitare, infatti, è che l’operatore uscente possa avvantaggiarsi delle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento, nell’ambito di una procedura in cui è chiamato a confrontarsi, allo scoperto, con pochi altri concorrenti; in quest’ottica è del tutto indifferente la modalità con la quale sia stato aggiudicato il precedente contratto (lo spiega chiaramente Cons. Stato, V, 12 giugno 2019, n. 3943);

- non il differente contesto nel quale i lavori oggetto del nuovo affidamento dovranno essere eseguiti: in coerenza con le citate Linee Guida ANAC n. 4 – per le quali “Si applica il principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti, con riferimento all’affidamento immediatamente precedente a quello di cui si tratti, nei casi in cui i due affidamenti, quello precedente e quello attuale, abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi” – la giurisprudenza ha riconosciuto l’inapplicabilità del principio di rotazione solamente nel caso di “sostanziale alterità qualitativa”, ovvero, più chiaramente, di diversa natura delle prestazioni oggetto del precedente e dell’attuale affidamento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2019, n. 1524); situazione, di certo, non ricorrente nella vicenda de qua ove il precedente appalto (del 2014) aveva ad oggetto, come quello attuale, “l’affidamento di un accordo quadro della durata di 3 anni – con unico operatore economico – per i lavori di manutenzione ordinaria della sottostazione di trasformazione in esecuzione blindata 123/20 KV e della manutenzione elettrica industriale, civile, comprensiva di opere murarie degli impianti elettrici dei laboratori nazionali di Legnaro dell’I.N.F.N.”, non potendo rilevare, alla luce dei predetti criteri, che per il nuovo affidamento la stazione appaltante abbia previsto la possibilità che l’attività si svolgesse in zone a rischio di radiazioni ionizzanti (aree classificata ai sensi del d.lgs. 230/95), trattandosi, comunque, di attività aventi identica natura (lavori di manutenzione);

- neppure v’è contraddittorietà tra la scelta della stazione appaltante, effettuata nel 2017, di indire una procedura di gara aperta per l’affidamento del servizio e la successiva decisione di procedere in via negoziata senza pubblicazione del bando: basterebbero le considerazioni precedentemente esposte sul carattere generale del principio di rotazione in caso di adozione di una procedura ristretta e sulla sua inapplicabilità in caso di procedura aperta a respingere la censura, ma decisivo in tal senso è, specialmente, la circostanza che la stazione appaltante ha deciso di procedere al nuova affidamento a mezzo procedura ristretta senza previa pubblicazione del bando per essersi trovata nella condizione di cui all’art. 63, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;

- infine, non appare utilmente invocabile la precedente pronuncia del Cons. giust. amm. Regione Sicilia n. 188 del 2017, avente ad oggetto una vicenda completamente differente, nella quale, cioè, era censurata la scelta della stazione appaltante di non applicare il principio di rotazione, che il giudice amministrativo riteneva di poter confermare per essere quella a favore del gestore uscente la prima deroga all’applicazione del principio di rotazione della quale lo stesso usufruiva; nel caso oggetto del giudizio, invece, non v’è da sindacare la validità delle ragioni poste a base della deroga all’applicazione del principio di rotazione per aver la stazione appaltante deciso di conformarsi al principio generale.

8.3. In conclusione, la scelta dell’I.N.F.N. di procedere al nuovo affidamento mediante procedura ristretta senza pubblicazione del bando, con esclusione, in attuazione del principio di rotazione, dell’operatore uscente non necessita di espressa motivazione, avendo fatto applicazione di un principio di carattere generale.

9. L’appello va, dunque, respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna San Marco Impianti s.a.s. al pagamento delle spese di lite, che liquida in € 3.000,00 oltre accessori e spese di legge, a favore dell’I.N.F.N. – Istituto nazionale fisica nucleare.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

La V sezione del Consiglio di Stato, nella pronuncia in oggetto, ha statuito, conformemente alla giurisprudenza prevalente, che il principio di rotazione è inapplicabile nelle sole ipotesi di procedure di gara aperte.

La disciplina comune agli Stati membri dell’Unione Europea sulle procedure di affidamento dei contratti pubblici dettata prima dalle direttive n. 17/2004 e 18/2004 e poi successivamente dalle direttive n. 24/2014 e 25/2014, ha circoscritto il proprio ambito di applicazione esclusivamente ai contratti che superano un determinato valore economico.

Il limite che sancisce la rilevanza del contratto è stabilito dalle c.d. soglie di rilevanza europea ed è stato recepito dal legislatore nazionale agli artt. 35 e 36 del D. Lgs. n. 50/2016 (il c.d. Codice dei contratti pubblici).

Nell’ambito delle procedure sotto soglia, il legislatore, all’art. 36 del D. Lgs. n. 50/2016, rimettendo la sua specificazione alle Line Guida Anac N. 4, ha introdotto il c.d. principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti prevedendo che “l’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese”. Tale disposizione, dunque, impone alle stazioni appaltanti di procedere all’affidamento dei contratti sotto soglia nel rigoroso rispetto del principio di rotazione.

La ratio sottesa al principio di rotazione è quella di garantire che “l’alternanza tra gli operatori economici avvenga proprio e già al momento della scelta di coloro che dovranno essere invitati a partecipare alla procedura di gara” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6160). Tale principio, perseguendo una finalità pro concorrenziale, dovrebbe consentire la turnazione tra i diversi operatori economici con lo scopo di evitare il consolidamento di rapporti esclusivi con determinati operatori economici favorendo una distribuzione temporale delle chances di guadagno nel mercato dei contratti pubblici (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2019, n. 3755).

Con il principio di rotazione, di regola, le stazioni appaltanti non dovrebbero includere il gestore uscente tra i soggetti candidabili ad un nuovo affidamento del medesimo o analogo oggetto. Tuttavia, si è posta nella prassi e nella giurisprudenza, una controversia in merito alla perentorietà dell’applicazione del principio di rotazione.

Malgrado la giurisprudenza abbia inteso, per lungo tempo, il principio de quo come mero criterio orientativo di massima (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I Ter, 12 marzo 2015, n. 4063; Cons. Stato, sez. VI, 28 dicembre 2015, n. 6906) i giudici di Palazzo Spada, domandandosi se il principio di rotazione implichi un vero e proprio dovere di non invitare l’affidatario uscente del contratto, hanno definitivamente stabilito che il reiterato invito alla procedura dello stesso operatore economico abbia una natura eccezionale è necessiti di adeguata motivazione (cfr. Cons. Stato, sez. Consultiva, 13 settembre 2016, Affare N. 01903; Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854).

Nel caso di specie, l’operatore economico ricorrente in appello, già soccombente nel giudizio di primo grado, nell’ambito di una nuova procedura di gara per l’affidamento mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. a) del D. Lgs. n. 50/2016, veniva non invitato a partecipare alla procedura, in ossequio ai principi di concorrenza e rotazione e secondo le indicazioni contenute nelle Linee Guida Anac N. 4.

Il ricorrente, dunque, censurava, l’applicabilità del principio di rotazione nel caso de quo, sostenendo che le Linee Guida Anac n. 4 fossero inapplicabili perché esse circoscriverebbero l’ambito del principio di rotazione al caso in cui, la scelta del precedente gestore, sia effettuata mediante una procedura semplificata di cui al richiamato art. 36, laddove il precedente affidamento era stato disposto in suo favore nel 2014 all’esito di una ordinaria procedura di gara europea ristretta.

Il collegio, ha preliminarmente ricordato che il principio di rotazionecostituisce necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta all’amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare in caso di procedura negoziata” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6160) sostenendo inoltre che “esso ha l’obiettivo di evitare la formazione di rendite di posizione e persegue l’effettiva concorrenza, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, consentendo all’amministrazione di cambiare per ottenere un servizio migliore” (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2019, n. 7539) e, successivamente, nel merito, respingendo le motivazioni del ricorrente, ha evidenziato come, la circostanza che in precedenza (nel 2014) l’operatore avesse ottenuto l’affidamento del medesimo appalto quale vincitore di una procedura aperta non rilevi ai fini dell’inapplicabilità del principio di rotazione.

Definitivamente, in questa pronuncia, il Consiglio di Stato, ha confermato l’inapplicabilità del principio di rotazione nel solo caso in cui la stazione appaltante decida di selezionare l’operatore mediante una procedura aperta e che, quindi, non richieda alcuna preventiva limitazione dei partecipanti attraverso inviti. Diversamente, in ogni altro caso, il solo fatto oggettivo del precedente affidamento, a prescindere dalla modalità con la quale sia avvenuto, impedisce alla stazione appaltante, di invitare il gestore uscente salvo che se ne dia adeguata motivazione di tale deroga.